Sei sulla pagina 1di 6

LEZIONE 19 (?) – VLADIMIR NABOKOV.

La letteratura russa d’emigrazione è stato un fenomeno duraturo, tuttavia non ha prodotto scrittori di
grande livello per diversi motivi: da un lato per le condizioni economiche sempre più difficili, dall’altro per la
forte presenza di scrittori già formati che tendevano a riprodurre forme tradizionali e a presentare come
unico modello di letteratura valido quello che si basava sulla conservazione della tradizione.

Ci sono però delle eccezioni: si è parlato di Marina Cvetaeva ma non è puramente una scrittrice
d’emigrazione poiché si era già formata.

C’è un autore che invece si forma durante l’emigrazione e diventerà uno degli scrittori più importanti per la
letteratura russa nel momento in cui i suoi testi verranno riscoperti ed è Vladimir Nabokov. Scriveva sotto
lo pseudonimo di Vladimir Sirin. È un caso molto particolare da un lato tipico, dall’altro fuori dagli schemi. Il
suo talento è stato riconosciuto abbastanza presto, anche se il riconoscimento non sempre coinciderà con
l’accettazione.

Nasce nel 1892 a San Pietroburgo; fa parte della generazione post simbolista. Il nonno era stato ministro
delle finanze dell’impero russo; il padre Dimitrij era un giurista famoso ed era uno dei principali esponenti
del partito dei Cadetti (costituzionalisti democratici). La sua famiglia, quindi, da un lato aveva stretti legami
con la burocrazia statale, dall’altro era una famiglia di grande cultura: il padre era un appassionato
dell’Inghilterra e per questo motivo Vladimir viene cresciuto trilingue (sin dall’infanzia conosce russo,
inglese e francese). Questi elementi lo porteranno a un certo distacco rispetto all’ambiente di allora. Studia
in un liceo liberale, in cui si dava molto spazio a un’educazione di tipo democratico e si creavano circoli
studenteschi per discutere di vari temi, iniziative da cui Nabokov si tenne sempre in disparte: non
apprezzava tutto quello che era imposizione dall’esterno. Questo atteggiamento si ritroverà anche nella sua
vita letteraria: Nabokov non ha mai fatto parte di un gruppo letterario, ha sempre fatto storia a sé. Pur
vivendo a Pietroburgo, ad esempio, non ha mai partecipato alle numerose riunioni dei circoli letterari, si
tenne sempre un po’ in disparte. In realtà anche in letteratura arriva senza avere una conoscenza diretta e
profonda dell’ambiente letterario di San Pietroburgo. Esordisce come poeta, in realtà scriverà versi per
tutta la vita (anche quando arriva in America scriverà versi in inglese). Uno dei suoi rimorsi è quello di non
essere riuscito ad emergere come poeta nello stesso modo in cui l’ha fatto in letteratura (ad esempio
provava invidia per Pasternak che era riuscito a fare ciò che non aveva fatto lui).

Nabokov esordisce nel 1916 con una raccolta di poesie, ancora molto acerbe, che fa stampare a proprie
spese. Avrà poi modo di conoscere Valoscin che lo avvicinerà alla poesia simbolista e post simbolista. Nel
1919 la famiglia Nabokov si trasferisce all’estero, Vladimir viene mandato a studiare a Cambridge dove
studierà letteratura francese, letteratura russa e biologia (appassionato di insetti, in particolar modo di
farfalle; in questo campo raggiungerà risultati di grande rilievo e quando si trasferisce in America negli anni
40 per un certo periodo si mantiene attraverso studi sugli insetti). Nel 1922 Dimitrij Nabokov viene ucciso in
un attentato di cui non era il destinatario. A quel punto la famiglia inizia ad avere difficoltà finanziarie.
Comincia un lungo periodo (1922-1940) in cui Nabokov vive la vita dell’emigrato a Berlino, solo verso la
fine del periodo si trasferirà in Francia. Non fa una vita del tutto stentata perché, a differenza di altri
scrittori emigrati nella stessa situazione, ha delle capacità da poter sfruttare: si mantiene ad esempio dando
lezioni di inglese. È tuttavia un’esistenza precaria, da persona che ha perso gran parte della sua famiglia.
Sono questi gli anni in cui passa dalla poesia alla prosa e scriverà i testi che fanno parte della produzione
nabokoviana in russo. Nel 1926 scrive “Mašen'ka” (Maria) ; nel 1928 “Korol’,dama, valet” (Re,donna,
fante) ; nel 1930 “Zaščita Lužina” (La difesa di Lužin), in cui “la difesa” fa riferimento al gioco degli scacchi
(altra passione di Nabokov).
Quando si trasferisce a Berlino (dopo gli studi a Cambridge) esordisce sul giornale “Il timone”, in cui
pubblica sia i suoi versi, sia enigmi scacchistici. Non è un grande giocatore di scacchi ma è molto bravo a
inventare problemi scacchistici. Questa passione sarà al centro di questo racconto e lo accompagnerà per
tutta la vita e ritornerà durante il periodo americano (anni 40), in cui pubblicherà “Poems and problems”.

