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STORIA E POLITICA DELL ’U NIONE EUROPEA

I. NASCITA DI UN IDEA (1926-1945)


1. IL DIBATTITO TRA LE DUE GUERRE

Da Carlo Magno (definito, dal filosofo francese Saint-Simon, il primo


fondatoredell’Europa) in poi, molti hanno pensato ad una unità
politica, religiosa, culturale e mercantile del continente, ma solo
dopo la prima guerra mondiale l’idea europeista cominciò a
diventare un progetto diventato poi un vero e proprio obiettivo della
grande politica internazionale dopo la seconda guerra mondiale. Le
due guerre “fratricide” impoverirono economicamente e
politicamente i popoli europei rendendoli sempre più dipendenti
dalla potenza finanziaria e dai modelli politici degli Stati Uniti
d’America. Il declino dell’Europa fu il tema che accompagnò i primi
progetti di Unione Europea, la necessità di costruire una unità di
cultura e valori irrinunciabili per la stabilità del continente. Il primo
progetto e il primo movimento per una integrazione europea furono
promossi dal conte austriaco Karlegi che, già nel primo dopoguerra,
metteva in guardia l’Europa contro la minaccia derivante dalle
nuove potenze Statunitense, Giapponese e Sovietica, pronte ad
insidiare la supremazia dell’Europa che doveva perciò saldarsi
sull’asse franco-tedesco. Anche il comunismo era un pericolo da
contrastare e Churchill esortava i paesi dell’Europa Occidentale a
unirsi costituendo gli Stati Uniti d’Europa per isolare la rivoluzione
bolscevica, ponendo però l’Inghilterra in una posizione di semplice
partenariato al fine di garantire sempre la missione imperiale
inglese anche se destinata ad un inevitabile tramonto. Prima della
crisi del 1929 in Europa si perseguivano intenti pacifisti e unitari
come il Patto di Locarno (1925), che sancì una riconciliazione
franco-tedesca tra il primo ministro francese Briand e il cancelliere

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tedesco Sresemann, e nel 1928 il Patto Briand-Kellog per il bando


della guerra come mezzo di soluzione delle controversie
internazionali. Il movimento di Karlegi per l’Unione Paneuropea,
presieduto dallo stesso Briand proponeva una federazione europea
al fine di creare legami politici ed economici duraturi tra le nazioni,
suscitando consensi ad esempio dell’economista Keynes favorevole
all’abbattimento delle tariffe doganali, e del cancelliere Stresemann
che proponeva la nascita di una moneta europea. Nonstante i
consensi il progetto non decollò e terminò con la morte di Briand.
Con l’arrivo della grande crisi del ’29 il clima internazionale cambiò
bruscamente. L’America di Roosevelt rifiutò di collaborare ad una
stabilizzazione della moneta aggravando la crisi e alle misure
protezionistiche americane seguirono quelle inglesi prima e degli
altri paesi europei subito dopo. Era l’inizio del nazionalismo
economico che alimentava anche quello politico. In Europa si
riscontrò la necessità di difendere il mercato europeo auspicando la
nascita di un blocco economico per fronteggiare l’egemonia e le
barriere doganali degli Stati Uniti. Ma la crisi economica invece di
unire stava dividendo i paesi e ogni governo sceglieva di affrontare
le conseguenze con i propri mezzi e con la caduta del commercio
internazionale veniva meno anche il sistema di sicurezza collettiva:
il Giappone invade la Cina (1931) e si ritira dalla Società delle
Nazioni, l’Italia inizia l’aggressione all’Etiopia (1935), scoppia la
guerra civile spagnola (1936), fino allo scoppio della seconda guerra
con l’invasione tedesca della Polonia nel 1939. Hitler con le sue
conquiste intendeva realizzare una unità del continente mantenuta
con la violenza dei campi di stermino e fondata sul principio delle
razze e in particolare della supremazia della razza ariana.

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Fortunatamente l’illusione del nazional-socialismo era destinata a


