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Gabriele Archetti
Luca Giarelli
Francesca Roncoroni
Paola Zanovello
1
Aquae divinae
riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
Soggetto promotore:
Parco dell’Adamello
Comunità Montana di Valle Camonica
Piazza Tassara 3
25043 Breno (BS)
Contributi:
- Testi: Gabriele Archetti, Luca Giarelli, Francesca Roncoroni, Paola Zanovello.
- Fotografie: Gianpietro Bolis (pp. 53, 84), Dario Furlanetto (pp. 10, 79), Luca Giarelli (pp. 21,
72), Andrea Laffranchi (pp. 26, 58), Giovanni Morandini (pp. 25, 31), Valerio Orlandini (p. 55).
- Copertina: Giovanni Morandini (Fiume Oglio, Esine).
- Illustrazioni e cartografia: Bruna Poetini (p. 16), Moravian Library (p. 89).
Si ringraziano gli autori delle fotografie e delle illustrazioni che hanno gentilmente messo a
disposizione il materiale per il completamento dell’opera.
Senza il permesso scritto è vietata la riproduzione del presente lavoro sotto qualsiasi forma.
Prima edizione italiana, giugno 2015.
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Indice
Dario Furlanetto » 7
Presentazione
1. Luca Giarelli » 9
Acque sante e santi d'acqua
Introduzione
2. Francesca Roncoroni » 25
Ritualità delle acque nella protostoria.
Breve analisi di un fenomeno archeo-antropologico in area alpina
e in Italia settentionale
3. Paola Zanovello » 57
Le acque nei miti di epoca classica
4. Gabriele Archetti » 67
La diffusione del cristianesimo lungo le vie d’acqua
Suggestioni dall’area alpina
3
Prefazione
Oliviero Valzelli
Presidente Comunità Montana di Valle Camonica
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Prefazione
Sonia Cantoni
Consigliere delegato alle tematiche ambientali della Fondazione CARIPLO
L’acqua è una risorsa essenziale per la vita del nostro pianeta, per uno svi-
luppo sostenibile di tutti i territori, di tutte le comunità. Ma è anche una risorsa
limitata, a rischio, soggetta a molte pressioni. Inquinamento, siccità, allaga-
menti sono i fenomeni legati all’acqua che si manifestano con sempre maggio-
re e devastante intensità. Su questi fenomeni incidono sia l’uso indiscriminato
dell’acqua, che la gestione incontrollata dei processi di produzione e consumo
dei beni, i rifiuti che vengono immessi nell’ambiente, il consumo di suolo, lo
spreco di energia e i cambiamenti climatici già in atto.
La diversità biologica è la variabilità degli organismi viventi, degli ecosistemi
terrestri, acquatici e i complessi ecologici che essi costituiscono, coesistenza di
svariate forme di vita, tutte utili e selezionate nel corso dei millenni. La biodiver-
sità è «il pilastro della salute del nostro pianeta», dalla varietà di forme di vita ani-
mali e vegetali, infatti, dipendono sia la qualità dell’esistenza umana sia la nostra
stessa possibilità di sopravvivenza. Se la varietà della vita è più ampia, infatti,
ogni ecosistema reagisce meglio, è più «resiliente» rispetto alle pressioni negati-
ve. Ma anche la biodiversità dei nostri ambienti, nel nostro territorio, è a rischio.
La relazione tra acqua e biodiversità è molto stretta: l’acqua gioca un ruo-
lo importante in tutti i processi biologici, la biodiversità promuove la qualità
dell’acqua, disponibilità e qualità dell’acqua condizionano la consistenza della
biodiversità in un ecosistema, i corsi d’acqua possono svolgere la funzione
strategica di corridoi ecologici per le specie sia acquatiche sia terrestri.
Ecco perché salvaguardare la biodiversità di specie faunistiche e floristiche,
attraverso la tutela e lo sviluppo dei corridoi ecologici sia terrestri che fluviali, è
da anni un obiettivo di interesse prioritario per l’Area Ambiente della Fondazione
Cariplo. In particolare dal 2006 - grazie ai bandi «Tutelare la qualità delle acque»,
5
«Tutelare e valorizzare la biodiversità» e dal 2012 con il bando «Realizzare le con-
nessioni ecologiche» - sono stati finanziati oltre 250 progetti mirati a proteggere
l’ambiente della nostra regione, attraverso attività di studio, monitoraggio, pianifi-
cazione, progettazione e anche la realizzazione di interventi concreti sul territorio.
Il Parco regionale dell’Adamello Lombardo è un esempio virtuoso di ammi-
nistrazione pubblica, impegnato com’è nella valorizzazione e nel potenziamen-
to della rete ecologica fluviale che da Ponte di Legno - nell’estrema area setten-
trionale della Valle Camonica - arriva fino a Darfo Boario Terme e oltre grazie
alle positive collaborazioni con il Parco regionale dell’Oglio Nord e il GAL
Valle Camonica Val di Scalve. La pianificazione e la progettazione di interventi
di riqualificazione fluviale e miglioramento di habitat presenti lungo il corso
del fiume Oglio trovano in particolare realizzazione grazie ai progetti «Azioni
e interventi finalizzati al miglioramento delle condizioni ecologiche, paesag-
gistiche e idromorfologiche del Fiume Oglio nel suo tratto intermedio (Edolo
– Breno)» e «Interventi funzionali al miglioramento della connessione ecolo-
gica del Fiume Oglio nel suo tratto intermedio (Darfo Boario Terme e Breno)»
(rispettivamente sui bandi «Connessione ecologica» 2012 e 2013). Si tratta di
interventi finalizzati al potenziamento della connettività fluviale longitudinale e
laterale, attraverso azioni di miglioramento delle condizioni ecologiche, biolo-
giche e idromorfologiche del fiume Oglio, «corridoio regionale primario» con
funzioni di collegamento nord-sud fino al bacino del Lago d’Iseo.
La realizzazione e la divulgazione di questo volume rappresentano una tappa
importante del percorso di collaborazione tra il Parco, le amministrazioni locali
e gli stakeholders presenti sul territorio, con il supporto di Fondazione Cariplo.
Riteniamo quindi di estrema importanza proseguire su questa strada che sta
portando a risultati eccellenti per la salvaguardia della biodiversità. La comu-
nicazione e la sensibilizzazione nei confronti dei cittadini, in un contesto di più
ampio respiro, regionale e con attenzione ai fenomeni globali in atto, sono un
tassello fondamentale per la salvaguardia del nostro territorio.
La Fondazione Cariplo continuerà a sostenere questo impegno e a diffondere
il valore di questa esperienza.
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Presentazione
Dario Furlanetto
Direttore Parco dell’Adamello
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Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
il possesso dell’acqua - locali e mondiali – alle «acque della paura» - tra esse
quelle del Gleno e della Val Rabbia- , non poteva mancare il tema del valore
«sacro» dell’acqua.
Gli antichi greci pensavano che Gea - o Gaia, la Madre Terra - fosse emersa
dal «caos primordiale». «Caos» è l’origine etimologica della parola gas e oggi
la scienza ci racconta che fu proprio dal gas e dalla polvere che si formò la Ter-
ra, insieme al Sole e agli altri pianeti del nostro sistema. Le moderne scoperte
sull’origine dell’Universo, a ben guardare, non sembrano poi così lontane dai
miti che hanno portato a immaginare l’origine della vita sulla terra.
Di converso, l’immagine della molecola d’acqua come unione di due atomi
di idrogeno con uno di ossigeno, se è lontana dall’idea di Democrito di un ele-
mento formato da particelle sferiche, scivolose, indivisibili, non ci offre ancor
oggi alcun indizio del perché essa sia così speciale, del perché sia la quintes-
senza dei liquidi e dei solventi, l’elemento dei fiocchi di neve e dei ghiacciai
e l’essenza stessa della vita sulla Terra. Più di quattromila anni di filosofia, di
chimica, di fisica non hanno svelato il mistero: volendo ben guardare, siamo
ancora all’inizio del nostro viaggio.
Nella storia dell’umanità, l’acqua che bagnò e alimentò le radici della civiltà
umana era acqua dolce, non salata. Le quattro grandi civiltà più antiche sorse-
ro nei pressi dei fiumi, nelle loro fertili pianure alluvionali: la Mesopotamia,
abbracciata dal Tigri e dall’Eufrate (nel moderno Iraq); la cultura Harrapan
sull’Indo (in quello che oggi è il Pakistan); la civiltà cinese, lungo i potenti
Fiumi Giallo e Azzurro, che discendono dalle cime dell’altopiano del Tibet;
quella egizia, lungo il Nilo.
La natura essenziale di questa dipendenza dall’acqua si riflette linguistica-
mente nel persiano, il cui dizionario comincia con la parola ab, che significa
acqua. Qui sta la radice della parola abode (dimora), dal persiano abad; e da
qui deriva abadan, che significa «civilizzato». In questo caso, davvero alla
lettera, l’acqua è la culla delle civiltà.
È partendo da queste considerazioni che nell’ambito della Fiera della soste-
nibilità nella natura alpina, edizione 2013, a Breno, presso il Palazzo della
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Presentazione
Cultura, venerdì 28 giugno 2013 si tenne un convegno dal titolo «Le acque del
mito nelle Alpi: acqua santa e acque del diavolo» dai cui contenuti ha preso
idea e corpo il testo che qui presentiamo.
Un ringraziamento va innanzitutto a Luca Giarelli, organizzatore dell’evento
e oggi coautore e curatore del testo «Aquae divinae» ed a seguire ai tre relatori,
oggi Autori, dei testi che lo compendiano, dandogli corpo, scientifica attenzio-
ne e piacevole lettura.
Questa edizione, voluta dal Parco Adamello nell’ambito della propria colla-
na storica, è stata possibile grazie al contributo di Fondazione CARIPLO che,
nell’ambito del progetto «Interventi funzionali al miglioramento della connes-
sione ecologica del fiume Oglio nel suo tratto intermedio (Edolo – Breno)» sta
sostenendo la riqualificazione, oltreché ecologica, paesaggistica e fruitiva del
fiume Oglio, non solo nel tratto citato ma, con un ulteriore intervento finanziato
recentemente, anche nel tratto Breno–Darfo Boario Terme. Questo volume va
dunque a integrare una serie di prodotti editoriali messi in campo dal Parco
Adamello per meglio conoscere e quindi tutelare il patrimonio naturale e scien-
tifico, ma prima ancora di ciò, culturale e identitario, della Valle Camonica.
