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2012

© Natura, Amore e Vita


 
 

La Croce,
che sembra innalzarsi da terra,
in realtà pende dal cielo,
come abbraccio divino che stringe l' universo.
La Croce si rivela come il centro,
il senso e il fine di tutta la storia e di ogni vita umana.
 
 Giovanni Paolo II
 
 
 
Ecco, il mio servo avrà successo,
sarà onorato, esaltato e molto innalzato.
Come molti si stupirono di lui
- tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto
e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo -
così si meraviglieranno di lui molte genti;
i re davanti a lui si chiuderanno la bocca,
poiché vedranno un fatto mai ad essi raccontato
e comprenderanno ciò che mai avevano udito.
 
 
 

 Presentazione
 
   Alleluia.

Celebrate il Signore, perché è


buono;
perché eterna è la sua
misericordia.
                                            Salmo 118
 
Nel cuore dell’uomo è custodita una Stella, piena di Vita, colma di Gioia.
Quella Stella che ha preceduto e ha indicato ai Magi la Via per trovare la
Verità: il Cristo liberatore, la sorgente della salvezza e della felicità.
Per raggiungere lo splendore che ogni nostra azione dovrebbe avere,
dobbiamo sempre interrogarci riguardo al nostro cammino, dobbiamo sempre
chiederci se stiamo percorrendo il sentiero della Verità e della Vita, il percorso
della Bontà e dell’Amore.
Quando si accende la Stella, tutta l’Anima viene irradiata di lucente forza e di
Gioia incontenibile, nasce un nuovo Cuore, abitato e visitato dallo Spirito
Santo.
Dopo aver incontrato la Luce del Mondo non si è più soli, e questo ci
permette di rivolgere lo sguardo e attingere a nuove forze, forze di
Comunione con Lui, forze che ci danno il Coraggio di vedere la Vita in modo
nuovo, il Coraggio di cambiare strada, proprio come fecero i Magi al ritorno
da Betlemme: presero un'altra Via.
Anche Tu, se vuoi entrare nella Vita, devi seguire la strada che ti porta ad
essa; attraverso quella fiamma verde che è un filo d’erba calpestata da tutti,
puoi apprendere il miracolo della vita nascente. Vieni e seguimi, dice Gesù
anche ora, a Te. Ma Tu sei libero, proprio come era libero il primo uomo, puoi
decidere. Devi chiedere alla Tua coscienza, alla Coscienza di Vita, se le Tue
azioni sono veramente libere e per chi lo sono.
Siamo veramente liberi quando seguiamo l’esempio del Cristo che è vero
Amore, poiché la Libertà è la massima espressione dell’Amore Universale che
vive per sempre di Luce nella Verità.
In questo cammino verso la Libertà, possiamo scorgere la presenza operante,
il disegno e la mediazione, l’aiuto e la disposizione, il favore e il soccorso
gratuito, l’amorevole Bontà infinita della Provvidenza Divina, in un dipinto
ad opera d’arte, che illustra un Dono d’Amore e che è intessuto di Sapienza e
di Grazia, identificate attraverso la Fede cosciente.
   La Provvidenza Divina è il divenire che conduce alla Perfezione: esige da
noi con insistenza che liberiamo noi stessi dall'antica schiavitù, per rinascere
in Cristo.
Anche il dolore può essere una grazia. L’uomo non è nato per vivere nella
sofferenza, tuttavia può scoprirne il senso salvifico. La sofferenza non è un
male che distrugge ma è un bene creativo che eleva, corregge e converte, è
una prova, un’educazione redentiva poiché, legata all’amore, crea il bene
ricavandolo dal male, conducendo una forza che avvicina alla Gloria eterna in
unione con Cristo.
Il male entra nell’uomo attraverso la seduzione e la menzogna, rendendo
l’essere umano uno schiavo incosciente. Tuttavia, secondo le parole che
Giovanni Paolo II scrive nella sua bellissima Enciclica “VERITATIS
SPLENDOR”: «nessuna tenebra di errore e di peccato può eliminare
totalmente nell’uomo la luce di Dio Creatore» e ancora: «tutti i
condizionamenti e gli sforzi per imporre il silenzio non riescono a soffocare la
voce del Signore che risuona nella coscienza di ogni uomo: è sempre da
questo intimo sacrario della coscienza che può ripartire un nuovo cammino di
amore, di accoglienza e di servizio alla vita umana».
   Il Figlio di Dio è apparso per mostrare all’uomo come trarre dal male un
bene più grande. Egli è questa Luce che illumina, trasforma e redime il male
con il bene, con quella virtù più forte della morte che è l’Amore, seguendo la
Vita.  È questa, ci ha detto Benedetto XVI a Colonia, durante la XX Giornata
Mondiale della Gioventù: «la fissione nucleare portata nel più intimo
dell’essere – la vittoria dell’amore sull’odio, la vittoria dell’amore sulla morte.
Soltanto questa intima esplosione del bene che vince il male può suscitare poi
la catena di trasformazioni che poco a poco cambieranno il mondo».
Quindi, in tutti i campi, il male va vinto rinforzando e sviluppando quel bene,
quel terreno fertile che ancora è presente in chi sembra guidato dal male.
Abbiate fede nella Grazia e Provvidenza Divina poiché proprio attraverso la
Fede, Voi aprite quella porta che permette ai raggi di entrare nella vostra casa,
nel vostro corpo, nella vostra anima. Aprite le finestre della vostra casa al
Sole, del vostro corpo alla Vita, della vostra anima all’Amore.
Ecco allora che Voi iniziate ad agire, non più burattini mossi da altri con le
loro formule e ricette, ora siete Voi che agite, seguendo l’esempio di chi ci ha
liberato per sempre. Proprio questo agire è già Grazia operante, è il primo
passo della vostra trasformazione nella Luce della Verità «Confidate e sperate
nei meriti di Gesù e così anche l'umile argilla diverrà oro finissimo da
risplendere nella reggia del re dei cieli. San Pio da Pietrelcina».
La vera comunione: l’unione dell’uomo con il Cristo, è ciò che si chiama
“Grazia Divina”; ogni anima è chiamata a diventare la sposa del Verbo.
   Leggiamo qualche parola dal Diario di Santa Faustina Kowalska: «La mia
anima è simile all’acqua limpida, in cui vedo tutto, sia la mia miseria, sia la
grandezza delle grazie di Dio e da questa conoscenza veritiera il mio spirito si
rafforza in una profonda umiltà. Espongo il mio cuore all’azione della Tua
grazia, come un cristallo ai raggi del sole, come una goccia di rugiada nel
calice di un fiore. S’imprima nel mio cuore la Tua immagine divina, e Tu che
abiti nella mia anima fa che attraverso me s’irradii la Tua divinità».
   Il vero centro della vita è davanti a noi, il Cristo è il suo centro in tutte le
anime umane, così il centro cristico è ovunque. Ciascun Figlio dell’Uomo è
chiamato a divenire Figlio di Dio, poiché ciascun uomo è un Cristo in
potenza.
Pensa a quali e quante azioni Tu sei in grado di compiere per il Bene
universale, per aiutare Te stesso, l’Uomo e tutto il Creato.
Circonda la Terra con tutto l’Amore che hai e che aspetta di crescere e di
moltiplicarsi, porgi il Tuo capo, dai spazio all’Incontenibile; ho visto lo
Spirito scendere dal Cielo come una colomba bianca, posarsi su di Lui. Sì,
quella colomba bianca che Tu hai liberato dalla finestra, voleva liberamente
posarsi sul Tuo capo, voleva e vuole tornare a volare con Te.
Uomo, accendi la Stella che è in Te, fai risplendere la Tua Luce interiore,
alimentala con l’Amore.
 

Prefazione alla ottava edizione


 
Ecco, concepirai un figlio,
lo darai alla luce e lo
chiamerai Gesù.
                                           
Luca 1, 31
 
La strada che porta alla
contemplazione, la
Gerusalemme celeste, è lunga
e irta di difficoltà e pericoli.
Solo chi ha una grande fede
ed è costante la può
percorrere.
                                           
Walter Hilton
 
…dalla Terra una Stella
cominciò a brillare nel regno
spirituale…
                                          
Rudolf Steiner
 
 
   Questo è uno degli studi più importanti che ho intrapreso riguardo la figura
di Gesù Cristo; una ricerca continua e interminabile, frutto di collaborazione
tra gli uomini ed ispirata dallo Spirito Santo.
   Ho inserito i frutti in un primo momento nel libro: Concerto per la Salute. Il
tema è stato quindi oggetto di una mia conferenza intitolata: La Luce del
Golgota. Ho pubblicato poi la prima edizione in internet come: Il Mistero del
Golgota.

   I calcoli matematici e astronomici sono stati eseguiti con il programma


planetario Starry Night, fissando le date e le coordinate di locazione terrestre
come indicato di seguito.
   La situazione astronomica e planetaria della Settimana Santa, interamente
vagliata, evidenzia la particolare eclissi parziale di luna, adombrata dalla terra,
tra le stelle della Vergine: Alfa Virginis, ovvero Spica, la spiga di grano recisa,
ed Epsilon Virginis, ovvero la vendemmiatrice. Nei Cieli di quei giorni vi è
l’esatta ripetizione di ciò che è avvenuto sulla Terra in tutta la Settimana
Santa. Il frutto del frumento viene spezzato, il frutto della vite viene versato e
distribuito a tutti, ogni uomo riceve questo Sole che feconda l’anima,
parzialmente oscurata, ma piena di Vita. Da questa creazione spirituale ne
esce un corpo rigenerato la cui mediatrice e corredentrice è la Vergine Madre
sul cui capo ruotano le Stelle del Cielo.

   Questa ottava edizione è stata ulteriormente ampliata e rivista, alla luce del
mio cammino personale e comunitario, con nuove ed interessanti rivelazioni
riguardanti l'Eucaristia che si aggiungono alle altre contenute nelle edizioni
precedenti, senza stravolgere il lavoro, ma sempre integrandolo, come fosse
una Scala che si erge verso il Cielo.

La lettura del lunghissimo e bellissimo testo in 10 volumi di Maria Valtorta:


“L’Evangelo come mi è stato rivelato”, ha contribuito ulteriormente alla
stesura di questa VIII edizione e osserva attentamente il clima e l'atmosfera di
quei giorni, specialmente tutte le stazioni della Via Crucis e anche il telo di
lino che ha avvolto il corpo di Gesù: La Sindone.

Tutti i punti salienti del Mistero vengono resi ancora più vivi dalle descrizioni
particolareggiate di Maria Valtorta, nominata la penna di Dio, dalle cui parole
escono illuminati questi Misteri, fin nei colori e nei profumi che aprono il
cuore e la mente alla Parola creatrice. In particolare questa ottava edizione,
descrive nei minimi particolari l'Eucaristia, il cielo, il momento della
Crocifissione, i seguenti tuoni e fulmini, la deposizione dalla Croce, l’unzione
di Gesù e la Sacra Sindone, la Risurrezione.
 
