Il tribunale di Roma con sentenza del 10 maggio 2016 ha rigettato la
domanda di una coppia di persone che chiedevano di essere dichiarati genitori generici di 2 bambini nati a seguito di uno scambio di embrioni nel corso di una PMA. IL tribunale, ha rigettato la domanda osservando che la richiesta di una mera dichiarazione della qualità di genitori genetici in capo agli attori e di negazione di tale attributo in capo all’altra coppia, farebbe cadere lo stesso interesse all’emissione di una pronuncia. Dalle disposizioni codicistiche, la madre è colei che ha portato a termine la gravidanza nel rispetto dell’art 269 comma 3 e con riguardo alla paternità art 231 e dalle disposizioni della legge 40 del 2004 in materia di PMA e nello specifico l’art 8 il quale riconosce quale elemento decisivo ai fini dell’acquisto dello stato di filiazione per i nati da tecniche di PMA, l’impianto nell’ utero materno io procedere della gravidanza e la nascita. Gli attori, chiedevano venisse sollevata questione di legittimità costituzionale dell’arte 243 bis nella parte in cui non prevede la legittimazione del c.d padre genetico a proporre un’azione di disconoscimento della paternità in caso di sostituzione di embrioni avvenuta nell’ambito di una fecondazione assistita e dell’art 269 comma 3 nella parte in cui non prevede, nel caso di sostituzione di embrione avvenuto nell’ambito della procedura di fecondazione medicalmente assistita, la possibilità di effettuare disconoscimento di maternità. La tutela di ulteriori valori di tanto primario, quali la dignità umana, la salute e l’autodeterminazione della gestante si pone in conflitto con la tesi della prevalenza delle origini genetiche sul legame biologico creato dalla gestazione. In conclusione la domanda degli attori viene rigettata perché: 1 le disposizioni normative in tema di filiazione e PMA impongono lo status dei minori di figli degli odierni convenuti 2 perché difettano i presupposti per porre la questione al vaglio della CORTE COST. 3 perché si è di fronte a richieste volte a quella che è un’alterazione della realtà familiare dei minori contraria al loro interesse, che incontra un ostacolo nel principio del premiante interesse del minore.