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FISICA/MENTE
ATOMI STABILI ED
INSTABILI . RADIOATTIVITA'
Roberto Renzetti
Figura 3
E' stato poi scoperto che oltre a questi elementi con Z compreso tra 84 e 92
ed agli isotopi naturalmente instabili o radioattivi, è possibile provocare artificialmente
la radioattività bombardando gli atomi di certi elementi con neutroni. I nuclei
degli elementi sottoposti a questo bombardamento catturano neutroni diventando
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degli isotopi diversi dall'elemento originale. Gli isotopi così ottenuti, a causa dei neutroni
in più nei nuclei, si trovano con uno sbilanciamento tra numero di protoni e
neutroni, risultano instabili e quindi radioattivi.
loro perdita di energia avviene molto prima (sono bloccate da sottili foglie di carta o
di alluminio, dai vestiti, dagli strati superiori della pelle). Si riassume tutto questo nel
dire che la radiazione a è poco penetrante (Figura 5).
Figura 5
226 222
88Ra -------------> 86Rn + a.
Abbiamo già detto che il Radio 226 emette radiazioni alfa (e quindi perde dal suo
nucleo due neutroni e due protoni) trasmutandosi in Radon 222. Nel nucleo di Radon
si hanno allora 136 neutroni ed 86 protoni ed il rapporto tra essi vale ora:
1 1 + e- + n
0n -----------> 1p
o meglio:
1 1 + b- + n
0n -----------> 1p
166 166 + b+ + n
69Tu --------------> 68Er
(ed in questo caso si ha a che fare con un vero e proprio neutrino e non con un
antineutrino, come nell'ordinario decadimento beta che ora vedremo).
60 60 + b- + n .
27Co -----------> 28Ni
1 238 239 + b- + n .
on + 92U ------------> 93Np
A sua volta il nettunio 239 decade, mediante emissione b, in Plutonio 239 (94Pu239):
239 239 + b- + n .
93Np ----------> 94Pu
Figura 6
viene emessa verso l'esterno sotto forma di fotoni o quanti. Analogamente per il
nucleo: quando esso ha emesso radiazione a o b può trovarsi in uno stato anormale a
cui compete una quantità di energia in più (stato eccitato). Il nucleo risulta eccitato e
tende a perdere l'energia che ha in più emettendola sotto forma di radiazione g o quanti g
o fotoni g .
dove il termine della reazione contrassegnato con asterisco sta a denotare lo stato
eccitato del Cobalto 60.
Figura 7
Figura 8
-t/t
N = N0 . e
Figura 9
Essa ha la proprietà, ogni volta, di ridursi alla metà in un intervallo di tempo costante
ed uguale a T½. Per i vari isotopi radioattivi il tempo di dimezzamento ha valori
molto variabili. Ad esempio, per l'Uranio 238 esso vale 4,8 miliardi di anni; per il
Radio 226 esso vale 1620 anni; per il Cobalto 60 esso vale 5,2 anni per lo Zolfo 35
esso vale 87 giorni; per l'Oro 198 esso vale 2,7 giorni; per il Rame 66 esso vale
4,34 minuti; per l'Indio 114 esso vale 72 secondi; per il Germanio 72 esso vale
300 miliardesimi di secondo. In definitiva il tempo di dimezzamento può variare
dal miliardesimo di secondo a vari miliardi di anni.
avendo semplificato per N0. Da questa relazione, passando al logaritmo dei due membri
e operando un cambiamento di segno, si trova:
E' quindi solo un fattore numerico che differenzia la vita media dal tempo di
dimezzamento (risultando la prima più grande del secondo).
Si deve osservare che tanto più piccolo è t , tanto più instabile è un nucleo
e quindi tanto maggiore è la sua attività in un dato tempo. Viceversa, a t molto
grandi, corrispondono elementi con poca attività. Al limite, gli elementi stabili sono
quelli cui corrisponde un valore infinito di t .