   Ho reso particolarmente chiaro il cammino al Calvario, integrandovi anche
le bellissime meditazioni, orazioni e preghiere di Giovanni Paolo II 
riguardanti le XIV stazioni della Via Crucis del 1993; 2000 e 2003.
Proprio in questo senso, ecco come si è espresso il Santo Padre: « Il
commento alle stazioni lascia trasparire sullo sfondo della Passione di Gesù il
dramma del "mistero di iniquità" sempre subdolamente in atto nel mondo e,
insieme, il grande "mistero della pietà" non meno presente e silenziosamente
operante.
   Dolore e angoscia investono milioni di uomini e interi popoli in modo tale
da far recepire quest'ora della storia proprio come l'"ultima ora".
   L'uomo, lasciandosi accecare e dominare dal male, calpesta la propria
dignità, si fa nemico della vita e, in ogni scelta di violenza e di corruzione,
condanna a morte se stesso. Proprio in questo rivela la sua estrema miseria e il
suo bisogno di incontrarsi con la divina Misericordia.

   Quasi a rendere visibile e tangibile il volto della divina compassione, si


trova sui sentieri del nostro tempo, come lungo la via del Calvario, la donna.
Allora: Maria, Veronica, le donne di Gerusalemme, le altre Marie ... Oggi:
ogni donna che, abitata dallo Spirito, ancora sa accogliere e custodire nel
cuore la Parola di vita e donarsi come supplemento di grazia e di amore, di
pietà e di consolazione.
   Percorrendo con umiltà e con fede le stazioni della Via Crucis, potremo
forse sentirci in qualche misura coinvolti nel devastante "mistero di iniquità",
ma ancor più scoprirci teneramente avvolti nel grande mantello della Pietà.
Potremo riconoscerci responsabili della crocifissione di Cristo, ma anche
scorgere nel volto dell'Uomo dei dolori le profonde e segrete ferite del nostro
cuore e sperimentare l'infinita bontà del Signore nell'incontro con il mistero
della Chiesa vergine e madre. Mistero che si disvela particolarmente nelle
donne sante che appartengono alla nobile stirpe di Maria e che anche in
quest'ora buia della storia stanno sotto la croce di ogni uomo con una
illimitata capacità di compatire e di perseverare in quella speranza che le
spinge a portare al sepolcro fragranza di aromi - olio di consolazione - per fare
di ogni mattino il giorno radioso di Pasqua, il canto della vita risorta ».
Di Giovanni Paolo II sono pure le allocuzioni finali alle Via Crucis citate in
bibliografia.

  Devo poi ringraziare profondamente anche Romolo Mantovani che mi è


stato particolarmente utile con i suoi studi sul Cristo: La Lumière du
Golgotha e La Résurrection de Jésus, ed anche le meditazioni scritte assieme
a Lucie Piazzo. Ecco come si è espresso Romolo Mantovani nei riguardi di
Giovanni Paolo II: « Il Papa attuale è il solo uomo capace di riunire tutte le
religioni del mondo, di farne un solo blocco di potenza spirituale che si
opponga alla forza ignorante e criminale del materialismo per realizzare il
grande ideale Umano: la Fraternità. È tutto pronto, la salvezza viene. Perché
Gesù Cristo ha vissuto nel mondo e pronunziato la sua Parola. Questo, il
mondo non può dimenticarlo. Ma sappiamo anche che è molto dissimulata,
nascosta, questa Parola, che bisogna estrarla come un tesoro dal fondo di una
miniera. Occorrono degli operai, degli uomini che vogliano cercarla, scavare
per trovarla, e che si lascino mettere sulla traccia del Cristo senza più
scostarsene. Tali sono gli uomini che preparano la strada del Signore ».

   Affinchè il Mistero si sveli nei cuori e ci porti alla Sua costante Presenza
nella vita è indispensabile seguire la via della purificazione e della fede. La
purificazione del cuore e della coscienza è la condizione necessaria per la
comunione con il Signore, come Egli stesso ha mostrato attraverso la lavanda
dei piedi. I Misteri diventano luminosi agli occhi della fede. La fede è
l’esempio e la base della scuola di Maria; Maria è la fede in persona, è un
vero modello, è la Madre della Chiesa universale, questo corpo mistico che,
dolcemente unito a noi, ce ne rende parte, ci unisce e continuerà a risplendere
per sempre.
 
  Antonio Bigliardi
 
 

L’impulso del Cristo


 
Il Cristo, o figlio
umano, è in Te!
E ovunque tu sia,
ovunque tu vada:
Io Sono in Te la
forza della
redenzione,
che apporta
anche la
guarigione del
tuo corpo.
              
 Il Vangelo di
Gesù
 
Dove vi è il
Cristo, i beni
della vita non
appartengono al
singolo, ma pur
restando fecondi
per il singolo
individuo,
assumono nello
stesso tempo il
carattere di un
bene comune a
tutta l’umanità.
                                                
Rudolf Steiner
 
…è stato deposto
nella Terra e nel
cuore degli
uomini un seme
che soltanto nel
corso
dell’evoluzione
potrà dare frutti
sempre più
importanti.
                              
                 
Mario Viezzoli
 
Nei momenti di
sconforto, di
tenebra, bisogna
ricercare con il
ricordo quella
luce che vive in
ognuno di noi e
dice: “ non sei
solo, Io sono con
te e tu in noi ”,
allora la tua vita
risplenderà di
Spirito nella Luce
del Cristo.
 
Antonio Bigliardi
 
Il Cristo è l’intermediario armonizzante, l’Essere centrale
d’Amore riequilibratore «l’Essere che porta con sé la forza del
superamento e della guarigione. Walter Holtzapfel».
  Attraverso l’evento del Golgota, l’impulso del Cristo è
penetrato e si è unito alla Terra fluendo nell’evoluzione
dell’umanità.
  L’ideale di ogni cristiano è di raggiungere la perfezione e la
fraternità, questa trasformazione coinvolge l’intero essere le
cui cellule si rinnovano costantemente, in continuazione,
trasmettendosi impronte di memoria che per essere luminose
devono venire vivificate dalla luce della coscienza spirituale
«possiamo farci da parte e diventare il Sacro Calice, che si
abbandona e abbraccia il Cuore di Cristo. Qui gli impegni
personali non esistono più, e il nostro spirito fiorisce e viene
baciato dalla beatitudine che lo circonda. In qualche modo,
come per magia, ci risvegliamo per scoprirci di nuovo in
Paradiso. In questo luogo non esistono desideri, ma solo il
riconoscimento che tutto esiste. Qui la Grazia diviene la forza
propulsiva e riceviamo la conferma che tutto ciò che viene
compiuto nel nome dell’amore ha sempre buon esito. Qui la
paura scompare e, vinti dall’amore, ci sentiamo finalmente
realizzati, completi e perfetti, in sincronia con il respiro oltre
la vita. Questa è l’iniziazione del Cuore di Cristo, nella quale
offriamo il nostro cuore al Divino affinché possa servirsene
per irradiare il suo splendore. In questo spazio non esistono
più domande, ma solo flussi e riflussi della sorgente di
energia che è così amorevole, così sapiente e reale, che ci
sciogliamo nella sua sfera come gocce nell’oceano.
Jasmuheen».
L’impulso del Cristo è portatore di equilibrio, d’amore e
centralità con cui rinnoviamo ed eleviamo i nostri corpi
«l’impulso del Cristo può agire soltanto attraverso la libertà
umana, che non impone violentemente agli uomini di
riconoscerlo, ma aspetta che gli uomini stessi liberamente lo
riconoscano per porlo al centro della coscienza come specchio
e come supremo modello; aspetta che essi divengano
gradatamente sempre più capaci di armonizzare le loro azioni
con il carattere della grandiosa azione cosmico-terrestre da
Lui compiuta. Mario Viezzoli». Il seme divino, quello che
rende uguali, liberi e fratelli nell’anima, esiste in ognuno e lo
si può far germogliare con la coscienza.
  Allora l’impulso del Cristo sarà libero e irradierà totalmente
la Vita nella Luce della Fratellanza Universale.
 
 

Il Mistero del Golgota


 
 
Ora lo vedo
amor mio
è nei tuoi occhi
quel raggio di
sole.
Dal film: “Il
primo
cavaliere”
                           
                
di Jerry Zucker
 
I Misteri si
rinnovano
continuamente.
 
Il Sole è una
croce in
movimento che
ruota mossa
dalla forza
dello Spirito. La
croce forma una
porta che si
collega al
cuore, pulsante
per forza
d’Amore…
 
   Risulta importante ora, portare a conoscenza e far luce su
alcuni aspetti fondamentali della vita di Gesù, da cui
possiamo trarre grandi insegnamenti.
Rivolgiamo le nostre ricerche sul 3° anno del ministero
cristiano di Gesù e precisamente le concentriamo in quei
giorni che vanno dalla Domenica delle Palme alla crocifissione
del Venerdì.
  Betania che significa “casa della nave” è il villaggio scelto
come dimora da Gesù in questi giorni.
È un luogo protetto, come ad esempio l’attuale Parigi (città
delle luci), il cui nome deriva da Bar-Isis , “vascello di Iside”,
luogo protetto dalle acque, nave che galleggia sul mare,
coscienza che cammina sulle acque astrali «all’umanità si
impone una scelta: o dormire con Selene, o svegliarsi con
Iside. Mark Hedsel».
L'atmosfera è quella di primavera dove la vita appare
rinascere e la terra si apre ai raggi dell'amore «l'uomo ha
trovato la vita, quando si attacca a Colui che è Egli stesso la
vita. Allora molte cose in lui possono essere distrutte. La
morte può toglierlo dalla biosfera, ma la vita che la trascende,
la vita vera, quella rimane. In questa vita che, distinguendola
dal bios, Giovanni chiama zoe, l'uomo deve inserirsi. È la
relazione con Dio in Gesù Cristo che dona quella vita che
nessuna morte è in grado di togliere. Benedetto XVI».
 
DOMENICA 10° giorno del mese Nisan 29 Marzo 33
Betania ( Casa della Nave ) ; Luna 78% (Leone)
 
 Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
 
  La mattina del primo giorno della settimana, la Domenica,
giorno del Sole e del Signore, Gesù comunica ai suoi
compagni l’intenzione di andare a Gerusalemme. Ormai è
quasi Aprile e questo ci viene confermato da Maria Valtorta
che così descrive il contesto della natura in questo
giorno: «Gesù cammina fra i frutteti in fiore e gli uliveti tutti
in fiore. Paiono fiori persino le argentee foglie degli ulivi così
imperlate di rugiada, che scintilla percossa dal primo raggio
dell’aurora e mossa da un lieve vento profumato. Ogni fronda
è un lavoro d’orafo, e l’occhio ne guarda ammirato la
bellezza. I mandorli, già tutti coperti del loro verde, emergono
dalle masse biancorosate delle altre piante da frutto e sotto le
viti mostrano i frastagli delle prime foglie tenerelle, così lucide
e setose che sembra siano una scaglia di smeraldo
sottilissimo o un brandello di seta preziosa. In alto, un cielo di
un turchese scuro, unito, placido, solenne. Ovunque canti di
uccelli e profumi di fiori. Un’aria fresca ristora e allieta. È
veramente la letizia d’aprile che ride per ogni dove».
 
