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Sentenza della corte costituzionale n. 196 del 1987.

Il giudice tutelare di Napoli, nel procedimento promosso da Mangiapia Silvia,


ha proposto in riferimento agli art. 2-3-19-21 della Cost. questione di
legittimità costituzionale degli art. 9 e 12 della l. 22 maggio 1978 n. 194, nei
limiti in cui tali disposizioni non consentono al giudice tutelare medesimo di
sollevare obiezione di coscienza relativamente alle procedure di cui all’art. 12
ed in particolare in relazione al potere di autorizzare la minore a decidere
l’interruzione di gravidanza.

Il giudice a quo, dato atto che nella specie appaiono espletati i compiti e le
procedure di cui all’ art.5 della legge medesima e rilevato in considerazione
della volontà del minore; delle ragioni da essa addotte; nonché dalle
risultanze della relazione della struttura socio-sanitaria, sussistono gli estremi
per autorizzare l’interruzione della gravidanza.

Osserva che la legge in questione consente l’esercizio dell’obiezione di


coscienza solo al personale sanitario o esercente le attività ausiliarie e non al
giudice tutelare che pur è chiamato dalla legge a svolgere attività rilevante
nella procedura abortiva.

Espresso il proprio profondo e radicato convincimento, fondato su motivi


scientifici, filosofici e religiosi che con l’ aborto viene soppressa
volontariamente la vita di un essere umano, tale dovendo essere ritenuto il
concepito, riconosciuto peraltro destinatario della tutela costituzionale nella
nota sentenza della Corte Costituzionale n. 27/1975, il giudice remittente
afferma che i propri convincimenti trovano ampia tutela negli art. 21 e 9 della
Costituzione, che garantiscono la libertà di coscienza e di manifestazione del
pensiero, nonché il diritto di libertà religiosa, indubbiamente da annoverarsi
tra i diritti inviolabili all’ art. 2 della costituzione.

Occorre ricordare che la normativa dettata dalla legge in un discorso


conferisce rilievo alla salute psico-fisica della gestante, essendo la
condizione di questa del tutto particolare ( sent. n. 27/1975).

In presenza perciò entro i primi 90 giorni, di “serio pericolo” (art4.) maggiore o


minore di età , alla donna, secondo i parametri ben individuati e circoscritti
nella legge, viene accordata la facoltà di adire alle esistenti strutture socio-
sanitarie(art.5).
-Il magistrato è tenuto ad adempiere con coscienza, ai doveri inerenti al suo
ministero(art.107): si ricompongono in tal modo, nella realtà oggettiva della
pronuncia, e i suoi convincimenti e la norma obiettiva da applicare.

Per questi motivi la Corte dichiara:

-Non fondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 9 e 12 della


legge 22maggio 1978 n.194, sollevata dal giudice tutelare di Napoli.

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