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LEZIONE 1 IL DIRITTO PENALE

● Definizione di Diritto Penale


● Funzioni della Pena
● Cenni storici
● trattazione Principi Costituzionali

Cos'è il diritto penale?


Il diritto penale è quel ramo dell'ordinamento che definisce determinati fatti e situazioni come reati.
Come si individua dunque il reato? Qual è l'indice definitorio che ci consente di individuare il reato?
Si può adottare innanzitutto una prospettiva di definizione formale del reato.
Definizione formale del reato:
Pena:
Delitto: reclusione, multa.
Contravvenzione: arresto, ammenda
Tale definizione formale guarda un indice che è la sanzione. Secondo infatti l'indicazione dell'art.
17 del Codice Penale sono previste per il reato particolari tipi di sanzione. In particolare il reato può
avere la struttura del delitto ovvero della contravvenzione.
Per il delitto è prevista la sanzione della reclusione e della multa.
Per la contravvenzione l'arresto e l'ammenda
La reclusione e l'arresto sono limitative della Libertà personale.
La multa e l'ammenda invece sono pene pecuniarie.
Quindi laddove l'interprete si trovi di fronte un fatto che è sanzionato con una pena secondo le
tipologie che abbiamo appena descritto, sappiamo che ci troviamo di fronte ad un reato.
Tuttavia tale definizione di carattere sostanziale non spiega le ragioni per le quali l'ordinamento
disciplina determinati fatti come reati. Prevede dunque queste particolari sanzioni, del resto dotate
di una forte incisività e gravità per determinati fatti e le ragioni possono essere indagate soltanto
accedendo a quella che possiamo definire come definizione sostanziale del reato
Definizione sostanziale del reato:
Violazione del bene giuridico

La definizione sostanziale del reato ci consente di capire perché si puniscono determinati fatti con
le sanzioni che abbiamo visto della reclusione della multa ovvero dell'arresto o dell'ammenda.
Il diritto penale è posto a tutela di beni giuridici cioè di entità valutate positivamente
dall'ordinamento entità aventi una loro dimensione oggettiva, quindi il reato in quanto tale, il fatto
che costituisce reato è tale perché Viola e quindi offende tali beni giuridici.
Ad esempio nella fattispecie di omicidio prevista dall’art 575 del Codice Penale, il fatto di cagionare
la morte di un uomo è punito perché la morte come evento determinano una lesione di uno dei
beni giuridici tutelati dall'ordinamento che è appunto il bene ‘’vita’’. Talvolta tuttavia possono
emergere altri contenuti di disvalore poiché ad esempio se facciamo riferimento alla fattispecie di
truffa prevista dall’ art. 640 del Codice Penale fattispecie che è posta a tutela di un altro bene in
questo caso del bene del patrimonio. Con riferimento a tale fattispecie non emerge solo il dato
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negativo dell'offesa il bene giuridico del patrimonio, infatti nella truffa è richiesta anche una
particolare condotta cioè gli artifizi e raggiri. Gli artifizi e raggiri fanno emergere un altro elemento
di gravità, un altro giudizio negativo dell'ordinamento che è considerato dagli interpreti quale
disvalore di condotta. Ugualmente, la gravità del reato può essere contrassegnata anche da altri
dati negativi e quindi da altri disvalori che si sostanziano in quello che si definisce il disvalore di
atteggiamento psicologico
Il reato laddove sia sorretto dalla volontà sarà reato doloso e come tale più grave rispetto invece
all'altra forma di atteggiamento psicologico prevista dall'ordinamento che è la colpa è che si
sostanzia nella violazione di regole cautelari.
Dunque se vogliamo sintetizzare quelle che sono le zone di disvalore cioè di negatività del reato
possiamo distinguere:

- il disvalore di evento in cui realizza l'offesa al bene giuridico tutelato


- il disvalore di condotta (ad esempio per la truffa artifizi e raggiri)
- il disvalore di atteggiamento psicologico (Dolo e della colpa)

L'analisi dei contenuti sostanziali del reato ci consente anche di comprendere quelli che sono dei
principi fondamentali che sorreggono l'ordinamento penalistico, innanzitutto il principio di necessità
IL PRINCIPIO DI NECESSITA’
Il principio di necessità indica che la pena prevista per il reato essendo particolarmente afflittiva per
il soggetto alla quale viene applicata, addirittura può aggiungere alla limitazione della libertà
personale nei confronti del soggetto medesimo, deve essere necessario cioè deve essere
applicata soltanto laddove altri tipi di sanzione non siano sufficienti.
Al principio di necessità si lega anche il principio di proporzione
IL PRINCIPIO DI PROPORZIONE
Laddove si stabilisce che per un certo fatto è necessaria l'applicazione di una pena, quindi una
sanzione penale perché altri tipi di sanzioni previste dall'ordinamento non sono sufficienti,
comunque tale sanzione anche laddove è necessaria deve essere proporzionata cioè deve essere
calibrata in considerazione della gravità del fatto. E da questo punto di vista devono essere
invocati i punti, le zone di disvalore che abbiamo segnalato che aiutano alla definizione della
gravità del fatto anche fini della commisurazione e dunque della proporzione della pena.
Altri principi fondamentali che sorreggono il diritto penale anche nella sua dimensione
costituzionale per quello che ha rappresentato la Costituzione quale apporto di principi
fondamentali nell'ordinamento penalistico è innanzitutto il principio di frammentarietà.
IL PRINCIPIO DI FRAMMENTARIETA’
Significa che il diritto penale non è onnicomprensivo. Interviene la tutela penalistica soltanto
laddove emergano delle particolari zone di disvalore cioè soltanto laddove il fatto richiede come
necessario l'intervento della tutela penalistica. Quindi sono come dire delle isole nell'ordinamento
in cui emerge il particolare significato di disvalore del fatto e dunque l'esigenza di un intervento
penale. A tale principio si aggiunge dunque il principio di sussidiarietà.
IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA’

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Si intende per sussidiarietà infatti la caratteristica del diritto penale come estrema ratio cioè
laddove un fatto può essere disciplinato come illecito civile o per illecito amministrativo e
naturalmente si procederà in tal senso. L'intervento penalistico è visto soltanto come intervento
finale laddove ogni altro tipo di intervento sarebbe assolutamente insufficiente.

La caratteristica comunque generale del diritto penale risulta assolutamente più chiara nella sua
dimensione definitoria se andiamo ad indagare quelle che sono le funzioni della pena.
LE FUNZIONI DELLA PENA
Le funzioni fondamentali della pena che sono sempre state enucleate, valorizzate nella storia sono
essenzialmente due: la funzione retributiva e la funzione preventiva.
Per funzione retributiva si intende una applicazione della pena come male che reagisce a un
altro male, cioè la pena rappresenta un male perché ovviamente è limitativa della libertà personale
o comunque comporta una diminuzione del patrimonio per il condannato, ma è un male che è
applicato dallo Stato per reagire ad un male realizzato dal soggetto che ha appunto realizzato il
reato.
Quindi è una componente essenzialmente afflittiva, di castigo per il male commesso.
Diverso è invece lo scopo che si persegue laddove si inquadri la pena nella sua dimensione
rispetto dunque ad una funzione preventiva cioè la retribuzione, secondo i sostenitori della
funzione preventiva, non porterebbe a nulla, non avrebbe scopi utili ciò che è importante è che la
pena aiuti a raggiungere scopi ulteriori quindi non solo mera afflizione. La pena deve avere può
avere due scopi fondamentali, due prospettive di prevenzione fondamentali:

quella di prevenzione generale e quella di prevenzione speciale.


Con riferimento alla cosiddetta funzione preventiva generale la pena deve avere un’efficacia
deterrente nei confronti di tutti i consociati, cioè li consociate momento in cui sanno con fatto è
sanzionato con una particolare pena, sono ovviamente scoraggiati dal realizzare quel fatto e quindi
motivati ad agire correttamente. L'efficacia invece di prevenzione speciale è quella efficacia che si
riconosce alla pena con riferimento al singolo condannato che dunque deve essere innanzitutto
neutralizzato quindi l'applicazione della pena, anche ad esempio nella pena detentiva fa sì che il
soggetto venga sottratto alla vita sociale, evitando il pericolo quello stesso soggetto possa
realizzare altri reati. Ma ha anche una funzione importante di risocializzazione perché se la pena
non aiuta il soggetto condannato a reinserirsi nel contesto sociale, tale soggetto nel momento in
cui la pena sarà stata eseguita e nel momento in cui si trova ad essere reimmesso nella società
potrà essere portato a realizzare nuovi reati. Quindi la componente di risocializzazione è
assolutamente fondamentale.
LA STRUTTURA DELLA FUNZIONE DELLA PENA NEL NOSTRO ORDINAMENTO
Il nostro ordinamento:
- Funzione preventiva: scopo
- Funzione retributiva: limite
Sicuramente nel nostro ordinamento anche per quelle che sono le indicazioni che ci provengono
dai principi costituzionali, in particolare dall'art.27 comma 3 della Costituzione, il quale stabilisce un
principio fondamentale che la pena deve essere innanzitutto conforme al senso di umanità e deve
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tendere anche alla rieducazione del condannato. Rieducazione quindi come componente
particolare della prevenzione speciale. Abbiamo detto che la funzione di prevenzione speciale è
quella che punta alla risocializzazione e alla neutralizzazione del condannato. Nel momento in cui
si valorizza come effettivamente fa il comma 3 dell'art 27 della Costituzione, si fa riferimento
proprio alla rieducazione, è chiaro che si mira a valorizzare tale contenuto della funzione della
pena. Quindi lo scopo fondamentale a cui tende la pena nel nostro ordinamento è senza dubbio lo
scopo preventivo. Tuttavia tale scopo preventivo può essere visto anche integrato da quella che è
la funzione retributiva. Abbiamo detto per la funzione retributiva la pena è una sorta di castigo per il
male commesso. Appunto per questo la pena deve essere commisurata alla gravità del fatto
commesso e per questo deve avere una forte proporzione tra la gravità del fatto e la misura della
pena. Quindi in certo senso i termini contenuti della funzione retributiva della pena sono presenti
nel nostro ordinamento, da intendersi tuttavia secondo l'interpretazione che a me pare
assolutamente condivisibile quale limite alla esplicazione della funzione preventiva.
Dunque la funzione preventiva rappresenta lo scopo fondamentale, la funzione retributiva indica un
limite legato appunto alla proporzione cioè la gravità del fatto rispetto al quale la pena deve essere
stabilità.
Quindi le due funzioni sono entrambe presenti nel nostro ordinamento con una portata diversa.
Diciamo la funzione preventiva ha come scopo, la funzione retributiva ha una sua validità come
limite per la determinazione e fissazione della pena.
Indagando sempre su quello che è il campo di materia del diritto penale analizziamo ora le fonti
cioè quali sono le norme che effettivamente disciplinano l'ordinamento penale.

FONTI
- Codice Penale
- Leggi Complementari
Innanzi tutto il codice penale rappresenta la fonte di riferimento per eccellenza. Non abbiamo solo
il codice penale, infatti molte materie di diritto penale sono disciplinati da leggi complementari.
Molti settori di carattere tecnico ad esempio la materia ambientale, le leggi di diritto penale
fallimentare non si trova disciplinato nel codice penale, la disciplina della responsabilità degli enti.
Quindi ci sono delle leggi che insieme al Codice Penale vanno a definire quello che è
l'ordinamento Tuttavia va precisato che i principi generali che noi ritroviamo nella parte generale
del Codice Penale, secondo il principio espresso dall'art 16 del Codice Penale, tali principi si
applicano sia al Codice Penale stesso naturalmente ma anche alle leggi complementari. Infatti
l'articolo 16, appunto stabilisce che ’’le disposizioni di questo codice si applicano anche alle
materie regolate da altre leggi penali in quanto da queste non sia stabilito altrimenti’’. Significa
appunto che principi fondamentali che informano la parte generale del Codice Penale si estendono
anche altre materie. Infatti il codice penale si suddivide in due parti fondamentali:
- Una parte generale che va dal primo articolo all'articolo 240
- Una parte speciale
La parte generale definisce i principi fondamentali dell'ordinamento penalistico e le figure generali.
Ad esempio definisce l'elemento soggettivo, definisce i contenuti del dolo o della colpa, definisce i
requisiti del nesso causale, definisce i contenuti dell'evento.
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Tali principi poi vanno a integrare e a costituire un po' i criteri definitori della parte speciale.
La parte speciale invece si caratterizza per la definizione delle singole fattispecie criminose.
Queste fattispecie criminose che costituiscono la parte speciale sono suddivise per titoli a seconda
del bene giuridico di riferimento che viene tutelato. Essendo il nostro codice, codice fascista che è
informato una concezione autoritaria dello Stato, vediamo che nella parte speciale del Codice
Penale sono anteposti le fattispecie poste a tutela di beni attinenti allo stato rispetto a quelle che
invece tutelano il singolo, l'individuo sia rispetto alla sua integrità fisica che morale e poi rispetto al
patrimonio.
Però le singole fattispecie per es. la fattispecie di omicidio che è disciplinata nella parte speciale
art. 575 trova i suoi aspetti generali, definiti nella parte generale.
In particolare laddove si fa riferimento alla contenuti del Dolo e all'accertamento del nesso causale
e comunque tutti i principi sono espressi in questa parte del codice che ribadiamo non si limita
soltanto a disciplinare la parte la materia del Codice Penale ma anche quella delle leggi
complementari.
Per comprendere poi le radici e quindi gli indirizzi fondamentali che sorreggono la materia è
necessario definire e chiarire sempre a grandi linee quelli che sono le radici storiche che hanno
portato alla elaborazione del nostro ordinamento nelle sue caratterizzazioni, nelle sue linee
fondamenta.
CENNI STORICI
Di diritto penale moderno si può parlare solo con l'avvento dell' illuminismo che fonda e stabilisce
frasi di una politica criminale razionale fondata sul principio di legalità quindi sulla legge quale fonte
del diritto penale e che trova una sua assoluta consacrazione nel fondamentale testo del 1764 di
Cesare Beccaria ‘’Dei delitti e delle pene’’ che rappresenta un po' manifesto dell’ideologia
illuministica calata nelle esigenze della giustizia penale. Si tratta dunque di superare tutti gli abusi
e la concezione autoritaria che fino all'epoca, aveva caratterizzato la gestione della giustizia
penale basata sull’arbitrio dei potenti e soprattutto che si concretizzava poi nell'applicazione di
pene disumane addirittura arrivando trattamenti del tutto contrari alla dignità dell'uomo. (si
ricorreva addirittura alla tortura)
Con questo testo fondamentale Cesare Beccaria denuncia i mali dell'epoca e getta le basi per un
diritto penale moderno fondato sulla legalità come dato importantissimo che garantisce la certezza
dell'ordinamento nei confronti di tutti i consociati e che limita il potere dell'autorità e soprattutto
iniziando a maturare una concezione umanitaria della pena che non sia lesiva della dignità e
dell'integrità dell'uomo. Quindi in un certo senso con l'Illuminismo si inizia ad affermare una
concezione utilitaristica della pena, la pena non deve essere un castigo doloroso per l'uomo, deve
puntare ad un risultato e quindi in questi termini lo scopo deve essere utilità legata appunto anche
all'idea di prevenzione che abbiamo prima richiamato. Tale utilità chiaramente si può raggiungere
soltanto se si imposta la funzione della pena anche da un punto di vista di un’umanizzazione della
medesima.
I contenuti dell'illuminismo poi vengono sviluppati nell'Ottocento con la scuola classica.
Uno dei massimi sostenitori, teorizzatori della scuola classica è stato Carrara. Gli ideali
dell'illuminismo trovano una maturazione, uno sviluppo ulteriore con la scuola classica che si
avvale anche di altri apporti filosofici. La scuola classica parte da un concetto fondamentale
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dell'uomo quale è dotato di libero arbitrio. Quel uomo è libero. Nel momento in cui realizza il reato,
l'uomo dirige la propria volontà in senso riprovevole, ossia l'uomo realizzando un reato nella piena
consapevolezza delle proprie azioni, si rivolge in modo riprovevole nei confronti dello Stato. Di
conseguenza lo Stato deve reagire con l'applicazione della pena, che è la retribuzione per il male
commesso, secondo i termini che abbiamo visto già designati appunto dalla funzione retributiva
della pena. Ossia l'ordinamento nel momento in cui applica una pena per il fatto commesso è
come se imponesse un castigo al soggetto che si è condotto contro i principi e valori
dell'ordinamento. Sicuramente la scuola classica avuto un'importanza nella teorizzazione del
moderno diritto penale i cui contenuti informano anche il nostro attuale ordinamento. Infatti merito
fondamentale della scuola classica è quello di fissare la responsabilità e le ragioni dell'intervento
punitivo dell'ordinamento con riferimento a uno specifico fatto realizzato dall'uomo quale fatto
colpevole, quindi matura un contenuto fondamentale un concetto fondamentale che è proprio
quello della colpevolezza che è uno dei dati fondamentali su cui si costruisce il concetto di
responsabilità penale .
E infatti i contenuti della scuola classica import sono andati poi a confluire nel nostro primo codice
dell'Italia Unita codice Zanardelli del 1889
Tuttavia la scuola classica avuto anche dei limiti. Innanzitutto perché considera la ragione
dell'intervento punitivo il solo fatto colpevole non tenendo conto minimamente della personalità
dell’agente e poi la scuola classica assume la pena soltanto nella sua dimensione retributiva di
pena come castigo, di pena che anche una funzione se vogliamo moralizzatrice, eticizzante,
secondo la logica della reazione al peccato commesso (quasi fosse il diritto penale connotato
anche da aspetti moralistici) Questo dato poi nel tempo stato superato dal diritto penale laico
improntato a valori alla tutela di valori oggettivi.
I contenuti della scuola classica trovano una rottura con la scuola invece Positiva.
La Scuola Positiva (‘900) ha come sostenitore, fondatore Cesare Lombroso, un medico che
parte da una concezione che è completamente opposta a quella della scuola classica.
Se nella scuola classica l'uomo è concepito come dotato di libero arbitrio e quindi ogni azione
dell'uomo è considerata azione colpevole e per questo l'uomo deve essere rimproverato.
Con riferimento alla Scuola Positiva si ribaltano completamente i termini della questione perché
l'uomo non è considerato libero. L'uomo è considerato invece determinato.
Quindi l'uomo è condizionato sia da fattori endogeni cioè interni all'uomo di carattere fisico ovvero
di carattere psichico e sia da fattori esogeni cioè legati al contesto sociale. In realtà nella
teorizzazione originaria di Lombroso si dava proprio una importanza fondamentale alle
caratteristiche endogene dell'uomo e quindi si definiva il tipo di delinquente a partire dalle
particolari caratteristiche fisiche e psichiche che l'uomo poteva avere, rispetto alle quali l'uomo non
è libero, l'uomo che delinque non lo fa per propria libera scelta ma perché condizionato da questi
fattori.
Poi durante lo sviluppo della Scuola Positiva, si sono affermate sempre di più, invece, le
implicazioni non tanto di carattere interno endogeno dell'uomo ma piuttosto anche per le influenze
che sono derivate dal socialismo, dagli ideali socialisti si sono con il tempo valorizzate piuttosto le
componenti esogene e dunque i condizionamenti della società della famiglia della società e in
generale in cui ale l'uomo si trova ad operare.
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Questi contenuti sono stati portati avanti da anche un altro grande studioso della Scuola Positiva
che il Ferri, il quale è stato anche il promotore del progetto di riforma del Codice Penale, progetto
che è stato completato nel 1921, progetto che tuttavia anche a seguito delle forti critiche con le
quali è stato accolto non ha trovato poi un esito concreto. Rimasto un progetto che però
rappresenta una delle massime concretizzazioni dei contenuti della Scuola Positiva. Se l’uomo non
è libero ma è determinato, la pena non può essere vista come retribuzione. la pena è uno
strumento di difesa sociale cioè la pena nel momento in cui l'ordinamento interviene applicando
una pena per il fatto, interviene quale controspinta ad una spinta criminosa, come strumento che
cerca di ripristinare l'ordine sociale, non va a colpire il soggetto per il male commesso ma va a
neutralizzare gli effetti di tale reato, ma soprattutto hanno a neutralizzare il soggetto non per il fatto
commesso ma il soggetto per quello che è.
Quindi si abbandona l'idea del fatto colpevole al quale si legano le ragioni dell'intervento
penalistico e tutto si focalizza su un'idea di pericolosità dell'agente. Quindi il soggetto nel momento
in cui realizza il reato, fa emergere la propria pericolosità. Quello è il dato di emersione della
pericolosità, pericolosità alla quale l'ordinamento deve reagire ma non attraverso l'applicazione di
una pena che fa scontare quale castigo per il male commesso ma come misura di sicurezza per
evitare chiaramente che l’agente, il soggetto pericoloso realizzi nuovi reati e comunque laddove
emergano problemi anche di patologie per curare chiaramente la persona che attraverso la
realizzazione del reato, risulti pericolosa. Quindi la l'intervento attraverso la pena è quello appunto
di determinare una sorta di profilassi criminale, per attuare misure di prevenzione che escludano,
tolgano il soggetto pericoloso dalla società e limitino dunque l’inclinazione del soggetto medesimo
a delinquere. Laddove sia possibile curino i problemi del delinquente.
Vi è poi una terza scuola
La terza scuola (quella del Codice Rocco) raggiunge una sorta di compromesso tra le gli
indirizzi di pensiero della scuola classica e della Scuola Positiva. Indirizzi che come abbiamo visto
sono completamente contrapposti tra di loro, la scuola classica fondata sul concetto di libero
arbitrio e di pena come retribuzione. La Scuola Positiva invece che considera l'uomo come
condizionato determinato e la pena è esclusivamente uno strumento di difesa sociale che non
sanziona il fatto ma cura il soggetto pericoloso.
La terza scuola mira invece ad un compromesso tra questi due indirizzi fondamentali,
compromesso che si concretizza anche con riferimento a quello che è l'indirizzo tecnico-giuridico
di matrice positivista che trova dunque i fondamenti è l'ordinamento giuridico proprio nella legge
come dato costitutivo fondamentale. Questi contenuti ideologici sono poi riversati nel codice
Rocco, codice del 1930 che prende il nome dal guardasigilli dell'epoca Alfredo Rocco e che si
impronta sul sistema del doppio binario.
Che cosa significa doppio binario?
Nel nostro ordinamento sono presenti entrambi gli aspetti cioè della pena come sanzione per il
fatto e di misura di sicurezza strumento che va a limitare la pericolosità del soggetto agente.
Quindi il nostro ordinamento nelle sue componenti fondamentali fa riferimento al fatto come fatto
colpevole, dotato di un suo elemento oggettivo, di un suo elemento soggettivo e rispetto al quale
matura un giudizio di responsabilità del soggetto per quel fatto e rispetto al quale dunque si giunge
ad applicare una pena. A questo assetto si affianca invece quello che porta ad applicare laddove
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emergano e laddove dunque l'attenzione si sposta non più sul fatto ma si sposta sul soggetto,
sull'autore in quanto tale laddove l'autore risulti pericoloso, allora interverrà l'applicazione di un
altro strumento che previsto dall'ordinamento che non è più la pena ma è la misura di sicurezza e
che risponde a logiche completamente diverse.
Mentre la pena è sorretta dalle esigenze come abbiamo visto di prevenzione nei suoi limiti di
retribuzione, la misura di sicurezza invece si fonda sulla pericolosità del soggetto, pericolosità che
non è determinata e che non può essere proporzionato un fatto ma che è legata alla condizione
del soggetto. Da qui il carattere della misura di sicurezza che è sostanzialmente indeterminato
perché deve essere stabilito, legato a quelle che sono le ragioni di emersione della pericolosità.
Il codice Rocco poi nel tempo ha trovato dei punti di frizione, di rottura per quello che è stata
l'evoluzione del nostro ordinamento anche a seguito della introduzione della Costituzione con i
suoi principi fondamentali. Da qua l’esigenza di riformare il codice in alcuni suoi contenuti.
I progetti di riforma più importanti che si sono succeduti nel tempo sono:
- il progetto Pagliaro del 1992
- il progetto Grosso del 2001
- il progetto Nordio del 2005
-il progetto Pisapia del 2007
Sono tutti i progetti che innanzitutto cercano di coordinare i contenuti del nostro codice Rocco che
poi è il codice ancora vigente, naturalmente, con il volto costituzionale dello Stato.
Da qui il richiamo ai Principi costituzionali che informano la materia penalistica e che richiedono in
alcuni aspetti un intervento di riforma del codice e i progetti si sono mossi proprio in questo senso.
PRINCIPI COSTITUZIONALI
In particolare i principi dei costituzionali fondamentali nella materia penalistica sono:
- il principio di stretta legalità (previsto dall'art. 25 Commi 2 e 3)
- il principio di materialità e offensività (previsto sempre nell'art. 25 Commi 2 e 3 e nell'art. 27
comma 3)
- il principio di personalità sempre previsto dall'articolo 27 mentre
Il principio di legalità si può considerare forse uno dei principi assolutamente affermati anche nel
codice Rocco all'articolo 1 con chiarezza, il principio di materialità e di offensività meriterebbe
(infatti i progetti si sono espressi proprio in questo senso) una indicazione più chiara, più definita.
Infatti nell’art 25 della Costituzione nel distinguere al comma 2 le ragioni che portano
all'applicazione di una pena per un fatto da quelle che invece espresse al comma 3, portano
all'applicazione della misura di sicurezza, rinviene le ragioni della necessità di introdurre e di
predisporre l'intervento penalistico solo per un fatto che si traduca in un accadimento materiale
concreto, quindi il diritto penale non va a colpire le espressioni del mero pensiero o della volontà. Il
diritto però interviene solo per sanzionare fatti che abbiano la loro consistenza materiale e che
soprattutto poi si traducano anche in un’offesa i beni giuridici tutelati.
Altro principio fondamentale è quello di personalità il prezzo al punto dall'art.27, secondo il quale è
la responsabilità penale è personale. Ciò significa che nell'ambito dell'ordinamento penale non si
risponde per altrui cioè il fatto deve essere proprio del soggetto, non solo dal punto di vista
materiale cioè il fatto deve essere conseguenza dell'azione del soggetto ma anche da un punto di
vista psicologico, cioè il fatto deve essere sorretto da un atteggiamento soggettivo nei termini di
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dolo o di colpa. Questi contenuti, presenti nel nostro codice penale, meriterebbero appunto una
migliore definizione e proprio in questo senso si sono mossi i progetti segnalati che comunque allo
stato ancora non hanno trovato un esito concreto.

Lezione 2 LA LEGGE PENALE


Argomenti:
- il principio di stretta legalità
- la legge penale nel tempo
- l'efficacia della legge penale nello spazio
- l'efficacia della legge penale verso le persone
IL PRINCIPIO DI LEGALITA’ è uno dei principi fondamentali che formano il nostro ordinamento.
Si fonda sul brocardo nullum crimen nulla poena sine lege. I contenuti del principio di stretta
legalità traggono il referente normativo nell'arti. 1 del Codice Penale, articolo fondamentale che
stabilisce che nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come
reato dalla legge né con pene che non siano da esso stabilite.
Trova anche un correlato costituzionale il principio di legalità nell'art. 25 Al comma 2 ‘’nessuno può
essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso’’.
Con il principio di legalità dunque si afferma il diritto penale come certezza secondo quelli che
sono i canoni che si sono affermati con l'Illuminismo.
Il principio di stretta legalità ha poi dei corollari, delle conseguenze interpretative e sono:
- la riserva di legge
- il principio di determinatezza
- il principio di tassatività
- il principio di chiarezza.
Analizziamo Dunque il primo dei collari che consiste nella riserva di legge.
Riserva di legge :
- Assoluta
- Relativa
- Elementi normativi e norme penali in bianco.
La riserva di legge impone che fonte dell'ordinamento penale sia la legge ordinaria, affermandosi
dunque il monopolio della potestà punitiva da parte del Parlamento e ciò consente di evitare gli
arbitri e gli abusi sia del potere giudiziario, in quanto il giudice infatti è subordinato sottoposto alla
legge e degli arbitri, sia del potere esecutivo che essendo espressione soltanto di una fazione
politica cioè della maggioranza non può esprimere tutte le gli indirizzi dell'elettorato, cosa che
invece avviene con l'operato del Parlamento in cui sono rappresentate tutte le componenti
politiche. Per questo si ritiene che soltanto la legge quale fonte che promana dal Parlamento sia
considerata Fonte dell'ordinamento penale.

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La legge in senso formale è tuttavia parificata alla legge in senso materiale e ciò in quanto alla
legge secondo approvata secondo l'iter previsto dall'articolo 72 della Costituzione sono parificati gli
atti aventi forza di legge e dunque il decreto legge e il decreto legislativo.
Quindi anche tali fonti possono disciplinare la materia penalistica anche se sono fonti che
promanano dall'esecutivo e questo perché comunque sia con riferimento al Decreto Legge che
con riferimento al Decreto Legislativo è previsto un intervento del parlamento. Infatti nel caso del
decreto legge questo deve essere convertito entro 60 giorni con la legge del parlamento. Con
riferimenti alle Dlgs legislativo questo è definito nei suoi nelle sue componenti fondamentali dalla
legge delega che dunque è legge del parlamento. La riserva di legge dunque impone che fonte sia
la legge quindi la legge in senso formale ma anche gli atti aventi forza di legge: il decreto legge e il
Dlgs.
La riserva di legge poi può essere assoluta o come riserva assoluta ovvero come riserva relativa.
Intendiamo per riserva di legge assoluta quella legge (precetto di legge) non può essere integrato
da fonti di rango secondario invece nell'accezione di riserva di legge relativa alcuni contenuti della
legge si possono integrare con fonti di Rango secondario. Nel nostro ordinamento la riserva è
intesa in senso assoluto o quantomeno il senso tendenzialmente assoluto; nel senso che è
ammesso il rinvio a fonti di Rango secondario ma soltanto da un punto di vista della definizione di
alcuni aspetti tecnici. Quindi non può essere demandata la fonte di Rango secondario quello che
concerne la scelta di politica criminale che caratterizza un determinato precetto penale ma alcuni
profili tecnici possono essere demandati alla fonte di Rango secondario anzi molto spesso lo
devono essere perché la fonte di Rango secondario consente di definire alcuni profili appunto di
carattere strettamente tecnico. Per capire la dimensione della riserva di legge, in senso
tendenzialmente assoluto, si tratta di definire gli elementi normativi e le norme penali in bianco cioè
la differenza sostanzialmente tra queste due figure.
L'elemento normativo è quell’elemento che può integrare un precetto penale, un elemento della
fattispecie, previsto dalla fattispecie la cui definizione può essere demandata a una fonte
extrapenale anche di carattere quale fonte di legge di carattere secondario quale può essere ad
esempio il regolamento. In questi termini la definizione delle elemento normativo sulla scorta di
una fonte di Rango secondario è pienamente conforme con la riserva di legge in senso
tendenzialmente assoluto per come è concepita nel nostro ordinamento. Pone, invece, qualche
problema la definizione della figura di norma penale in bianco.
La norma penale in bianco è quella particolare categoria di norme la cui definizione, diciamo
cornice sanzionatoria è stabilita dalla legge penale ma i cui contenuti vengono demandati altra
Fonte, altro tipo di legge anche extrapenale. Laddove altra legge abbia la natura di legge ordinaria
chiaramente non si pone non problema di riserva di legge, il problema si pone se la fonte che
Integra tale cornice sanzionatoria sia di carattere secondario. In questo caso si potrebbe realizzare
effettivamente una violazione del principio della riserva di legge. Un problema ad esempio da
questo punto di vista il sorto con riferimento alla fattispecie prevista dal nostro codice penale
dell'art. 650 l'inosservanza all’ordine dell'autorità. In questo caso si dice mentre la legge penale
definisce la cornice sanzionatoria, il contenuto della fattispecie appunto consiste nell' ordine
dell'autorità che non ha dignità ovviamente di legge ordinaria. Ecco la fattispecie stabilisce che:
Inosservanza dei provvedimenti dell'autorità ‘’Chiunque non osserva un provvedimento legalmente
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dato dall'autorità per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica o di ordine pubblico o di igiene è
punito se il fatto non costituisce un più grave reato con l'arresto fino a tre mesi o con
l'ammenda….’’
Quindi in questo caso si ritiene che la cornice sanzionatoria è chiaramente definita la legge penale
ma i contenuti della fattispecie sono appunto quelli legati alla definizione del provvedimento
dell'autorità che viene appunto disatteso. Tuttavia non si è posto, con riferimento a questa
fattispecie, in concreto un crema di lesione e di violazione del principio della riserva di legge
perché il provvedimento che possa venire in rilievo ha una valenza legata al caso concreto, al
singolo caso, non ha una valenza generale ed astratta. Diverso sarebbe stato Infatti se il richiamo
alla fonte in questo caso al provvedimento avesse avuto una valenza generale, ma questa è legato
(il richiamo al provvedimento) è soltanto alla rilevanza del singolo fatto concreto.
Da questo punto di vista dunque non si determinerebbe una Integrazione o una definizione della
politica criminale della fattispecie ma soltanto si rimanda a un dato che consente di definire il fatto
concreto per come viene in rilievo. Da questo punto di vista quindi la fattispecie non si ritiene in
contrasto con il principio di legalità in particolare nel suo corollario della riserva di legge.
Particolari problemi dal punto di vista alla riserva di legge si pongono con riferimento:
- alla Corte Costituzionale
- alle fonti sovranazionali
Con riferimento alla Corte Costituzionale infatti si pone il problema delle sentenze costituzionali
che possono avere un impatto nell'ordinamento penalistico. La dichiarazione di illegittimità
costituzionale di una legge penale chiaramente può portare come effetto quello di eliminare tale
legge del sistema e quindi avere un effetto anche se è diverso, del tutto legato alle esigenze del
giudice delle leggi che però nel sistema produce delle conseguenze che possono essere sia
favorevoli che sfavorevoli al rei. Favorevoli, ad esempio, laddove venga eliminata una fattispecie di
reato perché considerata incostituzionale. Per questo tipo di interventi non si pongono particolari
problemi sempre invocando si è l'importanza del principio del favor Rei. Il problema si pone
laddove invece l'intervento della Corte Costituzionale possa essere sfavorevole al Reo ad esempio
laddove la Corte Costituzionale elimini dall'ordinamento penale una fattispecie di favore oppure
elimini una fattispecie incriminatrice che comunque introducono un trattamento sanzionatorio meno
grave rispetto alla regola generale. In questo caso l'intervento incontrato ha un effetto sfavorevole
e dunque pone effettivamente un problema. Gli interpreti si sono posti il problema di un effetto in
malam partem della sentenza della Corte Costituzionale come avvenuto ad esempio nella materia
dei falsi elettorali che sono stati dichiarati incostituzionali fattispecie che prevedevano una
sanzione meno grave rispetto alla generale fattispecie di falso. Quindi essendo stata dichiarata
incostituzionale tale fattispecie l'effetto è stato quello di riespandere la fattispecie generale più
grave e dovrà essere applicata dunque ai fatti dopo il giudizio di incostituzionalità.
Un altro problema appunto per stabilire limiti della riserva di legge, un'altra materia delicata è
quella delle fonti sovranazionali.
Abbiamo detto le fonti sovranazionali Il problema è stabilire se altri organi diversi dallo Stato
possano disciplinare nella materia penalistica, se possono introdurre norme nell'ordinamento
penalistico. In generale gli organi dell'Unione Europea (cosa a parte il nostro Stato) ovviamente

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non hanno potestà punitiva, non è stata riconosciuta dai trattati la potestà punitiva agli organi e
questo anche per un deficit di democraticità che connota i medesimi.
E’ comunque importante considerare che da parte degli organismi dell'Unione Europea anche
attraverso strumenti normativi e convenzionali, sempre di più si sta affermando l'indirizzo che porta
a indicare quelli che sono le modalità di intervento anche dell'ordinamento interno e dunque indica
la direzione della politica criminale da seguire in determinati settori che inevitabilmente influenza le
scelte del legislatore nostrano. Quindi la fonte sovranazionale che promana dagli organismi
dell'Unione Europea non può essere direttamente applicabile nel nostro ordinamento, il giudice
non può applicarla detto in estrema semplicità, ma comunque tale fonte può indicare e indica
quelle che sono le linee di intervento che dovranno essere seguite invece dal legislatore che nel
momento in cui si pone il problema di attuare o ratificare dagli organi internazionali deve seguire le
direzioni le direttrici di politica criminale che provengono dalle Fonti sovranazionali.
Il principio di determinatezza
Secondo corollario del principio di stretta legalità è il principio di determinatezza.
Il principio di determinatezza molto spesso è accomunato, assimilato al diverso principio di
tassatività. Tuttavia ben guardare ha degli aspetti dei contenuti diversi dal principio di tassatività
perché con il principio di determinatezza si rivolge nei suoi contenuti al legislatore cioè all'operato
del legislatore che nel momento in cui crea, struttura nuova norma deve farlo utilizzando dati
elementi più possibile definiti, determinati senza ricorrere a clausole generali ovvero ad elementi
elastici che portano una incertezza poi nella loro definizione e interpretazione. Chiaramente il
problema dell'elasticità dell'elemento compreso della fattispecie è un problema molto ampio che
vale quello giudizio di elasticità varia a seconda dello specifico elemento che viene in rilievo
comunque per rispettare questo canone questo corollario della determinatezza è importante che il
legislatore nel momento in cui crei la legge lo faccia facendo riferimento a dati, elementi, contenuti
definiti e definibili.
Il giudizio di determinatezza sulla fattispecie poi è un giudizio chiaramente sintetico che tiene conto
del complesso degli elementi che sono contenuti e considerati nella fattispecie.
Tale corollario si distingue dunque come abbiamo detto dall'altro corollario del principio di
tassatività.
Il principio di tassatività
- Divieto di analogia in malam partem
- Analogia in bonam partem
Abbiamo detto che il principio di determinatezza si rivolge nei suoi contenuti al legislatore mentre il
principio di tassatività si rivolge all'interprete, quindi al giudice che nel momento in cui si trova ad
interpretare la legge lo deve fare nei casi e nei tempi in essa stabiliti.
Ciò significa che la legge penale non può essere applicata analogicamente.(art.14)
L'analogia è uno strumento interpretativo. Si parla di analogia laddove un caso non sia
espressamente definito dalla legge e allora si invoca la disciplina legislativa di casi simili.
In questo caso viene in rilievo un analogia legis invece la analogia iuris viene in rilievo laddove si fa
riferimento a principi generali. Ecco questo processo interpretativo non si può attuare
nell'ordinamento penale.

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Quindi nell'ordinamento penale uno dei principi fondamentali è appunto quello del divieto di
analogia in malam partem
Che cosa significa in malam partem?
L'articolo 14 delle preleggi vieta l'analogia con riferimento alla legge penale e alle leggi eccezionali.
Il problema è di stabilire la definizione di legge penale.
Cosa intende l’art.14 per legge penale?
Si ritiene da parte degli interpreti, secondo una interpretazione assolutamente condivisa, che per
legge penale deve intendersi soltanto la legge incriminatrice, da qui il riferimento al carattere
appunto in malam partem dell'analogia cioè solo per quelle leggi che producono un effetto di
incriminazione è vietata l'analogia.
Di conseguenza, si dovrebbe dedurre che per tutte le altre leggi che sono comunque presenti
nell'ordinamento penale che non sono leggi incriminatrici è ammessa l'analogia.
Quindi il divieto di analogia in malam partem si accompagna alla analogia in bonam partem.
Per analogia in bonam partem si ritiene che i casi in cui vengano in rilievo norme di favore, come
le cause di giustizia giustificazione queste possono essere applicate in analogicamente.
Chiaramente è la causa di giustificazione neanche può essere considerata come mettono bene in
rilievo gli interpreti la dottrina come una norma eccezionale perché la causa di giustificazione che
esclude l’illiceità di fatti di reato è una espressione di principi generali di ordinamento e quindi non
può considerarsi norma eccezionale. Come abbiamo detto l'art. 14 vieta l'analogia sia per la norma
penale che per la norma eccezionale.
Vi sono tuttavia delle categorie di norme previste dall'ordinamento penale che pur avendo un
carattere di norma di favore sono comunque norme eccezionali. In particolare si fa riferimento alle
cause di estinzione del reato o della pena come ad esempio la prescrizione. Queste pur essendo
norme di favore sono norme eccezionali perché derogano al principio della inderogabilità della
pena e quindi in quanto tali non possono essere applicate analogicamente. Non tutte le norme di
favore, non tutto l'effetto così detto in bonam partem può essere sottoposto all’applicazione
analogica ma soltanto per quelle norme che siano comunque espressione di principi di
ordinamento, come lo sono Infatti le cause di giustificazione.
Per completare l'analisi della legge penale nella sua dimensione statica va anche affrontato il tema
del Concorso apparente di norme.
Viene in rilievo il tema del concorso apparente di norme laddove un fatto apparentemente sembra
regolato da più norme.
Tuttavia ad esito del processo interpretativo emerge che soltanto una norma vada applicata al fatto
Il concorso apparente di norme si differenzia dunque dal concorso reale di norme in cui invece un
fatto realizza più reati e tutte le fattispecie che prevedono tali reati devono essere applicate.
Nel caso invece del concorso apparente di norme, il concorso è solo apparente perché a esito
dell’interpretazione se ne deve applicare soltanto una.
I criteri per definire il concorso apparente di norme più importanti che sono stati enucleati dalla
dottrina sono 3 :
- Criterio della consunzione
- Criterio della sussidiarietà
- Criterio di specialità (art.15)
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Il criterio della consunzione porta a stabilire che una legge laddove sia contenuta, quindi
consumata da una legge più generale si debba applicare appunto la legge più generale.
Nei termini invece del criterio di sussidiarietà si tratta di capire tra le due fattispecie qual è la più
grave e qual è la meno grave. La fattispecie meno grave verrà in rilievo soltanto laddove non siano
integrati gli estremi della fattispecie più grave. In particolare il criterio della sussidiarietà può
essere:
- Espresso oppure
-Tacito
E’ espresso ad esempio nella formulazione dell'art.323 del codice penale che definisce l'abuso
d'ufficio che esordisce la fattispecie con una clausola di riserva Salvo che il fatto non costituisca
più grave reato. Cioè significa la fattispecie di abuso d'ufficio può essere applicata solo se non si
realizzano gli estremi delle più gravi fattispecie dei pubblici ufficiali contro la pubblica
amministrazione quali la corruzione al peculato eccetera
Laddove invece il criterio di consunzione non si espresso ma sia tacito deve essere stabilito il
rapporto di sussidiarietà dall'interprete a seguito di un'analisi del caso concreto.
Infine abbiamo il criterio di specialità
Il criterio di specialità in realtà è l'unico previsto dal nostro ordinamento quella art. 15 del Codice
Penale Infatti disciplina il criterio di specialità stabilendo appunto che ‘’quando più leggi penali o più
disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia la legge o la disposizione di
legge penale deroga alla legge la disposizione del generale salvo che sia altrimenti stabilito.
Ciò significa che laddove abbiamo un legge generale e una legge speciale e laddove il caso
concreto emergano i requisiti della legge speciale deve essere applicata appunto quest'ultima.
In particolare poi il rapporto di specialità tra norme può essere stabilito o in astratto cioè laddove
emerga già dall’ astratta configurazione delle fattispecie ovvero in concreto.
In astratto ad esempio rapporto di specialità in astratto si determina tra l'omicidio generale
previsto all' art. 575 e l'omicidio del consenziente che è fattispecie speciale che richiede appunto il
consenso della vittima.
Talvolta però il rapporto specialità non risulta in atto ma emerge soltanto in concreto.
Ad esempio può emergere con riferimento al rapporto che intercorre tra la fattispecie di truffa,
fattispecie contro il patrimonio la cui condotta di artifizi e raggiri produce un induzione in errore un
danno patrimoniale e la fattispecie di millantato credito. Anche nella fattispecie di millantato credito
abbiamo una condotta fraudolenta cioè l’agente rappresenta di avere dei rapporti con un pubblico
agente che in realtà non esistono e per questo si fa pagare. Quindi tra le due fattispecie può
sussistere un rapporto di specialità ma soltanto stabilendo i requisiti del fatto concreto si può
stabilire quale delle due norme debba essere applicata al caso concreto.
LEGGE PENALE NEL TEMPO
Finora abbiamo dunque analizzato i contenuti della legge penale da un punto di vista di analisi
della sua statica analisi, un altro tema è quello della legge penale nel tempo cioè capire nella sua
dimensione dinamica cioè nella evoluzione che può interessare la legge penale laddove sia
interessata da interventi di modifica.
La disciplina fornita dall'art. 2 del codice penale che individua tre casi fondamentali :
- nuova incriminazione (art.2 co.1)
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- abolizione criminis (a rt.2 co.2)
- mutamento della fattispecie (art.2 co.3 e co.4)
Il primo caso è quello previsto dall'articolo 2 co.1 è il caso in cui un fatto nel tempo 1 non è
previsto come reato interviene la legge lo prevede come reato è quello stesso fatto nel tempo 2
diventa appunto reato. Questa nuova previsione secondo i principi fissati dall'art. 2 della
irretroattività della legge incriminatrice questa nuova legge non può agire non si applica dunque i
fatti del passato si può applicare solo per i fatti che siano realizzati in dopo l'entrata in vigore della
legge. L'art. 2 Infatti precisa al co.1 ‘’Nessuno può essere punito per un fatto che secondo la legge
del tempo in cui fu commesso non costituiva reato.’’ Questo in realtà è un principio generale di
ordinamento del tempo in base al quale a nessuno può essere applicata una legge che entrata in
vigore dopo che il fatto sia stato commesso. Da questo caso si differenzia invece quello previsto
dal co.2 dell'art. 2 in base al quale ‘’ Nessuno può essere punito per un fatto che secondo una
legge posteriore non costituisce reato e se vi è stata condanna ne cessano l'esecuzione e gli effetti
penali’’. Questo è il caso inverso cioè nel momento in cui il fatto è stato commesso il reato
interviene una legge che elimina tale rilevanza e quindi successivamente questo fatto non è reato.
Ecco l’ordinamento penalistico in questo caso contrappone un principio diverso a quello di
irretroattività che quello di retroattività della legge favorevole cioè quella nuova legge che elimina la
rilevanza del fatto retroagisce senza limiti peraltro perché nel caso in cui sia intervenuto un
giudicato questo sarà superato.
Da queste cose di invece si differenzia quella prevista al co, 4 sostanzialmente che ha poi
un'implicazione anche nel co. 3 di modifica della disciplina cioè in questo caso il fatto rimane reato
quindi un fatto realizzato in passato è reato secondo la legge vigente all'epoca, rimane reato anche
dopo che è intervenuta la modifica, solo che in questo caso si tratta di applicare il trattamento
sanzionatorio più favorevole. La favorevolezza del trattamento sanzionatorio deve poi essere
stabilità in concreto cioè applicandosi le pene previste dalla prima e dalla seconda norma al fatto
per vedere quale assicura appunto un trattamento più favorevole.
Poi in questo giudizio devono essere considerati anche gli altri effetti penali.
Questa disciplina differenza di quella prevista dal co. 2 dell' abolitio criminis che come abbiamo
detto non ha limiti cioè in questo caso si supera pure il giudicato penale laddove si è intervenuto,
quindi se il soggetto è stato già condannato e sta eseguendo la pena si crea, si impone un giudizio
di esecuzione che fa cessare gli effetti della pena.
Invece in questo caso cioè nel caso previsto dal co 4 di semplice modifica della disciplina laddove
è intervenuto un giudicato questo non si può toccare. La disciplina può modificare anche soltanto
dal punto di vista della pena. Questo è il caso previsto dal comma 3 secondo il quale se vi è stata
condanna a pena detentiva, la legge posteriore prevede esclusivamente la pena pecuniaria, la
pena detentiva inflitta si converte immediatamente nella corrispondente pena pecuniaria cioè
laddove si determina questo effetto di modifica sulla pena. In questo caso invece non risulta, non
vale, non opera il limite del giudicato perché se la pena detentiva è stata trasformata in pena
pecuniaria si converte automaticamente. L'interprete per stabilire se la modifica che in concreto si
è realizzata rientri nell'uno o nell'altro caso, rientri nell’abolitio criminis piuttosto che nel caso della
semplice modifica di fattispecie può utilizzare due metodi di giudizio.
- il metodo in astratto
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- il metodo in concreto
Per metodo in astratto si intende un confronto in astratto tra le fattispecie per rinvenire le ragioni di
una loro discontinuità ovvero di una loro continuità normativa. Detto molto semplicemente se le
fattispecie sono diverse si sarà realizzata una abolitio criminis se le fattispecie solo più o meno
omogeneo rispetto ai requisiti che possono essere il bene giuridico, le modalità dell'offesa o altri
elementi essenziali della fattispecie allora non si sarà determinata una abolitio criminis ma il caso
previsto dal co. 4 dell'art. 2 cioè la semplice modifica della disciplina.
Secondo invece il metodo del giudizio in concreto l'accertamento è diverso. Non si considera la
norma strettamente intesa nella sua diversità ma si deve effettuare un giudizio di sussunzione del
fatto sotto la legge sotto la prima norma e sotto la seconda norma. Se quel fatto è sussumibile cioè
si può applicare a quel fatto sia la prima norma che la seconda norma allora vuol dire che quel
fatto continua a essere reato e si dovrà stabilire qual è la legge che assicura il trattamento
sanzionatorio più favorevole.