Il Messia (dal libro del Profeta Zaccaria)
 
     9 Esulta grandemente figlia di Sion,
     giubila, figlia di Gerusalemme!
     Ecco, a te viene il tuo Re.
     Egli è giusto e vittorioso,
     umile, cavalca un asino,
     un puledro figlio d’asina.
     10 Farà sparire i carri da Efraim
     e i cavalli da Gerusalemme,
     l’arco di guerra sarà spezzato,
     annunzierà la pace alle genti,
     il suo dominio sarà da mare a mare
  e dal fiume ai confini della terra.
 
  Al vicino villaggio di Betfage (casa dei fichi) distante 800
metri, troveranno un’asina legata ad un albero con accanto il
suo piccolo puledro, il proprietario conosceva Gesù. L’asino
rappresenta il corpo fisico ed era una cavalcatura autorevole.
L’asino liberato può rappresentare anche la nostra persona
che viene cavalcata da Gesù stesso, il quale ci guida verso la
gloria.
  Il simbolo dell’asina con accanto il suo puledro è un’antica
forma di definire il segno zodiacale del cancro, raffigurato ora
con una doppia spirale che si avvolge e si svolge o con un
granchio, è un simbolo di cambiamento ed identificava anche
il sole nella sua massima altezza, dalla quale ridiscendeva,
come l’iniziato che dopo aver raggiunto una vetta, inizia a
scendere per distribuire le proprie conoscenze al prossimo. La
costellazione del cancro ha due stelle chiamate asino boreale
e asino australe con al centro un ammasso stellare aperto
(M44) chiamato presepe o alveare, ma anche mangiatoia,
quel luogo (situato nel ventre di ognuno) dove in una notte
fredda è avvenuta la nascita di Gesù, al centro tra il bue e
l’asino, che rappresentano il fegato e la milza, il coraggio e
l’entusiasmo.
  L’iniziazione del Cancro rappresenta il punto di svolta del
cambiamento.
  Così slegano l’asina e la portano a Betania dove dimorava
anche Lazzaro e insieme si dirigono verso Gerusalemme.
 
Domenica delle Palme
 
Ecco i Misteri pulsano,
si apre la Settimana Santa,
il Principe della Pace
entra in Gerusalemme,
annuncia il giorno del Signore,
nel cuore del mondo,
avvolto dalle verdi palme,
tra i rami di olivo,
segno della Vita che rinasce,
nel sole gioioso della primavera.
 
  Ci troviamo in un clima di grande clamore poiché il risveglio
di Lazzaro, avvenuto pochi giorni prima, aveva destato molta
curiosità tra la gente. 
  Lungo la strada vi erano radunate molte persone che
gettavano mantelli a terra, altri tagliavano dei rami di palma
e li adagiavano sul cammino, proprio come un’entrata
trionfale, i bambini avevano in mano ghirlande di fiori e rami
di ulivo, molti gridavano dalla gioia.
  Il suo spirito è refrattario a tutte le cerimonie e segni
esteriori, ma eccezionalmente quell’anno, il giorno delle
Palme, Gesù fa a Gerusalemme un’entrata trionfale, che
suscita maggiormente la gelosia dei sacerdoti e li incita a
prendere provvedimenti.
   Gesù continuamente ci insegna attraverso l’esempio, ci
mostra in precedenza ciò che dovrà accadere in futuro. 
Il giorno delle Palme è la Domenica, Gesù stesso ha indicato e
voluto che quel giorno fosse festeggiato come il giorno del
Signore, anche per questo motivo, la Domenica prima della
Risurrezione, egli compie l’entrata trionfale in Gerusalemme.
Fatevi un quadro immaginativo di questo avvenimento ed
ecco, davanti a voi, il quadro solare, gioioso e festivo della
Domenica, che sarà poi illuminato dalla Luce della
Risurrezione. In Gerusalemme vi è il caos, ma anche la gioia
per questo ingresso nel grande giorno della settimana, il
giorno della gioia, la Domenica, segno di trionfo, di rinascita e
di Risurrezione.
     Questa entrata trionfale sull’asina, segna l’inizio del processo
legato allo Spirito, simbolicamente significa l’abbandono dal
mondo materiale per entrare definitivamente nella gloria del
regno di Dio, attraverso l’anima umana che diviene il tempio
del divino «riflettendo come in uno specchio la gloria del
Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine,
di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore.
Corinti 2 - 3,18». È il risveglio, in cui l’anima prende
coscienza della sua spiritualità, della sua divinità, che spinge
il Figlio dell’Uomo come persona umana, verso una nuova
nascita, come Figlio di Dio: Spirito Divino. In questo
momento, tutte le forze del male si voltano contro le forze del
bene, per deviarlo dalla loro via.
  Prima di entrare in Gerusalemme, Gesù ebbe la visione della
sua distruzione, operata poi realmente nel 70 d.C.
dall’imperatore Flavio Vespasiano, il quale fece circondare la
città con un muro lungo oltre 7 Km, costruito dai suoi
legionari in soli tre giorni per poi, dopo averla isolata e
portata alla fame, distruggerla provocando migliaia di morti.
A questa immagine Gesù pianse.
  Giunti al tempio di Gerusalemme, questo era pieno di gente,
vi erano anche ammalati che Gesù guarì per mezzo del Verbo,
imponendo le mani. Vi erano anche tanti bambini che
cantavano, mentre l’ira dei sacerdoti cresceva, il mondo lo
stava seguendo. Poi, quando giunse la sera, tornarono a
Betania.
 
LUNEDI’ 11° giorno del mese Nisan 30 Marzo 33
Betania ( Casa della Nave ) ; Luna 86% (Leone)
 
Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo.
 
  Al mattino del Lunedì, giorno della Luna, si incamminano per
Gerusalemme, lungo la strada, a Betfage, vedono un albero di
fichi colmo di foglie ma senza frutti. Il fico, che compie un
ciclo di fioritura occulto, rappresenta il vecchio insegnamento.
Gesù parla all’albero: “torna alla terra e sii tu stesso cibo per
gli altri”, poi proseguono il cammino.
  Nel tempio vi erano venditori e mercanti, sembrava un
mercato, così Gesù indignato, inizia a cacciare  i mercanti e
disperdere la folla, apre le gabbie degli animali e getta tutto a
terra provocando l’ira dei sacerdoti.
Tutto il giorno predicò e guarì gli ammalati, al commercio e
agli affari Gesù contrappone la sua bontà risanatrice, la sua
scuola dell'amore. Poi la sera tornarono a Betania.
 
MARTEDI’ 12° giorno del mese Nisan 31 Marzo 33
Betania ( Casa della Nave ) ; Luna 92% (Vergine)
 
Mentre avete la luce credete nella luce, per diventare figli della luce.
 
Nelle prime ore del Martedì, giorno di Marte, Gesù e i dodici
iniziano il cammino per Gerusalemme, arrivati a Betfage
vedono l’albero di fichi che è seccato, inaridito, quasi come
bruciato dal fuoco. Gli apostoli si stupiscono ma egli insegna
che anche la natura ascolta ed è in contatto vivo con la
parola. Gesù parla della fede che sposta le montagne la quale
può venire solo da uomini di cuore.
  Ma la vicenda del fico è anche un insegnamento di ciò che
spetterà a chi rifiuterà il Cristo, ora il nuovo insegnamento
dell’amore è rappresentato dalla vite.
  La via del Cristo è la via dell’amore che deve
necessariamente dare i suoi frutti e questi non sono mai per
se stessi. Nella parabola dei vignaioli perfidi abbiamo lo
stesso messaggio: i frutti dell’amore vanno donati, mentre i
vignaioli che hanno tenuto tutto per sé finiscono nel fuoco
purificatore.
  Giunti al tempio i sacerdoti si fanno avanti chiedendo il
perché e con quale permesso ieri scacciò i mercanti dalla
piazza.
  Inizia così il primo vero diverbio, ma Gesù risponde ponendo
un’altra domanda imbarazzante sulla provenienza di Giovanni
il precursore alla quale non ottiene risposta.
  Inizia così a raccontare una serie di parabole e discorsi che
fanno incollerire anche i farisei.
La lotta è ingaggiata e il calvario comincia per Gesù, egli
sente approssimarsi la sua fine terrestre e decide di donare ai
suoi discepoli, gli ultimi e i più importanti suoi insegnamenti.
  Verso sera si dirigono al monte degli ulivi dove Gesù inizia la
sua rivelazione; eccone alcuni passi:

  “La Luce splende, camminate nella Luce mentre avete


ancora la Luce, affinché gli uomini possano sapere che siete
Figli della Luce. Io vengo come una Luce sul mondo, chi crede
in me cammina nella Luce, la Luce della Vita. Chi mi conosce
farà ciò che io ho fatto e cose ancora più grandi e allora io
verrò. Non vi lascio soli, ma nel Cristo, che è l’Amore di Dio
reso manifesto agli uomini. Se dimorate nel Cristo e Cristo
dimora in voi e se tenete le mie parole entro il vostro cuore,
voi siete la Via, siete discepoli sulla Via e conoscerete la
Verità e la Verità vi renderà Liberi. Rimanete uniti, nel mio
amore. Attraverso il Cristo voi stessi diventerete Vita, Luce,
Amore e Verità. Padre Nostro, che sei nei Cieli, sopra di noi
ed in noi, in Te tutto è nell'Unità. Sia sempre santificato il Tuo
Nome. Venga il Tuo Regno in Sapienza, Amore e Giustizia. Si
compia la tua Volontà, come in Cielo così in Terra. Rendici
quotidianamente partecipi del Tuo Pane e del frutto della Tua
Vite vivente. Come Tu perdoni, anche noi perdoniamo, grazie
alla Tua Bontà, e nell'ora della tentazione Tu ci guidi e ci liberi
dal male, perché sei Amore immortale. Poiché Tuo è il Regno,
la Forza e la Gloria: in principio, ora e sempre, d'eternità in
eternità. Amen”.

  Poi ritornano a Betania.


 
MERCOLEDI’ 13° giorno del mese Nisan 1 Aprile 33
Betania ( Casa della Nave ) ; Luna 96% (Vergine)
 
Chi crede in me, crede in colui che mi ha mandato, chi vede me, vede colui che mi ha
mandato.
 