Nulla di più pericoloso vi è, infatti, che l’oblio e l’ignoranza delle cose, sia-
no esse di natura, di scienza, di storia o di generale cultura. Solo con la cono-
scenza è possibile comprendere, sapere, «intelligere», ovvero leggere le cose
dall’interno, dalla loro essenza e quindi essere in grado di apprezzare e persino
amare. Senza comprensione non vi è capacità di azione, senza azione non vi è
tutela. Le acque della Valle Camonica hanno bisogno di comprensione nel loro
valore, di intelligenza per la loro gestione e di azioni concrete per la loro tutela.
A ciò deve contribuire questo testo!
9
Fiume Oglio e Pizzo Badile Camuno. 10
Luca Giarelli
«All’inizio di tutte le cose, la Madre Terra emerse dal Caos e generò nel son-
no suo figlio Urano. Dall’alto delle montagne Urano guardò la dea con occhio
amoroso e versò piogge feconde nelle sue pieghe segrete ed essa generò erba,
1
Un’illustrazione sui vari significati delle acque in epoca antica in: M. Dall’Aglio, I culti
delle Acque nell’Italia antica, Imola 2009. Alcuni spunti interessanti ritornano anche in S.
Tonutti, Acqua e antropologia, Bologna 2007.
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Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
alberi e fiori, unitamente alle belve e agli uccelli. Quelle stesse piogge fecero poi
scorrere i fiumi e colmaro d’acqua i bacini, e così si formarono laghi e mari»2.
«E come [Crono] ebbe tagliati i genitali [al padre Urano] con l’adamante
lì getto dalla terra nel mare molto agitato, e furono portati al largo, per molto
tempo; attorno bianca la spuma dall’immortale membro sortì, e in essa una fan-
ciulla nacque, e dapprima a Citera divina giunse, e di lì poi giunse a Cipro molto
lambita dai flutti; lì approdò, la dea veneranda e bella, e attorno l’erba sotto i
piedi nasceva; lei Afrodite»3.
Il Signore dei Mari era il dio Poseidone4, fratello di Zeus. Oltre a lui
i racconti classici enumeravano un ampio numero di divinità legate alle
acque. Tra quelle primigenie, illustrate nelle teogonie, vi sono Ponto, il
«mare infecondo di gonfiore furente», generato da Gea (la Terra) che si
autofecondò, e Oceano, nato dall’unione tra Urano e Gea5. Quest’ulti-
mo, definito «fiume» (ποταμοῖo Ὠκεανοῦ), era descritto come un corso
d’acqua che scorreva tutt’intorno alle terre emerse. Grazie al suo movi-
mento sia i fiumi e che i mari erano connessi e rimessi in circolo6.
2
R. Graves, I miti greci, I, Milano 1963, 3, p. 25.
3
Esiodo, Teogonia, vv. 188-195. Secondo alcuni il nome stesso di Afrodite era collegato al
termine ἀφρός (spuma del mare). Altri invece lo preferiscano derivato da divinità mediorien-
tali, come la fenicia Astarte.
4
A partire dal lectisternium del 399 a.C. il Poseidone greco fu associato Nettuno dei romani,
inizialmente divinità delle acque correnti (Livio, Ab Urbe Condita, V, 13). Riferimenti ai
Neptunalia in area padana in: S. Solano, Il calendario di Guidizzolo (Mantova). Feste e culti
in età romana, Carpenedolo 2012, p. 20.
5
Esiodo, op. cit., vv. 131-133.
6
Omero, Iliade, XXI, vv. 196-197. Omero descrive Oceano come «origine dei numi» (θεῶν
γένεσις) (ibidem, XIV, vv. 201; 246). Leonardo Da Vinci concordava con questa visione: «sì
che si può conchiudere che l’acqua vadi dai fiumi al mare e dal mare ai fiumi, sempre così
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Acque sante e santi d’acqua
Per quanto non esista nella tradizione dell’antica Grecia un’unica ver-
sione della creazione del mondo, quasi tutti i miti concordano che ogni
cosa ebbe orgine dal Caos. Uno di essi ricorda come all’inizio dei tempi,
ancor prima nascita della terra, sia i cieli che le acque già esistessero.
«All’inizio Eurinome, Dea di Tutte le Cose, emerse nuda dal Caos e non tro-
vò nulla di solido per posarvi i piedi: divise allora il mare dal cielo e intrecciò
sola una danza sulle onde».
«In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era sterminata e vuota, le te-
nebre erano sulla faccia dell’abisso e lo spirito di Dio si librava sulla superficie
delle acque» [...] «Dio disse poi: sia una distesa in mezzo alle acque che separi
le une dalle altre. Dio fece la distesa e separò le acque che sono al di sotto della
distesa da quelle che sono al di sopra di essa. E così fu. Dio chiamò cielo la
distesa; così fu sera e fu mattino, un secondo giorno. Dio disse ‹si riuniscano le
acque che sono al di sotto del cielo in un sol luogo sì che apparisca l’asciutto›.
E così fu. Dio chiamò l’asciutto terra e chiamò mari l’ammasso delle acque»9.
raggirando e voltandosi e che tutto il mare e i fiumi sia[no] passati per la bocca del Nilo infi-
nite volte» (Manoscritto A, Paris, f. 56 r-v).
7
R. Graves, op. cit., I, 1, p. 22.
8
O meglio «gli Dei»: la parola ebraica Elohim ()םיִ֑הֹלֱא, utilizzata in questo passo, rappresenta
un nome maschile plurale.
9
Genesi, 1, 1-2 e 6-10. Testi da: D. Disegni, Bibbia ebraica. Pentateuco e haftaroth, Fi-
renze 2005.
13
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
Non distogliendosi dal libro della Genesi si può osservare come l’ac-
qua fungesse anche da strumento dell’ira divina, e poteva esser utilizzato
per punire la malvagità umana. È questo il caso biblico del diluvio di
Noè10, evento sul quale anche la mitologia greca possedeva un proprio
corrispettivo: il mito di Pirra e Deucalione.
Esso narra di come Zeus si adirò contro gli esseri umani a causa della
sfrontatezza dei figli di Liacaone che avevano osato offrirgli in pasto
un’immonda zuppa preparata con le interiora del loro fratello Nittimo.
Il padre degli dèi scagliò la sua vendetta su tutto il genere umano de-
cidendo di sterminarlo con una possente alluvione. Ma Deucalione, av-
vertito dal padre Prometeo dei disegni del Signore dell’Olimpo, riuscì a
costruire un’arca dove imbarcò la moglie Pirra e numerose vettovaglie.
Dopo che il mondo venne inondato e la strage compiuta, i due scampati
navigarono per nove giorni, finchè l’imbarcazione si adagiò su un monte.
Sbarcati sani e salvi, Deucalione e Pirra offrirono sacrifici a Zeus e lo
supplicarono di riportare in vita il genere umano. Il Dio acconsentì, a
patto che i sopravvissuti chinassero il capo in segno di sottomissione e
gettassero alle loro spalle «le ossa della loro madre». La genitrice a cui si
riferiva Zeus non era altro che la Madre Terra. Compreso così l’enigma
i due iniziarono a gettare alle loro spalle delle pietre (le ossa) le quali si
trasformarono di volta in volta in uomini o donne, a seconda che fossero
state lanciate da Deucalione o da Pirra11.
L’acqua come strumento di morte poteva anche essere direttamente le-
gata all’Oltretomba: questo era il caso dei cinque fiumi degl’inferi. Uno
di questi era Stige, dove gli dèi si recavano per il «gran giuramento»
quando tra loro sorgeva una contesa o bisognava svelare una menzogna.
10
Genesi, 6-9.
11
R. Graves, op. cit., I, 38, p. 123.
14
Acque sante e santi d’acqua
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Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
Gli scavi archeologici hanno inoltre riportato alla luce i resti di una
fase di frequentazione del sito più antica di quella romana, compresa tra
la media età del Ferro (VII-V a.C.) e l’età giulio-claudia.
In questo periodo, ai piedi della parete rocciosa, si trovava un altare
sul quale erano accesi roghi di carattere sacro (Brandopferplatz) e si pra-
ticava la frammentazione rituale della ceramica. Numerosi sono i resti
abbrustoliti di boccali, olle, bacili, tazze, teglie, tutti utilizzati durante i
riti di libagione20.
Tra i reperti provenienti dagli strati carboniosi della piattaforma è stato
ritrovato un pendaglio-amuleto di bronzo delle dimensioni di pochi cen-
timetri, probabilmente un ex-voto. La sua curiosa forma sembra rappre-
sentare nella parte superiore una figura antropomorfa schematica – resa
con tre elementi uguali che ricordano due braccia e una testa –, e nella
parte inferiore una barca con protomi ornitomorfe.
Se da un lato è relativamente intuitivo identificare come «barca» l’ele-
mento di connessione tra le due terminazioni opposte a forma di testa
d’uccello, caratterizzate da sinuosi becchi tipici delle teste cigni, anatidi o
comunque volatili legati alle acque, rimane più difficile associare questo
simbolo al culto solare, al quale gli studiosi fanno sovente riferimento21.
La stessa mitologia classica, solitamente così ricca d’esempi, non rie-
sce a fornire che due deboli miti a riguardo: il primo è relativo a Cicno,
Toscana, Pozzi della Piana in Umbria, Grotta dei Meri sul Monte Soratte nel Lazio e Grotta
Scaloria in Puglia. In quest’ultima sono stati trovati dei vasi - ormai colmi di concrezioni
carbonatiche - posizionati su stalagmiti troncate con lo scopo di raccogliere le acque goc-
ciolanti dalla roccia. Questo liquido era forse in qualche modo assimilato al latte materno e
utilizzato a scopo terapeutico (A. Pessina, V. Tinè, Archeologia del Neolitico: l’Italia tra VI e
IV millennio a.C., Roma 2008, p. 270).
20
A. Guglielmetti et al., Aspetti del rituale dall’analisi delle ceramiche del santuario, in Il san-
tuario di Minerva. Un luogo di culto a Breno tra protostoria ed età romana, Milano 2010, p. 318.
21
«Riguardo al suo significato, è necessario rifersi alla mitologia nordica, dove la barca a pro-
tomi ornitomorfe trasporta il sole nel suo viaggio quotidiano attraverso il cielo e l’anima del
guerriero nell’aldilà» (A.E. Fossati, L’acqua, le armi e gli uccelli nell’arte rupestre camuna
dell’età del Ferro, in Notizie Archeologiche Bergomensi, 2, Bergamo 1994, p. 210).
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Acque sante e santi d’acqua
figlio di Apollo, che perì gettatosi nel lago Cidneo assieme alla madre
Iria, venendo poi entrambi trasformati in cigni dallo stesso Dio22. Il se-
condo ricorda solamente il particolare del carro di Apollo «trainato da
cigni» in un viaggio verso le terre degli Iperborei23.