durare quanto le iniziali vittorie tedesche.
2. L’UNITÀ EUROPEA E LA RESISTENZA

Una interpretazione della storiografia sulla Resistenza sostiene che


proprio nei campi di sterminio nazisti sia rinata l’idea dell’unità
europea. L’idea di una fratellanza europea antifascista era diffusa
tra i “resistenti” democratici ma non si traduceva in programmi
politici, ed anche i più numerosi “resistenti” comunisti dimostrarono
scarso interesse per l’unità europea che non si conciliava con i
principi marxisti e della lotta di classe. La Resistenza patriottica
francese più che all’Europa guardava alla ricostruzione del ruolo
internazionale della propria nazione pur sostenendo però la
necessità di una organizzazione internazionale per il mantenimento
della pace e la soluzione politica dei conflitti nonostante lo
scetticismo alimentato dal fallimento della Società delle Nazioni. I
progetti per una Europa Unita furono invece sostenuti dai Paesi
sconfitti che vedevano nell’idea di integrazione europea un mezzo
per reinserirsi nella comunità internazionale dopo la disfatta
militare e il fallimento politico e ideologico, e i programmi più
concreti riguardarono le forme di collaborazione in materia
doganale, commerciale e industriale. Tra i partiti della Resistenza
francese quello socialista era il più vicino all’idea dell’unità europea
a differenza del reticente partito del Movimento Repubblicano
Popolare che solo più tardi trovò nella causa dell’unità europea la
ragione principale della sua politica.
I Germania, data la sua condizione di Stato aggressore, la
Resistenza assunse un carattere particolare, non fu né armata, né
coinvolse movimenti popolari, ma fu definita spirituale come

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dimostrato dalle idee degli intellettuali del Circolo di Kreisau. Il


Circolo proponeva un programma per la formazione degli Stati Uniti
d’Europa il superamento della sovranità nazionale e la più ampia
autonomia amministrativa. Il programma prevedeva il controllo
dello sviluppo dell’industria pesante europea, l’introduzione di una
moneta unica, l’abbattimento delle barriere doganali e accordi su
politiche fiscali e dei trasporti. L’interlocutore principale del Circolo
di Kreisau fu Carl Goerdeler capo riconosciuto della Resistenza
antinazista. L’idea della unione doganale del Benelux all’indomani
della liberazione fu il primo grande successo che aprì la strada ai
futuri e ambiziosi programmi di unità europea.
3. IL MANIFESTO DI VENTOTENE: REALTÀ E UTOPIA

Di tutti i movimenti della Resistenza, quello italiano appare il più


convinto sostenitore dell’unità europea anche se espressione di
gruppi elitari e forti individualità. Già dal 1918 Luigi Einaudi
mostrava scetticismi verso la Società delle Nazioni alla quale
contrapponeva l’idea di una Super Stato con sovranità diretta sui
cittadini dei vari Stati. Nel 1935 Carlo Rosselli proponeva 2
importanti proposte: un’assemblea costituente per l’elaborazione di
una costituzione europea e il coinvolgimento della masse popolari
per la diffusione dell’idea di un federalismo europeo. Il partito
antifascista che più si impegnò per la causa dell’unità europea era il
Partito d’Azione che già nel 1942 pubblicò, sul giornale clandestino
“L’Italia libera” un programma per la federazione europea. Nel 1944
il PdA arrivò a richiedere che nella futura costituzione italiana
fossero sanciti i principi per i quali la sovranità dello Stato Italiano
fosse considerata provvisoria e che la politica estera non dovesse
pregiudicare l’adesione dell’Italia ad una federazione. Solo più tardi,

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una volta chiariti gli schieramenti internazionali, la Democrazia


Cristiana si interessò al movimento per una unità europea con una
politica in chiave atlantica. I socialisti italiani vedevano nell’Europa
lo sbocco naturale per una organizzazione federativa e l’avviamento
all’Unione delle repubbliche socialiste. Il PSI fece propria la
concezione di un federalismo europeo privo di condizionamenti
ideologici solo dopo la rottura con il PCI. Per quest’ultimo, infatti,
l’approdo alle posizioni europeiste richiese un periodo più lungo per
i suoi stretti rapporti con l’Unione Sovietica. Ma più che dai partiti il
maggior contributo teorico all’idea federalista venne da forti
individualità come Einaudi, il socialista Trentin, Altiero Spinelli. Su
quasi tutti si manifestò l’influenza del pensiero dei federalisti inglesi
del movimento “Fedral Union” sulla necessità di superare la
sovranità degli Stati nell’unione federale. Spinelli nel suo Manifesto
di Ventotene, stilato con Rossi e Colorni, andava oltre, concependo
l’Unione europea come una vera e propria rivoluzione politica. Per
Spinelli l’Europa federata non era solo la fine dello Stato-nazione,
ma la condizione per la nascita di una nuova democrazia, di un
nuovo patto sociale e di una nuova cultura politica, anche se questa
visione totalizzante era allo stesso tempo limitante per una effettiva
applicazione. Infatti, a guerra finita, il federalismo italiano si troverà
a confrontarsi con posizioni moderate che finiranno per prevalere
dando al processo di integrazione un orientamento ben diverso.
4. CRISI DEL FEDERALISMO

Nel 1944 veniva pubblicata a Ginevra la Dichiarazione delle


Resistenze Europee che proponeva per il dopoguerra una unione
federale per risolvere i problemi di una pace duratura secondo i
principi della Carta Atlantica, creare una democrazia in Germania, e

