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lunedì 27 dicembre 2021

L’OCCHIO DEL NOVECENTO - CASETTI

Cent’anni in un secolo

Sin dai primi secoli del novecento, il cinema è stato identificato come un dispositivo ottico.
Ma che tipo di sguardo ha costruito il cinema? Tre fatti giocano un ruolo cruciale:

• La sua natura di MEDIUM, perchè è immediato, vicino, accessibile

• I RITI e i MITI che il cinema ha costruito in un’epoca che ha avuto particolare bisogno di
nuove immagini e nuovi comportamenti in grado di dare conto delle preoccupazioni dei
problemi sociali emergenti.

• La NEGOZIAZIONE che il cinema è riuscito a compiere tra le diverse istanze della


modernità, fornendo a un’epoca piena di conflitti tante possibili soluzioni e fornendogliele
nella quotidianità.

Il cinema ha dunque lavorato su uno sguardo personale, sguardo complesso, sguardo


acuto, sguardo eccitato e sguardo immersivo.
Tuttavia ciascuno di questi aspetti ha i suoi PERICOLI: lo sguardo personale può essere
troppo parziale e legato a un punto di vista soggettivo; lo sguardo complesso, mescolando
oggettività e soggettività rischia di essere indecidibile; lo sguardo acuto rischia di far
diventare tutto troppo artificiale; Lo sguardo eccitato per eccesso di stimoli, rischia di far
perdere la trama dei fatti; lo sguardo immersivo rischia di far perdere all’osservatore il senso
della sua posizione.

Con il tempo il cinema ha cercato di trovare dei compromessi che potessero ovviare a
questi pericoli, giungendo così ad uno sguardo all’insegna dell’ossimoro, che opera quindi
su fronti contrapposti ma che riesce a far si che si compenetrino: si è prodotto quindi uno
sguardo parziale ma anche aperto alla totalità; acuto ma anche umano; distaccato ma
anche partecipe; complesso ma anche articolato.

La natura ossimorica del cinema emerge anche quando si parla di “libera disciplina”:
disciplina perchè il cinema ha messo a disposizione delle formule pronte ad essere
adottate, praticate ma tenendosi sempre vicino all’intrattenimento e volendo restituire un
senso di libertà e immaginazione, si parla perciò di libera disciplina.

Il cinema riesce a fare tutto ciò partendo dalle sue possibilità tecniche di base: il mondo
riesce ad apparire a frammenti ma anche come totalità perchè l’immagine filmica è formata
da 4 bordi ma grazie al montaggio e alla ripresa si riesce ad entrare in quel mondo che ci
viene proiettato.

Capitolo 1. - LO SGUARDO DI UN’EPOCA

Ci si è sempre interrogati sul senso della presenza del cinema arrivando ad una risposta
comune a molti: ci consente di guardare il mondo come ami avevamo fatto prima,
dotandoci di nuovi occhi e nuovi sensi. E’ un’idea che è stata elaborata da molti studiosi,
filosofi, esperti di cinema quali Béla Balàzs che paragona l’invenzione del cinema a quella
della stampa (rivoluzionaria allo stesso modo), Luciani, Epstein, Gance (“il cinema doterà
l’uomo di un senso nuovo, egli ascolterà attraverso gli occhi.”; l’obiettivo dell’apparecchio
di ripresa è un occhio senza pregiudizi, senza morale, astratto da ogni influenza”).

C’è anche un’altra idea che affianca questa che ci dice che il cinema riesce ad incarnare lo
sguardo del XX secolo. Tutto ciò che viene mostrato , il modo in cui viene mostrato rivela gli
atteggiamenti con cui gli uomini sono spinti a guardarsi attorno.

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Elaborando quest’idea, Walter Benjamin con il suo saggio “L’opera d’arte nell’epoca della
sua riproducibilità tecnica” ci dice che in ogni fase della storia l’uomo ha una particolare
maniera di cogliere il reale; il tipo di sguardo adottato dal cinema manifesta direttamente
le preoccupazioni e gli interessi di un’epoca. La fase presente è dominata da due
tendenze, entrambe connesse con la crescente importanza delle masse e la crescente
importanza dei loro movimenti. Il cinema ha un ruolo fondamentale: quello di rompere le
barriere tradizionali e renderci liberi di affrontare la realtà. Nessun altro mezzo di
comunicazione offre rappresentazioni così ampie.

"Le nostre bettole e le vie delle nostre metropoli, i nostri uffici e le nostre camere
ammobiliate, le nostre stazioni e le nostre fabbriche sembravano chiuderci
irrimediabilmente. Poi è venuto il cinema e con la dinamite dei decimi di secondo ha fatto
saltare questo mondo simile a un carcere; così noi siamo ormai in grado di intraprendere
tranquillamente  avventurosi viaggi in mezzo alle sue sparse rovine”

Doppia tendenza incarnata dal cinema:


- esigenza di vincere la lontananza e avvicinare le cose —> sguardo capace di farci entrare
nel tessuto delle cose e di rivelarne la composizione

- necessità di individuare quanto permane e ritorna —> sguardo capace di spezzare il


vincolo dell’unicità poiché può essere replicato

Il cinema e l’epoca in cui il cinema opera si riflettono e si influenzano reciprocamente.

Nella modernità il comunicativo si sostituisce all’estetico e l’estetico si rifugia altrove oppure


si piega a sua volta nel comunicativo: il cinema non è più solo arte, ma MEDIUM:
- mezzo di rappresentazione: necessità di raccogliere, riadattare e conservare l’informazione

- mezzo di relazione

- mezzo di comunicabilità: capacità di intrattenere larghi strati di popolazione grazie


ad un linguaggio universale , alla connessione con la macchina industriale e a prodotti
standardizzati

- mezzo che interviene sulla realtà: un medium non ricalca mai elementi pregressi, semmai
li riformula interpretandoli

• Ri-proposizione di miti e riti


Cinema: testimone e protagonista pienamente attivo che recupera una serie di simboli e
gesti dando loro una veste e trasformandoli in immagini e pratiche da riconoscere e in cui
riconoscersi.