  Al mattino del mercoledì, giorno di Mercurio, Gesù e i dodici
partono per il monte degli ulivi dove passano sette ore in
preghiera e rivelazioni, poi ritornano a Betania, in casa di
Simone, un lebbroso purificato da Gesù. Qui è stata preparata
la cena in una sala tutta bianca, decorata da rami di melo e
pero in bocciolo e fiore, candidi come la neve, ma con un
lieve ricordo di rosa che fa pensare a neve sfiorata da un
bacio d’aurora. Il giorno volge al crepuscolo e questa cena
sembra un pranzo di nozze, la tavola è coperta di frutti,
verdura; nell’aria vi è il profumo dei fiori di primavera, dalle
finestre della sala si possono ammirare le palme stormenti nel
vento della sera che cala…
  Vi era anche Maria Maddalena che prese un’ampolla di
prezioso alabastro giallo rosato, ripiena di profumatissimo olio
di nardo (una pianta della famiglia delle valerianacee) e,
ponendosi alle spalle di Gesù, inizia a versarne alcune gocce
di liquido filante sul suo capo, cospargendone tutte le ciocche,
le stende e poi le riavvia col pettine che si leva dai capelli. La
testa di Gesù splende come un oro cupo, lucidissimo dopo
quest’unzione, la luce si riflette sul capo come su un casco di
bronzo ramato bellissimo, il profumo inebriante e acuto
penetra nelle narici, sale e si sparge intenso e buonissimo in
tutta la stanza. Maria ripete il gesto d’amore di una sera
lontana. Si inginocchia a terra, scioglie le fibbie dei sandali di
Gesù e scalza i piedi di Lui e, tuffando le lunghe dita della
bellissima mano nel vaso, ne trae quanto più unguento può, e
lo stende, lo sparge sui piedi nudi, dito per dito, poi la pianta
e il calcagno e su, al malleolo, che scopre gettando indietro la
veste di lino, per ultimo sul dorso dei piedi, indugia là sui
metatarsi dove entreranno i chiodi tremendi, insiste sinché
non trova più balsamo nel cavo del vasello, e allora lo
infrange al suolo e, libere le mani, si spunta le grosse forcine,
si scioglie svelta le trecce e asporta, con quella matassa
d’oro, viva, morbida, fluente, quanto supera dell’unzione dai
piedi, stillanti balsamo, asciugandoli poi con i suoi capelli
sciolti.
Maria calza di nuovo i sandali a Gesù e bacia ogni piede prima
e dopo averlo calzato.
  Giuda, guardando all’aspetto economico, la rimproverò di
avere sprecato tanto olio profumato, ma Gesù, posando la
sua mano sul capo di Maria Maddalena, disse che questo
gesto, attuato prima della sua morte, sarebbe stato un dolce
ricordo di lei ovunque si trovino gli uomini: “L’Amore è la
Luce. Ella sente che io sto per morire e ha voluto anticipare al
mio corpo le unzioni per la sepoltura. In verità vi dico che là
dove sarà predicata la Buona Novella sarà fatto ricordo di
questo suo atto d’amore profetico. In tutto il mondo. In tutti i
secoli. Volesse Iddio far di ogni creatura un’altra Maria, che
non calcola valore, che non nutre attaccamento, che non
serba un ricordo anche minimo del passato, ma distrugge e
calpesta ogni cosa della carne e del mondo, e si infrange e si
sparge, come fece del nardo e dell’alabastro, sul suo Signore,
e per amore di Lui. Non piangere, Maria. Io te lo ripeto in
quest’ora: Tutto ti è perdonato perché tu hai saputo
amare totalmente.
Tu hai scelto la parte migliore. E non ti verrà tolta. Và in
pace. I pascoli dell’amore saranno il tuo cibo in eterno”.
  Intanto i sacerdoti e i farisei erano impegnati a organizzare
la cattura di Gesù, lo volevano catturare lontano dalla folla,
avendo paura di una ribellione e prima della pasqua ebraica,
che sarebbe stata celebrata nel giorno di sabato.
  Conoscevano Giuda e la sua propensione al denaro, con lui si
accordarono per incontrare Gesù in un luogo isolato con la
scusa di un colloquio in privato con i sacerdoti. Giuda avrebbe
dovuto farlo riconoscere attraverso un bacio. Egli accettò il
denaro offerto e tra sé pensò che in questo modo Gesù
avrebbe avuto l’occasione di parlare e di chiarire le varie
divergenze, inoltre pensava che in caso di pericolo Gesù
avrebbe usato i suoi poteri per sparire se fosse stato
catturato, come già aveva fatto altre volte.
 
 GIOVEDI’ 14° giorno del mese Nisan 2 Aprile 33
Betania ( Casa della Nave ) ; Luna 99% (Vergine)
 
Come il Padre mi conosce, io conosco il Padre; per il mio gregge do la mia vita.
 
  «Un nuovo mattino. Così sereno! Così festoso! Non ci sono
più neppure le nuvole rare che ieri vagavano lentamente sul
cobalto del cielo. Non c'è neppure l'afa pesante che ieri era
gravosa tanto. Una brezza sottile alita sui volti. E sa di fiori,
sa di fieni, sa di aria pulita. E smuove lentamente le foglie
degli ulivi. sembra voglia far ammirare l'argenteo delle
fogliette lanceolate e spargere fiori, piccoli, candidi, odorosi,
sui passi di Cristo. Maria Valtorta».
La mattina del giovedì, giorno di Giove, Gesù chiama a sé
Pietro, Giovanni e Giacomo, indirizzandoli a Gerusalemme
dove, alla porta della fontana, troveranno un uomo con una
brocca in mano (simbolo del segno zodiacale dell’acquario), di
nome Nicodemo, che gli ospiterà per la cena Pasquale.
  L’iniziazione dell’Acquario rappresenta l’uomo che versa
l’umile acqua d’amore purificatrice.
  Giunti nella sala, Gesù prese un catino d’acqua e lavò i piedi
a tutti i 12 apostoli, poi li asciugò e soffiò su di loro dicendo: “
Possano questi piedi camminare nella giustizia, essi
rappresentano il vero simbolo della comprensione ”.
  Sul piano fisico, noi sappiamo che attraverso i piedi il corpo
umano si scarica continuamente dalle tossine, anche per
questa ragione Gesù e i suoi discepoli erano sempre a piedi
nudi nei sandali, è infatti un bene lavare i piedi e farli
respirare.
  Sul piano spirituale, il corpo umano è il riflesso dell’anima e i
piedi, la parte che è più in contatto con la vita materiale, la
più sollecitata.
  Anche l’anima deve essere purificata dalla corrente spirituale
che dirige la terra e che si chiama Cristo, Egli si trova già
nell’anima superiore, dobbiamo divenire puri come il Padre e
fare corpo con Lui, divenire Uno con Lui.
  Lavando i piedi, Gesù mostra un insegnamento d’amore che
ciascuno deve avere verso il suo prossimo, non dobbiamo
giudicare e, al contrario di vedere il male davanti a noi,
cercare di purificare e trovare il bene, constatarlo «quella
selva è tanto angosciosa che la morte lo è poco di più; ma
per parlare del bene che trovai in essa, parlerò di altre cose
che vi ho viste. Dante Alighieri».
Dirigiamo il nostro sguardo al risollevarsi dell’uomo e
aiutiamolo in questo, con l’unità, abbracciamolo d’amore.
  Noi dobbiamo essere umili e pieni d’amore fraterno, al fine di
diventare strumenti attraverso i quali lo spirito può agire in
favore dei nostri fratelli.
  Con la lavanda dei piedi, viene toccata anche la questione
sociale, affermando l’uguaglianza assoluta in tutto, vivente
sul piano dello spirito. Inoltre la legge di unità spirituale, che
può essere praticata attraverso l’umiltà. Sappiate essere umili
come il piccolo fiore dei boschi che, in mezzo ai ciuffi d’erba
dona il suo profumo a tutta la Creazione, senza domandare
altra cosa che un poco di luce e di sole per potersi elevare
verso l’Eterna espressione di Vita «tra tutti i fiori, il fiore
umano è quello che ha più bisogno di Sole. Jules Michelet».
  Essere cristiani non è solamente avere compreso attraverso
l’umiltà, la grande legge d’amore, è soprattutto saperla
mettere in pratica e viverla, poiché è solamente vivendola che
noi saremo felici.
Egli si indirizza alla moltitudine, cercando di donare fiducia e
coraggio e facendole comprendere che può raggiungere la
perfezione. Vuol far comprendere al popolo, che il divino è nei
cuori di ciascuno e che ogni Maestro non può essere più
grande di Dio nel cuore dell’uomo. È Dio solo che dobbiamo
ascoltare e prendere per Maestro.
La purificazione è la pulizia dell’anima, attraverso la
comprensione provata e solidamente radicata nell’uomo.
Questa esperienza è necessaria a tutte le anime umane che
dopo aver compreso, devono mostrare la capacità di vivere e
fare unicamente il bene, senza alcun interesse personale «Il
Signore, e soltanto il Signore, può lavare i piedi e purificare le
coscienze umane, perché a ciò è necessaria la forza della
redenzione, cioè la forza del sacrificio che trasforma l’uomo
dall’interno. A ciò è necessario il sigillo dell’Agnello di Dio,
impresso nel cuore dell’uomo come un bacio misterioso
dell’amore. Giovanni Paolo II».
  Durante la cena Gesù rivela chi a breve lo avrebbe tradito, il
quale si alza da tavola  allontanandosi e mentre esce viene
ripreso con le parole: “Fai velocemente quello che devi fare”.
  Segue la Comunione con il pane e il vino che rappresentano
il corpo e il sangue di Gesù, il pane della Vita e il sangue della
nuova alleanza. La cena con il pane e il succo d’uva era già
un’usanza degli esseni, la comunità che Gesù frequentava.
 
L’ULTIMA CENA DI GESÙ CON I SUOI
DISCEPOLI
 
La conversione sostanziale del pane e del vino nel suo corpo e nel suo
sangue pone dentro la creazione il principio di un cambiamento radicale,
come una sorta di « fissione nucleare », per usare un'immagine a noi oggi
ben nota, portata nel più intimo dell'essere, un cambiamento destinato a
suscitare un processo di trasformazione della realtà, il cui termine ultimo
sarà la trasfigurazione del mondo intero, fino a quella condizione in cui Dio
sarà tutto in tutti (cfr 1 Cor 15,28).
Benedetto XVI
 
dal Vangelo di Giovanni:
Capitolo 13
 
La lavanda dei piedi
 
   1 Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da
questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla
fine. 2 Mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda
Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo, 3 Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato
tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, 4 si alzò da tavola, depose
le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. 5 Poi versò dell’acqua nel
catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di
cui si era cinto. 6 Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: “Signore, tu lavi i
piedi a me? ”. 7 Rispose Gesù: “Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo
capirai dopo”. 8 Gli disse Simon Pietro: “Non mi laverai mai i piedi! ”. Gli rispose
Gesù: “Se non ti laverò, non avrai parte con me”. 9 Gli disse Simon Pietro: “Signore,
non solo i piedi, ma anche le mani e il capo! ”. 10 Soggiunse Gesù: “Chi ha fatto il
bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto mondo; e voi siete mondi,
ma non tutti”. 11 Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: “Non tutti siete
mondi”.
   12 Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse
loro: “Sapete ciò che vi ho fatto? 13 Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene,
perché lo sono. 14 Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche
voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. 15 Vi ho dato infatti l’esempio, perché come
ho fatto io, facciate anche voi. 16 In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande
del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato. 17 Sapendo queste
cose, sarete beati se le metterete in pratica. 18 Non parlo di tutti voi; io conosco quelli
che ho scelto; ma si deve adempiere la Scrittura: Colui che mangia il pane con me,
ha levato contro di me il suo calcagno. 19 Ve lo dico fin d’ora, prima che accada,
perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono. 20 In verità, in verità vi dico: Chi
accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi
ha mandato”.
 