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affrontare la ricostruzione economica. Nel frattempo però in Francia


il vecchio Stato e le sue tradizionali strutture riprendevano il
sopravvento; in Gran Bretagna i laburisti si dedicavano alla
realizzazione di un modello di Stato sociale ma riconfermando le
linee tradizionali della politica estera britannica; in Germania la
politica di occupazione lasciava pochi spazi al dibattito politico; gli
Stati Uniti puntavano alla ricostruzione degli Stati prebellici e alla
gestione degli affari internazionali attraverso l’ONU nata nel 1945.
In Italia il Partito d’Azione ormai in crisi fu definitivamente sconfitto
alle elezioni del 1946 e fu sciolto l’anno seguente, così anche il
Movimento Federalista Europeo entrò in crisi per la paralisi circa
una possibile azione concreta per una federazione europea.
II. CARBONE ACCIAIO E GUERRA FREDDA (1946-1950)
1. IL PIANO MARSHALL E IL BLOCCO OCCIDENTALE

Il primo anno del dopoguerra fu per l’Europa molto difficile e le


preoccupazioni di Churchill circa la nascita di qualche nuova forma
di tirannia e di terrore, alimentate dalla fame e dalla paura, erano
rivolte in particolar modo alla Germania, divisa e semidistrutta dalla
guerra, che rischiava una pericolosa “bolscevizzazione”. Negli USA
la questione tedesca era al centro delle preoccupazioni di Truman
anche perché dall’ambasciata americana a Mosca arrivavano le
allarmanti analisi sul regime sovietico e le minacciose intenzioni per
un confronto di durata indefinita. La Germania si trovava al centro
di una tensione Est-Ovest ormai imminente. I governi americano e
inglese annunciavano l’intenzione di unificare la zona occidentale
della Germania separata da quella orientale nella quale il Partito
socialista unitario e il governo comunista stava iniziando le
nazionalizzazioni delle proprietà agrarie e industriali. Ma ciò che più

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preoccupò Washington furono le dichiarazioni di Molotov (ministro


degli esteri sovietico) che rifiutava la garanzia di un contingente
militare in Germania e accusava gli alleati occidentali di voler
tenere in schiavitù il popolo tedesco e di voler smembrare la
nazione. In questa situazione di contrasto americano-sovietico il
recupero politico ed economico della Germania diventava per
l’Europa una condizione necessaria e indispensabile. Alle
dichiarazioni di Molotov rispose il Segretario di Stato Americano
Byrnes che assicurava il massimo impegno per una massima
unificazione possibile per restituire ai tedeschi la gestione
autonoma dei loro affari. Le parole di Byrnes, dalle quali si intuiva
un politica che per forza di cosa doveva accettare una divisione del
paese, suscitò l’entusiasmo delle autorità tedesche delle zone
occidentali. Iniziò quindi il processo che avrebbe portato alla guerra
fredda e nel discorso del il 12 marzo 1947, il presidente americano
Truman, prendendo spunto dai casi di Grecia e Turchia, che
avevano lasciato intravedere la possibilità di una resa di fronte
all'espansionismo sovietico, introdusse la “Dottrina Truman” con la
quale si proponeva di contrastare le mire espansioniste
dell'avversario comunista in Europa. Un paio di mesi dopo il
segretario di Stato americano Marshall annunciò al mondo, il 5
giugno 1947, la decisione degli Stati Uniti di avviare l’elaborazione
e l’attuazione di un piano di aiuti economico-finanziari per l’Europa
che poi, per convenzione storiografica, sarebbe stato noto come
“Piano Marshall”. Il recupero politico della Germania, con la
ricostruzione di uno Stato tedesco occidentale era destinato a
diventare il fulcro delle politica europea da parte degli Usa, fondata

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sui 3 pilastri, ideologico la “Dottrina Truman”, economico il “Piano


Marshall”, difensivo il “Patto Atlantico”.
4. L’AMERICA E L’ UNITÀ EUROPEA. LA RISPOSTA SOVIETICA

Il Piano Marshall oltre ad essere un programma di aiuti finanziari per


la ricostruzione delle economie dei paesi europei, aveva anche un
obiettivo politico, elevare i livelli di vita delle popolazioni europee
per contrastare la diffusione del comunismo che poteva prosperare
in situazioni di povertà, incertezza e instabilità. Con il Piano Marshall
si intendeva trasferire in Europa le idee del capitalismo americano
che legava le sorti dell’economia ai consumi di massa per
aumentare benessere e produzione. Un ulteriore passo verso
l’integrazione europea guidata dagli Stati Uniti fu la creazione del
Patto Atlantico anche se il primo impulso venne da una iniziativa
inglese promotrice del Patto di Bruxelles (Trattato di Bruxelles)
stipulato nel 1948 tra Francia e Inghilterra al quale si aggiunse il
Benelux per dar vita ad un trattato di difesa collettiva che
prevedeva un automatico intervento dei firmatari del patto in caso
uno di essi fosse oggetto di aggressione, al fine di garantire future
aggressioni, specie da parte dell’Unione Sovietica. Il Patto di
Bruxelles fu la rampa di lancio americana per giungere nel 1949 alla
stipula del Patto Atlantico che però all’art.5 non prevedeva
l’automatismo dell’intervento militare in caso di aggressione perché
contrario alla Costituzione Americana che riservava al Congresso la
proclamazione dello stato di guerra (art.1 sez.8). Piano Marshall e
Patto Atlantico miravano da un lato al raggiungimento di una
integrazione europea ma anche a costruire un blocco occidentale in
funzione antisovietica e anticomunista. Da qui nasce l’accusa da
parte dell’Unione Sovietica e dei partiti comunisti occidentali, in