• Negoziazione
Il cinema si trova ad affrontare un’epoca contrassegnata da una grande varietà di tendenze e
nel mettere in forma negozia, operando un lavoro di confronto e ricomposizione. Il cinema
sa trovare un punto di equilibrio e possiede capacità di dialogo

- Mediazione tra estetico e comunicativo


- Capacità di far avanzare il nuovo facendo i conti col vecchio

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- Ricerca un compromesso tra istanze opposte (cinema mainstream, non bisogna essere
troppo esasperato) ma sa praticare la radicalità (cinema sperimentale)

Delluc ne parla facendo riferimento alla nudità nel cinema che da un lato potrebbe diventare
volgare e dall’altro potrebbe cadere nell’astrazione (perché la macchina da presa è in grado
di trasfigurare l’immagine che riprende). Si arriva quindi a una negoziazione, perseguendo
entrambe le strade e arrivando così ad un’intelligente bellezza. In generale, spesso durante
la produzione di un film si rischia di arrivare a scelte troppo drastiche ed è qui che entra in
gioco la negoziazione, il compromesso per arrivare a rendere queste scelte più “potabili” e
comprensibili.

Louis Delluc nel suo saggio “Le cinquième art” ci fa riflettere sulla sua estrema diffusione,
con la distribuzione delle sale in tutto il mondo, e anche sulla sua forza di persuasione “lo
schermo è più efficace di un discorso politico sulle masse internazionali”.

Nel 1920 Riflette inoltre sul senso della collettività del cinema e riesce a capire che ha la
stessa popolarità della tragedia greca a cui potevano accedere tutti i cittadini, di qualsiasi
rango sociale, proprio come il cinema che riunisce in una sala migliaia di persone in tutto il
mondo. Si può parlare di un vero e proprio gusto universale e lingua universale: si basa sulla
condivisione di valori apparentemente elementari ma comuni a tutti come l’amore, la
vendetta, il dovere ecc..

Quello che egli capta è non solo la sua capacità in quanti medium di coinvolgere e suscitare
interesse, ma anche di costruire una serie di figure e comportamenti nei quali una società
può ritrovarsi. Ciò che viene portato allo scoperto è la “messa in forma” —> la disponibilità
di intercettare indicazioni, a ripensarle, a fissarle in una nuova veste, fino a farle diventare
delle proposte autorevoli e condivise.

Il cinema è quindi una grande macchina per mettere in forma temi e comportamenti che
attraversano lo spazio sociale e lo fa nella quotidianità competendo con altri mezzi
comunicativi: giornali, letteratura, teatro ecc.. ma occupa sempre e comunque un ruolo di
primo piano grazie alla sua capacità espositiva.

CAP.2 - INQUADRARE IL MONDO

Balàzs durante i suoi scritti degli anni 20 afferma che il cinema riattiva la vista dell’uomo e
restituisce la realtà allo sguardo.
Primo Piano: il volto diventa il tutto in cui è concentrato il dramma; la fisionomia del volto è
legata al punto di vista cioè all’inquadratura

Doppia valenza del cinema: -


riscatta lo sguardo -
relativizza lo sguardo ancorandolo ad un atto percettivo: entra in campo un rapporto con
l’oggetto visivo, un punto di vista.

Il reale non è più a portata di occhio, vediamo sempre in modo parziale perchè guardiamo la
realtà sullo schermo; lo sguardo perde:

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- immediatezza
- neutralità —> vedendo la realtà sullo schermo da una certa prospettiva adottiamo un certo
atteggiamento e orientamento

- pienezza —> vediamo solo quello che la prospettiva adottata ci consente di cogliere.

La prospettiva dello sguardo cinematografico è una prospettiva ristretta, che comporta una
visione inevitabilmente personale e parziale.

L’inquadratura ci offre uno spazio limitato sul quale mostrare le varie scene ma grazie al
montaggio si propone il multiprospettivismo e si riesce a percepire più a fondo la totalità
della pellicola.

NAPOLEON di Abel Gance

Vengono utilizzate varie tecniche filmiche:

• SPLIT SCREEN: lo schermo si suddivide in 4 riquadri, poi in 6, poi in 9…


—> ogni porzione di schermo restituisce solo una porzione di avvenimento
—> lo schermo intero affiancando le porzione dell’evento supera il frammento
- Sovrimpressione
—> la combinazione di elementi compresenti moltiplica ai livelli dell’immagine
- Montaggio rapido
—> integrazione ottenuta nel tempo del fluire del film, si uniscono pezzi molto brevi
- Trittici
—> si punta ad abbracciare il reale e a tenerlo insieme al di là della parzialità
Mosca: sguardo plurale e sfaccettato, equivalente dell’occhio cinematografico
Aquila: sguardo che punta a un’idea di totalità, domina il mondo dall’alto
Imperatore: sguardo che si identifica con lo sguardo del protagonista della vicenda narrata
—> sguardo plurale e unità partitiva
Napoleon cerca di sfondare lo schermo rompendo i limiti della visione filmica.

GIOVANE E INNOCENTE di Alfred Hitchcock

Il finale del film in cui l’assassino viene catturato presenta molti punti di interesse: la scena
viene realizzata attraverso una gru che dall’insieme dell’orchestra si avvicina ad un solo
musicista in Primo Piano, che inizia a suonare sempre più fuori tempo fin quando non sviene
e viene catturato.
La gru sceglie di concentrarsi su una sola parte della scena che emerge dal resto: tra la folla
viene isolato un singolo individuo.

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Al contrario di Napoleon che lavorava sull’allargamento dello sguardo, questo lavora sulla
concentrazione, sulla delimitazione dello spazio visibile anziché sullo sfondamento. Nella
scena finale passiamo dall’oggettivo (inquadratura dell’assassino) all’oggettivo (inquadratura
di Erica e Old Willie dal punto di vista dell’assassino). L’attenzione si costruisce proprio su
questo: se da un lato isola un dettaglio, dall’altro chiede di ricostruire la scena intorno.
Pudovkin scrive del meccanismo di attenzione presente nel decoupage: il passaggio da
un’inquadratura all’altra segue lo spostarsi di un ideale osservatore interno al racconto,
come se avessimo in mano il mondo rappresentato sullo schermo.
Ad oggi con il piano sequenza e la profondità di campo l’attenzione volontaria dello
spettatore ha riacquistato una posizione di privilegio su quella involontaria. In sala facciamo
ciò che era prima il lavoro del film, scegliamo noi su quale dettaglio porre l’attenzione.