LA FISSIONE NUCLEARE
La parola fissione deriva dal verbo fendere che vuol dire rompere. Provocare
la fissione nucleare vuol dire provocare la rottura di nuclei atomici.. La reazione di
fissione nucleare si realizza bombardando con neutroni, di appropriate energie cinetiche,
i nuclei di elementi pesanti (i più instabili, i più facili da rompere). Questo
bombardamento provoca la rottura dei nuclei in frammenti (due o più) più piccoli che
sono, a loro volta, nuclei di elementi più leggeri (con diversi gradi di stabilità, a
seconda delle percentuali relative di neutroni e protoni che rimangono in
ciascun frammento). Il fatto comunque più interessante del processo di fissione nucleare
è che, ad ogni rottura di un nucleo si accompagna l'emissione verso l'esterno di
una grandissima quantità di energia. Ogni singola fissione libera una energia DE pari a:
Questa quantità è certamente piccola in assoluto ma si deve tenere conto che all'interno di
1 Kg di Uranio (per ora genericamente Uranio, senza precisare il tipo di isotopo) vi
sono circa 2,5 . 1025 atomi. Se fosse possibile la completa fissione di tutti i nuclei di
questi atomi (ma non lo è!), si avrebbe una energia pari a:
Si pensi che per produrre la stessa quantità di energia occorrerebbero circa 2 300
tonnellate di carbone o 1 650 tonnellate di nafta.
da questi ultimi dotati di velocità maggiori di 1,7.107 m/s. Si chiamano invece fertili
quegli elementi che non sono fissili ma lo possono diventare a seguito della cattura, da
parte dei loro nuclei, di neutroni. Vi sono poi altri elementi non fissili che possono
essere fissionati solo da neutroni lenti mentre hanno la caratteristica di assorbire i
neutroni veloci. Da quanto detto si può dedurre che i neutroni migliori per iniziare
a sostenere un processo di fissione sono quelli lenti (il fenomeno fu scoperto da Fermi
e collaboratori nel 1934). Intuitivamente la cosa si può capire nel modo seguente:
un neutrone, in quanto privo di carica, si può muovere nella materia senza
sentire interazioni di tipo coulombiano, nel far questo può urtare vari nuclei (ma si
deve tener presente che non è l'urto in sé a rompere il nucleo); se l'energia cinetica di
questo neutrone è elevata (neutrone veloce) esso può attraversare un nucleo senza
produrre alcun effetto; viceversa un neutrone a bassa energia cinetica (lento o
termico), nell'attraversare un nucleo, passando relativamente più tempo in esso,
ha maggiore probabilità di essere catturato e di restare all'interno di esso (si usa dire che
la sezione d'urto di svariate reazioni cresce enormemente al decrescere della velocità
dei neutroni, la quale, si badi bene, non scende mai sotto i valori
caratteristici dell'agitazione termica). Con il neutrone catturato al suo interno, il
nucleo diventa instabile e si spezza in frammenti liberando energia.
Figura 10
Figura 11
(è importante osservare che questi due elementi, oltre ad essere importanti perché fissili,
lo sono anche perché, a ciascuna fissione, si accompagna l'emissione di 1, 2 o 3
nuovi neutroni che vanno a realizzare nuovi processi di fissione in un processo a
catena che discuteremo tra un poco).
Figura 12
dell'intero sistema.
Altra possibilità è quella di lavorare con Uranio 235. Altri sono però i
problemi che qui si pongono. La percentuale di Uranio 235 in Uranio 238 è, come
visto, molto piccola. I pochi nuclei di Uranio 235 presenti in un campione di
Uranio naturale, non sono sufficienti a mantenere il processo di fissione.
Quando provocassimo la fissione in un primo nucleo di un isotopo qualsiasi
dell'Uranio presente in quel campione, i neutroni che ne verrebbero fuori (con
probabilità enorme, neutroni veloci) non avrebbero il tempo di incontrare un altro nucleo
di Uranio 235 prima di venire assorbiti dall'Uranio 238. In questo caso si procede
con l'arricchimento della percentuale di Uranio 235 in Uranio 238, portandola da
quello 0,7% al 4 o 5% (usi pacifici) in modo che, quando il processo di fissione è iniziato,
i neutroni che vengono via via prodotti siano sempre in grado di incontrare un nucleo
di Uranio 235 da fissionare. In questo caso si parla di Uranio arricchito (i processi
di arricchimento dell'Uranio sono molto complessi, costosi e richiedono una
tecnologia sofisticatissima. Tale tecnologia è anche soggetta a segreto militare.
Figura 13
Figura 14
Figura 15
Infine poiché, come abbiamo già detto, i neutroni prodotti dalla fissione
sono sempre veloci, essi hanno scarsa probabilità di andare a fissionare altri nuclei.
