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Indice | Contents

11 Richard Ingersoll. Radici radicali, folte diramazioni

25 Richard Ingersoll. Radical roots, spreading branches

39 Giuliana Altea. Scultura come modello

49 Giuliana Altea. Sculpture as model

63 Michele De Lucchi. Pagliai | Haystacks

69 Catalogo | Catalogue

109 Architetture | Architectures

117 Collezioni di opere in legno

Wooden objects collections

122 Mostre personali | Solo exhibitions

124 Pubblicazioni | Published Works


Michele De Lucchi:
Scultura come modello

Giuliana Altea

I modelli tridimensionali che Michele De Lucchi ha


cominciato a realizzare nel 2004 rappresentano un filone
solo apparentemente laterale della sua multiforme attività.
Se la figura di De Lucchi può essere paragonata - secondo
le parole di Alessandro Mendini - a “un albero da cui
maturano i più disparati e abbondanti frutti”,1 i modelli
costituiscono una parte interessante di questo raccolto,
non meno degna di attenzione dei progetti di design, degli
allestimenti e delle architetture.
I loro titoli semplici, familiari e in qualche caso perfino
infantili (Casette, Baracche, Pagliai) non devono trarre in
inganno. Questi oggetti sono strumenti attraverso i quali
esplorare l’architettura in forme tridimensionali. Non
sono modelli “di” (rappresentazioni di qualcosa che esiste
già) e neppure modelli “per” (funzionali alla realizzazione
di qualcosa che ancora non esiste). Potremmo descriverli
come la materializzazione di modelli mentali.
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40 A volte precedono degli edifici di aspetto molto


Michele De Lucchi

simile, ma non si può dire che li preparino; non sono


studi per architetture, piuttosto delle premesse che hanno
reso possibili quelle architetture. Potremmo perfino
chiederci se il consueto rapporto segno-referente tra
modelli ed edifici non vada in questo caso invertito, se
non siano questi ultimi a dover essere considerati come
rappresentazioni ingigantite dei primi.2
L’idea del modello architettonico in quanto strumento
autonomo di riflessione non è priva di antecedenti. Di
modelli intesi come strumenti concettuali, “studi di
un’ipotesi, un problema o un’idea di architettura”, si
occupava già nel 1976 la mostra newyorkese Idea as
Model.3
Più in generale, i modelli tridimensionali sono diventati
negli ultimi tempi molto presenti nell’arte contemporanea.
In un contesto in cui le distinzioni tra arte, architettura,
design e artigianato si stanno assottigliando fino a
scomparire, non solo vengono proposti come forme
autonome, ma sono spesso utilizzati per la realizzazione
di ambienti e oggetti da fissare attraverso video e
fotografie, al punto da far parlare di un genere o di una
forma espressiva a sé.4 Forse la stessa ambiguità del
modello può aver contribuito alla sua recente popolarità
tra gli artisti. Oscillante tra dimensione teorica e pratica,
virtuale e reale, astratta e concreta, il modello soddisfa due
opposte esigenze: appaga visivamente e insieme provoca
alla riflessione.

Geometry 0, made in fir wood, 2003


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42 Distanti dal modello definitivo concepito per far


Michele De Lucchi

comprendere al cliente le caratteristiche di un edificio


così come da quello - necessariamente provvisorio
e inconcluso - che nasce per tenere in movimento il
processo creativo guidandolo in direzione del progetto, i
modelli di De Lucchi non sono realizzazioni dettagliate
e neppure bozzetti rapidi e approssimati. Nascono da un
lavoro di sintesi; il loro tempo di esecuzione, si intuisce,
non è quello lento della miniatura, né quello veloce dello
schizzo; è un tempo che si percepisce come “giusto”, così
come tutto in questi lavori si direbbe frutto di un gesto
meditato, tutto sembra necessario.
Considerare il modello solo dal punto di vista del
meccanismo della rappresentazione, unicamente alla
luce di ciò cui rinvia, è limitativo. Il modello innesca
infatti nello spettatore anche dei processi immaginativi
indipendenti dal suo referente. Apre scenari ipotetici al
pensiero e alla fantasticheria, fa contemplare dei mondi
possibili. La sua apparenza sensibile e la sua consistenza
materiale in questo sono determinanti.
I modelli di cui parliamo sono in legno, materiale
d’elezione per De Lucchi. Realizzati nelle essenze più
varie (betulla, rovere, noce, ma anche abete, kauri, pioppo,
ciliegio, cedro, corbezzolo), alcuni di essi sono eseguiti
ad intaglio, vale a dire mediante l’aggressione diretta del
blocco, altri mediante l’assemblaggio di una quantità di
piccoli pezzi incollati insieme. Sono oggetti plasticamente
compatti, e anche molto pesanti, in quanto spesso ricavati