M, il mostro di Dusseldorf di Fritz Lang

Ci offre un’altra prospettiva sul gioco di attenzione ai dettagli nel cinema. Nella scena iniziale
non viene mostrato l’assassinio della bambina ma è fatto intendere: l’atto principale attorno
al quale ruota il film non viene mostrato. Si rende evidente così la parzialità dello sguardo
cinematografico: il visibile è sempre accompagnato dall’invisibile e l’invisibile può costituire
l’essenziale.
• Totalità dislocata: l’immagine filmica sarà sempre un frammento: esiste sempre
uno spazio del possibile e del filmabile.
-  Fuori campo: procedimento che ci riporta al funzionamento basilare del cinema,
per cui per ogni porzione di realtà ritratta dal cinematografo ce ne sono infinite non
ritratte

CITIZEN KANE (Quarto potere) di Orson Welles

Abbiamo visto come la totalità dell’immagine filmica possa portare a problematiche per
quanto riguarda la restituzione sullo schermo. Il cinema riconosce i propri limiti, e li
attribuisce al fatto di dipendere da un punto di vista ma esalta la propria capacità di visione.

Si può arrivare però a parlare di:

• Totalità partitiva —> nelle quali le parti si fanno sentire ancora come tali
• Totalità intensiva —> il frammento si carica di richiami
• Totalità decentrata —> c’è un richiamo all’oltre.
Il film si basa su un racconto fatto attraverso:

• flashback: si tratta di ricordi filtrati dalla memoria e dalla soggettività parlante


La vita di Rosebud viene raccontata con il principio campo/controcampo, vengono mostrate
delle cose e attraverso i racconti del passato di Susan si sanno delle altre. Funziona come
un gigantesco puzzle.

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•  resoconti a confronto: il debutto di Susan viene raccontata secondo due prospettive
inverse tanto da sembrare due storie diverse e non la stessa. La parzialità è inevitabile ma
i resoconti di ciascun testimone verranno racontavi poi a giornalisti passando ad essere
così di dominio pubblico. Un pò come succede al cinema: ogni inquadratura riflette un
punto di vista, fatto da milioni di spettatori, diventando così anche uno sguardo collettivo.

CAP. 3 - LA DOPPIA VISIONE


La presenza di un punto di vista nei film fa sì che tutto sia soggettivo (Es. l’inquadratura dal
punto di vista di un personaggio ci fa immergere nella sua soggetività). Possiamo dire allora
che non ci sia più un oggettività nel cinema?

Abbiamo due interventi che sono fondamentali nel comprendere meglio questa differenza:

Il dott. Allendy nei suoi scritti tra il 1926 e 28 scrive “nel caso in cui l’immagine è data dalla
vista che percepisce, apparirà come soggettiva. Nel caso in cui provenga dall’immagine che
la crea, l’immagine apparirà come soggettiva.” Il cinema dunque da spazio ad entrambe le
realtà, mima la nostra psiche sovrapponendo ciò di oggettivo che vediamo con la nostra
soggettività.

Lukàcs nel 1913 afferma che a differenza del teatro, al cinema anche se non tutto ciò che
vediamo è reale, tutto ci pare come realtà. “Tutto è ugualmente vero e reale”. Nessuno
stupore se nella stanza di un ubriaco i mobili si muovono, il suo letto vola con lui oltre la
città”.

LA GLACE A TROIS FACES di Jean Epstein

Primo caso da prendere in esame —>ha una struttura narrativa particolare a incastri:
seguono al prologo 4 episodi intitolati 1,2,3 e il quarto intitolato “lui” dedicato all’eroe
maschile. Ciascuno dei 3 primi episodi vede donne diverse raccontare del loro legame con
l’uomo e ci accorgiamo che nessuna delle descrizioni corrisponde all’uomo che nell’ultima
sequenza viene ripreso rispecchiato in uno specchio, in cui il suo volto si divide in altrettante
figure, scena altamente simbolica.

-  ciò che si vede dipende da chi lo vede


-  il reale è filtrato dallo sguardo e non è altro di ciò che si dà a vedere

! il cinema costringe la realtà a farsi apparenza e ne stabilisce lo statuto di verità.
Emerge in questo film il tema delle maschere e delle apparenze: la realtà non si offre mai
nella sua pienezza, ma sempre attraverso dei filtri e interpretazioni; anche nell’immagine
finale non vediamo l’uomo realmente, ma la sua immagine riflessa.

La struttura narrativa del film (1,2,3) ci suggerisce da quale punto di vista stiamo vedendo la
realtà e quindi come prenderla. Come diceva Balazs, capiamo quale PDV si adotta e i
conseguenti comportamenti.

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DARK PASSAGE di D. Daves (1947)
-  prima parte: visione soggettiva delle cose; inquadratura “vista da un
personaggio”, vediamo le cose dal punto di vista di un evaso da San Quentin.
!SOGGETTIVITA’

- -  seconda parte: visione diretta delle cose; inquadratura “vista da


nessuno” (Nobody’s shot) , l’evaso si fa plastica facciale e ne seguiamo tutta
l’azione.
!OGGETTIVITA’

Nella Hollywood degli anni 40 inizia a diffondersi l’adozione del punto di vista
soggettivo come tecnica filmica (point-of-view- shot), probabilmente per la
diffusione della psicanalisi e quindi per il bisogno di narrazioni più introspettive.

Dark Passage è esemplare riguardo la soggettività e l’oggettività nel cinema: tutto


ruota attorno al fatto che le inquadrature imitino lo sguardo di Vincent Perry o
provengano da un osservatore neutro esterno. Anche la parte finale in cui ci viene
mostrata San Francisco è tutta pervasa da un’atmosfera cupa, quasi a dimostrare
che ci troviamo nell’incubo di Humphrey Bogart, è tutto pervaso da un malessere
che è quello che lo caratterizza.