Per aumentare questa probabilità occorre rallentare tali neutroni immergendo la massa
di materiale da fissionare (precedentemente organizzata in modo
geometricamente opportuno, come già accennato) in opportuni moderatori (sostanze
di basso peso peso atomico) che hanno lo scopo di assorbire l'energia cinetica dei
neutroni senza assorbire i neutroni stessi. I moderatori più in uso sono: l'acqua,
l'acqua pesante, il berillio metallico, l'ossido di berillio, la grafite.
Figura 16
Oltre a questa reazione ve ne sono molte altre che ormai hanno creato una
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gran quantità di elementi transuranici (numero atomico A > 92) che riporto nella
tavola seguente dove, di seguito, sono elencate le caratteristiche dell'elemento:
(*) GSI, Gesellschaft für Schwerionenforschung (Society for Heavy Ion Research), Wixhausen, Darmstadt,
Germania
JINR, Joint Institute for Nuclear Research (Объединённый институт ядерных исследований), Dubna,
Moscow Oblast, Russia
Figura 17
enormi quantità di energia che vengono asportate dal reattore prima sotto forma di calore
e quindi sotto forma di energia meccanica immediatamente trasformata in elettrica.
Per prelevare calore dalla reazione nucleare si utilizza un refrigerante (molto spesso è
lo stesso moderatore che funge anche da refrigerante; è questo il caso dell'acqua.
Nei reattori autofertilizzanti, data la maggiore quantità di calore prodotta, l'acqua ed
altri sistemi ordinari non sono sufficienti, occorre utilizzare la circolazione forzata di
sodio liquido) che andando a contatto con il combustibile si scalda fino a diventare
vapore ad alte temperature e pressione, in grado cioè di mettere in moto le turbine.
La preparazione del “fuel” nucleare dalla miniera al suo impiego nel reattore
è detto nuclear fuel cicle. Questo tipo di ciclo, senza però la fase di reprocessing, è
quello attuato nella maggior parte dei paesi che hanno centrali nucleari tipo LWR, perché
il passaggio del reprocessing è costoso e in cui si separa il Pu che potrebbe venire
usato militarmente.
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SCORIE
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Il punto problematico delle scorie radioattive e’ il fuel spento. Nei 3-4 anni
che una barra di Uranio rimane nel reattore, molto U235 e poco U238 e’
consumato producendo materiale fissile e isotopi transuranici.
Delle centinaia di radionuclidi prodotti come prodotti di fissione solo 7 hanno vita
media T1/2 maggior di 25 anni.
Gli ultimi 5 si possono considerare stabili, data la lunga vita media, per
cui l’attività a lungo termine dei prodotti di fissione è praticamente solo quella
del
Dopo 1000 anni l’attività di questi prodotti diminuirà fino a divenire radioattivi
al livello dell'Uranio da miniera.
Il problema è il Pu(239) che ha una vita T1/2 di 24000 anni ed è classificato
come una scoria ad alta attività HWL. Le scorie si possono riprocessare ( es. Francia
ed Inghilterra) e così separare gli isotopi e riusarli come fuel. Nella separazione si isola
il Pu che però può essere impiegato per le armi nucleari. Alcuni stati non
fanno reprocessing ( es. USA) per sicurezza.
Non esistono cellule viventi che siano completamente resistenti alle radiazioni, tuttavia
il danno cellulare si può manifestare in molte maniere differenti. Il danno può variare
dalla alterazione di una singola molecola, che può essere immediatamente riparata, fino
alla morte cellulare. Quale parte della cellula sia la più sensibile e la più
direttamente responsabile del danno cellulare è oggetto di ricerca e di dibattito da
lungo tempo. È un dato acquisito che esiste una grande differenza fra la radio-sensibilità
del nucleo e quella del citoplasma della cellula. Le strutture nucleari, particolarmente
i cromosomi al momento della divisione cellulare, subiscono alterazioni drammatiche
per effetto delle radiazioni. Il citoplasma invece, anche in queste condizioni, non
risulta egualmente radiosensibile.
