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La società di massa.

Tra la fine dell’800 e l’inizio del 900 iniziano a diffondersi in Europa occidentale e negli Stati Uniti
le caratteristiche della cosiddetta “società di massa”, caratterizzata dall’uniformità dei costumi e
degli stili di vita. Nella società di massa i cittadini vivono nei centri urbani, non producono più ciò
che consumano ma collaborano nei meccanismi nell’economia di mercato e acquistano ciò di cui
hanno bisogno con il denaro guadagnato attraverso il lavoro indipendente.
Gli sviluppi della società di massa portarono inoltre ad un maggiore partecipazione alla vita
politica; i segni più evidenti furono l’estensione del diritto al voto a tutti i cittadini maschi: in Italia
nel 1912, Germania, Francia e Svizzera alla fine dell’Ottocento. Questa espansione del diritto al
voto portò cosi alla nascita dei partiti politici di massa (organizzazione politica che rappresenta gli
interessi e le opinioni di una parte della società). Contemporaneamente sorsero organizzazioni
sindacali a livello nazionale che attraverso gli scioperi lottavano per rivendicare i diritti della classe
operaia.
I cambiamenti all’interno della società di massa non riguardarono solo gli aspetti politici ma anche
quelli sociali, di vita quotidiana: si diffusero i cosiddetti mass media, i mezzi di comunicazione di
massa quali i quotidiani, le radio, la televisione. Nell’economia assunse un ruolo importante il
settore terziario, vale a dire quel settore che si occupa del commercio, banche, ospedali, scuole.
Per quanto riguarda l’istruzione, essa non viene più considerata un bene riservato, ma viene
estesa a tutti i cittadini e resa obbligatoria e gratuita per combattere il fenomeno
dell’analfabetismo.
Ideologie politiche.
Durante questo periodo sorgono diverse ideologie di pensiero riguardanti le questioni sociali:
- i conservatori: guardano con preoccupazione alle rivendicazioni di operai e contadini non
sostenendo i loro scioperi, e ritenendo che il diritto all’istruzione delle masse popolari
compromettesse i privilegi delle classi sociali più potenti.
- i liberali: coloro che difendono la libertà individuale e la libera iniziativa economica.
- i socialisti: si ispirano al modello politico di Karl Marx e mirano quindi a combattere il
capitalismo e ottenere il riscatto del proletariato.
- la chiesa: condanna sia il socialismo che il libero mercato e chiede a lavoratori e imprenditori
una collaborazione pacifica.
Il socialismo.
Sul finire dell’Ottocento i tutti i paesi europei sorsero i partiti socialisti, tutti ispirati dalla tendenza
Marxiana e volti quindi all’uso della rivoluzione per riscattare il proletariato. Il primo partito
socialista a formarsi e il più importante fu l’SPD, il Partito Socialdemocratico Tedesco, nato nel
1875, che fece da modello a tutti i partiti socialisti d’Europa.
In Italia il Partito Socialista nacque nel 1892 a Genova, inizialmente prese il nome di Partito dei
lavoratori italiani, successivamente nel 1895 assunse i nome di Partito socialista Italiano, con
Filippo Turati come principale esponente.
Tutti i partiti socialisti europei auspicavano al superamento del sistema capitalistico e la gestione
sociale dell’economia; tutti erano internazionalisti e pacifisti e tutti derivavano dalla Prima
Internazionale Socialista, dissolta duranti gli anni Settanta del 1800.
La nascita della Seconda Internazionale socialista risale al 1889 quando i principali partiti socialisti
europei si riunirono per discutere di alcune deliberazioni: quali la riduzione delle ore di lavoro a
otto ore e la proclamazione di una giornata internazionale di lotta per il primo maggio di ogni
anno. Le ideologie della Seconda Internazionale Socialista si fondano nel Marxismo, ma con la
divisione in due tendenze:
- quella revisionista o socialdemocratica, che ritrattava alcuni punti del Marxismo rifiutando la
rivoluzione e aspirando ad un’azione democratica e riformista da parte della classe operaia.