THE MAN WHO SHOT LIBERTY VALANCE di J. FORD (1962)

Antecedentemente abbiamo dimostrato come il cinema segua due strade contrapposte: da


un lato sovrappone soggettività e oggettività e dall’altro vuole creare una forte distinzione tra
le due.

Se in Dark Passage la mediazione che ci permetteva di arrivare ai fatti era lo sguardo


di Vincent Perry, in The man who shot liberty valance (western), la mediazione è
costituita dalla memoria. Il film si basa interamente sui flashback dei personaggi che
ricordano cosa è successo tempo prima (come Stoddard ha riportato l’ordine nella
città uccidendo il bandito Valance). Gli eroi principali Stoddard (giovane procuratore)
e Doniphon (spietato cowboy) rappresentano una contrapposizione spesso
esplorata dal cinema: azione e riflessione (S. È molto più osservatore, riflessivo, D è
quello che uccide Valance, uomo di fatti e non di parole). Ciò avviene quando ad
esempio c’è la distinzione tra Piano Americano (Azione) e Primo Piano (per mostrare
le emozioni sul volto)

Problema della memoria messo in scena dal cinema:



L’immagine filmica riflette il mondo e la rielaborazione che ne facciamo, con le sue
distorsioni e tutto ciò mette a nudo l’ambiguità della memoria, che:

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-  opera un risarcimento rispetto al passato
-  non può nulla contro l’immagine di passato che noi ci siamo fatti ed è
indissolubilmente legata alla soggettività.

Dialettica tra:
-  testimonianza di fatti (Lumiere) e invenzione/artificio (Melies)
-  cinema come luogo della rivelazione e restituzione della realtà mai neutra


Il ruolo di testimone giocato dal cinema è al contempo registrazione di fatti e


interpretazione degli stessi.

Edgar Morin a metà degli anni Cinquanta esplora come oggettività e soggettività si
mescolino indossolubilmente nell’esperienza filmica. Sullo scarno il mondo si
presenta in maniera oggettiva per come viene registrato, ma viene caricato di
valenze personali dallo spettatore. Si arriva ad una sorta di immaginario sartiano
(immagine oggettiva + immaginazione soggettiva). Il cinema tende a integrare il
flusso psichico dello spettatore nel flusso del film.

CAP. 4 - L’OCCHIO DI VETRO


Il protagonista di “Si Gira” di Pirandello (1910), Serafino Gubbio, è un operatore
cinematografico che durante il romanzo ci racconta come si senta ridotto ad una
mera cosa. Inizia un’osservazione sugli oggetti tecnologici che hanno ridotto l’uomo
ad uno schiavo di ciò che in realtà dovrebbe servire lui. Gli attori, davanti alla
macchina da presa, si sentono come in esilio da se stessi. Il mondo stesso è
diventato un “fragoroso e vertiginoso meccanismo” che ci cattura e ci travolge. Il
cinema, anch’esso una tecnologia, non costituisce un’eccezione, tuttavia riesce a
mettere a nudo la sottile logica che sta alla base del “congegno” del mondo
moderno. Sfruttando la sua impassibilità lo si può utilizzare per rappresentare la vita
e presentarla agli uomini in modo da farli rendere conto di cosa siano diventati.

Il cinema obbedisce alla legge generale portando allo scoperto i paradossi di questa
situazione:
-  il cinema copre l’inganno facendo sembrare vive le proprie rappresentazioni
-  il cinema rende il nostro sguardo ancora più acuto
-  sottrae la vita, la trasforma, la svuota
-  fa lievitare uno sguardo puntuale ed insieme rinnovato

!il cinema in definitiva porta a interrogarsi sulla natura delle macchine, che cessano
di essere utensili (al servizio e al comando diretto dell’uomo) per diventare

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macchinari (dispositivi autonomi che costringono l’uomo ad adattarsi) -  chi è il
soggetto che muove lo sguardo filmico?
-  Il che rapporti è l’occhio meccanico con l’occhio dell’uomo?

IO E LA SCIMMIA di Sedgwick

Il ruolo della ripresa è quello di aiutare ad identificare una porzione di mondo ed ha
una doppia valenza:

• l’evento ripreso deve apparire come realmente accaduto (effettività)


•  l’evento deve mostrare la propria rilevanza (rilevanza)
Nel corso della vicenda il cameraman realizza tre filmati:
1. opera che attraverso il montaggio e la sovrimpressione rivela una realtà inedita. Si
entra in una sorta di sogno ma i capi della MGM newsreel licenziano Luke perchè
necessitano di un operatore impassibile. Per loro la macchina da presa deve essere
un semplice occhi che restituisce la realtà effettiva così com’è, senza entrare in altri
mondi.

2. opera perfettamente in linea con i criteri che rendono identificabile un evento di


attualità; ma per riprendere “perfettamente” la realtà il cameraman deve
intervenire sulla realtà con mille espedienti. Tuttavia riesce nell’esperimento di essere
impassibile (come sarebbe stato S. Gubbio) e viene assunto di nuovo.


3. opera perfettamente in linea con i criteri che rendono identificabile un evento
di attualità. Ma!il filmato è realizzato da una scimmia. Questo ci riporta un pò alla
paura di Serafini Gubbio secondo cui un giorno il cinema avrebbe potuto funzionare
senza la mano dell’uomo.

L’UOMO CON LA MACCHINA DA PRESA di Vertov

Questo film viene presentato come “un brano dal diario di un cineoperatore”,
facendo continuare la scia del diario pirandelliana.

Il film si sviluppa secondo 3 linee principali:


- “La vita com’è sullo schermo” —> non è solo una parvenza di vita ma
un’esistenza vera e propria che si affianca alle altre due. Presenta oltre al tema del
cineoperatore anche il tema del lavoro e dello svago, momenti negativi della vita
ecc..