Annunzio del tradimento di Giuda
 
   21 Dette queste cose, Gesù si commosse profondamente e dichiarò: “In verità, in
verità vi dico: uno di voi mi tradirà”. 22 I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non
sapendo di chi parlasse. 23 Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a
tavola al fianco di Gesù. 24 Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: “Dì, chi è colui
a cui si riferisce? ”. 25 Ed egli reclinandosi così sul petto di Gesù, gli disse: “Signore,
chi è? ”. 26 Rispose allora Gesù: “È colui per il quale intingerò un boccone e glielo
darò”. E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota, figlio di
Simone. 27 E allora, dopo quel boccone, satana entrò in lui. Gesù quindi gli disse:
“Quello che devi fare fallo al più presto”. 28 Nessuno dei commensali capì perché gli
aveva detto questo; 29 alcuni infatti pensavano che, tenendo Giuda la cassa, Gesù gli
avesse detto: “Compra quello che ci occorre per la festa”, oppure che dovesse dare
qualche cosa ai poveri. 30 Preso il boccone, egli subito uscì. Ed era notte.
 
L’addio
 
   31 Quand’egli fu uscito, Gesù disse: “Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e
anche Dio è stato glorificato in lui. 32 Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo
glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33 Figlioli, ancora per poco sono con
voi; voi mi cercherete, ma come ho già detto ai Giudei, lo dico ora anche a voi: dove
vado io voi non potete venire. 34 Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni
gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35 Da questo
tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri”.
   36 Simon Pietro gli dice: “Signore, dove vai? ”. Gli rispose Gesù: “Dove io vado
per ora tu non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi”. 37 Pietro disse: “Signore, perché
non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te! ”. 38 Rispose Gesù: “Darai la tua vita
per me? In verità, in verità ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia
rinnegato tre volte”.
 
Capitolo 14
 
   1 “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in
me. 2 Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l’avrei detto. Io vado a
prepararvi un posto; 3 quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi
prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. 4 E del luogo dove io vado,
voi conoscete la via”.
   5 Gli disse Tommaso: “Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere
la via? ”. 6 Gli disse Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre
se non per mezzo di me. 7 Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo
conoscete e lo avete veduto”. 8 Gli disse Filippo: “Signore, mostraci il Padre e ci
basta”. 9 Gli rispose Gesù: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto,
Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? 10 Non
credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico
da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. 11 Credetemi: io sono nel Padre
e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse.
   12 In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio
e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre. 13 Qualunque cosa chiederete nel
nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14 Se mi chiederete
qualche cosa nel mio nome, io la farò.
   15 Se mi amate, osserverete i miei comandamenti. 16 Io pregherò il Padre ed egli vi
darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, 17 lo Spirito di verità
che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo
conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi. 18 Non vi lascerò orfani,
ritornerò da voi. 19 Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi
vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20 In quel giorno voi saprete che io sono nel
Padre e voi in me e io in voi. 21 Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi
mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a
lui”.
   22 Gli disse Giuda, non l’Iscariota: “Signore, come è accaduto che devi manifestarti
a noi e non al mondo? ”. 23 Gli rispose Gesù: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola
e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.  24 Chi
non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del
Padre che mi ha mandato.
   25 Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. 26 Ma il Consolatore, lo Spirito
Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà
tutto ciò che io vi ho detto. 27 Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dá il
mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. 28 Avete
udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado
dal Padre, perché il Padre è più grande di me. 29 Ve l’ho detto adesso, prima che
avvenga, perché quando avverrà, voi crediate. 30 Non parlerò più a lungo con voi,
perché viene il principe del mondo; egli non ha nessun potere su di me, 31 ma bisogna
che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha
comandato. Alzatevi, andiamo via di qui”.
 
Capitolo 15
 
La vera vite
 
   1 “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. 2 Ogni tralcio che in me non
porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più
frutto. 3 Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. 4 Rimanete in me e io
in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così
anche voi se non rimanete in me. 5 Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io
in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6 Chi non rimane in
me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel
fuoco e lo bruciano. 7 Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete
quel che volete e vi sarà dato. 8 In questo è glorificato il Padre mio: che portiate
molto frutto e diventiate miei discepoli. 9 Come il Padre ha amato me, così anch’io
ho amato voi. Rimanete nel mio amore. 10 Se osserverete i miei comandamenti,
rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e
rimango nel suo amore. 11 Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra
gioia sia piena.
   12 Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho
amati. 13 Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri
amici. 14 Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. 15 Non vi chiamo più
servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici,
perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi. 16 Non voi avete
scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il
vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve
lo conceda. 17 Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri.
 
I discepoli e il mondo
 
   18 Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. 19 Se foste del
mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io
vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia. 20 Ricordatevi della parola che vi
ho detto: Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me,
perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la
vostra. 21 Ma tutto questo vi faranno a causa del mio nome, perché non conoscono
colui che mi ha mandato. 22 Se non fossi venuto e non avessi parlato loro, non
avrebbero alcun peccato; ma ora non hanno scusa per il loro peccato. 23 Chi odia me,
odia anche il Padre mio. 24 Se non avessi fatto in mezzo a loro opere che nessun altro
mai ha fatto, non avrebbero alcun peccato; ora invece hanno visto e hanno odiato me
e il Padre mio. 25 Questo perché si adempisse la parola scritta nella loro Legge: Mi
hanno odiato senza ragione.
   26 Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che
procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; 27 e anche voi mi renderete
testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio.
 
Capitolo 16
 
   1 Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. 2 Vi scacceranno dalle
sinagoghe; anzi, verrà l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a
Dio. 3 E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. 4 Ma io vi ho
detto queste cose perché, quando giungerà la loro ora, ricordiate che ve ne ho
parlato.
 
La venuta del Paraclito
 
   Non ve le ho dette dal principio, perché ero con voi.
   5 Ora però vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: Dove
vai? 6 Anzi, perché vi ho detto queste cose, la tristezza ha riempito il vostro
cuore. 7 Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me
ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo
manderò. 8 E quando sarà venuto, egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla
giustizia e al giudizio. 9 Quanto al peccato, perché non credono in me; 10 quanto alla
giustizia, perché vado dal Padre e non mi vedrete più; 11 quanto al giudizio, perché il
principe di questo mondo è stato giudicato.
   12 Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il
peso. 13 Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera,
perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose
future. 14 Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà. 15 Tutto
quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve
l’annunzierà.
 
L’annunzio di un pronto ritorno
 
   16 Ancora un poco e non mi vedrete; un pò ancora e mi vedrete”. 17 Dissero allora
alcuni dei suoi discepoli tra loro: “Che cos’è questo che ci dice: Ancora un poco e
non mi vedrete, e un pò ancora e mi vedrete, e questo: Perché vado al Padre?
”. 18 Dicevano perciò: “Che cos’è mai questo “un poco” di cui parla? Non
comprendiamo quello che vuol dire”. 19 Gesù capì che volevano interrogarlo e disse
loro: “Andate indagando tra voi perché ho detto: Ancora un poco e non mi vedrete e
un pò ancora e mi vedrete? 20 In verità, in verità vi dico: voi piangerete e vi
rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si
cambierà in gioia.
   21 La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha
dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’afflizione per la gioia che è venuto
al mondo un uomo. 22 Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo
e il vostro cuore si rallegrerà e 23 nessuno vi potrà togliere la vostra gioia. In quel
giorno non mi domanderete più nulla.
   In verità, in verità vi dico: Se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli
ve la darà. 24 Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete,
perché la vostra gioia sia piena.
   25 Queste cose vi ho dette in similitudini; ma verrà l’ora in cui non vi parlerò più in
similitudini, ma apertamente vi parlerò del Padre. 26 In quel giorno chiederete nel mio
nome e io non vi dico che pregherò il Padre per voi: 27 il Padre stesso vi ama, poiché
voi mi avete amato, e avete creduto che io sono venuto da Dio. 28 Sono uscito dal
Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al Padre”. 29 Gli
dicono i suoi discepoli: “Ecco, adesso parli chiaramente e non fai più uso di
similitudini. 30 Ora conosciamo che sai tutto e non hai bisogno che alcuno
t’interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio”. 31 Rispose loro Gesù:
“Adesso credete? 32 Ecco, verrà l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete
ciascuno per conto proprio e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre
è con me.
   33 Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel
mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo! ”.
 
Capitolo 17
 
La preghiera di Gesù
 
   1 Così parlò Gesù. Quindi, alzati gli occhi al cielo, disse: “Padre, è giunta l’ora,
glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te. 2 Poiché tu gli hai dato potere
sopra ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai
dato. 3 Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai
mandato, Gesù Cristo. 4 Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l’opera che mi
hai dato da fare. 5 E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo
presso di te prima che il mondo fosse.
   6 Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi
e li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola. 7 Ora essi sanno che tutte le
cose che mi hai dato vengono da te, 8 perché le parole che hai dato a me io le ho date
a loro; essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto
che tu mi hai mandato. 9 Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro
che mi hai dato, perché sono tuoi. 10 Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue
sono mie, e io sono glorificato in loro. 11 Io non sono più nel mondo; essi invece sono
nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai
dato, perché siano una cosa sola, come noi.
   12 Quand’ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho
custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si
adempisse la Scrittura. 13 Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora
nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. 14 Io ho dato a loro
la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non
sono del mondo.
   15 Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. 16 Essi
non sono del mondo, come io non sono del mondo. 17 Consacrali nella verità. La tua
parola è verità. 18 Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel
mondo; 19 per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella
verità.
   20 Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno
in me; 21 perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano
anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
   22 E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano come noi una
cosa sola. 23 Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo sappia
che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me.
   24 Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché
contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della
creazione del mondo.
   25 Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; questi sanno
che tu mi hai mandato. 26 E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere,
perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro”.
 
L’EUCARISTIA
 
Per Cristo, con Cristo e in Cristo,
a te, Dio Padre Onnipotente
nell’unità dello Spirito Santo
ogni onore e gloria,
per tutti i secoli dei secoli
Amen
 
***
 
Istituendo il sacramento dell'Eucaristia, Gesù anticipa ed implica il
Sacrificio della croce e la vittoria della risurrezione. Al tempo stesso, Egli si
rivela come il vero agnello immolato, previsto nel disegno del Padre fin dalla
fondazione del mondo, come si legge nella Prima Lettera di Pietro (cfr 1,18-
20). Collocando in questo contesto il suo dono, Gesù manifesta il senso
salvifico della sua morte e risurrezione, mistero che diviene realtà
rinnovatrice della storia e del cosmo intero. L'istituzione dell'Eucaristia
mostra, infatti, come quella morte, di per sé violenta ed assurda, sia
diventata in Gesù supremo atto di amore e definitiva liberazione dell'umanità
dal male.
Benedetto XVI
 

EUCARISTIA
 
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Luminosa e vivificante Fonte di Salvezza, Sorgente
della Grazia, magnifico Dono d’Amore, così immenso
da annullare tempo e distanza, nutrimento Divino,
Pane degli Angeli, Tesoro inestimabile, Forza
generatrice di Unità, il Cuore del mondo in Cristo
diviene Uno e con Maria si veste di Bellezza, di
feconda Bontà e di eterna Dolcezza.
 