Dopodiché pubblica, nel 1931, “Kamera Obskura” ; nel 1933 “Podvig” (L’impresa); nel 1934 “Otčajanie”
(Disperazione); nel 1937 pubblica “Priglašenie na kazn” (Invito a un’esecuzione), che scrive in
contemporanea alla stesura di “Dar’” (Il dono), che è il suo romanzo più famoso.

Sono i testi di narrativa scritti prima dell’emigrazione. Una volta emigrato, infatti, decide di abbandonare la
scrittura in russo (?). Dal punto di vista economico, il testo che ha portato maggiori introiti a Nabokov è
stato “Re, donna, fante”; riuscì a farlo diffondere in una rete di giornali tedeschi. Nabokov inoltre è stato
forse l’unico scrittore che, durante l’emigrazione, riesce a farsi tradurre dai traduttori occidentali. Tuttavia
“Re, donna, fante” ad oggi non è una delle opere più famose di Nabokov. Quelle più famose sono: “La
difesa di Lužin”, “Invito a un’esecuzione” e “Il dono”.

Queste opere vengono accolte bene, in linea di massima, dalla critica dell’emigrazione, viene riconosciuto il
talento di Nabokov. Tuttavia spesso viene visto come un autore che non lavora per la causa
dell’emigrazione, che è più vicino alla cultura occidentale e che esce dagli schemi della letteratura russa; in
un ambiente conservatore come quello dell’emigrazione russa questa accusa era molto aspra. Gli viene
criticato il fatto di curare molto la trama, di avere una trama molto elaborata con molti rimandi interni in
cui si fa attenzione anche allo sviluppo della vicenda; gli viene detto che nella sua letteratura mancano le
idee, non c’è un contenuto ideologico, filosofico o esistenziale; non ha un atteggiamento compassionevole
verso l’essere umano; è più vicino alla cultura di autori come Cechov e Sologub.

Il modello di letteratura russa che viene presentato dall’emigrazione in questa critica fatta a Nabokov è
quindi quello della letteratura russa dell’800 per come era stato impostato dalla Scuola Naturale:
descrizione della società reale ma anche indicazione di quali sono i difetti da correggere e tentativo di
toccare l’animo del lettore per suscitare una reazione che possa avere effetto anche dal punto di vista
sociale. Paradossalmente il rinchiudersi dell’emigrazione russa su stessa e sulla tradizione porta a
propagandare un modello di letteratura che nel 900 era già stato superato. Molti di quelli che operano
nell’emigrazione hanno tradizione realistica ma che non sono solo quello; si trovano a rimpiangere quello
che il 900 aveva spazzato via.

Questa visione, inoltre, non teneva conto del fatto che proprio in Nabokov c’è moltissima tradizione russa.
Egli è uno scrittore che lavora molto sulla tradizione e sui rimandi alla letteratura russa. Vi sono moltissimi
testi di Nabokov che possono essere letti senza conoscere la tradizione letteraria russa ma non possono
essere decifrati. Questo ci fa pensare all’Acmeismo: importanza data ai rimandi che diventano un modo per
alludere ad un significato altro.