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- “La vita com’è sulla pellicola” —> molte scene raffiguranti il lavoro con le bobine,
tagliare, incollare, vediamo i fotogrammi del film presentati nella loro natura di
fotogrammi.
- “La vita come è.”
1923 Vertov pubblica un manifesto nel quale il cineocchio prende il sopravvento e
inizia a parlare in prima persona: “io sono il cineocchio. Io sono l’occhio meccanico.
Io, macchina, vi illustro il mondo come io solo posso vederlo. Io mi libero, da oggi e
per sempre, dall’immobilità umana.”

Fino a quel momento c’era l’idea di usare la cinepresa come mezzo per copiare la
realtà, quanto più la restituiva in maniera uguale, tanto meglio era. Si attua a questo
punto una rivoluzione che la vuole scardinare dalla “prigione” nella quale si trova per
potere operare autonomamente e far ricostruire la realtà per averne una migliore
comprensione. L’uomo con la macchina da presa riesce in quest’impresa perchè è
capace di far sentire la presenza della macchina costantemente, oppure affronta
temi classici come la vita e la morte filmandoli senza pudore.


La macchina da presa è capace di restituirci il mondo perché ne coglie il
meccanismo, lo esplora nel suo apparente caos, ne identifica i nessi essenziali e ne
ricostruisce il funzionamento. L’occhio della macchina ha vita propria.

!il cinema ha una valenza analitica.

Il film viene presentato come un esperimento, una fusione tra arte e scienza —>la
sperimentazione estetica, volta all’arricchimento del linguaggio filmico, e la ricerca
scientifica, volta ad analizzare il mondo e a coglierne le leggi. Anche la presenza del
diario risulta simbolica: rimanda da un lato all’idea degli appunti di un operatore-
poeta alla ricerca dell’ispirazione e dall’altro al protocollo di osservazione di uno
scienziato.

KING KONG di Cooper


Il viaggio della troupe si presenta come una duplice impresa: da un lato il
produttore-regista si appresta ad affrontare un’avventura impegnativa (andare
nell’isola e riuscire a “conquistare” il bestione, dall’altro la resa in termini economici
del documentario, è anche quindi un imprenditore).


La spedizione che porta alla scoperta e alla cattura di King Kong ha
una doppia implicazione: 

- avventura affascinante 


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- risvolti commerciali

che sottende il doppio significato della produzione di un’opera cinematografica: 

- filmare il mondo e intuirne la logica sottesa

—> dimensione documentaria: spettacolo mirato al consumo 



- produrre uno spettacolo

—> dimensione narrativa: necessità di manipolazione degli eventi che porta a non
poter più avere certezza dell’autenticità di ciò che vediamo

Filmare il mondo non è solo copiarlo come diceva Luke, ne solo ricostruirlo come
diceva Vertov. E’ una vera e propria produzione di spettacolo.

L’esperienza del cinema è in grado inoltre di: 

-portare lo spettatore in un luogo e in un tempo lontani
-far sì che lo spettatore resti distaccato dalla situazione rappresentata sullo schermo
e sia in una situazione di sicurezza, ma si senta comunque coinvolto. (Lo spettatore
non sente lo stesso pericolo di vita che hanno i personaggi del film ma lo
percepisce).

Il cinema è pura esperienza di voyeurismo e mira a catturare un’emozione, che sia
per lo spettatore senza rischio.

La speranza della riconquista di un racconto rispettoso delle ragioni del reale è
espressa metaforicamente dallo scimmione che esce dalla gabbia in cui era stato
imprigionato per terrorizzare la gente nelle strade di Broadway. Il comportamento di
King Kong è inoltre un riferimento alla ribellione della natura che, ogni volta che
viene colpita, reagisce ribellandosi, così come fa la bestia facendo stragi e razzie
lungo il suo percorso, per ribadire la sua potenza.

PASSION di Jean Luc Godard


Il regista Jerzi non mira alla cattura e alla riproduzione della realtà, ma al rifacimento
di grandi capolavori artistici (quadri di Goya, Delacroix, Russseau), che vuole
tradurre in tableaux vivants. La realtà che lo circonda non interessa al regista, ma
affiora e mette in scacco lo sforzo del regista che rinuncia al suo progetto. Le luci
sono sempre imperfette, ci sono sempre dei difetti nelle pose degli attori ecc..
-  le immagini cinematografiche non possono presentarsi come rielaborazioni di
qualcosa che a sua volta è già la rielaborazione della realtà. I quadri dei pittori
sopracitati non erano altro che una messa in scena della gente dell’epoca dal
punto di vista di chi li aveva dipinti.

Jerzi invidia ai pittori la loro capacità di dipingere creando una luce propria, al suo
contrario che sarà sempre insoddisfatto della luce artificiale dei set.

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-  il reale si fa sentire e lascia di sé una traccia molto evidente !il cinema ha ancora
a che fare con il reale.

La sua natura di macchina viene quindi sovrastata dalla Natura che è sempre
presente: se la possiamo avvertire è perchè c’è un occhio meccanico sensibile ad
essa.

The Cameraman —> dispiegare il mondo per darne testimonianza

L’uomo con la macchin.. —> dispiegarlo per poterlo spiegare

King Kong —>. Catturarlo per farne spettacolo

Il film di Jerzi —> lasciarlo da parte per interessarsi solo ad altre immagini

Passion —> ritrovarselo inevitabilmente nel mirino e doverne registrare le tracce


CAP 5. - SENSAZIONI FORTI


Kracauer ci invita a pensare al cinematografo come un vero e proprio luogo di culto
dove la religione, il credo è il divertimento. La sua caratteristica è l’accurata
magnificenza della loro esteriorità. Vi si esibisce la superficialità, lo splendore,
l’esteriorità. Gli spazi, l’arredo servono a colpire chi vi entra, a lasciarvi un segno e a
stupirlo. Tutto ciò colpisce tutti i nostri sensi in una maniera così forte e aggressiva
che c’è il rischio di far “perdere” lo spettatore.