Arresto della crescita. Uno degli effetti più significativi della irradiazione cellulare
è l'arresto della crescita. I tessuti più radiosensibili sono quelli caratterizzati da una
più elevata attività mitotica: questa dipende sia dal numero delle cellule che entrano
in mitosi che dalla durata del processo mitotico. Non è strettamente necessario che
la cellula sia in fase mitotica durante l'irradiazione, ma è sufficiente che essa sia
destinata ad entrare in mitosi in un tempo successivo. Questa forma di danno latente
da radiazioni si manifesta al momento della divisione mitotica, quando la cellula si
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Effetto sui cromosomi. Un'altro tipico effetto cellulare delle radiazioni è la alterazione
del patrimonio cromosomico. Dopo l'irradiazione si hanno modificazioni dei
cromosomi caratterizzate da aumento di «appiccicosità», fusione in una massa nucleare
ed infine rottura. La rottura cromosomica introduce una nuova ragione di mortalità
nelle cellule pesantemente irradiate. Infatti, dopo la rottura i frammenti
cromosomici rimangono separati oppure si uniscono in maniera diversa. Le
sequenze geniche dei cromosomi possono così essere amputate, spostate,
invertite, duplicate, mentre nei punti di rottura possono insorgere mutazioni. La risultante
di queste alterazioni può essere la morte cellulare.
Formazione di cellule giganti. Uno degli effetti più evidenti della irradiazione cellulare
è la formazione di cellule giganti: questo tipo di cellule si ha frequentemente
dopo irradiazione terapeutica dei tumori. Una cellula irradiata può non essere più capace
di divisione mitotica, ma può ancora conservare, per un certo tempo, la sua
attività metabolica e perciò diviene sempre più grande. Tuttavia, essendo bloccata
la possibilità di suddivisione, la cellula è destinata a morire.
Sistema ematopoietico
Sistema riproduttivo
Le gonadi (le ovaie nella femmina ed i testicoli nel maschio) sono alquanto
radiosensibili: mutazioni ed alterazioni cromosomi che si verificano sia nelle cellule
uovo che nelle cellule spermatiche dopo irradiazione e si può avere sterilità, che può
essere, a sua volta, transitoria o permanente. Sia l'una che l'altra si verificano nella
femmina per dosaggi di radiazioni inferiori che per il maschio. Sterilità temporanea
si verifica nella femmina dei mammiferi per una esposizione non superiore a 200 R [R
è l'abbreviazione dell'unità di misura roentgen che definirò alla fine della citazione,
ndr]; permanente si verifica per esposizione ad una dose superiore a 300 R. Nel maschio
la sterilità temporanea si verifica per una esposizione dei testicoli intorno a 300 R,
mentre sterilità permanente si verifica per dosi superiori a 1.000 R. Nella
femmina l'elemento più radiosensibile è la cellula uovo; nel maschio la
massima radiosensibilità è dimostrato dagli spermatogoni, ossia le cellule riproduttive
dei costituenti seminali; spermatociti, spermatidi e spermatozoi sono invece assai
resistenti, benché dopo irradiazione si possa notare un aumento delle anormalità
degli spermatozoi e una riduzione della loro motilità. È da notare tuttavia, nel maschio,
la possibilità di completa rigenerazione testicolare e ripresa della formazione
di spermatozoi funzionanti dopo esposizione alle radiazioni.
Il personale professionalmente esposto ed i pazienti sottoposti a terapia radiante
sono spesso preoccupati di andare incontro a sterilità o impotenza per effetto
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delle radiazioni; spesso anzi i due termini sono confusi e usati addirittura come sinonimi.
Si tratta in realtà di due distinte entità. La sterilità è la totale incapacità alla
riproduzione, mentre l'impotenza è la incapacità, da parte del maschio, di compiere
l'atto sessuale. Le radiazioni possono causare sterilità, transitoria o permanente, a
seconda della esposizione più o meno alta, ma non possono in alcun caso
determinare impotenza (tranne che, ovviamente, in dosi letali). Infatti le radiazioni
possono arrestare la spermatogenesi, ma non influenzano la secrezione
ormonale testicolare, responsabile dei caratteri sessuali secondari. Non bisogna
confondere con un effetto diretto delle radiazioni le alterazioni della potenza virile
che possono conseguire alla astenia del «male da raggi», o a fattori psicologici quali
la paura o la preoccupazione della malattia.
Sistema linfatico
Milza, linfonodi e timo, centri principali del sistema linfatico, mostrano un elevato grado
di radiosensibilità. Nella milza dopo meno di un'ora da una irradiazione di media entità
si manifesta l'arresto delle mitosi, seguito rapidamente da un grave danneggiamento
dei linfociti. Un altro effetto delle radiazioni sulla milza è la diminuzione del suo
peso, tanto costante che questa variazione può essere considerata un sensibile indice
della dose a cui l'organo è stato esposto. Un danno ulteriore è rappresentato
dall'arresto della produzione dei globuli rossi e dei globuli bianchi del sangue, dovuta
alla completa atrofia degli elementi cellulari precursori. Se le lesioni da radiazioni sono
tali da provocare una sindrome emorragica, le emorragie intraspleniche sono cospicue.