Un romanzo che illustra molto bene questo lavoro di Nabokov sulla tradizione è “Disperazione”: si racconta
del protagonista, Hermann, che crede di essere perseguitato dal suo sosia e che lo uccide (riferimento a
Gogol’ e Dostoevskij). Per Nabokov, Dostoevskij non era il migliore degli scrittori: gli rimproverava il fatto di
far incontrare i suoi personaggi in maniera molto inverosimile e lo considerava valido solo quando scriveva
dimenticandosi di tutto l’apparato filosofico e ideologico che inseriva spesso nei suoi libri. L’idea del
personaggio di Hermann è quella di un personaggio che riesce a cogliere solo le somiglianze (si convince
che quella determinata persona sia il suo sosia quando fondamentalmente è diverso da lui).
Nabokov, per bocca di Hermann, dichiara una formula per cui la letteratura deve essere compassione verso
le persone. Presenta questa dichiarazione, però, per bocca di uno squilibrato, di un assassino, quindi in un
certo senso l’autore si distacca da questa visione della letteratura. Per Nabokov una persona di talento è
una persona che è capace di vedere anche le differenze, non solo le somiglianze, capace di vedere ciò che è
unico e ciò che gli altri non vedono.

La sua è fondamentalmente una lotta contro l’unilateralismo della letteratura, che tende a vedere le cose
sotto un solo punto di vista. Nabokov ha sempre sostenuto che l’abilità dell’artista è quella di avere una
visione multiplanare, cioè saper cogliere in contemporanea cose diverse e di metterle in relazione: in
questo modo non solo si riesce a individuare qualcosa che gli altri non vedono, ma anche a creare delle
relazioni che prima non esistevano. La figura di Hermann è quindi quella dell’anti-artista per eccellenza,
diventa ossessionato dalla propria idea e si chiude nel suo mondo di follia in cui non c’è più alcuna relazione
tra il mondo reale e quello delle idee. Nabokov era quindi uno scrittore profondamente russo perché più di
tanti altri attinge alla letteratura russa: ha una gerarchia molto netta di quelli che sono gli autori a cui si
ispira. Ciò significa anche che leggere Nabokov non è per niente facile, il testo è intessuto di rimandi
letterari che vanno compresi. Sui testi di Nabokov si sono sviluppati molti studi di critica molto produttivi
perché rimandano al modo in cui egli costruiva i suoi testi.

Le radici letterarie di Nabokov sono il modernismo e il post-simbolismo: anche lui ha quindi le sue radici
nell’idea dell’esistenza di due mondi (un mondo terreno e un mondo altro a cui si deve far arrivare il
lettore) ma con un approccio diverso. I simbolisti tendevano a screditare il mondo materiale, che diventava
solo un’allusione ad un'altra dimensione. In Nabokov non c’è una chiara indicazione della realtà a cui si sta
alludendo. Si ha l’impressione di un testo tutto sommato realistico dal punto di vista della vicenda,
costruito però in maniera complessa. In comune col modernismo ha il fatto di richiedere molto al lettore:
costruisce il testo con una serie di rimandi interni e allusioni letterarie che devono essere decifrate per
capire il vero significato della vicenda. Esiste un mondo che è stato creato da Dio e un mondo letterario
creato dallo scrittore che è una specie di realtà parallela e, come c’è una coerenza intrinseca della vita
che ne costituisce il mistero e per cui l’uomo è portato a sperare, così quando si legge un testo letterario
c’è un’architettura interna segreta che deve essere compresa dal lettore per capirne veramente il
significato. Questo è uno dei motivi per cui Nabokov veniva accusato di scrivere testi senza alcuna morale,
senza un messaggio; in realtà la morale e il messaggio sono presenti, solo che l’autore non li dice mai a
chiare lettere, li nasconde dentro il testo. È un tipo di letteratura molto complessa che sarà di fondamentale
importanza per il post-modernismo russo. Nabokov è emigrato nel 1919. Dagli anni 30 in poi non arriva
nulla di letteratura occidentale in URSS. Le sue opere saranno riscoperte negli anni 60, e sarà da allora che
inizierà ad essere letto e diventerà un punto di riferimento per il post-modernismo.

Nabokov riprende la tradizione letteraria russa ma anche quella occidentale. Uno degli scrittori di
riferimento è infatti Flaubert. Di lui apprezza il principio per cui l’autore deve essere nascosto dentro il
testo, pur essendo molto presente. In Nabokov nulla è lasciato al caso, tutto è pensato ma il testo deve
parlare da solo e apparire oggettivo.