Il culto del divertimento rispecchia la società frammentata, confusa ed eccitata che


sta emergendo attorno alle centralità delle masse nel 1900 → L'abitante della
metropoli è sottoposto ad un rapido e ininterrotto avvicendarsi di
impressioni esteriori e interiori. È continuament.e esposto agli stimoli che
provengono sia da sé stesso sia dal mondo circostante

Simmel Ci dice che nella vita moderna gli stimoli provengono dall'interno e
soprattutto dall'esterno e hanno un carattere aggressivo, funzionano come
delle provocazioni e finiscono per produrre uno shock. → Serve una difesa:

-  il ricorso all’intelletto —> cercare di difendersi dallo sradicamento di cui lo


minacciano i flussi dell’ambiente in cui vive. Secondo
-  l’indifferenza —> noncuranza, atteggiamento che ritroviamo nel blasé (al Simmel
blasé tutto appare di colore uniforme, grigio)

-  uno “schermo di protezione” (idea già formulata da Freud) secondo Benjamin “le
enormi energie che operano nel mondo esterno debbono misurarsi con la corteccia
che si forma sulla superficie esterna dell’uomo. Lo strato corticale contribuisce a
ridurre l’eccessiva eccitazione e consente all’organismo di avere comunque un

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“assaggio” di cosa gli succede intorno.
-  il gioco (ancora Freud) —> grazie all’attività ludica i bambini possono ripetere
tutto ciò che ha creato spavento in loro, o che comunque gli ha lasciato un segno,
sottoforma di gioco e quindi far si che diventino padroni di quella cosa.

Lo spettacolo filmico è strettamente collegato all’eccitazione dei sensi, insegue un


bombardamento di impressioni, una cascata di richiami. Il cinema per un verso
eccita e facendo ciò porta anche a destabilizzare. Tuttavia l’eccitazione che vuole
arrecare non è mai volta alla perdizione dello spettatore ma gli fornisce solo uno
sguardo eccitato, meravigliato. Il cinema tiene conto delle ambiguità intrinseche alla
realtà moderna pertanto se da un lato eccita e “bombarda” di stimoli lo spettatore,
dall’altro cerca forme di riparo rispetto alle sollecitazioni troppo violente.


Forme di eccitazione sensoriale: 

- ebbrezza del movimento 

-  ebbrezza del cambiamento 

- ebbrezza del ritmo 

La velocità è un elemento importante e sempre presente all’interno del cinema.
Viene preso come esempio il film Intolerance di Griffith: Ci sono movimenti che
coinvolgono tutto e tutti, la gara dell’automobile e l’accelerazione dei cocchi, la
corsia della locomotiva. Viene celebrata l’ebbrezza della velocità. Presenta una
grande ricchezza di movimenti di macchina.

Tecnica prevalente:

cross-cutting —> la macchina inquadra una situazione poi si sposta su un’altra poi
ritorna alla precedente con una tale velocità che tuttavia non ci fa mai perdere il
senso del luogo in cui siamo.

Suspense —> serve a farci percepire quello che sta succedendo e insieme a farci
immaginare quello che potrà succedere. Ci fa correre con i protagonisti della
storia.→ Occhio preveggente

Nel Film la velocità fa sorgere degli atteggiamenti:

●attesa: per la soluzione del dramma → il tempo va più lento e crea angoscia

●Tentazione della fuga

●Tentazione di fermarsi: Desiderio di sottrarsi e porre fine a ogni forma di eccitazione

Pericoli connessi: 

- perdita dell’orientamento 


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- incapacità di afferrare le nuove forme 

- smarrimento del senso delle cose 

La velocità offusca l’esatta percezione delle cose

• Come reagisce il cinema:


- sguardo veloce, ma che non si perde
- sguardo che si sa aprire al nuovo e sa separare il nuovo dal vecchio
- sguardo che si attrezza contro la paura dell’ignoto: nel processo di figurazione e
ri-figurazione .il cinema fa apparire il nuovo come l’effetto di una ri-generazione e
quindi come qualcosa di accettabile.
- sguardo che sa accogliere ogni sollecitazione e sa rimettersi sulla strada del
senso

Il cinema è in grado di misurarsi con un mondo eccitato; la dialettica tra


intensificazione della vita nervosa e difesa dall’eccesso di sensazioni trova nel
cinema un punto di equilibrio: siamo di fronte a una dinamica di negoziazione.

• - negoziazione tra pienezza di sensazioni e riconquista di un senso, in riferimento a:

-  strumenti dell’osservazione scientifica

- pittura novecentesca che mira ad acuire i sensi dell’osservatore

-  letteratura che esplora le zone incerte della realtà

!dinamica negoziale che punta a trovare delle confluenze tra spinte ed esigenze
diverse e che si intreccia con un processo di messa in forma.

L’ordine narrativo altro non è che un modo per organizzare l’eccitazione sensoriale
(messa in forma)
-  calcolo delle pressioni esercitate sullo spettatore
-  orientamento dell’emozione dello spettatore

N.B. il montaggio è lo strumento per eccellenza di negoziazione —> secondo
EJZENSTEIN è esso che garantisce il calcolo delle pressioni esercitate sullo
spettatore, si mette in gioco un vero e proprio “modellaggio psicologico”. Il
montaggio assicura la possibilità di collegare in modo calcolato tra loro i singoli
spunti offerti allo spettatore.

Il problema essenziale consiste nel trovare, di fronte all’ eccitazione sensoriale, dei
modi per organizzarla. L'ordine narrativo è uno di questi modi: il racconto mette in

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fila, collega tra loro e rende reciprocamente funzionali gli stimoli sensoriali; appunto,
da loro un senso.

CAP 6 - IL POSTO DELL’OSSERVATORE

“Le cinématographe vue de l’Etna” è uno dei testi più suggestivi di Jean Epstein→ È
in mezzo a un paesaggio vivo che lo coinvolge e descrive: una salita (verso il
vulcano) e una discesa in uno spazio tutto chiuso=scalinata con specchi sulle pareti
→ ti costringe a guardarti, ti ritrovi davanti).

Richiamo al cinema: La macchina da presa ti costringe a metterti a nudo ed


esprimere la verità, a guardarti senza scuse, daqui nasce il senso di disagio. →
Dunque una salita, che è un andare verso il cuore delle cose e una discesa, che è
ritrovarsi al centro dello spettacolo, scoprirsi oggetto del proprio sguardo.