Conceptual model 801, Chesa Ritscha, made in oak wood and walnut wood, 2009
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44 da un blocco unico di materiale e comunque privi di cavità uno spiraglio verso la dimensione ludica (l’architetto
Michele De Lucchi

interne. La forma e il contorno esterni sono dunque ciò che gioca alle costruzioni: il mattone, dice De Lucchi, è
che li caratterizza, non la spazialità interna, che non esiste. “probabilmente la più bella invenzione per giocare.”5 Gli
Più che descrizioni dello spazio, sono concrezioni di uni e gli altri, comunque, condividono una analoga capacità
spazio solidificato. di impatto visivo, che deriva dall’intrinseca monumentalità
La tecnica si è evoluta nel tempo, passando dalle forme delle forme. L’oscillazione tra senso del gioco e forza
elementari e dai tagli approssimativi ottenuti con la sega iconica è caratteristica di questi lavori. Mostrandoci il
elettrica a composizioni più complesse e geometriche, mondo in scala ridotta - dalla prospettiva di Gulliver a
accuratamente rifinite. Lilliput o da quella della finestra delle casa delle bambole -
Generalmente associato a idee di immediatezza e suggeriscono una sorta di ritorno all’infanzia; nello stesso
spontaneità, l’intaglio diretto - sia pure ottenuto con un tempo, osservati dall’alto e posseduti dal nostro sguardo
sussidio tecnologico come la sega elettrica - è in contrasto nella loro interezza, alimentano fantasie di dominio e
con le tecniche moderniste della costruzione e del onnipotenza.
montaggio, e sembra implicare la negazione dei presupposti Realizzati a mano con strumenti semplici, trasmettono
razionalisti del modello. Sviluppatosi col Rinascimento e un forte senso di artigianalità. Il fatto è curioso se si pensa
divenuto corrente sulla scorta dell’esperienza del Bauhaus, che - come abbiamo detto - in molti casi le idee formali che
l’uso dei modelli architettonici si lega alla dimensione rispecchiano sono riapparse, trascritte in sofisticati termini
progettuale dell’architettura; i modelli ricavati tramite tecnologici, in alcune architetture iconiche progettate
l’intaglio diretto hanno l’aria di opporsi al controllo da De Lucchi ed effettivamente realizzate. Tra l’aspetto
razionale che è presupposto del progetto. Da un lato grezzo, rudemente sbozzato del modello e la tersa eleganza
suggeriscono un consentimento al materiale, alle sue dell’edificio costruito sembra tendersi un arco temporale
qualità di texture, di durezza o di cedevolezza; dall’altro di millenni; il contrasto fra le due immagini suggerisce
richiamano suggestioni primitive. l’idea di un processo evolutivo magicamente abbreviato,
Quest’aura “primitiva”, accentuata dall’uso di legni che passa in un soffio dall’arcaico al contemporaneo.
dall’aspetto vecchio, vissuto, apparentemente consumati
dal tempo, non manca neppure nei modelli eseguiti per
mezzo dell’assemblaggio di elementi, anche se il pathos del
confronto con la materia in questo caso si attenua, aprendo
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46 Note
Michele De Lucchi

1. A. Mendini, “Michele Arcimboldo”, in Michele De Lucchi.


Captare la contemporaneità attraverso la natura, la tecnologia, la
cultura e l’artigianato, RCS Media Group, Milano 2016, p. 11.

2. Cfr., sull’inversione di questo rapporto, M. Morris, Models.


Architecture and the Miniature, Wiley, Chichester, West Sussex
2006, p. 72 ss.

3. Idea as Model, Institute for Architecture and Urban Studies, cat.,


Rizzoli, New York 1980, p. 1.

4. Cfr. Ladislav Kesner, “The art of model-making”, in Models,


catalogo della mostra, Galerie Rudolfinum, Praga 2015, pp. 9-39.