Tra le opere di Nabokov, quella più semplice da leggere è “La difesa di Lugin” che è ancora molto vicino
all’idea del testo con una trama molto definita. È la storia di un giocatore di scacchi geniale che vive
immerso in quel mondo, non riesce a relazionarsi con il resto delle persone e con la vita. Egli gira il mondo
per affrontare i suoi avversari finché, nella partita decisiva, raggiunge un tale livello di concentrazione e di
tensione da avere un crollo mentale che gli verrà curato dalla moglie impedendogli di giocare ancora a
scacchi. Lugin pian piano si riprende ma, nel riprendersi, inizia intendere tutto quello che lo circonda come
se fosse immerso all’interno di una strategia degli scacchi, come se il mondo stesse giocando a scacchi con
lui. La vicenda si chiude con Lugin che, preso da questa sua visione scacchistica della vita, si lancia dalla
finestra e vede una sorta di enorme scacchiera su cui sta planando. In questa rappresentazione viene
racchiusa anche la visione dell’artista che vive in una realtà diversa, che vede cose diverse da tutti gli altri e
nota i rapporti tra le cose. Alla fine non si capisce se la sua visione del mondo come un’enorme scacchiera
sia reale o meno o contemporaneamente reale e non reale.

Le opere con cui, invece, ha avuto più notorietà sono state “Invito a un’esecuzione” e “Il dono”. La prima è
un’antiutopia. Nabokov vivendo a Berlino conosceva bene “Noi” di Zamjatin e i testi antiutopici occidentali.

Scrive questo libro ambientato in un futuro indefinito. A differenza delle altre antiutopie, però, non
presenta alcun elemento razionale nella programmazione della vita umana. Racconta la storia di
Cincinnatus, unica persona dotata ancora di immaginazione in questo stato del futuro che viene
condannata a morte e della sua lunga attesa dell’esecuzione di questa condanna. Quello che fa vedere è
un’antiutopia diversa da quella di Zamjatin: è un’antiutopia in cui il male non è rappresentato come
razionalismo e programmazione ma come banalità, quell’abitudine di adattarsi alle convenzioni della vita
che porta gli uomini a rinunciare alla parte migliore di essi. La prigione in cui viene rinchiuso il protagonista
non ha nulla di spaventoso, violento, non vengono inflitte torture, anzi i condannati vivono in condizioni
piuttosto umane; la cosa che fa paura è questo male totale che intride tutta la società ed è, allo stesso
tempo, socialmente accettato. È la rappresentazione di una società che non impone con la violenza il
proprio controllo sull’uomo, ma in cui è l’uomo stesso che si priva della propria dignità, della sua capacità
creativa e dell’immaginazione. Vediamo da un lato la sofferenza del condannato che in un primo momento
cerca un modo per evadere fisicamente dalla prigione; poi vorrebbe evadere con la forza
dell’immaginazione ma non ci riesce e non produce nulla di creativo; infine si rende conto che questo
mondo di apparenze e convenzioni in cui non vi è nulla di autentico (mondo gogoliano) è talmente falso che
in realtà non esiste. Questa conclusione gli basta ad essere libero, l’autenticità è dalla sua parte. Nel
momento della condanna vediamo il personaggio che si sdoppia e vede se stesso dall’esterno che sta per
essere condannato: riesce ad evadere in extremis, quando si rende conto della falsità di quel mondo e
arriva a non accettarla.

È un’antiutopia alternativa a quella di Zamjatin perché qui il problema centrale non è quello della
spersonalizzazione a favore della collettività e il peso della collettività rispetto al singolo, bensì il fatto che il
singolo può vincere e rendersi libero nel momento in cui si rende conto della falsità del mondo che lo
circonda.

L’opera più famosa di Nabokov è, però, “Dar’- Il Dono”> più letto in Russia. Complesso dal punto di vista
linguistico. Si vede la vicinanza di Nabokov alla poesia: ordine delle parole molto poetico. Scritto tra il 1936
e il 1938. È la storia di Fyodor Godunov-Cherdyntsev, giovane immigrato che si trova a Berlino tra aprile
del 1926 e giugno del 1929. Descrizione dettagliata della Berlino russa, dell’atmosfera dell’emigrazione ma
anche racconto di come questo giovane alle prime armi matura e diventa uno scrittore di talento.