Sacrificio immanente che supera l’Anima e veicola
l’Io versato per Voi oltre i confini del corpo,
preparandolo ad unirsi completamente alla Luce dello
Spirito così da portarsi in alto alla destra di Dio.
 
In merito alla transustanziazione riporto alcune
essenziali e importanti riflessioni di Giovanni Paolo
II: Colui che si nutre di Cristo nell'Eucaristia non deve
attendere l'aldilà per ricevere la vita eterna: la
possiede già sulla terra, come primizia della pienezza
futura, che riguarderà l'uomo nella sua totalità.
Nell'Eucaristia riceviamo infatti anche la garanzia
della risurrezione corporea alla fine del mondo: « Chi
mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita
eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno »
(Gv 6,54). Questa garanzia della futura risurrezione
proviene dal fatto che la carne del Figlio dell'uomo,
data in cibo, è il suo corpo nello stato glorioso di
risorto. Con l'Eucaristia si assimila, per così dire, il
“segreto” della risurrezione. Perciò giustamente
sant'Ignazio d'Antiochia definiva il Pane eucaristico
« farmaco di immortalità, antidoto contro la morte ».
L'Eucaristia è davvero uno squarcio di cielo che si
apre sulla terra. È un raggio di gloria della
Gerusalemme celeste, che penetra le nubi della nostra
storia e getta luce sul nostro cammino.
 
Nell'Eucaristia ti sei fatto "farmaco d'immortalità":
dacci il gusto di una vita piena, che ci faccia
camminare su questa terra come pellegrini fiduciosi e
gioiosi, guardando sempre al traguardo della vita che
non ha fine.
 
Davvero, nell'Eucaristia, ci mostra un amore che va
fino « all'estremo » (cfr Gv 13, 1), un amore che non
conosce misura. 
 
Mysterium fidei! Se l'Eucaristia è mistero di fede, che
supera tanto il nostro intelletto da obbligarci al più
puro abbandono alla parola di Dio, nessuno come
Maria può esserci di sostegno e di guida in simile
atteggiamento. Il nostro ripetere il gesto di Cristo
nell'Ultima Cena in adempimento del suo mandato:
« Fate questo in memoria di me! » diventa al tempo
stesso accoglimento dell'invito di Maria ad obbedirgli
senza esitazione: « Fate quello che vi dirà » (Gv 2,5).
Con la premura materna testimoniata alle nozze di
Cana, Maria sembra dirci: « Non abbiate
tentennamenti, fidatevi della parola di mio Figlio.
Egli, che fu capace di cambiare l'acqua in vino, è
ugualmente capace di fare del pane e del vino il suo
corpo e il suo sangue, consegnando in questo mistero
ai credenti la memoria viva della sua Pasqua, per farsi
in tal modo “pane di vita” ».
 
Mettiamoci, miei carissimi fratelli e sorelle, alla
scuola dei Santi, grandi interpreti della vera pietà
eucaristica. In loro la teologia dell'Eucaristia acquista
tutto lo splendore del vissuto, ci « contagia » e, per
così dire, ci « riscalda ». Mettiamoci soprattutto in
ascolto di Maria Santissima, nella quale il Mistero
eucaristico appare, più che in ogni altro, come mistero
di luce. Guardando a lei conosciamo la forza
trasformante che l'Eucaristia possiede. In lei vediamo
il mondo rinnovato nell'amore. Contemplandola
assunta in Cielo in anima e corpo, vediamo uno
squarcio dei « cieli nuovi » e della « terra nuova » che
si apriranno ai nostri occhi con la seconda venuta di
Cristo. Di essi l'Eucaristia costituisce qui in terra il
pegno e, in qualche modo, l'anticipazione: « Veni,
Domine Iesu! » (Ap 22,20).
 
Nell'umile segno del pane e del vino, transustanziati
nel suo corpo e nel suo sangue, Cristo cammina con
noi, quale nostra forza e nostro viatico, e ci rende per
tutti testimoni di speranza. Se di fronte a questo
Mistero la ragione sperimenta i suoi limiti, il cuore
illuminato dalla grazia dello Spirito Santo intuisce
bene come atteggiarsi, inabissandosi nell'adorazione e
in un amore senza limiti.
 
La Chiesa ha ricevuto l'Eucaristia da Cristo suo
Signore non come un dono, pur prezioso fra tanti altri,
ma come il dono per eccellenza, perché dono di se
stesso, della sua persona nella sua santa umanità,
nonché della sua opera di salvezza. Questa non rimane
confinata nel passato, giacché « tutto ciò che Cristo è,
tutto ciò che ha compiuto e sofferto per tutti gli
uomini, partecipa dell'eternità divina e perciò
abbraccia tutti i tempi ».
 
Quando la Chiesa celebra l'Eucaristia, memoriale
della morte e risurrezione del suo Signore, questo
evento centrale di salvezza è reso realmente presente e
« si effettua l'opera della nostra redenzione ». Questo
sacrificio è talmente decisivo per la salvezza del
genere umano che Gesù Cristo l'ha compiuto ed è
tornato al Padre soltanto dopo averci lasciato il mezzo
per parteciparvi come se vi fossimo stati presenti.
Ogni fedele può così prendervi parte e attingerne i
frutti inesauribilmente. Questa è la fede, di cui le
generazioni cristiane hanno vissuto lungo i secoli.
Questa fede il Magistero della Chiesa ha
continuamente ribadito con gioiosa gratitudine per
l'inestimabile dono. Desidero ancora una volta
richiamare questa verità, ponendomi con voi, miei
carissimi fratelli e sorelle, in adorazione davanti a
questo Mistero: Mistero grande, Mistero di
misericordia. Che cosa Gesù poteva fare di più per
noi? Davvero, nell'Eucaristia, ci mostra un amore che
va fino « all'estremo » (cfr Gv 13, 1), un amore che
non conosce misura. 
 
«Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della
terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti
e le hai rivelate ai piccoli (...) Nessuno sa chi è il
Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio
e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Lc 10, 21-
22). Queste parole del Vangelo di San Luca,
introducendoci nell'intimo del mistero di Cristo, ci
consentono di accostarci anche al mistero
dell'Eucaristia. In essa il Figlio consostanziale al
Padre, Colui che soltanto il Padre conosce, Gli offre in
sacrificio se stesso per l'umanità e per l'intera
creazione. Nell'Eucaristia Cristo restituisce al Padre
tutto ciò che da Lui proviene. Si realizza così un
profondo mistero di giustizia della creatura verso il
Creatore. Bisogna che l'uomo renda onore al Creatore
offrendo, con atto di ringraziamento e di lode, tutto
ciò che da Lui ha ricevuto. L'uomo non può smarrire
il senso di questo debito, che egli soltanto, tra tutte le
altre realtà terrestri, può riconoscere e saldare come
creatura fatta a immagine e somiglianza di Dio. Nello
stesso tempo, dati i suoi limiti di creatura e il peccato
che lo segna, l'uomo non sarebbe capace di compiere
questo atto di giustizia verso il Creatore, se Cristo
stesso, Figlio consostanziale al Padre e vero uomo,
non intraprendesse questa iniziativa eucaristica.
 
Il sacerdozio, fin dalle sue radici, è il sacerdozio di
Cristo. E Lui che offre a Dio Padre il sacrificio di se
stesso, della sua carne e del suo sangue, e con il suo
sacrificio giustifica agli occhi del Padre tutta l'umanità
e indirettamente tutto il creato. Il sacerdote,
celebrando ogni giorno l'Eucaristia, scende nel cuore
di questo mistero. Per questo la celebrazione
dell'Eucaristia non può non essere, per lui, il momento
più importante della giornata, il centro della sua vita.
 
 
 
dal Vangelo di Matteo:
Capitolo 26
 
   26 Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo
spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: “Prendete e mangiate; questo è il mio
corpo”. 27 Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo:
“Bevetene tutti, 28 perché questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in
remissione dei peccati. 29 Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite
fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio”.
 
dal Vangelo di Marco:
Capitolo 14
 
Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo
22 

diede loro, dicendo: “Prendete, questo è il mio corpo”. 23 Poi prese il calice e rese
grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24 E disse: “Questo è il mio sangue, il sangue
dell’alleanza versato per molti. 25 In verità vi dico che io non berrò più del frutto della
vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio”.
 
dal Vangelo di Luca:
Capitolo 22
 
14 Quando fu l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, 15 e disse: “Ho
desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia
passione, 16 poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno
di Dio”. 17 E preso un calice, rese grazie e disse: “Prendetelo e distribuitelo tra
voi, 18 poiché vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché
non venga il regno di Dio”.
19  Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Questo è il mio

corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me”. 20 Allo stesso modo dopo
aver cenato, prese il calice dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio
sangue, che viene versato per voi”.
 
 

L’ultima Cena rappresenta un grande insegnamento, occorre


rimarcare almeno tre fatti:
1)                L’azione di rendere grazie, insegnato nell’eucaristia.
Spesso abbiamo radicata l’idea che tutto ciò che possediamo,
che ci appartiene, lo dobbiamo a noi stessi. Occorre invece
molta riconoscenza per tutto quello che si trova sulla terra
«ogni istante della nostra esistenza è il frutto del lavoro di
molte persone, e di quello silenzioso ed instancabile della
natura infinita. Carlo Guglielmo»; «l’eucaristia è sempre
celebrata sull’altare del mondo. Essa unisce il cielo e la terra.
Comprende e pervade tutto il creato. Giovanni Paolo II».
2)                Il Corpo e il Sangue: il corpo è qualcosa di
essenziale e va inteso come Corpo del Suo Insegnamento, il
pane essenziale della vita, alimento indispensabile per il
sostentamento del corpo umano. Il pane di vita è
l’insegnamento che egli apporta per la vita dell’anima.
Mangiare il pane della vita significa assimilare e mettere in
pratica il suo insegnamento, compiere la sua volontà. Il
sangue, strumento dell’io, è il sangue dell’alleanza cristiana,
consistente in amore circolante nelle vene fino a divenire vita
manifesta, attraverso il dono di sé al servizio degli altri. Colui
che assimila l’insegnamento cristico, come assimila il pane
che mangia o il vino che beve, riceve la semenza di una
nuova vita. Una nuova nascita si stabilisce in lui, un legame
spirituale indissolubile l’unisce al Padre attraverso questo
nutrimento cristico. L’essenza del Cristo si risveglia ed egli
può compiere la volontà e le opere del Padre e manifestare
l’amore puro verso tutte le creature.
3)                Distribuire il pane: significa donare al prossimo,
distribuire tutto nel tutto. Si può fare la carità anche con un
dolce sorriso che è un tesoro, un cuore aperto sul Sole e
sull’Amore; oppure elargendo una buona parola,
incoraggiando; donare realmente, coscientemente e sempre,
oltre ai soldi, una parte di voi stessi, del vostro cuore, della
vostra anima. Ecco la comunione che vuol dire “unione con” o
più precisamente “come uno”. L’insegnamento di Gesù: “siate
uno, come Io e mio Padre siamo uno”, la grande legge di
unità e d’amore. Identificandosi si diventa parte del fenomeno
stesso. “Siate uno”, noi possiamo realizzare questo con
l’amore. Impariamo così a rendere grazie, a nutrirci del suo
insegnamento e infine a donare. Questo è amore puro, amore
totale di tutto l’essere, Amore Creatore «il creatore d’ogni
cosa, l’Amore, è pure l’onnipotente riparatore d’ogni cosa.
Jules Michelet». Mediante l’Amore si trasforma il mondo.
  All’uscita dalla sala, una guardia romana annunciò a Gesù di
seguirlo da Pilato per un colloquio.
  Pilato infatti lo voleva proteggere e difendere dall’imminente
cattura, così lo invita alla fuga immediata in quanto la folla
incitata dai sacerdoti lo vuole catturare, ma egli non accetta
la protezione delle guardie di Pilato e si volatilizza
raggiungendo i 12 al ruscello di Cedron.
Al di là del ruscello vi era un frutteto caro a Gesù, con una
collinetta sacra, chiamata Getsemani il cui nome significa
“torchio d’olio” poiché era circondata da ulivi.
 