Casi e problemi ulteriori che pone poi la disciplina della legge penale nel tempo sono:
- successione di norme integratici
- leggi aventi carattere eccezionali
- leggi incostituzionali
- decreti legge
Si ha il problema della successione norme integratrici qualora si determini una modifica di un
elemento normativo che integra il precetto penale. Tale elemento normativo può avere appunto la
sua fonte in una fonte diversa della legge penale e dunque laddove tale fonte venga modificata,
tale modifica si ripercuoterà naturalmente nel precetto penale.
Il problema che si sono posti gli interpreti è se questo caso rientra nei principi dell'art.2 oppure no.
E gli interpreti hanno dato una soluzione distinguendo il caso in cui la modifica abbia un valore
generale e astratto allora interverrà all'applicazione dell'art. 2 del Codice Penale, se invece la
modifica abbia solo un valore concreto legato al singolo caso concreto allora esulerà
dall'applicazione di tale fattispecie.
Altro caso è quello delle leggi aventi carattere eccezionale. Il caso disciplinato sempre dall'art.2
secondo il quale se si tratta di leggi eccezionali o temporanee non si applicano le disposizioni dei
capoversi precedenti. Ciò significa appunto per la logica della legge eccezionale che si impone
per particolari esigenze storiche concrete laddove questa legge perda la sua efficacia chiaramente
questa validità, questa vigenza limitata non potrà avere gli effetti dal punto di vista dell'art. 2
Diverso Invece il caso delle leggi incostituzionali. Abbiamo visto infatti come la Corte
Costituzionale possa incidere sulla applicazione della legge attraverso una sentenza di
incostituzionalità. Ecco laddove l'effetto della dichiarazione della sentenza costituzionale sia un
effetto di favore, la legge si considererà non operante quindi farti realizzati sotto la vigenza di
quella legge non saranno considerati reato. Diverso è il caso in cui invece la legge dichiara
l’incostituzionalità di una legge di favore. In questo caso la legge di favore potrà continuare a
essere applicata in considerazione fatti che sono stati realizzati in vigenza appunto di quella legge.
Infine l'ultimo caso problematiche quello dei Decreti Legge che non siano convertiti.

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Il caso è disciplinato sempre dall'art.2 il quale prevede che le disposizioni di questo articolo ‘’si
applicano altresì nei casi di decadenza o di mancata ratifica di un decreto legge nei casi di
decreto-legge convertito in legge con emendamenti’’
Ciò significa che nel caso in cui il decreto legge ha avuto una vigenza limitata nei 60 giorni e non è
stato convertito, il problema è quale trattamento si deve applicare a quei fatti che sono stati
realizzati in vigenza del decreto legge. In questo caso si distingue dunque tra decreti legge che
hanno introdotto ad esempio una incriminazione che poi non essendo stato convertito il decreto
legge ovviamente decade, in questo caso ovviamente varrà il principio della retroattività della legge
più favorevole cioè quei fatti che in vigenza di decreto legge sono considerati reati non sono più
considerati tali alla mancata conversione del decreto legge. Invece se il decreto legge ha introdotto
una legge di favore e il fatto è stato realizzato in vigenza del decreto-legge, quel trattamento di
favore deve continuare a essere applicato a quei fatti nonostante il decreto legge non sia stato
convertito.

APPLICAZIONE DELLA EFFICACIA DELLA LEGGE PENALE NELLO SPAZIO


Abbiamo parlato della validità della legge nel tempo nella sua dimensione dinamica di modifica
della legge, Adesso invece si analizzeranno i contenuti della efficacia della legge appunto nello
spazio cioè quali sono i limiti spaziali della applicazione della legge penale
I principi che regolano la materia sono essenzialmente 4:
- il principio di territorialità (il ns ordinamento)
- il principio di difesa
- il principio di personalità
- il principio di universalità
Per principio di territorialità si intende che la legge penale si applica nel territorio dello Stato e
dunque solo nei limiti territoriali dello Stato medesimo.
Secondo invece il principio di difesa si deve applicare il diritto della vittima cioè dello stato di
provenienza della vittima del reato.
Per il principio di personalità invece si deve applicare il diritto del soggetto che agisce cioè del
soggetto agente del responsabile e dunque ovunque Questo si trovi si applicherà la legge del suo
stato di provenienza.
E infine secondo il principio di universalità si applica indistintamente i la legge dell'ordinamento che
procede.
Il nostro ordinamento, quindi il nostro codice penale all'art.6 fissa il principio fondamentale che
regola la materia dell'efficacia la legge nello spazio nel principio di territorialità. Infatti l'art. 6
stabilisce che ‘’chiunque commette un reato nel territorio dello Stato quindi sia che esso sia un
cittadino italiano si è che se uno straniero è punito Secondo la legge italiana’’ e poi si afferma
dunque come principio cardine del nostro ordinamento il principio della territorialità.
Non è tuttavia l'unico principio che forma la materia, infatti vi sono anche altre norme in particolare
dagli art. 7 all'art. 10 del Codice Penale rispetto ai quali vengono in rilievo altri principi. In
particolare l'art. 7 e l’art. 8 regolano il caso in cui siano realizzati all'estero o dal cittadino o dallo
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straniero o particolari tipi di reati. L'art. 7 fa riferimento a una serie di reati contro lo Stato quindi
contro la personalità dello Stato, delitti di contraffazione del Sigillo dello Stato ecc.
L'art. 8 invece prevede il caso in cui sia realizzato all'estero un delitto politico.
In questi casi sembra infatti venire in rilievo piuttosto il principio della Difesa cioè si valorizza il fatto
che il reato sia stato realizzato contro lo Stato Italiano anche se appunto sia stato uno straniero
piuttosto che un cittadino italiano a realizzare il reato.
Diversi invece sono i principi che informano l'art. 9 e l'art. 10
Questi prevedono le ipotesi in cui siano stati realizzati delitti comuni all'estero o da parte del
cittadino (art.9) o da parte dello straniero (art.10)
In questi casi si prevede l'applicazione della legge italiana soltanto laddove sussistano particolari
presupposti. Il primo tra questi è la presenza del soggetto nel territorio italiano poi sono richieste
particolari modalità per chiedere innanzitutto la presenza del soggetto sul territorio dello Stato, la
più importante e la richiesta poi del ministero di Grazia e Giustizia laddove non ci sia stata in
stanza o querela della persona offesa . (I contenuti comunque sono definiti dalla legge agli artt. 9 e
10)
Per stabilire poi quale legge si applicabile bisogna definire il luogo del commesso reato cioè per
capire se un fatto è stato realizzato nel nostro ordinamento, nel nostro territorio ovvero all'estero,
si tratta di capire come si possa rinvenire qual è il criterio per definire il luogo in cui il reato è stato
commesso.
Il criterio ancora una volta è fornito dall'art. 6 in questo caso al co.2 il quale stabilisce che ‘’il reato
si considera commesso nel territorio dello Stato quando l'azione o l'omissione che lo costituisce è
ivi avvenuta in tutto in parte ovvero si è verificato l'evento del conseguenza dell'azione od
omissione’’
Quindi i principi che vengono considerati per fissare il luogo del reato è o il luogo dove si è
realizzata la condotta, azione, omissione oppure il luogo in cui si è realizzato l'evento che può
essere luogo diverso da quello in cui si è realizzato la condotta.
L’ EFFICACIA DELLA LEGGE PENALE VERSO LE PERSONE
Nel nostro ordinamento vige il principio fissato dall'art 3 della obbligatorietà della legge penale
ossia la legge penale si applica a tutti.
Vi sono però delle eccezioni, dei limiti personali alla legge penale.
Tale limite sono rappresentati dalle immunità
Sono le immunità appunto delle eccezioni alla applicazione della legge penale. Le immunità
possono essere o di diritto interno e queste sono previste con riferimento al Presidente della
Repubblica e ai parlamentari nei limiti delle immunità funzionale, oppure possono essere di diritto
straniero, ad esempio è prevista l’immunità per il sommo pontefice e per i capi di Stato esteri.
L'immunità poi può essere:
- assoluta o relativa cioè può riguardare la figura, la persona oppure può riguardare soltanto
alcune prerogative della persona,
- processuale ovvero sostanziale cioè riguardare: nel caso di immunità sostanziale la
realizzazione la configurazione dei reati e invece dal punto di vista processuale l’attuazione
determinate attività processuali

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- funzionale o extrafunzionale. Ad esempio nella articolo 68 della Costituzione è previsto
una cioè parlamentari non possono rispondere per le opinioni espresse nell'esercizio delle
proprie funzioni la lezione.

Lezione 3 LA STRUTTURA DEL REATO: ELEMENTO OGGETTIVO


Argomenti
- il reato (nella sua struttura)
- l'evento
- la condotta
- il nesso di causalità

REATO
Abbiamo già fornito quelli che sono gli indici definitori del reato, di ricognizione del reato. Abbiamo
visto si può dare una definizione formale a partire dalle pene che sono previste per il reato
differenziandosi da quelle del delitto e da quelle della contravvenzione. Abbiamo dato anche una
definizione sostanziale del reato per stabilire le ragioni che sottendono all'intervento penalistico.
Oggi definiremo più da vicino la struttura del reato nella sua sostanza in generale andando poi ad
analizzare più da vicino un elemento della struttura che è l'elemento oggettivo.
La struttura del reato si può concepire attraverso due diversi approcci definitori.
La struttura del reato:
Struttura descrittiva
- l'elemento oggettivo
- l’elemento soggettivo

Si può intendere come struttura descrittiva del reato è ciò che emerge dalla fattispecie
incriminatrice per come è tipizzata dalla legge. La struttura descrittiva o formalistica del reato si
compone di due elementi essenziali: l'elemento oggettivo e l’elemento soggettivo
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L’elemento oggettivo è il fatto materiale per come si determina storicamente. I suoi elementi
essenziali sono:
- l'evento
- la condotta
- nesso di causalità
Il fatto però per costituire reato non può risolversi soltanto in un mero accadimento materiale deve
anche essere supportato da un atteggiamento soggettivo rilevante nelle due forme di
responsabilità, di colpevolezza previste dall'ordinamento del Dolo più grave Ovvero della colpa.
L'elemento oggettivo e l’elemento soggettivo vanno visti proprio come fossero due facce di una
stessa medaglia. L'entità reato è una medaglia, che prevede due facce che devono sussistere
contemporaneamente affinché il reato si configuri. Tuttavia il fatto materiale è anche supportato
dall'elemento soggettivo del Dolo ovvero della colpa, di per sé non vale a concretare il reato. Cioè
la rispondenza di tale fatto alla descrizione della fattispecie così fissata dalla legge, non è un
giudizio ancora sufficiente integrare il reato. Si tratta, infatti, di fornire quella che è la struttura, la
definizione della struttura sostanziale ovvero teleologica del reato.
La struttura sostanziale si compone di due elementi fondamentali:
- l'offesa
- la riprovevolezza
Quello della struttura sostanziale è un piano di analisi che si sovrappone a quello fornito dalla
struttura formale ovvero descrittiva di cui abbiamo appena adesso parlato e vuole significare un
contenuto fondamentale cioè che il fatto materiale doloso ovvero colposo può essere rispondente
alla lettera della legge e ciò comunque non Integra il reato, se quel fatto materiale non si concreti
nella offesa al bene giuridico rilevante Ovvero la colpa o il Dolo non si inseriscono in un giudizio di
più ampia riprovevolezza. Giudizio che si attesta, si determina proprio con riferimento alla nozione
di colpevolezza, nozione che è più ampia del riferimento psicologico in termini di Dolo e colpa del
fatto al soggetto e concerne anche l'imputabilità del soggetto agente Ovvero la esigibilità del
comportamento conforme alla legge cioè la cosiddetta normalità della motivazione. Così ad
esempio un fatto può essere doloso ma essere così detto scusato dall'ordinamento come avviene
ad esempio nel caso dell'art. 384 del Codice Penale, in cui è prevista l'esclusione di particolari
fattispecie di reati contro l'amministrazione della Giustizia, laddove il fatto sia commesso ad
esempio per aiutare se stessi o un proprio congiunto (il favoreggiamento).
Adesso dopo aver fornito dei criteri definitori del reato di carattere generale per vedere più da
vicino come è strutturato il reato, oggi analizzeremo in particolare una componente della struttura
del reato che data dall' elemento oggettivo.
L'elemento oggettivo si compone di tre elementi:
- l'evento
- la condotta
- il nesso di causalità
Sono elementi essenziali imprescindibili.

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Si possono poi aggiungere a questi elementi altri elementi previsti dalla singola specifica
fattispecie come ad esempio i presupposti della Condotta ma sempre sono presenti questi
contenuti.
EVENTO
Che cos'è l'evento?
L'evento è il punto di partenza per accettare un determinato fatto. Quando devo accertare un reato
parto dall’accadimento materiale, da ciò che è avvenuto, dall'evento. Così nel caso dell'omicidio
chiaramente si parte dall'evento morte per poi risalire a quelle che sono state le cause che
possono aver prodotto tale evento e se del caso anche vedere se sia intervenuta una condotta
umana che ha causato proprio quella, il risultato, l'evento morte.
Il problema che ci si pone in generale è se un evento come accadimento materiale sia sempre
previsto. A tal proposito, parte degli interpreti ritengono che alcuni tipi di reati non prevedano un
evento. Si tratterebbe dei reati di mera condotta cioè quei reati in cui la fattispecie incriminatrice
prevede la sola condotta tipica e non specifica, quale il risultato in termini di evento. Così ad
esempio a ben guardare nella fattispecie di evasione, prevista dall'art 385 del Codice Penale.
Questo sarebbe un classico caso di reato di mera condotta perché si sanzionerebbe la mera
condotta di evasione senza definire gli effetti. E’ così anche il reato di danneggiamento previsto
dall'art. 635 del Codice Penale sarebbe un reato di mera condotta.
Tuttavia questa ipotesi, ad analizzare effettivamente la struttura di questi fatti, come rileva altra
dottrina, emerge che un effetto con riferimento alla condotta tipizzata definita si può sempre
percepire. Così ad esempio nel caso della evasione è vero che la fattispecie non definisce l'evento
ma chiaramente la condotta di evasione avrà un effetto, il fatto che il soggetto non si trova più
all'interno delle Mura carcerarie ma al di fuori. E’ così anche il danneggiamento. E’ chiaro che un
effetto potrà essere proprio quello del bene materiale che è stato danneggiato. Quindi da questo
punto di vista la parte della dottrina ritiene che la categoria dei reati di mera condotta non si possa
condividere.
Al proposito si richiama anche l'attenzione al problema della distinzione tra l’evento naturalistico e
l’evento giuridico quale offesa al bene giuridico.
L'evento naturalistico si concepisce quale modificazione del mondo esterno di carattere appunto
materiale, storico.
L'evento giuridico invece indica l'offesa che in concreto viene in rilievo per il bene giuridico tutelato.
Abbiamo detto con riferimento ai reati di mera condotta, si ritiene che un evento naturalistico non ci
sia. Tuttavia questa opinione può essere effettivamente vista sotto un'altra prospettiva che mette in
rilievo come un effetto di carattere naturalistico sia sempre percepibile, sia sempre rinvenibile.
Momento imprescindibile e essenziale è comunque l'evento come offesa. Questo perché lo scopo
delle fattispecie incriminatrici è proprio quello di tutelare beni giuridici.
Talvolta la legge specifica, dà anche una connotazione dell'offesa rilevante come avviene ad
esempio nella fattispecie di truffa ovvero nella fattispecie di abuso d'ufficio, laddove la legge a
proprio riferimento al danno che si interpreta appunto come danno patrimoniale. Altre volte questa
connotazione in termini valutativi non viene data, non viene conferita e comunque si desume
sempre interpretativamente. Tuttavia è essenziale rilevare l'evento come offesa. Questo perché da
tale contenuto si evince la validità nel nostro ordinamento, nel nostro sistema del principio di
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offensività che trova un correlato normativo importantissimo nell'arti 25 della Costituzione e nell'
art. 49 del Codice Penale (evento come offesa).
L'art. 25 della Costituzione in particolare fornisce una diversa disciplina a seconda che venga in
rilievo un fatto da cui discende una pena piuttosto che un fatto che sia sintomatico della
pericolosità da cui discende all'applicazione della misura di sicurezza cioè la logica che governa la
diversa previsione del co.2 dell'art 25 rispetto al co.3
Se dunque dal fatto come reato deriva l'applicazione della pena mentre dalla pericolosità in quanto
tale deriva la misura di sicurezza, da tale distinzione gli interpreti hanno ravvisato proprio le ragioni
della diversa operatività dell'offesa nel sistema. Soltanto il fatto produttivo di offesa può far
scaturire l'effetto della pena. Laddove il fatto sia semplicemente diagnostico, sia soltanto un
sintomo della pericolosità del soggetto e dunque come tale non sia produttivo di un offesa in
termini di violazione del bene giuridico, offesa al bene giuridico allora potrà produrre come effetto
l'applicazione della misura di sicurezza.
Non c'è nel codice penale una norma che espressamente disciplina il principio di offensività.
I fondamenti del principio di offensività vengono ravvisati nei contenuti dell'articolo 49 in particolare
nel Co.2 in cui sono definiti i contenuti del reato impossibile. Si dice che ’’la punibilità è esclusa
quando per la inidoneità dell'azione o per la inesistenza dell'oggetto di essa è impossibile l'evento
dannoso o pericoloso’’. Questo sarebbe il caso in cui il fa può essere anche tipico o atipico
senz'altro perché comunque abbiamo un'azione al completo dei suoi elementi e tuttavia l'azione è
inidonea a produrre l'offesa l'evento dannoso o pericoloso che indica proprio i contenuti dell'evento
giuridico. Quindi l'accertamento dell'offesa è un elemento, un dato imprescindibile.
L'accertamento dell'offesa ci richiama anche un'ulteriore distinzione importantissima quella che
abbiamo già a letto con riferimento all'art.49 perché l’offesa tipica nel nostro ordinamento è
riconosciuta in due forme cioè quella dei:
- reati di danno
- reati di pericolo:
astratto
concreto
Nei reati di danno si determina dunque un danno al bene giuridico (classico caso è l’omicidio che
cagiona la morte di un uomo).
Con riferimento invece ai reati di pericolo non abbiamo una vera e propria offesa al bene ma un
pericolo di offesa al bene. Cioè talvolta l'ordinamento richiede di dover anticipare la tutela a
garanzia del bene giuridico.
Tale anticipazione comunque deve trovare dei limiti. Non può essere eccessiva se no si disperde il
correlato con l'offesa. La fattispecie paradigmatica del reato di pericolo è il tentativo in cui,
appunto, l'evento non si verifica Ma si richiedono atti idonei diretti in modo non equivoco a
realizzare l'evento. Si distinguono poi appunto come segnalato i reati di pericolo in reati di pericolo
astratto e concreto.
Nei reati di pericolo astratto, il pericolo è presunto dalla fattispecie incriminatrice e non deve essere
accertato in concreto invece nei reati di pericolo concreto si deve effettuare tale accertamento
appunto in concreto che determini un pericolo per il bene giuridico.

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Si ritiene che solo quest'ultima categoria e in tal senso si è espressa anche la giurisprudenza si è
effettivamente aderente, conforme al principio di offensività.
Si può anche addirittura talvolta individuare reati di pericolo del pericolo cioè in cui la tutela è ancor
più anticipata. Ad esempio leggendo la struttura dell'art 426 che è reato di inondazione, frana o
valanga cioè chiunque cagiona tali eventi. Si tratta di eventi di per sé pericolosi per l'incolumità
pubblica. Questo è un reato di pericolo però il 427 sanziona chiunque realizzi il pericolo di
inondazione, frana, valanga prevedendo dunque con il 427 una fattispecie di pericolo,
determinando anche un problema di aderenza con il principio di offensività
Andiamo poi all'altro elemento essenziale è la Condotta
CONDOTTA
La condotta è l'agire dell'uomo che produce l'evento.
La condotta può essere di due tipi sostanzialmente può essere o come vista come condotta attiva
o come condotta omissiva.
La condotta attiva consiste in un facere, in una azione positiva e può essere diversamente prevista
come:
- nei reati a forma libera
- nei reati a forma vincolata
Nei reati a forma libera definiti anche causalmente orientati, la condotta non viene tipizzata dalla
legge. (l'omicidio: chiunque cagiona la morte di un uomo, il cagionare può venire nei modi più
diversi, con le condotte più diverse, all'ordinamento questo non importa). Quindi questo dato, la
diversa tipizzazione non rileva. Quando invece l'ordinamento stabilisce i particolari contenuti della
Condotta come ad esempio nella fattispecie di truffa, in cui si prevede che la condotta debba
atteggiarsi in termini di artifizi o raggiri, quindi si richiede nei reati a forma vincolata una particolare
forma di condotta. Poi si possono enucleare anche altri tipi, altre categorie di reati appunto in
azione della delle caratteristiche della condotta. Ad esempio nei reati abituali si richiedono più
condotte come ad esempio nel reato di maltrattamenti in famiglia in cui una singola condotta non
può concretare il reato Ma si richiedono più condotte oppure nei reati permanenti che si
differenziano dai reati istantanei in quanto reato istantaneo si realizza un evento come
conseguenza della condotta come in una dimensione puntuale invece nel reato permanente
abbiamo un protrarsi della condotta e dell'evento. Basti pensare a tal proposito al sequestro di
persona.
Maggiori problemi pone comunque la definizione della Condotta omissiva trattandosi di definire di
distinguere i reati omissivi propri dai reati omissivi impropri
La condotta omissiva non si deve considerare come una inerzia in realtà per l'ordinamento per
condotta omissiva si intende un’azione canzone da quella richiesta dagli obblighi giuridici.
Ci sono due categorie appunto come abbiamo detto di reati omissivi:
- i reati omissivi propri
- i reati omissivi impropri
I reati omissivi propri si ritiene siano reati di mera condotta cioè in cui non si producono evento
mentre nei reati omissivi impropri si produrrebbe un evento.
Abbiamo visto comunque che tale distinzione regge fino a un certo punto perché una
conseguenza, un effetto anche nei reati di mera condotta si può sempre enucleare. Ad esempio
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nel reato di omissione di soccorso classico caso di reato omissivo proprio non si può ritenere un
reato di mera condotta perché chiaramente dall'omissione di soccorso derivano un effetto che può
essere quello della morte oppure dell’aggravamento delle condizioni della persona che ha bisogno
di soccorso. Piuttosto la distinzione tra le due categorie sembra doversi rinvenire in un altro
aspetto e cioè nella diversa tipizzazione delle due fattispecie. Mentre i reati omissivi propri sono
previsti come tali dall'ordinamento cioè l’omissione di soccorso è definita dalla specifica norma
incriminatrice così anche le omissioni di atti d'ufficio, i reati omissivi impropri vengono tipizzati
diversamente cioè si possono definire attraverso il ricorso alla clausola di equivalenza fissata
dall'art. 40 secondo comma del Codice Penale il quale stabilisce che ‘’non impedire un evento che
si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo’’.
Dal combinato disposto di questa norma con la specifica fattispecie incriminatrice si confeziona il
reato omissivo improprio. Ad esempio nel caso di omicidio: la morte di un uomo può essere
cagionata dalla classica condotta attiva, con lo sparare l'uomo muore.
Diversamente si può tipizzare appunto con la clausola di equivalenza dell’art. 40 secondo comma.
Nel caso in cui ad esempio un medico non prestando le cure dovute al malato lo fa morire. Questo
è un classico caso di reato omissivo improprio. Il medico ha il dovere giuridico di intervenire per
salvare, per tutelare il bene vita del malato ma non lo fa e il malato muore. Quindi quell'evento
morte è Conseguenza della Condotta omissiva che si tipizza, abbiamo visto con il ricorso all
l’art 40 al secondo comma.
Il problema che si lega alla definizione di questa categoria riguarda innanzitutto la fonte
dell'obbligo. La fonte dell'obbligo previsto dal 40 secondo comma può essere una legge ma può
essere anche un contratto.
L'obbligo deve avere poi un contenuto incisivo, non basta il semplice obbligo di attivarsi. Deve
essere un obbligo che presuppone anche i poteri per poter impedire un certo evento. Si ritiene
infatti da parte degli interpreti che l'obbligo richiesto dal 40 secondo comma sia un obbligo di
garanzia a tutela del bene giuridico. Quindi non basta il mero obbligo di sorveglianza a tutela del
bene ma occorre un obbligo di garanzia che porti in capo a colui che ne sia titolare i poteri per
poter impedire appunto un determinato evento.
La condotta poi deve essere anche offensiva quindi il contenuto di offensività che abbiamo visto è
imprescindibile, con riferimento all'evento deve caratterizzare anche la condotta. Ad esempio la
violazione di un obbligo giuridico nei termini visti dal 40 secondo comma può concretare la
offensività della Condotta ma anche ad esempio l'abuso di un potere può ancora concretare un
autonomo disvalore di condotta.
IL NESSO DI CASUALITA’
Il nesso di causalità è quel nesso che collega l'evento alla condotta.
Quindi è sia un criterio di imputazione del fatto al soggetto oltre che un elemento essenziale del
reato.
Come si accerta il nesso di causalità?
In base alla teoria della CONDICIO SINE QUA NON ( condizione senza la quale non si può verificare
un evento- condizione essenziale), rispetta alla quale vengono in rilievo anche dei correttivi:
- la causalità adeguata
- la causalità umana
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Cosa si intende per teoria della condicio sine qua non o teoria condizionalistica?
Per stabilire se un evento è conseguenza, è stato causato da una condotta si tratta di fare un
accertamento cosiddetto controfattuale cioè si prende l’evento al momento del determinarsi
dell'evento, si va a ritroso individuandosi la condotta si elimina mentalmente Cioè se eliminandosi
la condotta si giunge alla conclusione che viene meno o sarebbe venuto meno anche l'evento
allora chiaramente quella condotta è causa dell'evento. Se invece anche eliminando la condotta,
l'evento si sarebbe ugualmente verificato, quella condotta non sarà a causa dell'evento.
Il problema della condicio sine qua non è che può condurre a un regresso all'infinito, cioè può
considerare rilevanti cause e quindi anche condotte molto risalenti nel tempo. Ad esempio
potrebbe essere rilevante anche la condotta del venditore che ha venduto l'arma con la quale
l'assassino ha sparato. Quindi per restringere il novero delle cause rilevanti si sono introdotti dei
correttivi in particolare quello della causalità adeguata.
La causalità adeguata si pone in un momento ideale diverso da quello della condicio sine qua non
quindi non ex post ad evento avvenuto ma ci si pone una prospettiva ex ante nel momento in cui il
soggetto agisce e si deve accertare se quella condotta sia normalmente produttiva di determinati
effetti. Se non lo è si esclude la condotta come causa.
I termini della causalità adeguata però si dice porterebbero a restringere troppo il novero delle
cause rilevanti e da questo punto di vista non si potrebbe accogliere.
Diversi invece sono i termini del correttivo della causalità umana.
Secondo la causalità umana si dovrebbero escludere tutte quelle cause dunque anche quelle
condotte che siano considerati fattori eccezionali al prodursi di un determinato evento e quindi
dovrebbero escludersi tutti quelle cause che fuoriescono dalla dominabilità dell’uomo.
Questa concezione è stata tuttavia criticata perché connotata da contenuti di carattere soggettivo.
In realtà la dominabilità dovrebbe essere sempre intesa in una prospettiva oggettiva secondo
parametri oggettivi. Comunque il nostro codice all'art. 40 comma 1 e all'art. 41 commi 1 e 3
sicuramente nel definire il nesso di causalità abbraccia la teoria condizionalistica, della condicio
sine qua non, perchè stabilisce il codice all’art. 40 ’’Nessuno può essere punito per un fatto
preveduto dalla legge come reato se l'evento dannoso o pericoloso da cui dipende l'esistenza del
reato non è conseguenza della sua azione od omissione’’ anche il 41 che definisce il concorso di
cause conferma i contenuti a punto della condicio sine qua non.
Il contenuto invece dell'articolo 41 secondo comma il quale stabilisce che ‘’Le cause sopravvenute
escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l'evento’’ e
poi continua ’’in tal caso se l'azione omissione precedentemente commessa costituisce per sé
reato si applica la pena per questo stabilita ’’ Però la frase importante è la prima cioè quella che
dice ‘’le cause sopravvenute se da sole a determinare l'evento escludono il rapporto di causalità’’.
Andrebbe a inserirsi nei termini di quella che abbiamo detto essere la cosiddetta causalità umana
cioè il fattore eccezionale cioè quel fattore che fuoriesce in considerazione di tale carattere
eccezionale, si considera preponderante rispetto agli altri fattori che possono essere sempre
condizioni dell'evento però la loro rilevanza esclusa sia un fattore per la sua eccezionalità questa
l'interpretazione che si dà all'art. 41 secondo comma si ritiene poi tale fattore appunto
preponderante dunque da valutarsi come solo fattore che causa l'evento e si esclude la rilevanza

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degli altri fattori. Importantissimo poi nell'accertamento della causalità sono i termini della
causalità Scientifica con riferimento alle leggi universali e alle leggi statistiche.
Cioè la causalità Scientifica che assume un’importanza centrale soprattutto in determinati settori in
cui il progresso scientifico impone un accertamento sulla scorta di leggi.
Per quanto riguarda le leggi universali non si pongono grandi problemi perché stabiliscono un
rapporto di interdipendenza certa tra un evento e una causa (che può essere una condotta).
Il problema sorge per le leggi statistiche perché questa certezza non la individuano ma fondano un
con una connessione tra l'evento e la condotta sulla base di tassi di probabilità. Con riferimenti a
tassi di probabilità rilevanti, la giurisprudenza inizialmente considerava sufficienti anche tassi
medio bassi poi nel tempo si è evoluta una giurisprudenza più sensibile che ha richiesto tassi più
alti quasi parificabile alla certezza. Sul punto sono dunque intervenute poi le Sezioni Unite nel
2002 con una notissima sentenza ‘’la sentenza Franzese’’ le quali dal lato richiedono necessità
dell'accertamento di tassi di probabilità alti anche parificabile alla certezza però tale sentenza non
esclude che possano essere rilevanti anche taxi medio-bassi laddove si realizzino altri fattori che
consentono di pervenire comunque ha un giudizio circa la causalità cioè a rinvenire effettivamente
una causalità tra un evento e una condotta.
La sentenza introduce una nozione di probabilità logica che si sovrappone a quella di probabilità
statistica e che considera dunque il nesso non sono in considerazione e prendendo in rilievo il dato
statistico in sé per sé considerato ma prendendo in rilievo anche ulteriori fattori che possano
consentire da un punto di vista interpretativo, di giungere a ravvisare il nesso tra l'evento e la
condotta.
Analizziamo adesso un altro contenuto importantissimo del reato a completare l'analisi del fatto
materiale del fatto già attivo che è l'oggetto della lezione di oggi.
Infatti per completare l'analisi della struttura materiale del reato è necessario definire chi sono i
soggetti protagonisti del reato.
Sicuramente il soggetto attivo cioè colui che pone in essere la condotta tipica. Le fattispecie
incriminatrici di solito definiscono il soggetto attivo genericamente utilizzando il chiunque ma
talvolta la legge richiede la titolarità di una particolare qualifica soggettiva.
Questo è il caso del reato proprio ovvero funzionale
Si definisce reato proprio quel reato che richiede una particolare condizione soggettiva affinché il
reato si configuri, come ad esempio la qualifica di pubblico ufficiale. La qualifica può avere dunque
una consistenza naturalistica ovvero normativa.
Naturalisti ad esempio la condizione di madre, normativa come abbiamo visto quella di pubblico
ufficiale. Per tale categoria che poi è quella più importante, con più fattispecie incriminatrici si
preferisce talvolta utilizzare la definizione di reato funzionale.
Che cosa caratterizza la categoria dei reati funzionali?
Si è detto un particolare rapporto che c'è tra il soggetto e bene. In realtà la migliore impostazione
porterebbe a considerare il titolare della qualifica soggettiva, che può essere quella di pubblico
ufficiale, come soggetto titolare di particolare i doveri e poteri così che nel momento in cui si
realizza reato funzionale si determina un effetto o di abuso potere o di violazione del dovere.

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Questo caratterizza come momento di disvalore di condotta tipico dei reati appunto funzionali cioè i
reati che prevedono una particolare condizione soggettiva sono caratterizzati da un disvalore di
condotta peculiare, tipico, consistente o nella violazione del dovere o nell’abuso del potere.
L'altro protagonista del reato è il soggetto passivo cioè la vittima del reato, di solito appunto Il
titolare del bene giuridico protetto. Il soggetto passivo di solito coincide con la persona offesa del
reato. Persona offesa individuata definita come categoria soprattutto da un punto di vista delle
implicazioni processuali e ad esempio la persona offesa è quella che ha diritto di querela.
Il soggetto passivo è figura diversa da quella del danneggiato che è nozione più ampia. Ad
esempio possono essere danneggiati dal reato anche i familiari della vittima come avviene nel
caso di omicidio e i familiari possono essere danneggiati e come tali costituirsi come parte civile
nel processo.
Infine l'oggetto materiale.
L'oggetto materiale è il punto di ricaduta della Condotta criminosa. Può essere una cosa e può
essere la persona. Di solito può coincidere con il bene giuridico ma non sempre perché il bene
giuridico può avere una definizione più ampia rispetto a quella dell'oggetto materiale.

Quindi da questa analisi si evince come il fatto materiale è un fatto complesso che si compone di
elementi essenziali imprescindibili che sono l'evento, la condotta, il nesso di causalità e la singola
fattispecie criminosa puoi può richiamare altri elementi che sono tuttavia non essenziali

Lezione 4 LE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE

LE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE
- Art.50 e 51
- legittima difesa e lo stato di necessità
- l'uso legittimo delle Armi

Che cosa sono le cause di giustificazione?


Nel nostro ordinamento, la parte speciale prevede singole fattispecie incriminatrici tuttavia sono
previsti nell'ordinamento in particolare nella parte generale agli artt. 50 e seguenti delle norme che
si possono considerare permissive rispetto ai fatti incriminati; così un omicidio realizzato in
condizioni di legittima difesa cioè l'evento uccisione realizzato in condizioni di legittima difesa non
concreta un reato.
Qual è dunque la definizione della causa di giustificazione?
Nella struttura del reato si possono dare diverse impostazioni.
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Struttura:
 teoria bipartita
 teoria tripartita
 bilanciamento di beni
Secondo la teoria bipartita: la struttura delle cause di giustificazione è quella di elementi negativi
del fatto cioè Secondo la teoria bipartita il reato si compone di due elementi:
1) elemento oggettivo
2) elemento soggettivo
Le cause di giustificazione integrerebbero degli elementi negativi che annullerebbero il fatto ed
escluderebbero l'integrazione del fatto in senso ampio.
Secondo invece la teoria tripartita: le cause di giustificazione sarebbero le cause che escludono
l'antigiuridicità. Secondo la teoria tripartita infatti il reato si compone di tre elementi:
1) fatto
2) antigiuridicità
3) colpevolezza
Nel momento in cui vengono in rilievo cause di giustificazione si esclude l'elemento della
antigiuridicità oggettiva nei confronti dell'intero ordinamento.
Entrambi i punti di vista forniscono spunti definitori importanti e consentono l'acquisizione di
risultati interpretativi importanti.
Tuttavia la visione che in un certo senso che può apparire maggiormente chiara è quella che parte
dalla considerazione di un bilanciamento di beni che è effettuato dall'ordinamento nel momento
in cui introduce una causa di giustificazione cioè la norma incriminatrice sappiamo tutela dei beni;
la norma che prevede la causa di giustificazione tutela altri beni; nel bilanciamento tra questi beni
l'ordinamento conferisce maggiore importanza, se vogliamo una preponderanza, ai beni tutelati
dalla norma che prevede la causa di giustificazione. Cioè la causa di giustificazione se vogliamo si
inserisce in una situazione che è quella che è determinata appunto dal fatto di reato neutralizzando
il disvalore del fatto. La neutralizzazione ha dunque come effetto quello del bilanciamento dei beni
quale si riconosce appunto una preponderanza al bene tutelato dalla norma che prevede la causa
di giustificazione.
Dal punto di vista della efficacia della causa di giustificazione vediamo l'art. 59 del Codice Penale
in particolare al comma 1 stabilisce che ‘’le circostanze che attenuano o escludono la pena in tal
senso sono definite appunto le cause di giustificazione sono valutate a favore dell’agente anche se
da lui non conosciute o da lui per errore ritenute inesistenti’’
Si ritiene dunque che le cause di giustificazione in base a tale previsione normativa, abbiano
efficacia oggettiva quindi a prescindere dal fatto che il soggetto ne abbia conoscenza, se le
rappresenti, sono comunque riconosciute a favore del soggetto con una implicazione
importantissima anche dal punto di vista dell’errore stabilito dall'art. 59 comma 2 del Codice
Penale il quale definisce che ’’le circostanze che aggravano la pena sono valutate a carico
dell'agente soltanto se da lui conosciute ovvero ignorate per colpa o ritenute inesistenti per errore
determinato da colpa’’. Ciò vuol dire che anche nel momento in cui il soggetto erroneamente
suppone inesistente la causa di giustificazione che oggettivamente non esiste, tale causa gli viene
attribuita, viene riconosciuta a favore del soggetto.
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Chiaramente ti deve trattare di un errore incolpevole
Se invece è un errore colposo cioè che se l’erronea supposizione colposa può permanere un
giudizio di responsabilità a titolo di colpa del reato è previsto a titolo di colpa.
Infine una norma che decide un aspetto dell'errore le cause di giustificazione è l’eccesso colposo
nelle cause di giustificazione previsto dall'articolo 55 comma 1 del Codice Penale in cui si
stabilisce che ’’quando nel commettere alcuno dei fatti previsti dagli articoli (ossia cause di
giustificazione) si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge’’ si applicano dunque gli
estremi del delitto colposo se quel delitto appunto è previsto a titolo di responsabilità colposa. Cioè
è il caso in cui sussiste la condizione, la causa di giustificazione così la legittima difesa ma si
eccedono i limiti previsti dalla legge per legittima difesa, come poi vedremo meglio in seguito quali
sono appunto questi limiti. L'eccesso rispetto a questi limiti può portare a un giudizio di colpa nei
confronti del soggetto se l'eccesso è colposo. Può esserci anche un eccesso incolpevole, in tal
caso nessun rimprovero potrebbe essere mosso al soggetto e nessuna responsabilità potrà essere
ascritta al soggetto. Infine abbiamo anche un eccesso doloso; in tal caso il doloso superamento dei
limiti della causa di giustificazione porterà ad escludere la configurazione della causa di
giustificazione.
Analizziamo ora le specifiche cause di giustificazione prevista una parte generale in particolare
iniziando da quella prevista dall'articolo 50
ARTICOLO 50 DEL CODICE PENALE: CONSENSO DELL’AVENTE DIRITTO
L'articolo 50 prevede il consenso dell'avente diritto.
Si tratta di una causa che esclude il reato laddove vi sia una disponibilità da parte di chi ha il diritto
a disporre e questa disponibilità ovviamente esclude la configurazione del delitto.
Bisogna comunque fissare quali sono i limiti di tale fattispecie, di tale causa di giustificazione
Innanzitutto non tutti i diritti sono disponibili. Non sono disponibili i diritti dello Stato e della
collettività. Possono essere disponibili solo i diritti dell'individuo e non tutti, infatti la vita non è
disponibile, anche l'integrità fisica non è disponibile.
Infatti dall'articolo 5 del codice civile evinciamo un principio generale di ordinamento in base al
quale ‘’sono vietate le diminuzioni permanenti dell'integrità fisica quando sono altrimenti contrarie
alla legge o quando sono altrimenti contrari alla legge, all'ordine pubblico e al buon costume’’.
Quindi non si possono determinare atti dispositivi del proprio corpo che ledano o portino a una
diminuzione a una lesione permanente della propria integrità fisica.
Quindi tutti questi diritti non sono disponibili. Rimangono altri diritti come la disponibilità ai beni
materiali, la disponibilità del proprio corpo salvo che non si integrino delle diminuzioni permanenti
dell'integrità Cioè ci può essere una disponibilità all'onore.
Inoltre il diritto deve essere disponibile dall'avente diritto e quindi il soggetto titolare del diritto.
Soltanto il soggetto titolare può disporre del proprio diritto.
Si richiede anche che vi sia una capacità di intendere e di volere da parte del soggetto che
disponga del proprio diritto e tale capacità è fissata nel limite della maggiore età anche se questo
limite può intendersi anche in termini più elastici. Inoltre il consenso deve essere liberamente
proiettato esente da Vizi e deve essere informato. Questo aspetto rileva ad esempio con
riferimento alle attività medico-chirurgiche in cui l'intervento del sanitario deve avvenire sul