 Vediamo il protagonista che completa la sua prima raccolta di versi e aspetta la pubblicazione;
 Poi lo vediamo quando cerca di scrivere la biografia del padre Konstantin (un importante
esploratore che non è più tornato dalla sua spedizione in Asia centrale) che però resta incompleta;
 Poi scrive altri versi per la donna di cui si innamora;
 Infine scrive la sua prima vera opera, completamente immersa all’interno de “Il dono”, che è la vita
dello scrittore Nikolaj Černyševskij.
È, dunque, una scrittura molto complessa che mette insieme dei generi letterari diversi: da un lato abbiamo
chiaramente il romanzo di formazione, genere molto in voga in quegli anni; abbiamo poi la biografia
romanzata che si sviluppa nel corso del 900, genere contro cui Nabokov è molto polemico perché detestava
il fatto che si usasse lo stratagemma di attribuire parole o frasi a un autore. La biografia romanzata traeva
pezzi da tutte le opere scritte dall’autore per poter dare una visione veritiera: Nabokov invece passa due o
tre anni studiando tutto ciò che trova su Cernyscevskij, crea un montaggio di pezzi autentici e notizie che
hanno una base scientifica e scrive una biografia completamente diversa rispetto a quella che era
l’immagine di Cernyscevskij fino a quel momento, cioè di colui che aveva inventato la figura del
rivoluzionario russo tutto d’un pezzo, pieno di abnegazione ma anche di forza di volontà e capacità di
incidere sul reale.

Nabokov lo presenta, piuttosto, come una persona priva di talento che sbaglia in continuazione; lo
presenta in maniera anche abbastanza ridicola, come un personaggio che viene continuamente punito dalla
vita per questa sua “cecità”. Nabokov ribalta l’immagine di Cernyscevskij basandosi su fatti reali e
documentati. Attua un meccanismo di scrittura completamente diverso rispetto alla classica biografia
romanzata, non inventa parole di Cernyscevskij, tutto è fondato.

Struttura composita del romanzo:

 Storia di Fyodor.
 Versi giovanili di Fyodor che si affiancano alla parte narrativa.
 Versi dedicati alla donna amata.
 Biografia del padre Konstantin.
 Biografia di Cernyscevskij.
 Recensioni del poeta “ideale” Konceev.
 5 recensioni alla vita di Cernyscevskij (ripresa delle reali recensioni della letteratura russa).

Il testo diventa una summa della letteratura russa e dei diversi generi letterari, oltre che dell’evoluzione di
Fyodor dalle poesie acerbe giovanili fino alla parte finale in cui progetta di scrivere un romanzo che si rivela
essere proprio Il Dono. In questo senso il terzo genere letterario utilizzato è quello del metaromanzo.

Nabokov comincia a scrivere Dar’ partendo proprio dalla biografia di Cernyscevskij, per cui impiegherà
parecchio tempo. Dopo scrive il primo capitolo (il racconto di Fyodor), lo fa pubblicare e la critica sarà molto
lusinghiera. Successivamente, in ritardo con la scrittura del secondo capitolo, propone la pubblicazione del
capitolo 4 che è proprio la vita di Cernyscevskij, che ovviamente non verrà accettata perché quell’immagine
dell’autore è considerata offensiva,inaccettabile, uno scandalo. Il romanzo verrà pubblicato con l’espulsione
del quarto capitolo. Dovrà aspettare di andare in America per vederlo pubblicato per intero.

La storia è molto semplice e non succede granché (si allontana dalla trama ben definita de “la difesa di
lugin”): assistiamo alla vita del protagonista, alla sua partecipazione alle serate letterarie, leggiamo i testi
suoi ed anche quelli che gli altri scrivono su di lui. Al contempo,però, la struttura dell’opera è complessa.