Al di là della stretta definizione di «barca solare» o «barca a protomi
ornitomorfe», il simbolo che vede legate due teste d’uccello acquatico
contrapposte si trova diffuso dalla Svezia ai Balcani fino alle aree di cul-
tura villanoviana24. Tale rappresentazione è presente anche tra le incisioni
rupestri della Valle Camonica dove, in taluni casi, è accompagnata da una
parola in caratteri nord-etruschi disposta sulla linea retta che congiunge
le due protomi25. Trattando il tema dell’acqua e delle incisioni rupestri
camune non si può ignorare la suggestiva associazione toponomasti-
ca che vedrebbe connesso il nome della contrada di Naquane, derivato
dall’antico Aquane / Acquane / de Aquanis, alle figure mitologiche del-
le Aquane26. Benchè l’ipotesi risulti affascinante, sebbene la tradizione
folklorica della vallata non abbia memoria di tali esseri fatati, recenti
22
Ovidio Metamorfosi, VII, 371 e segg.
23
Dall’Inno ad Apollo di Alceo, fr. 307, di cui si ha la parafrasi di Imerio (Orationes, XLVIII, 10).
24
C. Iaia, Lo stile della «barca solare ornitomorfa» nella toreutica italiana della prima età
del ferro, in Preistoria e protostoria in Etruria, I, Milano 2004.
25
Questo accade ad esempio a Capo di Ponte nel Parco Nazionale delle Incisioni rupestri
dove sulla roccia 50 si possono traslitterare le sconosciute parole uaϑiaz, ilzaz e iplaz. D’altro
canto ciò non avviene sulla roccia 70 dove la invece barchetta solare si sovrappone alla figura
identificata come il dio celtico Cernunnos. (R. Poggiani Keller et al., I parchi d’arte rupestre
di Capo di Ponte, Breno 2005, pp. 20, 25). Nei casi dove compaiono dei nomi sul dorso della
barca sorgerebbe l’idea d’interpretare le stesse come mezzi funerari, al pari dell’imbarcazione
psicopompa di Caronte. Non mancano d’altra parte su queste rocce numerose incisioni d’uccel-
li, che vengono distinti in due categorie: quelli rapaci, col becco verso il basso, e quelli acquatici,
col becco verso l’alto. Sorge spontanea la domanda su come potessero venir percepiti culti e riti
riguardanti il concetto stesso d’imbarcazione tra le antiche popolazioni delle Alpi, che con esso
dovevano avere ben poca familiarità.
26
A.E. Fossati, op cit., pp. 203-206. Rimane d’altro canto affascinante il riferimento a questi
esseri mitologici, ricordati come aiguane già nel XIII secolo da Giacomino da Verona nel suo
poemetto in volgare De Ierusalem Celesti et de pulchritudine eius et beatitudine et gaudia
sanctorum (cfr. M. Centini, Incisioni rupestri ed echi di culti acquatici, in Quaderni camuni,
59, Nadro di Ceto 1992).
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Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
studi hanno avanzato che il nome del luogo possa invece derivare da una
più semplice associazione tra la morfologia ed il territorio27.
Ritornando alla placchetta votiva di Breno, alcuni studiosi ritengo-
no che l’amuleto potesse ricondurre iconograficamente ad una divinità
femminile dai tratti antropozoomorfi, forse associabile alla dea delle
acque presente nella cultura paleoveneta e conosciuta coi nomi di Pora
o Reitia, identificata dall’interpretatio romana proprio con Minerva28.
Quando la Valle Camonica fu conquistata da Roma (16 a.C.), anche il
luogo di culto protostorico dove si effettuavano riti legati alle acque subì
un rimaneggiamento. Tra l’Età Giulio-Claudia e quella Flavia si eresse un
più consono santuario dedicato a Minerva: secondo il principio dell’in-
terpretazione romana la divinità classica avrebbe dovuto richiamare le
caratteristiche di quella indigena adorata precedentemente in quel luogo.
Si scelse d’addossare il lato posteriore della vasta struttura alla parete
rocciosa dalla quale sgorgava l’acqua, mentre la facciata sarebbe sta-
ta rivolta in direzione dell fiume Oglio, in accordo con le disposizioni
vitruviane sulla costruzione dei templi29. La pianta, a ferro di cavallo30,
comprendeva un ampio cortile all’interno del quale era posizionato l’al-
tare per le libagioni. Il podio, rialzato, era decorato ai lati da due fontane
27
Il Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri, comunemente detto «di Naquane», non insiste
che marginalmente sull’antica contrata de Aquanis: essa infatti era anticamente posizionata
più a meridione, in gran parte pertinente al territorio di Nadro di Ceto, in quel sito archeologi-
co oggi chiamato «Area di Foppe». In questo luogo si trova un prato reso acquitrinoso da un
piccolo torrente che lo attraversa: è possibile che proprio questa caratteristica sia alla base del
topononimo «Aquane» (L. Giarelli, Toponomastica delle aree incise di Capo di Ponte, Ceto,
Cimbergo e Paspardo in Valle Camonica: versante orientale, in Annali della Riserva naturale
Incisioni rupestri di Ceto, Cimbergo e Paspardo, n. 1, Nadro di Ceto 2014, p. 13).
28
F. Rossi, Le lamine votive, in Il santuario di Minerva. Un luogo di culto a Breno tra protosto-
ria ed età romana, Milano 2010, p. 94. Una rassegna d’immagini di queste figure antropo-zoo-
morfe (sia ornitomorfe che equine) si trova in in F. Rossi, La dea sconosciuta e la barca solare.
Una placchetta votiva dal santuario protostorico di Breno in Valle Camonica, Milano 2005.
29
«Item si secundum flumina aedes sacrae fient, ita uti Aegypto circa Nilum, ad flumini ripas
videntur spectare debere» (Vitruvio, De architectura, IV, 4).
30
O forse quadrilatera, ma le piene del fiume hanno asportato le eventuali tracce della parte frontale.
20
21 Santuario di Minerva, Breno.
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
31
Per maggiori informazioni sul santuario: F. Rossi (a cura di), Il santuario di Minerva. Un
luogo di culto a Breno tra protostoria ed età romana, Milano 2010.
32
Nel 313 Costantino e Licinio sottoscrissero l’Editto di Milano o Editto di Tolleranza. Con
l’Editto di Tessalonica del 380, emanato dagli imperatori Graziano, Valentiniano e Teodosio,
il cristianesimo divenne la religione ufficiale dell’Impero romano. Ad esso si aggiunsero, tra
il 391 ed il 392, una serie di decreti volti a limitare il paganesimo.
33
Nel secondo Concilio di Arles (452) si indicava ai vescovi di vigilare per impedire agli in-
fedeli di accendere fiaccole, adorare alberi, fonti o sassi. In quello di Tours del 567 si inveiva
contro coloro che «adoravano gl’Idoli, accendevano delle fiaccole, e prestavano culti ai fonti
e agli arbori». Ancora nel 732 Carlo Magno ad Aquisgrana ordinava che «si tolga via, ed abo-
lisca da per tutto il culto, che i sempliciotti prestano agli arbori, alle pietre, alle fonti» (A. dal
Pozzo, Memorie istoriche dei sette comuni vicentini, Vicenza 1820, pp. 173-174).
34
Per citare solamente le ricorrenze calendariali, tra i casi più conosciuti vi sono il Natale (25
Dicembre) in associazione con le feste pagane legate al solstizio d’inverno ed al Dies Nata-
lis Solis Invicti; la Festa dell’Incarnazione o Annunciazione che si effettuava il 25 marzo e
richiamava i culti della fertilità che si effettuavano nei dintorni dell’equinozio di primavera;
la Festa dell’Assuzione di Maria si svolgeva il 15 Agosto che ereditava le Feriae Augusti
dell’età imperiale.
22
Acque sante e santi d’acqua
35
Nei primi decenni del Settecento la chiesa di Santa Maria a Berzo Inferiore, in Valle Ca-
monica, divenne l’epicentro di una serie di miracoli. In questo luogo si portavano «agli altari
della Vergine le creature, o figlioli, che nascono morte, e vedendosi quasi in tutte alcuni se-
gni di vita si battezzavano», in modo che potessero venir seppelliti in un luogo sacro con le
«essequie solite, e di più con sono di campane, e con messe cantate si solennizza il miracolo
rendendo gratie publicamente alla Vergine Santissima». Nonostante gli espressi divieti della
diocesi si registrarono, tra il 1746 ed il 1756, 120 casi di bambini nati morti e miracolosa-
mente tornati alla vita per essere battezzati (O. Franzoni, Un lembo di paradiso. Fede e storia
nella comunità di Berzo Inferiore, Berzo Inferiore 2010, pp. 34-35).
36
Nozioni estratte da P.M. Ferreri, Instruzioni in forma di catechismo per la pratica della
dottrina cristiana / spiegate nel Gesù di Palermo da Pietro Maria Ferreri palermitano della
Compagnia di Gesù, Palermo 1737, pp. 241-242.
23
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
24
Acque sante e santi d’acqua
In Europa, nelle età del Bronzo e del Ferro, parte della preistoria avan-
zata, ovvero della protostoria, le evidenze archeologiche hanno indotto
a parlare dell’esistenza di culti delle acque. Tale problematica è ampia
e qui è possibile solo sfiorarla, chiarendone le caratteristiche principa-
li, gli elementi che la definiscono in senso antropologico, le categorie
principali di riti e di oggetti ad essi collegati. Prima di tutto è tuttavia
necessario riflettere sul perché e se tali culti siano esistiti.
Quando si pensa alla relazione tra uomo e acqua si tende a considerarla
estremamente positiva e naturale, specie se raffrontata con altri elementi
della natura, quali ad esempio il fuoco. Tuttavia questo approccio è su-
perficiale e dettato da un rapporto scarsamente simbiotico con l’ambien-
te, certamente non tipico dell’uomo del passato, che vi si doveva adattare
maggiormente di quanto non sia necessario fare oggi.
27
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
28
Ritualità delle acque nella protostoria
3
L. Dal Rì Lorenzo, U. Tecchiati, I Gewässerfunde nella preistoria e protostoria dell’area
alpina centromeridionale, in L. Zemmer-Plank (a cura di), Culti nella preistoria delle Alpi:
le offerte, i santuari, i riti, Bolzano 2002, p. 458.