- quella ortodossa o rivoluzionaria, che non rinunciava all’obbiettivo di Marx: una società senza
classi sociali da raggiungere con la rivoluzione.
In ambito cattolico, Leone XIII, con la pubblicazione della Rerum Novarum, cercò di formulare una
proposta sociale coerente con il messaggio evangelico, contenente i seguenti punti:
- condanna del liberismo perchè privo di preoccupazioni morali in ambito economico.
- condanna delle teorie socialiste che si oppongono al diritto alla proprietà privata.
- placare il conflitto sociale.
- condanna della lotta di classe e invito ad una collaborazione pacifica tra operai e padroni.
Successivamente nacque nel mondo cattolico una nuova tendenza politica definita democrazia
cristiana, che si ispirava ai valori del cristianesimo. Sotto il pontificato di Pio X i cattolici diedero
vita ad un loro partito: Il Partito Popolare Italiano fondato da Luigi Sturzo.
La lotta sociale, inoltre, non riguardava soltanto la classe operaia che rivendicava i propri diritti;
anche le donne si unirono per creare i primi movimenti delle suffragette, i quali obbiettivi non
erano solo la possibilità di votare ed essere elette, ma il raggiungimento della completa parità tra
uomo e donna.

Principio di nazionalità:
- nazione è libertà e democrazia.
- il patriota è colui che ama la propria nazione.
Nazionalismo: sentimento di affermazione e superiorità della propria nazione sulle altre.
Nazionalismo tedesco: principio di superiorità della razza ariana e condanna della razza
ebraica, causa di tutti i mali della società tedesca.
Sionismo: l’Organizzazione Sionista Mondiale ha lo scopo di dare una patria agli Ebrei in
Palestina.
Razzismo: ideologia che crede nell’esistenza di razze superiori e inferiori e ritiene che la razza
superiore abbia dovere e diritto di dominare su quella inferiore.
Positivismo: movimento filosofico e culturale che pone la ricerca scientifica attraverso le leggi
della natura come unico mezzo per soddisfare le conoscenze dell’uomo.
Irrazionalismo: in opposizione al positivismo, crede nella volontà di andare aldilà della scienza.
Protezionismo: favorisce elusivamente l’esportazione ai paesi esteri per incrementare
l’economia interna.
Liberismo: dottrina economica che favorisce il libero scambio commerciale internazionale e si
oppone quindi al protezionismo.
Liberalismo: dottrina politica che difende la libertà sostenendo i limiti del potere statale e
rivendicando i diritti individuali.
Il nuovo secolo sembrò dare inizio ad un’epoca di pace e benessere: le scoperte e le invenzioni si
susseguivano senza sosta e sembrava che la povertà fosse ormai quasi totalmente sconfitta.
Questo periodo che va dalla fine dell’Ottocento fino al 1914 venne definito Belle èpoque (bella
epoca).
Durante la belle èpoque e più specificatamente dal 1901 al 1914 si affermò In Italia quella che
viene definita Età Giolittiana, a causa della grande influenza che esercitò Giolitti sulla vita politica
dell’Italia. L’inizio di questo periodo coincide con il decollo della rivoluzione industriale in Italia,
soprattutto nel triangolo industriale formato da Torino, Genova e Milano. La politica protezionista
favorì lo sviluppo industriale del Nord ma danneggiò il commercio dei prodotti tipici del Sud.
In campo politico, all’interno del Partito socialista italiano si formarono due correnti:
- i riformisti, guidati da Filippo Turati che ritenevano si dovesse cambiare la società gradualmente
attraverso le riforme.
- i massimalisti, guidati da Costantino Lazzari e Benito Mussolini, che ritenevano ci fosse bisogno
l’uso della rivoluzione per ottenere dei cambiamenti della società.
Giolitti cercò più volte l’aiuto dei riformisti invitando Turati ad unirsi al suo governo, ma
quest’ultimo non accettò.
Il modo di fare politica di Giolitti venne definito “del doppio volto” in quanto aperto e
democratico nei confronti del Nord e conservatore e corrotto nello sfruttare i problemi del sud.
