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Azioni neuroendocrine:
Il progesterone prodotto durante la fase luteinica del ciclo mestruale riduce la
frequenza dei picchi di GnRH, permettendo la soppressione del rilascio di
gonadotropine e ricondizionando l’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio nel passaggio
dalla fase luteale a quella follicolare.
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Metabolismo: il progesterone aumenta i livelli basali di insulina e il rialzo di
insulina in seguito a ingestione di carboidrati. Il norgestrel può diminuire la
tolleranza al glucosio.
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I progestinici sono usati nei casi di amenorrea secondaria a scopo diagnostico:
dopo una somministrazione per 5-7 giorni a donne con amenorrea, si osserva
emorragia da sospensione se l’endometrio è stato stimolato da estrogeni
endogeni.
Inoltre, i progestinici associati agli estrogeni riducono la comparsa di iperplasia
e carcinoma dell’endometrio.
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Il mifepristone compete sia con il progesterone, sia con i glucocorticoidi, per il
legame con i rispettivi recettori.
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Il mifepristone viene somministrato per via orale, ha una buona biodisponibilità
e un’emivita di 20-40 ore. Nel plasma si trova legato all’alfa 1 glicoproteina
acida.
Il farmaco viene metabolizzato dall’enzima CYP3A4 e subisce una
circolazione enteroepatica.
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Quando viene somministrato all’inizio della gravidanza, il mifepristone
determina uno sfaldamento della decidua tramite il blocco dei recettori uterini
del progesterone. Ne consegue un distacco della blastocisti e una ridotta
produzione di gonadotropina corionica, che provoca una riduzione della
secrezione di progesterone da parte del corpo luteo.
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Il mifepristone usato per provocare l’aborto medico può determinare
sanguinamento uterino per 8-17 giorni.
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La capacità di ulipristal di non far avvenire l’ovulazione sembra essere dovuta
all’inibizione del rilascio di LH e della rottura follicolare indotta dall’LH a livello
ovarico.
Rispetto al levonorgestrel, che è efficace solo fino a 72 ore dal rapporto,
l’ulipristal mantiene l’efficacia fino a 120 ore.
Gli effetti collaterali più gravi registrati negli studi clinici sono stati cefalea
transitoria e dolori addominali.
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I più recenti contraccettivi orali a basse dosi non comportano un aumento
significativo del rischio di infarto del miocardio o ictus in donne che non
presentano fattori di rischio. Si osserva un aumento del 28% del rischio
relativo di tromboembolia venosa ma l’aumento del rischio assoluto è piccolo,
dal momento che questi eventi in donne senza fattori di rischio hanno una
bassa incidenza.
Il rischio aumenta in presenza di fattori di predisposizione al
tromboembolismo.
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Episodi di lieve sanguinamento irregolari e casuali e metrorraggia sono i più
frequenti effetti avversi e la causa più frequente di interruzione del trattamento
con contraccettivi con soli progestinici.
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Pur essendo considerati sicuri nelle donne sane, i contraccettivi orali possono
aumentare l’incidenza e la gravità di malattie cardiovascolari,
tromboemboliche o tumori in presenza di altri fattori di rischio.
Il rischio di gravi effetti avversi è particolarmente alto in donne al di sopra dei
35 anni, forti fumatrici, nelle quali sono controindicati anche i contraccettivi a
basso dosaggio.
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