I linfonodi e l'altro tessuto linfoide sono egualmente assai sensibili anche a basse dosi
di radiazioni, manifestando immediatamente una riduzione del loro volume. A
seconda della dose ricevuta essi possono ricuperare volume e funzione oppure
andare incontro a fenomeni regressivi, quali edema, emorragia e necrosi.
Anche il timo presenta un elevato grado di radiosensibilità. A questo riguardo va
ricordato che negli anni intorno al 1920 fu largamente praticata, specialmente nei
paesi anglosassoni, la radioterapia per la cura della ipertrofia timica nell'infanzia.
A distanza di tempo si è evidenziato, in questi pazienti trattati, un aumento
dell'incidenza della leucemia (oltre che del cancro tiroideo, per irradiazione di vicinanza).
Apparato gastroenterico
Pelle
Occhio
La protezione degli occhi ha molta importanza per il personale esposto alle radiazioni.
La parte dell'occhio più radiosensibile è il cristallino, ove possono formarsi
opacità (cataratta) a seguito di esposizione a radiazioni ionizzanti. Il rischio
è particolarmente sentito per radiologi, tecnici di radiologia e soprattutto per coloro
che lavorano con apparecchiature di radioscopia, nella cui progettazione va appunto
tenuta in gran conto la protezione degli occhi. Cataratta da radiazioni è stata descritta
nei tecnici impiegati per la messa a punto del ciclotrone e nei giapponesi sopravvissuti
ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki. Il cristallino ha una struttura
istologica assai semplice, per cui l'unica lesione radiobiologica è la cataratta; per
azione delle radiazioni possono anche aversi, a carico dell'occhio, flogosi della
cornea, fotofobia, dolore ed iperemia congiuntivale.
Altri organi
Altri organi, come il cuore, il rene, il fegato ed il pancreas sono assai resistenti
alle radiazioni. Dosi elevate possono provocare alterazioni, quali edema, emorragia,
infarto e necrosi.
RADIOSENSIBILITA'
Come risulta dai paragrafi precedenti, gli organi possono essere divisi in tre
gruppi, piuttosto mal definiti: radiosensibili, radioresponsivi e radioresistenti.
Nella categoria degli organi radiosensibili entrano l'apparato ematopoietico, in particolare
il midollo osseo ed il tessuto linfatico, e gli organi dell'apparato riproduttivo; tra
i radioresponsivi entrano l'epitelio del tratto gastroenterico e la pelle. Tutti gli altri
organi rientrano nel gruppo dei radioresistenti.
si può fornire una correlazione,] sia pure approssimata, tra i sintomi clinici e la dose
di irradiazione. Il primo sistema ad essere interessato dall'irradiazione è
l'apparato ematopoietico. All'aumentare della dose diventano predominanti i sintomi
a carico dell'apparato gastroenterico. Infine, se la dose diventa particolarmente elevata,
il danno inferto al più resistente sistema nervoso centrale è causa di morte immediata o
a brevissimo termine, benché l'esatto meccanismo di questa morte non sia a tutt'oggi
ben conosciuto. Il fatto che siano predominanti i sintomi gastrointestinali per dosi intorno
a 600 rads e quelli a carico del sistema nervoso centrale per dosi intorno a 3.000 rads
non significa, ovviamente, che non si abbiano, in questi individui, cospicui danni
anche dell'apparato ematopoietico. Solamente questi individui non
sopravvivono abbastanza per manifestare le conseguenze del danno ematologico. I dati
[di cui disponiamo] sono basati soprattutto su casi di esposizione alla irradiazione
esterna. Manifestazioni simili si possono anche avere per irradiazione interna,
dopo somministrazione di radionuclidi quali 1'oro-198 ed il fosfooro-32, in dosaggio
molto elevato. Tuttavia gli effetti dell'irradiazione interna ben raramente si manifestano
con i segni della sindrome acuta da radiazioni, caratterizzandosi piuttosto per quelli di
una irradiazione cronica a basso livello.