A Nord Giolitti consentì gli scioperi, rendendo il governo neutrale nella lotta tra le classi; varò
alcune riforme che migliorarono le condizioni degli operai, che raggiunsero poi un aumento dei
salari. Per quanto riguarda il Meridione invece l’azione politica di Giolitti assunse un carattere
sporadico: gli interventi vennero spesso affidati a leggi speciali per porre rimedio a situazioni
particolari, e gran parte del denaro che in questo modo arrivò al sud generò clientele e
corruzione. Inoltre, difronte agli scioperi Giolitti non si mostrò altrettanto favorevole come fece al
Nord, fece infatti intervenire forze dell’ordine attuando una dura repressione. Per Giolitti il Sud era
solo un serbatoio di voti da controllare.
Questa situazione vigente al sud costrinse molti contadini privi di lavoro ad emigrare all’Estero. Gli
Italiano si mossero in massa; tra il 1900 e il 1914 emigrarono più di 8 milioni di Italiani verso Nord
Europa, Stati Uniti e alcuni paesi dell’America del sud. L’emigrazione fu sicuramente un fenomeno
doloroso ma che portò anche maggiore ricchezza nelle terre più povere, in quanto chi lavorava
all’estero spediva parte del proprio salario (le rimesse) al paese d’origine, in questo caso l’Italia.

In campo politico, Giolitti, spinto da interessi politici ed economici e dall’opinione pubblica, fece
ripartire la politica coloniale dichiarando guerra alla Turchia che dominava la Libia. La Turchia
firmò nel 1912 il Trattato di Losanna con il quale cedeva la Libia. Ma questa conquista non favorì
grandi opportunità per gli emigrati italiani in relazione alle notevoli spese che comportò. La Libia
non era infatti la terra rigogliosa descritta dalla propaganda, e a trarne vantaggio furono
esclusivamente le banche, gli armatori e l’industria militare.

Nel 1912 Giolitti fece introdurre il suffragio universale maschile in quanto intendeva far avvicinare i
due gradi movimenti di massa presenti nel Paese: socialisti e cattolici. Nel 1913 stipulò con
l’Unione elettorale cattolica il Patto Gentiloni: i cattolici promettevano di votare tutti i liberali che
avessero sottoscritto l’intenzione di difendere la Chiesa. Grazie a questo patto nelle elezioni
Giolitti raggiunse nuovamente la maggioranza.
Nel 1914, a seguito della guerra in Libia e della crisi economica, il governo di Giolitti subisce un
declino e preferisce cosi dare le dimissioni. Gli susseguì Antonio Salandra, con cui L’Italia tornò ad
un clima di tensione sociale. Ebbe cosi fine l’Età Giolittiana.

Futurismo: movimento d’avanguardia nato in Italia con il Manifesto de futurismo pubblicato da


Filippo Tommaso Marinetti il 20 febbraio 1909 sul giornale “Le Figaro” di Parigi. Il futurismo
celebrava l’amore per la ribellione, la guerra, il pericolo, esaltava la nuova civiltà della macchina,
attingeva alla scoperta di nuove sensazioni attraverso la scienza, rifiutava il mondo dell’interiorità.
La prima guerra mondiale fu il risultato di un lungo periodo di tensione tra le maggiori potenze
europee. Esse erano raggruppate in due blocchi militari contrapposti: Triplice alleanza (Germania,
Austria e Italia) e Triplice Intesa (Francia, Gran Bretagna e Russia). La Germania, in particolare,
voleva imporsi come paese guida del continente, contrastata dall'Inghilterra e dalla Francia,
desiderosa questa di una rivincita dopo la sconfitta del 1870. L'impero austro-ungarico e quello
russo vedevano invece minacciata la loro integrità dalle richieste di indipendenza dei diversi
popoli sottomessi. Le cause economiche riguardavano prima di tutto le rivalità economiche tra
Gran Bretagna e Germania, quest’ultima in rapida crescita industriale; e in secondo luogo la
necessità per tutte le potenze industriali di espandere il proprio mercato garantendo risorse di
materie prime. Sul piano culturale, inoltre, già dagli inizi del 900 si diffusero atteggiamenti
favorevoli alla guerra, quali: il nazionalismo, le tesi razziste, il darwinismo (convinzione che la
guerra fosse l’equivalente di lotta per la sopravvivenza), i giovani che trovavano nella guerra una
possibilità di riscatto e cambiamento della situazione politica e sociale.
