Tra la fine dell’800 e l’inizio del 900 iniziano a diffondersi in Europa occidentale e negli Stati Uniti
le caratteristiche della cosiddetta “società di massa”, caratterizzata dall’uniformità dei costumi e
degli stili di vita. Nella società di massa i cittadini vivono nei centri urbani, non producono più ciò
che consumano ma collaborano nei meccanismi nell’economia di mercato e acquistano ciò di cui
hanno bisogno con il denaro guadagnato attraverso il lavoro indipendente.
Gli sviluppi della società di massa portarono inoltre ad un maggiore partecipazione alla vita
politica; i segni più evidenti furono l’estensione del diritto al voto a tutti i cittadini maschi: in Italia
nel 1912, Germania, Francia e Svizzera alla fine dell’Ottocento. Questa espansione del diritto al
voto portò cosi alla nascita dei partiti politici di massa (organizzazione politica che rappresenta gli
interessi e le opinioni di una parte della società). Contemporaneamente sorsero organizzazioni
sindacali a livello nazionale che attraverso gli scioperi lottavano per rivendicare i diritti della classe
operaia.
I cambiamenti all’interno della società di massa non riguardarono solo gli aspetti politici ma anche
quelli sociali, di vita quotidiana: si diffusero i cosiddetti mass media, i mezzi di comunicazione di
massa quali i quotidiani, le radio, la televisione. Nell’economia assunse un ruolo importante il
settore terziario, vale a dire quel settore che si occupa del commercio, banche, ospedali, scuole.
Per quanto riguarda l’istruzione, essa non viene più considerata un bene riservato, ma viene
estesa a tutti i cittadini e resa obbligatoria e gratuita per combattere il fenomeno
dell’analfabetismo.
Ideologie politiche.
Durante questo periodo sorgono diverse ideologie di pensiero riguardanti le questioni sociali:
- i conservatori: guardano con preoccupazione alle rivendicazioni di operai e contadini non
sostenendo i loro scioperi, e ritenendo che il diritto all’istruzione delle masse popolari
compromettesse i privilegi delle classi sociali più potenti.
- i liberali: coloro che difendono la libertà individuale e la libera iniziativa economica.
- i socialisti: si ispirano al modello politico di Karl Marx e mirano quindi a combattere il
capitalismo e ottenere il riscatto del proletariato.
- la chiesa: condanna sia il socialismo che il libero mercato e chiede a lavoratori e imprenditori
una collaborazione pacifica.
Il socialismo.
Sul finire dell’Ottocento i tutti i paesi europei sorsero i partiti socialisti, tutti ispirati dalla tendenza
Marxiana e volti quindi all’uso della rivoluzione per riscattare il proletariato. Il primo partito
socialista a formarsi e il più importante fu l’SPD, il Partito Socialdemocratico Tedesco, nato nel
1875, che fece da modello a tutti i partiti socialisti d’Europa.
In Italia il Partito Socialista nacque nel 1892 a Genova, inizialmente prese il nome di Partito dei
lavoratori italiani, successivamente nel 1895 assunse i nome di Partito socialista Italiano, con
Filippo Turati come principale esponente.
Tutti i partiti socialisti europei auspicavano al superamento del sistema capitalistico e la gestione
sociale dell’economia; tutti erano internazionalisti e pacifisti e tutti derivavano dalla Prima
Internazionale Socialista, dissolta duranti gli anni Settanta del 1800.
La nascita della Seconda Internazionale socialista risale al 1889 quando i principali partiti socialisti
europei si riunirono per discutere di alcune deliberazioni: quali la riduzione delle ore di lavoro a
otto ore e la proclamazione di una giornata internazionale di lotta per il primo maggio di ogni
anno. Le ideologie della Seconda Internazionale Socialista si fondano nel Marxismo, ma con la
divisione in due tendenze:
- quella revisionista o socialdemocratica, che ritrattava alcuni punti del Marxismo rifiutando la
rivoluzione e aspirando ad un’azione democratica e riformista da parte della classe operaia.
- quella ortodossa o rivoluzionaria, che non rinunciava all’obbiettivo di Marx: una società senza
classi sociali da raggiungere con la rivoluzione.
In ambito cattolico, Leone XIII, con la pubblicazione della Rerum Novarum, cercò di formulare una
proposta sociale coerente con il messaggio evangelico, contenente i seguenti punti:
- condanna del liberismo perchè privo di preoccupazioni morali in ambito economico.
- condanna delle teorie socialiste che si oppongono al diritto alla proprietà privata.
- placare il conflitto sociale.
- condanna della lotta di classe e invito ad una collaborazione pacifica tra operai e padroni.
Successivamente nacque nel mondo cattolico una nuova tendenza politica definita democrazia
cristiana, che si ispirava ai valori del cristianesimo. Sotto il pontificato di Pio X i cattolici diedero
vita ad un loro partito: Il Partito Popolare Italiano fondato da Luigi Sturzo.