Gli effetti somatici cronici causati dall'esposizione alle radiazioni sono assai più difficili
da dimostrare con certezza. È solo dopo molti anni dalla scoperta dei raggi X e
della radioattività che si comprese come gli effetti somatici derivanti da
sovraesposizione alle radiazioni ionizzanti potessero rendersi evidenti dopo anni o
anche decenni. Questa scoperta ebbe origine dalla osservazione delle alterazioni
cutanee, apparendo chiaro che ustioni e dermatiti da raggi potevano evolvere verso
il tumore della pelle. L'ipotesi, così formata, della possibilità di effetti delle radiazioni
non acuti, ma cronici, e manifestati a distanza di tempo, ha trovato un largo appoggio
di dati sperimentali ottenuti dagli animali di laboratorio. Altri effetti cronici delle
radiazioni sono l'accorciamento della durata di vita e l'invecchiamento precoce,
l'aumento dell'incidenza della leucemia e di tumori, sia benigni che maligni.
dimostrato chiaramente che l'irradiazione, sia in dose singola che ripetuta, porta ad
un accorciamento della vita media; tuttavia non vi è, per quanto riguarda l'uomo, una
sicura dimostrazione e definizione di questo fenomeno, sia per l'ovvia difficoltà di
ottenere dati di questo genere dall'uomo, sia per la difficoltà di extrapolare all'uomo
i risultati della sperimentazione animale. Inoltre va anche considerato che
l'aumentata incidenza di leucemia e tumori, negli individui irradiati, comporta
egualmente la riduzione della sopravvivenza. Al momento attuale si ritiene che si
possa affermare una generica riduzione della sopravvivenza nell'uomo irradiato, anche
se mancano dati per una stima quantitativa. Lo studio dei sopravvissuti ai
bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki non ha permesso finora
risultati conclusivi in questo senso. Ha suscitato peraltro molte discussioni una
indagine statistica secondo la quale i medici radiologi vivrebbero in media 5,2 anni in
meno dei colleghi non radiologi. Questa differenza sembra comunque ridursi negli
ultimi anni, con il miglioramento delle apparecchiature e dei provvedimenti di
ordine radioprotezionistico.
EFFETTI GENETICI
Ogni individuo vivente si sviluppa a partire da un'unica cellula formata dalla fusione di
due cellule germinali provenienti dai due genitori. Ciascuna cellula contiene un
certo numero di strutture, a forma di filamenti, chiamate cromosomi, ciascuna delle
quali contiene a sua volta dei geni, i quali ultimi costituiscono il patrimonio
ereditario dell'individuo. Ciascun genitore contribuisce per metà al corredo
cromosomico della progenie. Da questo dipende la costanza dei caratteri ereditari familiari.
Occasionalmente, per cause varie, può succedere che un gene venga alterato: si ha
allora una mutazione cui consegue, nella prole, la variazione di quelle
caratteristiche ereditarie che sono controllate dal gene alterato. Le cause delle
mutazioni possono essere varie, stimoli termici, stimoli chimici, ed anche
radiazioni ionizzanti.
Alcune mutazioni sono benefiche. Si presume ad esempio che il processo di
evoluzione degli esseri viventi sia avvenuto ad opera di piccole mutazioni succedutesi
nel corso dei millenni. Altre mutazioni sono dannose, alcune addirittura letali:
si considerano di origine genetica buona parte di malformazioni congenite,
alterazioni mentali, ecc. Le mutazioni possono essere dominanti oppure recessive.
Le mutazioni dominanti si manifestano nella prima generazione, chiunque sia il
genitore portatore del gene alterato. Le mutazioni recessive si manifestano solamente
se entrambi i genitori sono portatori del gene alterato. Le mutazioni dominanti sono
assai più rare delle recessive, e la probabilità di passaggio di esse alla progenie è anche
più rara. La mutazione recessiva si trasmette, anche se latente, alle successive
generazioni, benché con probabilità sempre minore. Secondo le leggi della genetica,
se entrambi i genitori sono portatori della alterazione, esiste il 50 % di probabilità che ne
sia affetto il figlio, 25 % che ne sia affetto il nipote ed il 12,5 % che ne sia affetto
il pronipote. È chiaro comunque che ciascuno è portatore della sua parte di
mutazioni recessive ereditate dai suoi avi, e questa è una delle ragioni per cui si sconsiglia
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L'extrapolazione all'uomo di questi dati è assai difficile. Lo studio accurato dei superstiti
di Hiroshima e Nagasaki ha rivelato alla prima generazione assai poche alterazioni
riferibili a mutazioni, d'altra parte non distinguibili dalle mutazioni risalenti alla
eredità precedente. Per contro, solamente lo studio delle generazioni successive
potrà permettere dati definitivi.