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paziente sempre a seguito di un consenso informato e questo è un aspetto molto importante per
scriminare l'attività del medico.
ARTICOLO 51 DEL C.P.
L'altra fattispecie che analizziamo all’art.51 che prevede 2 ipotesi quella dell’esercizio del diritto
ovvero dell'adempimento del dovere.
Analizziamo l'esercizio del diritto.
L'articolo 51 stabilisce che ’’l'esercizio del diritto esclude la punibilità.’’
Art.51 c.p.:
Esercizio del diritto
 attività giornalistica
 disciplina familiare
 proprietà
Anche qua la nozione di diritto inteso in senso ampio come ogni facoltà legittima anche quella che
deriva dalla legge. Il problema dell'esercizio del diritto riguarda sempre i limiti in cui un diritto possa
venire esercitato. Limiti che si riconoscono rispetto ad altri diritti riconosciuti comunque
nell'ordinamento. I limiti all'esercizio del diritto hanno posto problemi soprattutto con riferimento a
determinati settori, ad esempio quello dell'attività giornalistica, della disciplina familiare ovvero
della proprietà.
Con riferimento all'attività giornalistica il problema è quello dell'esercizio di diritti quale il diritto di
cronaca e il diritto di critica che sono espressioni della libera manifestazione del pensiero ma che
possono confliggere con altri diritti ad esempio quella all'onore della persona che viene citata la
notizia. Allora la giurisprudenza sotto questo profilo è individuato dei limiti rispetto ai quali si deve
esplicare l'attività giornalistica in particolare il diritto di cronaca e questi limiti sono innanzitutto la
verità o verosimilianza della notizia, la pertinenza della notizia rispetto agli interessi pubblici e la
continenza della notizia ossia la notizia non può trascendere, scadere in contenuti diffamatori.
Diversi sono i limiti del diritto di critica a cui è riconosciuta una tolleranza maggiore.
Tuttavia anche qua non si può andare oltre il dato oggettivo cioè il dato legato all’accadimento e
ciò che un soggetto fa. Ad esempio per quanto riguarda la critica politica. Non si può criticare il
soggetto come persona in quanto tale, quanto piuttosto per quello che il soggetto fa.
Altri problemi di limite all’esercizio del diritto si sono posti nella disciplina familiare, in particolare
con riferimento allo ius corrigendi Cioè in che misura si può educare un figlio ricorrendo a mezzi
coercitivi anche Alzando le mani. Chiaramente da questo punto di vista incide anche l'evoluzione
dei sistemi educativi e in tal senso i limiti ad oggi si sono fatti sempre più forti e quindi si esclude
che si possa ricorrere a questi strumenti soprattutto laddove l'educatore non sia il genitore ma sia
una persona come l'insegnante o persone che sono incaricate di svolgere tali compiti.
Infine per quanto riguarda la proprietà si pone un problema di utilizzo di strumenti per difendere la
proprietà, i cosiddetti offendicula.
Ecco a tal proposito il limite all'utilizzo di questi strumenti come esercizio in un diritto è
riconosciuto nel carattere proporzionato di questi beni e quindi per difendere beni materiali non si
può offendere ad esempio la integrità fisica del soggetto e comunque vanno sempre segnalati.
Adempimento del dovere (art.51 c.p)
 Norma giuridica
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 Ordine dell’Autorità
Passiamo ora all’adempimento del dovere previsto dall'articolo 51 può essere previsto o da norma
giuridica o da un ordine dell'autorità.
Quindi quali Fonti del dovere è prevista dalla legge articolo 51 o una norma giuridica o un ordine
della pubblica autorità
In particolare l'ordine dell’autorità può avere efficacia scriminante solo se è un ordine legittimo cioè
deve essere dunque competente il soggetto che lo emana, deve essere competente il soggetto
che esegue e deve comunque rispondere a presupposti formali di legalità formale ma anche si
ritiene da un punto di vista la legittimità rilevante, da un punto di vista sostanziale quale conformità
ai presupposti previsti dall'ordinamento per l'emanazione di un ordine.
Il problema sorge dunque laddove l'ordine sia illegittimo. In questo caso può scriminare? In questo
caso No perché l'ordinamento prevede che se un fatto costituente reato è commesso per ordine
dell'autorità, del reato risponde sempre il pubblico ufficiale che ha dato l'ordine, risponde del reato
altresì che eseguito l'ordine Salvo che per errore di fatto abbia ritenuto di obbedire a un ordine
legittimo. Quindi nel caso in cui sia un ordine illegittimo risponde sia con lui che ha dato l'ordine sia
con lui che lo esegue a meno che vi sia un errore di fatto, cioè a meno che il soggetto che esegue
l'ordine ritiene assolutamente che sia un ordine legittimo. Come ad esempio un ordine di arresto
sulla base di un documento che è sembra assolutamente corretto ma è stato materialmente
modificato dal Superiore ed è stato inserito il nome della persona sbagliata allora chi esegue
l'ordine ritiene che esso sia assolutamente legittimo.
Tuttavia perché è stata fatta una manomissione materiale dell'ordinanza di cattura.
Il problema può sorgere laddove l'ordine in questione sia un ordine insindacabile. Infatti l'ultimo
comma dell'articolo 41 stabilisce che ’’non è punibile chi esegue l'ordine illegittimo quando la legge
non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell'ordine’’. Questo è il caso dell'ordine che è
dato al militare o all'agente di polizia, il quale non può sindacare all'ordine del superiore e quindi in
questo caso se l'ordine è illegittimo non risponde colui che lo ha eseguito ma risponde soltanto
colui che ha dato l'ordine. Tuttavia anche rispetto a questa ipotesi si ritiene da parte degli interpreti
debba essere ravvisato, riconosciuto un limite e in questo caso il limite sarebbe nella manifesta
criminosità dell'ordine. Ossia laddove l’ordine sia manifestamente criminoso allora anche colui che
lo deve eseguire deve fermarsi altrimenti il suo atto concreto concretizzerà, realizzerà un reato e
non sarà scriminato.
LEGITTIMA DIFESA E STATO DI NECESSITA’
Analizziamo altre cause di giustificazione: legittima difesa e stato di necessità.
La legittima difesa prevista dall'art. 52 del Codice Penale ha 2 elementi essenziali:
1) l'aggressione ingiusta
2) la reazione difensiva
La legittima difesa è il caso in cui appunto per reagire ad un'aggressione, il soggetto si difende
aggredendo a sua volta. E’una delle figure più importanti prevista dall'art 52 la quale stabilisce che
‘’ non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un
diritto proprio altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta sempre che la difesa sia
proporzionata all'offesa’’ Quindi vi sono dei requisiti affinché si integrino gli estremi della legittima
difesa. Innanzitutto l'aggressione deve essere ingiusta, antigiuridica. Se ad esempio l'agente di
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polizia esegue un ordine di arresto e per farlo deve prendere il soggetto da arrestare, in quel caso
il soggetto non può reagire perché non si concretano gli estremi di un'aggressione giusta. Si tratta
di un'aggressione legittima riconosciuta dall'ordinamento. L'aggressione poi deve essere rivolta
contro un interesse giuridicamente tutelato, può essere un bene della persona, può essere
l'integrità ma può essere anche un bene patrimoniale. Inoltre deve essere un pericolo, appunto per
quel bene, attuale cioè al momento in cui si reagisce. Il pericolo non può essere né passato né
futuro.
Abbiamo dunque a questa aggressione una risposta, una reazione difensiva. Anche la reazione
difensiva deve essere caratterizzata da alcuni requisiti essenziali. Innanzitutto deve essere
necessaria ciò vuol dire che altre strade non sono praticabili, non sono possibili. Nel caso in cui ad
esempio il soggetto possa sottrarsi all'aggressione scappando non potrà poi invocare la legittima
difesa perché questi avrebbe potuto agevolmente andarsene scappare ed evitare lo scontro,
anche se questo questa condotta può apparire disonorevole però per il principio della necessarietà
della causa di giustificazione può intervenire solo quando non ci sono altre vie d'uscita e poi la
reazione deve essere proporzionata cioè il requisito della proporzione valuta con riferimento ai
beni che vengono in rilievo. Per difendere un bene patrimoniale non si potrà uccidere l'aggressore
chiaramente, questo sarebbe una difesa sproporzionata. Si deve sempre calibrare anche in
considerazione degli strumenti che un soggetto può avere in dotazione qual è la reazione
proporzionata.
Dalla figura generale di legittima difesa prevista all'articolo 52 Si differenzia quella prevista dal
secondo comma dell'articolo 52 e cioè la legittima difesa domiciliare
Questa ipotesi è stata introdotta nel 2006 e prevede il caso in cui la legittima difesa si esplichi in
luoghi particolari, luoghi del domicilio quelli previsti dall'articolo 614 appunto il domicilio del
soggetto ma anche luogo in cui si esercita, lo dice il terzo comma, un'attività commerciale
professionale o imprenditoriale.
In questi casi si dice che nel caso della legittima difesa domiciliare il soggetto può far uso dell'arma
per difendere la propria e altrui incolumità ovvero per difendere i beni propri o altrui quando non vi
è desistenza o vi è pericolo di aggressione. Si ritiene che in questo caso vi sia una sorta di
presunzione della proporzione cioè il soggetto che si trovi nel proprio domicilio e venga aggredito
può usare un'arma per difendere la propria incolumità o per difendere si dice beni. Soprattutto
questa seconda ipotesi è stata fortemente criticata perché si è detto che manchi il requisito della
proporzione, non si può uccidere per difendere beni materiali. Tuttavia l'interpretazione più attenta
della fattispecie anche conforme ai principi, soprattutto al principio di necessità e di proporzione
che abbiamo visti, dovrebbe fare intendere il pericolo di aggressione cioè il difendere i beni propri e
altrui quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione come pericolo di aggressione della
propria incolumità, non come pericolo di aggressione ai beni. Se si recupera il riferimento
all'incolumità viene meno il problema, l'eccezione alla fattispecie nei termini di una sua
proporzione.
Inoltre va considerato che sicuramente il legislatore nel definire questa ipotesi, ha voluto
valorizzare il particolare stato emotivo in cui si trova il soggetto a essere colpito nei locali della
propria intimità o dove svolge la professione e quindi il particolare stato emotivo di paura può
conferire, può aver determinato questa scelta nell'ordinamento, nel senso di valutare meno
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severamente la proporzione tra i beni che vengono in rilievo. Comunque ribadisco il richiamo al
pericolo di aggressione andrebbe comunque letto a scanso di ogni equivoco e di eccezione, come
pericolo di aggressione all'incolumità.
STATO DI NECESSITA’ (Art.54 c.p.)
 Situazione di necessità
 Condotta di salvataggio
 La rilevanza dello stato di necessità
Si differenzia dalla definizione della legittima difesa, lo stato di necessità previsto dall'arti. 54, in cui
sia una situazione di necessità alla quale consegue una condotta di salvataggio e infine viene in
rilievo un problema di rilevanza dello stato di necessità. Cioè nello stato di necessità non abbiamo
un’aggressione al quale si reagisce, abbiamo una situazione di pericolo che non è un danno grave
alla persona. Art.54 ‘’non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla
necessità di salvare se o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui
non volontariamente causato né altrimenti evitabile sempre che il fatto sia proporzionato al
pericolo’’ Quindi qua non abbiamo un'aggressione,abbiamo una situazione di pericolo, di danno
grave alla persona quindi non qualsiasi danno può venire in rilievo. Un danno patrimoniale non
viene in rilievo dal punto di vista dell’art.54 solo un danno grave alla persona che è attuale, quindi
sussiste al momento, non è nel futuro nel passato e non è volontariamente causato né altrimenti
evitabile. Rispetto a questa situazione dunque si effettua una condotta di salvataggio per se o per
altri a scapito di un'altra persona evidentemente. dipende dal caso in concreto. E sicuramente la
condotta di salvataggio deve essere necessaria cioè non si possono avere altre vie d'uscita come
nella legittima difesa e comunque deve essere proporzionata al danno grave cioè chiaramente la
vita potrà essere bilanciata soltanto dove viene un rilievo, un pericolo di vita, l'integrità, ecc.
sempre legati con alla sfera del danno alla persona.
Un problema ulteriore riguarda la rilevanza della dello stato di necessità, in particolare se lo stato
di necessità di una rilevanza oggettiva ovvero soggettiva. A tal proposito viene rilevato il problema
della definizione dell'elemento ‘’esservi stato costretto’’ cioè il soggetto che agisce, che pone in
essere la condotta di salvataggio deve essere costretto, deve sentirsi costretto e si tratta di
stabilire se tale costrizione vada intesa in senso soggettivo cioè se è una dimensione soggettiva,
emotiva del soggetto che può non avere degli appigli concreti oppure se deve anche emergere
oggettivamente Cioè se si deve accertare che una condizione di costrizione rilevi anche
oggettivamente.
Il punto ha discusso, comunque la migliore impostazione soprattutto in armonia con quelli che
sono i principi che sorreggono la struttura delle cause di giustificazione, dovrebbe condurre ad
intendere tale elemento da un punto di vista oggettivo cioè la costrizione avvertita come tale dal
soggetto però deve sussistere anche oggettivamente cioè ci devono stare dei dati concreti
oggettivi da cui emerga, si evinca lo stato di costrizione.
Lo stato di necessità Comunque secondo quello previsto dal secondo comma dell'art. 54 non può
essere invocato da chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi in pericolo.
Questo è il caso appunto del'art.54 co. 2 del Codice Penale, in cui sussista il particolare dovere
giuridico di esporsi al pericolo. E’ il caso degli agenti della forza pubblica, dei vigili del fuoco, degli
stessi bagnini ad esempio che devono vigilare sulla integrità dei bagnanti. Questi soggetti sono
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preparati per affrontare determinati pericoli e pertanto non possono invocare lo stato di necessità.
Tuttavia anche sotto questo profilo, questa ipotesi l'ordinamento prevede dei contemperamenti
cioè l'ordinamento non pretende che il soggetto sia un eroe o che mette a repentaglio la propria
vita. Quindi il soggetto che ha il particolare dovere, deve fare tutto il possibile, quanto è possibile
nelle sue capacità, nella sua preparazione ma non deve necessariamente mettere a repentaglio la
propria vita.
L’USO LEGITTIMO DELLE ARMI (Art.53 c.p.)
L'uso legittimo delle Armi è una fattispecie prevista dall'art. 53.
In particolare si danno tre ipotesi di uso legittimo delle Armi:
1) Per respingere una violenza o vincere una resistenza
2)

La prima è quella che prevede l'uso delle armi per respingere una violenza o vincere una
resistenza.
L’art.53 Infatti prevede che ‘’ferme le disposizioni contenute negli articoli precedenti’’, cioè ferma la
disposizione dell’adempimento di un dovere e della Difesa legittima, ’’non è punibile il pubblico
ufficiale che al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio fa uso vero ordina di far uso delle
armi di un altro mezzo di coazione fisica quando vi è costretto dalla necessità di respingere una
violenza o di vincere una resistenza all'autorità.’’
I soggetti legittimati sono dunque i pubblici ufficiali agenti della forza pubblica; possono essere
anche i privati laddove siano legalmente richiesti di prestare assistenza.
La fattispecie non richiama esplicitamente i requisiti della proporzione. Fa riferimento alla necessità
di respingere una violenza o una resistenza. Comunque il requisito della necessità e proporzione è
essenziale per quel che riguarda i principi fondanti la causa di giustificazione, quindi la reazione
con l'uso delle Armi deve essere necessaria, non ci sono altre possibilità e deve essere
proporzionata ovviamente alla misura alla consistenza alla violenza Ovvero della Resistenza.
L’uso poi delle Armi deve essere conforme a dovere. Questo lo e vinciamo dal riferimento: ’’ al fine
di adempiere un dovere del proprio ufficio’’
Si dice questo fine come va Inteso? in senso soggettivo come finalità del soggetto oppure in senso
oggettivo? un po' quello che abbiamo visto, lo stesso problema che abbiamo visto per la
costruzione nello stato di necessità. E’ vero che questo è un contenuto soggettivo ma deve avere
nella logica della causa di giustificazione anche un appiglio, un dato oggettivo di riferimento.
Quindi l'adempimento del dovere deve sussistere oggettivamente e a tal proposito significa che se
il soggetto poi nell'agire nel fa uso delle armi persegue uno scopo un fine personale che è diverso
da quello dell'ufficio ciò non rileva, non dovrebbe rilevare. Cioè l'importante è chel’uso
oggettivamente risulti conforme al dovere e sia necessario e proporzionato.
Vediamo ora gli altri requisiti in particolare la definizione di violenza e di resistenza attiva
La violenza è innanzitutto qualsiasi azione, forma di energia rivolta contro persone o cose per
impedire o ostacolare l'attività pubblica.
La resistenza è qualsiasi condotta che ostacola una determinata attività della forza pubblica.
Tuttavia la parte degli interpreti rileverebbe ai sensi dell'articolo 53, solo la forma attiva della
Resistenza cioè non verrebbe rilievo né la Resistenza passiva né la fuga Cioè quindi il soggetto
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che fugge dopo essere stato intimato non consentirebbe l'integrazione della scriminante dell'uso
legittimo delle Armi.
Resistenza Attiva potrebbe essere il classico caso in cui dei manifestanti marcino per superare
degli sbarramenti della polizia nell'andare incontro a tali sbarramenti posti a protezione ad esempio
di un pubblico Palazzo, si determinerebbero gli estremi della Resistenza attiva e dunque il
presupposto per l'uso legittimo delle armi.
L'altro caso previsto dall'articolo 53 è poi quello relativo all'uso delle armi per impedire la
consumazione di gravissimi reati. Questa ipotesi è stata introdotta in particolare nel 75
E infatti l'articolo 53 prevede che oltre al fatto di respingere una violenza o vincere una resistenza
all'autorità, quello di impedire la consumazione dei delitti di strage, di naufragio, sommersione
disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di
persona.
Il fatto che la legge fa riferimento a impedire una consumazione si ritiene da parte degli interpreti
che tali reati debbano trovarsi almeno a livello di tentativo, cioè questi fatti devo raggiungere una
certa progressione che il tentativo però questo dato non è univoco, Cioè non è necessario per altri
interpreti, per altra parte della dottrina che invece si giunga a tale grado di maturazione. Anche qua
non abbiamo un riferimento al carattere necessario e proporzionato dell'intervento ma questo si
desume dai principi. Quindi anche rispetto a tale ipotesi si devono riscontrare gli estremi della
necessità dell'uso cioè non ci sono altre possibilità per l'agente della forza pubblica e comunque
l'uso bilanciato innanzitutto con il bene messo in pericolo ma anche con il bene di altre persone
che potrebbero essere coinvolte dall'uso delle armi da parte della forza pubblica cioè classico caso
in cui il passante possa venire coinvolto in una sparatoria. Infine l'uso delle Armi è previsto nel
nostro ordinamento da altre leggi speciali. L'art. 53 Infatti dice che ‘’la legge l'ultimo determina gli
altri casi nei quali è autorizzato l'uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica’’
In particolare l'ordinamento prevede l'uso delle armi in caso di contrabbando, con la legge del 4
marzo del 1958 la numero 100, nel caso di vigilanza interno esterno agli istituti penitenziari con la
legge del 75 numero 354 e infine nel caso di passaggi abusivi di frontiera con il testo unico delle
leggi di pubblica sicurezza articolo 158 comma 3
Gli interpreti hanno discusso l’incostituzionalità di tali ipotesi perché potrebbero questi casi
autorizzare interventi proporzionati e soprattutto in considerazione dei beni giuridici che vengono in
rilievo. Quindi rispetto a questa ipotesi si discute sulla effettiva incostituzionalità per violazione
dell'articolo 3 per principio di ragionevolezza dei limiti previsti per le cause di giustificazione.
Sono poi previsti nell'ordinamento altre scriminanti.
Le cause di giustificazione di cui abbiamo trattato finora sono le cause più importanti e sono
previste nella parte generale. Tuttavia anche nella parte speciale in altre leggi troviamo altre cause
di giustificazione. Ad esempio la reazione agli atti arbitrari del pubblico ufficiale è prevista
dall'articolo 4 del decreto legislativo 288 del 44. Anche se tali ipotesi sono senz'altro considerate
cause di giustificazione dalla dottrina mentre dalla giurisprudenza vengono ritenute piuttosto cause
di non punibilità dunque tali da non escludere la antigiuridicità del fatto. Un'altra ipotesi potrebbe
essere quella della provocazione dei delitti contro l'onore.
Un altro argomento è quello delle scriminanti tacite

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Abbiamo visto infatti come nel nostro ordinamento in considerazione del divieto di analogia
soltanto in malam partem incriminatrici si può consentire invece un’analogia in bonam partem delle
cause di giustificazione. Ecco A tal proposito si possono estendere logicamente le cause di
giustificazione a particolari settori come ad esempio quello dell'attività medico-chirurgica che
dunque viene considerata sotto profili più estesi rispetto a quelli che abbiamo visto essere definiti
dalle cause di giustificazione previste dalla parte generale del Codice Penale nonché con
riferimento alla attività sportiva.

Lezione 5 L’ELEMENTO SOGGETTIVO


ELEMENTO SOGGETTIVO
Argomenti:
 il principio di colpevolezza
 la suitas della condotta
 il Dolo
 la colpa
PRINCIPIO DI COLPEVOLEZZA
Il principio di colpevolezza è il principio base del diritto penale ed è forse quello che più di tutti
caratterizza questo ramo di ordinamento. Il principio di colpevolezza dunque informa
quell’elemento del reato che è l'elemento soggettivo, imponendo di accertare ai fini dell'attribuzione
di un fatto ad un soggetto appunto l'elemento soggettivo nella forma o del dolo o della colpa.
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Il principio di colpevolezza ormai consacrato nel nostro ordinamento dall’ importantissima
sentenza delle della cassa della Corte Costituzionale la 364 del 88. Importantissima sentenza
perché ha stabilito il principio fondamentale per il quale Il soggetto può rispondere soltanto per un
fatto colpevole.
I contenuti della sentenza poi sono stati sviluppati e ulteriormente ripresi da una sentenza di poco
successiva la 1085 sempre dell'88, la quale ha ulteriormente sviluppato i contenuti della 364
stabilendo che ogni elemento del fatto deve essere attribuito al soggetto dunque non solo da un
punto di vista materiale ma da un punto di vista soggettivo. Quindi ogni elemento della fattispecie
deve essere collegata soggettivamente al soggetto.
Implicazione del principio di colpevolezza e diretta promanazione del principio di personalità della
responsabilità penale stabilito dall'articolo 27 che impone e stabilisce un divieto fondamentale di
responsabilità per un fatto altrui. Quindi dal punto di vista penalistico un soggetto non può
rispondere per un fatto di altri. Il fatto di essere Innanzitutto ascrivibile al soggetto da un punto di
vista materiale abbiamo visto analizzando l'elemento oggettivo del reato che elemento essenziale
della sfera oggettiva dell'elemento oggettivo e appunto un nesso di causalità che collega all'evento
del reato la condotta.
Tuttavia questo tipo di accertamento, il collegamento del fatto al soggetto dal punto di vista
materiale, ancora non si completa il giudizio di attribuzione del fatto al soggetto. Infatti è
necessario attribuire quel medesimo soggetto anche da un punto di vista soggettivo, quindi proprio
in pieno rispetto del principio di colpevolezza.
Da qui è l'ulteriore conseguenza per la quale nel nostro ordinamento in conformità con il principio
di colpevolezza non si può riconoscere la selezione della responsabilità oggettiva.
Parliamo di responsabilità oggettiva quando un fatto è ascrivibile a un soggetto solo da un punto di
vista materiale però in ottemperanza del principio di colpevolezza, secondo anche le integrazioni
che abbiamo sinteticamente riportato della Corte Costituzionale, un fatto per essere attribuito al
soggetto lo deve essere anche da un punto di vista soggettivo. Quindi il soggetto nel realizzare
quel fatto deve essere o in Dolo o in colpa.
È vero che l'articolo 42 del codice penale che stabilisce le forme di attribuzione psicologica del
fatto al soggetto, al comma terzo stabilisce che ’’la legge determina i casi nei quali l'evento è posto
altrimenti a carico dell’agente’’. Quindi questo altrimenti è sempre stato ritenuto come un chiaro
riferimento della legge al terzo tipo di attribuzione responsabilità che oltre il Dolo e la colpa e la
preterintenzione anche la responsabilità oggettiva.
In effetti nel nostro ordinamento come anche vedremo meglio in seguito vi sono figure che
possono essere ricondotte a questo tipo di attribuzione soggettiva, tuttavia queste forme di
responsabilità oggettiva devono essere interpretate alla luce del principio di colpevolezza e dunque
costituzionalmente orientate perché abbiamo visto che principio di personalità correttamente inteso
implica un’attribuzione del fatto al soggetto sia dal punto di vista materiale che dal punto di vista
soggettivo e quindi queste ipotesi di responsabilità oggettiva che comunque ci sono devono essere
interpretate conformemente al principio di colpevolezza.
Quali sono i criteri di riconoscimento dei titoli dell'imputazione soggettiva? Come faccio cioè a
stabilire quando una fattispecie è ascrivibile al soggetto a titolo di dolo ovvero a titolo di colpa?
L'art. 42 sempre del Codice Penale al comma secondo, stabilisce che ‘’nessuno può essere
punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto se non l'ha commesso con dolo, salvi i casi
di delitto preterintenzionale espressamente preveduti dalla legge.’’ Quindi è colposo.
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Quindi l’attribuzione in via di principio del fatto di reato, di ogni singola fattispecie
criminosa prevista dalla parte speciale è a titolo di Dolo soltanto laddove la legge specifica
l'attribuzione a titolo di preterintenzione ovvero a titola di colpa potrà essere riconosciuta con
queste diverse forme di attribuzione soggettiva.
Così quando io leggo l'articolo 575 omicidio ’’chiunque cagiona la morte di un uomo è punito’’
Questa fattispecie incriminatrice ‘’omicidio’’ definisce il fatto materiale, non troviamo alcuna
indicazione circa l'elemento soggettivo e quindi noi dobbiamo dedurre che la fattispecie è prevista
a titolo di dolo. Quindi l’omicidio doloso è appunto quello previsto nel 575 perché la definizione,
l’elemento oggettivo risponde dunque al principio della parte generale fissato dall'art.42 per il quale
salvo che non sia diversamente previsto, la fattispecie del delitto in particolare è previsto a titolo di
Dolo.
Infatti se noi leggiamo il 589 ‘’omicidio colposo’’ troviamo ‘’chiunque cagiona per colpa la morte di
una persona’’. Quindi qua la legge chiaramente stabilisce che il titolo di imputazione soggettiva è la
colpa perché è la legge che lo stabilisce, lo precisa
E’ così anche il 584 ‘’omicidio preterintenzionale’’ è appunto definita la responsabilità a titolo di
preterintenzione.
Quindi in via di principio la responsabilità è a titolo di Dolo nei delitti a meno che non sia prevista la
colpa, la preterintenzione.
Diversamente per quanto riguarda le contravvenzioni sempre l'articolo 42 all'ultimo comma
stabilisce che ‘’nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omissione
cosciente e volontaria sia essa dolosa o colposa.’’
Quindi vediamo un ribaltamento dei Principi invece che governano il titolo della responsabilità nel
delitto perché nelle contravvenzioni si pulisce indifferentemente a titolo di colpa o di dolo.
Quindi nelle contravvenzioni in via di principio basta l'attribuzione della responsabilità colposa,
basta cercare la colpa salvo che in alcune particolare ipotesi, in alcune particolari fattispecie è
richiesto proprio dalla legge il titolo dell'imputazione dolosa.
LA SUITAS DELLA CONDOTTA
La suitas della Condotta rappresenta il cosiddetto nesso psichico, rappresenta il dominio che è il
soggetto sul proprio comportamento e quindi il primo passo che deve essere effettuato per
attribuire soggettivamente un fatto al soggetto. Infatti l'articolo 42 comma 1 stabilisce che
‘’nessuno può essere punito per un’azione od omissione preveduta dalla legge come reato se non
l’ha commessa con coscienza e volontà’’.
La coscienza e volontà dell'art. 42 primo comma è diversa da quella definita nell'articolo 85 sulla
imputabilità perché l'articolo 85 definendo l'imputabilità stabilisce appunto la capacità di intendere e
di volere ma la capacità di intendere e di volere che è il contenuto dell' imputabilità è un tipo di
accertamento che si fa sulla personalità rivolto al futuro mentre la coscienza e volontà del 42 è la
coscienza e volontà sull'atto realizzato quindi secondo un giudizio sul passato, su ciò che è
avvenuto con riferimento all'atto e riguarda proprio il dominio che ha il soggetto sul proprio
comportamento. Chiaramente questo tipo di accertamento risulta più facile nella sua portata
laddove si fa riferimento al movimento cosciente. Diverso potrebbe essere la questione laddove
vengano in rilievo quegli atti automatici ovvero atti di mera dimenticanza, rispetto ai quali si tratta di
accertare se effettivamente ci sia un dominio del proprio comportamento. Ecco rispetto a queste
Ipotesi la dottrina ha rilevato che c'è senz'altro dominio nella misura in cui questi atti possono
essere impediti da un movimento comunque cosciente, da un impulso positivo da parte del
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soggetto. Laddove il soggetto non è in grado di far cessare la situazione di inerzia del volere allora
questi atti saranno esterni, non rientrano nella nozione di suitas della Condotta.
Quindi in questo senso la condotta cosciente e volontaria rappresenta il primo tassello, il primo
aggancio per l'accertamento dell’elemento soggettivo e la condotta dunque può avere questa
duplice valenza, elemento essenziale della sfera oggettiva abbiamo visto ma anche nella sua
dimensione di condotta cosciente e volontaria, primo passaggio per accertare l'elemento
soggettivo, l'elemento psicologico.
Quali sono le cause che escludono la suitas?
Le cause che escludono la suitas sono:
 la forza maggiore
 il costringimento fisico
 l'incoscienza indipendente dalla volontà
Diciamo che la forza maggiore e il costringimento fisico escludono proprio la volontà sia la forza
maggiore ossia quando un agente esterno determina l'uomo in modo invincibile.
Prendiamo il caso della folata di vento che sospinge, fa volare un motoveicolo cosi il soggetto
colpisce un passante ma chiaramente non è il soggetto con una propria condotta che realizza
questo fatto è l’agente esterno che muove, che determina il soggetto.
La stessa dinamica se anche nell'ipotesi di costringimento fisico, laddove la determinazione non è
dovuta da un agente esterno, da una forza della natura ma da un atto dell'uomo che costringe
un'altra persona a fare una determinata cosa, così a impugnare con la forza un’arma per sparare.
Con tutte e due le ipotesi il soggetto è determinato non esprime una sua volontà.
Nel caso invece della incoscienza indipendente dalla volontà, abbiamo una situazione in cui
manca proprio la coscienza del soggetto. Può essere il caso in cui viene fatta assumere una
sostanza stupefacente a insaputa della persona che assumendo questa sostanza perde la
coscienza sui propri atti.
Nell’articolo 45 che disciplina il caso fortuito è la forza maggiore mentre l'articolo 46 disciplina il
costringimento fisico. Ecco il 45 fa anche riferimento al caso fortuito. Tuttavia il caso fortuito è
discussa la sua efficacia dal punto di vista della suitas perché gli interpreti perlopiù rimandano
questa causa al nesso di causalità. Sarebbe quindi una causa che esclude come fattore
eccezionale il nesso di causalità, quindi avrebbe un rilievo dal punto di vista dell'elemento
oggettivo. Comunque la questione è appunto dibattuta.

DOLO
Il dolo esprime la forma più grave di atteggiamento soggettivo.
Secondo l'articolo 43 del codice penale è doloso secondo l'intenzione quando l'evento dannoso o
pericoloso che è il risultato dell'azione omissione e da cui la legge fa dipendere l'esistenza del
delitto è dall'agente preveduto e voluto, come conseguenza della propria azione od omissione.
Quindi vediamo che la definizione della legge di Dolo come delitto secondo l'intenzione che deve
essere nei suoi contenuti psicologici l'evento voluto e preveduto.
Analizziamo prima di tutto l'oggetto del dolo.
Cos'è che il soggetto deve volere, deve prevedere?
L'articolo 43 del Codice Penale infatti stabilisce che ‘’oggetto del Dolo è Innanzitutto l'evento
dannoso o pericoloso che deriva da un'azione o omissione’’

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Quindi noi capiamo chiaramente che oggetto della previsione volontà secondo le indicazioni del 43
sono appunto questi dati essenziali della fattispecie: condotta ed evento.
Tuttavia il giudizio sull’ oggetto del Dolo si completa anche con il riferimento all'articolo 47 del
Codice Penale Che disciplina Infatti l’errore. L'errore infatti è laddove ricada su qualsiasi elemento
della fattispecie esclude il Dolo.
Dunque di riflesso che l’errore su ogni elemento esclude il dolo, vorrà dire che il dolo dovrà coprire
tutti gli elementi della fattispecie, quindi non soltanto la condotta e l'evento secondo le indicazioni
che è data dall'articolo 43 ma ogni elemento della fattispecie dovrà essere oggetto di Dolo.
Ogni elemento della fattispecie sia del fatto in senso stretto come noi abbiamo analizzato parlando
dell'elemento oggettivo ma anche del fatto in senso ampio quindi comprensivo anche dell’assenza
delle cause di giustificazione. Infatti a comporre e integrare l'oggetto del Dolo rilevano anche
l'assenza delle cause di giustificazione dal punto di vista soggettivo perché noi abbiamo visto che
l'articolo 59 del Codice Penale fissa un principio fondamentale cioè che l'erronea supposizione
delle cause di giustificazione come elementi negativi del fatto in senso ampio mi escludono il Dolo
della fattispecie, potrà permanere un rilievo del fatto e titolo di colpa.
Quindi a comporre l'oggetto del Dolo, a definire l'oggetto del Dolo abbiamo sicuramente il
contenuto dell'articolo 43 e del 47 che definisce dunque il contenuto del fatto e senso stretto ma
anche dell'articolo 59 e 55 che disciplinano le cause di giustificazione dunque l'errore su queste
cause incidere dal punto di vista del fatto in senso ampio.
Questa definizione dell' oggetto del Dolo indicato un principio fondamentale che è il principio di
necessaria specularità tra elemento oggettivo e elemento soggettivo cioè ogni contenuto ogni
contenuto, ogni elemento oggettivo deve necessariamente riflettersi per aversi dolo nella sfera
soggettiva del soggetto appunto nei termini di previsione e volontà
la struttura del Dolo
Nei termini e con riferimento alla volontà e alla rappresentazione o previsione
La differenza tra rappresentazione e previsione è che la previsione è un atteggiamento soggettivo
volto al futuro quindi è più corretto utilizzarla con riferimento all'evento cioè qualcosa che deve
ancora venire mentre la rappresentazione si adatta di più a un atteggiamento soggettivo che
riguarda lo stato di fatto e dunque riguarda tutti gli elementi al presente.
Quindi parlando di evento, trattandosi di fatto che deve ancora realizzarsi, sarebbe più corretto
utilizzare il termine previsione piuttosto che rappresentazione.
Comunque si può parlare anche di rappresentazione come termine onnicomprensivo,
Ecco abbiamo visto che l'articolo 43 utilizza due termini volontà e previsione per definire il
contenuto psicologico del Dolo. Tuttavia sulla portata e sul rapporto tra questi due momenti
psicologici, la dottrina ha dibattuto lungamente in particolare secondo una prima teoria cosiddetta
dell'intenzione ciò che caratterizza il dolo è appunto una intenzione verso l'evento cioè il soggetto
dovrebbe porsi soggettivamente nei confronti dell'evento nei termini proprio di vero e proprio
intenzione, di scopo che deve essere raggiunto. Appunto questa interpretazione sarebbe anche
confortata dall'indicazione dell'articolo 43 del delitto doloso come delitto secondo l'intenzione.
Tuttavia questa interpretazione è stato ritenuto possa essere troppo riduttiva perché in effetti la
intenzione di per sé non è un elemento costitutivo del Dolo; alcune fattispecie possono prevedere
l'intenzione come elemento caratterizzante del Dolo ma non è sempre caratterizzante. Alcune
fattispecie sono dolose anche se il soggetto non ha agito con un’intenzione di perseguire un
evento.
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Da questa teoria si è subentrata e si è dunque affermata in contrapposizione la teoria della
rappresentazione
Secondo la quale ciò che può essere voluto dal soggetto è solo la condotta perché ciò che deve
venire, ciò che è futuro quindi l'evento non può essere propriamente voluto, può essere oggetto di
altri atteggiamenti soggettivi, quale la speranza, il desiderio ma non si può parlare di vera e propria
volontà quindi la volontà riguarderebbe soltanto la condotta mentre l'evento potrebbe essere
oggetto semmai di previsione.
Questa teoria invece è stata in un certo senso contestata invece dalla diversa teoria della volontà,
secondo la quale parlare di diverso atteggiamento rispetto all’evento anche qua è un termine
improprio perché secondo il linguaggio comune, evidentemente anche secondo il linguaggio del
codice, nel momento in cui il legislatore ha parlato di volontà e previsione dell'evento ha voluto
intendere appunto la volontà in un senso più ampio comprensivo dunque anche dell'evento.
Quindi si dovrebbe ritenere i due atteggiamenti soggettivi della previsione e della volontà rivolti sia
al fatto, alla condotta di tutti gli elementi che all'evento.
Dal punto di vista poi dell'atteggiarsi della volontà si possono registrare diverse intensità che
possono muovere l'azione del soggetto e da qui si possono classificare diverse forme di Dolo.
Le forme di dolo sono :
 Il dolo intenzionale
 il dolo diretto
 il dolo eventuale
Allora abbiamo dolo intenzionale quando l'evento è lo scopo verso il quale il soggetto agisce.
Quindi in alcune fattispecie è richiesto proprio che ci sia questo particolare scopo ad esempio
l'abuso d'ufficio del 323 richiede che l'evento si è realizzato intenzionalmente quindi il Dolo
intenzionale.
Il dolo diretto invece si ha quando il soggetto prevede l'evento come conseguenza certa della
propria condotta e quindi in questo senso atteggia anche l'elemento volontaristico. L'elemento
volontaristico è meno forte che nel Dolo intenzionale ma comunque è ancora molto pieno perché il
soggetto pur prevedendo come certo una conseguenza agisce appunto nel perseguimento della
conseguenza che è l'evento.
Abbiamo infine il dolo eventuale che è la forma più attenuata di Dolo in cui il soggetto prevede
l'evento come conseguenza concretamente possibile ed è molto diverso l'atteggiamento del dolo
diretto dal dolo eventuale perché mentre nel primo caso abbiamo visto la conseguenza è vista
come certa, nel dolo eventuale è solo possibile anche se in termini concreti. La definizione di dolo
eventuale è molto importante ed ha occupato moltissimo gli interpreti anche perché il dolo
eventuale se vogliamo un po' una figura di confine oltre la quale si esclude l'atteggiamento
soggettivo del Dolo e semmai può rilevare la colpa. Oppure se il delitto non è previsto, non è un
corrispettivo colposo Il fatto non è proprio rilevante dal punto di vista penalistico. E’ proprio sulla
linea di confine tra dolo e colpa che si è innestato un problema interpretativo tra i più accesi della
dottrina penalistica che è la distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente
Il dolo eventuale è appunto la figura in cui il soggetto si rappresenta come concretamente
possibile, una conseguenza della propria condotta e tuttavia il soggetto si dice accetta il rischio
comunque del realizzarsi di questa condotta. Cioè il soggetto che ad esempio posto alla guida di
un autoveicolo si rende conto che nello Stato in cui si trova, per la velocità in cui si trova in un

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centro abitato molto affollato prevede che concretamente può colpire un pedone e comunque
accetta il rischio di farlo. Qua siamo nell'ambito del dolo eventuale.
Diverse invece la definizione della colpa cosciente.
La colpa cosciente si ha quando il soggetto prevede solo astrattamente il realizzarsi di un evento
però il soggetto in concreto esclude il verificarsi proprio di questo evento perché la colpa che la
colpa cosciente ossia la colpa con previsione si configura solo in mancanza di un elemento che è
tipico del Dolo cioè che è la volontà. Nel caso della colpa non potrà mai riconoscersi questo dato
soggettivo della volontà che invece caratterizza il Dolo. Quindi nella colpa cosciente, il soggetto
appunto pur prevedendo astrattamente il prodursi di un evento che potrebbe essere ancora nel
caso dell'automobilista un incidente però il soggetto confidando nelle proprie capacità di abile
guidatore, confidando nella circostanza che l'ora non è particolarmente affollata quindi esclude che
in concreto questo evento si configuri e quindi non si giungerà ad un giudizio di Dolo ma semmai in
giudizio di colpa appunto colpa cosciente.
L'altra distinzione del Dolo è tra dolo generico e dolo specifico
Il dolo generico è il dolo generale, il dolo sulla fattispecie, sul fatto materiale cioè di necessarie
speculiarità del fatto in tutti i suoi elementi rispetto al dolo, all’elemento soggettivo.
il dolo specifico invece si caratterizza per un fine peculiare, fine particolare che ha il soggetto dal
punto di vista soggettivo che non si rispecchia comunque nel fatto materiale. Un fine che si deve
assolutamente realizzare nella psiche del soggetto ma non è necessario che si realizzi
materialmente. Ad esempio il delitto di furto prevede appunto la sottrazione, l’impossessamento di
una cosa mobile altrui al fine di trarre profitto. Il fine di trarne profitto un dolo specifico cioè il fine in
questione si deve necessariamente realizzare soggettivamente, cioè il soggetto deve agire per
quello scopo ma quello scopo non è necessario che si realizzi materialmente. Quindi nel delitto di
furto nel necessario che materialmente si tragga il profitto.
LA COLPA
La colpa è la forma di atteggiamento soggettivo meno grave rispetto al Dolo.
Abbiamo visto per i delitti può essere stabilità solo se espressamente prevista dalla legge, per le
contravvenzioni al titolo di imputazione che di regola viene ascritto salvo che non sia prevista la
responsabilità a titolo di Dolo.
Quali sono dunque i presupposti della colpa?
I presupposti della colpa sono:
 il presupposto negativo che è l'assenza di Dolo cioè la colpa, trattandosi di colpa cosciente
si caratterizza innanzitutto per un dato fondamentale; non c'è la volontà. Nella colpa è
assente la volontà. Può essere presente nella colpa cosciente il dato soggettivo
psicologico della previsione. Tuttavia la volontà è radicalmente assente.
 i presupposti positivi: responsabilità a titolo di colpa e rimproverabilità del fatto
Innanzitutto l'ordinamento deve prevedere la responsabilità a titolo di colpa e poi il fatto
deve essere rimproverabile cioè il soggetto in concreto non ha tenuto quel comportamento
che l'ordinamento ritiene avrebbe potuto tenere.
I criteri di accertamento:
 oggettivo: la violazione della regola cautelare.
 Soggettivo: la prevedibilità/rappresentabilità
Come si accerta la colpa? La colpa si accerta innanzitutto per la violazione di regole cautelari.
Queste regole cautelari possono avere una consistenza diversa. Tuttavia questo rappresenta il
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punto di partenza, un piedistallo oggettivo sul quale poi si innesta, si costruisce l'accertamento
eminentemente soggettivo, del dato soggettivo.
L'accertamento soggettivo richiede la prevedibilità ovvero la rappresentabilità.
La prevedibilità si riferisce propriamente all'evento mentre la rappresentabilità propriamente al
fatto. Si può parlare anche genericamente di rappresentabilità per far riferimento sia al fatto che
all'evento. Il problema dell'accertamento di questo dato soggettivo che caratterizza la colpa cioè
che è la prevedibilità rappresentabilità del fatto in realtà si tratta di capire se questo accertamento
vada fatto secondo un parametro oggettivo di riferimento che potrebbe essere appunto l'uomo
medio, l’agente modello che si trovi nelle stesse condizioni storiche e conoscitive del soggetto che
ha agito oppure se si tratta di utilizzare un parametro che proprio quello soggettivo, del soggetto
che ha agito in concreto secondo quello che si definisce un giudizio personalizzato sul fatto
concreto e sull'individuo. Sicuramente la ricostruzione con forma il principio di colpevolezza
impone questo tipo di accertamento c'è un buon un accertamento sul soggetto che in concreto ha
agito senza indulgere a oggettivizzazione, a riferimenti rispetto a un dato oggettivo che appunto
quello dell'agente modello. L'agente modello in un certo senso può essere quindi un parametro
oggettivo di riferimento, può essere utilizzato come metro di giudizio cioè per capire in una
determinata condizione quello che il soggetto avrebbe potuto fare.
Tuttavia in concreto per un giudizio della colpa in concreto è importante effettuare appunto un
giudizio sulla persona, secondo anche le indicazioni che ci sono state fornite da una recente
sentenza della Corte di cassazione delle sezioni unite della Cassazione, una sentenza del 2009 la
quale ha stabilito che la prevedibilità ed evitabilità in concreto vanno valutate dal punto di vista del
razionale agente modello, tenuto conto di tutte le circostanze del caso concreto conosciuto o
conoscibili dalla gente reale. Quindi qui richiama l’agente modello, un fornisce un metro di giudizio
ma poi l'accertamento della prevedibilità deve essere fatta appunto sul caso concreto tenuto conto
delle circostanze conosciute e conoscibili.
Sulla definizione dunque di quello che è il piedistallo oggettivo dell'accertamento della colpa
abbiamo detto che è la violazione delle regole cautelari si può distinguere tra i due tipi
fondamentali di colpa:

 La colpa generica negligenza, imprudenza, imperizia


 La colpa specifica inosservanza di leggi, regolamenti, ordini, discipline

La colpa generica è quella definita dall'articolo 43: ‘’è colposo il delitto o contro l'intenzione’’
appunto perché manca l'elemento volontaristico ‘’quando l'evento anche se preveduto, non è
voluto dall'agente. Si verifica a causa di negligenza, imprudenza, imperizia ovvero per
inosservanza di leggi regolamenti ordini o discipline’’. Qua la legge evidenzia due tipi di colpa.
La colpa generica è quella per negligenza imprudenza, imperizia mentre quella specifica è per
inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.
Quindi nel caso della colpa generica non abbiamo una regola formalizzata. Per negligenza si
concepisce, si indicano appunto la omissione di Cautela, per imprudenza solitamente significa
appunto il contenuto di una condotta avventata e per imperizia è una condotta svolta in violazione
di le tecniche.
Mentre la colpa specifica fa riferimento proprio a regole cautelari formalizzate contenute appunto in
leggi, regolamenti, ordini o discipline.
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Si è ritenuto per molto tempo che la colpa specifica, venendo in rilievo proprio una regola
formalizzata, non imponesse poi l'accertamento del dato soggettivo che abbiamo visto essere
rappresentato dalla prevedibilità o rappresentabilità perché si diceva e si riteneva da parte anche
di autorevole dottrina che tale giudizio sulla prevedibilità in concreto fosse implicito nella
determinazione della regola cautelare appunto specifica, formalizzata e non sarebbe stato
necessario accertare in concreto. Così nel momento in cui il soggetto avesse violato una legge in
una regola del Codice della Strada avrebbe comunque nella tale violazione sarebbe stata implicito
il riferimento alla prevedibilità di un evento dannoso o pericoloso.
Tuttavia la maturazione avvenuta in dottrina e quindi anche in giurisprudenza di riflesso ha stabilito
che anche con riferimento alla colpa specifica è necessario effettuare i due piani di accertamento.
Abbiamo detto il piano oggettivo che riguarda la violazione della regola cautelare o poi il piano
soggettivo cioè che fa riferimento appunto alla prevedibilità e rappresentabilità perché questo
accertamento ci consente di ascrivere un certo fatto al soggetto che in concreto ha agito senza
generalizzazione dunque e in piena conformità con il principio di colpevolezza.
Altra distinzione e poi quella tra:
 colpa cosciente
 colpa incosciente
La colpa cosciente già ne abbiamo parlato con riferimento alla distinzione rispetto al dolo
eventuale La colpa cosciente ha come caratteristica quella di prevedere l’evento nella forma colpa
anche se questa previsione in astratto il soggetto esclude che quell'evento si possa realizzare.
Invece nella colpa incosciente manca questo momento rappresentativo e il soggetto non prevede
l'evento ma l'evento è prevedibile.
Altra distinzione:
 colpa propria
 colpa impropria
Si parla di colpa impropria con riferimento a particolari figure che sono l'articolo 47 ‘’l'errore di
fatto’’ e ‘’l’erronea supposizione di cause di giustificazione’’ articolo 59 e articolo 55 ‘’eccesso
colposo’’.
Sono tre ipotesi che riguarda proprio tre casi di errore sul fatto in senso stretto articolo 47 e sul
fatto in senso ampio articolo 59 e 55 rispetto alle quali si dice: è vero che rimarrebbe un titolo di
responsabilità colposa perché il soggetto non si rappresenta un elemento del fatto. Abbiamo visto
proprio trattando è l'oggetto del dolo che per aversi Dolo si tratta di accertare la rappresentazione
e volontà rispetto a tutti gli elementi del fatto sia in senso stretto e in senso ampio. Quindi la legge
stabilisce che laddove manchi questo tipo di accertamento può permanere un titolo di
responsabilità colposa laddove la legge lo preveda chiaramente, laddove la legge prevede un
corrispettivo colposo della fattispecie.
Tuttavia si dice questi casi comunque l'evento è voluto. Prendiamo il caso del soggetto che erra
sulla sussistenza della legittima difesa uccide un uomo ritenendo, confidando che siano situazione
di legittima difesa e ciò non è. Come abbiamo visto l'articolo stabilisce che l’erronea supposizione
esclude il Dolo, può far permanere un giudizio e titolo di colpa, erronea supposizione a causa di
giustificazione in questo caso della legittima difesa.
Tuttavia si dice in questo caso l soggetto vuole l'evento, vuole uccidere.
Tuttavia nonostante ci sia una volontà effettivamente rispetto all'evento, comunque ciò che manca
ai fini dell'integrazione del Dolo è che il soggetto si rappresenta comunque una situazione diversa
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manca la piena rappresentazione del fatto in tutti i suoi elementi quindi la dottrina non ritiene si
debba considerare queste ipotesi, definire queste ipotesi come colpa impropria perché si tratta di
colpa vera e propria nel completo di tutti i suoi elementi.