Tutto ebbe inizio il 28 giugno del 1914 quando l’erede al trono Austriaco Francesco Ferdinando
venne assassinato a Sarajevo da un nazionalista serbo; così l’Austria dichiara guerra alla Serbia.
Qui entrò in gioco il meccanismo delle alleanze e si passò ad una guerra europea: la Germania
dichiarò guerra a Russia e Francia attenuando una strategia che prevedeva una guerra di
movimento con una rapida soluzione del conflitto, attaccando la Francia mediante
l’attraversamento di Belgio e Lussemburgo. L’occupazione di questi paesi neutrali determinò
l’immediato intervento della Gran Bretagna il 4 agosto, l’Italia si mantenne per il momento
neutrale. Invaso il Belgio neutrale, i Tedeschi penetrarono nel territorio nemico ma furono sconfitti
nella battaglia della Marna. La guerra di movimento divenne così guerra di posizione, combattuta
nelle trincee (fossati scavati nel terreno dotati di ripari e reticoli di filo spinato). Intanto sul fronte
orientale l'esercito tedesco sconfisse la Russia ma si giunse ben presto anche qui ad una
situazione di stallo, data dall’equilibrio delle due forze militari.
Per quanto riguarda la posizione dell’Italia, il governo presieduto da Antonio Salandra proclamò la
neutralità del nostro paese appellandosi all clausola della Triplice alleanza, che prevedevano solo
guerre difensive, pertanto l’Italia non era tenuta ad intervenire in guerra poichè Austria e
Germania erano gli aggressori, e non gli aggrediti. Nel Paese, intanto, si aprì un dibattito sulla
necessità di intervenire o meno a fianco dell’Intesa. I neutralisti rappresentavano la maggior parte
della popolazione e del parlamento: socialisti e cattolici. I socialisti ritenevano che la guerra
perseguisse interessi capitalistici a danno dei proletari; i cattolici condannavano ogni tipo di
violenza e guerra; infine vi era il giudizio autorevole di Giolitti che voleva ottenere Trento e Trieste
offrendo in cambio proprio la neutralità dell’Italia.
Gli interventisti erano invece una minoranza molto attiva, divisa in:
- interventisti di destra: nazionalisti, che promuovevano la guerra come segno di vitalità della
nazione e aspiravano a completare l’indipendenza nazionale grazie alla liberazione di Trento e
Trieste.
- interventisti di sinistra: per alcuni democratici, repubblicani e socialisti l’Italia doveva schierarsi
con le forze democratiche dell’Intesa contro i regimi autoritari di Austria e Germania per liberare
tutte le nazionalità oppresse. Il “popolo d’Italia” di Mussolini divenne l’organo degli interventisti
di sinistra. Mussolini era stato un dirigente socialista, espulso dal partito proprio per il suo
sostegno all’intervento.
Abbandonato il tentativo di ricevere dall’Austria il riscatto dei territori italiani ancora sotto il suo
dominio, a causa del rifiuto di quest’ultima in quanto non intenzionata a stipulare patti fino alla
fine della guerra, il 26 aprile 1915 il governo, senza interpellare il Parlamento, stipulò in segreto il
Patto di Londra con l’Intesa: l’Italia sarebbe entrata in guerra entro un mese a fianco di Francia e
Inghilterra e avrebbe ottenuto in caso di vittoria Trentino, l’Alto Adige, Trieste, Istria, la città di
Valona, in Albania e eventuali colonie tedesche.