Il cinema replica questo doppio movimento: la cinepresa Infatti si ritrova implicata in


quanto sta filmando; stessa cosa per lo spettatore. Chi è di fronte allo schermo tenta
ad aderire a ciò a cui sta assistendo; si proietta e insieme si identifica nella realtà
raffigurata.

• Uncle Josh at the moving picture show —> di Porter, 1902 → Svolge il tema
dello sciocco che va al cinema e scambia l'illusione per la realtà. → abbiamo uno
spettatore messo di fronte a uno schermo la cui rappresentazione ne provoca la
reazione fino a voler partecipare alla situazione (alla fine vuole entrare nella
pellicola ma il telone bianco cade rivelando l’operatore e la cinepresa)67y00’0

• ATTRAZIONE DELLE IMMAGINI [Victor Oscar Freeburg nel suo libro The Art of
Photoplay Making: Ci dice che le immagini filmiche attraggono; e lo fanno
attraverso tre forme di fascino: il richiamo visivo, il richiamo emozionale, il
richiamo intellettuale. Uno dei fattori più importanti di queste attrazioni è il senso
di contatto che lo spettatore ha con quanto appare sullo schermo: un contatto
quasi fisico che opera anche a livello intellettuale nella forma di una curiosità per
il nuovo]

L’attrazione, sul versante delle immagini ci porta a parlare di tecniche:

• PRIMO PIANO (occupare l'intero campo visivo stabilisce con lo spettatore un


rapporto esclusivo) → comporta anche un'esplosione sul piano emotivo e il

• DETTAGLIO [Richiama al processo che in generale si realizza tra otto e


Novecento: progressivo annullamento delle distanze grazie a sistema dei trasporti
in cui tutto può essere messo in contatto con tutto]

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The Crowd di King Vidor, 1928 → Marito e moglie Assistono a uno spettacolo di
vaudeville: la cinepresa inquadra in primo piano i due coniugi; poi, inquadra l'intera
sala del teatro, dove una folla sta guardando lo stesso spettacolo. (Scena finale)

→ la scena ha:

-valore morale:Il movimento di macchina serve a congiungere un individuo alla


massa degli individui che lo circonda = PROBLEMA DI VICINANZA E
PARTECIPAZIONE = Il personaggio in sala, più che rapportarsi con lo schermo, si
trova a rapportarsi con coloro che gli stanno a fianco. Vi è inoltre ancora una volta la
presenza di un tema metalinguistico —> parlare di cinema all’interno del cinema.

Nel film di Porter abbiamo il desiderio da parte di uno spettatore di immergersi nello
spettacolo; nel film di Vidor abbiamo invece la resistenza da parte di un individuo a
immergersi nel corpo sociale, resistenza alla fine diventa quando l'individuo diventa
spettatore e l'ambiente in cui si muove è quello di una sala cinematografica.

La sala cinematografica rappresenta uno specchio perfetto di contesto sociale in


cui un individuo si trova a muoversi ed è il luogo in cui avviene una vera e propria
fusione tra l’individuo e il suo ambiente poiché:
-  ci si muove in uno spazio pieno e attivo
-  dobbiamo confrontarci con una massa
-  dobbiamo arrivare a far parte di un corpo sociale

• BLOW UP - Antonioni —> L'inquadratura finale inizia con una scena che sembra
vista da qualcuno, ma anziché concludersi con uno stacco che ci riporta a quel
qualcuno che guarda, si conclude con la scoperta che L'osservatore è da sempre
in scena, dentro quello che si supponeva essere il suo campo di osservazione. →
non abbiamo più a che fare con una Soggettiva ma una Semisoggettiva
(Inquadratura che ingloba nello stesso campo visivo sia l'oggetto visto sia il
soggetto vedente)

In questo campo visivo si intersecano e si sovrappongono molteplici sguardi.

La modernità sancisce la liquidazione di quel “teatro della visione” che a lungo


aveva funzionato a modello dell’attività scopica; un tale “teatro” era basato sulla
presenza di un soggetto vedente e di un oggetto visto ben separati tra loro, con il
primo che coglie e si impadronisce del secondo.

Il cinema incarna il bisogno di un rapporto fusivo tra soggetto, oggetto e ambiente,
ma lo fa offrendo una fusione in parte immaginaria e in parte temporalmente
limitata:

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• fusione immaginaria

chi segue il film si confronta non con la realtà, ma con immagini che sembrano
realtà.

• fusione delimitata

quando le luci della sala si riaccendono lo spettatore interrompe il suo rapporto
con lo spettacolo

Riassumendo, l’apparato cinematografico:

• -  crea le condizioni per un’unità fusiva tra soggetto, oggetto e ambiente


-  crea le condizioni perché questa fusione non si realizzi fino in fondo.

• !solo la conservazione di un confine impalpabile permette allo spettatore di


godere dello spettacolo e di esercitare su esso il proprio controllo. Il confine è
necessario.

in sintesi: Uncle Josh ci ha offerto un’ironica illustrazione dell’attrattiva che un film


esercita su chi lo vede e in conseguenza del senso di prossimità e di interazione che
si stabilisce tra chi sta in sala e ciò che sta sullo schermo.

The Crowd ha spostato l'attenzione sulla relazione tra lo spettatore e il pubblico che
lo circonda.

Blow Up dimostra che ci si può fondere sia con lo spettacolo che con l'ambiente,
nella misura in cui sono entrambi i territori attraversati da una rete di sguardi. Il
primo piano, con il senso di prossimità che trasmette; la gru, con la capacità di
immergere il personaggio nell'ambiente in cui egli vive; e la semisoggettiva, in cui un
personaggio che osserva è colto assieme agli oggetti visti → Sono i tre
procedimenti di questo percorso.