La preterintezione
Vediamo adesso l'altro titolo di attribuzione soggettiva che è la preterintenzione.
La preterintenzione è definita dall'art.43 come delitto preterintenzionale oltre l’intenzione.
Abbiamo due ipotesi nell'ordinamento di Delitto preterintenzionale:
 omicidio preterintenzionale
 aborto preterintenzionale che è previsto in una legge complementare
L’omicidio preterintenzionale dunque che può essere utilizzato come fattispecie paradigmatica di
questo sistema di questo titolo di imputazione soggettiva, si caratterizza per il fatto che il soggetto
realizza un fatto volontariamente però da quel fatto si sviluppa, subentra, si realizza un altro fatto
che il soggetto non ha voluto. Così nell’omicidio preterintenzionale, il soggetto vuole realizzare attiv
diretti a realizzare le lesioni o le percosse e da questi atti scaturisce l'evento morte che il soggetto
non è voluto però l'ordinamento fa la scelta di attribuire questo evento ulteriore appunto al
soggetto. Art. 584 ‘’chiunque con atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti negli articoli 581
e 582 cioè lesioni e percosse cagioni la morte di un uomo’’ e quindi qua il problema si tratta di
stabilire a che titolo debba essere applicato al soggetto soggettivamente l'evento ulteriore.
E’chiaramente una conseguenza della sua azione quindi dal punto di vista oggettivo il legame cìè
però abbiamo detto il principio di colpevolezza impone anche un legame dal punto di vista
soggettivo.
Per gli interpreti questa ipotesi segnalerebbe, delineerebbe una classica ipotesi di responsabilità
oggettiva cioè è vero che una parte del fatto è voluta ma l’event ulteriore è attribuito sulla scorta
appunto del mero nesso causale.
Questa interpretazione però non si conformano, non si armonizza con il principio di colpevolezza
che impone di accertare o il dolo ovvero quantomeno la colpa.
Quindi si è detto che l'unica interpretazione conforme al principio di colpevolezza della fattispecie
di omicidio preterintenzionale è quella che porta ad accertare rispetto all'evento ulteriore, alla
morte quantomeno la prevedibilità cioè quell'atteggiamento soggettivo che come abbiamo visto
connota e definisce la colpa e che rappresenta il minimo di atteggiamento psicologico richiesto
appunto dall'ordinamento

Lezione 6 L’ERRORE
Argomenti:
- errore sul fatto (art.47 c.p.)
- errore su legge penale (art.5 c.p.)
- errore inabilità (aberratio)
- altre figure di divergenza

ERRORE SUL FATTO

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In generale nel nostro ordinamento si ravvisano due tipi di errore: l'errore emotivo che ricade sulla
formazione della volontà, sul processo motivazionale del soggetto e il cosiddetto errore inabilità
che ricade invece sulla fase di esecuzione del reato.
L'errore emotivo dunque che ricade sulla formazione della volontà può essere di due tipi:
l'errore sul fatto ovvero l’errore che ricade o ignoranza su legge penale. Ecco parlare di errore o di
ignoranza ai fini dell'ordinamento penalistico non comporta delle differenze perché l'errore è
appunto considerato uno stato conoscitivo del soggetto che si rappresenta appunto una cosa
diversa da quella che in realtà quindi uno stato soggettiva attivo.
Nel caso dell’ignoranza chiaramente abbiamo uno stato soggettivo inattivo, il soggetto non
conoscere terminato i contenuti del fatto.
Comunque dal punto di vista degli effetti penalistici parlare di errore o ignoranza di un elemento è
appunto è indifferente.
Parliamo dunque del primo tipo di errore emotivo che è l'errore ricade sulla formazione della
volontà che è l'errore sul fatto disciplinato dall'art.47 del codice penale. E’ l'errore che appunto
ricadendo su un elemento della fattispecie, produce come effetto l'esclusione del dolo, è dunque
un errore essenziale.
L'errore sul fatto si considera parificata a questa ipotesi prevista dall'art. 48 ‘’l'errore determinato
dall'altrui inganno ’’ cioè il caso in cui nello stato di errore, il soggetto è determinato da altri e in
questo caso risponderà appunto colui che ha determinato altri, nello stato di errore.
L'errore sul fatto sul fatto poi può essere distinto Innanzitutto in errore di fatto previsto all'articolo
47 comma 1 ’’l'errore sul fatto che costituisce reato esclude la punibilità dell'agente non di meno se
si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa quando il fatto è preveduto dalla
legge come delitto colposo’’.
Abbiamo già analizzato questa fattispecie nell'ambito appunto della colpa impropria perché è un
caso cosiddetto appunto di esclusione del dolo che può permanere un’attribuzione di
responsabilità a titolo di colpa alla dove sia prevista.
L'errore di fatto è l'errore sull’elemento naturalistico cioè ad esempio il soggetto erra sulla identità,
sulla qualifica, sul dato naturalistico del bersaglio verso il quale si muove appunto la propria
condotta così il soggetto sbaglia, pensa assolutamente di colpire un animale durante una battuta di
caccia e invece sbagliando colpisce un uomo.
Dall'errore di fatto si deve invece distinguere l'errore di diritto su legge extrapenale previsto dall'art.
47 ultimo comma. La norma stabilisce che l'errore su una legge diversa dalla legge penale esclude
la punibilità quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce reato. Questa è il caso in cui il
soggetto non erra sulla legge penale perché poi come vedremo l'errore sulla legge penale non
esclude il Dolo. Questo è un errore su un elemento di fattispecie la cui definizione demandata altro
ramo di ordinamento. Ad esempio se noi guardiamo la fattispecie di furto, sottrazione di cosa
mobile altrui, l'elemento dell'altruità è definito dal ramo di ordinamento civilistico, dalle norme
sull'acquisizione appunto della proprietà.
Ora che succede se il soggetto erra sui contenuti di altro ramo di ordinamento quindi civilistici, ad
esempio dell’istituto della proprietà?
La legge stabilisce che al 47, ultimo comma, questo errore potrà escludere il dolo soltanto laddove
determini un errore sul fatto. Così nell’esempio del requisito dell'altruità se il soggetto erra sulle
norme che disciplinano l'istituto della proprietà e prende un bene pensando assolutamente che sia
di sua proprietà allora in questo caso si determina un errore sul fatto perché il soggetto ritiene che
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il bene materialmente sia proprio ma non integrerà, non realizzerà un furto. Poi siccome non è
prevista la fattispecie di furto non si pongono anche problemi circa l'imputazione di un corrispettivo
colposo tanto più che il 47 ultimo comma a differenza del primo comma non prevede il titolo di
responsabilità colposa ,cioè il 47 ultimo comma è come se dovesse essere inteso appunto nel
momento in cui c'è un errore su legge extrapenale si esclude il dolo ma si deve escludere anche la
responsabilità per colpa anche laddove è appunto fosse prevista.
Tuttavia questa ipotesi di errore è stata interpretata rigoristicamente da parte della giurisprudenza
cioè la giurisprudenza ha inteso queste ipotesi degli errori extrapenale sostanzialmente
assimilando lo all'errore su legge penale che come vedremo meglio non è scusato cioè non
esclude il Dolo. Questo perché la legge dice ogni elemento che Integra il precetto penale è legge
penale e quindi non esclude il Dolo. Solo quelle norme, quegli elementi che sono richiamati in via
implicita possono rientrare nell’ambito di applicazione del 47 ultimo comma.
Questa interpretazione però porta sostanzialmente all'effetto pratico di annullare l'applicazione
dell'articolo 47 ultimo comma, relegandolo al numero limitatissimo di casi e poi c'è da dire
comunque che questa impostazione è decentrata su un presupposto fondamentale. Un conto è
che io ero sulla qualificazione giuridica del fatto ossia un conto è che io non so che sottraendo una
cosa mobile altrui realizzo un furto, un conto invece è dire io so che sottrarre una cosa mobile altrui
è furto, soltanto che penso assolutamente che quel bene per una sbagliata interpretazione delle
clausole contrattuali ad esempio sia il mio e non sia più del venditore. Quindi in questo caso
ovviamente la corretta interpretazione dovrebbe ritenere configurato assolutamente l'articolo 47
perché vi è l'effetto di un’esclusione del Dolo come effetto di un errore appunto che ricade sul fatto.
Ipotesi diversa è quella dell’errore sugli elementi differenziali. Ecco questo è un profilo
problematico nel sistema.
Si parla di errore sugli elementi differenziali laddove c'è un errore su un elemento che differenzia
due fattispecie limitrofe dell'ordinamento. I casi sono molti, ci sono molte fattispecie che appunto
sono limitrofe e si differenziano per un solo elemento.
Uno di questi casi potrebbe essere appunto la distinzione che c'è tra l'omicidio comune art.575
‘’chiunque cagiona la morte di un uomo’’ e l'omicidio del consenziente che è un omicidio doloso,
tuttavia realizzato in una particolare condizione che è appunto la presenza del consenso della
vittima.
Queste ipotesi, pur realizzando appunto un omicidio doloso, pur prevedendo un omicidio doloso
tuttavia la presenza del consenso rende il fatto meno grave.
Che succede se il soggetto erra sul requisito del consenso? Cioè ritiene che in concreto questo
requisito ci sia ma oggettivamente questo requisito non c'è?
Quindi materialmente avremo un omicidio comune perché non c'è, non sussiste il consenso ma
soggettivamente, psicologicamente, il soggetto si sarebbe rappresentato appunto un omicidio del
consenziente quindi l'ipotesi meno grave.
Qua abbiamo una situazione problematica cioè quale norma si applica? Perché nessuna delle
due, nè nell'omicidio comune nè nell' omicidio del consenziente sono al completo di tutti gli
elementi costitutivi. Ebbene gli interpreti, la dottrina più attenta ha rilevato che in questo caso si
dovrebbe applicare la fattispecie meno grave, quella dell'omicidio del consenziente per un
semplice motivo perché è l'unica delle due ha il completo di tutti gli elementi Perché dal punto di
vista soggettivo sicuramente si perfeziona l'omicidio del consenziente perché il soggetto si è
rappresentato il consenso, dal punto di vista oggettivo sicuramente l'omicidio del consenziente in
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quella parte che prevede l'omicidio doloso è dunque disciplina anche il caso dell'omicidio senza
consenso.
Il problema appunto è che rimane una porzione del fatto materiale che dal punto di vista proprio
del disvalore non è coperta perché il consenso materialmente appunto non c'è.
Quindi applicando la fattispecie l'omicidio del consenziente si dovrebbe in questo caso considerare
la mancanza di consenso dal punto di vista Poi dell'accertamento, della commisurazione della
pena che dovrà tener conto di questo dato cioè della mancanza materiale, oggettiva del requisito
del consenso che rende la fattispecie appunto meno grave, caratterizzata da un disvalore.

ERRORE SULLA LEGGE PENALE (ART.5 C.P.)


Vediamo adesso l'altra ipotesi di errore emotivo cioè dell'errore che cade come abbiamo visto che
ricade sul processo motivazionale, l'errore sulla legge Penale (art.5 c.p.)
L'articolo 5 del Codice Penale stabilisce appunto che l'ignoranza della legge penale ‘’nessuno può
invocare a propria scusa l'ignoranza della legge penale’’
Abbiamo detto già che laddove ci sia un’ignoranza, un errore parificato nei suoi effetti alla
ignoranza il soggetto non è scusato, quindi l’ignoranza non esclude il Dolo.
Questa è una scelta rigoristica da parte dell'ordinamento di non scusare appunto l'ignoranza.
Tuttavia questo atteggiamento fortemente rigoristico parte dell'ordinamento è stato mitigato in
ottemperanza al principio di colpevolezza dalla Corte Costituzionale. Abbiamo dunque la sentenza
della Corte Costituzionale la 364/88 che stabilisce un limite fondamentale alla inescusabilità
dell'errore sulla legge penale, stabilendo appunto che l'errore inescusabile solo se non si tratti di
errore inevitabile cioè se l’errore in effetti, se l’ignoranza è dovuta a cause inevitabili, al soggetto
non si potrà imputare appunto l'errore e l'ignoranza della legge penale.
Per questo principio è stato ulteriormente ripreso è sviluppato nel tempo e la Corte Costituzionale
nel 2007 ha adottato lo stesso principio ad esempio con riferimento all’elemento della minore età
nei reati sessuali. La minore età che è considerata elemento costitutivo che deve essere
presuntivamente rappresentato dal soggetto. Ecco con riferimento a questo elemento, la Corte
Costituzionale ha precisato che errore inevitabile sull'età, questo errore non si potrà ascrivere
appunto al soggetto.
L’ERRORE INABILITA’ (ABERRATIO)
Altro tipo di errore: l'errore inabilità (Aberratio).
Abbiamo visto che ci sono due tipi fondamentali di errore previsto nel nostro ordinamento: l’errore
emotivo che ricade sul processo motivazionale e l'errore inabilità.
L'errore inabilità è quell'errore che si determina nel momento in cui il soggetto realizza, esegue il
reato. E’ dovuto a cause esterne, agenti esterni.
Esempio il soggetto vuole realizzare un determinato reato ma per un errore che si determina
nell'uso dei mezzi di esecuzione, si realizza un reato diverso; così il soggetto che voleva colpire un
determinato bersaglio ma il proiettile devia, il soggetto che si voleva colpire si abbassa e si
colpisce una persona diversa.
Ecco che cosa succede in queste ipotesi? Le principali ipotesi di errori così detta aberratio sono:
 aberratio ictus (art.82) monolesiva o plurilesiva
 aberratio delicti(art.83) monolesiva o plurilesiva
 aberratio causae

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L’aberratio ictus monolesiva (art.82 co.1 c.p.):
 finzione di dolo
 differenza con l’error in persona
Il co.1 dell’art.82 definisce la aberratio ictus monolesiva nei termini della finzione di dolo.
Art.82 co.1 ‘’abbiamo offesa a persona diversa da quella alla quale l'offesa era diretta quando per
errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato o per un'altra causa è cagionato offesa a persona
diversa da quella alla quale l'offesa era diretta, il colpevole risponde come se avesse commesso il
reato in danno alla persona che voleva offendere. Serve per quanto riguarda le circostanze
aggravanti e attenuanti le disposizioni dell'art.60’’
Questa è un’ipotesi abbastanza complessa. Qua si ha appunto il caso in cui un soggetto vuole
colpire un bersaglio ma per una causa esterna (può essere che il mezzo usato non funzioni, si
sbagli la mira) si colpisce una persona diversa.
Allora in questo caso l'ordinamento dice a me non importa che ci sia stata questa deviazione, ti
punisco come se avessi colpito la persona designata. Per questo si parla addirittura di finzione di
Dolo cioè in realtà, è vero che il soggetto voleva colpire una persona però di fatto, all'atto pratico
concreto, si è colpito un'altra persona che sicuramente il soggetto non voleva colpire. Quindi
effettivamente rispetto al fatto, all’evento realizzato non si matura, non si conforma un giudizio a
titolo di Dolo. Eppure l'ordinamento fa la scelta di scrivere il fatto diverso a titolo di Dolo. Per
questo si parla di finzione di Dolo. Addirittura parte della dottrina ritiene che questa ipotesi in realtà
sarebbe attribuita a titolo di Dolo pieno perché si dice realtà hai finito il nostro ordinamento non
rileva l'identità del soggetto rileva che si voglia nel caso di omicidio, uccidere un uomo. Sulla
identità dell'uomo che sia Tizio che sia Caio all’ordinamento in effetti non importa. Potrà importare
ai fini del all'art.60 che stabilisce una disciplina delle circostanze, laddove le circostanze riguardino
la persona dell'offeso.
L'art.60 definisce un caso diverso, definisce il caso del error in persona cioè un caso in cui in
effetti c'è differenza, si rileva una differenza con l’error in persona rispetto al caso definito all'art.82
aberratio ictus perché nel caso dell’error in persona, il soggetto non erra sul corpo cioè non è che
colpisce una persona diversa che non si voleva colpire questa è aberratio ictus; nel caso invece
dell’error in persona si colpisce la persona che si voleva colpire ma si sbaglia sull'identità cioè io
voglio colpire Caio prendo la mira per colpire Caio ma sbaglio sull'identità, penso che ti sto
colpendo e Caio ma in realtà è Tizio ma io colpisco proprio il bersaglio che mi metto in condizioni
di colpire.
Tuttavia la legge stabilisce che laddove ci sia un error in persona cioè si sbagli sull’identità della
persona non sono poste a carico dell'agente le circostanze aggravanti che riguardano le
condizioni, la qualità della persona offesa o i rapporti tra offeso e colpevole.
Così ad esempio se io colpisco mio padre, chiaramente voglio colpire mio padre, chiaramente qua
verrà in rilievo un'aggravante appunto per aver colpito un congiunto, tuttavia se invece di colpire
mio padre, sbaglio sull’identità e colpisco una persona che gli somiglia ma non è mio padre,
chiaramente l'aggravante consistente nel rapporto di parentela non potrà essere attribuita perché
io colpisco comunque una persona diversa che non è mio padre. Di riflesso invece al secondo
comma è stabilito che ‘’sono invece valutate a suo favore le circostanze attenuanti erroneamente
supposte che concernono le condizioni, le qualità o i rapporti predetti’’

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Quindi dal punto di vista dell’aggravante non può essere ascritta, dal punto di vista delle
circostanze attenuanti anche se materialmente non sussistono non possono essere ascritte a
favore del soggetto.
Chi ritiene che l'articolo 82 sia appunto una ipotesi sostanzialmente parificabile all’error in persona,
parifica le due ipotesi. In realtà come abbiamo già rilevato le due ipotesi sono diverse perché
mentre nella aberratio ictus abbiamo un errore sul corpo; se colpisco un corpo diverso e quindi qua
effettivamente qualche problema dal punto di vista del dolo, dal punto di vista del pieno rispetto del
principio di colpevolezza si pone perché come abbiamo visto il Dolo si realizza nel momento in cui
il soggetto si rappresenta e vuole proprio tutti gli elementi del fatto. In questo caso comunque di
fatto il soggetto colpisce qualcuno che non voleva colpire. Quindi la dottrina più attenta appunto ha
messo in rilievo che questa ipotesi se correttamente interpretata, impostata alla luce del principio
di colpevolezza dovrebbe portare a ravvisare un’attribuzione del fatto comunque non voluto a titolo
di colpa mentre il fatto che si voleva realizzare e che non sia realizzata appunto per questo lezioni
per questa abberatio si dovrà ascrivere a titolo di Delitto tentato.
Comunque dal punto di vista della definizione codicistica è chiaro che si tratti dell’art.82 aberratio
ictus monolesiva cioè ha colpito un bersaglio diverso da quello che si voleva colpire, rientra in una
classica ipotesi di finzione di loro. Anche se contenutisticamente non si ravvisano i contenuti del
dolo però il trattamento sanzionatorio è quello del dolo.
Questa ipotesi si distingue invece dall’Aberratio ictus plurilesiva prevista all'articolo 82 co. 2 in cui
si determina la disciplina e il concorso di reati
L’aberratio ictus plurilesiva(art.82 co.2 c.p):
 concorso di reati
All'articolo 82 al secondo comma è stabilito che ‘’qualora oltre alla persona diversa si è offesa
anche quella alla quale l'offesa era diretta, il colpevole soggiace alla pena stabilità per il reato più
grave aumentata fino alla metà’’ Cioè questo è il caso in cui il soggetto colpisce sia il bersaglio che
voleva effettivamente colpire sia un'altra persona che non si voleva colpire sempre per lo stesso
effetto dell’errore nell'uso dei mezzi di esecuzione o per altra causa.
In questo caso l'ordinamento fa una scelta diversa. Disciplina questo caso con un approccio
completamente diverso perché stabilisce per la definizione di questo caso, la determinazione della
pena secondo il regime del concorso dei reati che laddove viene in rilievo un concorso formale di
reati cioè laddove un soggetto con una stessa condotta realizzi le azioni di più leggi quindi realizza
più eventi, Ecco in questo caso non si applicano tante pene quanti sono gli eventi realizzati ma si
applica un cumulo giuridico. Secondo la disciplina dell'art.81 del Codice Penale si prende la pena
per il reato più grave che è aumentata di un certo coefficiente. Principio generale è l'aumento fino
a un terzo.
L'articolo 82 secondo comma prevede un aumento fino alla metà, quindi una disciplina del
concorso dei reati rispetto alla disciplina generale del concorso dei reati più rigoristica.
Da queste ipotesi si distingue invece l'aberratio delicti

Aberratio Delicti (art.83 c.p)


 Monolesiva
 Plurilesiva
Art.83 del Codice Penale evento diverso da quello voluto dalla gente ‘’fuori dei casi preveduti
dall'articolo precedente, se per errore l'uso dei mezzi di esecuzione del reato o per un'altra causa
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sempre appunto errore inabilità, si cagioni un evento diverso da quello voluto il colpevole risponde
a titolo di colpa dell'evento non voluto quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto
colposo’’.
Ecco questo è il caso, che diversamente dall'ipotesi precedente, in cui viene colpito un bersaglio
diverso, una persona diversa, nell’aberratio delicti si realizza un fatto diverso, un evento diverso.
Ad esempio io voglio uccidere un uomo ma la persona la vittima si è esposta e colpisco una
vetrina che si rompe e realizzo quindi un reato di danneggiamento.
Chiaramente questo è un fatto completamente diverso anche qua si può avere un abberatio
monolesiva laddove si realizzi un fatto appunto radicalmente diverso. La disciplina riconosciuta
dall'ordinamento è quella di attribuire questo diverso fatto a titolo di colpa.
Ci si è chiesti se questo riferimento a titolo di colpa valga solo a commisurare il trattamento
sanzionatorio che dovrebbe essere stabilito appunto nei limiti della colpa laddove è reato, se
prevista a titolo di colpa, oppure incida anche sul titolo di imputazione soggettiva cioè sul
contenuto della responsabilità, dovendosi accertare dunque i contenuti della colpa, abbiamo visto
la prevedibilità dell'evento e rappresentabilità del fatto.
In realtà sotto questo profilo la corretta interpretazione conforme al principio di colpevolezza
impone di accertare i contenuti appunto della colpa dal punto di vista soggettivo sempre che il fatto
diverso può essere ascritto al soggetto nella misura in cui il fatto diverso sia previsto come delitto
colposo. Da queste protesi si distingue la aberratio delicti plurilesiva.
L’aberratio delicti plurilesiva previsto al secondo comma ‘’se il colpevole ha cagionato altresì
l'evento voluto si applicano le regole del concorso di reati’’.
Ancora una volta in caso in cui il soggetto vuole realizzare un reato, ne realizza oltre quello che si
vuole realizzare un altro reato. Ecco in questo caso il principio è quello che già abbiamo visto nel
caso dell’aberratio ictus plurilesiva ma si rimanda nel caso dell'articolo 83 comma 2 aberratio
delicti plurilesiva alla regola generale del concorso di reati; quindi il cumulo giuridico perché con la
stessa condotta si producono più eventi e abbiamo appunto l'aumento. L’art.82 ‘stabilisce che ‘’è
ha punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata fino al triplo
chi con una sola azione, omissione commette più violazioni della medesima disposizione di legge’’
Abbiamo poi l'Aberratio causae

Aberratio causae
È l’ultima ipotesi di aberratio prevista nel nostro ordinamento
L’abberratio causae non ha una disciplina autonoma cioè non abbiamo la definizione generale di
aberratio causae.
Per aberratio causae noi intendiamo il reato che ha avuto un decorso causale diverso da quello
tipico che succede nel caso in cui si determina una deviazione del decorso causale.
In via di principio si ritiene che l’aberratio causae non rilevi ai fini dell’ascrizione di un fatto a un
soggetto perché se un evento consegue, è condizione, è causalmente collegato a una condotta
anche se il nesso causale assume una forma che atteggia in modo diverso rispetto a quello che il
soggetto voleva, che si era rappresentato, che aveva previsto dal punto di vista dell'attribuzione
del fatto che dell'evento al soggetto non cambia nulla.
Questo è nei reati cosiddetti a forma libera, causalmente orientati tipo omicidio articolo 575
chiunque cagiona la morte di un uomo poi se tale morte causata nel modo che voleva il soggetto,

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se c'è stata una deviazione e comunque l'evento realizzato sempre come conseguenza la
condotta, per l'ordinamento non rileva.
Diverso è Invece il problema laddove la legge nei reati cosiddetti a forma vincolata, laddove è
previsto un nesso di causalità tipico vincolato secondo la definizione legislativa, ecco si ha una
deviazione rispetto al percorso stabilito dalla legge, allora in questo caso si potrà escludere la
tipicità stessa della norma.
Ad esempio ‘’la truffa’’ chiunque mediante artifici e raggiri inducendo taluno in errore produce
appunto l'evento tipico che è l'ingiusto vantaggio con altrui danno.
In questo caso abbiamo dunque un nesso causale tipico, la condotta deve atteggiarsi in termini di
artifizi e raggiri e deve produrre l'induzione in errore. Se questo elemento di fattispecie non si
realizza non viene in rilievo chiaramente, non si integrerà neanche la fattispecie tipica e quindi in
questo senso l'aberratio causae rispetto ai reati a forma vincolata assumono un assoluto peso,
un’assoluta importanza.

ALTRE FIGURE DI DIVERGENZA


Nell’ordinamento la figura dell’Aberratio Ictus, Aberratio Delicti e Aberratio Causae in alcuni
termini, vi sono anche altre ipotesi di divergenza
Innanzitutto lo stesso reato preterintenzionale è un ipotesi di divergenza perché il soggetto realizza
un fatto, un omicidio preterintenzionale ossia atti diretti a realizzare lesioni o le percosse, da
questo fatto si realizza un evento diverso che non è oggetto di volontà o di previsione che abbiamo
detto trattando delle forme di atteggiamento psicologico ,conformemente, in conformità con il
principio di colpevolezza, questo evento diverso, ‘’ l'evento morte’’ può essere ascritto al soggetto
nella misura in cui si tratti di un evento effettivamente prevedibile da parte del soggetto.
Altro importante ipotesi di divergenza ad esempio è quella prevista dall' art.586 c.p.‘’morte o lesioni
come conseguenza di altro delitto’’
Si tratta di una fattispecie importante che diverge dall’omicidio preterintenzionale perché mentre
nell’omicidio preintenzionale il reato base sono lesioni o le percosse, atti diretti a realizzare lesioni
e percosse e basta il tentativo di lesioni e percosse da cui si è appunto scaturito poi l'evento morte,
nel caso nel 586 si prevede che ‘’quando da un fatto preveduto come delitto doloso deriva quale
conseguenza non voluta dal colpevole, la morte o la lesione in una persona si applicano le
disposizione dell'articolo 83 (dunque l’aberratio delicti) ma le pene stabilite negli articoli 589 e 590
sono aumentate.’’
Dunque questo è un caso diverso. Abbiamo un reato base da cui deriva come evento ulteriore non
voluto, l'evento morte o lesioni.
Un caso tipico che rientra in questo paradigma è la cessione di sostanze stupefacenti che realizza
un reato autonomo, dal quale il soggetto che utilizza tale sostanza può come risultato, come effetto
dell'uso della sostanza stupefacente può morire.
Con riferimento a queste ipotesi gli interpreti, soprattutto la giurisprudenza per lungo tempo ha
applicato, ha desunto e attribuito questo evento ulteriore al soggetto che ha realizzato il reato
base. Quindi nel caso della cessione di sostanze stupefacenti allo spacciatore, ha attribuito
l'evento morte proprio sulla scorta dell’articolo 586, sulla base dell'accertamento del solo nesso
causale.

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Per la giurisprudenza per lungo tempo ha detto che il fatto di aver ceduto sostanze in sé comporta
poi l'effetto di vedere attribuite al soggetto tutte le conseguenze dannose che tale reato porti con
sé, quindi a titolo di mera responsabilità oggettiva.
Non si tratta di accertare dunque la colpa in concreto rispetto al soggetto che ha realizzato il reato
base soprattutto nel caso di cessione di sostanze stupefacenti, perché la circostanza stessa della
cessione conterrebbe in sé un giudizio sulla prevedibilità di tutto quello che potrebbe avvenire
anche la morte che potrebbe incorrere a danno di persone che utilizzino tali sostanze.
Quindi in questo senso il riferimento dell'articolo 56 alla disciplina dell'articolo 83 dell’aberratio
delicti. Abbiamo visto l'aberratio delitti si caratterizza per la realizzazione di un fatto diverso da
quello che si voleva e questo fatto diverso è attribuito il titolo di colpa. Allora si dice questa
ricostruzione in termini di responsabilità oggettiva come si armonizza con il riferimento dell'art.83,
appunto alla responsabilità a titolo di colpa?
Si è detto che questo riferimento a titolo di colpa andrebbe inteso solo dal punto di vista del
trattamento sanzionatorio ma non dal punto di vista della ascrizione della responsabilità cioè non si
tratta di accertare la colpa rispetto a questo evento diverso. Questo si presume comunque doversi
attribuire al soggetto e quindi poi per la commisurazione della sanzione si utilizzano i parametri
della fattispecie colposa.
Altra impostazione giurisprudenziale, invece ha rilevato che l’art.586 dovrebbe intendersi come
classico caso di ascrizione diverso dell’evento morte ulteriore a titolo di colpa specifica perché si
dice nel caso in cui il soggetto ha realizzato già un reato, ha realizzato la violazione di quella
regola cautelare che indica la definizione della colpa specifica (abbiamo visto la colpa specifica è
quella per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline)
Allora se il soggetto ha violato una legge penale chiaramente realizza un’ipotesi di colpa specifica
e quindi tutto quello che ne consegue verrà attribuito dal soggetto sulla base del giudizio di
prevedibilità implicito nella regola cautelare specifica cioè nella legge penale.
Tuttavia questo tipo di argomentazione, in definitiva porta alle medesime conseguenze di quelle a
cui si giunge ascrivendo il fatto diverso a titolo di responsabilità oggettiva perché la legge penale in
realtà non è una regola cautelare, è una regola che impone un divieto, può avere alcuni contenuti
cautelari, alcune norme, ma in generale non ce li ha.
Quindi parlare di legge penale come regola cautelare è una visione decentrata, nè si può
condividere quell’imposizione giurisprudenziale che considera in questo caso la morte come
conseguenza di altro delitto, come un'ipotesi di versare in re-illicita cioè il soggetto realizza un
delitto in una sostanziale situazione di illeceità e quindi tutto quello che fa ulteriormente il soggetto
viene comunque attribuito al soggetto.
Tutte queste ricostruzioni non si possono condividere perché violano il principio di colpevolezza
che impone di accertare rispetto a un fatto o il dolo o quantomeno la colpa.
In questo senso si sono proprio pronunciate le sezioni unite della Cassazione in una sentenza
importantissima del 2009.
La quale proprio con riferimento a un caso di morte o lesioni come conseguenza di un altro delitto
dovuta al fatto della morte derivata dal reato base, altro delitto che è la cessione di sostanza
stupefacente, con riferimento a questa sentenza la cassazione ha appunto stabilito che non va
accertato solo il nesso di causalità tra cessione e morte, ma va anche accertato che la morte sia in
concreto rimproverabile allo spacciatore e che quindi sia stata accertata in capo allo stesso la
presenza dell'elemento soggettivo della colpa in concreto ancorata dalla relazione di una regola
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precauzionale è un coefficiente di prevedibilità ed evitabilità incontrato del rischio del bene vita del
soggetto che assume la sostanza, valutate dal punto di vista di un razionale agente modello che si
trovi nella concreta situazione dell’agente reale ed alla stregua di tutte le circostanze del caso
concreto conosciuto e conoscibili.
Così ad esempio questa sentenza mettere in rilievo che il soggetto deve rappresentarsi, ad
esempio che colui che riceve la sostanza stupefacente sia in condizioni soggettive precarie di
salute, che la sostanza sia particolarmente dannosa perché trattata con altre sostanze. Tutti questi
dati consentono poi di pervenire ad un giudizio in concreto di prevedibilità appunto dell'evento
morte. Questo è il principio che è impresso dalla Corte di Cassazione.
Vediamo Dunque adesso i reati aggravati dall'evento e l'articolo 116 del Codice Penale sono altre
ipotesi di divergenza.
I reati aggravati dall'evento sono fattispecie come i maltrattamenti, la rissa, dove appunto il fatto è
aggravato se si produce un determinato evento.
Così ad esempio nella fattispecie dell’art. 572 ‘’maltrattamenti in famiglia’’ ‘’se dal fatto dei
maltrattamenti deriva una lesione personale abbiamo una pena aggravata, se lesioni gravissime
addirittura la morte, la pena ovviamente ancora più elevata’’
Quindi in questo caso si ripropone un evento non voluto, anche qua si ripropone lo stesso schema
cioè se vogliamo intendere queste figure conformemente al principio di colpevolezza, l'unico modo
corretto per interpretarla è quello di ascrivere questo evento diverso a titolo di colpa, quindi
accertando la prevedibilità in concreto.
Lo stesso l'art.116. Questa è una figura nell'ambito il concorso di persone, la cosiddetta variante
individuale al piano comune laddove uno dei concorrenti faccia qualcosa di diverso rispetto al fatto
che si è oggetto dell'accordo concorsuale. Ecco in questo caso, questo fatto diverso si può
ascrivere agli altri che non l'hanno voluto sostanzialmente. La legge dice di sì se vi è un nesso
causale tra le condotte di chi non l'ha voluto e il fatto.
Tuttavia anche qua una corretta ricostruzione della questione impone di accertare, rispetto al fatto
diverso non voluto sicuramente almeno il contenuto minimo imposto al principio di colpevolezza
che è la colpa e dunque i soggetti che non hanno realizzato l'evento diverso, non l'hanno voluto,
non è oggetto dell'accordo del concorso di persone, però questo evento diverso ha detto la stessa
corte costituzionale deve essere uno sviluppo logicamente prevedibile del fatto e quindi solo nella
misura in cui possa considerarsi lo sviluppo logicamente prevedibile, si può ascrivere al soggetto.
Quindi abbiamo visto che le figure di divergenza nel nostro ordinamento sono molte, sono diverse
anche complesse nella loro dimensione, nella loro struttura però l'unico modo per ricondurre
questa ipotesi che molto spesso sono delineate dal legislatore originario del 30 come classiche
ipotesi di responsabilità oggettiva, l'unico modo per ricondurre al pieno rispetto del principio
cardine ossia il principio di colpevolezza, è quello di intendere e di accertare rispetto a eventi
diversi non voluti quantomeno appunto la colpa.
La colpa che si caratterizza nel suo contenuto soggettivo per la prevedibilità dell'evento e
rappresentabilità del fatto.

LEZIONE 7 IMPUTABILITA’ ED ESIGIBILITA’


Argomenti:

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- Imputabilità (art.85 c.p.)
- L’actio libera in causa
- Cause di esclusione della imputabilità
- L’esigibilità

IMPUTABILITA’ (art.85 c.p.)


L'imputabilità previsto dall'articolo 85 del Codice Penale, il quale stabilisce che ‘’nessuno può
essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato se al momento in cui lo ha commesso
non era imputabile’’, si definisce poi l'imputabilità ‘’è imputabile che ha la capacità di intendere e di
volere ‘’ L'imputabilità si può definire come uno stato soggettivo, la capacità di colpevolezza è alla
base del giudizio di rimproverabilità di un dato del comportamento al soggetto. Si fa riferimento per
imputabilità alla capacità che ha il soggetto di comprendere il significato del fatto. L’imputabilità
insieme alla esigibilità dunque completano la definizione della colpevolezza alla del giudizio di
rimproverabilità.
Noi abbiamo nella colpevolezza un contenuto eminentemente naturalistico che è definito,
rappresentato dal Dolo e dalla colpa nei termini che appunto abbiamo definito ma per giungere a
un giudizio di riprovevolezza del fatto al soggetto da un punto di vista soggettivo oltra al Dolo e alla
colpa si tratta di accertare altri due aspetti che sono dunque la imputabilità e la esigibilità
Laddove manchi Infatti l'imputabilità Ovvero l’esigibilità non si potrà muovere al soggetto un
giudizio di riprovevolezza e dunque non si completerà il reato dal punto di vista soggettivo.
Infatti un soggetto può anche avere realizzato un fatto dolosamente o colposamente anche
accertandosi la suitas intesa come coscienza e volontà della Condotta, abbiamo detto il primo
tassello che indica il dominio del soggetto sul proprio comportamento, tuttavia se il soggetto non è
imputabile Cioè se non vengano in rilievo una delle cause che escludono l'imputabilità, come
vedremo meglio in seguito, il soggetto non si potrà considerare responsabile.
I contenuti fondamentali del principio dell' imputabilità trovano anche conferma nei principi
costituzionali soprattutto nel principio di umanità della pena espresso dall'articolo 27 della
Costituzione ma anche dall'articolo 25 della Costituzione nei Commi 2 e 3 che differenzia il
trattamento della pena per il fatto dalla misura di sicurezza per la pericolosità, indicando
implicitamente che evidentemente il rimedio, la conseguenza della non imputabilità dovrebbe
essere più una misura di sicurezza che guarda appunto al dato della pericolosità dell’agente
piuttosto che la pena vera e propria.
Questo perché i non imputabili sono soggetti che non riescono a sintonizzarsi con quelle che sono
le misure le tendenze dell'adeguamento sociale.
Abbiamo detto che l'imputabilità si definisce da un punto di vista della capacità di intendere e di
volere (art.85)
Che cosa intendiamo dunque per capacità di intendere e di volere?
La capacità di intendere si considera riferita alla capacità di capire la realtà che ci sta intorno sia
dal punto di vista del suo dato naturalistico sia con riferimento al suo significato e la capacità di
volere comporta una capacità del soggetto che deve avere di condursi conformemente alla
valutazione fatta. Quindi il soggetto è capace di intendere e di volere se sono sussistenti nella sua
psiche, nel proprio status soggettivo questi due aspetti: Capacità di capire il significato di ciò che lo
circonda e di condursi conformemente a questo significato.

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Nel nostro ordinamento comunque si stabilisce un principio che è quello della presunzione della
capacità di intendere e di volere cioè il soggetto a meno che non rilevino specifiche cause che
escludono capacità di intendere e di volere, si considera imputabile e la capacità di intendere e di
volere va commisurata con riferimento al fatto in concreto realizzato e in particolare al momento
della Condotta.
Si può considerare che nell'ordinamento è riconosciuto la tendenziale coincidenza tra capacità di
intendere e di volere di carattere naturalistico e capacità di intendere e volere di carattere giuridico
cioè laddove il soggetto è dunque di riflesso, non è capace di intendere e di volere da un punto di
vista naturalistico, non lo sarà neanche per la legge ma come vedremo questa equiparazione non
è sempre riconosciuta dall'ordinamento.
L’ACTIO LIBERA IN CAUSA
Diciamo che trattando l’actio libera in causa, si capisce ancor meglio quello che stavo dicendo con
riferimento alla non coincidenza talvolta per l'ordinamento dello status di non imputabilità
naturalistica e non imputabilità giuridica. Ci sono delle ipotesi che possiamo ricondurre allo schema
generale dell’actio libera in causa in cui il soggetto anche se al momento di realizzare il fatto non è
imputabile quindi non è naturalisticamente imputabile, lo è dal punto di vista giuridico. Questo
perché rispetto a questi casi l'ordinamento fa una scelta cioè ritiene di valorizzare la cosiddetta
actio libera in causa cioè l'azione l'ultima azione libera a ridosso dello stato di incapacità, azione
libera che ha ha causato lo stato di incapacità e il realizzarsi dell'evento. Quindi in questo caso
appunto un secondo lo schema dell’actio libera in causa l'attribuzione soggettiva quindi anche dal
punto di vista del giudizio di riprovevolezza non è effettuata al momento in cui il soggetto realizza il
fatto perché in quel momento il soggetto non è imputabile realizza questo accertamento, questo
giudizio in un momento antecedente e non è qualsiasi momento antecedente, è proprio il momento
a ridosso, immediatamente a ridosso dell'atto compiuto nello stato di incapacità.
L’actio libera in causa può essere:
 Preordinata
 Volontaria
 Colposa
Ovviamente laddove sia preordinata l'ipotesi, l'ordinamento ascriverà una responsabilità maggiore
con un trattamento più severo rispetto all'ipotesi di Actio libera volontaria e colposa.
Innanzitutto come figura di actio libera in causa è quella del soggetto che ha determinato in altri la
incapacità, ipotesi prevista dall'articolo 86, il quale stabilisce che ‘’se taluno mette altri nello stato di
incapacità di intendere e di volere al fine di fargli commettere un reato, del reato commesso dalla
persona resa incapace risponde chi ha cagionato lo stato di incapacità’’.
Tra questi è il caso in cui un soggetto determini altri a realizzare un reato, in questo caso actio
libera è quella del soggetto che ha determinato altri nello stato di incapacità però in questa ipotesi
delineata all'articolo 86, risponde chi ha messo altri nella condizione di incapacità per fargli
realizzare un reato. Da queste ipotesi distinguiamo quella in cui lo stato di incapacità di intendere e
di volere sia preordinato (art.87).
La disposizione della prima parte dell’articolo 85 non si applica, quindi anche se il soggetto non è
capace di intendere e volere, a chi si è messo in stato di incapacità di intendere e di volere al fine
di commettere un reato di prepararsi una scusa. Questo è il caso della cosiddetta incapacità
preordinata. Questa è una formulazione generale dello stato di incapacità preordinata

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Poi vedremo che ci sono anche delle ipotesi speciali di incapacità preordinata ad esempio con
riferimento all’ubriachezza. Ecco in questo caso lo schema dell’actio libera in causa utilizzato è
utilizzato in che termini? Nei termini che dicevamo cioè anche se il soggetto al momento in cui ha
realizzato il fatto è incapace però si guarda all'azione libera realizzata a ridosso volontariamente
dal soggetto, addirittura preordinando lo stato di incapacità del soggetto per realizzare un reato o
prepararsi una scusa e dunque si realizza lo schema della responsabilità piena.
Con riferimento invece le ipotesi di incapacità volontaria o colposa in cui appunto lo schema
dell’actio libera in causa viene rilievo l’actio libera come azione volontaria ovvero colposa, ecco
rispetto a queste ipotesi non abbiamo una disciplina generale come abbiamo visto nell'articolo 87
ma abbiamo soltanto delle ipotesi speciali di cui ci occuperemo a breve

CAUSE DI ESCLUSIONE DELLA IMPUTABILITA’