La lotta sociale, inoltre, non riguardava soltanto la classe operaia che rivendicava i propri diritti;
anche le donne si unirono per creare i primi movimenti delle suffragette, i quali obbiettivi non
erano solo la possibilità di votare ed essere elette, ma il raggiungimento della completa parità tra
uomo e donna.
Principio di nazionalità:
- nazione è libertà e democrazia.
- il patriota è colui che ama la propria nazione.
Nazionalismo: sentimento di affermazione e superiorità della propria nazione sulle altre.
Nazionalismo tedesco: principio di superiorità della razza ariana e condanna della razza
ebraica, causa di tutti i mali della società tedesca.
Sionismo: l’Organizzazione Sionista Mondiale ha lo scopo di dare una patria agli Ebrei in
Palestina.
Razzismo: ideologia che crede nell’esistenza di razze superiori e inferiori e ritiene che la razza
superiore abbia dovere e diritto di dominare su quella inferiore.
Positivismo: movimento filosofico e culturale che pone la ricerca scientifica attraverso le leggi
della natura come unico mezzo per soddisfare le conoscenze dell’uomo.
Irrazionalismo: in opposizione al positivismo, crede nella volontà di andare aldilà della scienza.
Protezionismo: favorisce elusivamente l’esportazione ai paesi esteri per incrementare
l’economia interna.
Liberismo: dottrina economica che favorisce il libero scambio commerciale internazionale e si
oppone quindi al protezionismo.
Liberalismo: dottrina politica che difende la libertà sostenendo i limiti del potere statale e
rivendicando i diritti individuali.
Il nuovo secolo sembrò dare inizio ad un’epoca di pace e benessere: le scoperte e le invenzioni si
susseguivano senza sosta e sembrava che la povertà fosse ormai quasi totalmente sconfitta.
Questo periodo che va dalla fine dell’Ottocento fino al 1914 venne definito Belle èpoque (bella
epoca).
Durante la belle èpoque e più specificatamente dal 1901 al 1914 si affermò In Italia quella che
viene definita Età Giolittiana, a causa della grande influenza che esercitò Giolitti sulla vita politica
dell’Italia. L’inizio di questo periodo coincide con il decollo della rivoluzione industriale in Italia,
soprattutto nel triangolo industriale formato da Torino, Genova e Milano. La politica protezionista
favorì lo sviluppo industriale del Nord ma danneggiò il commercio dei prodotti tipici del Sud.
In campo politico, all’interno del Partito socialista italiano si formarono due correnti:
- i riformisti, guidati da Filippo Turati che ritenevano si dovesse cambiare la società gradualmente
attraverso le riforme.
- i massimalisti, guidati da Costantino Lazzari e Benito Mussolini, che ritenevano ci fosse bisogno
l’uso della rivoluzione per ottenere dei cambiamenti della società.
Giolitti cercò più volte l’aiuto dei riformisti invitando Turati ad unirsi al suo governo, ma
quest’ultimo non accettò.
Il modo di fare politica di Giolitti venne definito “del doppio volto” in quanto aperto e
democratico nei confronti del Nord e conservatore e corrotto nello sfruttare i problemi del sud.
A Nord Giolitti consentì gli scioperi, rendendo il governo neutrale nella lotta tra le classi; varò
alcune riforme che migliorarono le condizioni degli operai, che raggiunsero poi un aumento dei
salari. Per quanto riguarda il Meridione invece l’azione politica di Giolitti assunse un carattere
sporadico: gli interventi vennero spesso affidati a leggi speciali per porre rimedio a situazioni
particolari, e gran parte del denaro che in questo modo arrivò al sud generò clientele e
corruzione. Inoltre, difronte agli scioperi Giolitti non si mostrò altrettanto favorevole come fece al
Nord, fece infatti intervenire forze dell’ordine attuando una dura repressione. Per Giolitti il Sud era
solo un serbatoio di voti da controllare.
Questa situazione vigente al sud costrinse molti contadini privi di lavoro ad emigrare all’Estero. Gli
Italiano si mossero in massa; tra il 1900 e il 1914 emigrarono più di 8 milioni di Italiani verso Nord
Europa, Stati Uniti e alcuni paesi dell’America del sud. L’emigrazione fu sicuramente un fenomeno
doloroso ma che portò anche maggiore ricchezza nelle terre più povere, in quanto chi lavorava
all’estero spediva parte del proprio salario (le rimesse) al paese d’origine, in questo caso l’Italia.
In campo politico, Giolitti, spinto da interessi politici ed economici e dall’opinione pubblica, fece
ripartire la politica coloniale dichiarando guerra alla Turchia che dominava la Libia. La Turchia
firmò nel 1912 il Trattato di Losanna con il quale cedeva la Libia. Ma questa conquista non favorì
grandi opportunità per gli emigrati italiani in relazione alle notevoli spese che comportò. La Libia
non era infatti la terra rigogliosa descritta dalla propaganda, e a trarne vantaggio furono
esclusivamente le banche, gli armatori e l’industria militare.