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particolare quelli italiano e francese, che attaccavano la politica di


unità europea sempre più schiava dell’imperialismo americano.
Pertanto, la creazione del Comecon, sempre nel 1949, fu la risposta
sovietica al Piano Marshall, per creare un punto di riferimento per
una integrazione economica tra Mosca e i paesi del blocco sovietico
ma che fini per essere solo un mezzo per sfruttare e assoggettare le
economie di questi paesi satelliti.
2. IL CONTRIBUTO DI CHURCHILL
La guerra fredda e la politica americana verso la Germania e
l’Europa rilanciavano la causa dell’unità europea e un importante
contributo venne dalle proposte di Churchill. Lo statista britannico
suggeriva la creazione di un Consiglio d’Europa, come primo vero
passo pratico verso l’unità, e sosteneva la centralità del problema
tedesco e la necessità di inserire la Germania in Europa, con lo
scopo fondamentale di offrire una decisiva garanzia contro
l’aggressione. Churchill propose anche l’organizzazione di una
prima grande manifestazione europeista a livello continentale, il
Congresso d’Europa, che avrà luogo nel maggio del 1948 all’Aja.
3. IL CONGRESSO DELL ’AJA E IL CONSIGLIO D’EUROPA
In Olanda sotto la presidenza di Churchill si riunirono i maggiori
statisti d’Europa e i più convinti promotori dell’idea federalista tra
cui l’italiano Spinelli tornato presidente del Movimento Federalista
Europeo. La conferenza dell’Aja suscitò grandi aspettative ma in
realtà appariva come un difficile compromesso tra i federalisti che
volevano una Assemblea Europea eletta direttamente dai cittadini e
i sostenitori della Unione per i quali i membri dell’Assemblea
dovevano essere decisi dai Parlamenti nazionali e che il nuovo
organo dovesse limitarsi a suggerire misure dirette a realizzare
gradualmente una unione politica ed economica dell’Europa. Oltre
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alla divisione tra federalisti e unionisti si accese anche lo scontro tra


2 linee politiche, quella francese apertamente europeista e
federalista, e quella britannica più conservatrice. All’Assemblea
Europea che nacque a Londra nel 1949 con la denominazione di
Consiglio d’Europa vi parteciparono inizialmente 10 paesi: i 3
scandinavi (Svezia, Norvegia, Danimarca), i 3 del Benelux (Belgio,
Olanda, Lussemburgo), Gran Bretagna e Irlanda, Italia e Francia. Il
Consiglio d’Europa si costituiva di una Assemblea consultiva e di un
Comitato dei ministri che elaborava le misure per realizzare gli
scopi del Consiglio, ovvero le azioni comuni nei campi economico,
sociale, culturale e scientifico. La decisione del Comitato dei ministri
di impedire l’esame delle proposte relative ai cambiamenti nella
struttura politica dell’Europa dava un’idea del divario tra le posizioni
dei federalisti, che proponevano tramite il programma di Spinelli,
una gestione comunitaria della difesa, della politica estera,
monetaria e doganale, e le intenzioni dei governi appoggiati dagli
unionisti. In questo scontro si andò affermando un terza soluzione,
quella funzionalista, che prevedeva una integrazione graduale
specie per i settori economico e commerciale per creare le
condizioni per un trasferimento dei poteri politici ad una unità
sovranazionale, affidando il processo di integrazione ad un naturale
e automatico meccanismo evolutivo.
Il maggiore inconveniente dell’approccio funzionalistico era che
esso si svolgeva coinvolgendo i governi e le loro burocrazie ma non
i popoli, non riuscendo a creare un vera coscienza europea.
5. LA “TERZA VIA” DEL FUNZIONALISMO