ATTIVITA’
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Ogni volta che un nucleo emette un corpuscolo alfa o una particella beta o
un fotone gamma si dice che ha subito una trasmutazione (o disintegrazione) nucleare.
Si definisce allora attività dì una data sostanza radioattiva (o sorgente) il numero
di trasmutazioni nucleari spontanee n che avvengono, nella quantità di sostanza
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A = n/t
ASM = A/m
Anche qui, si tratta dell'attività che presenta una unità di volume della
sostanza radioattiva considerata
ASV = A/V
ESPOSIZIONE
Gli effetti indotti sulla materia dalle radiazioni dipendono dalla facoltà che
queste hanno di ionizzare (direttamente o indirettamente) atomi del materiale che è
esposto ad esse. La facoltà di ionizzare che le radiazioni presentano è un importante
aspetto del loro carattere nocivo.
Nel corpo umano questa ionizzazione può portare al danneggiamento del Dna
e dell'Rna, e quindi del patrimonio genetico. Si possono cioè rompere alcuni legami
chimici che tengono insieme le catene molecolari con produzione di radicali liberi, e
ciò porta a un danneggiamento di cellule, e alla loro morte repentina o ritardata. Quindi
la quantità di ioni che vengono prodotti da una data radiazione è un indice importante
della pericolosità di una data radiazione. La grandezza "esposizione" descrive la
capacità della radiazione non corpuscolare di ionizzare l'aria (ci si riferisce quindi solo
a radiazione X o gamma ); è quindi la quantità di carica elettrica (q) che viene creata in
una unità di massa d'aria (m):
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X = q/m
DOSE ASSORBITA
D = E/m
Si tratta della quantità totale di energia che viene assorbita dal materiale irradiato
in una sua regione di massa m predeterminata (ad esempio, riferendoci ancora
all'osso precedentemente citato, ci si può chiedere qual è la dose
complessivamente assorbita da tutto l'osso, indipendentemente dal fatto che punto per
punto questa dose varia). Si ha allora a che fare con una dose moltiplicata per una massa
e = D.m
Abbiamo visto che la dose assorbita è diversa per sostanze diverse, a parità
di sorgente. Ma anche il variare il tipo di radiazione della sorgente dovrà avere
un'influenza sulla dose assorbita. Questo fatto è particolarmente importante ai
fini radioprotezionistici, e proprio per questo motivo è stata introdotta la
grandezza "equivalente di dose efficace" come misura degli effetti biologici che una
data radiazione può provocare. Poiché gli effetti biologici che vengono provocati
dalle radiazioni ionizzanti possono avere caratteristiche molto differenti anche a parità
di dose fisica, cominciamo con l'introdurre il concetto di "Efficacia
biologica relativa" (Ebr).
L'Ebr è stata introdotta al fine di render conto della diversità degli effetti (in sostanze
o sistemi biologici) prodotti da differenti tipi di radiazione, anche a parità di dose
assorbita. L'Ebr è definita come il rapporto tra una dose determinata di radiazione X
o gamma (scelta come valore di riferimento) e la dose della radiazione ionizzante in
esame, in grado di produrre lo stesso effetto biologico. Ora, poiché l'Ebr delle
diverse radiazioni dipende solamente dal numero di ionizzazioni prodotte, è evidente
che una data radiazione dotata di carica produrrà un'Ebr più grande di una radiazione X
o gamma. E, tra le radiazioni dotate di carica, quelle che ne possiedono di più
produrranno più ionizzazioni (così l'Ebr dei raggi X o gamma vale 1; quella delle
radiazioni beta vale 1,7; quella delle radiazioni alfa vale 20).
un nuovo fattore(N), che è dato dal prodotto di svariati fattori correttivi che
tengono soprattutto conto della distribuzione spaziale e temporale della dose
assorbita (attualmente a N viene assegnato il valore 1 per irradiazione
proveniente dall'esterno del corpo).
H = D.Q.N.
H = D.Ebr
Una cosa importante di cui si deve tener conto è la seguente: mentre le dosi in gray
di radiazioni non si possono sommare ai fini dei danni biologici, le dosi in sievert
(vedi oltre) sono additive.
Concetto importante, che ci dice quanta esposizione c'è stata nell'unità di tempo.