Quali sono le cause di esclusione della imputabilità? Abbiamo visto che l'ordinamento presume
sussistente la capacità di intendere e di volere salvo che vengono in rilievo specifiche cause di
esclusione della punibilità. L'ordinamento prevede determinate cause, alcune che valorizzano
alterazioni patologiche. Sono questi casi del vizio di mente, dell'uso di sostanze alcoliche e
stupefacenti, altre cause invece valorizzano l'immaturità del soggetto immaturità che può essere
fisiologica nel caso della minore età oppure parafisiologica nel caso del sordomutismo.
Ecco queste cause possono essere sia preordinate che volontarie, che colpose oppure possono
derivare appunto da cause naturali.
Il vizio di mente può essere
- totale (art.88 c.p.)
- parziale (art.89 c.p.)
Quindi il vizio di mente secondo l'articolo 88 e secondo l'articolo 89 può essere considerato totale
o parziale.
E’ totale se determina una infermità che esclude del tutto la capacità di intendere e di volere.
Questo è il caso previsto dall'articolo 88 il quale prevede che ‘’non è imputabile chi nel momento in
cui ha commesso il fatto era per infermità in tale stato di mente da escludere la capacità di
intendere e di volere’’.
Vizio totale che esclude la capacità di intendere e di volere, esclude la pena radicalmente.
Soltanto laddove possa persistere un giudizio circa la pericolosità dell'agente si potrà applicare la
misura di sicurezza.
L'articolo 89 invece prevede il vizio parziale di mente. In questo caso ‘’chi nel momento in cui ha
commesso il fatto era per infermità in tale stato di mente da scemare grandemente senza
escluderla la capacità di intendere e di volere risponde del reato commesso, ma la pena è
diminuita’’
Ecco questo è il come cui si ha una infermità che diminuisce, scema grandemente la capacità di
intendere e di volere ma non la esclude. Quindi in questo caso la pena è diminuita. Tuttavia
laddove si ravvisino esigenze di pericolosità del soggetto, si può applicare una misura di sicurezza
o prima dell'esecuzione della pena oppure successivamente all'esecuzione della pena.
Qual è il vizio di mente rilevante? E’ quello che produce un’infermità.
Sulla definizione tuttavia di questi elementi che chiaramente rimandano a sviluppi, a teorizzazioni
della medicina, vi è stato per lungo tempo molto contrasto soprattutto perché poi le esigenze del
diritto penale e quelle delle Scienze psichiatriche sono evidentemente molto diversi.
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Un primo indirizzo, anche seguito dalla giurisprudenza, nel senso di ritenere valide ai fini dell'artt.
88- 89 solo quelle delle malattie vere e proprie psichiatriche che determinasse un’alterazione su
base organica cerebrale; così ad esempio le convulsioni che derivano da attacchi di epilessia o lo
stato degenerativo che deriva da arteriosclerosi oppure le conseguenze che possono derivare da
un infezione di meningite, trattandosi di malattie che hanno anche una consistenza di carattere
un'infermità mentale di origine fisica. Nel tempo, tuttavia, si è ritenuto di dover estendere il novero
delle infermità, delle alterazioni psicopatologiche rilevanti facendo rientrare anche quei disturbi
psicologici che non rientrano nelle classificazioni della nosografia clinica ma che producono effetti
un'alterazione, se non una totale eliminazione della capacità di intendere e di volere e si fa
riferimento dunque alle alterazioni della personalità, alle nevrosi e alle psicopatie.
Sotto questo profilo il contrasto che si è determinato tra gli interpreti per stabilire quali sono i
disturbi mentali rilevanti ha trovato una composizione in un'importante sentenza della Corte
Costituzionale del 2005 la numero 9163 la quale ha affittato dei principi fondamentali.
Innanzitutto che rilevano tutte quelle alterazioni, tutti quei disturbi psicologici, psichiatrici che in
concreto determinino una esclusione radicale o una diminuzione rilevante nei termini dell'art.89
della capacità di intendere e di volere, quindi si tratta di accertare il disturbo in concreto quali effetti
abbia realizzato. Quindi la stessa nevrosi la stessa psicopatia possono produrre una diminuzione
della capacità di intendere e di volere se in concreto si accerta che questo è stato appunto il
risultato.
Poi l'altro elemento messo in rilievo molto importante dalla Corte di Cassazione è che ci deve
essere un nesso causale tra il disturbo psicologico del soggetto e il fatto realizzato cioè devono
essere messi a punto in stretta correlazione.
Un limite fondamentale, comunque, alla rilevanza dello stato del vizio di mente del disturbo
dell'alterazione psicologica è quello dello stato emotivo passionale perché nel nostro ordinamento
vi è un principio fondamentale l'irrilevanza degli stati emotivi e passionali
L'art.90 infatti chiarisce che gli stati emotivi e passionali non escludono, ne diminuiscono
l'imputabilità.
Gli stati emotivi sono appunto gli stati di turbamento che possono avere una durata più o meno
prolungata e non escludono appunto l'imputabilità del soggetto nè la diminuiscono. La ratio
dell'articolo 90 sicuramente risiede anche in una funzione pedagogica cioè per stimolare il
consociato al dominio sulla propria volontà. Quindi nel nostro ordinamento lo stato emotivo e
passionale può rilevare soltanto se è uno sviluppo di una infermità di carattere psicologico però
accertata nei termini che abbiamo visto con riferimento all'articolo 88 e 89, di per sé lo stato
emotivo dunque non può produrre, non incide sulla imputabilità. Può incidere in alcuni aspetti sulla
commisurazione di determinate circostanze quindi al punto di vista della commisurazione della
pena ma non dal punto di vista della imputabilità, quindi del perfezionamento del giudizio di
riprovevolezza che è elemento strutturale del reato.
Uso di sostanze alcoliche o stupefacenti.
Vediamo adesso all'uso di sostanze alcoliche o stupefacenti.
Ecco questo è un'altra delle cause che escludono l'imputabilità.
Tuttavia con riferimento a questa casa si tratta di fare alcune distinzioni perché l'atteggiamento di
fondo dell'ordinamento nei confronti dell'uso di sostanze alcoliche o stupefacenti è molto rigoroso.
L'ordinamento guarda con disfavore chiaramente l'uso di queste sostanze e quindi soltanto in
alcuni limiti conferisce efficacia esonerante dal punto di vista dell'imputabilità all'uso di queste
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sostanze perché molto spesso la posizione la scelta assunta l'ordinamento è proprio nel senso di
escludere la rilevanza nei termini di non imputabilità per il soggetto che usi queste sostanze.
Gli unici casi al quale l'ordinamento conferisce rilevanza all'uso della sostanza alcolica,
stupefacente che in concreto comunque determina un effetto diminuzione dell'eliminazione al
soggetto che agisce sotto gli effetti di queste sostanze della capacità di intendere e di volere è il
caso innanzitutto dell'ubriachezza derivata da caso fortuito o forza maggiore, ipotesi prevista
dall'art.91
Questo è un caso se vogliamo dire marginale; è il caso in cui l’ubriachezza non sia stata effettuata,
voluta dal soggetto o a lui addebitabile a titolo di colpa ma dovuta ad agenti esterni, la forza
maggiore.
Al tal proposito la manualistica cita un esempio classico che è quello del soggetto che si trova in
una distilleria, si rompe un macchinario e si trovi a inalare i fumi dell'alcool nonostante appunto non
voglia effettivamente farlo e quindi si produce lui lo stato di ubriachezza.
In questo si dice da parte della dottrina che è un caso di ubriachezza per forza maggiore.
Oppure il caso fortuito laddove il soggetto confonda una bottiglia ritenendo acqua invece è alcool
puro, bevendo con foga in preda alla sete e si ubriaca. Queste sono ipotesi chiaramente del tutto
marginali.
Ecco l'articolo in particolare 91 dice che ‘’non è imputabile chi al momento in cui ha commesso il
fatto non aveva la capacità di intendere e di volere a cagione di piano ubriachezza derivata da
caso fortuito o da forza maggiore’’ quindi qua ‘’ è esclusa radicalmente l'imputabilità però se
l'ubriachezza non era piena ma era tuttavia tale da scemare grandemente senza escludere la
capacità di intendere e di volere la pena è diminuita’’.
Quindi secondo i principi generali visti anche nel caso del vizio di mente se la causa incide solo
parzialmente la pena non si esclude si può applicare punto diminuita.
Uso sostanze alcoliche e stupefacenti.
Veniamo adesso all'altra ipotesi in cui l'uso di sostanze alcoliche e stupefacenti esclude
l'imputabilità. L'art.95 Il caso della cronica intossicazione, infatti stabilisce che ‘’per i fatti commessi
in stato di cronica intossicazione prodotta da alcool ovvero da sostanze stupefacenti si applicano
le disposizioni appunto relative al vizio di mente’’. Quindi in questo caso dunque abbiamo una
alterazione patologica permanente che incide sul sistema nervoso, quindi una vera e propria
patologia perché il soggetto che si trova in uno stato di cronica intossicazione ha oramai
un'alterazione delle percezioni di carattere fisiologico addirittura di carattere fisiologico, di carattere
organico e quindi l'ordinamento ha scelto di disciplinare queste ipotesi al pari del vizio di mente
come se fosse per un alterazione della mente dovuta anche da origini fisiche e quindi il soggetto
potrà o essere del tutto non imputabile oppure si potrà diminuire secondo la disciplina appunto del
vizio totale o del vizio parziale di mente. Però in questo caso il problema è che laddove anche il
soggetto non gli venga applicata la pena o la pena diminuita, comunque ragioni legate proprio allo
stato di intossicazione possono portare e sicuramente portano all'esigenza della applicazione di
una misura di sicurezza volta a recuperare, a disintossicare il soggetto.
Art.92 c.p.:
- ubriachezza volontaria
- ubriachezza colposa
Vediamo adesso la disciplina in generale invece l'articolo 92 del Codice Penale con riferimento
all’ubriachezza volontaria e all'ubriachezza di colpa.
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Queste solo le ipotesi più frequenti quando il soggetto o volontariamente o colposamente assume
o alcol o sostanze stupefacenti
L'articolo 92 stabilisce che ‘’l’ubriachezza non derivata da caso fortuito o di forza maggiore’’ quindi
le ipotesi di solito che si determinano in concreto ‘’non esclude ne diminuisce l’imputabilità. Se
l’ubriachezza era preordinata al fine di commettere il reato di prepararsi una scusa, la pena è
aumentata’’
Dunque questa è l'ipotesi ordinario in cui il soggetto si trova in uno stato di ubriachezza nel
momento in cui realizza il fatto però questo stato che sicuramente altera e può anche escludere la
capacità di intendere e di volere non è considerato dal soggetto cioè l'ordinamento considera fatto
come se realizzato da un soggetto nella piena capacità di intendere e di volere. E’ come se
l'ordinamento appunto adottando un atteggiamento di favore nei confronti dell'uso di queste
sostanze non voglia riconoscerle a favore del soggetto e dunque producendosi l'effetto delle
esclusione dell'imputabilità. Questa scelta però pone dei problemi dal punto di vista del principio di
colpevolezza perché effettivamente il soggetto nel momento in cui agisce sotto gli effetti di queste
sostanze non è pienamente capace di intendere e di volere, quindi la figura che si invoca per
superare questo impasse è appunto quella che dicevamo, dell’actio libera in causa.
Quindi si tratta di guardare alla situazione libera del soggetto, all'atto libero del soggetto realizzato
a ridosso dell’atto in stato di incapacità. Per interpretare queste ipotesi nel pieno rispetto del
principio di colpevolezza o per aiutare a interpretare queste ipotesi nel pieno rispetto del principio
di colpevolezza, allora si dovrebbe giungere ad un accertamento compiuto proprio con riferimento
all'atto libero, realizzato a ridosso dello stato di incapacità e rispetto a questo atto libro si dovrebbe
accertare o la volontà e previsione dell'evento pure la prevedibilità.
Nel primo caso si avrà responsabilità a titolo di DOLO
Nel secondo caso si avrà a titolo di COLPA
Così il soggetto che si ubriaca consapevole, volendo, prevedendo che ponendosi alla guida nella
situazione di ubriachezza ed date le particolari circostanze del caso accetta per esempio il rischio
di realizzare un incidente mortale; in questo caso ovviamente l'evento potrà essere scritto al
soggetto a titolo di Dolo viceversa se il soggetto ha soltanto previsto l'evento dannoso o pericoloso
anche l'evento di un incidente mortale, di una morte a seguito di incidente e potrà essere ascritto e
titolo di colpa laddove questo evento era appunto prevedibile da parte sempre del soggetto che in
concreto ha agito.
Questa ricostruzione è l'unica che consente di ricondurre questa ipotesi di esclusione della
imputabilità in cui non si esclude effettivamente l'imputabilità ,cioè il caso della ubriachezza
volontaria o ubriachezza colposa, rispetto alle quali la capacità di intendere e di volere attribuita
secondo la figura, secondo lo schema di costruttivo dell’actio libera in causa, però questo schema
deve essere anche compiuto rispetto all’ accertamento dell'elemento soggettivo concreto o nei
termini della volontà e previsione ovvero nei termini della prevedibilità e quindi nel primo caso si
avrà responsabilità a titolo di Dolo, nel secondo caso a titolo di colpa
Ubriachezza abituale (art.94 c.p.)
Un'altra figura poi che riguarda questo settore è quella dell'ubriachezza abituale Articolo 94 c.p.
Con riferimento a questa ipotesi l'ordinamento stabilisce che ‘’quando il reato è commesso in stato
di ubriachezza e questa è abituale, la pena aumentata. Agli effetti della legge penale è considerato
abituale chi è dedito all'uso di sostanze alcoliche o in caso di frequente ubriachezza.

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L'aggravamento di pena stabilità nella prima parte di questo articolo si applica anche quando il
reato è commesso sottrazioni sostanze stupefacenti’’
Il problema è che in questo caso emerge ancora più chiaramente l'atteggiamento di sfavore
dell'ordinamento perché qua l'idea è proprio quella di pulire il vizio colpevole di utilizzare sostanze
alcoliche e stupefacenti così che il reato realizzato in questo stato di abituale assunzione di
sostanze alcoliche e stupefacenti. fa emergere una più intensa capacità criminale da parte del
soggetto Anche qui si tratta di rinvenire, di ricostruire di accertare questo caso secondo lo schema
dell’actio libera in caso che è un accertamento soggettivo rispetto all'atto libero realizzato a ridosso
della dello stato di incapacità.
Tuttavia è evidente che la scelta di sanzionare più gravemente questa ipotesi rispetto a quella
dell’ubriachezza volontaria e colposa indica proprio la volontà dell'ordinamento di colpire proprio il
vizio dell’uso di queste sostanze da parte dell'ordinamento.
In effetti una corretta ricostruzione della tematica della questione alla luce del principio di
colpevolezza anche la luce delle indicazioni che sono emerse nei progetti di riforma del Codice
Penale, nei recenti progetti che si sono venuti alla luce dal 1992 in poi, hanno rilevato che
effettivamente una figura di ubriachezza abituale che aggravi la pena non ha ragione d'essere,
Semmai ti tratta di applicare appunto la misura di sicurezza volta a recuperare la persona che sia
dedita a queste pratiche e non invece all'applicazione di una pena più alta che non ha appunto
significato alla luce del principio di colpevolezza.

Sordomutismo (art.96)
Veniamo adesso alle cause di esclusione della imputabilità di carattere fisiologico o
parafisiologiche nel caso del sordomutismo articolo 96 del codice penale che stabilisce che: ’’non
è imputabile il sordomuto che nel momento in cui ha commesso il fatto non aveva per causa della
sua infermità, la capacità di intendere e di volere. Se la capacità di intendere e di volere era
grandemente scemata ma non esclusa, la pena è diminuita.’’
Ecco questa disciplina è stata introdotta dal codice in base a vecchie teorie organicistiche, le quale
rilevavano un nesso tra la condizione organica di sordomuto e lo sviluppo, la maturità psichica del
soggetto stesso, chiaramente legandosi problema dello sviluppo soprattutto nei casi di
sordomutismo congenito oppure intervenuto nei primi anni di vita.
Tuttavia lo sviluppo della tecnica anche degli strumenti distruzione confronti questi soggetti, non si
ritiene più condivisibile una scelta in termini di presunta incapacità del sordomuto perché
comunque si deve accertare in concreto la incapacità di intendere e di volere del sordomuto
comunque non c’è ragion d'essere per gli sviluppi della tecnica attuali per vedere questa causa
come una causa di esclusione appunto dell' imputabilità perché si tratta sempre di accertare in
concreto lo stato di maturità fisica e psichica del soggetto in questione.
Minore età:
 Minore di anni 14 (art.97 c.p.)
 Minore di anni 18 (art.98 c.p.)
L'altra causa generale che incida appunto fa riferimento alla maturità del soggetto e la minore età.
In particolare si distingue la disciplina del minore di anni 14 da quella del minore di anni 18
Con riferimento al minore in realtà, il problema è legato alla circostanza che nell'età giovanile il
soggetto non è maturo non può comprendere il significato delle tue atti.

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Chiaramente una disciplina che fosse improntata alle esigenze a valorizzare lo sviluppo del singolo
dovrebbe prevedere appunto un accertamento in concreto rispetto al singolo della capacità di
intendere e di volere.
Tuttavia l'ordinamento ha scelto di introdurre di definire, di approntare una disciplina generale per
evitare differenze e sperequazioni e quindi ha fissato due soglie fondamentali i maggiori di anni 18
si presumono capaci di intendere e di volere; è una presunzione assoluta dell'ordinamento mentre
i minori di anni 14 si presumono incapaci di intendere e di volere e quindi rispetto ad essi non si
potrà applicare assolutamente la pena. Soltanto laddove vengono in rilievo effettive ragioni di
rieducazione si potrà applicare nel caso sussista sempre il requisito della pericolosità, una misura
di sicurezza avente una portata una natura di carattere appunto rieducativo.
Il problema riguarda i soggetti che si trovano in questa zona dai 14 ai 18 anni rispetto ai quali la
legge, appunto Il combinato disposto degli articoli 97 e 98 in particolare, stabiliscono che per questi
soggetti si tratta di accertare in concreto la sussistenza della capacità di intendere e di volere e
‘’dunque chi ha commesso il fatto che hanno compiuto i 14 anni ma non ancora i 18 se non ha
capacità di intendere e di volere, la pena può essere diminuita.’’ Può intervenire anche
l'applicazione di una misura di sicurezza laddove si ravvisino sempre le esigenze, come la
pericolosità del soggetto, esigenze di rieducazione del soggetto.
‘’Quando la pena detentiva inflitta inferiore a 5 anni che si tratta di pena pecuniaria e la condanna
non conseguono pene accessorie…’’
Quindi la scelta dell'ordinamento e appunto quella di escludere presuntivamente attraverso queste
due soglie sotto i 14 l’imputabilità mentre sopra i 18 ascrivere appunto invia assoluta la imputabilità
del soggetto.

PROGETTI DI RIFORMA:
 Progetto Pagliaro (1992)
 Progetto Grosso (2001)
 Progetto Nordio (2004)
 Progetto Pisapia (2007)
Vediamo dunque quali sono le linee che i progetti di riforma del codice hanno impresso in questa
materia.
Questa materia è una delle materie che è stato oggetto di discussioni per una riforma, per una
rivisitazione alla luce degli sviluppi e non solo.
Abbiamo visto ad esempio con riferimento al vizio di mente è mutata la percezione del vizio di
mente rilevante e quindi alcuni aspetti, alcune linee di intervento sono emerse come necessarie in
questi progetti forma.
La prima linea di intervento riguarda proprio la eliminazione di questa finzione giuridica
dell'imputabilità che noi abbiamo visto venire in rilievo nel caso di stato di incapacità preordinato di
ubriachezza volontaria, colposa, preordinata.
In questo caso, infatti, si dice si tratta di accertare secondo il modello che abbiamo visto dell’actio
libera in causa e dunque di un accertamento dell'elemento soggettivo e dunque del dolo o della
colpa con riferimento all'atto libera a ridosso dello stato di incapacità.
Ecco questo contenuto, questo principio va chiarito e introdotto legislativamente con chiarezza e
non solo si può desumere da un punto di vista interpretativo.

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Poi questi progetti di forma hanno richiamato la esigenza di una eliminazione del doppio binario
cioè del doppio binario che prevede l'applicazione per i non imputabili di una pena laddove la
imputabilità sia solo diminuita, la capacità di intendere e di volere sia solo diminuita insieme una
misura di sicurezza invece privilegiare come risposta a condizioni di maturità oppure l'uso di
sostanze stupefacenti di misure volte a curare o rieducare a riabilitare il soggetto.
L’ESIGIBILITA’
L'esigibilità è l'altro elemento che consente di maturare il giudizio di riprovevolezza.
Abbiamo visto che l'imputabilità è uno status soggettivo.
L'esigibilità sono particolari condizioni (non abbiamo una clausola generale come l’85 per
l'imputabilità) in cui l'ordinamento riconosce la particolare situazione soggettiva in cui si trova il
soggetto, di anormalità della motivazione cosìcche l'ordinamento non può pretendere dal soggetto
un comportamento diverso.
Appunto il venire in rilievo di questa condizione esclude un giudizio di rimproverabilità, il venire in
rilievo delle cause di esigibilità non esclude dunque la antigiuridicità come le cause di
giustificazione che escludono il perfezionamento del fatto in senso ampio.
La inesigibilità del comportamento ha un rilievo soltanto soggettivo quindi dal punto di vista della
rimproverabilità.
Dunque abbiamo delle cause che escludono l'esigibilità ad esempio lo stato di necessità
determinato dall'altrui minaccia, l'ipotesi e in particolare è prevista dall'articolo 242 comma 2
‘’laddove il cittadino porta le armi contro lo Stato Italiano per essere stato costretto dall'obbligo
impostogli dallo Stato straniero in cui il soggetto si trova’’ cioè in questo caso il fatto è illegittimo, il
fatto è antigiuridico.
L'ordinamento valorizza la condizione del soggetto che non può fare altrimenti e dunque rispetto a
questo soggetto non si matura un giudizio di riprovevolezza.
Un altro caso importante è quello previsto dall'articolo 384 in cui si prevede che determinati reati
contro l'amministrazione della Giustizia tipo l'omessa denuncia il favoreggiamento non possono
essere realizzati se il soggetto l'ha commesso per difendere se o un prossimo congiunto.
Come se io nascondo mio figlio che è ricercato dalla giustizia per questo fatto non posso essere
incriminato per favoreggiamento perché la mia condizione di congiunto non mi consente di fare
altrimenti, però si badi bene in queste ipotesi si possono rinvenire da applicare solo nel momento
in cui vengono in rilievo le specifiche cause previste dalla legge perché non è presente nel nostro
ordinamento una clausola generale che appunto esclude la cosiddetta esigibilità del
comportamento. Poi con riferimento al 384 anche interessante considerare che la giurisprudenza
ha esteso anche i rapporti di convivenza ‘’more uxorio’’ nella nozione appunto di prossimo
congiunto.
Quindi anche il convivente è parificato al congiunto dal punto di vista della esclusione della
esigibilità del comportamento.

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LEZIONE 8 LE FORME DI MANIFESTAZIONE DEL REATO

Forme di manifestazione del reato


Argomenti:
 il tentativo
 il concorso di persone nel reato
 il reato circostanziato
 il concorso di reati

IL TENTATIVO ART.56
Il tentativo è quel fatto che non è perfetto nei suoi elementi perché manca l'evento.
La fattispecie che definisce il tentativo, all'articolo 56, è norma estensiva perché estende
l'applicazione delle singole fattispecie criminose anche al caso in cui il fatto non è perfetto perché
l'evento non si verifica.
Tuttavia il tentativo è figura autonoma, perfetta nella sua definizione con una sua componente
materiale ed una sua componente psicologica. Si può addirittura considerare il tentativo come
fattispecie paradigmatica dei reati a tutela anticipata, cioè di quei reati rispetto ai quali l’evento non
si produce e dunque l'ordinamento interviene in un momento anticipato rispetto al prodursi
dell'evento realizzandosi così quello schema che abbiamo visto trattati nell’ offensività dei
cosiddetti reati di pericolo.
Dunque il tentativo nei suoi requisiti strutturali identifica proprio quella forma di fattispecie
anticipata stabilendo i limiti rispetto ai quali l'ordinamento effettivamente consente una
anticipazione della tutela.
I contenuti del tentativo
Innanzitutto vi sono elementi strutturali oggettivi:
- l'idoneità degli atti
- l’univocità degli atti
Infatti leggendo l’arti. 56 che appunto definisce il delitto tentato la fattispecie stabilisce che ‘’chi
compie atti idonei diretti in modo non equivoco a commettere un delitto risponde di delitto tentato
se l’azione non si compie e l’evento non si verifica.’’
Quindi noi vediamo innanzitutto che vengono in rilievo dei presupposti negativi; abbiamo visto che
il tentativo si caratterizza per il fatto che un reato non si perfeziona rispetto al prodursi dell’evento.
Abbiamo due ipotesi:
- Quella in cui l’azione non si compie; cioè la condotta non viene portata a compimento, non
viene esaurita. Questa ipotesi viene definita “di tentativo incompiuto”
- l’altra ipotesi in cui l’evento non si verifica. Abbiamo una condotta al completo dei suoi
elementi, tuttavia l’evento non si verifica. Questa ipotesi è definita ‘’di tentativo compiuto.’’
Tuttavia abbiamo dei requisiti positivi di carattere strutturale, materiale:
- l’idoneità degli atti
- l’univocità degli atti.
Che cosa si intende innanzitutto per univocità degli atti?
Innanzitutto si tratta di capire se questo dato di fattispecie va inteso in senso soggettivo o in senso
oggettivo.

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Una corretta interpretazione della norma, alla luce anche del principio di offensività impone di
intendere questo requisito eminentemente oggettivo. Quindi oggettivamente, materialmente, si
deve accertare che gli atti siano univoci. Si intende per univocità un approssimarsi degli atti
all’evento tipico. Una maturazione dunque degli atti della condotta verso l’evento tipico, tale che
appunto risulti univoca.
Da questo requisito si differenzia invece quello della idoneità degli atti.
L’idoneità è appunto l’attitudine, la capacità degli atti a realizzare un determinato evento che
comunque appunto, elemento essenziale del tentativo non si verifica, però gli atti devono risultare
idonei a realizzarlo.
Come si deve accertare l’idoneità?
Questo è un aspetto importantissimo perché l’idoneità si può accertare o secondo un giudizio ex
post o secondo un giudizio ex ante.
Il giudizio ex post è quel giudizio che si forma a fatto avvenuto, cioè a condotta realizzata. Questo
giudizio dal momento che proprio l’evento non si è determinato, non si è realizzato porterebbe
sempre a rilevare la idoneità degli atti che proprio non hanno portato poi al realizzarsi di un evento.
Secondo il giudizio ex ante ci si dovrebbe porre nella situazione reale in cui il soggetto ha iniziato
ad agire ponendosi dunque l’interrogativo se quegli atti risultassero appunto, secondo un giudizio
ex ante, idonei.
Ulteriore accertamento che deve essere fatto è se tale giudizio ex ante sull’idoneità degli atti deve
essere fatto su una base parziale cioè tenendo conto delle sole circostanze conosciute o
conoscibili dall’agente oppure secondo un giudizio a base totale, cioè tenendo conto di tutte le
circostanze, anche quelle che sono sopravvenute e hanno escluso il determinarsi, il realizzarsi,
dell’evento.
Ecco, una visione del fatto materiale corretta sembrerebbe imporre un giudizio ex ante a base
totale, trattandosi poi di escludere ai fini dell’accertamento dell’idoneità degli atti di eliminare
mentalmente quell’evento, quel dato, quel fattore. Ad esempio il sopraggiungere della polizia che
ha scoperto i ladri che stavano per introdursi in un’abitazione per rubare; questo fattore andrebbe
eliminato per giungere a un giudizio effettivamente corretto sulla portata dell’idoneità degli atti.
Ecco, questi sono dunque i due aspetti del tentativo che definiscono la struttura e i requisiti
strutturali e divergono dal vecchio Codice Zanardelli precedente al Codice Rocco che distingueva
fra atti preparatori e atti esecutivi intendendo solo gli atti esecutivi idonei a integrare un tentativo.
Ma tale distinzione non era chiara, non era certa, da qui l’esigenza appunto di scegliere una
diversa formula. Il Codice Rocco ha scelto proprio la formula che fa riferimento agli atti idonei e agli
atti univoci che vanno intesi in una prospettiva oggettiva, materiale.

Rapporto tra tentativo e reato impossibile.


L’art.49 stabilisce al secondo comma che la punibilità è esclusa quando per la inidoneità
dell’azione o per la inesistenza dell’oggetto di essa, è impossibile l’evento dannoso o pericoloso.
Ci si è chiesti se l’inidoneità dall’azione del reato impossibile dell’art. 49 sia una sorta di risvolto
negativo del tentativo inidoneo. In realtà le due fattispecie operano su due piani diversi. Regolano
due fenomeni diversi.
Mentre la inidoneità del tentativo, laddove venga in rilievo, ha una consistenza, un valore
naturalistico, la inidoneità del 49 è una inidoneità giuridica. Nel senso che mentre il tentativo

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esclude la idoneità naturalistica degli atti a produrre un certo evento, il 49 fa riferimento al caso in
cui gli atti siano assolutamente tipici e conformi a fattispecie ma non producono l’offesa.
Così ad esempio l’articolo 49 potrebbe venire in rilievo nel caso in cui il soggetto realizzi un furto al
completo di tutti i suoi elementi di un bene che tuttavia non abbia valore e come tale non produce
l’offesa al bene giuridico. Il furto di un chiodo arrugginito, per esempio.
Nel caso dell’art.56 viene in rilievo un tentativo, un venire in rilievo di atti idonei diretti in modo non
equivoco a realizzare il furto e tuttavia questo furto non si è potuto realizzare ad esempio per il
sopraggiungere della polizia che ha bloccato l’azione.
Quindi sono due figure che operano su piani diversi.
Elemento soggettivo del tentativo
L’elemento soggettivo del tentativo non diverge da quello del reato consumato.
Il soggetto vuole le stesse cose. Prevede e vuole il fatto, la condotta, l’evento e tutti gli elementi del
fatto. Tuttavia l’evento per ragioni esterne non si verifica. Si dubita se il tentativo possa essere
compatibile con quella forma di dolo che è il dolo eventuale che è la forma meno pregnante di
dolo.
Abbiamo detto che il dolo eventuale si caratterizza laddove c’è una concreta previsione di un
evento e il soggetto accetta il rischio di questo evento continuando ad agire.
Siccome il 56, abbiamo visto, fa riferimento agli atti idonei diretti in modo non equivoco, questo
dato oggettivo deve necessariamente riflettersi secondo il principio di necessaria specularità tra
elemento oggettivo e soggettivo anche nella psiche del soggetto. Quindi anche nel momento in cui
il soggetto si rappresenti questi dati materiali molto pregnanti, si dice e si ritiene da parte degli
interpreti, che effettivamente questi contenuti non si possano rendere compatibili con la
ricostruzione, con i contenuti del dolo eventuale.
Mentre il dolo intenzionale per altro verso non è considerato, richiesto, dall’art.56.
Quindi ciò che l’art. 56 richiede è appunto un dolo diretto.
Una consapevolezza circa la certezza di un determinato risultato. Una certezza appunto rispetto
all’evento.
Le specie di delitti per i quali può essere previsto il tentativo e la punibilità del tentativo stesso.
L’art.56 definisce e rubrica i delitti tentati.
Da ciò evinciamo che il tentativo non si può stabilire, realizzare con riferimento alle
contravvenzioni. Ugualmente non si può configurare il tentativo con riferimento ai reati colposi
perché altrimenti il legislatore avrebbe dovuto prevedere secondo i principi dell’arti.42 il titolo di
responsabilità colposa.
Altra questione è poi se il tentativo può rendersi compatibile con i delitti di attentato.
Ad esempio guardiamo all’art.241 che è un classico delitto di attentato, il quale stabilisce che
‘’salvo che il fatto costituisca più grave reato chiunque compie atti violenti diretti e idonei a
sottoporre il territorio di uno stato e di una parte di essi alla sovranità di uno stato straniero… ‘’
Quindi nel delitto di attentato ritroviamo la struttura del tentativo stesso. Si tratta già di un tentativo.
Applicare la fattispecie del 56 a un delitto di attentato comporterebbe una figura di un tentativo di
un tentativo; quindi una figura eccessivamente anticipata rispetto alla quale si disperderebbe ogni
correlato rispetto all’evento offensivo.
Ugualmente lo stesso problema si pone anche con riferimento ai reati di pericolo che si
caratterizzano appunto per una forma, per una fattispecie a tutela anticipata rispetto all’evento

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dannoso perché si integra infatti un evento pericoloso rispetto al bene giuridico e dunque rispetto a
questa categoria di reati si ritiene non si possa effettivamente configurare un tentativo punibile.

Altre ipotesi previste dall’art.56 sono: Desistenza e recesso attivo


L’art. 56 nei commi successivi e in particolare nel comma tre e quattro; definisce al comma 3 la
desistenza dall’azione. In questo caso si ha l’ipotesi in cui il soggetto non completa il tentativo.
Desiste dal compiere la condotta che ha iniziato a realizzare. Ecco che cosa succede?
L’ordinamento ritiene che la desistenza non sia punibile salvo che gli atti già realizzati integrino di
per sé un reato. In questo caso quel reato che si sarà già realizzato sarà ovviamente punibile. Il
soggetto dovrà rispondere di questo reato.
L’altra ipotesi prevista dal comma 4 dell’art. 56 è il recesso attivo. “Se volontariamente impedisce
l’evento, l’agente soggiace alla pena prevista per il delitto tentato diminuita da un terzo alla metà”
Questo è il caso in cui invece la condotta è stata realizza, diciamo un’ipotesi di tentativo compiuto,
ma il soggetto impedisce il realizzarsi di un evento. In questo caso si applica la pena prevista per il
tentativo che è diminuita ovviamente rispetto alla fattispecie completa di tutti i suoi elementi e
dunque anche dell’evento, ma la pena nel caso di recesso attivo è diminuita da un terzo alla metà.
Un problema sollevato dagli interpreti riguarda la definizione della desistenza rispetto al recesso
attivo. Cioè le due figure molto spesso non sono facilmente distinguibili. Per questo motivo progetti
di riforma del codice penale (in particolare il progetto Pagliaro del 1992) hanno proposto di
assimilare le due ipotesi appunto per la difficoltà che si rinviene nella loro distinzione.
********Spunti di riflessione: Quali sono dunque gli elementi strutturali del tentativo? *****

IL CONCORSO DI PERSONE NEL REATO


Il Concorso di persone nel reato è l’altra forma di manifestazione del reato. Una fattispecie che può
essere effettuata dal singolo. Nel caso di concorso di persone appunto è realizzata da più persone.
Ecco, noi abbiamo due tipi di concorso di persone nell’ordinamento:

- il concorso eventuale
- il concorso necessario

Concorso eventuale. Cioè il caso in cui una fattispecie monosoggettiva che è definita rispetto a un
singolo viene compiuta da più soggetti. Cioè più condotte convergono nel realizzare un certo
evento. Il concorso necessario di cui parleremo successivamente riguarda il caso in cui una
fattispecie è descritta proprio nella fattispecie incriminatrice, nel precetto, come richiede la
partecipazione di più persone. Necessariamente. Proprio ai fini della integrazione della fattispecie.
Il reato invece a concorso eventuale si definisce in base alla disciplina dell’art.110.
L’art.110 infatti stabilisce che “quando più persone concorrono nel medesimo reato ciascuna di
esse soggiace alla pena per questo stabilita salve le disposizioni degli articoli seguenti. (che
prevedono alcune particolarità come vedremo.)
Quindi anche questa come l’art.56 sul tentativo è una fattispecie estensiva perché porta
all’estensione delle singole fattispecie incriminatrici di parte speciale alla particolare
manifestazione del reato che è appunto quella del reato realizzato in concorso. Il 110 come
vedremo è fattispecie molto ampia se vogliamo anche indeterminata nel rilevare ciò che integra
effettivamente il concorso. In particolare si possono avere diversi modelli del concorso di persone.
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Cioè si può dal punto di vista definitorio ravvisare diverse modalità rispetto alle quali il concorso si
può integrare. Per stabilire quali sono i contributi concorsuali rilevanti(?) in particolare gli interpreti
hanno fatto dapprima riferimento al modello della cosiddetta accessorietà in base al quale si ha
una condotta che è quella necessaria, che è quella tipica, quella corrispondente alla fattispecie
incriminatrice e una condotta invece accessoria che di per sè non è tipica ma lo è perché fornisce
un contributo effettivo alla condotta principale. Lo è in forza della sua accessorietà alla condotta
principale.
Così ad esempio nel caso in cui si realizzi un furto in concorso abbiamo un concorrente che
realizza materialmente la fattispecie di furto sottraendo la cosa mobile altrui a chi la detiene e un
altro concorrente che fa da palo, che controlla che non arrivi nessuno e non realizza la fattispecie
tipica di furto. Tuttavia essendo la sua condotta accessoria a quella del concorrente risulta punita
dal punto di vista del concorso di persone con la stessa pena.
Questo modello tuttavia non è stato considerato in effetti valido soprattutto perché non chiarisce il
contributo effettivamente rilevante in che termini si debba atteggiare. Più corretto e più conforme
anche alle indicazioni del legislatore sembra essere invece il cosiddetto modello causale in base al
quale il concorso rileva proprio perché vi è una convergenza di condotta, di condizioni, al prodursi
dell’evento. E poi vedremo appunto quali sono le condotte e le condizioni rilevanti.
Elementi costitutivi del concorso
 la pluralità degli agenti
Ci deve essere la presenza di più agenti. La partecipazione può essere diversamente definita.
Possiamo avere la figura dell’autore cioè colui che realizza il fatto tipico. Il coautore, colui che
realizza una porzione del fatto tipico oppure colui che semplicemente partecipa non realizzando la
fattispecie tipica. Quindi realizza una condotta non tipica.
Si può avere una partecipazione morale, quindi psicologica. Una partecipazione materiale quindi
naturalisticamente fattiva, naturalisticamente percepibile.
La partecipazione morale e psicologica può essere di due tipi:
- può essere di determinazione nel caso in cui un soggetto fa nascere il proposito criminoso ad altri
- di istigazione che si ha quando si rafforza un proposito criminoso che altri già abbiano
Diverge dal concorso la figura dell’autore mediato Abbiamo diverse ipotesi di autoria mediata nel
nostro ordinamento. Una è quella prevista dal 111 “chi ha determinato a commettere un reato è
una persona non imputabile ovvero non punibile a cagione di una condizione o qualità personale
risponde del reato da questa commesso’’. Cioè questo non è un concorso, è il caso in cui un
soggetto utilizzi una persona che non è punibile come strumento per realizzare il reato. Già
abbiamo visto anche nell’ambito delle cause di esclusione dell’imputabilità una figura di questo tipo
all’art.86. Un’altra ipotesi è quella di costringimento fisico. Ci sono varie ipotesi e queste non
concretano un concorso perché in questo caso la condotta di altri è un semplice strumento per
realizzare il reato.
Altro elemento del concorso di persone è
 la realizzazione di un fatto di reato
Il fatto di reato deve essere appunto un fatto concreto perché l’articolo 115 stabilisce un principio
fondamentale in base al quale l’accordo di per sè non è punibile e neanche l’istigazione se non è
accolta. Quindi la mera manifestazione di una volontà di concorrere non determina un concorso di
persone. Ci vuole un fatto oggettivo. Un fatto di reato
 il contributo causale
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Altro aspetto è il concorso che si caratterizza proprio secondo il modello causale per la
convergenza di condotta rispetto a un evento. Tuttavia si tratta di stabilire quali sono le condotte
causalmente rilevanti secondo questo modello. Sicuramente il soggetto che ha realizzato la
condotta che è condizione necessaria dell’evento secondo lo schema del nesso causale e nei
termini di una condicio sin equa non, è chiaro che quel contributo sarà un contributo rilevante.
Il problema può venire in rilievo invece laddove non si determini la realizzazione di una causa, di
una condizione necessaria.
Da questo punto di vista gli interpreti hanno rilevato che il contributo concorsuale non deve essere
necessariamente il contributo necessario cioè come condizione necessaria all’evento ma basta
anche aver realizzato un contributo agevolatore che abbia comunque un significato rispetto al
prodursi dell’evento. E’ anche vero che la definizione di contributo agevolatore in se e per se presa
può risultare talvolta ambigua soprattutto con riferimento alle condotte di mera connivenza oppure
alle condotte in cui vi è un atteggiamento passivo da parte del soggetto. Ecco a tal proposito il
progetto Pagliaro di riforma del c.p. ha suggerito di riformare l’articolo 110 richiedendo di
distinguere appunto fra contributo necessario e contributo agevolatore e richiedendo ai fini della
integrazione del contributo agevolatore che questo renda più pronta, più grave e più probabile la
realizzazione di un determinato evento. Così sempre nel nostro esempio del furto realizzato in
concorso abbiamo da un lato una condotta necessaria che appunto corrisponde alla fattispecie
tipica. La condotta del palo rileverà come contributo agevolatore nella misura in cui effettivamente
questo abbia reso più pronta e più probabile la realizzazione del reato da parte del concorrente e
questo sembrerebbe essere proprio la ricostruzione più corretta del contributo specificamente
rilevante.
L’elemento soggettivo che si caratterizza per:
 rappresentazione del fatto
 volontà di cooperare
La rappresentazione del fatto concorsuale è fondamentale soprattutto per chi realizzi una condotta
atipica appunto per il soggetto che integri una mera condotta di agevolazione rispetto alla
realizzazione del fatto. Cioè la consapevolezza di realizzare un fatto in concorso.
Dal punto di vista della volontà di cooperare, anche questo è un altro aspetto fondamentale. Non è
necessario ai fini dell’integrazione del concorso di persone il fatto che i soggetti abbiano realizzato
un previo accordo ai fini di realizzare il reato in concorso perché la volontà di cooperare può anche
sopraggiungere in itinere. Cioè i contributi possono anche sopraggiungere e dunque la stessa
volontà di cooperare, nel momento in cui il reato è già iniziato nella sua esecuzione.
Con riferimento ai delitti a dolo specifico che come sappiamo il dolo specifico richiede una
particolare finalità che non è necessario che si realizzi materialmente ai fini della configurazione
del reato. Tuttavia non è necessario che tutti i concorrenti abbiano questo particolare fine.
L’importante è che lo abbia un concorrente (un soggetto) e gli altri concorrenti siano consapevoli
della circostanza che qualcuno abbia il fine caratteristico del dolo specifico.
Ulteriori figure di concorso di reato
 art. 116 c.p
 art. 117 c.p
Cosiddetta variante individuale sul piano comune.
Il 116 stabilisce che ‘’qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei
concorrenti anche questi ne risponde se l’evento è conseguenza della sua azione o omissione’’.
69
Questo è il caso in cui i concorrenti si accordano per realizzare un reato, ad esempio una rapina,
però uni dei concorrenti realizza anche un fatto diverso che non è oggetto dell’accordo per il quale
non c’era appunto la volontà degli altri concorrenti. Ad esempio una violenza sessuale.
Ecco, che cosa succede?
L’ordinamento stabilisce(art.116) che anche il fatto diverso deve essere attribuito ai concorrenti
che non l’abbiano voluto nel momento in cui questi altri concorrenti abbiano realizzato una
condizione necessaria nei termini proprio della condicio sin equa non. Questo caso tuttavia sembra
integrare una classica ipotesi di responsabilità oggettiva perché un fatto diverso è attribuito sulla
scorta del solo nesso causale e noi sappiamo che alla luce del principio di colpevolezza questa
ipotesi anche se originariamente create nei termini di una responsabilità oggettiva dal legislatore
vanno interpretate in senso costituzionalmente orientato e dunque nel pieno rispetto del principio di
colpevolezza. Quindi si tratta di accertare rispetto a questo fatto diverso, se non il dolo,
quantomeno la colpa. Cioè il fatto che i soggetti che non hanno voluto questo fatto diverso
avrebbero potuto prevedere la circostanza che ci sarebbe stata questa diversa evoluzione.
Sul punto anche la corte costituzionale con una sentenza del 65, n. 42 ha stabilito che l’evento
diverso per essere attribuito al soggetto che non l’ha voluto dev’essere comunque uno sviluppo
logicamente prevedibile della sua azione. Oltre che collegato dal punto di vista causale deve
essere uno sviluppo logicamente prevedibile. In questo senso può essere attribuito anche al
soggetto che non l’ha voluto.
Altra figura è prevista dall’art. 117, cosiddetto concorso nel reato proprio. Il 117 stabilisce il
mutamento del titolo di reato per taluno dei concorrenti. ‘’Se per le condizioni e le qualità personali
del colpevole o per i rapporti tra il colpevole e l’offeso muta il titolo del reato per taluni di coloro che
vi sono concorsi, anche gli altri rispondono dello stesso reato.’’
Cioè questo è il caso in cui abbiamo due figure limitrofe nell’ordinamento:
1. che è la fattispecie comune
2. l’altra che è la fattispecie che richiede una particolare condizione personale del soggetto agente.
Ad esempio noi nell’ordinamento abbiamo la fattispecie di appropriazione indebita che è un reato
comune contro il patrimonio a cui corrisponde il peculato che è l’appropriazione indebita del
pubblico ufficiale.
Che succede se un privato e un pubblico ufficiale concorrono nel delitto di appropriazione
indebita?
Questo è il caso regolato proprio dall’articolo 117 che stabilisce nell’ipotesi in cui ci sia un concorso
di questo tipo per il principio di unitarietà del titolo criminoso si applica il reato proprio. Cioè la
fattispecie che richiede la particolare condizione personale.
Quindi il 117 non è una norma che in un certo senso è in violazione del principio di colpevolezza.
Anzi va interpretata alla luce di questo principio. Quindi il reato diverso, quello caratterizzato dalla
titolarità della qualifica pubblicistica, può essere applicato al soggetto che non sia titolare della
qualifica pubblicistica. Nel caso di peculato di qualsiasi qualifica, solo nella misura in cui il soggetto
che è sprovvisto della qualifica si è rappresentato o si poteva rappresentare la circostanza che il
concorrente fosse titolare di questa qualifica. Quindi il 117 è una norma che regola effettivamente
un caso di concorso apparente di norme. Cioè quel caso in cui vengano in rilievo più norme e
l’ordinamento sceglie di applicarne solo una. In questo caso l’ordinamento cerca di applicare la
fattispecie caratterizzata dalla qualità di una qualifica soggettiva.
Dal concorso si differenzia:
70
 la cooperazione nei delitti colposi
La cooperazione prevista nei delitti colposi prevista appunto dall’art.113. La cooperazione nel
delitto colposo. (già si parla di cooperazione e non di concorso per sottolineare il diverso elemento
psicologico che sorregge i soggetti nel convergere rispetto all’evento; quindi l’elemento psicologico
del reato colposo è molto diverso da quello che sorregge invece il reato doloso.)
Innanzitutto il 113 fa riferimento ai delitti quindi la cooperazione non si può ravvisare con
riferimento alle contravvenzioni e l’elemento caratterizzante è la circostanza che la cooperazione
del delitto colposo si distingue dalla convergenza di autonomi fatti colposi.
Il concorso di reato colposo potrebbe essere quello di un soggetto alla guida di un veicolo e viene
istigato ad andare più veloce e così causando un incidente mortale. Quindi vi è una convergenza
delle volontà delle parti anche se è una convergenza nei termini di responsabilità colposa. Quando
invece abbiamo fatti colposi indipendenti appunto nel caso dell’incidente stradale più autoveicoli
che autonomamente violino regole del codice della strada realizzando anche qua un incidente.
Chiaramente qua non siamo nell’ambito della cooperazione del delitto colposo ma abbiamo il
concorso di fatti indipendenti appunto di carattere colposo.
Altro tema importante è quello:
imputazione delle circostanze
A proposito il 119 chiarisce alcuni aspetti fondamentali che nella imputazione delle circostanze si
tratta di distinguere tra le circostanze di carattere oggettivo e quelle di carattere soggettivo.
Le circostanze di carattere oggettivo sia che riguardino le cause di giustificazione sia che
riguardino le circostanze in senso tecnico sono estese a tutti i concorrenti mentre la circostanza in
senso soggettivo ciò che riguardino le particolari condizioni di un singolo concorrente non si
estendono agli altri ma si applicano soltanto al soggetto rispetto al quale appunto queste vengono
in rilievo.
Reati a concorso necessario:
 reati associativi
 concorso esterno
 agente provocatore

Nell’ordinamento vi sono particolari reati che la fattispecie stessa richiede che siano perpetrati da
più persone. Possono essere reati a concorso necessario propri o impropri.
Nel caso in cui siano propri tutti i concorrenti, tutte le persone previste sono responsabili.
Nel caso dei reati a concorso necessario impropri solo uno dei soggetti è punibile. Ad esempio
nella concussione è punibile soltanto il pubblico agente che costringe la vittima. Nella rivelazione
dei segreti d’ufficio soltanto chi rivela i segreti e non chi riceve la notizia è responsabile.
Particolare figura problematica nell’ordinamento sono i
 reati associativi
Nei reati associativi, es. prendiamo il 416 – associazione per delinquere – ‘’quando tre o più
persone si associano lo scopo di commettere più delitti, coloro che promuovono costituiscono e
organizzano l’associazione sono puniti solo con la reclusione.’’
Qua abbiamo la configurazione della fattispecie a prescindere dalla realizzazione dei reati che
sono il contenuto, lo scopo dell’associazione. Ma il fatto stesso di avere questo programma
determinato e una organizzazione stabile alla base configura il reato associativo.
Il reato associativo va distinto dal  reato continuato realizzato in concorso
71
Il reato continuato secondo la definizione dell’articolo 81 del codice penale stabilisce che “il reato
continuativo si realizza “nel caso in cui vi siano più azioni o omissioni esecutive di un medesimo
disegno criminoso”.
Questa ipotesi si distingue dal reato associativo perché qua vi è un disegno criminoso per la
realizzazione di un numero determinato di reati. Invece il reato associativo si caratterizza per un
numero indeterminato di reati da realizzare.
Con riferimento al reato associativo il problema è quello se possa rendersi compatibile con
l’applicazione dell’art.110. Cioè se si possa realizzare un concorso eventuale nel reato associativo.
Ecco questo problema è stato affrontato dalla giurisprudenza proprio con riferimento al concorso
esterno.
concorso esterno.
Il concorso esterno. Il concorso esterno si ha quando un soggetto non fa parte dell’associazione
criminosa ma da un contributo al rafforzamento dell’associazione stessa. Questa è una figura che
è ampiamente affermata e utilizzata dalla giurisprudenza soprattutto con riferimento ad
associazioni di tipo mafioso rispetto alle quali rileva proprio il concorso esterno applicandosi la
disciplina del 110 che interagisce con la fattispecie dell’associazione per delinquere.
 agente provocatore
Altra fattispecie problematica è quella dell’agente provocatore. Cioè l’agente per scopi di giustizia
provoca la realizzazione di un reato. Ecco in questo caso l’agente della forza pubblica che provoca
la realizzazione del reato non è responsabile. Questo perché secondo gli interpreti non si
realizzerebbe il dolo della fattispecie. L’agente provocatore va distinto anche dalla figura
dell’infiltrato nelle organizzazioni criminali. L’agente sotto copertura che svolge la funzione del
carpire i segreti dell’associazione stessa, anche in questo caso se l’infiltrato realizza un reato non
sarà scriminato facendosi riferimento proprio all’art.51 che fa riferimento all’adempimento del
dovere oppure all’ordine dell’autorità.
*******Spunti della riflessione: Quali sono gli elementi costitutivi oggettivi e soggettivi del concorso
eventuale di persone? *****

IL REATO CIRCOSTANZIATO
Parliamo in particolare delle circostanze proprie che possono essere
 circostanze comuni e speciali.
Le circostanze proprie sono degli elementi accessori che si aggiungono agli elementi
costitutivi del reato e che hanno un effetto soltanto dal punto di vista della commisurazione
della pena. Comuni si applicano a tutti i reati, Speciali solo a determinati reati
obbligatorie e discrezionali. Obbligatorie a seconda che il giudice le debba
obbligatoriamente applicare. Discrezionali se il giudice può discrezionalmente applicarle
 ad effetto comune e ad effetto speciale. A effetto comune comportano un aumento o una
diminuzione di un terzo. A effetto speciale comportano o una pena diversa o un aumento o
una diminuzione oltre i limiti appunto stabiliti di un terzo
L’imputazione delle circostanze.
Se le circostanze sono attenuanti sono applicate oggettivamente anche se il soggetto non se le
rappresenta.