4
In ambito celtico un luogo che coniuga armi, strumenti di lavoro, oggetti d’ornamento e
acqua, a cui si aggiungono anche sacrifici (sia animali sia umani) è La Tène, famoso sito
eponimo della cultura celtica della seconda età del Ferro, sulle rive del lago di Neuchatel in
Svizzera. La natura del deposito non è mai stata chiarita completamente, sebbene oggi preval-
ga l’idea che si tratti di un luogo di culto. Sembra tuttavia improbabile che fosse un luogo di
culto delle acque, mentre è plausibile che l’ambiente naturale, dotato di passerelle lignee che
si inoltravano nel lago fosse un santuario. In ogni caso è innegabile che la scelta del luogo non
fosse stata casuale e che all’acqua fosse attribuito un significato fondamentale.
5
A Duchcov (Dux) in Boemia è noto un deposito votivo scoperto nel 1882 in una sorgente
d’acqua termale. Era costituito da un calderone e una grande quantità di oggetti d’ornamento
femminili, stimabili all’incirca in 2500 esemplari, tra fibule, anelli, bracciali e collane. La
maggior parte sono oggi dispersi, ma dai disegni realizzati all’epoca del ritrovamento, è stato
possibile datare il deposito alla fase Dux-Münsingen (LT B1 – LT B2). Deposto in un unico
momento attesta probabilmente la volontà di ingraziarsi la divinità tutelare della fonte, col-
legata verosimilmente, data la natura dei reperti, al mondo femminile (V. Kruta, Il deposito
votivo di Duchcov, in S. Moscati (a cura di), I Celti, Milano 1991, p. 295).
29
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
6
J. Cazeneuve, Sociologia del rito, ed. italiana EST, Milano 1996, pp.13-19 e ss. [orig: So-
ciologie du rite, Paris, 1971].
7
Dal Rì, Tecchiati, op. cit., p. 458.
30
Ritualità delle acque nella protostoria
8
M. Di Pillo, U. Tecchiati, Testimonianze di culti delle acque nel Trentino-Alto Adige duran-
te l’età del bronzo. Inquadramento e spunti interpretativi, in Atti del Quinto Incontro di Studi
Preistoria e Protostoria in Etruria, Milano 2003, p. 422.
32
Ritualità delle acque nella protostoria
9
Addirittura alcune tipologie di spade sono note solo da questa forma di deposizioni votive.
10
Dal Rì, Tecchiati, op. cit., p. 470.
11
Ibid. pp. 467-468; H. Von Svend, Sacrificia ad flumina – Gewässerfunde im bronzezeit-
lichen Europa,in Hansel Alix und Bernhard (Konzeption und Zusammenstellung), Gaben
an die Götter, Schätze der Brozezeit Europas, Ausstellung der Freien Universität Berlin in
Verbindung mit dem Museum für Vor- und Frühgeschichte, Staatliche Museen zu Berlin -
Preussischer Kulturbesitz, Berlin 1997, p. 29.
12
Dal Rì, Tecchiati, op. cit., p. 458.
33
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
13
R. C. De Marinis, Italia omnium terrarum alumna: la civiltà dei Veneti, Reti, Liguri, Celti,
Piceni, Umbri, Latini, Campani e Iapigi, Antica madre, Milano 1988, p. 165.
14
Ibidem.
15
G. Fogolari, A. L. Prosdocimi (a cura di), I Veneti antichi, Lingua e cultura, Padova 1988,
pp. 66-67; G. Rizzetto, I cigni del sole: culti, riti, offerte dei Veneti antichi nel veronese,
Verona 2004, pp. 46-47.
16
Dal Rì, Tecchiati, op. cit.
17
M. Seifert, Vor 3466 Jahren erbaut! Die Quellfassung von St. Moritz, in Archäologie der
Schweiz, 23, 2000, pp. 63-75.
34
Ritualità delle acque nella protostoria
Fig. 3 – Elmo di Oppeano (VR). Disegno R. Fig. 5 – Reperti dal fondo del recipiente A della
Giacometti Piva da G. Fogolari, Il Veneto struttura di St. Moritz Bad (CH). Disegno da J.
nell’antichità: preistoria e protostoria, Rageth Die bronzezeitliche Quellwasserfassung
vol. 2, Verona 1984 1984, p. 673. von St. Moritz (Graubünden), 2002, p. 498, tav. 5.
35
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
18
Il recipiente A, secondo gli schizzi di Heierlis realizzati al momento del ritrovamento. Si
veda Seifert, op. cit., p. 64, abb. 2 (a).
19
Ibidem, p. 72.
36
Ritualità delle acque nella protostoria
20
A. Grillini, F. Negri, Il grande scenario epico, resoconto di due esemplari, L’epica tede-
sca, in G. M. Anselmi (a cura di), Mappe della letteratura europea e mediterranea: Dalle
origini al Don Chisciotte, vol. 1, Milano 2000.
21
Ibidem, p. 90.
37
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
Fig. 6 – Fotografia del rinvenimento della struttura di St. Moritz Bad (CH) del
1907. Fotografia da Seifert, op. cit., p. 63.
38
Ritualità delle acque nella protostoria
22
Ibidem, p. 91, nota 10.
23
«L’oro è emblema prestigioso di liberalità, ma soprattutto potere, dignità sociale e forza»
(Ibidem, p. 104).
24
J. Gil, Un’antropologia delle forze: dalle società senza Stato alle società statuali, Torino
1983, p. 22.
25
Si veda a tal proposito la questione già affrontata dell’efficacia dell’azione rituale.
26
Dal Rì, Tecchiati, op. cit., pp. 478-479.
27
Di Pillo, Tecchiati, op. cit.
39
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
28
Ibidem, pp. 424-425.
29
Forse il punto debole della teoria potrebbe in effetti essere questo, ovvero se sia plausibile
che in un’epoca così antica venissero applicate consapevolmente strategie di tipo economico
tipiche di società monetali. Ma lascio ad altri considerazioni più approfondite e consapevoli.
30
Questa è la versione ricordata nel romanzo (in origine una serie di otto romanzi poi unificati
dall’editore) Le morte Arthur di Thomas Mallory, pubblicato nel 1485, e ricavato da numero-
se fonti precedenti, seppure con una componente originale [G. Agrati, M. L. Magini (a cura
di), Storia di Re Artù e dei suoi cavalieri, Milano 2013, pp. 5-16. Per le fonti utilizzate da
Mallory ibidem, pp. 19-23]. In realtà Mallory parla di una spada conficcata in un’incudine
d’acciaio a sua volta posta su una roccia quadrangolare, simile ad un blocco di marmo (ibi-
dem, p. 33).
31
Si veda l’Appendice, brano 1.
32
Si veda l’Appendice, brano 2.
40
Ritualità delle acque nella protostoria
33
Questi riti si connettono sia a mali fisici sia spirituali, la cui separazione nell’abito delle
credenze religiose non è sempre chiaramente percepita, specie nelle società che considera-
no il corpo come specchio dell’anima e le malattie frutto delle impurità, come i peccati ma
anche il contatto con oggetti o persone ritenuti tabù (Cazeneuve, op. cit., p. 135). L’acqua è
spesso collegata a riti di fecondità, in quanto elemento indispensabile alla natura per crescere
rigogliosa e rinnovarsi, e di riflesso probabilmente anche per determinare la fecondità nelle
donne. In alcuni casi il ricordo del folklore locale, che si è tramandato fino a non molte gene-
razioni fa, fornisce chiavi interpretative interessanti.
34
M. Tombolani, Culti e riti, in A. M.Chieco Bianchi, M. Tombolani (a cura di), I Paleovene-
ti, catalogo della mostra sulla civiltà dei Veneti antichi, Padova 1988, pp. 45-46; G. Gangemi,
Il santuario di Lagole di Calalzo di Cadore (BL), in L. Malnati, M. Gamba (a cura di), I Ve-
neti dai bei cavalli, Treviso 2003, p. 89; Fogolari, Prosdocimi, op. cit., p. 179.
35
Tombolani, op. cit, p. 45; M. De Min, Il santuario di S. Pietro Montagnon, in A.M. Chieco
Bianchi, M. Tombolani (a cura di), I Paleoveneti, catalogo della mostra sulla civiltà dei Ve-
neti antichi, Padova, p. 144. Solo tra i recipienti integri si parla di almeno 3.500 esemplari.
41
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
42
Ritualità delle acque nella protostoria
Fig. 11 – Laminetta bronzea con figure di uomini e donne. Fotografia da Fogolari, op. cit., p. 677.
43
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
Come per il caso dei simpula già citati, tali rotture, sono considerate
forme di sottrazione degli oggetti alla sfera umana in favore di quella di-
vina. Per cosa questi boccali fossero esattamente usati non è dato saper-
lo: forse per spegnere i fuochi sacri, forse per bere, o forse per entrambi
i riti. Di certo i vasi potori, in presenza di acqua che si raccoglie ai piedi
di una collina, sono di per sé significativi. Sempre nelle vicinanze di altri
specchi d’acqua sono attestati riti con il fuoco, ad esempio a Laugen/
Luco, a Pfischer Sattel nella conca di Merano e dallo Schwartzsee nelle
Alpi Sarentine (BZ)41. Acqua e fuoco sembrano dunque, da un certo mo-
mento in poi, alternarsi o compenetrarsi in queste forme rituali.
Nell’area del Brandopferplatz di Spinera è stata rinvenuta, come dono
votivo, una placchetta bronzea, che rappresenta una figura antropomorfa
con le braccia alzate, trasportata da una barca a doppia protome ornitomor-
fa (fig. 12). Si tratta di un oggetto che in questo ambito non risulta di facile
spiegazione, soprattutto per la sua recenziorità rispetto a immagini simili
diffuse sia in Europa che in area alpina e nella stessa Valle Camonica (BS).
L’interpretazione avanzata, vede in essa la rappresentazione della divi-
nità a cui il luogo sacro era dedicato. La sua iconografia sarebbe dunque
un attardamento o forma altamente conservativa locale di un simbolo di
origine assai più antica.
Certamente è possibile cogliervi numerose analogie figurative con
placchette presenti in altri santuari, soprattutto paleoveneti o retici, e con
alcune incisioni rupestri camune42.
Per quanto concerne infine l’arte rupestre che allude a rituali collegati
con le acque ci si sofferma sul caso della Valle Camonica, dove esistono
44
Ritualità delle acque nella protostoria
43
A.E. Fossati, L’età del Ferro nelle incisioni rupestri della Valcamonica, in R. La Guardia (a
cura di), Immagini di una aristocrazia dell’età del Ferro nell’arte rupestre camuna, Milano
1991, p. 64-65, fig. 107; A.E. Fossati, L’acqua, le armi, e gli uccelli nell’arte rupestre camu-
na dell’età del Ferro, in NAB, 2, Bergamo 1994, p. 203; A.E. Fossati, Nymphs, Waterfowl,
and Saints: The Role of Ethnography in the Interpretation of the Rupestrian Tradition of
Valcamonica, Italy, in D. Keyser James, G. Poetschat, M.W. Taylor (a cura di), Talking with
the past: the Ethnography of Rock Art, Portland 2006, p. 260 e nota 6 a p. 279.