CAP 7 - GLOSSE, OSSIMORI E DISCIPLINA

Glosse→ Il cinema ha sviluppato un commento diretto o indiretto su se stesso, non


per il piacere di parlarci addosso, ma per trovare una propria definizione insieme per
renderla condivisibile e condivisa. Grazie alle glosse, interne ed esterne, il cinema è
riuscito sia formulare una certa idea di se, sia farla diventare familiare nella grande
platea pubblica. Il cinema ha fatto emergere in quale quadro voleva essere pensato,
come voleva essere interpretato.

Se è vero che opere teoriche e interventi teorici danno forma al cinema, è anche
vero che il cinema a sua volta dà forma a istanze che si muovono attorno grazie ad

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esso. Il cinema è modellato, ma a sua volta modella. La sua capacità di costruire
uno sguardo del tempo si gioca innanzitutto in questo doppio incastro.

Il cinema cerca di destreggiarsi tra spinte e controspinte negoziando tra loro. Cerca
di confrontare le parti in causa, di chiarire le diverse posizioni e di far emergere
soluzioni accettate da tutti e in cui tutti possono riconoscersi.

Il cinema cerca un compromesso in cui i conflitti non siano cancellati ma siano in


qualche modo ricomposti. Ad esempio: l’inquadratura ci ricorda indubbiamente
come lo sguardo possa afferrare solo una parte del mondo, ma allo stesso tempo
sappiamo che dura nel tempo; il flashback ci segnalano che lo sguardo è sempre
filtrato ma danno anche una forte oggettivazione ad un punto di vista che si
vorrebbe personale; il Primo piano crea una forte emozione nello spettatore ma allo
stesso tempo gli ricorda che lo include solo immaginariamente.

La negoziazione tuttavia anche se cerca di raccordare spinte e contro-spinte


inevitabilmente le ridefinisce. ES. l’inquadratura ci segnala la presenza sia di uno
spazio in che uno spazio off e prova a raccordarli. Sullo schermo vedo solo una
porzione di mondo ma avverto anche ciò che è presente al di fuori. L’inquadratura
creando un campo a un fuori campo, li oppone e allo stesso tempo li fa incontrare e
ciò che non arriva a fare l’inquadratura lo fa comunque il montaggio.

-  frammento/totalità
-  percezioni soggettive/dati di fatto
-  sguardo acuto/ruolo attivo dell’uomo
-  eccitazione sensoriale/controllo umano
-  fusione tra spettatore e spettacolo/distanza tra spettacolo e spettatore

Disciplina → la disciplina nel film assicura l'organizzazione delle attività sul piano
spaziale, temporale, categoriale e logico. Un film organizza il proprio sguardo e
infatti troviamo processi di localizzazione spaziale, di articolazione temporale, di
strutturazione dei segmenti e di costruzione di un organismo compatto

Sguardo ossimorico→ Possiamo individuare dei tratti:

Visibilità e:

1. evidenza: L'occhio trova sullo schermo la realtà vera e la esplora

2. completezza: I bordi delle immagini sono frammenti di mondo che Uniti dal
montaggio ci danno una visione completa

3.immediatezza: l'occhio della macchina da presa fa da filtro al mondo quindi


opera suo sguardo

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4. intensità: il cinema sfida la percezione e costringe ad un'attenzione costante
riservando continuamente delle sorprese

5. intelligibilità: Al cinema viviamo le cose ancora prima di capirle.

6. collettività: il cinema da a tutti il diritto di vedere

7. protesi:lo sguardo del cinema si appoggia ad un dispositivo tecnologico che


diventa il prolungamento del nostro organo della vista

8. Implicazione: al cinema, lo spettatore è immerso nello spettacolo

9. costo: il vedere ha un prezzo

10. sicurezza: garantisce una visione al riparo da ogni rischio

Questi tratti mostrano bene gli snodi attorno a cui cinema lavora punto.it
compromesso, ma anche punti che indicano strade percorribili e da percorrere. e
attorno ad essi che il cinema ha intrecciato il dialogo con il suo tempo.

CAP.8 - QUEL CHE RESTA DEL GIORNO


l cinema nell’epoca del post-moderno non può operare con le stesse operazioni con
cui avva operato il cinema del Novecento e il processo di negoziazione è affidato ad
altri media quali la televisione, il telefonino, internet, ecc. L’epoca attuale inoltre, più
che un lavoro di confronto e compenetrazione, sembra incline a uno slittamento,
allo scivolamento senza soluzione di continuità, al morphing. Perdendo la sua
capacità di negoziazione il cinema smarrisce anche il suo ruolo di guida all’esercizio
scopico.

Caratteristiche peculiari del “Cinema due”:


Il cinema è cambiato insieme al tempo e allo scenario a tal punto da non essere più
lo stesso → la trasformazione emerge da tre grandi sfide:

➢Ci sono nuovi modi per produrre le immagini filmiche (immagini digitali)
 mirabolanti effetti speciali —> l’immagine filmica si sgancia dalla realtà diventando
simulacro, esibisce realtà che non esistono in natura.

➢nuovi modi per guardare i film (on demand, pc, internet..). Del resto anche la sala
è cambiata: tra multiplex, Imax... , non ha più i caratteri di un tempo; nuovi modi
di fruizione del film: da dimensione collettiva a dimensione sempre più
individualistica (passaggio da pubblico a audience perchè ai giorni nostri ormai i

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film si guardano da casa, Pay per View, ondemand ecc) esplosione delle nuove
tecnologie dell'informazione e della comunicazione

• -  lavoro di de-figurazione piuttosto che di ri-figurazione

Alla luce del cambiamento del cinema è possibile definire quello che è stato il ruolo
del cinema nel novecento: è stato lo strumento attraverso cui abbiamo conservato
una relazione con il mondo e nello stesso tempo abbiamo riflettuto sulla sua perdita.
Il film continua largamente ad essere un format tipico e un oggetto da fruire: ma il
territorio

cui fa riferimento diventa più largo. Anche il suo ruolo rimane rilevante, poiché per
esempio le immagini possiedono spesso quella alta definizione che manca ad altri
media. Inoltre le immagini filmiche sono ancora portatrici di racconto, là dove gli
altri domini mediali inclinano ad un intrattenimento spesso senza narrazione.

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