L’integrazione economica e politica della Germania occidentale


partì con la fusione delle zone occupate dagli alleati, venne creata

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una amministrazione e si tennero le elezioni. Tra il 1948 e 1949


venne formulata e approvata la Costituzione tedesca, eletto il
nuovo Parlamento e costituito il nuovo governo. La prospettiva della
ricostruzione dell’economia tedesca e ancor di più quella del riarmo
aprivano un problema fondamentale per la Francia che voleva
comunque mantenere il pericoloso vicino in una condizione di
inferiorità. Ma la politica americana di recupero della Germania, per
il recupero dell’Europa, costrinse la Francia ad una riconciliazione
con lo Stato tedesco che stava nascendo. Così nella classe politica e
nell’opinione pubblica francese cominciò a maturare un nuovo
atteggiamento nei confronti della Germania e tutte le forze
politiche, meno i comunisti, riconoscevano la necessità di un
accordo storico tra i due Paesi. La nuova fase nei rapporti franco-
tedeschi fu inaugurata dalla nuova direzione politica francese
affidata a Robert Schuman e da questo momento in poi il governo
francese assumerà la guida ispiratrice della politica europeista e
nonostante i primi tentativi falliti come l’unione doganale italo-
francese e un programma di collaborazione monetaria tra Francia,
Italia e Benelux, si giunse al fondamentale piano Schuman del 1950
che ebbe una sorte ben diversa.
6. IL PIANO SCHUMAN PENSATO DA MONNET
Il francese Jean Monnet è una delle figure che più ha influenzato i
governi in Europa, America e Asia nel corso del ventesimo secolo.
Nasce come industriale per poi diventare figura importante nella
Società delle Nazioni, geniale organizzatore degli aiuti americani in
Gran Bretagna nella II Guerra, consigliere e mediatore tra i leader
della politica francese, compreso De Gaulle, e infine abile
pianificatore della ricostruzione economica francese nel secondo

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dopoguerra. Il piano di modernizzazione di Monnet puntava a


restituire all’economia francese una forte base tecnologica e una
valida capacità di sviluppo. Si fondava sul rilancio della produzione
dell’energia e dell’acciaio entrambe, però, condizionate dalla
disponibilità del carbone tedesco. La situazione richiedeva pertanto
una proposta originale che arrivò inaspettatamente proprio dal
cancelliere tedesco Adenauer nel 1950, il quale propose un’unione
tra Francia e Germania con la fusione delle rispettive economie, dei
Parlamenti e con l’adozione di una cittadinanza comune. Tale
proposta ebbe però esclusivamente un valore simbolico ma fu uno
spunto importante. Così quando la Germania, ormai in via di rapida
ripresa, chiese ai governi alleati un aumento delle quote di
produzione dell’acciaio, Monnet presentò una proposta che
prevedeva l’istituzione di una autorità con poteri sovranazionali che
avrebbe gestito la produzione di carbone e acciaio di Francia e
Germania e di quei Paesi europei che avessero accettato di
partecipare. Monnet presentò il piano al ministro degli Esteri
Shuman che lo fece approvare dal governo francese e al quale
anche Adenauer dava il suo assenso. Il Piano cosiddetto Shuman
venne presentato come il primo passo verso una federazione
europea e fu esempio tipico del metodo funzionalista. Al progetto
per la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA)
aderirono, oltre a Francia e Germania, il Benelux e l’Italia mentre
l’Inghilterra rifiutò di accettare un’autorità sovranazionale. Il
trattato della CECA prevedeva un’Alta Autorità, composta da 9
membri (2 francesi, 2 tedeschi, 2 italiani e 3 per il Benelux), a cui
erano affidate le decisioni a maggioranza semplice dando alla
Comunità il carattere di un’entità sovranazionale, un’Assemblea di

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78 membri nominati dai Parlamenti nazionali (considerato un primo


passo verso un futuro parlamento europeo), un Consiglio dei
Ministri, una Corte di Giustizia garante dell’esecuzione del Trattato
e infine un organo tecnico, il Comitato Consultivo, composto dai
rappresentati dei sindacati, delle associazioni dei consumatori e
padronali. Il Trattato venne firmato il 18 aprile 1951.
III. CED, UNA SCONFITTA ANNUNCIATA (1950-1954)
1. DALL ’ IDEA DI SFORZA AL PIANO PLEVEN

Dopo il varo della CECA fu la volta della Comunità Europea di Difesa


(CED) ovvero l’esercito europeo. La ricostruzione di questo processo
è di notevole importanza sia perché si intreccia con gli eventi
internazionali della guerra fredda, sia perché il fallimento della CED
rappresenta una sorta di spartiacque nelle vicende della
costruzione dell’Europa. La stagione della CED è stata considerata
come la grande occasione perduta per l’Europa per una
integrazione sovranazionale. La politica espansionistica di Stalin in
Europa orientale e in Corea avevano convinto Truman
all’inserimento della Germania Ovest nella struttura militare
atlantica e la via più semplice era di integrarla nella nascente
organizzazione militare della NATO. Ma in Europa l’opinione
pubblica era divisa e mentre il governo inglese era sostanzialmente
d’accordo con gli Stati Uniti, la principale opposizione veniva dalla
Francia che temeva il ritorno di una forte presenza tedesca sul
continente. L’Italia con la coppia De Gasperi-Sforza, che gestiva la
politica estera italiana, guardava con simpatia i francesi ma cercava
di rafforzare il vincolo con gli americani con la partecipazione al
Patto Atlantico, con una politica di mantenere dei buoni rapporti con
tutti. In Germania Adenauer si diceva disposto ad una