44
M. Alinei, Naquane nella Valcamonica nei suoi rapporti con le Aquane, esseri mitologici
delle Alpi centro-orientali, in Quaderni di Semantica, V, 1984, pp. 3-16.
45
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
45
Fossati, Nymphs, Waterfowl, and Saints… , op. cit., p. 261.
46
Ibidem, p. 264.
47
R.C. De Marinis, Problemi di cronologia dell’arte rupestre della Valcamonica, in XXVIII
riunione scientifica IIPP L’arte in Italia dal Paleolitico all’età del Bronzo, Firenze 20-22 no-
vembre 1989, Istituto italiano di preistoria e protostoria, Firenze 1992, pp. 169-195.
46
Ritualità delle acque nella protostoria
48
Fossati, Nymphs, Waterfowl, and Saints… , op. cit., p. 269, fig. 8.
49
Fossati, L’utilizzo delle accidentalità naturali delle rocce nell’arte rupestre della Valca-
monica, in BEPA, XXII, 2011, fig. 6 a p. 253. Altre raffigurazioni simili si trovano sulla r.
1 sempre a Naquane, sulla r. 4 nell’Area di In Vall e sulla r. 51 nell’Area di Vit a Paspardo.
50
E. Anati, Civiltà preistorica della Valcamonica, Milano 1964.
51
Fossati, L’utilizzo delle accidentalità naturali, op. cit., p. 247, fig. 5 a p. 253.
52
Si veda sempre Ibidem, p. 247 e nota 19 stessa pagina.
53
Fossati, Nymphs, Waterfowl, and Saints… , op. cit., p. 270.
47
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
Fig. 14 – Scena rituale sulla Roccia 32, Parco di Fig. 15 – Uccello acquatico sulla Roccia 50, Parco
Naquane. Fotografia Società Cooperativa Archeo- di Naquane. Fotografia Società Cooperativa Ar-
logica Le Orme dell’Uomo. cheologica Le Orme dell’Uomo.
48
Ritualità delle acque nella protostoria
G. Kossack, Studien zum Symbolgut der Urnenfelder- und Hallstattzeit Mitteleuropas, Ro-
55
49
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
tazioni note in antico (ad es. piccoli bronzetti a forma di buoi bi-frontali o
le rappresentazioni di alcune divinità, tra cui si possono ricordare Giano
ed Ecate). La bi-frontalità è un elemento che ha a che vedere primaria-
mente con il tempo, ad esempio con il passaggio dalla vita alla morte per
quanto riguarda Ecate, con la conoscenza del passato e del futuro per
quanto riguarda Giano (e non dimentichiamo la particolarità della Aqua-
ne, a cui si è già fatto cenno, che conoscevano passato e futuro, ma non il
presente). In sostanza i simboli dotati di questa caratteristica assommano
in sé oltre al significato dettato dalla loro funzione o essenza primaria, la
barca che serve a navigare e a trasportare qualcosa o gli uccelli che sanno
volare, altri significati connessi all’ineluttabilità dello scorrere del tem-
po, alla costanza di alcuni fenomeni tra cui la morte, e alle dimensioni
spaziali differenti riservate a vivi e morti.
Un guerriero trasportato da animali che vanno in direzioni opposte,
sempre che si possa scartare una mera ipotesi legata a problemi prospet-
tici, non può essere un semplice guerriero (un antenato, un dio in armi,
qualcuno capace di tornare dall’aldilà?) o quanto meno potrebbe rappre-
sentare un momento determinante nella vita di quell’individuo.
Ecco quindi affacciarsi un’altra interpretazione, già avanzata, secondo
cui l’uccello acquatico non sarebbe semplicemente un animale psico-
pompo, ma potrebbe invece simboleggiare il superamento di particolari
prove di iniziazione, riti di passaggio da un’età ad un’altra, con conse-
guente cambiamento di ruolo e di responsabilità all’interno della società.
A tal proposito, ovvero con analogo significato, si possono ricordare le
già citate incisioni con “nomi di persona”.
Ritornando alla tradizione nordica, anche le fiabe raccolgono in sé im-
portanti elementi del folklore, e risultano conservative specie in quegli
aspetti che oggi sembrano fuori contesto, non coerenti con il resto della
narrazione. In questo senso si potrebbe trattare di elementi cristallizzati di
50
Ritualità delle acque nella protostoria
51
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
antiche tradizioni orali. Hänsel e Gretel dei fratelli Grimm è una fiaba di
origine tedesca, che ha come contenuto principale i temi dell’infanticidio e
dell’abbandono per la mancanza di cibo, probabilmente retaggi medievali.
In essa è presente anche un aspetto legato all’acqua e agli uccelli ac-
quatici, poiché i due fratellini, per poter far ritorno definitivo a casa, de-
vono superare un lago, e per fare ciò vengono aiutati da un’anatra bianca.
Solo dopo questa prova finalmente si ricongiungono al padre. Quando
giungono ad un corso d’acqua, e si accorgono che è molto grande e non
vi sono ponti, Gretel piangendo pronuncia una sorta di filastrocca (non
l’unica nella fiaba):
Entchen, Entchen
Da steht Gretel und Hänsel.
Kein Steg und keine Brücke,
nimm uns auf dein weißen Rücken56.
52
Ritualità delle acque nella protostoria
54
Ritualità delle acque nella protostoria
delle acque. Talora l’acqua potrebbe infatti essere solo un medium per lo
svolgimento di riti, confine dell’oikoumene, ma anche limen tra i territori
occupati dalle varie comunità, e quindi a volte luogo di separazione o
luogo di condivisione di un comune substrato di idee e credenze.
55
Colosso dell’Appennino (Giambologna 1579-80), Villa Medicea di Pratolino, Vaglia.
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
Appendice
Brano 1
Book 1 – Chapter XXV
How Arthur by the mean of Merlin gat Excalibur
his sword by the Lady of the Lake”
56
Ritualità delle acque nella protostoria
Brano 2
Book XXI – Chapter V
How King Arthur commanded to cast
his sword Excalibur into the water, and how he was
delivered to ladies in a barge
(Testi tratti da:T. Mallory, Le morte d’Arthur, Sir Thomas Malory’s book of King Arthur
and of his nobles knights of the round table, 1485, pp. 52-53 e pp. 520-521).
57
La statua di Minerva di Breno.
Paola Zanovello
1
Fr. DK A12 (H. Diels, W. Kranz, Die Fragmente der Vorsokratiker, Griechisch und Deut-
sch, Berlin 1951-1952 [trad. it. G. Reale (a cura di), I Presocratici, Milano 2006]: il testo,
attribuito a Talete, è riportato da Aristotele, Metafisica, I, 983b, 20-22.
2
Sugli aspetti “filosofici” dell’acqua si veda O. Longo, L’acqua dei filosofi, in O. Longo, P.
Scarpi (a cura di), Letture d’acqua, Homo Edens III, Padova 1994, pp. 53-64, sugli aspetti
sacrali e rituali in generale A. Seppilli, Sacralità dell’acqua e sacrilegio dei ponti, Palermo
1990; R. Tölle-Kastenbein, Archeologia dell’acqua. La cultura idraulica nel mondo clas-
sico, Milano 1993, pp. 11-23; M. Fontana, Una lettura scientifica dell’acqua rituale, in O.
Longo, P. Scarpi (a cura di), Letture d’acqua, Homo Edens III, Padova 1994, pp. 127-136.
59
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
60
Le acque nei miti di epoca classica
Fiumi e sorgenti
Tra i fiumi erano compresi anche quelli che solcavano le terre infere,
come l’Acheronte, lo Stige, il Cocito e il Lete13; come altri elementi na-
turali, essi spesso assumono una connotazione umana o mostruosa ed in
questo modo vengono rappresentati nell’arte14.
Basti pensare al più antico dei fiumi, l’Acheloo, figlio di Oceano e Teti,
fratello del Nilo, dell’Istro, dello Scamandro, padre della fonte Kastalia
a Delfi, dipinto sulla ceramica attica del periodo arcaico, ma anche scol-
pito ad esempio nella plastica del periodo severo 15.
Anche altri fiumi compaiono, protagonisti umanizzati di una narra-
zione: nel frontone orientale del tempio di Zeus ad Olimpia chiudono la
di epoca ellenistico-romana.
11
Omero, Iliade, XVIII, 478-607.
12
Esiodo, op. cit., vv. 364, 367.
13
G.F. Gianotti, I fiumi e la storia: Erodoto e il buon uso delle acque, in O. Longo, P. Scarpi
(a cura di), Letture d’acqua, Homo Edens III, Padova 1994, pp. 75-108.
14
Per un quadro generale si veda il catalogo della Mostra: L’acqua degli dei: immagini di
fontane, vasellame, culti salutari e in grotta, Chianciano Terme 2003.
15
Si vedano ad esempio un bronzetto da Maratona, ora a Berlino, datato al 470 a.C. , ma
anche una figuretta fittile rinvenuta sul Palatino a Roma, pure risalente al V sec. a.C.; per un
rapido excursus su questo tipo di materiali si vedano Tölle-Kastenbein, op. cit., e il catalogo
L’acqua degli dei.
61
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
22
Ovidio, Metamorfosi, 1, vv. 347-415; la tradizione permane anche nei secoli successivi,
come mostra un’incisione di un autore veneziano anonimo, datata 1497.
23
Anche questo mito è riportato da Ovidio (op. cit., 8, vv. 616-724). Celebre è il quadro di
Pieter Paul Rubens «Paesaggio con Filemone e Bauci» del 1630.
24
Ibidem, 11, vv. 85-198.
63
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
25
Tölle-Kastenbein, op. cit., pp. 13-14.
26
G. De Luca, Il culto di Asklepios in Asia Minore. L’esempio di Pergamo, in E. De Miro E.,
G. Sfameni Gasparro, V. Calì (a cura di), Il culto di Asclepio nell’area mediterranea, Atti del
Convegno Internazionale, Agrigento 20-22 novembre 2005, Roma 2009, pp. 97-111.
27
E. Pettenò, Acque e uso terapeutico del bagno nel mondo romano, in M. J. Perex Agorreta
(a cura di), Termalismo antiguo. I Congreso Peninsular, Actas, Arnedillo (La Rioja) 3-5 octu-
bre 1996, Madrid 1997, pp. 217-227.
28
Per un quadro generale sulla valenza delle acque curative e sui principali siti ad esse con-
nessi si veda P. Zanovello, Termalismo ed economia, 2013.