Nel 1912 Giolitti fece introdurre il suffragio universale maschile in quanto intendeva far avvicinare i
due gradi movimenti di massa presenti nel Paese: socialisti e cattolici. Nel 1913 stipulò con
l’Unione elettorale cattolica il Patto Gentiloni: i cattolici promettevano di votare tutti i liberali che
avessero sottoscritto l’intenzione di difendere la Chiesa. Grazie a questo patto nelle elezioni
Giolitti raggiunse nuovamente la maggioranza.
Nel 1914, a seguito della guerra in Libia e della crisi economica, il governo di Giolitti subisce un
declino e preferisce cosi dare le dimissioni. Gli susseguì Antonio Salandra, con cui L’Italia tornò ad
un clima di tensione sociale. Ebbe cosi fine l’Età Giolittiana.
Oltre alle armi tradizionali gli eserciti poterono utilizzare nuove armi e tecnologie messe a
disposizione dai grandi progressi della scienza. Vennero utilizzati gas chimici che uccidevano il
nemico tramite soffocamento o avvelenamento. L’industria automobilistica mise a disposizione
mezzi di trasporto più rapidi e la radiofonia permise lo sviluppo di mezzi di comunicazioni utili per
coordinare le azioni o inviare informazioni. Anche i carri armati vennero utilizzati ma non ne veniva
incoraggiato l’uso. Nella guerra navale fece la sua comparsa il sottomarino, utilizzato soprattutto
dai tedeschi per attaccare le navi nemiche o colpire di sorpresa le navi mercantili.
I trattati di pace
I ministri dei paesi vincitori si riunirono a Parigi l’8 gennaio 1919 in una Conferenza per la pace. I
protagonisti furono i rappresentanti delle 4 potenze vincitrici: Clemenceau per la Francia, Lloyd
George per la Gran Bretagna, Wilson per gli USA e Orlando per l’Italia. In merito ai principi che
dovevano ispirare gli accordi di pace, Wilson aveva presentato 14 punti che riassumevano i
progetti degli Stati Uniti per le future interazioni nazionali. Wilson richiamava a quei principi
democratici, quali l’autodeterminazione della nazione, la libertà dei mari, in nome dei quali
l’Intesa era entrata in guerra. Ma in realtà le potenza europee non guardavano a questi grandi
degli tramite le trattative di pace: la Francia voleva indebolire la Germania per diventare la prima
potenza europea dominante; la Gran Bretagna voleva evitare la rovina della Germania per
impedire alla Francia di accrescere il suo dominio; l’Italia pretendeva i territori che aveva pattuito
con Francia e Gran Bretagna nel Patto di Londra.
L’obbiettivo della conferenza della pace era quello di trovare un equilibrio tra le necessità di
penalizzare gli sconfitti e risarcire i vincitori; si scontrarono così due strategie politiche:
- quella di Clemenceau che intendeva piegare la Germania per consentire alla Francia di vestire il
ruolo di grande potenza europea.
- Quella di Wilson che proponeva un modello democratico di convivenza pacifica, fondato
sull’equilibrio delle nazioni e sul rispetto dei popoli.
Alla fine prevalse la proposta di Clemenceau e i trattati di pace furono firmati tra il 1919 e il
1920 con le seguenti decisioni:
- Ungheria, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Lettonia, Lituania e Estonia vennero riconosciuti
indipendenti.
- L’Austria perse 8 dei territori dell’antico impero.
- La Turchia perse tutti i territori europei tranne Istambul.
- La Palestina e l’Iraq furono affidati agli inglesi; la Siria alla Francia.
- La Germania venne riconosciuta come principale causa dello scoppio del conflitto, pertanto: fu
costretta a pagare i danni di guerra (132 miliardi di marchi oro), e a mantenere una flotta e un
esercito ridotti; fu privata di tutte le colonie; alcuni territori ritornarono alla Francia, Danimarca e
Polonia; anche i territori conquistati con gli accordi con la Russia le vennero sottratti.
- L’Italia ricevette dall’Austria il Trentino, l’Alto Adige, la Venezia Giulia e Trieste. Vennero richiesti
anche gli altri territori promessi nel patto di Londra ma le altre potenze ritennero che questa
richiesta violasse il principio di autodeterminazione e si opposero alla richiesta.
Se dovessimo tentare un resoconto generale dei risultati indotti dalla guerra e dai trattati di pace,
potremmo considerare come unici vincitori gli Stati Uniti, in quanto divennero la prima potenza
politica ed economica del mondo e i principali creditori degli Stati europei (l’Europa aveva un
debito con gli Stati Uniti pari a 7 miliardi di dollari); i Quattro imperi erano di fatto crollati e il
primato d’Europa si era indebolito al punto di vista politico e economico, facendo emergere il
ruolo mondiale degli Stati Uniti.