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STORIA E POLITICA DELL ’U NIONE EUROPEA

partecipazione tedesca all’armata di una federazione europea


sottoposta ad un supremo comando europeo. La prima ipotesi di un
esercito europeo fu avanzata da Carlo Sforza il cui progetto
prevedeva la costituzione di un fondo per finanziare la produzione
degli armamenti in Europa e l’impegno per gli Stati Uniti di
procurarsi in Italia materiale militare per assistere i Paesi fuori
dall’area nord-atlantica per attrarre valuta forte in Italia. La
reazione a tale ipotesi da parte di Truman fu fredda e non mostrò
alcune interesse. Nel frattempo la tensione della guerra fredda
aumentò con lo scoppio della guerra in Corea nel 1950 che per
l’America preannunciava una possibile offensiva sovietica in Europa
tanto da rendere indispensabile la presenza militare americana nel
Vecchio Continente. In questo scenario all’Assemblea del Consiglio
d’Europa di Strasburgo, Churchill lanciò il progetto per un esercito
europeo unificato in collaborazione con Stati Uniti e Canada che pur
se approvato non si concretizzò perché non risolveva il problema
tedesco. Intervenne quindi il Segretario di Stato USA Acheson che
espose una nuova dottrina, detta “forward strategy”, con la quale la
linea di difesa NATO si spostava in Germania prevedendo
l’inserimento di almeno 10 divisioni tedesche nello schieramento
atlantico. Il governo italiano sostenne tale proposta al contrario dei
francesi, contrari al riarmo tedesco, che proposero un piano
alternativo, formulato da Schuman e Monnet, chiamato piano
Pleven dal nome del presidente del Consiglio. Il piano francese
prevedeva la costituzione di un esercito europeo di sei divisioni agli
ordini del comandante in capo alle forze atlantiche e sotto il
controllo di un ministro della Difesa europeo.
2. ESERCITO EUROPEO E DIVISIONI TEDESCHE

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STORIA E POLITICA DELL ’U NIONE EUROPEA

Il progetto francese per la creazione della CED fu visto con


incertezza dagli Stati Uniti, dai britannici e dai tedeschi. L’Italia era
invece favorevole alla creazione dell’esercito europeo ma con la
partecipazione delle truppe tedesche. Si raggiunse un primo
compromesso di facciata durante il Consiglio Atlantico del dicembre
1950 approvando la costituzione di una forza integrata con a capo il
generale Eisenhower ma successivamente, con l’inizio dei lavori
durante la conferenza per l’organizzazione dell’esercito europeo,
iniziarono i contrasti franco-americano che non portarono a nessun
risultato apprezzabile. Nel 1951 De Gasperi intraprese la guida al
timone della neve Europa sulla scia federalista proponendo un
documento (redatto da Lombardo, capo della delegazione italiana)
che prevedeva oltre all’organizzazione dell’esercito europeo, una
Assemblea parlamentare con rappresentati eletti a suffragio
universale diretto.

3. L’ARTICOLO 38: UNA COSTITUENTE PER L ’EUROPA

Schuman e Adenauer accolsero con favore la proposta di De


Gasperi tanto da inserire nel Trattato della CED all’articolo 38 di
prevedere un’Assemblea con l’incarico di studiare la costituzione di
un organo rappresentativo e i suoi relativi poteri e apportare le
necessarie modifiche per porre in Trattato in sintonia con le
Istituzioni dei Paesi della CED. Si inserì inoltre l’incarico di studiare
un’organizzazione europea di carattere federale capace di
sostituirsi ai singoli Paesi al momento opportuno. Veniva così
previsto per la CED, oltre all’Assemblea parlamentare, un Collegio
di Commissari, un Consiglio dei Ministri e una Corte di Giustizia.