Il 3 maggio l’Italia uscì dalla Triplice alleanza e il 24 Maggio del 1915 dichiarò guerra all’Austria-
Ungheria. Sin dall’inizio l’Italia mostrò diverse difficoltà nel sostenere un conflitto cosi
impegnativo: l’inefficienza organizzativa, le carenze nell’armamento, la scarsa preparazione tecnica
e l’incompetenza di molti ufficiali. Comandante supremo dell’esercito italiano fu nominato Luigi
Cadorna. Egli non si fidava dei militari di leva e imponeva rigide punizioni per ogni mancanza. Il
tentativo di diserzione veniva punito con la fucilazione e per i reati collettivi venivano scelti a sorte
tra i militari coloro che dovevano ricevere la pena di morte. Il generale Cadorna, ancora legato ad
una visione ottocentesca della strategia militare, decise di attaccare frontalmente le posizioni
delle truppe austriache lungo l’Isonzo e sul Carso; si svolsero così le prime quattro Battaglie
dell’Isonzo che provocarono migliaia di vittime e non portarono alcun successo.
Nel giugno 1916 l’Austria decise di sferrare una spedizione punitiva contro l’ex alleato ritenuto
ora traditore dell’alleanza. Le truppe austriache attaccarono proprio nel punto debole dell’esercito
italiano e riuscirono a penetrare nel nostro territorio, occupando Asiago. Il fronte italiano riuscì
però a resistere, anche grazie all’intervento della Russia che attaccò l’Austria sull’altro fronte.
Cadorna decise quindi di schierare una controffensiva, sempre sull’Isonzo, che portò alla
conquista dei monti San Michele e Sabotino e alla successiva liberazione di Gorizia, evento che
segnò il rientro alla guerra di logoramento, nelle trincee.
Sin dall’inizio del conflitto la Gran Bretagna aveva attenuato un blocco navale per impedire ai
tedeschi di raggiungere materie prime e fonti alimentari. Dopo quasi due anni il blocco iniziava ad
avere conseguenza gravi sull’economia dei paesi centrali, cosi la flotta della Germania affrontò la
marina inglese nel Mare del Nord senza però riuscire a sottrarre agli inglesi il dominio dei mari.
alla fine di agosto gli imperi centrali riuscirono a conquistare la Romania, da poco entrata in
guerra, ottenendo una fonte di approvvigionamento alimentare e petrolifero.
Le difficoltà economiche incontrate dai tedeschi spinsero questi ultimi a intensificare la guerra
sottomarina, per bloccare tutti i rifornimenti ai Pesi nemici e isolare economicamente la Gran
Bretagna. I sottomarini tedeschi affondavano non solo le navi mercantili ma persino quelle per il
trasporto passeggeri. Gli Stati Uniti ritenevano questi affondamenti contro i principi del libero
commercio sui mari e protestarono con forza, fino ad entrare in guerra al fianco dell’Intesa neon
1917. Questo fu un anno decisivo per le sorti del conflitto; in Russia il governo dello zar cadde e
fu sostituito da una repubblica il cui governo provvisorio decise di continuare la guerra, ma i
tedeschi riuscirono ad insediarsi nel territorio russo poiché le truppe abbandonavano il fronte.
Scoppiò poi una rivoluzione e il potere fu assunto dai comunisti guidati da Lenin, che decise di
uscire dalla guerra e stipulare i trattati di pace con gli imperi centrali: la Germania ottenne Polonia
e Paesi baltici, mentre l’ucraina diventò indipendente.
In seguito alla crisi della Russia, Germania e Austria poterono spostare delle truppe sul fronte
occidentale e su quello italiano fino a sfondare le linee italiane a Caporetto. L’Italia fu costretta
all’immediata ritirata delle truppe che causò inoltre la perdita di circa 400.000 uomini. In seguito a
questa sconfitta il generale Cadorna dovette lasciare il comando supremo dell’esercito e fu
sostituito da Armando Diaz che decise di sistemare una nuova linea di difesa sul fiume Piave dove
fu bloccata l’offensiva austriaca.