5. M. De Lucchi, “Costruire”, in Storie di architettura, Skira,


Milano 2016, p. 14.
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50 On occasion they precede the design of buildings that


Michele De Lucchi

have a similar look, but it would be difficult to see them as


having a preparatory role; they are not so much architectural
studies as they are the premise that made architecture
possible. We could in fact ask if the conventional relation
between signifier and signified, between models and
buildings, hasn’t in this case been reversed, converting the
latter into gigantic representations of the models.2
The idea of the architectural model as an independent
tool for reflection is not without precedents. The
exhibition Idea as Model in New York in 1976 proposed
models as conceptual tools as “studies of a hypothesis,
problem or idea in architecture”.3 More tellingly, three
dimensional models have recently become quite common
in contemporary art. In a context in which the distinction
between art and architecture, or between design and craft
have become so slight as to disappear, models are proposed
not only as autonomous works but often go toward the
realization of places and objects to be translated into
video or photography, to the extent that we could speak
of a genre or an expressive form by itself.4 Perhaps the
same ambiguity of the model has contributed to its recent
popularity among artists. Oscillating between theoretical
and practical dimensions, between virtual and real,
between abstract and concrete, the model satisfies two
contrary needs: it gratifies visually and at the same time
provokes reflection.
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52 Far from presentation models created to explain the To consider a model only from the point of view of
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characteristics of a building to clients, or even those used representation, solely as a function of something else is
as working models by designers to help bring a project to quite a limitation. A model indeed engages the spectator
its definitive form, De Lucchi’s models are not detailed nor in imaginative processes independent of its signifier. It
are they sketchy and vague. They grow out of a process of opens one’s mind to hypothetical scenes and fantasies,
synthesis; one can guess that the time it takes to make them allowing one to contemplate possible worlds. Its physical
is neither the lengthy process of making miniatures nor the appearance and materiality are essential.
quick sketch. It is what one could perceive as the “right” De Lucchi’s models are always in wood, his preferred
amount of time, the way that everything in these works material. He carves them out of a wide variety of species
can be seen as the fruit of a meditated gesture in which (birch, oak, nut, but also fir, kauri, poplar, cherry, cedar
nothing is superfluous. and arbutus), sometimes hollowing them out, sometimes
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54 joining pieces together. The result is compact and materials is in this case attenuated, opening an invitation
Michele De Lucchi

physically heavy, in that they are often carved from a single to playfulness (the architect playing at construction:
block of wood without any interior cavities. The form and De Lucchi claims that “the brick is probably the most
its external outline are what characterize these works, not beautiful invention for play”)5. In all cases, whether carved
their internal spatiality. Rather than descriptions of space or assembled, the works share an analogous visual impact
they are concretizations of solidified space. that derives from the intrinsic monumentality of their
De Lucchi’s technique has evolved over time, passing forms. Showing us the world at reduced scale—from the
from elementary forms made from approximate cuts with perspective of Gulliver at Lilliput or from that in front of a
a buzzsaw to more complex geometric compositions, doll house window—suggests a sort of return to childhood.
precisely detailed. Direct carving, even when assisted by At the same time, seen from above and perceived as a
tools such as the buzzsaw, is easily associated with the whole, they feed fantasies of dominance and omnipotence.
idea of immediacy and spontaneity; it falls outside of the Hand-made with simple tools, the models transmit a
modernist techniques of construction and montage and strong feeling of craft. It remains quite strange if one thinks
seems to negate the rationalist presuppositions usually that, as said earlier, in many cases the formal ideas reappear,
associated with models. Since the Renaissance and more transcribed in sophisticated technical terms in some of
importantly within the Modernist experience of the De Lucchi’s iconic architectural works. It seems like a
Bauhaus, the use of architectural models was always tied millennial difference between the raw, rudely sketched
directly to the project to be built; De Lucchi’s carved models and the terse elegance of his finished buildings.
models seem to oppose the rational premise of a project. Such a contrast suggests the idea of an evolutionary process
On one hand they suggest an indulgence in materials, in that has been magically quickened to pass in a moment
the quality of their texture, their hardness or willingness from the archaic to the contemporary.
to yield, while on the other hand they make an appeal to
the primitive.
This “primitive” aura, accentuated by the use of lumber
that appears aged and seems to have gone through a lot, is
also present in models that have been assembled piece by
piece, even if the pathos of confronting the character of
“Costruzioni della terra e dell’acqua” exhibition, Varallo Pombia (Italy), 2010
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58 Endnotes
Michele De Lucchi

1. Alessandro Mendini, “Michele Arcimboldo”, in Michele De


Lucchi. Captare la contemporaneità attraverso la natura, la
tecnologia, la cultura e l’artigianato, RCS Media Group, Milano
2016, p. 11.

2. Mark Morris, Models. Architecture and the Miniature, Wiley,


Chichester, West Sussex 2006, p. 72 ss.

3. Idea as Model, Institute for Architecture and Urban Studies,


cat., Rizzoli, New York 1980, p. 1.

4. Ladislav Kesner, “The art of model-making”, in Models,


catalogo della mostra, Galerie Rudolfinum, Praga 2015, pp. 9-39.

5. Michele De Lucchi, “Costruire”, in Storie di architettura, Skira,


Milano 2016, p. 14.

Shed 11, made in walnut wood, 2014

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