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Giuseppe Parini

Vita
Giuseppe Parini nasce nel 1729 a Bosisio. Nel 1738 si trasferisce a Milano per proseguire gli studi: alloggia
presso una prozia che gli lascerà una modesta eredità, a patto che egli si orienti alla carriera diplomatica.
Termina gli studi nel 1752 senza ottenere brillantissimi risultati; nel giugno de 1754 riceve gli ordini
sacerdotali
In questi stessi anni vedono alla luce i primi frutti della sua dedizione alla letteratura: nel 1752 Parini
pubblica, infatti, la raccolta poetica Alcune poesie di Ripano Euplino (Ripano è l’anagramma del suo
cognome, Euplino un aggettivo tratto dal nome latino del lago Pusiano) Composto da 94 componimenti di
varia natura e genere, il libretto ha un discreto successo al punto da consentirgli, nel1753, l’ingresso
nell’Accademia dei Trasformati.
Nell’ambito dell’accademia compone, oltre alle prime odi, importanti opere in prosa come Il Dialogo sopra
la nobiltà, e il Discorso sopra la poesia, e si impegna tra l’altro in aspre polemiche linguistiche e letterarie:
Intraprende inoltre l’attività di precettore che svolge dal 1763 al 68 al piccolo Carlo Imbonati (lo stesso
Carlo che anni più tardi intreccerà una relazione con Giulia Beccaria, madre di Alessandro Manzoni). Si
tratta di un’esperienza che gli consente di vivere quotidianamente a stretto contatto con la classe nobiliare.
Tormentato ancora dalle difficoltà economiche Parini pubblica anonimi i poemi Il Mattino (1763) e il
Mezzogiorno (1765), che gli valgono un discreto successo negli ambienti intellettuali e la stima di alcuni
importanti personaggi politici. Nel frattempo, si susseguono altri incarichi ufficiali. Oltre a ottenere la
direzione della “Gazzetta di Milano” Parini è nominato professore di Eloquenza e Belle Lettere presso le
Scuole Palatine.
Si tratta di anni di intensa attività: parallelamente alle lezioni entra a far parte delle commissioni preposte alle
riforme scolastiche.
Ottenuta nel 1776 una pensione annua da papa Pio VI e accolto l’anno seguente nell’Accademia d’Arcadia di
Roma, Parini inizia ad assumere un atteggiamento di maggiore distacco dalle occupazioni pubbliche. Nel
1791 pubblica le Odi.
Gli ultimi anni della sua vita sono contrassegnati dal peggioramento delle condizioni fisiche e dalle
conseguenze degli sconvolgimenti politici d’Oltralpe: nel 1796, giunti i francesi a Milano, fa parte della
Municipalità, dalla quale però si allontana dopo breve tempo. Una volta tornati gli austriaci continua ancora
l’attività di insegnante.
Muore il 15 agosto 1799.

Pensiero e Poetica

L’attività poetica di Parini riflette in filigrana alcune delle principali spinte culturali che hanno attraversato il
Settecento: dalla reazione arcadica al Barocco fino alle prime manifestazioni del gusto neoclassico.
Dinanzi ai rivolgimenti e alle nuove esigenze politiche, Parini mostra una viva attenzione, egli rivolge la sua
attenzione anzitutto alla lezione del sensismo e del più moderato Illuminismo, innestandole su un impianto
classicistico e umanistico. In tal modo Parini approda ben presto all’elaborazione di un modello di poesia che
ha come suo centro l’impiego etico e civile.

Un punto della posizione ideologica di Parini è la relazione con l’Illuminismo, in cui viene alla luce un
rapporto di moderata adesione alle testi illuministiche: pur accogliendo dai philosophes francesi la lotta
contro le superstizioni e le rivendicazioni dell’uguaglianza naturale degli uomini, Parini respinge i risvolti
più radicali dell’illuminismo ateo e materialista.
Tale atteggiamento moderato trova un suo riscontro anche nelle opinioni sociali e politiche pariniane:
sostenitore di un cauto e progressivo riformismo, egli si mostra diffidente di fronte alle proposte di netta
rottura dell’ordine presente. Tutto ciò aveva un ovvio riflesso, in primo luogo, con nel rapporto con la classe
nobiliare: Parini non sembra tanto mettere in discussione la legittimità della sua esistenza, quanto piuttosto
proporre un programma pedagogico affidato anzitutto alla poesia, che punti a una nuova educazione e a
un recupero morale degli aristocratici

Il ruolo della poesia: Non mancano neppure motivi di divergenza dal punto di vista del ruolo da assegnare
alla poesia e alla letteratura all’interno delle mutate condizioni storiche. Gli illuministi più intransigenti,
infatti, attribuivano alle discipline scientifiche e politiche la funzione di traino culturale per il miglioramento
della società e riducendo di fatto la letteratura a mero strumento di comunicazione.
Parini, pur non mostrandosi avverso al progresso scientifico e pur auspicando un esercizio letterario fondato
sulla chiarezza e sulla razionalità, non solo non rinunciò mai alla continuità con il patrimonio letterario del
passato e all’estrema attenzione al dato formale, ma soprattutto rivendicò l’importanza primaria della
poesia nei nuovi rivolgimenti intellettuali e sociali, mostrandone il valore di veicolo di verità e di
strumento per il bene collettivo.
Dirette dichiarazioni circa il valore della poesia si trovano nel Discorso sopra la poesia (1761) , in cui
particolarmente rappresentativo del tentativo di Parini di declinare le spinte illuministiche e sensistiche in
senso classicistico. Vi si trova affermata l’origine naturale e il carattere universale della poesia, la cui
funzione prioritaria è quella di dilettare agendo sui sensi e di suscitare passioni.
Parini promuove un classicismo inteso non come imitazione stantia, ma come motore di un cambiamento
umano e sociale, e inserisce il discorso sulla natura della poesia nel più ampio “sistema delle arti”. Parini
propone i principi fondamentali (proporzione, ordine, chiarezza e varietà) tramite i quali perseguire sia il
diletto sia l’unità morale.

Parini e la lingua: L’attenzione ai problemi relativi alla lingua poetica ha attraversato l’intera parabola
letteraria di Parini.
Una prima attestazione di tale interesse risale al 1756, quando l’autore compose, in polemica con padre
Alessandro Bandiera, la Lettera intorno al libro intitolato “I pregiudizi delle umane lettere”, nella quale si
sostiene la necessità di una veste formale che sia in primo luogo piana, regolare, priva di oscurità e di
eccessive complicazioni sintattiche.
In questo caso Parini, pur non negando la necessità dell’impiego del toscano come lingua nazionale, si
impegna nella difesa dell’uso del dialetto in poesia, rivendicando la pari dignità di ogni lingua quale
mezzo per esprimere le “più vere e più solide bellezze”.
Parini propone anche un breve profilo storico della lingua e della letteratura italiana, indicando negli
“eccellenti scrittori” e nei classici del passato i referenti ai quali rifarsi per una corretta imitazione.
D’altro canto, la profonda relazione con la lingua letteraria italiana è visibile nel corpo della poesia
pariniana, dalla quale trapela chiaramente una piena padronanza di stili e di generi, fino all’ultima
stagione, durante la quale l’assunzione di un tono più pacato e di un “superiore rasserenamento” neoclassico
non fa venire mai meno l’esigenza di una parola poetica chiara e sensibile.
Le Odi

Composte tra la seconda metà degli anni 50 e gli ultimissimi anni di vita dell’autore, le odi di Parini hanno
avuto una lunga e interessante vicenda editoriale. Pubblicate singolarmente in varie sedi, esse furono riunite
in una raccolta organica nel 1791.
Una prima fase di serrata composizione delle odi può essere collocata tra il 1758 e il 1766 anni
contrassegnati dalla partecipazione di Parini alle attività dell’Accademia dei Trasformati e dalla fiducia nella
possibilità di collaborazione con il riformismo. In questi componimenti si affrontano importanti argomenti
di attualità.
Dopo un periodo di silenzio poetico Parini torna a comporre odi a partire dal 1777. Nelle prime di queste odi
Parini torna ad assumere il piglio del moralista civilmente impegnato, condannando gli eccessi della
Rivoluzione francese, nella seconda l’autore rivendica il valore supremo della poesia.
Lingua e stile: le due fasi in cui sono state redatte le odi comportano anche alcune differenze visibili sul
piano formale, pur con importanti elementi di continuità. Nel primo periodo appare più rilevante la
convivenza tra un dettato classico e l’uso di un lessico talvolta declinato in chiave sensistica e realistica.
Nelle odi tra il 1777 e il 1795 invece l’impronta classicista trova una sua più matura e perfetta espressione:
piuttosto frequenti ad esempio sono le inversioni, i latinismi, il gusto per la perifrasi e per il riferimento
mitologico. Dal punto di vista metrico si registra la predilezione per il verso settenario e il riadattamento
dallo schema tipicamente arcadico della canzonetta.

Odi, XV “La caduta”

Contest Tra le più celebri poesie di Parini, La caduta risale al 1785 e appartiene perciò alla seconda e
o ultima fase compositiva delle Odi. Descrivendo la scena della propria caduta durante una
pioggia invernale, il poeta ribadisce con fermezza e piglio polemico tanto la propria integrità
morale quanto la concezione della letteratura come esercizio di verità.
Metrica Strofe di tre settenari e un endecasillabo a rime alternate

Temi Ode tra le più famose di Parini, La caduta intreccia felicemente il piano autobiografico e la
riflessione generale sul rapporto tra il poeta e il potere.
La struttura del componimento risulta fondata su un calcolato gioco di contrapposizioni
interne: si noti in primo luogo il contrasto tra la debolezza fisica del poeta e l’energica
fermezza morale. Si veda inoltre la netta antitesi rispetto all’interlocutore, le cui proposte
sono puntualmente smentite tramite la proposta di un buon modello di letterato che sia
anzitutto “buon cittadino”

Stile L’ode si contraddistingue per un tono generalmente sostenuto ed elevato. Le numerose


inversioni dell’ordine sintattico sono accompagnate da una oculatissima selezione lessicale,
nella quale prevalgono i consueti espedienti nobilitanti e aulici e il gusto per la perifrasi.
La caduta appartiene al novero della poesia che hanno maggiormente contribuito a
cristallizzare l’immagine di Parini come poeta integerrimo, difensore della libertà ed
esempio di virtù. Si assiste dunque a una sorta di mitizzazione della propria immagine
attuata dallo stesso Parini e poi consegnata all’immaginario letterario preromantico e
romantico, fino alla celebrazione in chiave risorgimentale.

Il Giorno
Un’opera mai finita: L’opera maggiore di Parini rimase incompiuta. Alla pubblicazione del Mattino (1763)
e del Mezzogiorno (1765), doveva seguire, secondo i progetti dichiarati in diverse occasioni dall’autore, un
terzo poemetto intitolato La Sera, che però non fu mai dato alla luce. Senza giungere a una stesura
conclusiva, Parini maturò nel corso degli anni la decisione di passare dai tre poemetti a un solo poema
intitolato Il Giorno e suddiviso in quattro parti: Mattino, Meriggio, Vespro e Notte.
I poemi editi: il Mattino e il Mezzogiorno: Nel Mattino del 1763 si rinviene una forte impronta di satira
morale e sociale: presentandosi come precettore del “giovin signore” Parini ne segue le vacue e ripetitive
operazioni seguenti al risveglio: la colazione, le visite di inservienti, artigiani e insegnanti. Alla descrizione
del frivolo e lussuoso tenore di vita si alternano numerose digressioni, tra le quali la favola di Amore e
Imene e la favola della cipria.
Nel Mezzogiorno il poeta, assumendo ironicamente la funzione di “umil cantore”, assume dunque una
prospettiva più ampia, sullo stile di vita dei commensali e sui loro discorsi, contraddistinti dalla loro
superficiale ostentazione della conoscenza dei temi maggiormente in voga in ambito filosofico.
Particolarmente efficace si rivela la vena polemica pariniana nei confronti dei ciechi esaltatori del
“commercio” e più in generale di coloro che si professano ammiratori degli illuministi francesi,
accogliendone però in maniera distorta solamente ciò che favorisce il proprio tornaconto, respingendone
invece le istanze progressiste ed egualitarie.
Come già nel Mattino, Parini introduce inoltre alcune significative pause diegetiche, estremamente curate dal
punto di vista formale e linguistico, tra queste particolarmente di spicco sono l’episodio della vergine
cuccia, la favola del Piacere, o l’invenzione del gioco del tric-trac.

La seconda stesura: il Vespro e la Notte; Da un punto di vista strutturale il nuovo Mattino e il Meriggio
non presentano sostanziali stravolgimenti rispetto alle loro precedenti redazioni. Più visibile è invece il
sistematico lavoro di correzioni e di limatura sul piano della lingua e dello stile: gli interventi mirano
soprattutto al conseguimento di un maggiore equilibrio classicistico, al raggiungimento di una elegante e
aulica chiarezza e di una composta omogeneità.
Il culmine di questa linea di tendenza è raggiunto nel frammento più compiuto della Notte nel quale diviene
preminente l’osservazione dello spettacolo offerto dai nobili.
Il punto di forza della Notte è la coniugazione tra una stilizzazione classica che si mostra preda di una
irrimediabile decadenza morale, priva di una vera spinta vitale. In questi si insinua il presentimento della
fine di un’intera classe sociale.

I TEMI E LE STRATEGIE TESTUALI


Le “alte imprese” del signore sono l’oggetto principale dell’opera, che descrive in successione i momenti di
una sola giornata.
Dal punto di vista del genere letterario si tratta, a rigor di termini, di un poemetto didascalico, anche se
l’intento pedagogico di facciata, per mezzo degli strumenti dell’ironia e dell’antifrasi (si afferma il contrario
di quello che si vuole intendere) sfocia nell’esercizio della satira antinobiliare e nella parodia eroicomica.
Questa peculiare impostazione dell’opera ha come più immediato effetto quello della netta prevalenza dei
momenti descrittivi sulla narrazione cera e propria.
Particolarmente interessante è poi il ricorso ad excursus e digressioni per esporre teorie e inserire favole
allegorico-mitologiche. Molte di queste digressioni ruotano più o meno direttamente intorno al tema della
moda. Il tema della moda è connesso a quello del tempo: la moda governa L’effimero e la rapidità con cui
abitudini e passatempi sono accolti, per poi essere altrettanto velocemente sostituiti da altri più nuovi. Nulla
sembra sopravvivere all’oblio e tutto è consegnato inesorabilmente alla morte.
Il “precettor d’amabil rito”: Accanto al “giovin signore” e al suo corteggio di dame, la figura di maggior
peso nell’economia strutturale del Giorno è quella della voce narrante del poemetto: il precettor d’amabil
rito, personaggio dai tratti ambigui e dalle funzioni sovrapposte. Egli, infatti, contrariamente alla sua
impostazione ideologico-mortale, non spinge il nobile discepolo a conseguire la virtù attraverso gli studi, ma
a sconfiggere il tedio e la noia di una vita parassitaria. Ciò emerge con esemplare chiarezza nei luoghi in cui
il poeta-precettore interviene direttamente in prima persona, impartendo ordini e consigli al suo assistito.
Facendosi complice dell’autore il lettore può riconoscere il punto di vista, che si esercita dall’interno grazie
all’azione corrosiva della satira e al meccanismo del rovesciamento ironico. Siamo di fronte a una sorta di
straniamento per cui sono dati come normali atteggiamenti che in realtà sia l’autore che il lettore
individuano come manifestazioni corrotte e distorte del corretto vivere sociale.
In questi casi il precettore smette i modi dell’ironia e dà voce all’impiego etico dell’autore e alla sua
visione della società, richiamando l’urgenza di una rigenerazione dei costumi e riaffermando la funzione
della poesia, depositaria di valori e alti insegnamenti.
Caratteristiche linguistiche e metriche: La lingua poetica del Giorno è contraddistinta da una generale
eleganza del lessico, ricco di latinismi e soluzioni auliche, non senza però mutamenti del registro in
direzione realistica e aperture anche a termini del linguaggio scientifico. Molto importante è l’uso
dell’endecasillabo sciolto, che era stato il metro per eccellenza della poesia didascalica.
Il merito di Parini rispetto ai suoi antecedenti è stato quello di forgiare l’endecasillabo sciolto in modo tale da
scongiurare il rischio della monotonia, esplicitandone tutta la duttilità espressiva e la varietà tonale, sia
mediante il ricorso a inversioni e iperbati, sia per mezzo di assonanze interne, allitterazioni e ricerca di effetti
di imitazione fonosimbolica. Un particolare rilievo va poi riconosciuto all’impiego ripetuto
dell’enjambement, che, rompendo la coincidenza tra l’unità di misura del verso e la scansione sintattica del
discorso, conferisce al tessuto testuale una notevole compattezza e coesione.