64
Le acque nei miti di epoca classica
Il miracolo della pioggia, Colonna di Marco Aurelio (ca 176-192 d.C.), Piazza Colonna, Roma.
65
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
La rappresentazione dell’acqua
36
M. Cadario et alii, Ninfe nel mito e nella città dalla Grecia a Roma, Milano 2009.
37
Su questi aspetti si vedano: R. Borghi, L’acqua come ornamento nella domus pompeiana:
documentazione archeologica e fonti letterarie, in L. Quilici, S. Quilici Gigli (a cura di),
Architettura e pianificazione urbana nell’Italia antica (Atlante tematico di topografia antica,
6), Roma 1997, pp. 35-50; P. Zanovello, L’acqua nella città e nella casa, in S. Bullo, E. F.
Ghedini (a cura di), Amplissimae atque ornatissimae domus, Roma 2003, pp. 299-313.
38
Erodoto, Storie, I, 202, 4.
67
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
39
P.G.P. Meyboom, The Nile mosaic of Palestrina: early evidence of egyptian religion in Italy,
Leiden 1995; F. Zevi, E. V. Bove, Il mosaico nilotico di Palestrina, in E. Lo Sardo (a cura di),
La Lupa e la Sfinge. Roma e l’Egitto dalla storia al mito, Catalogo della Mostra, Roma 11
luglio – 9 novembre 2008, Milano 2008, pp. 78-87.
40
Z. Mari, I “luoghi egizi” di Villa Adriana: l’Antinoeion e la Palestra, in E. Lo Sardo (a cura
di), La Lupa e la Sfinge. Roma e l’Egitto dalla storia al mito, Catalogo della Mostra, Roma
11 luglio – 9 novembre 2008, Milano 2008, figg. a pp. 124-125.
41
F. Coarelli, La colonna Traiana, Roma 1999.
42
J. Scheid, V. Huet (a cura di), La Colonne Aurélienne. Geste et image sur la Colonne de
Marc Aurèle à Rome, Turnhout 2000.
68
Gabriele Archetti
69
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
2007, Spoleto 2008 (Settimane di studio della Fondazione Centro italiano di studi sull’alto
medioevo, LV), pp. 1029-1078; G. Binazzi, La sopravvivenza dei culti tradizionali nell’Ita-
lia tardoantica e altomedievale, Perugia 2008; G. Archetti, “Evangelium nuntiare”. Chie-
se, impegno pastorale e forme di religiosità, in A servizio del Vangelo. Il cammino storico
dell’evangelizzazione a Brescia, 1. L’età antica e medievale, a cura di G. Andenna, Brescia
2010, pp. 211-314, 620-632; G. Binazzi, Il radicamento dei culti tradizionali in Italia fra
tarda antichità e alto medioevo: fonti letterarie e testimonianze archeologiche, Roma 2012
(Problemi e ricerche di storia antica, 27); Da pagani a cristiani. L’evangelizzazione della
pianura bresciana e la chiesa dei Santi Nazzaro e Celso di Leno, Atti del convegno di studio
(Leno, 5 giugno 2010), a cura di A. Baronio, Roma-Brescia 2012.
2
Si veda al riguardo il bel saggio di Spanu, Fons vivus, pp. 1037-1038.
70
La diffusione del cristianesimo lungo le vie d’acqua
71
Pieve di San Siro, Capo di Ponte. 72
La diffusione del cristianesimo lungo le vie d’acqua
73
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
9
Gaudenzio ricorda ai suoi fedeli che l’annuncio evangelico è vano senza testimonianza di
vita e li esorta a rifuggire gli abomini dei gentili e ogni forma di idolatria, quali «i malefici, gli
incantesimi e gli amuleti, le vanità, l’interpretazione dei presagi, il culto familiare dei morti»
(Gaudenzio di Brescia, Trattati, IV, 14).
10
Gaudenzio di Brescia, Trattati, IV, 15: «In un primo tempo gli uomini cominciarono ad
imbandire i pranzi ai morti a motivo della propria golosità, per mangiarseli loro; ma dopo
osarono celebrare in loro onore anche sacrileghi sacrifici, per quanto compiano l’equivalente
di un sacrificio ai loro morti quegli stessi che organizzano i pranzi in loro onore, poiché,
versando vino con le mani tremanti per l’ebrezza sulle mense dei sepolcri, tartagliano che lo
spirito è assetato».
11
«Hai mai partecipato a veglie funebri, in cui cadaveri di cristiani venivano vegliati con
rituali pagani? Vi hai mai cantato nenie pagane o eseguito danze dai pagani stessi inventate
su suggerimento del demonio? Hai bevuto anche tu oppure hai pronunziato battute mordaci,
quasi che tu, senza rispetto alcuno e senza carità cristiana, esultassi per la morte di un tuo
fratello? […] Hai forse partecipato a quelle pratiche superstiziose cui si dedicano donne stolte
quando la salma di un uomo si trova ancora in casa? Corrono alla fontana e, senza proferir
parola, portano in un recipiente acqua che versano sotto la bara non appena questa viene
sollevata, e stanno molto attente che il feretro non venga sollevato al di sopra delle loro gi-
nocchia: credono infatti di ottenere in tal modo guarigioni […]. Hai forse compiuto anche tu,
direttamente o indirettamente, quello che fanno alcuni quando seppelliscono un uomo morto
assassinato? Gli mettono tra le mani un unguento, come se potesse dopo la morte guarire
dalla sua ferita e così lo seppelliscono?» (Burcardo, Decretum, lib. XIX, cap. 5, col. 964;
lib. II, cap. 54, col. 635; inoltre i riferimenti presenti in Reginone, De synodalibus causis,
pp. 180-181, lib. I, cap. 398: Ne super mortuorum cadaveribus carmina diabolica nocturnis
horis contentur); più in generale, Filotas, Pagans Survivals, pp. 318-337.
74
La diffusione del cristianesimo lungo le vie d’acqua
75
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
fuoco purificatore, delle statue, dei templi, delle fonti sacre alle divinità –
di cui parlano ancora le norme conciliari e i capitolari carolingi15 –, lasciò
il passo ad un atteggiamento più morbido e meno aggressivo. In genere si
fissavano i luoghi di culto – altari, cappelle, chiese – sovente nello stesso
posto o in prossimità a dove sorgevano gli idoli atterrati, non tanto per
segnare una continuità con il passato, quanto per cercare di cancellarne
completamente la memoria; le prove di queste azioni violente sono però
difficili da ritrovare e da provare, mentre nella maggior parte dei casi
l’oblio dei luoghi di culto antichi fu dovuto soprattutto al loro abbando-
no, a cui soltanto dopo parecchio tempo seguì una ripresa cristiana16 e gli
esempi dei molti siti di area alpina, sin dalla preistoria, lo attestano.
Emblematica appare la posizione di Gregorio Magno († 604), il quale,
se da una parte suggeriva ai missionari inviati in Anglia di usare grande
rispetto nei confronti delle tradizioni locali, dall’altra deplorava senza
esitazione comportamenti analoghi nei confronti delle sopravvivenze pa-
gane nella penisola italica oggetto di scandalo per le comunità cristiane.
La condotta di Benedetto nell’avvio del cenobio cassinese è presenta-
to dal papa come un modello edificante: «la fortezza chiamata Cassino
– scrive nel secondo libro dei Dialoghi – è situata sulle pendici di un
alto monte. Questo sembra accogliere il castello in una grande conca,
per poi continuare a elevarsi per oltre tre miglia, quasi tenendo la sua
cima verso il cielo.
15
Filotas, Pagans Survivals, pp. 365 sgg.
16
Rottura, continuità o ripresa cristiana dopo un periodo di abbandono degli antichi centri o
luoghi di culto tradizionali, sono i riferimenti problematici entro cui si è mossa la storiografia
tardoantica e alto medievale, la cui soluzione non può essere generalizzata per tutte le epoche
e le regioni, ma va esaminata di volta in volta alla luce dei contesti e delle fonti locali, pur
nel riconoscimento di talune tendenze comuni ben individuate e distinte tra la tarda antichità
e l’alto medioevo [J. Hubert, Sources sacrées et sources saintes, «Comptes rendus de l’Aca-
démie des Inscriptions des Belles-Lettres», 111, 4 (1967), pp. 567-473; Spanu, Fons vivus,
pp. 1040-141].
76
La diffusione del cristianesimo lungo le vie d’acqua
Qui si ergeva un tempio molto antico dove, secondo il vetusto rito dei
pagani, i contadini ignoranti adoravano Apollo. Tutt’intorno si estendeva
un bosco consacrato ai demoni, in cui sino a quel tempo numerosi infe-
deli nella loro stoltezza si davano a sacrifici sacrileghi.
Al suo arrivo, l’uomo di Dio distrusse l’idolo, rovesciò l’ara, atter-
rò il bosco; nel tempio di Apollo elevò un oratorio a san Martino e, al
posto dell’ara di Apollo, costruì un oratorio dedicato a san Giovanni.
Con un’incessante opera di predicazione, richiamava alla fede tutte le
genti del circondario»17. L’attendibilità del notissimo episodio ha trovato
conferma nel ritrovamento di strutture murarie precristiane, di statuette
votive e resti epigrafici con dedicazione pagana.
Quando invece Agostino, vescovo di Canterbury e missionario presso
gli Angli, sottopose al pontefice i suoi dubbi circa l’utilizzo di luoghi
di culto già appartenuti al mondo indigeno, Gregorio Magno gli rispo-
se senza possibilità di equivoci: «fa’ dell’acqua benedetta, spargila nei
templi, costruisci l’altare, deponi le reliquie. Se quei templi sono stati
costruiti bene, è necessario che siano convertiti dal culto del demonio
a quello del vero Dio, affinché la gente abituata a recarsi in quel luogo,
non debba essere sorpresa per la loro distruzione, ma piuttosto deponga
il proprio errore per conoscere ed adorare il vero Dio»18.
E suggeriva di preparare dei banchetti, con i buoi che si macellavano in
onore dei demoni, per quanti che intervenivano alla festa di dedicazione
17
Gregorio Magno, Dialoghi, II, VIII, 10; Binazzi, La sopravvivenza dei culti, pp. 59-61, 63-64.
18
Gregorio Magno, Registrum epistularum, XI, 56, ed. D. Norberg, Turnholti 1982 (Corpus
christianorum. Series latina, CXL), pp. 961-962, la lettera del papa è inviata all’abate Mellito
affinché ne trasmetta il contenuto ad Agostino (anno 601); su questo testo si vedano i rilievi
di C. Alzati, La diffusione del cristianesimo a settentrione del Po. Alcune considerazioni, in
Da pagani a cristiani, pp. 48-49, mentre sull’attività missionaria in Anglia, cfr. H. Chadwick,
Gregory the Great and the mission to the Anglo-Saxon, in Gregorio Magno e il suo tempo.