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Se le circostanze sono aggravanti, è stato fissato un principio fondamentale con una riforma del 90
che devono essere quantomeno previste o prevedibili da parte del soggetto. Non si possono
applicare senza un correlato o un nesso psicologico nei termini quantomeno della prevedibilità.
****Spunti della riflessione: quali sono i presupposti soggettivi per l’applicazione delle circostanze?
***

IL CONCORSO DI REATI
Il concorso di reati si ha quando un soggetto con più condotte violi più norme. Realizzi più eventi.
In questo caso dobbiamo distinguere il concorso materiale in cui si hanno proprio più condotte che
realizzino più reati e quindi producano più eventi. In questo caso si applicano tante pene quanti
sono stati i reati commessi. Secondo il principio del cumulo materiale delle pene. Pero sono stati
stabiliti proprio dei limiti dall’articolo 78. “questo cumulo non può superare una certa soglia”
Il concorso formale: si ha con una sola condotta si realizzino più eventi. Più violazione di norme. In
questo caso non si applica il cumulo materiale cioè tante pene quanti reati sono stati commessi ma
si applica il cosiddetto cumulo giuridico. Cioè si applica la pena prevista per il reato più grave
aumentata fino al triplo secondo la disciplina fornita dall’articolo 81 comma 1.
****Spunti di riflessione: come si commisura la pena in caso di concorso di reati? ****

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LEZIONE 9  LE CONSEGUENZE DEL REATO

Gli argomenti sono:


- la pena
- le cause di non punibilità
- le cause di estinzione del reato e della pena
- le misure di sicurezza

LA PENA
La pena è la sanzione prevista dall’ordinamento penalistico. Come abbiamo già segnalato può
essere considerato l’indice ricognitivo per stabilire che cosa è il reato. Infatti abbiamo detto che
ogni fatto che è disciplinato come reato si può ravvisare come tale proprio dalla previsione di
particolari sanzioni che sono appunto le pene che sono quelle previste dal codice penale agli
articoli 17 (per le pene principali) e 19 per le pene accessorie.
Guardiamo innanzitutto a quella che è la natura della pena

La pena ha una natura afflittiva innanzitutto ma anche preventiva a ciò si legano anche importanti
fondamenti della pena stessa. La pena infatti risponde a particolari principi. Innanzitutto al principio
di personalità perché la pena può essere applicata solo al fatto realizzato dal soggetto. Quindi solo
al soggetto che ha realizzato il fatto di reato.
Altro principio fondamentale è quello di legalità. Le pene possono essere previste solo dalla legge.
Principio poi fondamentale di inderogabilità. Cioè alla pena non si può derogare. Anche se questo
principio nel tempo ha subito con la introduzione di strumenti alternativi alla pena un
affievolimento. Infine il principio della proporzione perché la pena deve essere proporzionata alla
gravità del fatto.
Da qui le due funzioni fondamentali della pena:
la pena risponde innanzitutto a una funzione di carattere repressivo. Inteso come risposa a un
male che l’ordinamento predispone per rispondere a un male realizzato dal soggetto con il reato.
 funzione di prevenzione che può essere vista secondo due prospettive:
- generale: nei confronti di tutti i consociati perché la pena deve avere un’efficacia deterrente
verso la collettività che non sarà motivata a realizzare i reati
- speciale nei confronti del singolo che ha realizzato il reato. Nel senso che con l’applicazione
della pena il soggetto viene neutralizzato. Ma dev’essere anche rieducato secondo il contenuto
fondamentale dell’articolo 27 della costituzione. Dunque la pena deve caratterizzarsi per questo
contenuto fondamentale.
Da una parte di repressione ma anche di prevenzione e rieducazione.
La tipologia delle pene
 pene principali

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Sono quelle previste dall’articolo 17. Abbiamo pene di carattere detentivo e dunque per il delitto
ergastolo e reclusione. Mentre per la contravvenzione abbiamo l’arresto.
Poi abbiamo pene di carattere pecuniario. La multa con riferimento al delitto e l’ammenda con
riferimento alla contravvenzione.
Si è discusso della costituzionalità dell’ergastolo perché trattandosi di carcere a vita non
assicurerebbe quel contenuto di rieducazione che come abbiamo visto è un contenuto
fondamentale della pena. Tuttavia a tal proposito è intervenuta una sentenza della corte
costituzionale che ha escluso l’incostituzionalità dell’ergastolo stabilendo che con l’introduzione
dell’istituto della liberazione condizionale che può essere applicato a determinate condizioni dopo
aver scontato trent’anni di pena, il soggetto comunque può essere risocializzato e attraverso
questo strumento recuperare il contenuto rieducativo anche con riferimento alla pena dell’ergastolo
 sanzioni sostitutive alle pene detentive brevi
Sono state introdotte nell’ordinamento con la legge dell’81 n.689 sulla depenalizzazione e ha
previsto particolari sanzioni laddove vengono in rilievo pene brevi. In particolare sono state
introdotte la semidetenzione. La libertà controllata e la pena pecuniaria.
 pene accessorie
Sono stabilite dall’articolo 19 e conseguono di diritto alla pena principale nei limiti appunto stabiliti
dalla legge. Per i delitti abbiamo l’interdizione dai pubblici uffici, da una professione o un arte.
L’interdizione legale. L’interdizione dagli uffici direttivi dalle persone giuridiche e delle imprese e
così via.
AL secondo comma abbiamo le pene accessorie per le contravvenzioni
 pene applicate dal giudice di pace
Per quanto riguarda le pene di competenza del giudice di pace. Il giudice di pace ha una
competenza limitata per particolari reati. Si possono applicare anche qua sanzioni diverse come la
permanenza domiciliare, il lavoro di pubblica utilità e la pena pecuniaria.
Come si commisura la pena?
 pena base
Ogni fattispecie incriminatrice prevede una pena. Una pena che è fissata antro un limite dittale
(entro un minimo e un massimo)
Entro questo limite dittale poi il giudice dovrà stabilire qual è la pena effettivamente stabilita per il
caso concreto. Per effettuare questa valutazione sul caso in concreto il giudice ha a disposizione
alcuni parametri che sono quelli forniti dall’articolo 133. Si tratta di circostanze improprie perché a
differenza delle circostanze proprie che si aggiungono alla pena base le circostanze improprie
consentono al giudice di definire appunto la pena base secondo alcuni parametri. Parametri legati
proprio alla gravità del reato e tale gravità segnala chiaramente la meritevolezza di pena e anche
la sua commisurazione in ragione alla gravità.
Per commisurare la gravità il 133 fa riferimento ai contenuti di disvalore del reato. Noi abbiamo
visto che il reato si compone di due strutture. Una struttura formale: elemento oggettivo e
soggettivo. E una struttura sostanziali che indica le sanzioni per quali un fatto è previsto come
reato. La struttura sostanziale si caratterizza per disvalori. Questi disvalori, questi giudizi negativi
che si effettuano sul reato sono di tre tipi:
1. segnalato proprio dal comma uno dell’articolo 133 e che fa riferimento alla natura, ai mezzi,
all’oggetto, tempo, luogo e ogni altra modalità dell’azione. Qua si fa riferimento al disvalore di
condotta.
75
2. gravità del danno o del pericolo cagionato (Disvalore di evento), gravità del dolo e intensità della
colpa (disvalore di atteggiamento psicologico). Sono così ripresi i tre momenti di disvalore
essenziale che fanno parte della struttura del reato.
Quindi per commisurare la pena ai sensi dell’art. 133 innanzitutto si dovrà far riferimento ai
disvalori del reato
Il comma due dello stesso articolo fa riferimento a un altro aspetto: la capacità a delinquere. Quindi
questo è un altro aspetto che integra il giudizio sulla gravità del fatto ma non più dalla prospettiva
con riferimento alla struttura del reato ma con riferimento alla persona. Al reo. Che dunque con
riferimento alla sua capacità a delinquere si dovrà tenere conto dei motivi a delinquere e del
carattere. Dei precedenti penali e giudiziari, della condotta di vita del reo antecedente il reato.
Dalla condotta contemporanea o susseguente al reato e infine alle condizioni di vita individuale,
familiare e sociale del reo.
Ci si è chiesti se questo contenuto legato alla capacità a delinquere del soggetto sia un giudizio
sempre sulla gravità del fatto oppure un giudizio prognostico per il futuro con riferimento alla
pericolosità del soggetto. Cioè la probabilità che il soggetto compia altri delitti.
Nella prospettiva tuttavia che stiamo affrontando adesso di commisurazione della pena base la
capacità a delinquere deve sempre essere vista come indice di gravità del fatto commesso. Quindi
con una valutazione rivolta al passato.
 circostanze
Poi commisurata la pena base sulla scorta dei contenuti dell’articolo 133 si tratta di applicare le
circostanze proprie o in senso tecnico. Abbiamo già affrontato questo argomento trattando delle
forme di manifestazione del reato. Tuttavia qua richiamiamo il tema delle circostanze per vedere
come reagisca sulla pena base già commisurata.
Abbiamo già visto che abbiamo diversi tipi di circostanze. Le più importante sicuramente sono
quelle comuni : aggravanti e attenuanti previste dall’articolo 61 e 62 applicabili a qualsiasi tipo di
reato. Abbiamo anche le circostanze attenuanti generiche al 62 bis la cui definizione è rimessa al
giudice.
Il problema è se vengono in rilievo una sola circostanza si aumenta o si diminuisce la pena di un
terzo e quindi la pena può diventare superiore o inferiore al limite dittale fissato dalla legge. Con le
circostanze si può andare oltre questo limite dittale. Il problema è se vengono in rilievo più
circostanze attenuanti o più circostanze aggravanti. A questo proposito si possono avere due tipi di
concorso di circostanze. Possono essere circostanze omogenee cioè dello stesso tipo.. cioè più
circostanze attenuanti o più circostanze soltanto aggravanti oppure si può avere un concorso
eterogeneo. Cioè con il concorrere appunto di circostanze attenuanti e aggravanti. Quando
abbiamo un concorso omogeneo si effettua una sommatoria degli effetti delle circostanze che
vengono applicate la prima al reato base; sulla pena così commisurata si applica la seconda
circostanza; venendo in rilievo una sorta di progressione geometrica in questi termini.
Con un concorso eterogeneo si effettua un giudizio complessivo che può portare o a un giudizio di
prevalenza; ad esempio delle circostanze aggravanti sulle attenuanti. Se si giunge a un giudizio di
prevalenza si possono addirittura annullare gli effetti delle circostanze attenuanti se la prevalenza
è delle aggravanti e viceversa…
Si può anche avere un giudizio di bilanciamento laddove le attenuanti e le aggravanti si bilanciano
nella loro portata e dunque laddove venga in rilievo questo giudizio di bilanciamento si può anche
escludere, annullare, l’effetto stesso delle circostanze.
76
 concorso di reati
Altro problema viene in rilievo con riferimento al concorso di reati.
Anche questo argomento lo abbiamo affrontato in generale, in via teorica trattando le forme di
manifestazione del reato. Abbiamo visto che laddove vengono in rilievo più condotte si può
determinare un cumulo, un concorso materiale di reati, quindi un cumulo materiale delle pene.
Cioè si applicano tante pene quanti sono i reati. Si ha dunque un cumulo materiale di pene con un
limite previsto dall’articolo 78 e questo limite è che non si può superare il quintuplo della pena più
grave.
In ogni caso non si può superare i 30 anni per la reclusione e i 6 anni per l’arresto.
Se invece si ha un concorso formale cioè con una sola condotta si producano più eventi, si ha il
cumulo giuridico. Cioè si applica la fattispecie che prevede la pena più elevata ma questa si può
aumentare secondo la disciplina dell’art 81 fino al triplo. Tuttavia il concorso formale si deve
distinguere dal reato continuato.
Il reato continuato è una figura prevista dall’art. 81. Si ha reato continuato quando si realizzano più
condotte produttive di diversi eventi anche in tempi diversi. Ma queste condotte sono unite da un
medesimo disegno criminoso.
Ecco secondo la definizione dell’articolo 81 comma 2.
In questo caso non si applica il concorso materiale secondo il principio per il quale appunto più
condotte determinano più reati e dunque un cumulo materiale. Ma si applica sempre il cumulo
giuridico. Quindi si applicherà la pena prevista per il reato più grave aumentata sino al triplo.

Spunti per la riflessione: come si commisura la pena?

LE CAUSE DI NON PUNIBILITÀ


Le cause di non punibilità possono essere intese in due diverse accezioni. Si può parlare di cause
di non punibilità in senso ampio con riferimento a tutte quelle cause che effettivamente producono
l’effetto di escludere la pena, cioè la punibilità. Però possono incidere in modo assolutamente
diverso. Sono cause di non punibilità in senso ampio anche le cause di giustificazione perché
come elementi negativi del fatto non completano il fatto in senso ampio, escludono il disvalore del
fatto e dunque portano come effetto alla non punibilità. Infatti se noi prendiamo le norme che
disciplinano le cause di giustificazione l’effetto è appunto ogni norma. Ad esempio la difesa
legittima si ha “non è punibile chi ha commesso il fatto”
L’effetto è di non essere punibile però questo effetto è dovuto a una causa che è appunto quella
dell’intervento della causa di giustificazione che come elemento negativo non completa il fatto di
reato. Quindi il fatto di reato non si completa e come effetto il soggetto non è punibile. Questa è la
causa di non punibilità in senso ampio. Tuttavia possiamo intendere anche la causa di non
punibilità in una diversa accezione come causa di non punibilità in senso stretto; cioè come causa
anche se il reato è perfetto in tutti i suoi elementi comunque si produce un effetto che è quello della
non punibilità. Appunto a questo proposito si tratta di distinguere da un lato il concetto di:
 punibilità
La punibilità può essere intesa come conseguenza che deriva dall’aver realizzato un reato
completo di tutti i suoi elementi. Dalla realizzazione di un reato perfetto segue come necessaria
conseguenza l’applicazione della pena.
 il concetto di causa di esclusione
77
Ma la punibilità può essere anche intesa come scelta che fa l’ordinamento di applicare una pena
per un fatto che è reato quindi perfetto in tutti i suoi elementi costitutivi però l’ordinamento può
scegliere con riferimento a altre ragioni e altre esigenze pratiche di non punire quel determinato
fatto. Quindi al proposito le cause di esclusione della punibilità possono essere intese come cause
di incompletezza del fatto e in questo senso intervengono le cause di giustificazione. Se noi invece
intendiamo le cause di esclusione in senso stretto afferenti al solo effetto della pena, quindi anche
se il fatto è al completo di tutti i suoi elementi si può, con riferimento a particolari ragioni, a
particolari esigenze, escludere l’applicazione della pena. Queste esigenze possono essere
diverse, possono essere esigenze di carattere pratico, possono rinvenirsi in ragioni di politiche
criminali come abbiamo visto trattando del tentativo che la desistenza non è punibile. Ovviamente
perché l’ordinamento fa la scelta di incentivare il soggetto secondo una politica premiale a non
completare il tentativo.
Le ragioni possono anche essere quelle di mera clemenza come l’amnistia, l’indulto e la grazia.
Possono essere ragioni di politica internazionale oppure anche possono essere ragioni di
salvaguardia dei legami familiari.
A tal proposito va affrontato il tema delle condizioni obiettive di punibilità
Sono condizioni che se non si realizzano, il fatto non è punibile. Quindi si esclude la punibilità
anche se il fatto di reato è perfetto in tutti i suoi elementi costitutivi. Per avere punibilità si devono
realizzare queste condizioni. In un certo senso queste condizioni fondano la pena. Esse sono
disciplinate dall’articolo 44 del cp. Il quale stabilisce che quando per la punibilità del reato la legge
richiede il verificarsi di una condizione il colpevole risponde del reato anche se l’evento da cui
dipende il verificarsi della condizione non è da lui voluto.
Quindi la disciplina delle condizioni è semplicissima. Si tratta di condizioni esterne al fatto di reato
che non devono essere volute dal soggetto. Cioè sono esterne anche alla sfera soggettiva che
completa la struttura del reato. Non devono essere né oggetto di dolo né di colpa.
Ad esempio possiamo avere un caso di condizione obiettiva di punibilità con riferimento all’articolo
558 “induzione al matrimonio mediante inganno” “Chiunque, nel contrarre matrimonio avente effetti
civili [82, 83, 106-116], con mezzi fraudolenti occulta all'altro coniuge l'esistenza di un impedimento
che non sia quello derivante da un precedente matrimonio(1) [84-89] è punito, se il matrimonio è
annullato”
Cioè in questo caso la punibilità viene appunto assoggettata al verificarsi di questa condizione che
è l’annullamento del matrimonio che è una condizione esterna al fatto di reato che non dipende
neanche dal soggetto agente. Ma è una condizione di punibilità perché se non si realizza questa
condizione il soggetto non è punibile.
Ancora con riferimento al reato di incesto 564 “chiunque in modo che ne derivi pubblico scandalo
commette incesto” Quindi qua la condizione obiettiva è rinvenuta nel pubblico scandalo. Cioè se
non si determina questa condizione obiettiva che è esterna al fatto e che non dev’essere né voluta
né colposamente addebitabile al soggetto. Se non si determina il pubblico scandalo non si può
punire il reato di incesto.
Ancora abbiamo moltissimi casi, ad esempio l’essere colti in flagranza con riferimento all’art. 260
Ogniqualvolta la punibilità è appunto subordinata al venire in rilievo di una condizione esterna al
fatto che non dipenda dal soggetto allora si tratta di una condizione obiettiva di punibilità.
Sono appunto condizioni esterne al fatto alla quale l’ordinamento per ragioni pratiche di
opportunità sceglie di subordinare la punibilità del soggetto.
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Le cause di non punibilità in senso stretto
Dalle condizioni obiettive di impunibilità si distinguono le cause di impunibilità in senso stretto che
sono quelle che escludono solo l’effetto della punizione anche se il reato è realizzato al completo
dei suoi elementi.
Possono esserci vari tipi di cause di non punibilità, ad esempio quelle di carattere personale legate
alle condizioni del soggetto con riferimento al fatto realizzato. Si guardi ad esempio l’art 649 che
prevede la non punibilità con riferimento a molti delitti contro il patrimonio ad esempio il furto
laddove questo furto si è realizzato ai danni di un congiunto. Si fa riferimento al coniuge non
separato, ascendente o discendente affine in linea retta ovvero adottante o adottato o fratello o
sorella convivente. Cioè quando viene in rilievo un furto ai danni di queste persone il fatto non è
punibile. Questo perché secondo l’ordinamento la punibilità di questi fatti potrebbe comportare uno
sconvolgimento per i legami familiari. Quindi l’ordinamento fa la scelta di non ritenere punibili
questi fatti.
Possono esserci anche cause sopravvenute di non punibilità come la desistenza: il soggetto a un
certo punto non termina l’azione e quindi desiste dalla realizzazione del reato. In questo caso la
scelta per ragioni di politica criminale e di opportunità per effettivamente invogliare il soggetto a
non completare l’azione e realizzare dunque il reato, sceglie di non punire il soggetto.
Abbiamo anche delle cause di estinzione del reato e della pena di cui ci occuperemo in seguito.
Cause che fanno riferimento sempre al fatto di reato che può avere una consistenza naturalistica o
giuridica e che comporta come effetto quello della esclusione della pena. Abbiamo sempre un fatto
reato perfetto ma non si applica la pena appunto al venire in rilievo di queste cause esterne. La
disciplina delle cause di non punibilità si tratta di condizioni che si possono applicare al solo
soggetto quindi nel caso di concorso di persone secondo la disciplina dell’art. 119 queste cause
non si possono estendere agli altri concorrenti. Si possono applicare solo con riferimento al
soggetto rispetto alle quali vengono in rilievo. E poi le cause di non punibilità non operano
oggettivamente, non hanno la stessa disciplina delle cause di giustificazione che sono elementi del
fatto. Dunque l’errore sulla causa di non punibilità in senso stretto non produce lo stesso effetto
sull’errore della causa di giustificazione secondo la disciplina dell’articolo 59. L’errore sulla causa
di non punibilità in senso stretto non esclude dunque il dolo

Spunti di riflessione: le condizioni obiettive di punibilità fanno parte della struttura del reato?

LE CAUSE DI ESTINZIONE DEL REATO E DELLA PENA


Abbiamo detto che si tratta di cause che attengono sempre soltanto alla punibilità. Quindi il reato è
perfetto tuttavia all’intervento di queste cause di estinzione non si applica la pena.
Possiamo avere diversi tipi di causa di estinzione del reato e della pena. Innanzitutto si tratta di far
riferimento all’effetto che ha la causa di estinzione sulla punibilità perché si può intendere la causa
di estinzione secondo un duplice profilo, cioè la causa di estinzione può:
-escludere la punibilità in astratto
L’escludibilità in astratto si dice “esclude il reato”. Viene in rilievo una causa di esclusione della
punibilità in astratto e dunque una causa di estinzione del reato laddove non sia ancora intervenuta
una sentenza penale irrevocabile di condanna. Quindi laddove il fatto non è stato ancora giudicato
con sentenza irrevocabile può essere estinto soltanto con riferimento a determinate cause che

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sono appunto le cause di estinzione del reato. Le cause che escludono la punibilità in astratto, e
dunque cause di estinzione del reato, sono
 la remissione di querela laddove venga in rilievo un reato procedibile a querela; chiaramente si
può procedere solo laddove la persona offesa che ha esposto querela, se rimette la querela il
reato si estingue.
 oblazione nelle contravvenzioni prevista nell’articolo 162. Questa è una causa di estinzione che
può essere applicata solo alle contravvenzioni che sono punite solo con la pena dell’ammenda.
Quindi solo con la pena pecuniaria. SI può estinguere il reato solo se si paga la somma diminuita
prevista appunto dall’art. 162 e in questo caso si ha una sorta di oblazione obbligatoria cioè alla
quale il giudice è obbligato ad ammettere il soggetto che la richiede.
Quindi il soggetto nei casi di oblazione deve pagare prima dell’apertura del dibattimento una
somma corrispondente alla terza parte del massimo della pena.
Abbiamo poi un’oblazione facoltativa nel caso in cui per la contravvenzione è prevista la pena
alternativa dell’arresto o dell’ammenda, in questo caso il giudice può decidere se ammettere o
meno la oblazione come causa di estinzione del reato.
 perdono giudiziale per i minori laddove venga in rilievo una pena non superiore ai due anni
oppure il non luogo a procedere per irrilevanza del fatto oppure un esito positivo legato alla messa
in prova. Ma queste sono appunto misure riconosciute soltanto a favore dei minori.
L’effetto della causa di estinzione della punibilità in astratto è dunque importante perché non solo
si esclude la pena principale. Si escludono anche le pene accessorie e le misure di sicurezza. Può
rimanere soltanto l’applicazione della misura di sicurezza patrimoniale della confisca. Quando
vengano in rilievo beni la cui natura è intrinsecamente criminosa. Rimane anche il problema delle
obbligazioni civili derivanti da reato la cui applicazione appunto permane.
Abbiamo visto quelle che possono essere causa di esclusione della punibilità in astratto
Esse sono:
 la remissione di querela
 l’oblazione nelle contravvenzioni
 il perdono giudiziale per i minori

Abbiamo poi le cause di estinzione della punibilità in astratto e in concreto.


ASTRATTO
Con ciò si vuole intendere una categoria di cause di estinzione che a seconda che intervengano
prima della sentenza di condanna o dopo la sentenza di condanna possono estinguere il reato o la
pena. Queste sono :
 la morte del reo perché se il reo muore prima della sentenza di condanna si realizzerà una
causa di estinzione del reato. Se il reo muore dopo la sentenza penale di condanna si
determinerà una causa di estinzione della pena.
 Amnistia
 Prescrizione che è quella causa di estinzione che si determina laddove al passare del
tempo l’ordinamento perde interesse a perseguire un determinato fatto. Salvo che si tratti di
fatto punito con l’ergastolo perché i reati puniti con l’ergastolo sono imprescrittibili. Laddove
venga in rilievo la prescrizione prima della sentenza penale irrevocabile la prescrizione
estinguerà il reato. Dopo la sentenza penale irrevocabile estinguerà effettivamente la pena
CAUSE DI ESTINZIONE DELLA PUNIBILITA’ IN CONCRETO
80
Sono cause che incidono soltanto sulla pena. Dunque intervengono sempre e soltanto dopo la
sentenza penale irrevocabile. Queste sono:
 La sospensione condizionale della pena prevista dall’articolo 163 e si ha quando nel
pronunciare sentenza di condanna alla reclusione e all’arresto per un tempo non superiore
a due anni si è ammessi alla sospensione condizionale.
Quindi per questi reati puntiti con una pena non superiore a due anni si può essere ammessi alla
sospensione condizionale che dura appunto 5 anni per i delitti e 2 anni per le contravvenzioni e per
questo periodo se il soggetto non realizza nuovi reati la pena sarà estinta.
Abbiamo poi cause di sospensione della pena di carattere premiale che sono indulto e grazia
come vero e proprio provvedimento di clemenza.
Abbiamo poi previsto dall’articolo 173 l’estinzione delle pene dell’arresto per decorso del tempo e
la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale
Infine abbiamo la liberazione condizionale, che è un’altra causa di estinzione della sola pena
Riabilitazione prevista dall’articolo 178. Prevede che vengano estinte le pene accessorie ed ogni
altro effetto penale della condanna. Quindi la riabilitazione non incide sulla pena principale. Non
estingue la pena principale ma soltanto la pena accessoria e altri effetti penali della condanna.

Spunti di riflessione: qual è la differenza tra le cause di estinzione del reato e della pena?

LE MISURE DI SICUREZZA
Appunto perché il nostro ordinamento è un ordinamento a doppio binario. Secondo le indicazioni
costituzionali dell’articolo 25 nel nostro ordinamento è prevista la pena per il fatto di reato e la
misura di sicurezza per la pericolosità dell’agente. Cioè noi abbiamo questi strumenti che sono le
misure di sicurezza che hanno un’efficacia di difesa sociale nei confronti del soggetto pericoloso. E
dunque fanno riferimento a scopi diversi da quelli della pena. Anche se la misura di sicurezza è
applicata e ravvisata con riferimento alla pericolosità del soggetto che può rinvenirsi sia con
riferimento alla persona e avremo a tal proposito le misure di sicurezza personali. O con
riferimento alla cosa e avremo a tal proposito misure di sicurezza patrimoniali.
Però è anche vero che le misure di sicurezza anche se legate a questo aspetto della pericolosità
nel nostro ordinamento hanno anche un contenuto afflittivo, anche perché sono applicate in alcuni
casi come vedremo, insieme alla pena. Cioè allo scadere della pena si può e si deve applicare la
misura di sicurezza laddove venga in rilievo appunto la pericolosità del soggetto. E questo sistema
è chiaramente caratterizzato da un forte contenuto di carattere afflittivo.
Presupposti delle misure di sicurezza:
Innanzitutto deve venire in rilevo un:
 reato o quasi reato
Si tratta di reati quelli accertati come tali. Il quasi reato sono due ipotesi previste dall’ordinamento
all’articolo 49 e 115. L’art 49 già l’abbiamo visto. Il reato possibile cioè quando l’azione è inidonea
a realizzare l’evento dannoso o pericoloso. Quindi anche in questo caso che come abbiamo visto
fa riferimento a una inidoneità giuridica perché non si realizza l’offesa tipica; tuttavia l’ordinamento
se sussiste il requisito della pericolosità può prevedere l’applicazione della misura di sicurezza.
Anche con riferimento al 115 l’accordo che di per se non è punibile però può essere applicata la
misura di sicurezza.
 pericolosità del soggetto
81
Come si accerta la pericolosità del soggetto? Altro requisito di applicazione della misura di
sicurezza. L’art. 203 stabilisce che il soggetto è pericoloso quando è probabile che commetta altri
delitti. Per effettuare questo accertamento si tratta anche di invocare i contenuti che abbiamo visto
già dell’art. 133 con riferimento alla capacità a delinquere prevista al secondo comma del 133.
Noi abbiamo visto che i requisiti del 133 sono i requisiti che consentono al giudice di commisurare
la gravità del fatto per fissare la pena base. Ecco, dal punto di vista delle capacità a delinquere e
attraverso un giudizio diverso che è un carattere prognostico sulla pericolosità dell’agente. Ebbene
questi contenuti espressi dal secondo comma del 133 possono anche utilizzarsi nella prospettiva
diversa relativa alle misure di sicurezza con riferimento all’accertamento della pericolosità del reo e
dunque vengono in rilievo tutti questi aspetti: motivi a delinquere, carattere, precedenti, la vita ante
atta e le condizioni familiari.
Quindi in questo senso la capacità a delinquere può essere intesa in questa duplice prospettiva.
Per la commisurazione della pena base come indice della gravità del fatto.
Come contenuti che indicano la pericolosità del soggetto come presupposto dell’applicazione della
misura di sicurezza.
La disciplina delle misure di sicurezza rileva dal punto di vista:
 dall’applicazione
 dell’esecuzione
 della durata
 della revoca

Si applicano le misure di sicurezza al momento dell’esecuzione quindi non valgono i principi


dell’art. 2 anche con riferimento alla retroattività della legge più favorevole. E’ eseguita con
sentenza di condanna o di proscioglimento con provvedimento successivo. Non è fissata una
durata massima. E’ fissata solo una durata minima rispetto alla quale poi si tratta di accettare poi
se persistono le ragioni della pericolosità; se persistono si continua ad applicare la misura
altrimenti viene revocata dal magistrato di sorveglianza.
Distinguiamo le misure di sicurezza personali detentive che sono la colonia agricola e la
casa di lavoro per il delinquente abituale, professionale e per tendenza.
La casa di cura e di custodia per i semi imputabili.
L’ospedale psichiatrico giudiziario per i non imputabili con riferimento appunto per infermità
psichica oppure perché in stato di cronica intossicazione da alcol o da stupefacenti.
Il riformatorio giudiziario per i minori.
- misure di sicurezza personali non detentive che sono la libertà vigilata, il divieto di soggiorno, il
divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcoliche e infine l’espulsione e
l’allontanamento dello straniero
- le misure di sicurezza patrimoniali che hanno una durata perpetua e sono di due tipi: 1. O la
cauzione di buona condotta prevista dall’art. 237 che prevede appunto il versamento di una
somma alla cassa delle ammende e se il soggetto entro un determinato periodo di tempo non
risulta più pericoloso allora la somma può essere restituita. 2. Confisca prevista dall’articolo 240.
Questa è un’ipotesi molto importante. Si distingue tra la confisca facoltativa e obbligatoria. E’
facoltativa quando riguarda il prodotto e il profitto del reato. Quella obbligatoria invece riguarda il
prezzo del reato oppure la confisca di cose intrinsecamente criminose.

82
Noi abbiamo diverse forme di confisca nel nostro ordinamento. Alcune hanno un contenuto
strettamente afflittivo e quindi vengono in rilievo come pena e devono essere considerate dunque
diversamente rispetto alla disciplina delle misure di sicurezza.
Altre conseguenze sanzionatorie:
- obbligazioni civili derivanti da reato. Secondo l’art. 185 infatti il reato comporta la restituzione e il
risarcimento del danno secondo i principi previsti dalla normativa civilistica.

***Spunti di riflessione: Quali sono i presupposti per l’applicazione della misura di sicurezza?**

Lez. 10 LA RICOSTRUZIONE DELLA FATTISPECIE DI PARTE SPECIALE


Argomenti:
 gli elementi costitutivi dell'illecito penale
 la ricostruzione del fatto materiale
 la ricostruzione dell'elemento psicologico
 l’applicazione della pena

GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DELL'ILLECITO PENALE


L'importanza della tema che affronteremo oggi è proprio quello di stabilire una connessione
rispetto ai principi affrontati studiati dal punto di vista della parte generale del Codice Penale per
portarli alla parte speciale.
La parte speciale ampiamente Intesa si compone di tutte quelle specifiche fattispecie incriminatrici
che costellano l'ordinamento penalistico. Abbiamo sicuramente una gran parte di reati previsti
proprio nel codice penale che appunto dopo i principi generali prevede singole figure criminose
sistematizzate per bene giuridici.
La scelta che è stata fatta dal legislatore con il codice del 1930 è stata quella di sistematizzare
questi beni giuridici dal più importante per come era inteso all'epoca al meno importante, partendo
dei beni sopra individuali quindi di carattere statuale per poi passare ai beni dell'individuo, prima
quelli personali (vita incolumità) e poi per finire con il patrimonio.
Questa è la sistematizzazione delle fattispecie criminose nel codice penale ma l'ordinamento
penalistico anche altre fattispecie criminose che sono previste in leggi complementari pensiamo
alla materia degli stupefacenti, pensiamo alle ai reati fallimentari ma anche in altri corpus
normativi. I reati societari sono previsti nel codice civile. Anche questa diversità di fonti dunque che
caratterizza l'ordinamento penalistico però non fa venir meno la rapporto che esiste tra i principi
generali che valgono sempre rispetto a tutte le fattispecie criminose sia che queste sono contenute
nel codice sia che siano contenute in altre fonti normative, in altre leggi di diversa collocazione.
Quindi è fondamentale per l'interprete nel momento in cui legga, ricostruisca, interpreti una
fattispecie incriminatrice richiamarsi a i principi generali e oggi cercheremo di richiamare questi
principi generali però solo nella prospettiva dell'interprete che si trovi a ricostruire la fattispecie
incriminatrice, proprio partire dagli elementi costitutivi.
Elementi costitutivi dell’illecito penale
Ogni fattispecie incriminatrice si caratterizza per elementi costitutivi generali ed elementi costitutivi
speciali.

83
Gli elementi costitutivi generali sono quelli che esistono sempre. Sono essenziali in mancanza di
questi la fattispecie incriminatrice speciale non si può configurare.
Gli elementi costitutivi speciali sono quelli che caratterizzano le singole figure ma non sono sempre
presenti. si rinvengono in alcune fattispecie ma non in altre. Diciamo sono gli elementi peculiari
delle specifiche fattispecie. Possono essere intesi e interpretati a seconda della fattispecie che si
ha di fronte.
Gli elementi costitutivi generali essenziali possono avere consistenza:
- materiale: evento, condotta, nesso di causalità
- psicologica: dolo, colpa
- si sostanziano nell’assenza di cause di giustificazione
Questi sono gli elementi la cui portata si analizza studiando la parte generale del Codice
Penale ma la cui esatta identificazione deve avvenire nel momento in cui l'interprete si trovi di
fronte la specifica fattispecie. Es. 575 omicidio, 624 furto, 640 truffa. A seconda della
fattispecie l'interprete nel momento in cui legga la norma dovrà rinvenire questi elementi cioè
dal punto di vista materiale dovrà rinvenire innanzitutto l'evento e poi la condotta e stabilire un
nesso tra la l'evento e la condotta. Perché dico evento? Perché molti ritengono che il reato si
ricostruisca a partire dalla condotta cioè dall' azione od omissione possono essere dal soggetto
che appunto è causa dell'evento. In realtà dal punto di vista logico per comprendere il
significato del fatto proprio alla luce del principio di materialità, offensività e vedere quello che è
successo concretamente e quale bene è stato offeso concretamente. Dal punto di vista da
parte della dottrina il punto di partenza logico preferibile è proprio l'evento cioè a partire da
quello che è il dato di modificazione del mondo circostante. Dall'evento si dovrà dunque
stabilire un nesso rispetto a una condotta, un agire dell'uomo proprio come base dell’ascrizione
della responsabilità attraverso appunto lo studio del dell'Istituto del nesso di causalità.
Dal punto di vista psicologico il reato si attribuisce al soggetto in via di principio a titolo di dolo.
Quindi ogni fattispecie di parte speciale quando parliamo naturalmente di delitti è attribuita in
via di principio a titolo di dolo, salvo una espressa previsione che preveda la responsabilità
colposa. Se non vi è un'espressa previsione in senso di riconoscere la responsabilità colposa,
il reato sarà senz'altro doloso. Nella ricostruzione poi degli elementi costitutivi generale cioè
quelli che devono rinvenirsi sempre nella struttura del reato affinché di reato, di fattispecie
incriminatrice si possa parlare, si deve anche accertare l'assenza di causa di giustificazione
cioè di situazioni legittimanti il fatto.
Accanto agli elementi costitutivi generali come ho già anticipato abbiamo gli elementi costitutivi
speciali:
- materiali: ad esempio l'evento ingiusto profitto nella truffa (art.640 c.p.)
Gli elementi speciali sono appunto quelli che si rinvengono nelle specifiche figure criminose
e che le caratterizzano in un certo senso ad esempio nella truffa all'evento consumativo c'è
quello che Identifica il perfezionamento della fattispecie è l'ingiusto profitto. Il profitto è
dunque qualificato da un'ingiustizia ma non sempre il profitto è qualificato in tal senso. Nel
caso del 640 si. Come altro elemento particolare che specializza la fattispecie di truffa è la
sussistenza di una sorta di evento intermedio che è caratterizzato dalla induzione in errore
della vittima cioè noi abbiamo una condotta, artifizi e raggiri che porta un’induzione in
errore della vittima che appunto definisce un evento intermedio da cui deriva l'evento di
ingiusto profitto con altrui danno. Quindi abbiamo dei passaggi particolari e in particolare
84
abbiamo oltre a questa qualificazione in termini di ingiustizia del profitto abbiamo anche un
evento intermedio che è l’induzione in errore della vittima che è un elemento peculiare della
truffa e che ritroviamo solo in questa fattispecie. Un momento autonomo di evento
intermedio non si rinviene in altre fattispecie e quindi in questo senso si considera un
elemento costitutivo speciale cioè che riguarda solo quella fattispecie. un altro elemento
costitutivo speciale che è qua parliamo ovviamente di specialità rispetto all'evento si può
avere anche rispetto altri elementi oggettivi come la condotta. Pensiamo nella fattispecie di
concussione 317 del Codice Penale abbiamo un abuso della qualità e dei poteri. L'abuso
rappresenta una sorta di qualificazione della Condotta che caratterizza proprio questo
reato. Si definisce la parte della dottrina questa qualificazione come una sorta di clausola di
anti doverosità speciale cioè come se un dovere particolare si venga violato e si valorizzi
questo particolare dovere che è posto in capo al soggetto che rileva ai fini del 317. Ma
questo è appunto elemento specializzante particolare di questa fattispecie. Quindi nel
momento in cui l'interprete si trova a interpretare una fattispecie incriminatrice deve porsi
subito questo problema. Innanzitutto quali sono gli elementi essenziali ossia evento,
condotta, nesso di causalità e subito l'interprete deve attivarsi nel rinvenire questi elementi.
Poi in un secondo momento dovrà porsi il problema: Ci sono degli elementi peculiari che
caratterizzano la fattispecie che ho di fronte? Se ci sono ad esempio nel caso della truffa
abbiamo detto di sì, ci sono particolari elementi cioè l'ingiustizia del profitto, della presenza
di un evento intermedio che a induzione in errore della vittima e questi devono essere
isolati e compresi nella loro portata. Se noi guardiamo ad esempio alla fattispecie di
concussione abbiamo detto abbiamo una specialità dal punto di vista del presupposto della
condotta cioè un abuso della qualità e del potere. Quindi la corretta operazione che deve
realizzare l'interprete è proprio nel senso di mettere in ordine tutti questi momenti.
- psicologici hanno una consistenza soggettiva. Pensiamo ad esempio alla presenza di
un dolo specifico che caratterizza la fattispecie di falso in bilancio (art.2621 c.p.). Dolo
specifico è presente anche nella fattispecie di furto 624 in tante altre fattispecie. Quindi in
via di principio come elemento costitutivo generale abbiamo detto vi è la forma soggettiva
del dolo, salvo che non sia prevista la colpa. Poi rispetto a particolare figura particolare
figura incriminatrice abbiamo delle qualificazioni di questo dolo in termini proprio di
elemento speciale. Può essere appunto un dolo specifico allo scopo di trarre profitto nel
furto o ingiusto profitto nel falso in bilancio. Può essere anche pensiamo alla fattispecie di
abuso ufficio articolo 323 in cui si fa riferimento all’avverbio ‘’intenzionalmente’’ li
definisce appunto Il Dolo dal punto di vista di intenzionalità, è richiesto un Dolo
intenzionale ma questo è un dato peculiare speciale che caratterizza appunto la
fattispecie di abuso d'ufficio e non si rinviene in altre fattispecie.
***Spunto di riflessine: Quali sono gli elementi che definiscono la figura incriminatrice speciale? ***
Abbiamo visto sono di due tipi di due categorie sono quelli Generali essenziali che devono esistere
rispetto a qualsiasi figura criminosa speciale e ci sono altre che invece si rinvengono rispetto alle
specifiche fattispecie e la cui portata la cui consistenza deve essere compresa dall'interprete.
RICOSTRUZIONE DEL FATTO MATERIALE
Elemento materiale:
- evento (naturalistico e giuridico)
- condotta attiva o inattiva (reato di omissione)
85
- nesso di causalità
Il fatto materiale dal punto di vista della sua struttura, l'abbiamo già anticipato trattando degli
elementi costitutivi generali è innanzitutto rappresentato dall’evento.
Evento che conosciamo dallo studio della parte generale è inteso in due modi:
- in senso naturalistico e in senso giuridico.
Abbiamo poi la condotta attiva o inattiva (reato di omissione) e infine il nesso di causalità.
Dal punto di vista della ricostruzione dell'evento naturalistico e giuridico parte della dottrina ritiene
che alcuni reati non abbiano un evento naturalistico. Che cos'è l'evento naturalistico? E’ la
modificazione del mondo circostante, empiricamente afferrabile. Nel caso dell'omicidio è il
rinvenimento di un corpo morto, nel caso del furto è il fatto che sparisca una cosa mobile.
Chiaramente in alcune categorie di reati si dice questa modificazione del mondo esterno non
sarebbe percepibile. Si dice nei reati di mera condotta cioè in quelli che si risolverebbero soltanto
nella realizzazione di un'attività senza che la legge, la fattispecie incriminatrice specifichi la
conseguenza. Prendiamo ad esempio la fattispecie di evasione articolo 385 del Codice Penale in
cui si sanziona il fatto stesso dell'evasione cioè il soggetto che evada dalle Mure carcerarie. In
realtà si dice in questo caso qual è l'evento? Non c'è nessun risultato rispetto a questa attività.
Parte della dottrina critica questo punto di vista ritenendo invece che una modificazione del mondo
circostante ci sia comunque. Appunto deve essere compresa interpretativamente. Prendiamo
sempre il caso dell'evasione è chiaro che un soggetto che esce dalle mura carcerarie, l'effetto sarà
quello del soggetto non più presente all'interno del carcere ma evidentemente ormai presente
all'esterno. Quindi se anche la legge non specifica la conseguenza di una determinata attività, di
una determinata condotta ciò non significa che un evento naturalistico non ci sia.
Quello che deve sempre necessariamente esserci e questo nessuno lo mette in discussione
invece è l'evento in senso giuridico perché nell' evento in senso giuridico richiede l'offesa al bene
giuridico cioè in termini di danno o di pericolo e dunque è il contenuto stesso del principio di
offensività che è principio cardine dell'ordinamento penalistico. Quindi se anche si dice sì anche
mancanza di un evento in senso naturalistico però l'offesa o in termini di danno o in termini di
pericolo al bene giuridico deve sempre esserci.
Dal punto di vista dell' evento in senso naturalistico e giuridico, proprio quanto già detto con
riferimento al dibattito che sussiste tra coloro che ritengono che possa non esserci l’evento in
senso naturalistico e essendo anche sempre presente quello in senso giuridico va ribadito come
rispetto alle singole fattispecie che l'interprete si trova di fronte, si può anche rinvenire un effetto
della Condotta anche se quest'effetto talvolta non è appunto considerato elemento essenziale
della fattispecie.
Prendiamo appunto i reati di pericolo cioè quei reati cosiddetti a tutela anticipata in cui non è
necessario che si realizzi un evento di danno ma basta appunto che si realizzi una sorta di messa
in pericolo del bene giuridico. Tra questi possiamo ricordare richiamare (ricordate il tentativo che
abbiamo visto) la fattispecie di false comunicazioni sociali, di falso in bilancio, la fattispecie prevista
dall’arti. 2621 del c.c. in questa attuale formulazione della fattispecie ciò che rileva è l'esposizione
di dati falsi nel documento nel bilancio in modo completamente idoneo da indurre in errore appunti
i soci o il pubblico. Quindi non è necessario che da questa esposizione derivi un danno dal punto
di vista della fattispecie incriminatrice ma ciò non significa che non vi sia un effetto della condotta
di falsa esposizione. Naturalmente nel caso dell’esempio del falso in bilancio, nel caso della
esposizione falsa il dato bilancistico che risulta dalla condotta della corretta esposizione di fatti
86
materiali è l'evento naturalistico cioè nel momento in cui dispongo fatti falsamente terminati in
bilanci, il dato bilancistico che risulta sarà falsato e questo è un dato materialmente concretamente
percepibile non ci sono dubbi. Poi accanto a questo momento abbiamo detto si tratta di accertare
l'evento in senso giuridico cioè il fatto che appunto l'esposizione falsa sempre facendo l'esempio
dell' articolo 2621 del codice civile produce un'offesa al patrimonio societario in termini pericolo
concreto cioè il fatto che espongo un dato falso anche se non è necessario che da questa
esposizione derivi un danno concretamente però ciò che è importante è che comunque, rispetto
all'attuale formulazione articolo 2221, vi sia un'offesa in termini di pericolo.
Questo perché, sto richiamando le nozioni di parte generale, l'offesa rilevante per il nostro
ordinamento e sia quella di danno che quella di pericolo. Può bastare anche l'offesa di pericolo.
La condotta invece in senso attiva e inattiva si può ricostruire o dalla specifica fattispecie
per come descritto oppure sulla base di un ragionamento che porta al considerare la clausola
estensiva del 40 secondo comma e poi come abbiamo già ricordato poc'anzi è necessario
approfondire studiare il nesso di causalità.
La condotta può essere descritta specificamente dalla fattispecie incriminatrice. Pensiamo ancora
una volta alla fattispecie di truffa in cui viene descritta in maniera dettagliata la modalità della
Condotta. Infatti l'articolo 640 fa riferimento agli artifizi e raggiri cioè il fatto deve essere realizzato
in modo tipico rispetto a queste condotte tipiche e quindi l'interprete deve accertare che la condotta
corrisponda alla tipologia descritta dalla legge. In altri prendiamo ancora una volta la fattispecie di
omicidio 575 del Codice Penale, in questo caso la legge non definisce le modalità della Condotta.
Infatti stabilisce che chiunque cagiona la morte di un uomo, stabilendo dunque un cosiddetto reato
a forma libera cioè un reato che si può realizzare con le modalità più disparate. All'ordinamento
non interessa in che modo soggetto cagioni la morte di un uomo ciò che rileva è che appunto
l'effetto cioè l'evento morte sia realizzato.
Quindi a seconda della tipologia della fattispecie incriminatrice possiamo incontrare una condotta
tipizzata e definita particolarmente, e una condotta invece libera cosiddetta a forma libera.
Ciò accade anche rispetto ai reati omissivi in cui, in particolare abbiamo la figura dell'omissione
propria: quella condotta omissiva è definita come tale dalla particolare fattispecie criminosa.
Prendiamo ad esempio l'articolo 328 Omissione di atti d'ufficio ma anche la fattispecie di omissione
di soccorso cioè sono fattispecie in cui lo stesso legislatore definisce l'omissione rilevante e quindi
definisce i termini della condotta omissiva. Questo processo interpretativo ovviamente è meno
complesso rispetto al caso in cui nel terzo che si trovi di fronte la figura della omissione impropria.
in questo caso la rilevanza della condotta omissiva risulta dal combinato disposto della norma
incriminatrice speciale dell'articolo 40 comma 2 del Codice Penale. Anche qua richiamo una
nozione di parte generale appunto la figura estensiva del 40 secondo comma che equipara al
cagionare un evento la posizione del soggetto che in violazione di un obbligo giuridico ometta di
intervenire. Quindi possiamo fare l'esempio del medico di un obbligo giuridico dal punto di vista
della salvaguardia del bene vita non intervenendo alla salvaguardia di questi beni cagioni la morte
del paziente. In questo caso abbiamo una piena equiparazione della posizione del soggetto che
causi attivamente, ad esempio attraverso un'iniezione letale e il soggetto appunto sempre medico
che non appresti le cure necessarie per salvare la vita o l'incolumità del soggetto. In questo caso a
differenza che nella categoria della omissione propria, in cui l'omissione è definita dalla legge,
l'interprete deve fare un processo appunto di ricostruzione del fatto e quindi sempre con il
‘’cammino del gambero’’, partire dall'evento e stabilire da condotta. Nel momento in cui l'interprete
87
si trova a definire la condotta rilevante nel caso del reato omissivo cosa dovrà fare? Dovrà
innanzitutto stabilire se il soggetto questione sia titolare di un obbligo giuridico di impedimento
dell'evento. Per esempio anche alla figura della madre che ha un obbligo di impedimento di eventi
dannosi ai danni del proprio figlio che laddove siano realizzati cioè il minore che purtroppo nella si
trovi a perdere la vita in un tragico incidente ci si pone subito il problema se i genitori cioè Coloro
che sono titolari di un obbligo di quell'evento abbiano rispettato questo obbligo. In mancanza del
rispetto di questo obbligo, quindi essendo tali soggetti titolari di obbligo giuridico laddove si
determina un'alterazione di questo obbligo si attribuirà quell'evento con il meccanismo appunto del
40 secondo comma per il quale cagionare attivamente equivale al violare l'obbligo giuridico di
impedimento. Quindi rispetto alle specifiche figure che vengono in rilievo si dovrà ricostruire, da
parte dell'interprete la vicenda concreta.
Dal punto di vista del nesso di causalità:
 occorre accertare che la condotta attiva o inattiva sia stata condizione essenziale
dell'evento
 il nesso di causalità va escluso quando si ha la conseguenza di un fatto
eccezionale. Dunque laddove intervengo fattore eccezionale si dovrà escludere il
nesso di causalità.
**Spunto di riflessione. Se l'evento in senso naturalistico è elemento essenziale****
Ecco diciamo questa domanda un po' problematica. A mio avviso si, è elemento essenziale anche
se va precisato che per alcuni interpreti l'elemento naturalistico non è sempre presente. Quindi da
un punto di vista teorico è giusto conoscere anche questo punto di vista.
RICOSTRUZIONE DELL'ELEMENTO PSICOLOGICO
Dolo
Abbiamo detto che in via di principio per i diritti Il dolo è il titolo di atteggiamento psicologico
previsto dalle fattispecie incriminatrici.
Occorre distinguere naturalmente la specifica figura di dolo rilevante per la particolare fattispecie
criminosa.
Prendiamo ad esempio l'articolo 323 del codice penale che prevede la figura del ‘’dolo
intenzionale’’ Quindi in via di principio c'è sempre il dolo, questo dolo può essere qualificato come
elemento speciale nei termini di intenzionalità.
Oppure possiamo rinvenire la presenza di un dolo specifico che indica una finalità ulteriore rispetto
all'evento materiale cioè una finalità che si deve realizzare psicologicamente ma non è necessario
che si realizzi concretamente, materialmente. Quindi il fine di trarre profitto nel furto appunto non è
necessario che si realizzi concretamente
Colpa
Diversamente con riferimento alla colpa abbiamo detto deve essere espressamente prevista e ove
sia espressamente prevista si dovrà accertare secondo i canoni di accertamento della colpa.
Es nel 589 omicidio colposo il riferimento appunto la responsabilità colposa fa sicché l'interprete
può appunto ascrivere l'evento anche a te colpa però sulla base di un ragionamento che porta
Innanzitutto a rinvenire la violazione di una regola cautelare perché qua appunto richiamo una
nozione generale come sappiamo la colpa può essere di due tipi o per negligenza imprudenza
imperizia colpa generica oppure specifica per violazione di leggi regolamenti ordini o discipline, ma
in ogni caso si rinviene la violazione di una regola cautelare. Questa regola cautelare può essere o
scritta nel caso di colpa specifica oppure non scritta nel caso della colpa generica. Diciamo non
88
scritta, non formalizzata. Quindi l'interprete che dovrà accertare la colpa secondo i principi
generali, dovrà accertare la violazione regola cautelare e poi il contenuto eminentemente
soggettivo della colpa che è caratterizzato, che si integra nella prevedibilità dell'evento e questo
dovrà essere assolutamente accertato autonomamente.
*****Spunto di riflessione: In cosa consiste l'elemento psicologico del reato? ***
Sappiamo dunque dolo o colpa se espressamente prevista e anche con riferimento al dolo
sappiamo che può essere previsto un elemento speciale laddove sia previsto dalla fattispecie.
APPLICAZIONE DELLA PENA
Dal punto di vista del principio che governa l'ordinamento penale vige un principio di inderogabilità
della pena cioè vige come principio quello per il quale ogni reato dovrebbe conseguire la pena.
Tuttavia vi sono delle deroghe e sono:
- la esistenza di condizioni obiettive di punibilità cioè di condizione che si danno
oggettivamente. Sono esterne al fatto di reato ma rispetto alle quali si condiziona
all'applicazione della pena.
- Cause di non punibilità in senso stretto
- Cause di estinzione (del reato o della pena)
Quindi vi sono situazioni nelle quali l'ordinamento, per ragioni di opportunità, ritiene nonostante il
reato sia perfezionato in tutti i suoi elementi però di non applicare la pena.
Diciamo che nella lezione di oggi in cui ci occupiamo di ricostruire le fattispecie incriminatrici nei
loro elementi essenziali la deroga che noi interessa più da vicino è quella che riguarda le
condizioni obiettive di punibilità perché sono condizioni che vengono stabilite dal legislatore interna
alla stessa fattispecie incriminatrice e che dunque devono essere comprese. Bisogna capire se
effettivamente queste condizioni quando l'interprete si trova a interpretare la norma, si possano
configurare.
Mentre con riferimento alle altre cause di non punibilità, addirittura di estinzione queste sono
appunto figure che si valutano in senso più ampio nel momento in cui si analizza il fatto concreto
ampiamente inteso. Condizioni obiettive di punibilità dunque possono essere quelle previste ad
esempio con riferimento ai reati fallimentari. La sentenza di fallimento adesso dopo la riforma della
materia fallimentare trasformata in liquidazione giudiziale è considerata comunque come
provvedimento, una condizione obiettiva di punibilità Cioè in mancanza di questo provvedimento
giudiziale non può scattare il reato fallimentare. Oppure anche in passato rispetto alla formulazione
del falso in bilancio precedente alla Riforma 2015, l'esistenza di soglie di punibilità, laddove non si
supera un certo valore come danno del falso in bilancio non si interveniva penalisticamente.
Questi elementi, queste condizioni possono dunque rinvenirsi interpretando specifiche fattispecie e
è importante aver presente che sono condizioni obiettive proprio perché sono esterne al fatto sia
dal punto di vista a degli elementi essenziali (evento, condotta, nesso di causalità) ma sia dal
punto di vista del dolo cioè non devono essere coperte dal dolo, sono appunto oggettive.
Ma si possono prevedere appunto laddove il legislatore, l'ordinamento voglia subordinare a
queste condizioni l’intervento della pena.
***Spunto di riflessione: Se alla commissione di un reato consegue sempre una pena?
Diciamo in via di principio si, con alcune eccezioni soprattutto quando guardiamo la struttura
fattispecie incriminatrice, all'esistenza di condizioni obiettive di punibilità.