_______L’agonia nel Getsemani_______
 
  L’ora delle tenebre sta per iniziare.
La notte è fredda e tenebrosa, il cielo è variopinto di nubi,
dalle quali spunta, coperta a tratti, la luna, ormai quasi piena,
fulgida e luminosa, ce lo conferma più volte Maria Valtorta
che insiste su questo punto come non mai: dal lato d’oriente,
vi è ancora oscurità, un’oscurità perfetta, mentre dall’altro
lato la luna comincia a fare bianco il sommo delle case che
sono tutte chiuse e buie come case abbandonate, ecco che il
latteo argenteo della luna scende a far belli anche i ciottoli e
la terra; nel frutteto vi era più oscurità, superata dalla mobile
luce rossastra delle torce; così Gesù disse di sostare al
ruscello e andò con Pietro, Giovanni e Giacomo
(rappresentanti della Trinità) al Getsemani. 
Pietro è legato alla figura del Padre Celeste - Potere – Tempo
- Verità.
Giovanni è legato alla figura del Figlio – Cristo – Amore -
Bellezza.
Giacomo è legato alla figura  dello Spirito Santo – Madre
Natura – Pensiero - Bontà.
Gesù istruisce i tre sui Misteri della Vita, poi chiede a loro di
rimanere svegli e se ne va solo nell’oscurità.
  Gesù prosegue sino ad un grosso masso. Proprio sopra al
grosso sasso si spenzola un ulivo tutto nodoso e contorto.
Pare un bizzarro punto interrogativo messo dalla natura a
chiedere qualche perché. I rami folti sulla cima danno risposta
alla domanda del tronco, dicendo ora di sì col piegarsi verso
terra, ora di no dimenandosi da destra a manca, sotto un
vento lieve che passa a ondate fra le fronde e che a volte sa
soltanto di terra, a volte di quell'odore amarognolo dell'ulivo,
alle volte di un misto profumo di rose e mughetti che non si
sa da dove possa venire. Oltre il sentieruolo, in basso, sono
altri ulivi, ed uno, proprio sotto al masso, fenduto da qualche
fulmine eppure sopravvissuto, o scosciato per non so che
causa, ha del tronco iniziale fatto due tronchi che salgono
come le due aste di un grande V in stampatello, e le due
chiome si affacciano al di qua e al di là del masso, come
volessero vedere e velare nello stesso tempo, o fare ad esso
una base di un grigio argento tutto pace.
  Gesù si ferma lì. Non guarda la città che appare là in basso,
tutta bianca nella luce lunare. Anzi le volge le spalle e prega a
braccia aperte a croce, col volto alzato verso il Cielo. Egli è
nell'ombra, avendo la luna quasi a perpendicolo sul capo, è
vero, ma anche la folta ramaglia dell'ulivo fra Lui e la luna,
che appena filtra fra foglia e foglia con occhiellini ed aghi di
luce in perpetuo movimento.
  Una lunga, ardente Preghiera. Ogni tanto ha un sospiro e
qualche parola più netta. È una preghiera fatta dallo sgorgare
del suo amore e del suo bisogno. Un vero discorso fatto al
Padre suo. «Tu lo sai... Sono il tuo Figlio... Tutto, ma
aiutami... L'ora è venuta... Io non sono più della Terra. Padre
mio. Non per Me. Per l'uomo, che è tua creazione e che volle
rendere fango anche la sua anima. Io getto nel mio dolore e
nel mio Sangue questo fango, perché torni l'incorruttibile
essenza dello spirito a Te gradito... Ed è dovunque. Egli è il re
questa sera. Nella reggia e nelle case. Fra le milizie e nel
Tempio... La città ne è colma, e domani sarà un inferno...».
  Gesù si volge, si appoggia con la schiena al masso e incrocia
le braccia. Guarda Gerusalemme. Il viso di Gesù si fa sempre
più mesto. Mormora: «Pare di neve... ed è tutta un peccato.
Anche in essa quanti ho guarito! Quanto ho parlato!... Dove
sono quelli che mi parevano fedeli?»...
  Gesù curva il capo e guarda fisso il terreno coperto di una
erbetta corta e lucida di rugiada. Ma, per quanto abbia il capo
chino, comprendo che piange, perché delle gocce lucono nel
cadere dal volto al suolo. Poi alza il capo, disserra le braccia,
le congiunge tenendole al disopra del capo e agitandole così
unite.
  Poi si incammina. Torna verso i tre apostoli seduti intorno al
loro fuocherello di sterpi. E li trova mezzo addormentati.
Pietro si è addossato ad un tronco con le spalle e, con le
braccia conserte sul petto, ciondola con la testa nelle prime
caligini di un robusto sonno. Giacomo è seduto, con il fratello,
su un radicene che affiora e sul quale hanno messo i mantelli
per sentirne meno le gobbe, ma, nonostante siano scomodi
più di Pietro, sono anche loro sonnecchianti. Giacomo ha
abbandonato la testa sulla spalla di Giovanni e questo ha
piegato la sua su quella del fratello, come se il dormiveglia li
avesse immobilizzati in quella posa.
«Dormite? Non avete saputo vegliare un'ora sola? Ed Io ho
tanto bisogno del vostro conforto e delle vostre preghiere!».
I tre sobbalzano confusi. Si sfregano gli occhi. Mormorano
una scusa, accusando lo sforzo del digerire come causa prima
di questo loro sonnecchiare: «È il vino... il cibo... Ma ora
passa. Un momento è stato. Non avevamo voglia di parlare e
questo ci ha portati al sonno. Ma ora pregheremo a voce alta
e non succederà più».
«Sì. Pregate e vigilate. Anche per voi ne avete bisogno».
«Sì, Maestro. Ti ubbidiremo».
  Gesù torna via. La luna che gli batte in volto, così forte nel
suo chiarore d'argento che rende sempre più pallida la veste
rossa come la velasse di una polvere bianco lucente, mi fa
vedere il suo volto sconfortato, addolorato, invecchiato. Lo
sguardo è sempre dilatato, ma pare appannato. La bocca ha
una piega di stanchezza.
  Torna al suo masso ancor più lento e curvo. Si inginocchia
appoggiando le braccia al masso, che non è liscio ma a mezza
altezza ha come un seno, quasi fosse stato lavorato apposta
così, e su questo breve seno è nata una pianticina, che mi
pare di quei fioretti simili a piccoli gigli, dalle fogliette piccole,
tonde ma dentellate agli orli e polpute e i fiorellini minuti sugli
esilissimi steli. Sembrano piccoli fiocchi nevosi spruzzanti il
grigio del masso e le fogliette verde scuro. Gesù appoggia le
mani lì presso e i fiorellini gli vellicano la guancia, perché Egli
appoggia il capo sulle mani giunte e prega. Dopo un poco
sente il fresco delle piccole corolle, alza il capo. Le guarda. Le
carezza. Parla loro: «Voi siete pure!... Voi mi date ristoro!
C'erano anche nella grotticella della Mamma questi fiorellini...
e Lei li amava perché diceva: "Quando ero piccina, diceva mio
padre: 'Tu sei un giglio così piccino e tutto pieno di rugiada
celeste'"... La Mamma! Oh! Mamma mia!». Ha uno scoppio di
pianto. Col capo sulle mani congiunte, ricaduto un poco sui
calcagni, lo vedo e l'odo piangere, mentre le mani stringono
le dita e le tormentano l'una all'altra. Sento che dice: «Anche
a Betlemme... e te li ho portati, Mamma. Ma questi, chi te li
porterà più?...».
  Poi riprende a pregare e a meditare. Deve essere ben triste
la sua meditazione, angosciosa più che triste, perché per
sfuggirla Egli si alza, va avanti e indietro, alzando il volto,
abbassandolo, gestendo, passandosi sugli occhi, sulle gote,
sui capelli, le mani con mosse macchinali e agitate, proprie di
chi è in grande angoscia. Dirlo non è niente. Descriverlo è
impossibile. Vederlo è andare nella sua angoscia. Gestisce
verso Gerusalemme. Poi torna ad alzare le braccia verso il
cielo come per invocare aiuto.
  Si leva il mantello come avesse caldo. Lo guarda... Ma che
vede? I suoi occhi non guardano altro che la sua tortura, e
tutto serve a questa tortura, ad aumentarla. Anche il mantello
tessuto dalla Madre. Lo bacia e dice: «Perdono, Mamma!
Perdono!». Pare lo chieda alla stoffa filata e tessuta
dall'amore di mamma... Se lo rimette. È in uno strazio. Vuole
pregare per superarlo. Ma con la preghiera tornano i ricordi,
le apprensioni, i dubbi, i rimpianti... È una valanga di nomi...
città... persone... fatti... È la sua vita evangelica che gli sfila
davanti... e gli riporta Giuda traditore.
  È tanto l'affanno che urla, per vincerlo, il nome di Pietro e
Giovanni. E dice: «Ora verranno. Sono ben fedeli loro!». Ma
"loro" non vengono. Chiama di nuovo. Pare terrorizzato come
vedesse chissà che.
  Fugge veloce verso il luogo dove è Pietro e i due fratelli. E li
trova più comodamente e pesantemente addormentati
intorno a poche braci che, ormai morenti, hanno solo dei zig e
zag di rosso fra il grigio della cenere.
«Pietro! Vi ho chiamati tre volte! Ma che fate? Dormite
ancora? Ma non sentite quanto soffro? Pregate. Che la carne
non vinca, non vi vinca. In nessuno. Se lo spirito è pronto, la
carne è debole. Aiutatemi...».
  I tre sono più lenti a svegliarsi. Ma infine lo fanno e, con
occhi imbambolati, si scusano. Si alzano, prima mettendosi
seduti, poi mettendosi proprio ritti.
«Ma guarda!», mormora Pietro. «Non ci è mai accaduto! Deve
essere proprio stato quel vino. Era forte. E anche questo
fresco. Ci si è coperti per non sentirlo (infatti si erano coperti
coi mantelli anche sul capo) e non si è più visto il fuoco, non
si è avuto più freddo, ed ecco che il sonno è venuto. Dici che
hai chiamato? Eppure non mi pareva di dormire tanto forte...
Su, Giovanni, cerchiamo dei rametti, muoviamoci. Ci passerà.
Sta' sicuro, Maestro, che ora poi!... Resteremo in piedi...», e
getta una manata di fogliette secche sulle braci, e soffia
finché la fiamma risuscita, e la alimenta con i rami di rovo
portati da Giovanni, mentre Giacomo porta un grosso ramo di
ginepro, o simile pianta, che ha tagliato da un macchione
poco discosto, e lo unisce al resto.
  La fiamma si alza alta e gioconda illuminando il povero viso