Incontro di studiosi dell’antichità cristiana in collaborazione con l’École française de Rome
(Roma, 9-12 maggio 1990), Roma 1991 (Studia Ephemerides Augustiniana, 33), pp. 207-211.
77
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
della chiesa o nel giorno anniversario dei martiri, permettendo loro di co-
struire «dei tabernacoli con frasche di alberi»; in questo modo, essi non
avrebbero più immolato «animali al diavolo», ma li avrebbero uccisi «a
lode di Dio per loro nutrimento» e, se venivano loro riservate delle gioie
materiali, più facilmente avrebbero potuto «essere indotti a consentire
alle gioie spirituali. Alle persone semplici infatti non si può togliere di
colpo il loro passato, ma le si eleva facendo un gradino alla volta e non
con dei salti»19.
Del resto, che questa strategia fosse ormai quella auspicabile, è avva-
lorato dal racconto di Gregorio di Tours († 594) a proposito dell’azione
missionaria di un vescovo nelle montagne del Gévaudan, in Lozère dopo
il 573, mediante la sostituzione del culto locale al genio delle acque lacu-
stri con quello di Sant’Ilario20.
I rustici si recavano, infatti, ogni anno sulle rive di un grande lago
sacro alla luna e vi gettavano panni di lana, formaggio, cera, pane e altri
oggetti; lì bivaccavano per tre giorni mangiando, bevendo e abbattendo
animali sacrificali, finché il quarto giorno non li scacciava una violentis-
sima tempesta di grandine con tuoni e saette.
Più volte il presule cercò invano di convincerli che non c’era nulla di
divino in quello specchio d’acqua e che il loro era un comportamento
sconsiderato, finché, ispirato dall’alto, decise di costruire sulle sponde
una basilica in onore di sant’Ilario, vi depose le sue reliquie, e disse loro:
«“Smettete, figli, smettete di peccare contro Dio! Non vale a nulla cre-
dere nel lago. Non macchiate le vostre anime con questi riti vani, ma
19
Gregorio Magno, Registrum epistularum, XI, 56, p. 962.
20
Gregorio di Tours, Liber in gloria confessorum, 2, in Monumenta Germaniae Historica,
Scriptores rerum Merovingicarum, I, 2, Miracula et opera minora, ed. B. Krusch, Hannoverae
1885, c. 2, pp. 299-300; A. Pierre, Un exemple de survivance païenne à l’époque contempo-
raine: le culte des fontaines dans la France de l’Ouest et du Centre-Ouest, 2e partie: du Moyen
Age à nos jours, «Annales de Bretagne et des pays de l’Ouest», 86, 4 (1979), pp. 680, 684.
78
La diffusione del cristianesimo lungo le vie d’acqua
21
Gregorio di Tours, Liber in gloria confessorum, p. 300; Testa, La legislazione contro il
paganesimo, p. 324.
22
È trascorso ormai più di mezzo secolo da quando don Alessandro Sina (1878-1953), sulla
rivista «Memorie storiche della diocesi di Brescia», si interrogava circa la diffusione della
fede cristiana in Valle Camonica osservando che a «rispondere a tale quesito, anche il miglio-
re e più profondo conoscitore della storia della Chiesa si troverebbe in imbarazzo» [A. Sina,
Le origini cristiane della Valle Camonica, «Memorie storiche della diocesi di Brescia», XIX
(1952), p. 17; sulla sua figura, v. Atti del convegno di studio in ricordo di don Alessandro
Sina, Esine, 19 febbraio 1994, Breno 1996 (Quaderni della “Fondazione Camunitas”, 1)]. Lo
studioso camuno denunciava poi la disinvoltura con cui in passato si è spesso dato spazio a
racconti fantastici – come nel caso dei Curiosij trattenimenti del p. Gregorio da Cané o delle
leggende legate alla predicazione di san Siro e del vescovo Apollonio –, dai contorni cele-
brativi e devozionali, privi di qualunque seria attendibilità storica [Sina, Le origini cristiane,
pp. 17-27; p. Gregorio di Val Camonica, Curiosij trattenimenti contenenti ragguagli sacri
e profani de’ popoli camuni, Venezia 1698, pp. 237 sgg. e, sulla sua opera, Atti del convegno
di studio in ricordo di P. Gregorio da Valle Camonica, Breno, 16 febbraio 1999, Breno 2000
(Quaderni della “Fondazione Camunitas”, 5)]. Al contrario, il suo intendimento era quello di
soffermarsi «sui fatti accertati» da fonti sicure per trarre «conclusioni» non contrastanti «con
la ragione e con il buon senso»; ne usciva così un saggio scrupoloso, forse il più significativo
dell’erudito nativo di Zone, nel quale egli sviluppava l’ipotesi secondo cui Cividate, ultimo
fiorente baluardo o avamposto della romanità in Valle, fu la sede della prima comunità cristia-
80
La diffusione del cristianesimo lungo le vie d’acqua
81
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
26
San Gaudenzio di Brescia, Trattati, XVII, 13; la chiesa venne dedicata nel 400-402 e vi
trovarono posto le reliquie dei martiri anauniensi, di San Giovanni evangelista, degli apostoli
Andrea e Tommaso, dei Santi Gervasio, Protasio, Nazario e dei 40 martiri di Sebaste. Per
un quadro delle diverse testimonianze agiografiche relative al martirio in Val di Non, cfr. R.
Grégoire, Vigilio di Trento, agiografo dei Martiri d’Anaunia, in Vigilio vescovo di Trento, pp.
155-182.
27
Cfr. la nuova edizione critica proposta da G. Verrando, La trasmissione manoscritta per
una nuova edizione della Passio sancti Vigilii episcopi, in Vigilio vescovo di Trento, pp. 291-
326, a pp. 315-316.
82
La diffusione del cristianesimo lungo le vie d’acqua
no della Chiesa tridentina in seguito allo scisma dei Tre capitoli – e per
questo testimonianza preziosa di una temperie religiosa assai più ampia
–, i cui echi dovettero farsi sentire pure in Valle Camonica.
Dal V secolo si registra, però, anche la progressiva demolizione e l’ab-
bandono di alcuni dei maggiori centri di culto della Valle28 – quelli di
Breno e di Borno dedicati a Minerva, il santuario dei Massi di Cemmo, le
aree megalitiche con stele cultuali sull’altopiano di Ossimo-Borno, do-
cumentate anche a Cevo, Malegno, Cedegolo, Paspardo, ecc., i santuari
romani di Cividate e il tempio di Minerva a Lovere –, fatti di grande por-
tata che si inscrivono nella diffusione del cristianesimo divenuto ormai
religione predominante.
Allo stato attuale delle ricerche, tuttavia, per il Bresciano non è regi-
strata la sovrapposizione di chiese ad edifici di culto pagani, salvo il caso
dell’oratorio urbano eretto al dio indigeno Bergimus sulla sommità del
colle Cidneo, né sembrano documentate, almeno nei primi tempi, azioni
clamorose di demolizione dei templi indigeni29. Della presenza di spiriti
ed entità demoniache, l’area camuna è tra quelle che ha conservato le
28
Si vedano in proposito le puntuali osservazioni di R. Poggiani Keller, Un passato di 13.000
anni. Cenni sul popolamento pre-protostorico, e F. Rossi, La media Valcamonica romana:
problemi aperti e prospettive di ricerca, in Il teatro e l’anfiteatro di Cividate Camuno. Scavo,
restauro e allestimento di un parco archeologico, a cura di V. Mariotti, Firenze 2004, rispet-
tivamente pp. 5-10 e 37-45; A. Marretta, Statue stele dell’età del Rame a Campolungo di
Cedegolo e R. Poggiani Keller, Santuari megalitici dell’età del Rame in corso di scavo in
Valcamonica. Un confronto per Campolungo di Cedegolo, in Grevo. Alla scoperta di un ter-
ritorio fra archeologia e arte rupestre, a cura di S. Solano, A. Marretta, Capo di Ponte 2004
(Archivi 15), rispettivamente pp. 107-135, 137-144; R. Poggiani Keller, Le ricerche sulla
preistoria e protostoria della Valle Camonica, «Itinera», 5 (Valcamonica preistorica e roma-
na), VIII (2006), pp. 9-11; Il santuario di Minerva. Un luogo di culto a Breno tra protostoria
ed età romana, a cura di F. Rossi, Milano 2010; più in generale sull’area alpina, v. Kult der
Vorzeit in den Alpen. Opfergaben, Opferplätze, Opferbrauchtum / Culti nella preistoria delle
Alpi. Le offerte, i santuari, i riti, a cura di L. Zemmer-Plank, Bolzano 2002, specie i contributi
di E. Anati e R. Poggiani Keller.
29
Per un quadro d’insieme delle divinità pre-cristiane nel Bresciano, si veda G. Amiotti, Culti
pagani nella pianura a nord del Po, in Da pagani a cristiani, pp. 9-17.
83
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
testimonianze più numerose, benché tarde, alcune delle quali ben oltre il
periodo medievale.
Dall’intransigenza tardoantica, volta ad annientare i luoghi diabolici
e a radere al suolo i templi dedicati agli antichi idoli, si era preferito un
atteggiamento più morbido. La condanna del paganesimo da parte della
Chiesa non era venuta meno, ma si auspicava la salvaguardia dei luoghi
di culto «per il loro potenziale valore di poli aggregativi» delle popola-
zioni sparse delle campagne in nuclei insediativi di ridottissime dimen-
sioni, i cui punti di riferimento erano «le aree sacre, connesse allo stesso
tempo ai riti rivolti alle divinità e a pratiche di altro tipo, prima fra tutte
quella dello scambio»30, dove la presenza imbrifera era un presupposto
fondamentale.
Ciò appare vero a tal punto che consuetudini e simboli ancestrali con-
tinuarono a sopravvivere nei luoghi isolati o d’altura – come il Còren dei
Pagà a Vione e in molti altri siti collinari, alpini e prealpini31 – e trovano
qua e là espressività magico-folcloriche registrate nelle visite pastorali,
subito denunciate e stroncate quando venivano alla luce.
A metà del XV secolo il rettore di Borno informava il delegato vesco-
vile che il Venerdì santo alcuni frati si presentavano con buletinos, che
facevano poi portare a dei fanciulli con delle crocette in cacumine montis,
sostenendo che così le coltivazioni agricole sarebbero state risparmiate
dalla grandine per un anno32; nel 1580 il visitatore apostolico segnalava
30
Spanu, Fons vivus, p. 1038.