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Lez. 11 PRINCIPI GENARALI DEL DIRITTO PENALE DELLE NUOVE TECNOLOGIE
Argomenti:
 Le nuove categorie del diritto penale dell'informatica
 I reati informatici. Dai computer Crime a i cybercrime
 Gli obblighi di tutela degli internet Service provider
 La legge penale nello spazio e i reati informatici

LE NUOVE CATEGORIE DEL DIRITTO PENALE DELL'INFORMATICA


Il settore del diritto penale dell'informatica che si compone di una serie di fattispecie che sono state
naturalmente introdotte nel tempo nel codice penale hanno naturalmente richiamato categorie che
nell'originario impianto del Codice Penale non potevano essere contemplate e hanno posto
all'attenzione dell'interprete il problema della definizione e soprattutto del riferire categorie
classiche che compongono i principi generali e la struttura del reato a realtà nuove. Pensiamo alla
definizione della stessa nozione di evento o di condotta ma anche al principio di territorialità che
governa il diritto penale rispetto ad attività che appunto si avvalgono di mezzi informatici.
Addirittura pensiamo poi all'utilizzo del Web che porta con sé condotte di differente portata e
sviluppo e soprattutto a una sorta di delocalizzazione e dematerializzazione dei fatti.
Quindi è fondamentale per l'interprete relazionarsi, nel momento in cui si approccia a questa
materia che è quella dei reati informatici, con alcune definizioni di fondo che possono costituire un
punto di riferimento nel ricostruire la materia per intendere che cosa il legislatore abbia voluto
significare con l'utilizzo di determinate categorie. In particolare richiamando le definizioni generali
che sono impiegate nel diritto penale Con riferimento alle fattispecie che si possono raggruppare
definire appunto reati informatici, una nozione fondamentale è quella che deriva dal sistema
informatico o telematico,
HARDWARE Sistema informatico o telematico che è richiamato da molte fattispecie che sono
state introdotte nel nostro sistema dalla L.547/1993 che ha introdotto ipotesi come l'accesso
abusivo al sistema informatico, la frode informatica, il danneggiamento su sistemi informatici e tutte
queste fattispecie, nel richiamare appunto la nozione di sistema informatico e telematico, indicano
proprio il dato del cosiddetto hardware.
In particolare considerando come sistema informatico proprio una nozione coincidente con il
sistema hardware, nel senso di sistema che compie autonome operazioni di elaborazione dati.

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Diversamente con sistema telematico laddove si è richiamato nelle fattispecie in questione si
intende per sistema telematico una trasmissione a distanza di dati che non ha un'autonomia
rispetto a quello informatico.
Accanto a questa definizione del sistema informatico e telematico che sostanzialmente coincide
con quella di hardware abbiamo anche nelle fattispecie in questione il richiamo al SOFTWARE in
particolare rispetto alla menzione di dati, informazioni e programmi. Anche qui fattispecie come il
615 ter appunto nell’accesso abusivo al sistema informatico, nei reati di danneggiamento troviamo
il richiamo al:
 Dato: inteso come registrazione elementare nella memoria del computer
 Programma: inteso come software in senso stretto inteso come sequenza di dati cioè
insieme di dati che vengono in rilievo
 Informazioni: insieme più o meno Vasto di dati organizzati secondo di linguaggi
Diciamo da un punto di vista tecnico, queste definizioni (dato, programma, informazione) sono
considerate delle definizioni sovrapponibili che appunto possono anche considerarsi dei sinonimi.
Tuttavia Soprattutto quando facciamo riferimento all'informazione che potrebbe essere appunto un
sinonimo di dato, semplicemente è diversa la portata dei dati di riferimento.
Tuttavia evidentemente il legislatore ha voluto utilizzare in riferimento a tutti queste diverse nozioni
per evitare qualsiasi dubbio circa la nozione onnicomprensiva di elemento su cui la condotta va poi
ad incidere. Quindi in definitiva nel momento in cui si considera riferimento allegato il programma
di informazione tecnicamente si può far coincidere con la nozione di software e ha un’ampiezza
diciamo omnicomprensiva.
Altre definizioni che vengono in rilievo nella materia in questione dal punto di vista delle fattispecie
rilevanti come reati informatici:
 Operatore di sistema la ritroviamo in molte fattispecie previste appunto nella materia
informatica. Ad esempio nel 615 ter che ho già richiamato, fattispecie di accesso abusivo
al sistema informatico che è stata introdotta nell'ordinamento con la legge del 1993, è
prevista un'ipotesi appunto di aggravamento laddove il fatto sia realizzato da soggetti che
violino doveri inerenti la funzione di un servizio o comunque da soggetto che
abusivamente esercita la professione, che esercita praticamente la professione di
investigatore privato, infine con abuso della qualità di operatore di sistema. Che cosa si
intende dunque per operatore di sistema? Alcuni ritengono che sia addirittura
l'amministratore di un vero e proprio sistema appunto richiamandosi la nozione di ‘’Sistem
Administrator’’. In realtà nell'ottica del legislatore ciò che rileva come dato che aggrava
quella fattispecie è un rapporto di funzionalità che esiste tra l'operatore e il sistema
informativo che nello specifico viene colpito dalle diverse condotte a seconda dei fatti che
rilevano di modo che il soggetto conoscendo la funzionalità di questo sistema riesce a
operare in maniera facilitata e quindi proprio per segnalare questo nesso di funzionalità tra
l'operatore il sistema, di solito si aggravano i fatti laddove questi sono dei utilizzati
dall'operatore di sistema. Quindi sostanzialmente un soggetto che può avvantaggiarsi di
un proprio vantaggio conoscitivo nei confronti del sistema.
 Documento informatico Richiamo la fattispecie di cui all'articolo 491 bis del Codice Penale
che è una fattispecie che definisce proprio nella materia dei falsi, la nozione di documento
informatico. Il 491-bis afferma che se alcune delle falsità previste dal presente capo
riguarda un documento informatico pubblico avente efficacia probatoria si applicano le
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disposizioni seguenti concernenti lo stesso capo. Quindi fa riferimento alla definizione di
documento informatico si intende appunto la rappresentazione di informazioni in formato
digitale e nozione che può non sempre coincidere con quella di supporto informatico ma
che nella quale confluisce comunque la definizione che viene fornita poi
conseguentemente sempre nel codice penale la ritroviamo all'articolo 621, con riferimento
alla fattispecie di rivelazione del contenuto di documenti segreti, al secondo comma la
fattispecie dice ‘’agli effetti della disposizione di cui al primo comma è considerato
documento anche qualunque supporto informatico con informazioni e programmi’’. Quindi
sembrerebbe in questo senso essere una nozione più ampia di quella di supporto
informatico perché il supporto informatico indica appunti dati informazioni e programmi che
abbiamo visto quella di documento informatico sembra avere una consistenza punto con il
richiamo ‘’all’anche’’ che indica appunto una congiunzione, un'aggiunta indicherebbe
appunto che il documento avrebbe una portata, una definizione anche più ampia.
***Spunto di riflessione: Qual è la definizione di sistema informatico dal punto di vista
dell'ordinamento penale?***
I REATI INFORMATICI, IN PARTICOLARE DAI COMPUTERCRIME AI CYBERCRIME.
Iniziamo col trattare dei cosiddetti reati informatici in senso stretto cioè che sono reati in cui un
elemento strutturale è rappresentato dai cosiddetti TIC cioè da elementi che sono
caratterizzati da una tecnologia che sia dal punto di vista dell'informazione che della
dell'informatica, che della comunicazione e sono quindi delitti che hanno come elemento
strutturale un richiamo a questi dati tecnologici di riferimento.
Vi èda dire che l'ambito dei reati informatici è tale per cui si caratterizzano per la tutela di beni
giuridici diversi. Ci sono reati che infatti tutelano dall'ordine pubblico ai beni della persona, alla
libertà, al patrimonio. Ad esempio consideriamo l'articolo 615 ter del Codice Penale accesso
abusivo che quindi tutela la riservatezza, il 335 bis che invece appunto richiama il
danneggiamento e quindi è sempre fattispecie a tutela del patrimonio, così come il 640-ter che
è la fattispecie di frode informatica.
Ma se noi ad esempio consideriamo la fattispecie prevista dall'art.270 del Codice Penale
facciamo riferimento anche alle attività sovversive che in tutti gli articoli che seguono
prevedono anche come modalità quella di appunto utilizzare il mezzo informatico, quindi delitti
posti a tutela dell'ordine pubblico. Quindi in definitiva il sistema dei reati che prevedono come
elemento costitutivo essenziale il richiamo ha dato informatico o tecnologico in senso ampio
sono collocati in diversi settori dell'ordinamento penale e dall'iniziale intervento del legislatore
del 1993 che ha introdotto le prime fattispecie di reati informatici poi sono seguiti naturalmente
altri interventi data l'importanza sempre maggiore che a questa materia nell'ordinamento,
interventi dunque variegati e puntuali che si caratterizzano per la tutela di beni giuridici diversi.
Abbiamo poi reati informatici in senso ampio cioè reati informatici che possono essere
realizzati mediante lo strumento informatico quindi con condotta ad effetti che possono
coinvolgere questi elementi informatici o di comunicazione che fanno appunto richiamo a
questi elementi tecnologici, Cioè si tratta di fattispecie pensiamo alla truffa generale prevista
dall’art.640 del Codice Penale che si può realizzare tanto con il mezzo classico ma anche con
lo strumento informatico, attraverso l'uso addirittura del web. Quindi si tratta di fattispecie che
in via di principio si possono realizzare anche a prescindere dallo strumento informatico ma
che talvolta appunto si possono realizzare anche attraverso lo strumento informatico.
92
Prendiamo ad esempio l’art. 600 quater del codice penale che prevede nell'ambito dei delitti di
pedopornografia sia la fattispecie di pornografia minorile che la fattispecie appunto di
detenzione di materiale pornografico, in cui il richiamo all'uso di materiale appunto che può
essere realizzare anche con il mezzo informatico anche con il mezzo telematico ma non
necessariamente si possono produrre anche documenti cartacei e fotografici, cinematografici.
Quindi si può realizzare il delitto tanto con il mezzo informatico quanto con altri mezzi.
Questo stesso principio si rinviene anche nelle fattispecie che troviamo nel codice della
Privacy appunto a tutela della riservatezza.
Altra definizione che si riscontra nella materia appunto quella relative ai Reati Cibernetici,
reati commissibili quindi nel web.
Abbiamo anche qua una distinzione tra reati cibernetici in senso stretto cioè reati che possono
essere realizzati soltanto con il mezzo del web, soltanto attraverso la rete internet.
In particolare questa valutazione la ritroviamo in quella interpretazione ad esempio della
fattispecie di stalking prevista dall'art.612 bis del Codice Penale che è la fattispecie di atti
persecutori in cui al secondo comma abbiamo un’ipotesi è aggravata proprio laddove venga
utilizzato lo strumento informatico o telematico. Perché allora qua il richiamo all'uso della rete
Internet? Perché da parte degli interpreti si dice questa fattispecie che si sostanzia nella
realizzazione di condotte reiterate di minaccia, di molestia tali da ingenerare uno stato di ansia
e di paura, è chiaro che richiedono l'uso dello strumento telematico deve realizzarsi in modo
talmente invasivo che solo l'impiego della rete e in particolare magari di social riesce arrivare a
questa efficacia pervasiva della Condotta.
La stessa valutazione si rinviene anche con riferimento all'art. 270 appunto quelle fattispecie di
terrorismo contro l'ordine pubblico in cui nel numero quinquies si fa riferimento alla fattispecie
di addestramento alle attività con finalità di terrorismo anche internazionale.
Al secondo comma dice ’’le pene previste dal presente articolo sono aumentate del fatto di chi
addestra o istruisce attraverso strumenti informatici o telematici’’. Anche qua lo strumento
internet lo strumento informatico utilizzato ai fine dell'addestramento deve necessariamente
impiegare la rete telematica quindi il contatto che si può avere con un numero indeterminato di
utenti attraverso sempre lo strumento di social o comunque sicuramente attraverso la rete
web. Quindi sempre in completamento della distinzione ai reati cibernetici, in parallelo con
quello che abbiamo visto per i reati informatici, si possono realizzare anche in senso ampio
cioè si tratta di quelle ipotesi in cui l'uso della rete è possibile ma non è necessariamente
richiesto dalla fattispecie.
A tal proposito il richiamo che si può fare è appunto alla fattispecie prevista dall'art.609 che è
sempre fattispecie prevista a tutela in questo caso dell’adescamento di minorenni, in cui i fatti si
possono realizzare tanto con l'uso del mezzo appunto via web ma anche con altri mezzi di
comunicazione.
*** Spunto di riflessione: Qual è la distinzione tra reati informatici e reati cibernetici?
LA DEFINIZIONE DEGLI OBBLIGHI DELLA TUTELA DEGLI INTERNET SERVICE PROVIDER
In particolare quando parliamo di responsabilità penale degli internet Service provider ne parliamo
di soggetti che nella definizione comune di internet Service provider indica il soggetto che fornisce
servizi nella società dell'informazione, e anche appunto nel web.
Nel nostro ordinamento l'art.17 Dlgs 70/2003 in accoglimento di una direttiva della Comunità
Europea del 2000 sul commercio elettronico indicava appunto con riferimento all' ISP, la
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circostanza che questi soggetti non hanno un vero e proprio obbligo preventivo e dunque
l'impedimento di reati commessi da utenti o da terzi sfruttando i servizi offerti. Nel senso che in
capo a questi soggetti che forniscono servizi a livello appunto anche in internet non è previsto in
capo a questi soggetti un controllo delle attività rese nell'ambito del servizio stesso.
Pensiamo ad esempio appunto alla gestione determinati siti di notizie. di informazioni anche siti
che forniscono servizi di diverso tipo. In capo al soggetto che fornisce questo servizio, non è
previsto al punto di vista legislativo un obbligo di controllo delle attività svolte all'interno del servizio
come obbligo di impedimento di reati che possono essere realizzati.
Quindi rispetto a questi soggetti non sembrano ravvisarsi gli estremi di quello che noi conosciamo
come vero e proprio obbligo di garanzia cioè obbligo di impedimento di reati che fa scattare il
modello previsto dal 40 secondo comma del codice penale che appunto equipara la condotta di
commissione del reato a quella di mancato impedimento laddove vi sia un obbligo giuridico di
impedimento. Tuttavia va rilevato come questo limite legislativo sia visto ormai come un vero e
proprio vuoto di tutela richiedendosi dunque una maggiore attenzione rispetto al ruolo e alla
funzione rivestita degli internet Service provider proprio nell'ottica di ampliare gli obblighi di
intervento. In particolare proprio con riferimento alla giurisprudenza della Corte di Giustizia
dell'Unione Europea con riferimento a un famoso caso Google del 2014 è proprio stato stabilito un
diritto all'oblio che dovrebbe caratterizzare le attività e quindi quanto reso nel web proprio per
evitare che determinate lesioni di interessi rilevanti siano presenti nella rete.
Dal punto di vista comunque della responsabilità dell'internet Service provider è interessante
richiamare alcuni orientamenti della Corte europea dei diritti dell'uomo.
In particolari casi in cui è stata riconosciuta la responsabilità dell'internet Service provider in
particolare:
- Caso KU v.Finlandia (2008) Un primo caso in cui si è riscontrata la responsabilità degli
internet Service provider proprio per violazione del diritto della privacy. In questo caso
appunto la Finlandia non aveva condannato gli internet Service provider che non aveva
reso nota l'identità di un soggetto che all'interno di un per incontri aveva pubblicizzato
l'identità di un minore contro la sua volontà e il fatto che non sia stata segnalata l'identità
del soggetto che ha realizzato questa condotta è stata appunto condannato questo fatto
e quindi in questo senso la condotta degli internet Service providers dalla Corte europea
dei diritti dell'uomo.
- Caso Pirate Bay (2013) Un altro caso di condanna lo abbiamo appunto con riferimento
alla diffusione di materiale cinematografico musicale e quindi la commercializzazione in
contrasto con il Diritto d'autore. Quindi anche in questo caso la mancata condanna
l'internet Service provider è stata censurata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo.
- Caso Delfi v.Estonia Abbiamo poi sempre un altro caso di condanna nei confronti degli
internet Service provider. Quest'altro caso che fa riferimento sempre alla violazione il
diritto alla libertà di espressione con riferimento a un servizio di diffusione di notizie,
alcune con contenuto diffamatorio che appunto non erano state censurate dallo Stato di
riferimento.
Quindi abbiamo una copiosa giurisprudenza che indica proprio una lesione di interessi previsti
dalla Carta Europea dei diritti dell'uomo in particolare questi diritti possono appunto spaziare dal
diritto alla libertà di espressione, al diritto alla privacy e qua Il problema è sempre quello di
bilanciare gli interessi alla diffusione anche della libertà di espressione, diffusione di notizie che
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sicuramente è un interesse rilevante interesse che però va sempre bilanciato con gli interessi ed
alla riservatezza del singolo. In questo senso, l'attenzione della Corte europea dei diritti dell'uomo
si è espressa in maniera molto forte.
Abbiamo un caso significativo che comunque ha invece escluso la responsabilità dell'internet
Service provider
- Corte EDU: Caso RofAnders v.Svezia (2017). In questo caso appunto si è esclusa la
violazione del diritto alla libertà di espressione sempre con riferimento a un servizio di
diffusione di notizie con contenuto diffamatorio. Il fatto che queste notizie non fossero
state prontamente eliminate dall'internet Service provider ma fossero eliminate solo a
seguito di segnalazione del soggetto interessato, non è stata considerata una violazione
comunque dei principi della carta Europea dei diritti dell'uomo. Quindi in questo caso il
l'internet Service provider non è stato condannato quindi non ha avuto condanna.
****Spunto di riflessione: In che termini si può configurare la responsabilità dell'internet Service
provider? ****
LA LEGGE PENALE NELLO SPAZIO E REATI INFORMATICI
Da questo punto di vista richiama nozioni generali che sottendono alla validità della legge penale
nello spazio per come definita nel codice penale.
Nel nostro codice all'art.6 si stabilisce una sorta di principio di territorialità, nel senso che per
stabilire quando si applica la legge del Codice Penale italiano in luogo di una legge appunto di altro
Stato.
L’art.6 stabilisce che la legge italiana si applica laddove nello Stato Italiano si è stata realizzata la
condotta o l’evento. Quindi il principio che viene in rilievo per la definizione della territorialità è
quello appunto della condotta, dell'evento. Accanto a questo principio espresso dall'art.6 del
Codice Penale abbiamo poi altri principi che definiscono questa materia in particolare con
riferimento all'art.7 che definisce quando la legge italiana si applica anche se il reato è commesso
all'Estero. Rispetto all'art.7 e anche agli articoli seguenti 8-9-10 vi sono altri principi che
disciplinano la materia.
In particolare si utilizza anche il principio della difesa cioè si applica la legge italiana laddove data
la pluralità di reati che insieme ai reati politici è opportuno che sia lo Stato Italiano a intervenire, il
principio della personalità attiva cioè quella dell'ordinamento dello Stato di appartenenza del
soggetto che realizza il reato nonché il principio di universalità con una valenza appunto più
generale, sempre dell’applicazione della legge italiana. Allora questi principi generali il problema
che si pone rispetto a reati informatici è quello con riferimento alla materia di reati informatici in cui
si pone problema di definizione del luogo in cui si fissa la condotta, luogo in cui si fissa l'evento,
appunto molto spesso venendo in rilievo fatti frammentati, spezzettati. Pensiamo a un soggetto
che si collega a un provider che si trova in un altro Stato, niente di più facile e queste modalità con
internet sono ormai la prassi. Quindi il problema che si pone dal punto di vista della territorialità è
proprio quello di definire se ci sono principi autonomi che governano la legge penale nello spazio
nei reati informatici.
A tal proposito si possono chiamare conti della Convenzione del Consiglio d'Europa sui
Cybercrime del 2001 che è stata ratificata in Italia dalla L.48/2008 in cui si richiamano sempre i
principi della territorialità e personalità attiva, il riferimento è sempre per stabilire il luogo del
commesso reato, quello del luogo in cui è stata realizzata la condotta e l'evento. Comunque la
questione deve essere affrontata caso per caso nel senso che dal punto di vista dei principi
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dunque non vi è una sostanziale divergenza anche alla luce delle indicazioni che provengono dal
Consiglio d'Europa il reato si considera realizzato nel territorio dello Stato italiano laddove ti è
possibile accertare che la condotta o l'evento siano realizzati nel territorio italiano. Quindi ad
esempio se con riferimento a una fattispecie di diffamazione con il mezzo appunto della rete
internet, se il soggetto si collega in Italia e formula il messaggio diffamatorio in Italia si può
applicare la legge italiana. Certamente si tratta poi qua di capire se la fattispecie cioè questo
messaggio sia raggiunto al destinatario e quindi vi sia una propagazione e si voglia guardare a
questo momento Cioè quello della propagazione per considerare il momento appunto in cui fissare
poi il luogo del commesso reato oppure si voglia guardare al momento della condotta. Questo è un
problema che va analizzato appunto fattispecie per fattispecie andando anche a considerare quella
che è l'applicazione concreta che la giurisprudenza poi accoglie ai fini della configurazione delle
fattispecie rispetto all'impiego del mezzo appunto informatico ma soprattutto attraverso l'uso della
rete. ***Spunto di riflessione: Qual è il principio che governa la legge penale nello spazio nella
materia dei reati informatici? Cioè se vi è una sostanziale divergenza tra i principi generali quelli
previsti dal codice penale per tutta la materia di reati per tutti i reati o vi sia una diversità rispetto ai
reati informatici?
Lezione 12 LA DIFFAMAZIONE VIA WEB

Argomenti:
 La diffamazione (art.595 c.p.)
 La diffamazione via web come ipotesi aggravata
 La responsabilità di soggetti diversi dall'agente
 Locus commissi delicti

LA DIFFAMAZIONE (Art. 595 c.p.)


In particolare la fattispecie di diffamazione prevede il fatto ‘’di chiunque fuori dei casi indicati
nell'articolo precedente che è la fattispecie di ingiuria comunicando con più persone offende l'altrui
reputazione è punito con la reclusione. Se l'offesa consiste in un fatto determinato la pena
aumenta...’’ e poi vedremo le ipotesi aggravate
Dunque dal punto di vista della definizione della fattispecie vediamo che come riferimento al bene
giuridico tutelato indichi l'onore del soggetto che viene offeso appunto dalla condotta tipica. Onore
inteso nella sua accezione di reputazione sia in senso soggettivo cioè il valore che ognuno ha di sé
come individuo sia da un punto di vista oggettivo rispetto al rilievo che nella società ovviamente la
propria immagine, la propria reputazione e l'impatto che può avere a livello personale
professionale appunto un'offesa che colpisca il soggetto stesso. Questo bene come vedremo che
è quello appunto della reputazione del proprio onore, trova rispetto a questa fattispecie un
problema, un profilo di bilanciamento rispetto a altri interessi. In particolare con riferimento alla
libertà di espressione di questo bene così eccezionalmente rilevante è tutelato dall'art.21 della
Costituzione. Soprattutto questo problema del bilanciamento si pone rispetto ad alcune attività.
Prendiamo come meglio vedremo fra poco il contesto dell'attività giornalistica della diffusione di
notizia. Qua si pone un problema punto di bilanciamento di equilibrio tra l'interesse alla propria
reputazione e l'interesse a proprie idee anche a informare attraverso appunto l’attività giornalistica
e carta stampata o notizie trasmesse per via televisiva e come vedremo anche di più via web. Si
pone un problema di equilibrio tra gli interessi che vengono in rilievo. Comunque da un punto di
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vista appunto generale senz'altro il bene dell’onore e reputazione come bene finale di riferimento
che viene offeso dall'evento tipico contrassegnato appunto dalla percezione da parte di terzi
dell'offesa cioè come dice la fattispecie attraverso una comunicazione e appunto la condotta tipica
descritta la fattispecie si sostanzia proprio in una divulgazione. La fattispecie parla di
comunicazione con più persone si dice appunto che la pluralità di destinatari imponga che almeno
il messaggio sia rivolto a più di 2 soggetti oltre il soggetto passivo cioè oltre la vittima colui che
viene offeso. Vi deve essere una divulgazione quindi non integra la fattispecie la comunicazione
con due persone appunto in una situazione intima ma vi deve essere una propagazione appunto
esteriore rivolta ad un pubblico e l'evento impone che mi sia comunque una ricezione del
messaggio. Prendiamo il caso in cui ad esempio anche una notizia diffamatoria quindi offensiva
dell’altrui reputazione venga anche stampata su dei volantini ma questi volantini che si vogliono
appunto trasmettere ad esempio in una città, in una via quindi in un contesto di pubblicità molto
ampio ma per un caso fortuito questi volantini si smarriscono, vengono buttati prima che la
propagazione e la diffusione e la divulgazione del messaggio ci sia, il fatto non viene integrato.
Semmai si può integrare un tentativo punibile ma il reato non si può assolutamente considerare
consumato. Una differenza con la fattispecie di ingiuria prevista dall’art. 594 è che mentre l'ingiuria
richiede la presenza della persona offesa, la diffamazione prevede appunto l'assenza della
persona offesa. Diciamo subito che la fattispecie di ingiuria prevista dall’art. 594 che prevede il
fatto di ‘’chiunque offende l'onore e il decoro di una persona presente è punito.’’
L'ingiuria è stata depenalizzata però ci è utile definirla per circoscrivere sempre l'ambito applicativo
della diffamazione. Mentre 594 fa espressa menzione alla presenza della persona offesa, la
diffamazione richiamando appunto con questa clausola di riserva cioè chiunque fuori dei casi
offende, si desume in via interpretativa che appunto per il 595 non è richiesta la presenza della
persona offesa. Però ripeto ad oggi l'ingiuria appunto è stata depenalizzata.
Una ipotesi importante nella definizione della fattispecie di diffamazione in generale che ci aiuta
anche a ricostruire la particolare ipotesi di diffamazione di fattispecie realizzata attraverso il mezzo
del web, di internet e la definizione di diffamazione a mezzo stampa. Da taluni ricondotta l'ipotesi
aggravata vedremo poi meglio tra poco come si presenta il problema. La diffamazione realizzata
col mezzo della carta stampata o anche attraverso dei giornali presenta dei problemi perché si
pone il tema del bilanciamento tra l'interesse alla propria reputazione, quindi alla tutela dell'onore e
l'interesse alla libertà di espressione e soprattutto rispetto al punto di riferimento all'attività
giornalistica, l'interesse che ha il pubblico essere informato di fatti e anche di valutazioni
giornalistiche. Quindi in questo caso con riferimento all'attività giornalistica vera e propria e i limiti
entro i quali all'attività giornalistica si possa esplicare correttamente senza invadere e quindi ledere
la sfera personale altrui, rispetto al bene appunto della reputazione, si ritiene senz'altro che
l'attività giornalistica si caratterizzi per il diritto di cronaca e per il diritto di critica cioè l'attività
giornalistica si esplica come espressione proprio della Libertà di manifestare il proprio pensiero
con riferimento a ipotesi particolari di esercizio del diritto che richiamano in questo senso l'art. 51
del codice penale che è una causa di giustificazione che appunto studiando la parte generale si
analizza che fa riferimento proprio all'esercizio di un diritto e l'attività giornalistica rientra in questo
esercizio del diritto in particolare come diritto di cronaca e di critica. Tuttavia proprio per bilanciare
questi interessi ossia l’interessa alla libertà di espressione e quindi come esercizio del diritto
dell'attività giornalistica e l'interesse all'altrui reputazione, vi sono dei limiti entro i quali il diritto di
cronaca e poi vedremo di critica si può esplicare. In particolare la giurisprudenza nella sua
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elaborazione dei limiti in cui questa attività si può esplicare, ha individuato dei punti fondamentali
che sono appunto questi limiti:
- In particolare riferimento alla verità della notizia che non è verosimiglianza ma è verità
Intesa in senso oggettivo
- pertinenza a un interesse pubblico cioè la notizia non può essere qualcosa di
completamente avulso da quello che può essere un interesse della collettività. Vi deve
essere un legame legato appunto al mondo della politica, della cronaca, del costume. I
contatti privati anche quelli più intimi non dovrebbero interessare pubblicamente la
collettività
- la continenza cioè vi deve essere un una stretta connessione, un legame tra appunto la
notizia per come viene espressa, per come viene presentata e questo interesse pubblico
di riferimento. Non ci deve essere una dispersione della dell'informazione.
Ecco questi punti sinteticamente riportati sono un po' il distillato di quello che la giurisprudenza con
l'attività di interpretazione in più interventi in particolare, parlo proprio della Cassazione ha
individuato come punti di riferimento essenziali entro i quali si può esplicare le attività giornalistica
come attività espressione del diritto di cronaca rendendola immune e in un certo senso
escludendo la configurazione di fattispecie come la diffamazione cioè la notizia se viene riportata
entro questi limiti e detto In altri termini, non Integra l’offesa all'altrui reputazione che abbiamo
detto essere parte integrante fattispecie di diffamazione. Dal punto di vista del diritto di critica
anche questa una espressione di esercizio del diritto, quindi rientra anche questa nella causa di
giustificazione all'art.51 e anche questa espressione dell'attività giornalistica però con riferimento
alla critica caratterizzandosi la critica per un contenuto valutativo più forte, questi limiti che
comunque esistono sempre individuati dalla Giurisprudenza sono intesi in senso più ampio, con
maggiore tolleranza. Questo lo riconosce anche la Cassazione e in particolare questa recente
sentenza del 2019 numero 7340 nel richiamare e l'appunto la fattispecie di diffamazione con
riferimento al diritto di critica dice che ‘’occorre distinguere come anche precisato dalla
giurisprudenza della CEDU cioè della Corte Europea dei diritti dell'uomo, tra i fatti su cui si esercita
la critica (quindi Infatti e giudizi di valore), in cui si sostanzia l'opinione critica. Mentre i primi
devono basarsi su un nucleo veritiero e rigorosamente controllabile ( quindi la verità che abbiamo
detto essere valutata in senso oggettivo), i giudizi di valore non sono suscettibili di dimostrazione
perché sono appunto di espressione di opinione e quindi i limiti della critica sono costituiti dalla
rilevanza sociale dell'argomento e della correttezza dell'espressione che non deve dunque
trascendere attacchi gratuiti ( però dal punto di vista della portata intesa intanto sicuramente più
ampio rispetto alla cronaca)’’
***Spunto di riflessione: Per la configurabilità della diffamazione è necessario della comunicazione
offensiva raggiunga la vittima?***
DIFFAMAZIONE VIA WEB COME PROTESI AGGRAVATA
Come si può ben capire il web consente attraverso social network, chat, forum, blog di una
pluralità di destinatari molto ampia e molto più ampia di quella che si potrebbe raggiungere ad
esempio attraverso anche una comunicazione in una piazza o in un luogo pubblico, in un bar, in un
ristorante. Il web consente una diffusione inutile dirlo infinita, a tutto il globo. Quindi la diffusione
attraverso questi mezzi a una portata amplissima. Da qui il dubbio se in effetti con riferimento alla
fattispecie in questione, si pone un problema di ipotesi aggravata.

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Il 595, noi abbiamo letto la definizione del fatto, prevede ai commi successivi e in particolare in
riferimento al comma 3 ‘’l'offesa è aggravata (quindi abbiamo una pena maggiore) se è recata con
il mezzo della stampa e quindi attraverso appunto le attività giornalistica oppure con qualsiasi altro
mezzo di pubblicità. Allora innanzitutto si pone il problema della ipotesi di diffamazione che utilizzi
il web come mezzo di stampa cioè tale da parificare il web alla carta stampata.
Pensiamo alle testate on-line che trasmettono informazioni e trasmettono notizie. Diciamo che da
un punto di vista astratto il web come parificazione alla carta stampata, in se si può vedere come
una vera e propria estensione in malam partem poiché dal punto di vista della legislazione, i limiti
anche doveri che sono posti in capo dei soggetti che gestiscono che producono carta stampata,
tutte queste previsioni non sono estendibili al web.
Tuttavia la giurisprudenza nella sua esperienza applicativa, come adesso vediamo a breve,
parifica le testate on-line a i prodotti editoriali e come anche vedremo a breve si pone però anche
un problema di estensione della responsabilità che noi ritroviamo nella materia editoriale con
riferimento all'attività giornalistica, si estende la responsabilità dell'autore della pubblicazione di
colui che scrive l'articolo ad esempio diffamatorio al direttore del giornale per non aver controllato e
dunque impedito la pubblicazione del messaggio diffamatorio. Il direttore di vicedirettore per la
stampa periodica e anche per non periodica vi è anche una maggiore estensione. Questo tema Lo
affronteremo a breve in maniera più dettagliata ed è prevista nella parte generale del Codice
Penale agli artt. 57 e 57 bis. Dal punto di vista punto della giurisprudenza, come vi dicevo, la
Cassazione in particolare faccio riferimento a una sezione unite, quindi una sentenza rilevante
perché ricompone un contrasto interpretativo del 2015, definisce ‘’la testata giornalistica
telematica, in quanto è assimilabile funzionalmente a quella tradizionale, rientra nel concetto
ampio di stampa e soggiace alla normativa di rango costituzionale di livello ordinario che disciplina
le attività di formazione professionale diretta al pubblico.’’ Quindi dal punto di vista della
applicazione giurisprudenziale anche se la legge non ha parificato espressamente la carta
stampata alla testata online però la giurisprudenza da un punto di vista applicativo procede in
questo senso cioè effettuato questa parificazione con una interpretazione che da taluni è stata
considerata una sorta di estensione in malam partem perché bisogna sempre vedere se dal punto
di vista operativo la testata on-line possa prevedere tutta la filiera di controlli e mette in condizioni il
titolare del servizio di controllare i contenuti pubblicati. Se c'è questa possibilità allora si può
effettivamente parificare il regime e anche considerare il soggetto obbligato come obbligo di
garanzia e quindi in questo senso responsabile, altrimenti questa parificazione non sarebbe
possibile.
Un'altra interpretazione sempre con riferimento alla diffamazione via web come ipotesi aggravata è
quella che vede il web un vero e proprio mezzo di pubblicità e dunque in questo senso consente
sempre l'applicazione dell'art. 595 comma 3 c.p. Dal punto di vista anche qua della realtà
applicativa della applicazione, Sicuramente per quanto riguarda i social network si è visto come
mezzo di pubblicità però si riscontrano nei limiti rispetto agli account privati Cosa significa questo?
Che in effetti dal punto di vista della equiparazione web come mezzo di pubblicità, essendo il web
potenzialmente raggiungibile da un numero indeterminato di soggetti, si può senz'altro considerare
un mezzo di pubblicità e questo con riferimento ad alcuni strumenti, social network sicuramente la
giurisprudenza ha riconosciuto in merito a Facebook con questa equiparazione con riferimento a
dei blog, con riferimento a dei forum. Il problema è se ad esempio vi è una mailing list con numero
di soggetti che può essere anche più o meno ampio. Anche qua bisogna distinguere se prendiamo
99
solo soltanto due soggetti il problema si può porre o problema si può pure ad esempio anche
laddove si possono dei contenuti però in bacheca e private che siano raggiungibili dal numero
molto limitato di soggetti. Allora qua sicuramente diffamazione si può parlare ma si può dubitare
che sia una diffamazione aggravata dal mezzo di pubblicità perché se comunque il fatto è
raggiungibile da un numero molto circoscritto di persone, a mio avviso questo questa estensione
non sarebbe possibile. Vediamo come la giurisprudenza considera questa sentenza del 2015. ’’La
diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l'uso di una bacheca Facebook integra
un’ipotesi di diffamazione aggravata poiché trattasi di condotta potenzialmente capace di
raggiungere un numero indeterminato di persone o comunque quantitativamente apprezzabile di
persone ‘’ Il problema è se si limiti la frizione la diffusione del messaggio.
***Spunto di riflessione: L’uso di mezzi di strumenti telematici rende sempre configurabile la
fattispecie diffamazione via web?
LA RESPONSABILITÀ DI SOGGETTI DIVERSI da colui che ha realizzato il messaggio
diffamatorio e da questa prospettiva riprendiamo il problema della responsabilità del direttore della
testata on-line questo perché l'art. 596 bis del Codice Penale prevede proprio con riferimento alla
diffamazione a mezzo stampa che ‘’se il delitto di diffamazione ha commesso col mezzo della
stampa, le disposizioni dell'articolo precedente, quindi di diffamazione, si applicano anche al
direttore o vice direttore responsabile all'editore, allo stampatore per i reati preveduti dagli articoli
57,57 bis e 58.
Che significa? Che per i reati appunto realizzati col mezzo della stampa vi è l’estensione della
responsabilità come vi dicevo nel caso dell'articolo 57 per la stampa periodica del direttore o del
vicedirettore, per la stampa non periodica anche dell’editore stampatore. Qiundi vi è un’estensione.
Qual è la logica? La logica è che se il giornalista pubblica messaggio diffamatorio colui che
comunque è tenuto a sorvegliare e a impedire anche come un determinato messaggio venga
pubblicato perché in capo al direttore e vicedirettore vi è un vero e proprio obbligo di garanzia ai
sensi del 40 secondo comma del codice penale che conferisce anche i poteri sufficienti idonei a
impedire la commissione del reato.
Diversamente si pone il problema di una equiparazione di questo regime nel caso in cui
venga in rilievo una testata on-line cioè il direttore di una testata on-line può impedire la
pubblicazione di messaggi diffamatori? Se ha questi poteri si può parificare il regime di
responsabilità, in mancanza di questo di questi poteri non si Integra neanche l'obbligo di garanzia,
come obbligo di impedimento dell'evento ai sensi del 40 secondo comma e quindi non si potrebbe
prevedere l'estensione, prevista dal 596 bis e quindi dal punto di vista della responsabilità del
direttore del giornale per omesso controllo si potrebbe escludere.
Lo stesso tema si pone per la responsabilità del gestore del blog. Anche rispetto al
gestore del blog si pone un problema di responsabilità rispetto a contenuti diffamatori che vengano
pubblicati in un blog e solo nella misura in cui questo soggetto che gli venga riconosciuta il potere
di impedire questi questa pubblicazione si può considerare e quindi attribuire anche la
responsabilità.
In realtà semmai in capo a questi soggetti e ad esempio al gestore del blog si può prevedere un
dovere di rimuovere dei messaggi diffamatori ma non il potere di impedirne la pubblicazione che
avviene appunto indiscriminatamente da parte del soggetto che pubblica on-line determinati
messaggi.