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STORIA E POLITICA DELL ’U NIONE EUROPEA

Appena le speranze si riaccesero il riemergere del contrasto franco-


tedesco frenò gli entusiasmi a favore di un cupo pessimismo. Solo
con l’ultimatum degli Stati Uniti, che minacciarono il loro intervento
diretto col riarmo di 12 divisioni tedesche, si raggiunse un
compromesso e la firma del Trattato istitutivo della CED. La
struttura dell’esercito prevedeva la costituzione di divisioni
nazionali integrate in Corpi armati internazionali agli ordini del
Comando Supremo e la Germania non poteva disporre di forze
armate autonome, oltre a quelle integrate, a differenza degli altri
paesi. A questo punto De Gasperi, Schuman, Adenaue e Monnet,
quest’ultimo a capo dell’Alta Autorità della CECA, iniziarono i lavori
che terminarono nel 1953 con la nascita dello statuto della
Comunità Politica Europea. La CPE avrebbe avuto competenze per i
rapporti internazionali e di Difesa e per il coordinamento delle
politiche economiche e finanziarie. Anche questo progetto di
“unione” fallì per diverse cause tra cui la morte di Stalin che fece
intravedere una politica sovietica più distensiva, lo scarso appoggio
degli Stati Uniti e soprattutto gli scontri con la Francia sulla
questione tedesca. La Francia quindi bocciò il Trattato della CED e i
protagonisti della campagna a favore della CED si resero conto di
quanto gli Stati nazionali fossero ancora troppo forti non disposti a
rinunciare ai loro poteri.

IV. LA SCOMMESSA DEL MERCATO COMUNE (1955-1957)


1. UEO, UNA BREVE ILLUSIONE

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Con la bocciatura della CED caddero le illusioni di chi aveva puntato


su una svolta federalista legata alla costituzione di un esercito
europeo, ma la necessità di trovare una soluzione alla questione del
riarmo tedesco rimase al centro della politica americana in Europa.
La sicurezza degli Stati Uniti richiedeva che l’Europa fosse difesa e
rafforzata ed occorreva, quindi, un immediato riarmo tedesco,
includere la Germania nella Nato, favorire lo sviluppo e la coesione
politica ed economica dei paesi europei occidentali. Il ministro
britannico Eden, come soluzione, propose di riesumare il Patto di
Bruxelles (del 1948 con Francia, Gran Bretagna e Benelux)
allargandolo all’Italia e alla Germania che accettarono arrivando nel
1954 alla nascita della Unione Europea Occidentale (UEO). La UEO
prevedeva una struttura militare unitaria, un Consiglio dei Ministri
degli Esteri dei governi dei paesi partecipanti e un’Assemblea
Parlamentare. La Germania recuperò, così, la propria sovranità e i
propri esercito, aviazione e marina ma accettava di non fabbricare
armi atomiche, chimiche o batteriologiche.
2. L’ATOMO DI MONNET E I TRATTATI DI ROMA
La speranza di una Europa unita a sette paesi, con anche la forte
presenza britannica, svanì dopo poco. Infatti fu la stessa Gran
Bretagna che, al momento di passare alla fase operativa della UEO,
si tirò indietro frenando gli entusiasmi iniziali. Fu allora che Jean
Monnet rilanciò la struttura dell’Europa dei sei con una estensione
dei poteri e delle competenze della CECA tramite l’utilizzazione
pacifica dell’energia nucleare. L’appuntamento per il rilancio fu
fissato a Messina nel 1955, e in questa occasione si fronteggiarono
due schieramenti: uno francese favorevole ad una graduale
integrazione per settori dell’economia dei “Sei” e l’altro sostenuto

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da Benelux, Germania e Italia favorevole ad una integrazione


“orizzontale”, globale, delle economie europee per la creazione di
un mercato comune. Alla fine nonostante le forti riserve francesi si
approvò la linea globale che prevedeva la creazione di una
organizzazione comune per lo sviluppo dell’energia atomica e
l’istituzione di un mercato comune da realizzare per tappe
mediante una progressiva dei dazi doganali. Dopo questo incontro
seguirono altri mesi di trattative snervanti fino alla riunione
conclusiva a Roma il 25 marzo del 1957 per la firma dei Trattati che
istituivano la Comunità Economica Europea (CEE) e l’Euratom tra
Italia, Francia, Germania e Benelux. Il primo documento della CEE
fissava l’obiettivo di promuovere, con un mercato comune, il
riavvicinamento delle politiche economiche dei Paesi membri e un
miglioramento del tenore di vita grazie ad una maggiore stabilità
nelle relazioni tra stati. Si seguirono 3 linee d’azione:
1.Unione doganale con eliminazione progressiva dei dazi e tariffa
doganale unica.
2.Unione economica con libera circolazione di cittadini e capitali
e politiche comuni nei settori economico, agricolo e dei
trasporti.
3.Creazione di nuove risorse con la valorizzazione delle regioni
sottosviluppate.
Gli obiettivi dovevano essere raggiunti in maniera graduale con
delle fasi di lavoro della durata di 4 anni secondo un principio
progressivo. L’entrata in vigore del Trattato veniva fissata per il 1
gennaio 1958 ed entro i successivi 10 anni i dazi e i
contingentamenti (limitazioni imposte dai governi alla quantità di
prodotti che possono essere importati) dovevano essere