31
Per massi e incisioni rupestri legate a consuetudini religiose – coppelle, simboli, scritte,
demonio, streghe, fate, santi, ecc. – o presenze cultuali, v. ad esempio U. Sansoni, S. Gaval-
do, C. Gastaldi, Simboli sulla roccia. L’arte rupestre della Valtellina centrale dalle armi
del Bronzo ai segni cristiani, Capo di Ponte 1999 (Archivi, 12); per una ricognizione in età
moderna, v. G. C. Sgabussi, Per i sentieri dell’immaginario, in Il bosco nella storia del terri-
torio, a cura di O. Franzoni e G. C. Sgabussi, Breno 2003, pp. 259-347.
32
A. Scarpetta, La visita pastorale di Bartolomeo Malipiero alla Valcamonica nel 1459,
«Brixia sacra. Memorie storiche della diocesi di Brescia», XVIII, 1-4 (2013), pp. 194-195;
85
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
l’abuso che a Bione in valle Sabbia si verificava «nei giorni della Santa
Croce e di San Marco di piantare, con una solenne processione, rami di
albero ai quattro angoli del monte dove si trova la chiesa di San Vigilio,
di cantare vari passi dei quattro vangeli e di compiere altri riti contrari
agli usi della Chiesa»33; nel 1624, a Vione in alta Valle Camonica, veniva
distrutta una vasca lustrale sul monte Bles, alla quale la comunità ricor-
reva contro la siccità inviando ogni anno dodici vergini, scelte a sorte
tra le ragazze del paese, che salivano processionalmente sulla montagna
recitando preci superstiziose e versando poi dell’acqua sulla pietra, forse
antico retaggio del culto epicorio al dio Bergimo34.
Riti di protezione di una società rurale dunque, che, al di là della ritua-
lità specifica, trovano riscontri assai più antichi, come ricorda Burcardo
a proposito di un magico cerimoniale propiziatorio della pioggia estiva:
«Anche tu – scrive il presule tedesco – hai agito come alcune donne?
Queste in tempo di siccità per avere la pioggia chiamano a raccolta nu-
merose ragazze e ne scelgono una, la più giovane tra loro, come guida,
la denudano e la conducono fuori dell’abitato, fino a quando trovano il
giusquiamo, un’erba che in teutonico si chiama belisa; la fanno strappare
a questa ragazza con il mignolo della mano destra; gliela legano con un
laccio qualsiasi al ditino del piede destro; tutte le ragazze, tenendo un ba-
stone in mano, sospingono la ragazza che trascina quell’erba nel fiume e
la bagnano con l’acqua che sollevano picchiando la superficie del fiume,
nella speranza di ottenere la pioggia con questi incantesimi. Poi, cammi-
nando a ritroso, come gamberi, riportano a braccia la ragazza nell’abi-
citato anche da O. Franzoni, Per gli erti sentieri della devozione, in Chiese campestri di Valle
Camonica. Storia e arte, Breno 1995, p. 20.
33
Visita apostolica e decreti di Carlo Borromeo alla diocesi di Brescia, VI. Riviera del Garda,
Valle Sabbia e decreti aggiunti, a cura di A. Turchini, G. Archetti e G. Donni, Brescia 2007
(Brixia sacra. Memorie storiche della diocesi di Brescia, XII, 3-4), pp. 226-227.
34
R. Putelli, Miscellanea di storia e d’arte camuna da inediti documenti, Breno 1929, pp. 38-39.
86
La diffusione del cristianesimo lungo le vie d’acqua
tato. Se l’hai fatto e vi hai preso parte, venti giorni a pane ed acqua»35.
La difficoltà tuttavia a documentare la continuità, la rottura o la ripresa
cristiana di siti religiosi indigeni può trovare prove e tracce utili nella
collocazione esaugurale di chiese e cappelle nei pressi di corsi d’acqua,
di grotte, stagni e sorgenti, sulla cima dei monti, ecc., e nella loro dedica-
zione santorale. Le esemplificazioni, con differente continuità e antichità
d’uso naturalmente, possono essere numerose: Santo Stefano di Cividate
Camuno viene eretto, in posizione sopraelevata rispetto all’abitato, sui
resti votivi di un centro cultuale romano a completamento del percorso
devozionale che dal nucleo centrale del foro e del teatro si snodava fino
sul colle; la matrice mariana del medesimo abitato camuno sarebbe edi-
ficata su un sacello dedicato a Giove, se si presta fede al ritrovamento di
una colonna messa in luce dagli scavi del 1949 nell’area del sagrato; non
molto lontano, lungo l’Oglio in località Spinera, si ergeva il santuario di
Minerva prima abbandonato e poi distrutto senza essere rioccupato.
Inoltre, situazioni e processi simili sono attestati o ipotizzabili a Bor-
no, Breno, Grevo, Capo di Ponte, Rogno, Lovere, mentre la pieve di
Cemmo sorge su un baluardo roccioso a presidio di una remotissima area
sacra, ancora oggi caratterizzata dalla presenza di megalitici massi incisi
a scopo religioso.
In questo, un ruolo speciale dovevano svolgere fonti, sorgenti, fiumi e
bacini lacustri da sempre legati alla fertilità, alla vita e alla salute, le cui
sopravvivenze magico-cultuali furono oggetto di scrupolosa attenzione
da parte degli scrittori cristiani e della legislazione ecclesiastica.
«Nolite ad fontes orare»36, è l’esortazione del vescovo Cesario ai suoi
35
A pane e acqua, p. 104; inoltre, P. Golinelli, La fanciulla del giusquiamo. Un rito medie-
vale di propiziazione della pioggia tra storia e antropologia, in Chiesa, vita religiosa, società
nel medioevo italiano. Studi offerti a Giuseppina De Sandre Gasparini, a cura di M. Rossi e
G.M. Varanini, Roma 2005 (Italia sacra, 80), pp. 415-427.
36
Cesario di Arles, Sermones, 14.4, p. 72.
87
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
fedeli, che poi mette in guardia sull’inefficacia del battesimo per coloro
che offrivano doni alle fonti o praticano altre forme di idolatria37, dedica
un’intera epistola alla distruzione dei luoghi di culto pagani, tra cui quelli
lacustri dove si recavano a pregare anche i cristiani38, e riserva numerosi
passi alle forme magico-sincretiche di continuità col paganesimo.
Tra queste, per la sua valenza battesimale, terapeutica e propiziatoria,
un posto di particolare rilievo spetta alla festa di Giovanni Battista (24
giugno), per la quale Cesario menziona il costume antico di lavarsi pres-
so fonti o sorgenti e scongiura i suoi fedeli a non farlo: «vi prego […] di
ammonire i vostri vicini, tutta la famiglia e chiunque è a voi prossimo
e di castigarli severamente con zelo divino affinché nessuno nella festa
di San Giovanni presuma di potersi lavare nelle fonti, nelle paludi o nei
fiumi di notte e al mattino perché questa sventurata consuetudine provie-
ne ancora dalle abitudini pagane. Poiché infatti in quei sacrileghi bagni
muoiono non solo le anime ma, ciò che è peggio, frequentemente anche i
corpi, temano dunque la morte del corpo coloro che non si preoccupano
della salvezza della loro anima»39.
Secondo Bernadette Filotas si tratta di un rituale per ottenere la salute
fisica, che la studiosa canadese collega a tre testi penitenziali apparte-
nenti all’area settentrionale italiana, ma il collegamento con il battesimo
risulta evidente essendo la festa del Battista; ciò conferma come nel-
la cultura folklorica la salvezza spirituale sia inseparabile dalla salute
corporea40. Vale la pena però di notare la coincidenza assai interessante
di pagamenti, contrattualità, usi liturgici, rogazioni e preghiere legati al
mondo rurale con questa festa d’inizio estate, momento privilegiato per
37
Ibidem, 35.4, p. 146; 29.2.4, pp. 906, 909; 14.4, p. 72; 13.3-5, pp. 66-68; 54.5, p. 239.
38
Ibidem, 53, pp. 233-234; inoltre, Spanu, Fons vivus, pp. 1031-1037.
39
Cesario di Arles, Sermones, 35.4, p. 146.
40
Filotas, Pagan Survivals, p. 205.
88
89Seigneúrie et Republique dé Venise en Italie, 1706.
Estat de la
Aquae divinae: riti e miti nelle Alpi tra preistoria e cristianità
41
Cfr. Carta archeologica della Lombardia, I. La Provincia di Brescia, a cura di F. Rossi,
Modena 1991, nr. 1106, 1114; inoltre, Nave nella storia, dalle origini alla prima età napo-
leonica, a cura di C. Sabatti e A. Minessi, Brescia-Nave 2011, con particolare riguardo ai
contributi di A. Valvo, Dalle origini alla caduta dell’impero romano, pp. 21-27; G. Archetti,
“Terra circondata da monti”. Nave e il suo territorio in età medievale, pp. 32-38.
42
Carta archeologica della Lombardia, nr. 1478, 1485.
43
Ibidem, nr. 679.
44
Ibidem, nr. 68, 70, 81.
45
Ibidem, nr. 487, 721, 722, 724, 726, 782, 783, 797, 978, 800, 807, 984, 986, 995, 1002,
1305, 1307, 1783, 1784.
90
La diffusione del cristianesimo lungo le vie d’acqua
92
La diffusione del cristianesimo lungo le vie d’acqua
47
A. Racheli, Memorie storiche di Rovato, Rovato 1894; ripreso in G. Donni, Il Montorfa-
no nella storia della Franciacorta antica, in Alla scoperta della Franciacorta. Miscellanea
storico-artistica archeologica e folcloristica, diretta da E. Bonomi, Bornato 1977, pp. 134,
138-139; Carta archeologica della Lombardia, nr. 1450-1453. Presenze antichissime e recu-
pero cristiano anche delle grotte sul monte Orfano in territorio di Cologne, mentre suscettibili
di sviluppi significativi, invece, le auspicabili indagini nelle grotte della Valle del Fus tra Ome
e Brione, e dell’area collinare prealpina. Cfr. G. Donni, Cologne. Storia, arte e gente, Rocca-
franca 2004 (Territori bresciani, 23), p. 163; Idem, Il Montorfano nella storia, pp. 175, 177;
A. Priuli, Incisioni rupestri parietali a Brione, «Civiltà bresciana, VI, 2 (1997), pp. 48-50;
per l’uso eremitico di alcuni di questi ripari naturali, v. G. Archetti, “Singulariter in heremo
vivere”. Forme di vita eremitica nel medioevo della Lombardia orientale, in Il monachesimo
in Valle Camonica, Atti della giornata di studio, 31 maggio 2003, Eremo dei Santi Pietro e
Paolo di Bienno - Monastero di San Salvatore di Capo di Ponte, Breno 2004, pp. 92-155.
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