Le cause principali della sconfitta a Caporetto vanno ricercate in un’offensiva ben pianificata
dell’Austria, nell’errata impostazione della battaglia difensiva, ma principalmente nel clima di
sfiducia e disagio dell’esercito italiano. I soldati erano ormai logorati dalla guerra di trincea, dalle
stragi subite e effettuate, dal comportamento dei comandanti e dalla morte sempre imminente. Il
rifiuto della guerra si manifestava soprattutto in comportamenti individuali, atti di autolesionismo,
come procurarsi volontariamente delle mutilazioni per poter giustificare l’esonero dal servizio al
fronte. Ma la guerra non causò danni esclusivamente al fronte esterno. A risentire delle
ripercussioni della guerra fu l’intera popolazione: coloro che abitavano nelle zone di
combattimento furono soggetti a cadute di bombe, e costretti a lasciare le loro case; chi abitava
lontano dal fronte subiva razionamento del cibo, rialzo dei prezzi, diffusione di epidemie,
aumento delle ore di lavoro per garantire ai militari tutte le risorse di cui avevano bisogno. Questo
peggioramento delle condizioni di vita determinò diverse proteste in tutta Europa, come
dimostrazioni e proteste che talvolta furono seguiti da violenti scontri con decine di vittime. Per
mobilitare la popolazione quindi, il governo mise in atto un movimento di propaganda, rivolto alle
truppe per alzarne il morale ma anche ai civili. Per esempio vennero stampati grandi quantità di
manifesti in cui si esaltavano le doti e le vittorie dell’esercito, il cinema venne imposto al servizio
della causa nazionale, e persino nelle scuole i bambini divennero oggetto di indottrinamento, dai
libri ai giocattoli di carattere bellico.
Nel 1918 Germania e Austria si prepararono ad un nuovo attacco, consapevoli che il blocco
economico impediva loro di prolungare ulteriormente lo sforzo bellico. L’attacco portato dai
tedeschi sul fronte occidentale, pero`, si arenò contro la reazione delle truppe anglo-francesi che
ebbero la meglio nelle battaglie di Marna e Amiens. Successivamente tutti gli imperi centrali
caddero.
Il 29 settembre la Bulgaria si arrese all’esercito franco-serbo; Ungheria, Cecoslovacchia e
Jugoslavia si dichiararono indipendenti dall’Austria, che subì la controffensiva italiana e fu
sconfitta nella battaglia di Vittorio Veneto e costretto alla ritirata. Il 3 novembre 1918 venne
firmato l’armistizio che dichiarava la vittoria dell’Italia. L’Austria venne proclamata repubblica, la
Turchia si arrese mentre la Germania dichiarò la repubblica e firmò l’armistizio di Rethondes l’11
novembre del 1918.
Terminava cosi, dopo quasi quattro anni, la prima guerra mondiale.

Le trincee e gli armamenti


Le trincee sono un antichissimo sistema difensivo nelle guerre di posizione. Si tratta di fossati
scavati nel terreno, circondati da filo spinato, utilizzati come riparo dal fuoco nemico e come vero
e proprio rifugio in cui i soldati dovevano vivere per periodi prolungati, in condizioni igieniche
pessime, costantemente soggetti alle intemperie e sottoposti ad una tensione costante per
l’incombente minaccia di un attacco nemico. I soldati dovevano inoltre convivere con la tragica
presenza della morte; i cadaveri dei compagni rimanevano all’interno delle trincee per giorni, se
non per sempre. La loro resistenza era messa a dura prova dai bombardamenti d’artiglieria, il
cosiddetto “fuoco di preparazione” che precedeva l’attacco nemico. Quando si trattava poi di
attaccare, le probabilità di morire erano altissime. La determinazione e il coraggio dei soldati la
ritroviamo in parte nello spirito di corpo, con il cameratismo e principalmente nel sentimento di
nazionalità. Ma in realtà, i soldati obbedivano perchè purtroppo non avevo altra scelta, in quanto
la diserzione o la disobbedienza erano puniti sul posto con la morte. Quindi la guerra venne
accettata con rassegnazione come un immutabile destino naturale.