KERMA
K = Etr/m
È utile notare che è possibile dare il valore del kerma (o dell'intensità di kerma,
vedi prossima definizione) in un dato materiale posto all'interno di un altro materiale
di natura differente. Il valore ottenuto è lo stesso che si avrebbe avuto se una
piccola quantità del materiale dato fosse posta nel punto d'interesse (è quindi possibile
fare affermazioni del tipo: il kerma relativo all'aria nel punto P - che potrebbe essere
un piccolo osso - all'interno del corpo umano).
INTENSITA’ DI KERMA
Dalla tabella 3 si può facilmente vedere che la dose D assorbita e il kerma K hanno
le stesse unità di misura e dimensioni e quasi la stessa definizione. Quale differenza
esiste tra le due grandezze? Abbiamo già visto che è stato necessario introdurre la
dose assorbita (1953) in aggiunta all'esposizione, perché gli effetti biologici delle
radiazioni non dipendono tanto dalla ionizzazione delle molecole delle cellule dei
tessuti viventi quanto dall'energia che queste radiazioni forniscono a una data massa, in
una certa porzione di volume del materiale irradiato. Vediamone il significato con
un esempio.
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FISICA/MENTE
Supponiamo di avere una massa m in un dato volume V e supponiamo che nel punto
P interno a V si sia misurata la dose D (figura 1). Supponiamo ora che tre
radiazioni ionizzanti (corpuscolari o no) abbiano creato tre elettroni secondari nei
punti segnati con asterisco. Ebbene, è solo l'energia persa da questi elettroni nel
tragitto effettuato dentro V a contribuire a determinare D.
energia all'interno della massa m - dove sono stati creati - e parte all'esterno)
l'energia ceduta dalla radiazione non coincide più con quella depositata nel mezzo; essa
è maggiore di quella depositata nel mezzo. In questo caso allora il kerma è maggiore
della dose assorbita. Nel caso infine di figura 2c, l'energia ceduta dalla radiazione è
minore di quella depositata nel mezzo, con la conseguenza che il kerma è minore della
dose assorbita.
La gran parte delle grandezze che abbiamo definito sono state introdotte da
un organismo internazionale e sovranazionale, l'Icrp (International commission
on radiological protection) e, per la parte relativa alle unità di misura, dall'Icru (già citato).
I rapporti periodici di questi due organi sono talmente autorevoli che, pur non
avendo forza di legge, vengono sempre recepiti dalle legislazioni dei vari paesi, tra
cui l'Italia.
In questi ultimi anni l'Icrp ha avuto un superlavoro; a parte i vari limiti di dose,
di concentrazione ecc., che più volte si sono dovuti abbassare (non mi occuperò qui
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FISICA/MENTE
UNITA' DI MISURA
Ognuna delle grandezze che ho elencato ha la sua unità di misura. Non è qui il caso
di aprire una discussione su tali unità perché richiederebbe un intero trattatello. Mi limito
a definire le unità incontrate e quella che attualmente usiamo per rendere conto dei
danni biologici da radiazione.
Nelle cose scritte abbiamo incontrato le unità roentgen, rem e rad. Vediamo di cosa
si tratta attraverso il testo di Medicina Nucleare citato:
L'EBR (Efficacia Biologica Relativa). L'EBR è una grandezza introdotta per indicare
che diversi tipi di radiazione producono effetti diversi nei materiali o sistemi biologici,
a parità di dose assorbita. Più specificatamente, è il rapporto fra una dose assorbita di
raggi X o gamma e la dose assorbita da un'altra radiazione capace di produrre lo
stesso effetto biologico. In formula si ha:
EBR = [dose in rad per produrre un certo effetto con radiazioni X o gamma]/[dose in
rad della radiazione in esame che produce lo stesso effetto]
Il valore della dose in rem per radiazione X, gamma e beta corrisponde numericamente
al valore della dose in rad per il fatto che queste radiazioni hanno un EBR uguale a 1.
Resta ancora da definire l'unità attualmente in uso e che sentiamo nominare spesso,
il sievert (Sv). Questa unità misura, come il rem, la dose equivalente. Serve quindi solo
dire a quanti rem corrisponde un sievert:
1 Sv = 100 rem.
Da ultimo riporto una tabella tratta da l'Espresso del 7 aprile 2011 in cui sono riportati
gli effetti sull'uomo di diverse dosi di radiazioni di differente provenienza: