Nelle montagne non arrivano le forme di civilizzazione, le religioni si insediano qui molto lentamente, in
Sardegna per esempio molti erano contadini che non sapevano il latino, i credenti non sapevano il Pater e il
credo. Qui non arriva lo stato, vigono democrazie e “repubbliche” rurali. Per esempio i turchi non
dominano le zone montuose dei Balcani, come la Roma papale non dominava sugli Abruzzi o come il
sultano non controllava l’altopiano marocchino. Ancora oggi le zone montuose conservano queste leggi, ma
con la civilizzazione e le reti stradali vengono sempre meno. Spesso le montagne sono sovrappopolate
rispetto ai beni che vi si trovano, per questo avvengono migrazioni periodiche verso le pianure. La
montagna ha moltissime risorse, ricchezze minerarie, allevamento, e l’agricoltura, che più va a sud più
migliora. Ma queste risorse sono disperse, non raggruppate, quindi la vita montanara è difficile, infatti i
uomini di montagna si spostano verso le pianure e sono lo zimbello dei cittadini per i loro modi di fare.
La transumanza è la migrazione più significativa, dove i contadini con il gregge durante l’inverno si spostano
dalle montagne alle pianure mentre di estate fanno il percorso inverso. Ci sono varie tipologie di migrazioni,
per esempio quelle militari. Forti erano le migrazioni della Corsica, si spostavano infatti verso altre zone
uomini che praticavano qualsiasi professione, ma anche da qualsiasi altra zona di montagna: per esempio in
Armenia, che è quasi nella totalità montuosa, dal 300 cessò quasi di esistere a causa della diaspora.
- Gli altipiani sono alte e ampie pianure scoperte, le strade qui si costruiscono facilmente, quindi
alla evoluzione della cultura italiana. Queste zone non conoscono migrazioni di massa dalle
montagne.
- Le colline stessa situazione degli altopiani, e presto vengono occupate dall’uomo, specie se sono di
- Le pianure in Europa solo una decina sono importanti per dimensione e risorse. Se poco estese,
esse sono facili da organizzare. Nel ‘500 le pianure erano desolate, erano paludi, che portavano la
malaria, una malattia mortale e, se benigna, la vitalità era compromessa; ma essa era causa ed
In ambito marino nasce il cabotaggio, ma non per mancanza di conoscenze tecniche per il mare aperto, ma
perché con questo ci si poteva difendere dal vento, dai corsari, e si potevano avere approvvigionamenti
quotidiani.
Le isole del Mediterraneo hanno una cultura interna, esse sono scali lungo le rotte marine. Si tratta di un
ambiente umano coerente, ma alcune sono isolate e hanno ancora una cultura arcaica. La vita interna è
povera ma quella esterna è ampia perché sono tappa di trapianti culturali. Nelle penisole gli uomini cercano
unità, infatti in Spagna e in Italia c’è questo forte senso di nazionalizzazione linguistica per esempio.
Il Mediterraneo è il mare della storia, si inizia qui a navigare e qui si hanno i primi scambi commerciali,
religiosi e conquiste. Ma nel ‘500, a causa della mancanza di pesci, di poche potenze e soprattutto per la
scoperta dell’America, molti marinai vengono arruolati dalle potenze del Nord, che rivolgono l’attenzione
all’Atlantico.
Per comprendere bene il Mediterraneo bisogna considerare la sua fisicità, esso è a contatto col deserto del
Sahara a sud, a est quello della Siria e a nord del mar Nero le steppe russe. I collegamenti sono operati un
tutta l’estensione dei confini. Un viaggio che per mare lo si fa un giorno, una settimana, nel deserto lo si fa
per settimane, mesi. Qui mancano sorgenti d’acqua e il legname, infatti molti nelle grandi città utilizzavano
il letame secco per accendere un fuoco, ma comunque le popolazioni si sono mantenute. Nel Sahara il
di 50 km è impossibile. Viste dall’interno queste civiltà sono organizzate. Bisogna distinguere due tipi di
nomadi: i nomadi montanari, che hanno uno scarso raggio di spostamento; e i nomadi che passano l’estate
fuori dal Sahara. Questi, durante l’estate, si spostano verso il Mediterraneo, che è invaso dalle depressioni
atlantiche, che portano pioggia, l’erba che era cresciuta d’inverno si dissecca verso il mare e, una volta che
l’estate è finita, riscendono verso Sud, dove inizia a germogliare nuovamente l’erba. Alla vita dei nomadi
servono necessariamente dei pascoli, ma occorre anche terra da lavorare e magari città. Un esempio, nel
1550 circa, nella Tunisia meridionale desertica la tribù dei Caabia riuscì ad avvicinarsi verso nord, alla città
di Kairouan, ossia quasi al Mediterraneo, che presentava oliveti, campi d’orzo e di grano. Essi ne
approfittarono della decadenza dei signori turchi per insediarsi nella zona. Di seguito furono scacciati due
anni dopo dai turchi. Queste vicende si sono ripetute migliaia di volte nel corso della storia. Ma oltre a
questi insediamenti brutali ci sono anche quelli pacifici, è l’esempio dell’Anatolia verso la fine del
medioevo; i contadini si sono sollevati contro le città dove vi erano i greci, essi passano all’islam e le loro file
si aprono al nomadismo turco, che col passare del tempo si insediavano nelle città pacificamente, l’intera
città si convertiva all’islam e i nomadi si stabiliscono qui mettendo le radici. Nel corso dei secoli il passaggio
dalla steppa al mediterraneo è avvenuto migliaia di volte; oggi, con la sedentarizzazione, si è rafforzato
l’ostacolo per i nomadi che, grazie al miglioramento dell’agricoltura, l’introduzione della tecnica moderna di
Le Carovane sono attività di mercanti, perciò di città e di economia attiva. Un inglese anonimo ha
documentato uno di questi viaggi. Racconta che partendo dal Cairo, quaranta mila muli e cammelli e
cinquanta mila uomini si dirigevano alla Mecca per effettuare degli scambi e per far girare l’economia.
Commercianti desiderosi di vendere la propria merce e che marciavano davanti alla carovana, talvolta
vendendo durante il cammino la seta, il corallo, lo stagno, il grano e il riso soprattutto barattando la merce
una volta arrivati alla Mecca; dietro la carovana si univano dei pellegrini che volevano raggiungere la
Mecca. Queste persone avevano un loro “capo di carovana” e guide che procuravano la legna per
illuminare il cammino di notte, perché appunto si preferiva viaggiare dalla mezzanotte all’alba per sfruttare
la freschezza notturna. Per organizzare questi viaggi occorrevano traffici redditizi; nel Sahara il commercio
del sale, schiavi e oro,, in Siria spezie, droghe e seta. Un incontro di economie e culture che fiorisce per
Le Oasi
Esistono delle oasi, che sono soltanto piccoli punti di appoggio. Ma sono anche punti si concentra un certo
numero di persone, delle vere e proprie città agricole. L’oasi esige e consuma un gran numero di uomini,
servono rifornimenti di uomini per poter proseguire con l’avanzamento dell’oasi, quelle sahariane infatti
conobbero la schiavitù molto prima dell’America. Le oasi, grandi o piccole, furono gli isolotti fertili dove
nacque la civiltà orientale, di cui l’islam, qualche millennio dopo fu soltanto la ripresa di questi paradisi. Per
parlare però della grande storia dell’islam non bisogna parlare solo dell’oasi, ma anche delle città, perché
non esiste uno senza l’altro, sono necessari per comprendere la storia dell’islam, figlio del deserto.