Oltre alle armi tradizionali gli eserciti poterono utilizzare nuove armi e tecnologie messe a
disposizione dai grandi progressi della scienza. Vennero utilizzati gas chimici che uccidevano il
nemico tramite soffocamento o avvelenamento. L’industria automobilistica mise a disposizione
mezzi di trasporto più rapidi e la radiofonia permise lo sviluppo di mezzi di comunicazioni utili per
coordinare le azioni o inviare informazioni. Anche i carri armati vennero utilizzati ma non ne veniva
incoraggiato l’uso. Nella guerra navale fece la sua comparsa il sottomarino, utilizzato soprattutto
dai tedeschi per attaccare le navi nemiche o colpire di sorpresa le navi mercantili.
I trattati di pace
I ministri dei paesi vincitori si riunirono a Parigi l’8 gennaio 1919 in una Conferenza per la pace. I
protagonisti furono i rappresentanti delle 4 potenze vincitrici: Clemenceau per la Francia, Lloyd
George per la Gran Bretagna, Wilson per gli USA e Orlando per l’Italia. In merito ai principi che
dovevano ispirare gli accordi di pace, Wilson aveva presentato 14 punti che riassumevano i
progetti degli Stati Uniti per le future interazioni nazionali. Wilson richiamava a quei principi
democratici, quali l’autodeterminazione della nazione, la libertà dei mari, in nome dei quali
l’Intesa era entrata in guerra. Ma in realtà le potenza europee non guardavano a questi grandi
degli tramite le trattative di pace: la Francia voleva indebolire la Germania per diventare la prima
potenza europea dominante; la Gran Bretagna voleva evitare la rovina della Germania per
impedire alla Francia di accrescere il suo dominio; l’Italia pretendeva i territori che aveva pattuito
con Francia e Gran Bretagna nel Patto di Londra.
L’obbiettivo della conferenza della pace era quello di trovare un equilibrio tra le necessità di
penalizzare gli sconfitti e risarcire i vincitori; si scontrarono così due strategie politiche:
- quella di Clemenceau che intendeva piegare la Germania per consentire alla Francia di vestire il
ruolo di grande potenza europea.
- Quella di Wilson che proponeva un modello democratico di convivenza pacifica, fondato
sull’equilibrio delle nazioni e sul rispetto dei popoli.
Alla fine prevalse la proposta di Clemenceau e i trattati di pace furono firmati tra il 1919 e il
1920 con le seguenti decisioni:
- Ungheria, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Lettonia, Lituania e Estonia vennero riconosciuti
indipendenti.
- L’Austria perse 8 dei territori dell’antico impero.
- La Turchia perse tutti i territori europei tranne Istambul.
- La Palestina e l’Iraq furono affidati agli inglesi; la Siria alla Francia.
- La Germania venne riconosciuta come principale causa dello scoppio del conflitto, pertanto: fu
costretta a pagare i danni di guerra (132 miliardi di marchi oro), e a mantenere una flotta e un
esercito ridotti; fu privata di tutte le colonie; alcuni territori ritornarono alla Francia, Danimarca e
Polonia; anche i territori conquistati con gli accordi con la Russia le vennero sottratti.
- L’Italia ricevette dall’Austria il Trentino, l’Alto Adige, la Venezia Giulia e Trieste. Vennero richiesti
anche gli altri territori promessi nel patto di Londra ma le altre potenze ritennero che questa
richiesta violasse il principio di autodeterminazione e si opposero alla richiesta.
Se dovessimo tentare un resoconto generale dei risultati indotti dalla guerra e dai trattati di pace,
potremmo considerare come unici vincitori gli Stati Uniti, in quanto divennero la prima potenza
politica ed economica del mondo e i principali creditori degli Stati europei (l’Europa aveva un
debito con gli Stati Uniti pari a 7 miliardi di dollari); i Quattro imperi erano di fatto crollati e il
primato d’Europa si era indebolito al punto di vista politico e economico, facendo emergere il
ruolo mondiale degli Stati Uniti.

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