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L’
attualità del senso tragico costituisce
il fulcro attorno a cui si sviluppa
questa lezione di Jean-Pierre Vernant
(1914 – 2007), grecista e storico delle religioni,
sulla tragedia greca. La crisi della modernità,
ossia il venir meno della fede nel progresso,
nell’idea che l’uomo, servendosi di tecnica e
scienza, possa illimitatamente dominare la
natura e programmare il suo futuro,
l’incrinarsi dei grandi ideali che avrebbero
dovuto garantire democrazia e libertà in
tutto il mondo, comportano un riaffacciarsi
della coscienza tragica. L’uomo espresso
dalla tragedia greca è, infatti, “l’uomo
enigmatico”, l’uomo che esita tra due vie e
poi si accorge di aver scelto una via diversa
da quella del bene; è l’uomo che si sente
trascinato da un flusso che lo trascende,
percependo che le sue azioni non emanano
totalmente da lui, dalla sua volontà.
L’
invito a riscoprire la tragedia greca, nel
prosieguo dell’unità, passa attraverso
un’analisi della sua struttura formale e
del suo significato, seguendo la Poetica
aristotelica. La lezione di Vernant ripercorre,
così, tutti gli elementi fondamentali della
tragedia: la necessità che governa la
dinamica delle azioni; il concetto di mimesis
e di catarsi; la superiorità, asserita da
Aristotele contro Platone, della poesia, che
esprime una verità necessaria e universale,
sulla storia, la cui verità è, invece, contingente
e particolare; e, infine, i rischi di
un’interpretazione psicoanalitica e freudiana
della tragedia.