TESTI:
Il Mattino, vv.1-184, “Il risveglio del giovin signore”
Il brano è l’incipit della nuova redazione del poema. Dopo una nottata trascorsa in compagnia della sua dama
tra gli spettacoli teatrali e il gioco, la giornata del giovin signore incomincia quando il sole è già alto.
Circondato da premurosi servitori, egli attende ai primi futili e lussuriosi rituali propri della sua condizione
nobiliare.

il Meriggio, vv.645-67 “La vergine cuccia”

Contest All’interno della rassegna degli ospiti del banchetto, che occupa la parte centrale del Meriggio,
o si incontra tra gli altri il vegetariano che aspira a godere dell “onor di filosofico talento”. Egli
inizia un accorato discorso in difesa degli animali ingiustamente uccisi dall’uomo, destando
così nella memoria della dama il ricordo del maltrattamento subito dalla sua cagnolina, da
parte di un servo
Metrica //

Temi Allo scopo di porre in primo piano la falsità e la vanità della sollecita sensibilità della dama
e delle altre nobildonne, pietose solo nei confronti della cagnolina ma non del servo duramente
punito, Parini compie una sistematica e ostentata operazione di nobilitazione della cuccia fino
a giungere a una vera e propria sacralizzazione.
Segue la studiata accentuazione della colpa del servo, anch’essa connotata in chiave
religiosa e sacrale (il piede con cui ha osato colpire la cagnolina è sacrilego, empio)
Stile I versi sono contrassegnati anche da una impostazione drammaturgica e teatrale e da una
particolare attenzione ai tempi dei movimenti dei personaggi.
La consueta strategia basata sull’antifrasi e sul rovesciamento ironico trova il suo principale
canale espressivo nell’aggettivazione. Da notare:
1) La frequenza degli attributi legati all’area semantica della pietà
2) Gli aggettivi volti a ingeltire ironicamente tanto la sensibilità della dama quanto
l’aspetto della cuccia
3) La sapiente distribuzione delle allitterazioni e delle iterazioni
4) La presenza di precisi riferimenti letterari (Orazio, Ovidio e Virgilio)

La Notte, vv. 1-60 “La notte degli avi e la notte moderna”

Contest Il più lungo e compiuto dei frammenti della quarta e ultima sezione del Giorno è
o magnificamente inaugurato dal parallelo fra la notte degli avi, dominata dal buio e dalle
spaventose presenze che in esso si annidano, e la notte moderna, nella quale invece i nobili si
dedicano agli incontri mondani.
Metrica //

Temi Il brano si fonda su un’evidente bipartizione tematica, cui corrisponde una diversa andatura
del verso: da una parte abbiamo la notte medioevale, descritta con ampi e suggestivi scorci di
un paesaggio privo di presenze umane e illuminato solamente dalle “stelle remote”, dall’altra
invece, si è introdotti nei luoghi affollati e lussuosi della notte moderna
Nel confronto tra le due parti spicca il palese rovesciamento del rapporto luce/ombra. Il buio
della notte degli avi è lievemente rischiarato solo dalle fugaci apparizioni dei fuochi fatui; la
notte lussuosa dei moderni aristocratici, al contrario, si distingue per l’invasione trionfante
della luce artificiale che costringe la notte a ritirarsi e a restringere il suo dominio sui soli
covilli. Agli esterni vasti e indefiniti della prima sezione si contrappongono perciò gli interni
lussuosi delle sale e dei ritrovi.
Stile Nei versi centrati sulla notte terribile degli antenati prevale un’aggettivazione e una selezione
lessicale che insiste sul dato lugubre ed emotivamente perturbante. Nel passaggio alla
sfavillante vita notturna dei nobili si registra invece una straordinaria accumulazione di
oggetti: ecco, dunque, le “vesti varie”, le “tabaccherie preziose” e le “mille cose mille”
Nel brano risalta, ben al di là della consuetudine pariniana, la presenza di endecasillabi
sdruccioli, ossia accentati sulla terzultima sillaba, e l’alta frequenza dell’enjambement. Da
notare invece la netta prevalenza delle vocali -o e -u nei versi della notte antica, che ricevono
così una sonorità più grave e adatta all’atmosfera lugubre.

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