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STORIA E POLITICA DELL ’U NIONE EUROPEA

completamente rimossi. Sul piano istituzionale si procedeva alla


creazione di:
 un Consiglio dei Ministri
 3 organismi esecutivi: un Commissione per la CEE, una
Commissione per Euratom e l’Alta Autorità per la CECA
 Un’Assemblea Parlamentare Comune composta da 142
Parlamentari eletti dai Parlamenti Nazionali
 Una Corte di Giustizia col compito di risolvere le controversie
sull’applicazione dei Trattati delle 3 Comunità (CEE, Euratom e
CECA).
 La banca Europea degli investimenti e il Fondo Sociale
Europeo.
Gli organismi chiave erano il Consiglio dei Ministri e le Commissioni
Esecutive anche se il limite delle commissioni era costituito dalla
incapacità di rendere esecutive decisioni autonome senza
l’intervento dei governi nazionali. Ma proprio questo limite per una
autonomia sovranazionale consentì di evitare bocciature dei governi
interni. Ancor più priva di autonomia era L’Assemblea Parlamentare
mentre il vero motore della Comunità era senza dubbio il Consiglio
dei Ministri.
3. SUEZ E L’ EFFETTO EUROPA
Ancora una volta fu la Francia a determinare la svolta dei Trattati di
Roma e questa volta per risolvere anche problemi interni ed esterni
della politica francese. Sicuramente determinati furono le ragioni
economiche visto che la costituzione di una comunità europea per
l’energia atomica avrebbe fornito una soluzione per i crescenti
bisogni energetici della Francia. Tuttavia ancor più determinate fu
l’ambito militare ed in particolare la crisi di Suez e la fallimentare

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STORIA E POLITICA DELL ’U NIONE EUROPEA

spedizione anglo-francese, conclusa col primo voto comune all’ONU


tra americani e sovietici per il “cessate il fuoco” per il canale
egiziano, che dimostrò il declino dell’influenza europea sullo
scenario mondiale. La prima reazione del governo francese alla
disfatta di Suez fu quella di rivedere la politica europea e di cercare
una occasione di rivalsa e di rilancio internazionale. Gli Stati Uniti,
nel frattempo, avevano appoggiato fortemente la costituzione
dell’Euratom e meno la costituzione della CEE anche se solo
inizialmente. Infatti si resero poi conto che il Mercato Comune
favoriva la liberalizzazione degli scambi, creando quel grande
mercato aperto che era stato 10 anni prima la prerogativa del Piano
Marshall.
4. L’ANATEMA DEI FEDERALISTI

Le crisi ungherese e polacca ebbero ripercussioni nei Paesi


dell’Europa Occ. Soprattutto in Italia e Francia dove vi era una
radicata presenza dei partiti comunisti. In Italia in particolare le crisi
dell’Est Europa e la pubblicazione del rapporto Kruscev contro il
culto della personalità e contro i crimini di Stalin, crearono uno
sbandamento nel PCI tanto da portare alla rottura con il PSI.
Durante i negoziati per i Trattati di Roma, lo scenario politico
italiano era dunque in confusione anche a causa di una politica
parallela, detta neoatlantica, che vedeva l’Italia (spinta dall’Eni di
Enrico Mattei) interessarsi più al Mediterraneo e ai rapporti con i
paesi arabi cercando infatti di costituire un asse privilegiato italo-
americano (visto l’appoggio italiano all’America nella questione
“Suez”) per ottenere campo libero nell’espansione economica nel
Mediterraneo. La scarsa attenzione ai negoziati per i trattati oltre
che alla questione politica, era dovuta anche ad una

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STORIA E POLITICA DELL ’U NIONE EUROPEA

impreparazione economica, data da una capacità industriale e


finanziaria nettamente inferiore rispetto a quella degli altri paesi e
forti incognite pesavano anche sull’agricoltura. Comunque il 1
gennaio 1958 la CEE cominciò a funzionare nonostante le diverse
critiche che giungevano da più parti. Un critica durissima fu quella
dei federalisti ed in particolare di Altirero Spinelli che contestava la
non sovranità della Comunità che avrebbe portato al fallimento
dovuto ad un qualsiasi capriccio del governo di uno degli Stai
membri che per motivi economici, politici o di semplice convenienza
poteva sottrarsi agli impegni comunitari. Anche la Gran Bretagna si
oppose respingendo tutti gli inviti a partecipare ai Trattati di Roma,
perché contraria all’abolizione dei dazi doganali per i prodotti
agricoli. Apertamente ostile alla CEE era anche, inizialmente,
l’Unione Sovietica fino al 1972 anno in cui Breznev riconosceva per
la prima volta l’effettiva realtà di un Mercato comune nell’Europa
Occ. Ma un riconoscimento ufficiale verrà solo alla fine degli anni
Ottanta con Gorbaciov che dava il via alle prime relazioni ufficiali
tra la CEE e un Comecon ormai in condizioni fallimentari.

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