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Altro profilo di responsabilità riguarda l'Internet Service Provider cioè colui che fornisce
servizi nel web e anche qua si pone il problema se tale soggetto potrà essere investito di un
obbligo di garanzia che porta alla attribuzione della responsabilità o mero obbligo di sorveglianza.
Dal punto di vista legislativo vedi il Dlgs 70/2003 l'internet Service provider avrebbe soltanto un
obbligo di vigilanza quindi semmai può informare l'autorità giudiziaria ma non ha un vero e proprio
obbligo di garanzia.
***Spunto di riflessione: L'internet Service provider è titolare di un obbligo di impedimento del reato
diffamazione realizzato nel sito da lui gestit?
LOCUS COMMISSI DELICTI
Si tratta di capire con riferimento alla diffamazione qual è il luogo del commesso reato. E’ il luogo
in cui un messaggio viene caricato, quindi il messo nella rete? O è il luogo in cui il messaggio
viene percepito dai destinatari?
Dal punto di vista legislativo l'art.6 prevede adotta come principio quello cosiddetto dell'ubiquità
cioè la giurisdizione italiana si attiva sia nel caso in cui la condotta si è realizzata in Italia sia nel
caso in cui l'evento…
Quindi sia nel caso in cui il dato cioè il messaggio diffamatoria si è messo nella rete sia dalla
prospetta (e quindi il luogo della Condotta) sia il luogo della ricezione di destinatari appunto sia il
territorio italiano sarà sempre competente il giudice italiano. Dal punto di vista invece della
competenza di capire quale giudice dovrà poi attivare il procedimento e quindi dove si iscrive la
notizia di reato e dove si avvia il procedimento penale, si deve guardare al luogo della
consumazione. Dal punto di vista della competenza territoriale si può guardare o a luogo in cui il
soggetto si connette alla rete o alla sede dell'Host provider dove si è caricato il dato o infine il
luogo della percezione da parte del terzo della comunicazione offensiva.(in questo senso anche se
espressa la Cassazione) Diciamo che da un punto di vista di ricostruzione essendo difficile
individuare, essendo una vera e propria probatio Diabolica individuare il luogo in cui il primo
fruitore si connette alla rete a Facebook al Social e quindi legga per primo in questo senso il
messaggio diffamatorio, luogo che può essere Italia, può essere in qualunque parte del mondo;
per facilitare l'accertamento anche la giurisprudenza è arrivata a valorizzare il luogo in cui
comunque il messaggio venga immesso nella rete appunto il luogo in cui l'autore della condotta si
connette in mettendo il messaggio diffamatorio poiché poi essendo immesso nella rete, si presume
una potenzialità diffusiva tale, che l'ipotesi di comunicazione, di diffusione, di divulgazione si
considera senz'altro integrata.
**Spunti di riflessione: Il luogo di commissione del reato del delitto di diffamazione coincide con
quello in cui è stata realizzata la divulgazione?
Ecco qua si tratta di distinguere le due ipotesi.

101
LEZ.13 L’ACCESSO ABUSIVO AL SISTEMA INFORMATICO (Art.615 ter
c.p.)
Argomenti:
 Accesso abusivo e bene giuridico tutelato
 Il fatto tipico
 le circostanze aggravanti (art.615 ter comma 2 e 3 c.p.)
 le altre fattispecie a tutela della riservatezza informatica

ACCESSO ABUSIVO E BENE GIURIDICO TUTELATO


La fattispecie di accesso abusivo previsto dall’art. 615 ter riprende come modello quello della
violazione di domicilio previsto dall'art.614 c.p.
Il codice penale definisce la fattispecie di accesso abusivo all’art.615 ter, fattispecie che appunto
sanziona il fatto di’ chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico
protetto da misure di sicurezza ovvero si mantiene contro la volontà espressa e tacita di chi ha il
diritto di escluderlo è punito con la reclusione fino a tre anni’’ e vediamo poi dopo le ipotesi
aggravate

102
Quindi abbiamo appunto fattispecie che è stata introdotta nell'ordinamento con la riforma del 1993
da parte della L.547 che ha introdotto in diversi settori del Codice Penale fattispecie che fanno
espresso riferimento allo strumento informatico.
Questa fattispecie in particolare nasce per arginare il fenomeno degli hacker e cioè di coloro che
appunto abusivamente senza titolo si introducono o mantengono la loro presenza nel sistema
informatico.
Si tratta di una fattispecie anticipata perché va a sanzionare proprio la violazione del domicilio
informatico inteso dunque come nozione più estesa rispetto a quello che noi conosciamo come
domicilio classico cioè il luogo in cui si sostanzia la dimora del soggetto, fattispecie che invece è
prevista dall' articolo 614 ma in un certo senso riprende questa definizione utilizzando appunto la
nozione di un domicilio informatico come sempre il luogo in cui si esplica la personalità umana e il
riferimento al domicilio informatico richiama dal punto di vista proprio della definizione del bene
giuridico tutelato il bene della riservatezza del soggetto , riservatezza che riguarda dati di diverso
tipo dati personali dati sensibili dati economici.
In un certo senso la riservatezza si potrebbe addirittura considerare proprio per la pregnanza che
ha il vero e proprio bene finale cioè il bene che laddove viene offeso il reato si considera
assolutamente integrato e appunto leso come rispetto al bene giuridico.
In un'altra prospettiva si potrebbe guardare la riservatezza come bene strumentale non so come
bene che veicola che il mezzo per la tutela di altri beni che possono essere e l'onore e il patrimonio
Questa seconda visione forse potrebbe considerarsi anche più corretta da un certo punto di vista.
La dottrina evidenzia oltre alla riservatezza anche la sicurezza informatica e quindi dal punto di
vista della definizione del bene giuridico vediamo:
- Sicurezza Informatica come dimensione collettiva accanto
- alla riservatezza informatica che può essere considerata come mezzo per
- tutelare la libertà all'onore il patrimonio della persona
Bisogna considerare anche l'importanza del riferimento alle misure di sicurezza cioè il fatto che
comunque la fattispecie appunto, riprendendo il modello che è quello della violazione di domicilio,
che è appunto un’introduzione rispetto a un sistema che è protetto da misure di sicurezza cioè il
richiamo alle misure di sicurezza rafforza l'idea di riservatezza che è appunto come bene che deve
essere visto come bene di riferimento. In riferimento alle misure di sicurezza in particolare nella
ricostruzione che poi ha dato anche la dottrina è visto anche un po' come una sorta di
responsabilizzazione del soggetto che appunto è titolare del sistema informatico che appunto
attraverso misure di sicurezza e poi possono essere ad esempio delle password o codici di
accesso pone come una barriera un po' come la chiave che chiude la porta di casa, pone un po’ la
barriera rispetto alla introduzione di altri. In una casa che non ha porte né finestre si presta a
essere più vulnerabile così anche il sistema informatico.
Secondo un'altra accezione Invece secondo me più corretta non è tanto un'idea di responsabile
del soggetto quanto più l'idea di esprimere la volontà del soggetto di non far accedere altri al
sistema stesso quindi nel momento in cui io dopo un sistema informatico di password codice di
accesso esprimo la volontà come titolare del sistema di non far accedere altri.
Quindi questo questa precisazione nella struttura fattispecie alla base può anche della
Ricostruzione del bene tutelato come bene appunto da individuarsi a mio avviso senz'altro nella
riservatezza.

103
Riservatezza ripeto che può essere vista sia nella dimensione finale come bene che esaurisce la
tutela sia a come veicolo mezzo per la tutela di tutta una serie di beni che sono Libertà, l’onore e il
patrimonio di una persona e che possono essere appunto messi in pericolo dall'accesso,
dall'effetto della condotta tipica che appunto è integrato adesso vedremo meglio analizzando la
fattispecie materiale che ha che è integrato dalla dalle condotte al punto di introduzione e di
mantenimento.
**spunto di riflessione: Qual è il bene giuridico tutelato dalla fattispecie di accesso abusivoart.615
bis c.p) ? ***
IL FATTO TIPICO
Tratteremo della definizione della fattispecie materiale che ricordo deve sempre passare
innanzitutto individuando l'evento come effetto nel caso dell'accesso abusivo, delle condotte
tipiche di introduzione e mantenimento e la condotta poi altro elemento essenziale del fatto
materiale: è l'introduzione abusiva e di mantenimento contro la volontà del titolare.
Con riferimento a questi elementi diciamo che questa fattispecie come tipica fattispecie a tutela
anticipata, fattispecie che definisce la condotta ma non definisce l'evento. Ad esempio il danno
patrimoniale. Ad esempio la morte non vi è la definizione di un evento.
Allora qua si pone il problema è un reato di mera condotta Cioè è definito solo dalla condotta
oppure un evento ci deve essere?
Riprendendo i concetti di parte generale senz'altro ci deve essere un evento giuridico cioè l’offesa
in termine anche di pericolo al bene e quindi un pericolo in questo caso abbiamo detto per la
riservatezza anche come mezzo per la tutela, l’onore e il patrimonio ecc. però secondo una
ricostruzione che invece guarda anche alla necessità di un evento in senso naturalistico, in effetti
queste condotte tipiche sono quella dell'introduzione o del mantenimento producono un effetto
materiale empirico che quello delle attività, dell'intervento, della presenza di un soggetto estraneo
nel sistema. Cosa che appunto è in un certo senso evincibile come effetto delle condotte tipico,
effetto appunto delle introduzioni o del mantenimento.
Dal punto di vista della definizione delle condotte tipiche, allora noi abbiamo Innanzitutto la
condotta che è quella di introduzione che è una condotta che si intende, non intenso come contatto
materiale con il computer ma come dialogo logico con la parte software del computer cioè come la
possibilità del sistema informatico, come la possibilità che può avere un soggetto estraneo di
introdursi in un sistema ed operare sui dati in esso presenti. Pensiamo ad esempio la tecnica dello
spyware con i sistemi Trojan che contano appunto con il cavallo di troia di introdursi in un sistema
da parte dell’hacker e di operare dall'interno autonomamente.
L’introduzione è una condotta attiva mentre il mantenimento è una condotta omissiva, cioè il
soggetto si trova a operare in un sistema ed è abilitato a farlo ma si mantiene oltre ai limiti. (es.del
tecnico informatico che opera oltre i limiti del suo intervento, oltre i limiti che gli sono consentiti e
quindi realizza una fattispecie di accesso abusivo)
Significato di abusivamente
Abusivamente è considerato una clausola di illiceità speciale che si Integra sia nel caso in cui
non ci sia autorizzazione sia nel caso in cui ci sia un eccesso nei limiti in cui si abbia questa
autorizzazione.
Le clausole di illiceità speciale sono delle figure particolari, sono degli elementi speciali della
fattispecie che si rinvengono nella struttura della fattispecie e che qualificano alcuni elementi.

104
Possono qualificare l'evento, in questo caso qualificano la condotta appunto di introduzione e si
integrano laddove vi sia la violazione di determinati parametri.
La fattispecie Si integra solo nella misura in cui il soggetto appunto operi oltre dei limiti
Ma come si individuano questi limiti? cioè sono i limiti Ad esempio soggettivi di quelle che possono
essere determinate finalità? i limiti dello devono essere determinati da parametri oggettivi di
riferimento?
Da questo punto di vista anche la giurisprudenza si è impegnata a fornire criteri definitori circa la
portata di questo elemento.
Prendiamo ad esempio questa sentenza della Cassazione del 2019 in cui sempre con riferimento
alla portata dell’abusività della Condotta e quindi alla definizione di questa clausola di illiceità
speciale, si dice nell'interpretazione del requisito di cosiddette illiceità speciale espresse
dall’avverbio abusivamente, le ragioni che legittimano l'accesso il mantenimento nel sistema
informativo delle notizie di reato non possono consistere nella mera pendenza di un procedimento
presso l'ufficio giudiziario, dove l’agente svolge il servizio ma devono essere specificamente
connesse all'assolvimento delle proprie funzioni.
Quindi qua Parliamo di un intervento abusivo effettuato da un cancelliere che l'accesso al registro
che riguarda le informazioni di un determinato procedimento non è perché questo procedimento è
presente nell'ufficio di giudiziario, il cancelliere è abilitato a controllare tutto quello che c'è
pendente, soltanto quello che riguarda appunto l'assolvimento delle proprie funzioni quindi un
limite deve essere stabilito e questo limite è proprio legato all’esplicazioni delle sue funzioni. Quindi
se questo soggetto agisce e si introduce per controllare, vedere altre cose che esorbitano dalle
sue funzioni può realizzare appunto la fattispecie tipica di accesso abusivo.
Vediamo ancora più nel dettaglio il contrasto che si è creato Nella giurisprudenza proprio sulla
definizione sulla portata di questa clausola di illiceità speciale.
Si rinvengono due indirizzi contrapposti:
1) il primo che guarda il perseguimento di finalità contrarie a quelle per le quali l'autorizzazione è
stata concessa (sentenza 2011)
2) un secondo invece che guarda alla violazione delle disposizioni che disciplinano l’introduzione
o un mantenimento nel sistema informatico (sentenza 2012)
Allora come è espressione del primo indirizzo faccio riferimento a questa sentenza del 2017
questa ad esempio dice ‘’Integra il reato di accesso abusivo al sistema informatico il pubblico
ufficiale che mantiene il sistema per scopi privati e dunque estranei a quelli per cui la facoltà di
accesso è attribuita. ‘’ Questo indirizzo ha il limite di non avere parametri oggettivi concreti e
precisi di riferimento rispetto ai quali rapportare i limiti della Condotta realizzata dal soggetto. Cioè
nel momento in cui un soggetto agisce per scopi anche esorbitanti in riferimento a questa
dimensione soggettiva può se priva di parametri oggettivi di riferimento, cioè di limiti
Le stesse sezioni unite della Cassazione con questa sentenza del 2011 numero 4694 che prevede
che ’’Integra il diritto di accesso abusivo colui che pur essendo abilitato accede o si mantenga in
un sistema informatico o telematico protetto violando le condizioni e i limiti risultanti dal complesso
delle prescrizioni impartite dal titolare del sistema…’’
Qua abbiamo un chiaro riferimento, un parametro oggettivo rispetto al quale commisurare
l'abusività dell'intervento e dice sempre questa sentenza ‘’rimanendo irrilevante gli scopi e le
finalità’’ perché io posso anche avere un uno scopo soggettivo che è diverso da quello per il quale
mi è stata richiesto l'intervento. Un esempio il tecnico informatico al quale viene chiesto di
105
sistemare un sito o un account privato, anche relativa delle mail e quindi il titolare chiede appunto
un intervento e il tecnico informatico lo fa ma nel farlo si incuriosisce e guarda anche alcune
informazioni private del soggetto. Diciamo che il tecnico ha finalità diverse. La finalità corretta
dovrebbe essere solo quella di fare un intervento per risolvere il problema. Tuttavia questa finalità
non rileva per la circostanza che l'intervento è stato acconsentito dal soggetto titolare che appunto
lo ha abilitato.
Quindi la finalità in sé non Integra ancora la fattispecie di accesso abusivo quello che integra è se il
soggetto poi oltre questo intervento, fa altro e interviene su altri sistemi e addirittura si mantiene
oltre questi limiti. Quindi bisogna guardare per integrare questa clausola di illiceità speciale che è
richiamata riferimento alla abusivamente alla sussistenza di limiti di parametri oggettivi che
consentono di ricostruire correttamente il fatto e quindi i parametri di riferimento.
Elemento soggettivo
Dal punto di vista dell'elemento soggettivo tra i vari problemi che si potrebbero porre c’è quello
della rilevanza dell'errore sui limiti dell'autorizzazione e in particolare se questo errore porta
ricadere o nell'art.5 o nell'art. 47 ultimo comma c.p.
Naturalmente laddove si ricostruisce la fattispecie soggettiva e quindi il dolo, sappiamo tutti che
laddove vi sia un errore su uno degli elementi della fattispecie il Dolo si esclude. Semmai potrà
rimanere una responsabilità colposa se è prevista. L’errore può allora ricadere su tutti gli elementi
e, richiamando la parte generale, laddove l'errore sia un errore sul precetto penale cioè sulla
legge, sul fatto che io non so che nel nostro ordinamento è penalmente sanzionato l'accesso
abusivo. Questo errore ai sensi dell'art.5 c.p. non è scusabile, cioè il nostro ordinamento non
scusa l'ignoranza della legge penale. Quello che il nostro ordinamento scusa dal punto di vista
dell'esclusione del dolo è l'errore che ricade sul fatto secondo la disciplina dell'art. 47.
Che succede laddove come nel caso in cui intervenga una clausola di illiceità speciale cioè
un’ipotesi di speciale antigiuridicità cioè si richiama un parametro normativo ulteriore che deve
essere violato per integrare la fattispecie. Ad esempio nella fattispecie di accesso abusivo, l'errore
che possa ricadere sulle prescrizioni normative o anche sulla disciplina ad esempio del
funzionamento di un ufficio giudiziario, l'errore che disciplini le modalità con cui introdursi in un
sistema informatico e laddove soggetto erra Cioè intenda male il significato di queste prescrizioni,
questo errore ricade sempre nella disciplina all'art.5 come appunto errore sulla legge penale?
oppure è un errore che va a descrivere il dolo, con effetti molto diversi naturalmente?
Ecco a mio avviso laddove vi sia il richiamo ad un parametro normativo e questo errore appunto
ricade sul fatto cioè io erro sui limiti del mio intervento, questo fatto non può non ricadere
nell'art.47 in particolare nel suo ultimo comma laddove la legge dice che l'errore su legge extra-
penale (norma diversa da quella penale) esclude il dolo se si risolve in un errore sul fatto.
Però bisogna fare attenzione al richiamo alla giurisprudenza che invece rispetto al richiamo a
parametri normativi ulteriori di fatto non applica mai il richiamo all'art.47 ultimo comma facendo
sempre riferimento per queste ipotesi alla disciplina comunque dell'art.5 quindi le considera
assorbite sempre nel principio della non scusabilità dell'ignoranza penale,
**spunto di riflessione: l'accesso abusivo richiede la violazione di limiti per l'accesso al sistema
rilevabili oggettivamente? ***
CIRCOSTANZE AGGRAVANTI PREVISTE ALL'art.615 Commi 2 e 3 c.p.
La legge prevede che al comma 2 quindi ‘’un aumento di pena della reclusione da uno a cinque
anni se il fatto è commesso da pubblico ufficiale incaricato di pubblico servizio con abuso dei
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poteri o con violazione dei doveri o da chi esercita anche abusivamente la professione di
investigatore privato o con abuso della qualità di operatore di sistema. Se il colpevole ha usato
violenza sulle cose o persone o avere palesemente armato oppure se dal fatto deriva la
distruzione o il danneggiamento del sistema, un'interruzione totale o parziale del suo
funzionamento.’’
Questa ipotesi aggravate sono diverse e individuano fatti diversi.
In particolare l'articolo 615 ter comma 2 numero 1 abbiamo visto fa riferimento all'accesso abusivo
commesso da soggetti qualificati (funzionario pubblico; investigatore privato, operatore di sistema
e comunque con lui che ha il controllo sulle fasi di elaborazione)
Tutte queste protesi sono accomunate da un elemento comune che è la violazione di doveri e
l'abuso di poterI Cioè qua l'aggravamento sanzionatorio richiede la circostanza che l'ordinamento
rispetto a queste figure prevede particolari doveri posti in capo al soggetto nella gestione anche del
sistema informatico che appunto si può utilizzare nelle esplicazione delle proprie funzioni e rispetto
a questi doveri, laddove questi dove violati o abusati come poteri corrispondenti si realizza un
disvalore di condotta Maggiore rispetto al fatto commesso dal soggetto che tali doveri e connessi
poteri non abbia.
Quindi proprio con riferimento a questa ipotesi particolare il disvalore di condotta più grave
giustifica un maggiore trattamento sanzionatorio e quindi un aggravamento attraverso la previsione
di questa circostanza aggravante
Nel 615 comma 2 :
- numero 2 vediamo Innanzitutto l'ipotesi di accesso abusivo con violenza sulle cose o persone
o da soggetto palesemente armato. Allora quando parliamo di violenza sulle cose, la nozione
di riferimento che ci può venire per definire questo elemento la traiamo dal richiamo che
troviamo nella fattispecie di esercizio arbitrario delle proprie ragioni in particolare art.392 del
Codice Penale, fattispecie che nel definire l’esercizio abilitato delle proprie ragioni fa
riferimento all'ultimo comma: ‘’si ha violenza sulle cose allorché un programma informatico
viene alterato modificato o cancellato in tutto in parte ovvero viene impedito turbato il
funzionamento del sistema informatico o telematico’’. Quindi il sistema fornisce una definizione
di violenza sulle cose Intesa proprio alterazione modificazione o cancellazione di un
programma informatico. Dal punto di vista invece della violenza sulle persone rispetto alla
condotta di accesso abusivo questa sembra un’ipotesi residuale, poco concretizzabile nella
pratica e anche l'intervento di un soggetto palesemente armato sembrano ipotesi meno
rilevanti rispetto alla violenza sulle cose perché sul sistema per come definita dal 392.
- Numero 3: troviamo poi il richiamo alla altra circostanza aggravante che si sostanzia nel
danneggiamento di dati o sistemi informatici. Il problema che si pone è come intendere l'ipotesi
di danneggiamento, come evento successivo all'accesso abusivo. Secondo taluni integrerebbe
una sorta di delitto aggravato dall'evento e quindi l'evento distruzione non deve essere voluto
dal soggetto nel momento in cui ha realizzato la condotta di introduzione o mantenimento, ma
deve essere una conseguenza quantomeno o però prevedibile sempre rispettando il titolo di
imputazione soggettiva minima che è la colpa. E un problema Comunque si può sempre porre
laddove sia accertabile il requisito della volontarietà A questo punto si integrerà la autonoma
fattispecie di danneggiamento. Secondo altri comunque rientra sempre nella nozione generale
di circostanza aggravante è come tale sarebbe sempre ammessa al giudizio, al bilanciamento

107
delle circostanze e sappiamo dal punto di vista dell'imputazione soggettiva non è richiesto il
dolo quindi volontà e rappresentazione ma basterebbe anche qua la colpa.
Sicuramente la collocazione nel comma 2 dopo altre circostanze aggravanti a mio avviso fa
propendere per quest’ultima interpretazione cioè che considera questo elemento in riferimento al
danneggiamento come evento ulteriore non voluto una senz'altro un'ipotesi aggravata
Abbiamo il riferimento all'art. 615 Al comma 3 al fatto che l'accesso abusivo al sistema
informatico o telematico avvenga con riferimento a sistemi di interesse pubblico.
Infatti la legge fa riferimento a sistemi informatici o telematici di interesse militare relative all'ordine
pubblico, la sicurezza pubblica, sanità, Protezione Civile o comunque di interesse pubblico. Quindi
abbiamo questa clausola finale di apertura e naturalmente l'aggravamento si comprende bene
data la particolare importanza del settore di riferimento e dei dati presenti a tutela proprio qua in
maniera molto forte si Individua come bene giuridico la sicurezza pubblica, quindi in una
dimensione collettiva vera e propria.
LE ALTRE FATTISPECIE A TUTELA DELLA RISERVATEZZA INFORMATICA
In particolare faccio riferimento innanzitutto a:
 Art.615 quater c.p. come ipotesi a tutela anticipata
Dal punto di vista strutturale il 615 quater è interessante con riferimento alla detenzione e
diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici e telematici. Quindi è fattispecie
che sanziona proprio in una prospettiva anticipata il fatto che, sempre con lo scopo di
procurarsi un profitto o di arrecare un danno, riproduce, diffonde o comunica codici, parole
chiave o altri mezzi. Si tratta appunto di una fattispecie a tutela anticipata o quasi
fattispecie cosiddetta ‘’ostacolo’’ cioè che sanziona condotte che potrebbero progredire,
svilupparsi in fatti più gravi che vadano poi a realizzare l'introduzione stessa ai sensi del
615 ter o addirittura fatti di frode informatica, danneggiamento ecc.
 Art.615 quinquies c.p. 215 : tutela delle comunicazioni telematiche
Il 615-quinquies prevede la fattispecie di diffusione di apparecchiature dispositivi o
programmi informatici diretti a danneggiare, interrompere un sistema informatico o
telematico. Anche qua abbiamo un fatto che riguarda appunto la diffusione degli apparecchi
e strumenti che hanno questa carica di pericolosità, sono mezzi pericolosi per l' appunto
come fatti prodromici all'introduzione del sistema informatico e a fatti ancora più gravi
appunto di distruzione ecc. e quindi sono tutte fattispecie anticipate che sanzionano
condotte che potrebbero svilupparsi o progredire in senso negativo.
 Artt.617 quater, quinquies, sexies c.p.
 Dal punto di vista dell'art.617 al quater, quinquies e sexies sono previsti fatti che si
sostanziano nell’intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni
informatiche o telematiche e quindi ‘’chiunque fraudolentemente Intercetta comunicazione’’
quindi si prevede il fatto dell'intercettazione. Sempre in questo senso si esprime il 617
quinquies rispetto all'installazione di apparecchi volti ad intercettare, impedire,
interrompere. Infine il Sexies invece guarda alla sanzione prevede il fatto di falsificazione
alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni informatiche o telematiche, a
completamento della tutela delle comunicazioni informatiche e telematiche rispetto sempre
alla tutela dei beni giuridici di riferimento che è sempre la riservatezza e anche in una
dimensione collettiva più ampia abbiamo detto la sicurezza pubblica.

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Per queste fattispecie, naturalmente, vale tutto quello che ci siamo detti rispetto alla fattispecie
generale di accesso abusivo rispetto al bene giuridico tutelato, rispetto anche qua alla tutela
anticipata perché sono tutte fattispecie di pericolo che sanzionano la condotta di introduzione al di
là della realizzazione, non essendo necessari alla realizzazione di un evento lesivo rispetto a beni
concreti come patrimonio, onore e libertà ecc.)

**Spunto di riflessione: La fattispecie di cui all’art.615 quinquies c.p. può concorrere con la
fattispecie di danneggiamento? **
Per rispondere a questa domanda bisogna sempre fare attenzione al rapporto che si può iscrivere
tra queste fattispecie. Abbiamo detto il 615-quinquies è fattispecie anticipata e bisogna capire se la
fattispecie anticipata può concorrere con il fatto come danneggiamento che integra un vero e
proprio evento di danno oppure se l'integrazione dell'evento di danno assorbe in questo senso
anche la fattispecie anticipata

LEZIONE 14: LA FRODE INFORMATICA (Art.640 ter c.p.)


Argomenti:
 Il fatto tipico
 le circostanze aggravanti speciali
 la fattispecie di truffa a mezzo web
 rapporto con altri reati

LA DEFINIZIONE DEL FATTO TIPICO


La fattispecie di frode informatica previsto appunto dall’art. 640 ter prevede ‘’il fatto di chiunque
alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo

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senza diritto con qualsiasi modalità su dati informazioni o programmi contenuti in un sistema
informatico o telematico procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno è punito…’’
La fattispecie si definisce dunque come una fattispecie di illecito arricchimento conseguito
attraverso l'impiego fraudolento di un sistema informatico. Dal punto di vista della definizione
dell’evento abbiamo innanzitutto riferimento al bene giuridico che è senza dubbio il patrimonio, la
fattispecie Infatti parla di un ingiusto profitto con altrui danno che ha senz'altro una consistenza
patrimoniale.
Si pone un problema anche di riferimento trattandosi di condotta fraudolenta che ricade su un
sistema informatico se vengo in rilievo anche l'interesse alla riservatezza e la funzionalità del
sistema stesso però questi beni possono rilevare soltanto come beni strumentali rispetto al bene
finale del patrimonio che indica appunto l'evento, la cui lesione indica appunto l'evento
consumativo.
L'evento abbiamo detto come ingiusto profitto con altrui danno ha necessariamente una
consistenza patrimoniale. Dal punto di vista della ricostruzione di questa fattispecie va detto subito
si può richiamare il modello della truffa che il modello generale di frode che è definito dall'articolo
640 e poi lo vedremo meglio trattando anche della truffa con il mezzo del Web che è ipotesi
differente dalla frode informatica.
La truffa ha come modello quello di una condotta fraudolenta, consistente negli artifizi e raggiri
realizzati dalla gente che producono un effetto di induzione in errore della vittima che poi nella
concatenazione causale dopo l’induzione in errore passa realizzare l'atto di disposizione
patrimoniale che realizza poi l'evento stabilito definito dall'art. 640. Recita infatti la fattispecie di
truffa ‘’chiunque con artifizi e raggiri inducendo taluno in errore procura a sè e ad altri un ingiusto
profitto con altrui danno ’’.
Quindi qua abbiamo la condotta artifizi e raggiri che induce la vittima in errore, che produce l'atto di
disposizione patrimoniale, elemento implicito di fattispecie da cui deriva l'ingiusto profitto con altrui
danno. Quindi la condotta ricade su un soggetto passivo persona fisica cosa che invece non
accade nella fattispecie di frode informatica in cui la condotta tipica che adesso definiamo come
condotta fraudolenta consistente:
- nell’alterare in qualsiasi modo un sistema informatico o telematico oppure si sostanzia
- nell'intervento con qualsiasi modalità senza diritto su dati informazioni e programmi.
Queste condotte appunto di alterazione di intervento non ricadono su un soggetto persona fisica
che è indotto in errore e produce l'atto di disposizione patrimoniale che l'evento consumativo.
Queste condotte ricadono sulla macchina cioè sul sistema informatico e l'effetto che si produce è
appunto quello di alterare il funzionamento del sistema informatico. Non è che qua non esista un
evento intermedio, in realtà un evento intermedio si può ravvisare anche rispetto alla fattispecie di
frode informatica e questo evento si può ravvisare nel risultato irregolare che la condotta tipica
realizza sul risultato sul funzionamento del sistema informatico, come risultato irregolare
nell'elaborazione dei dati.
Quindi la condotta ricade sul sistema e sui dati e non sulla persona fisica-vittima.
Quindi una differenza radicale, sostanziale tra la fattispecie di truffa e di frode informatica e che in
un certo senso ha posto anche la necessità di introdurre una fattispecie ad hoc che sanzionasse le
condotte di introduzione, di alterazione, di intervento su un sistema informatico con un evento di
danno patrimoniale poiché guardando al paradigma generale della truffa naturalmente l'evento
intermedio consistente nelle induzione in errore della vittima è un elemento essenziale che va
110
accertato quindi nella ricostruzione del fatto deve essere accertato che vi sia questo passaggio
causale, questa concatenazione causale. Laddove l'intervento invece non coinvolge soggetti
persone fisiche ma soltanto il funzionamento del sistema informatico e dunque si ha un'alterazione
che produce appunto anche un effetto di risultato irregolare nella manomissione dei dati e che poi
produce come effetto quello di portare appunto a un danno economico, in questo caso tutta la
concatenazione causale non coinvolge persone fisiche ma soltanto il funzionamento informatico.
Prendiamo ad es. il caso in cui un soggetto si introduca anche attraverso l'uso di credenziali false
in una banca on-line oppure nel conto corrente della vittima e attraverso questa introduzione riesca
a disporre delle risorse economiche ivi contenute, tutti questi passaggi non coinvolgono la
presenza di una persona fisica. Diversa il caso in cui un soggetto nella realizzazione della condotta
tipica si faccia dare concretamente delle informazioni e quindi realizzi una condotta per il tramite
dell'intervento di un tecnico, di un soggetto che lavori nella banca. nell'istituto di credito, nelle
poste. In questo caso è l'effetto appunto di induzione in errore della vittima potrà riprodurre lo
schema della truffa generale. E’ importante è capire la distinzione fondamentale che sussiste tra la
fattispecie di frode informatica e quella di truffa in generale che punto è quella di considerare nel
caso della frode informatica una condotta che ricade solo sulla macchina, sul sistema; nel caso
della truffa in generale una condotta che produce un effetto di induzione in errore su una persona
fisica.
Un'altra distinzione importante per quanto riguarda la definizione di condotte leggendo il 640 si è
messo in rilievo come le condotte tipiche sono appunto quelle di artifizi e raggiri.
Nel caso della prova informatica abbiamo detto il riferimento è a due condotte che è quella della
alterazione o intervento.
La legge sia nel la condotta di alterazione la qualifica in qualsiasi modo, così come l'intervento con
qualsiasi modalità.
Questa apertura definitoria del legislatore rispetto a queste condotte sembra indicare a differenza
che nella truffa in cui facciamo riferimento alle condotte tipizzate di artifizi e raggiri che individuano
proprio una fattispecie a forma vincolata cioè solo quelle condotte si possono realizzare per
integrare la truffa, solo con quelle modalità si può realizzare la fattispecie di truffa.
Con riferimento alla frode informatica invece la modalità sembra essere amplissima e questo
sembrerebbe far integrare una fattispecie come si dice a forma libera cioè che non ha modalità
predefinite di esplicazione della condotta e quindi da questo punto di vista sembrerebbe aprire
modalità più diverse rispetto alle quali il fatto può essere realizzato.
Da sottolineare rispetto alla condotta di intervento che viene è anche qua una qualificazione in
termini di abusività intervenendo senza diritto cioè il soggetto che appunto realizza abusivamente
quindi in violazione dei parametri normativi di riferimento rispetto alle quali può essere invece
facoltizzato a intervenire su un sistema. Laddove invece intervenga senza diritto vuol dire in
violazione delle prescrizioni che attribuiscano o limitano l'intervento del soggetto stesso.
**Spunto di riflessione: Le condotte previste nella fattispecie di frode informatica sono condotte a
forma libera? ****
LE CIRCOSTANZE AGGRAVANTI SPECIALI (art.642 comma 2)
Le circostanze aggravanti fanno riferimento in particolare a:
- Commissione nel fatto a danno di uno Stato di altro ente pubblico
- Abuso della qualità di operatore di sistema

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Nell’art.640 ter comma 3 c.p. come introdotto dal Dlgs 93/2013 si fa riferimento al furto indebito
utilizzo dell'identità digitale in danno di uno o più soggetti.
Al comma terzo recita ‘’laddove si prevede la pena della reclusione da due a sei anni e la multa da
Euro 600 a Euro 3000 se il fatto è commesso con furto e indebito utilizzo dell'identità digitale in
danno di uno o più soggetti.’’
Quindi abbiamo una ipotesi aggravata speciale che è stata introdotta proprio nel 2013 per tutelare
in maniera ancora più forte e più pregnante in riferimento alla riservatezza e all'uso di strumenti
particolari che individuano l’identità digitale del soggetto e rispetto a questa ipotesi viene in rilievo il
cosiddetto Phishing.(il furto dell'identità digitale di un soggetto si può realizzare con tanti mezzi
pensiamo anche all'utilizzo all'impiego di cosiddetti software autoinstallanti- es.trojan)
Da questo punto di vista bisogna fare una precisazione, nel senso che gli strumenti idonei a
consentire al soggetto di introdursi in un sistema ad esempio bancario o comunque che consente
di gestire risorse economiche del soggetto, può avvenire attraverso mezzi più diversi.
Nel momento in cui si voglia aver presente il modello della frode informatica abbiamo detto il punto
di riferimento fondamentale deve essere quello di ricostruire il fatto non prescindendo
dall'intervento di una persona fisica cioè il soggetto si introduce in un sistema informatico e altera
dati anche attraverso, come nell’ipotesi aggravata previsto dal comma 3 del furto dell'identità
digitale, carpendo i codici di accesso, le password ecc. e agisce poi direttamente sul software e
riesce a captare dati e quindi anche a effettuare operazioni che hanno un impatto economico.
Laddove invece è richiesta nella modalità concreta con quel fatto viene realizzato un intervento e
quindi come accennavo anche prima una un contributo di una persona fisica allora non saremo più
nel quadro della frode informatica ma si potrà realizzare la fattispecie di truffa generale.
Quindi alla modalità di così captazione di dati attraverso l'uso di identità digitale o comunque
attraverso quei codici di accesso che consentono di intervenire nel sistema possono essere di
solito ricondotti alla fattispecie di frode informatica laddove vi un soggetto possa entrare
automatica nel sistema ed intervenire producendo poi l'effetto di danno patrimoniale. Altrimenti se
questo passaggio non è automatico non si integrerà la condotta, il fatto di frode informatica.
***Spunto di riflessione: Cosa si intende per phishing? E qua appunto definire la modalità concreta
con cui si può realizzare e anche la distinzione sugli effetti che ci possono essere seconda che si
agisca sulla macchina oppure venga il rilievo anche l'intervento di una persona fisica.
LA FATTISPECIE DI TRUFFA A MEZZO WEB
La truffa abbiamo detto prevista dall’art. 640 c.p. si sostanzia sempre per:
 un evento che è l’ingiusto profitto con altrui danno.
 Abbiamo una condotta tipica che punto si sostanzia negli artifici e raggiri
 Abbiamo un evento intermedio di induzione in errore del soggetto passivo.
Qua a fattispecie si richiama da un altro punto di vista cioè il fatto è sempre quello che si sostanzia
nell'evento di un ingiusto profitto con altrui danno, la condotta e quella degli artifizi e raggiri l'evento
intermedio come elemento imprescindibile che va accertato è quello dell’induzione in errore del
soggetto passivo ma la truffa Infatti può avvenire con le modalità più diverse.
Le modalità classiche sono quelle appunto di un raggiro che porta poi al soggetto passivo a
pensare di dover pagare ad esempio una tassa o una multa o semplicemente comperare un bene
con un valore diverso da quello effettivo sono tutte ipotesi che rispetto alle quali un soggetto può
essere raggirato e quindi può pagare essendo così appunto come effetto di un’induzione in errore.

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Ad oggi il web fornisce con gli acquisti on-line una modalità amplissima di ipotesi e di realizzazione
della truppa.
Ad es. un soggetto acquista un bene infinito vedendo delle foto che non corrispondono alla realtà
per quanto riguarda le qualità, le caratteristiche di questo bene oppure acquista servizi più diversi
anche di carattere turistico, può non esserci corrispondenza quindi comunque un venditore
immette nella rete foto e caratteristiche di un bene diverse da quelle reali realizza una condotta di
artifizio o raggiro tale che come conseguenza può produrre appunto l'induzione l'errore della
vittima che vede questo bene e acquista pensando che il bene abbia caratteristiche diverse o
comunque acquisto bene ha un valore assolutamente diverso da quello reale. Queste sono ipotesi
che rientrano classicamente nella fattispecie di truffa con un mezzo diverso che è appunto il web
perché questi contatti tra persone possono avvenire e molto spesso ormai avvengono attraverso il
l'impiego dello strumento informatico. Quindi per il paradigma generale di truffa che noi traiamo
dell'art.640 si può benissimo relazionare alle modalità di rapporti che si iscrivono attraverso l'uso
del web.
Quindi la truffa in particolare che si ha attraverso un impiego di mezzi informatici, lo strumento
informatico rientra sempre nello schema generale di truffa. Qua non stiamo parlando più della
frode informatica, qua stiamo parlando della figura di truffa generale che si realizza semplicemente
con lo strumento informatico ma le modalità sono quelle descritte dal 640. Quindi dobbiamo avere
sempre la condotta di artifizi e raggiri, l'evento intermedio di induzione in errore della vittima,
l'evento finale di danno ingiusto con altrui profitto. Lo strumento informatico in questo caso può
anche utilizzare le modalità cosiddette del phishing cioè la condotta che abbiamo prima definito
essere utilizzata con riferimento alla fattispecie di frode informatica in cui non vi è nessun
contributo della vittima ossia della persona fisica laddove siamo nel quadro della truffa generale
quindi del 640 anche qua quindi rispetto alla condotta di artifizi e raggiri con l'induzione in errore e
con l'atto di disposizione patrimoniale può venire in rilievo una condotta astrattamente riconducibile
al cosiddetto Phishing che appunto quella del carpire, pescare dati. Possono ad esempio
attraverso una mail che fraudolentemente viene mandata e il messaggio carpisce dei dati sensibili
della persona che appunto trasmette questi dati e poi il soggetto può quindi con questi dati
accedere in sistemi anche sistema bancario o sistema del deposito di denaro, può con queste
credenziali che sono state fornite in questo caso dalla vittima (è diverso dalle ipotesi in cui la
captazione avviene sul sistema informatico direttamente senza nessun contributo della vittima
attraverso una condotta di hackeraggio vera e propria). Qua abbiamo un sistema che ai fini della
configurazione dunque della truffa generale via web si può realizzare questa fattispecie attraverso
la condotta di phishing diciamo così di captazione di dati sensibili laddove vi sia proprio un
contributo attivo della vittima che proprio trasmette attivamente e da disponibilità di questi dati non
perché lo voglia fare naturalmente, altrimenti saremmo fuori dal rilevante penalistico ma perché è
indotta in errore cioè una condotta di raggiro.
Ad esempio il soggetto agente si presenta come funzionario bancario che deve modificare per la
privacy i dati di accesso e richiede dati di accesso per una modifica, invece questa ipotesi integra
una condotta di raggiro tipica che produce un effetto di induzione in errore. La vittima fornisce i dati
e a seguito di questa disponibilità, il soggetto agente poi realizza l'atto di disposizione patrimoniale,
cioè l'evento tipico di danno patrimoniale.
Quindi laddove vi sia un contributo attivo concreto della vittima allora in questo caso si potrà
integrare la fattispecie di truffa generale a mezzo web.
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***Sunto di riflessione: Qual è la distinzione tra frode informatica e la truffa a mezzo web?
RAPPORTO CON ALTRI REATI
Adesso vediamo come la definizione della fattispecie di truffa rispetto alle fattispecie previste
all'art. 640 quinques.
L’art.640 quinques definisce la frode informatica del soggetto che presta servizi di certificazione di
firma elettronica ed è stato introdotto dalla L.48/2008 come ratifica della Convenzione del Consiglio
di Europa sui Cybercrime.
Il riferimento ai beni giuridici tutelati è sempre il patrimonio ma anche la fede pubblica venendo in
rilievo una frode che ha ad oggetto una firma che fa pubblica fede. Questa fattispecie è
caratteristica avendo una vera e propria struttura sanzionatoria del cosiddetto CAD inteso come
codice dell'amministrazione digitale. Si tratta di una fattispecie caratterizzata da un dolo specifico.
In particolare l'art.645 quinques prevede il fatto ‘’del soggetto che presta servizi di certificazione di
firma elettronica, il quale al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto ovvero di arrecare
ad altri erano viola gli obblighi previsti dalla legge per il rilascio del certificato.’’
Quindi rispetto a questa fattispecie si parla di fattispecie a struttura sanzionatoria. Perché si parla
di struttura sanzionatoria?
Perché vi è un codice dell'amministrazione digitale che disciplina le modalità con cui una firma
deve essere redatta, riconosciuta, certificata. Nel momento in cui il soggetto che è deputato a
gestire queste fasi, che presta proprio questi servizi (lo dice il 645 quinques) per procurare a sé o
ad altri un ingiusto profitto viola gli obblighi previsti proprio da questo codice è punito penalmente.
In questo caso il la fattispecie non descrive un fatto diverso da quello che è poi stabilito appunto
nel codice dell'amministrazione digitale che evidentemente non è una norma penale ma è una
norma punto di carattere amministrativo. Il codice penale qua si limita a stabilire la sanzione
penale quindi prevista per coloro che violano le disposizioni del codice dell'amministrazione che è
una fonte diversa, di u altro ramo dell'ordinamento giuridico. Laddove il diritto penale interviene
solo a scopo sanzionatorio si dice una sorta di fattispecie a struttura sanzionatoria ovvero una
sorta di norma penale in bianco perché la struttura del fatto non ce la fornisce il codice penale, ce
la fornisce un'altra fonte, di un altro ordinamento che è appunto il codice dell'amministrazione
digitale.
Sulla validità di queste fattispecie anche dal punto di vista del principio di legalità c'è molto da dire
infatti molti dubbi si sollevano a tal proposito.
Tanto più che qua parliamo anche di una fattispecie a tutela anticipata che appunto non richiede la
realizzazione di un danno oggettivamente riscontrabile ma abbiamo solo la finalità, il fine di
procurare a sé un ingiusto profitto e quindi il riferimento al profitto ingiusto è solo contenuto del
dolo specifico non è integra un evento materialmente riscontrabile.

Un altro problema si pone con riferimento al rapporto che sussiste o può sussistere tra frode
informatica e accesso abusivo al sistema informatico (art.615 ter).
In particolare la giurisprudenza prevede nell'applicazione delle fattispecie, un concorso tra i reati
Tranne che nell'ipotesi in cui ci sia un'ipotesi di mero accesso con codice di identificazione.
In questo caso si realizzerebbe solo l'articolo 615 ter c.p. cioè l'accesso abusivo.
Si pone il problema di capire in che misura, appunto laddove un soggetto si introduca
abusivamente e quindi senza titolo, in un sistema informatico e a seguito di questa introduzione
abusiva realizzi il fatto di frode informatica cioè di manomissione dei dati e quindi tali da condurre
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al danno economico integrale vento tipico della frode informatica. IL problema che si pone si
applica solo la fattispecie di frode informatica, essendo la condotta di introduzione abusiva
assorbita nella condotta di frode informatica? Oppure si applicano tutti e due reati ? (e ovviamente
il carico sanzionatorio la pena aumenta)
La giurisprudenza appunto tende a riscontrare un concorso e quindi ad applicare entrambe le
ipotesi laddove comunque si integrino gli estremi proprio di un accesso abusivo. Anche se è ben
possibile che nella definizione comunque della condotta tipica di frode informatica laddove ti faccia
riferimento proprio alla introduzione senza diritto, vi sia una sostanziale coincidenza con la
fattispecie di introduzione abusiva prevista al 611 ter. Quindi si rischierebbe di pulire lo stesso fatto
due volte però per una impostazione, un atteggiamento rigoristico della giurisprudenza questo
sembra essere l'indirizzo di riferimento, salvo il fatto ovviamente in cui ci sia il mero accesso senza
che ciò produca un effetto di danno patrimoniale allora lì si rimarrà nel solo ambito della fattispecie
di accesso abusivo.
**Spunto di riflessione: Può concorrere la fattispecie di frode informatica con quella di accesso
abusivo? ****

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