TITOLO: Nabokov chiama questo libro “Dar’” per l’idea di voler esprimere proprio la sensazione che
provoca questo libro. È un autore profondamente convinto che l’arte dia la possibilità all’individuo di
salvarsi, di sentire il miracolo della vita e quindi di accettare tutto quello che gli succede, anche le
tragedie e le perdite con gratitudine e come una diversa forma di vedere le situazioni nel grande mistero
della vita.
È un libro positivo: nonostante Fyodor faccia una vita noiosa e deprimente, la presenza del talento è una
specie di spirito vitale che dà una gioia interiore, è una specie di magia che gli permette di cogliere lo
straordinario dell’esistenza.

Se la “Nota parigina” era una nota di negazione, in cui si raccontava tutto il negativo della vita
d’emigrazione, “Dar’” è un libro estremamente positivo, in cui si racconta come le privazioni materiali non
sono niente rispetto alla sensazione della crescita del talento che si ha all’interno, che è una luce che
illumina e che permette di cogliere anche le minuzie dell’esistenza e di provare piacere dalla capacità di
notare particolari che hanno in sé qualcosa di divino.

“Dar’” viene tradotto come “il dono” ma in russo è anche “talento, dote”. Vi è quindi il tentativo di
racchiudere nel titolo il senso di maturazione del talento del protagonista dai primi tentativi ancora acerbi
fino al romanzo finale.

Il titolo è anche una citazione dell’autore in assoluto più amato da Nabokov che è Puskin (Nabokov aveva
tradotto anche l’Evgenij Onegin in inglese). Il romanzo si apre con un rimando a “La figlia del Capitano” di
Puskin.

È al contempo una polemica alla tendenza al mistero degli autori della nota parigina che vedevano solo il
negativo dell’esistenza. Nabokov non ha mai pensato, ad esempio, che l’emigrazione fosse uno stato che
rendesse difficile la coesione. Per lui anche la solitudine è una condizione utile e non è un elemento
sufficiente per impedire di apprezzare la vita per come è. È raro trovare libri in cui c’è questa fede
incondizionata nella vita: un altro è “Mia sorella la vita” di Pasternak.

La scrittura di Nabokov è molto vivida, fa vedere i particolari e la materialità, ricorda molto Alesha.
Quest’ultimo era infatti uno degli autori sovietici che Nabokov apprezzava, come anche Zoscenko, Ilf e
Petrov. In linea generale, era un autore pronto ad accettare le novità della scena letteraria sovietica e non
era legato ad un’idea tradizionale di letteratura, anche se il suo impianto di scrittura è tradizionale. La sua è
una lingua molto letteraria che viene ritrovata con l’uso di metafore e virtuosismi, in cui c’è una padronanza
dei diversi stili della lingua.

Alla fine degli anni ‘30 entra in una crisi stilistica perché una volta scritto Dar’ ha l’impressione di riuscire a
replicare solo quello che ha fatto, deve trovare una strada nuova e uno dei modi in cui ci riesce è passare a
scrivere in inglese. Traduce alcune sue opere scritte in inglese in russo ma il calco dell’inglese si percepisce
nelle traduzioni.

All’interno del testo c’è un continuo passaggio tra la prima e la terza persona, altra tendenza che sarà tipica
degli scrittori del post-modernismo. Questo slittamento del senso della realtà, che viene prodotto dal
cambio del soggetto, è uno degli elementi ricorrenti di “Dar’”, in cui non c’è una netta contrapposizione tra
ciò che è reale e ciò che non lo è. A un certo punto del racconto ci viene descritto un pezzo di Berlino, dopo
di che Nabokov ci trasporta o in un altro punto o in un altro tempo della città. Viene messo in evidenza
l’elemento di primarietà della scrittura, che crea un mondo che si sovrappone a quello reale. Si sviluppano
più piani in contemporanea. Nabokov ci fa capire che quello che importa non è ciò che viene detto ma
come viene detto.

“In Sirin (pseudonimo Nabokov) il personaggio è uno solo, ma la sua vita si svolge contemporaneamente su diversi
piani. Il presente entra senza alcun ostacolo nel passato, andando a toccare contemporaneamente il futuro. Sirin
costringe il lettore a leggere pagine su pagine con la stressa attenzione, inghiottendo di tutto… e al contempo ,con
l’ardore di un vero artista virtuoso, sembra mostrarci che l’importante dell’arte non è cosa, ma è come.”

Potrebbero piacerti anche