di Gesù. Un viso veramente di una tristezza che non si può
guardare senza piangere. Ogni fulgore di quel volto è
annullato in una stanchezza mortale. Dice: «Sono in
un'angoscia che mi uccide! Oh! sì! L'anima mia è triste sino a
morirne. Amici!... Amici! Amici!». Ma, se anche così non
dicesse, il suo aspetto direbbe che Egli è proprio come uno
che muore, e nel più angoscioso e desolato abbandono. Pare
che ogni parola sia un singhiozzo...
  Ma i tre sono troppo carichi di sonno. Sembrano quasi ebbri
tanto vanno traballando ad occhi semichiusi... Gesù li
guarda... Non li mortifica con rimproveri. Scuote il capo,
sospira e torna via. Al posto di prima.
  Prega di nuovo in piedi, con le braccia in croce. Poi in
ginocchio come prima, col volto curvo sui piccoli fiori. Pensa.
Tace... Poi si da a gemere e singhiozzare forte, quasi
prostrato tanto è rilassato sui calcagni.
Nei momenti più difficili non ha nessuno con lui.
  Gli altri dormono.
  Gli altri, è l’Umanità che, al posto di accettare
l’insegnamento d’Amore che l’Uno gli apporta, dormono nella
letargia della materia, senza sapere ancora liberare il proprio
Spirito.
  L’umanità sembra veramente in letargo, assopita nelle
brame della materia.
  Egli è solo con la coscienza di vita, vede tutte le sofferenze
che dovrà subire a causa dell’incomprensione degli uomini.
Vede la condanna, il martirio, la salita al calvario, la lunga
agonia, la morte, la sofferenza di sua Madre e dei suoi
Fratelli. Vede le sofferenze di tutta l’Umanità, come
conseguenza dell’incomprensione. Globuli di sudore e sangue
scendono dalla fronte sulla terra. Chiama il Padre. Sempre più
affannosamente... «Oh!», dice. «È troppo amaro questo
calice! Non posso! Non posso! È al di sopra di quanto Io
posso. Tutto ho potuto! Ma non questo... Allontanalo, Padre,
dal tuo Figlio! Pietà di Me!... Che ho fatto per meritarlo?».
  Davanti a tutto questo male che lo sommerge, Egli si
prosterna con il viso a terra, la personalità esce: “Padre
allontana questo calice amaro”.
  Il Figlio dell’Uomo non avrebbe voluto questo. Ma dopo
breve tempo il Figlio di Dio dice: “che la Tua volontà sia fatta
e non la mia”, la coscienza cristica parla. Gesù accetta il
sublime sacrificio della sua personalità, della sua morte
corporale per compiere la volontà del Padre. Diventa uno con
Dio, e unito non può morire, diventa parte dell’Eterno. Poi si
riprende e dice: «Però, Padre mio, non ascoltare la mia voce
se essa chiede ciò che è contrario alla tua volontà. Non
ricordarti che ti sono Figlio, ma solo servo tuo. Non la mia,
ma la tua volontà sia fatta».
  Rimane così qualche tempo. Poi ha un grido soffocato e alza
un viso sconvolto. Un attimo solo, poi piomba al suolo,
proprio volto a terra, e resta così. Uno straccio d'uomo su cui
preme tutto il peccato del mondo, su cui si abbatte tutta la
Giustizia del Padre, su cui scende la tenebra, la cenere, il
fiele, quella tremenda, tremenda, tremendissima cosa che è
l'abbandono di Dio mentre Satana ci tortura... È l'asfissia
dell'anima, è l'essere sepolti vivi in questa carcere che è il
mondo, quando non si può più sentire che fra noi e Dio vi è
un legame, è l'essere incatenati, imbavagliati, lapidati dalle
nostre preghiere stesse che ci ricadono addosso irte di punte
e sparse di fuoco, è il dare di cozzo contro un Cielo chiuso in
cui non penetrano né voce né sguardi della nostra angoscia, è
l'essere "orfani di Dio", è la pazzia, l'agonia, il dubbio
d'essersi sino allora ingannati, è la persuasione di essere
scacciati da Dio, di esser dannati. È l'inferno !...
  Gesù geme, fra rantoli e sospiri proprio d'agonia: «Niente!...
Niente!... Via!... La volontà del Padre! Quella! Quella sola!...
La tua volontà, Padre. La tua, non la mia... Inutile. Non ho
che un Signore: Iddio santissimo. Una legge: l'ubbidienza. Un
amore: la redenzione... No. Non ho più Madre. Non ho più
vita. Non ho più divinità. Non ho più missione. Inutilmente mi
tenti, demonio, con la Madre, la vita, la mia divinità, la mia
missione. Ho per madre l'Umanità e l'amo sino a morire per
lei. La vita la rendo a Chi me l'ha data e me la chiede,
supremo Padrone di ogni vivente. La divinità l'affermo
essendo capace di questa espiazione. La missione la compio
con la mia morte. Nulla ho più. Fuorché fare la volontà del
Signore, mio Dio. Va' indietro, Satana! L'ho detto la prima e
la seconda volta. Lo ridico per la terza: "Padre, se è possibile
passi da Me questo calice. Ma però non la mia, la tua Volontà
sia fatta". Va' indietro, Satana. Io sono di Dio».
 Vede tutte le sofferenze future ed è raggiunto dallo
sconforto, il lato umano esce, cade a terra e sente di non
farcela, la tensione è fortissima, la fronte è bagnata di sudore
e sangue (un fenomeno fisiologico chiamato ematidrosi).
  Soffre per i dolori passati e futuri di tutti, per il Calvario dei
Suoi Fratelli, gli Uomini.
  Poi non parla più altro che per dire fra gli ansiti: «Dio ! Dio !
Dio!». Lo chiama ad ogni battito di cuore, e pare che ad ogni
battito il sangue trabocchi. La stoffa tesa sulle spalle se ne
imbibisce e torna scura, nonostante il grande chiarore lunare
che lo fascia tutto.
  Pure un chiarore più vivo si forma sul suo capo, sospeso a
circa un metro da Lui, un chiarore così vivo che anche il
Prostrato lo vede filtrare fra le onde dei capelli, già pesanti di
sangue, e il velo che il sangue fa agli occhi. Alza il capo...
Splende la luna sul povero volto, e ancora più splende la luce
angelica simile a quella del diamante bianco azzurro della
stella Venere. E appare tutta la tremenda agonia nel sangue
che trasuda dai pori. Le ciglia, i capelli, i baffi, la barba sono
aspersi e cospersi di sangue. Sangue cola dalle tempie,
sangue sgorga dalle vene del collo, sangue gocciano le mani,
e quando Egli tende le mani verso la luce angelica e le ampie
maniche scorrono in su, verso i gomiti, appaiono tutti sudanti
sangue gli avambracci di Cristo. Nel viso, solo le lacrime
fanno due righe nette fra la maschera rossa.
  Si torna a levare il mantello e si asciuga le mani, il volto, il
collo, gli avambracci. Ma il sudore continua. Egli si preme più
e più volte la stoffa sul volto tenendola premuta con le mani,
ed ogni volta che cambia posto, sulla stoffa rosso scura
appaiono nette le impronte che, umide come sono, sembrano
essere nere. L'erba del suolo è rossa di sangue.
  Gesù pare prossimo a mancare. Si slaccia la veste al collo
come si sentisse soffocare. Si porta la mano al cuore e poi al
capo e se l'agita davanti al volto come per farsi vento,
tenendo la bocca dischiusa. Si trascina contro il masso, ma
più verso lo scrimolo del balzo, e si appoggia con la schiena
ad esso, stando con le braccia pendenti lungo il corpo come
fosse già morto, la testa penzoloni sul petto. Non si muove
più.
La luce angelica decresce piano piano. Poi viene come
assorbita nel chiarore lunare.
  Gesù riapre gli occhi. Alza a fatica il capo. Guarda. È solo.
Ma è meno angosciato. Allunga una mano. Tira a Sé il
mantello, lasciato abbandonato sull'erba, e torna ad
asciugarsi il volto, le mani, il collo, la barba, i capelli. Prende
una larga foglia, nata proprio in riva al ciglio, tutta bagnata di
rugiada, e con quella finisce di pulirsi, bagnandosi volto e
mani e poi asciugandosi da capo. E ripete, ripete con altre
foglie, finché ha cancellato le tracce del suo tremendo sudore.
Solo la veste, e specie sulle spalle e alle pieghe dei gomiti, al
collo e alla cintura, ai ginocchi, è macchiata. Se la guarda e
scuote il capo. Guarda anche il mantello. Ma lo vede troppo
macchiato. Lo piega e lo pone sul masso, là dove esso fa
cuna, presso i fioretti.
  Con fatica, come per debolezza, si rigira mettendosi in
ginocchio. Prega appoggiando il capo sul mantello, su cui
sono già le mani. Poi si puntella al masso, si alza e, ancora
lievemente barcollando, va dai discepoli. Il suo viso è
pallidissimo. Ma non è più turbato. È un viso pieno di divina
bellezza, pure essendo esangue e mesto oltre il solito.
  I tre dormono saporitamente. Tutti avvolti nei mantelli,
sdraiati affatto, presso il fuoco spento, si sentono respirare
profondamente in un principio di sonoro russare.
Gesù li chiama. Inutile. Deve chinarsi e scuotere
generosamente Pietro.
«Cosa è? Chi mi arresta?», dice questo emergendo, sbalordito
e spaventato, dal suo mantello verde scuro.
«Nessuno. Sono Io che ti chiamo».
«È mattina?».
«No. È quasi terminata la seconda vigilia».
Pietro è tutto ingranchito.
Gesù scuote Giovanni, che ha un grido di terrore vedendo su
di lui curvo un volto di fantasma tanto è marmoreo. «Oh!...
Mi parevi morto!».
Scuote Giacomo, e questo, che crede che sia il fratello che lo
chiama, dice: «Hanno preso il Maestro?».
«Non ancora, Giacomo», risponde Gesù. «Ma alzatevi ormai e
andiamo. Chi mi tradisce è vicino».
I tre, ancora imbambolati, si alzano. Si guardano intorno...
Ulivi, luna, usignoli, venticello, pace... Null'altro. Seguono
però Gesù senza parlare. Anche gli altri otto sono più o meno
addormentati intorno al fuoco spento.
«Sorgete!», tuona Gesù. «Mentre Satana viene, mostrate
all'insonne e ai suoi figli che i figli di Dio non dormono!».
«Sì, Maestro».
«Dove è, Maestro?».
«Gesù, io...».
«Ma che è stato?».
E fra arruffate domande e risposte si rimettono i mantelli...
  Insieme raggiungono gli altri discepoli al ruscello, anche loro
dormivano.
  Nel frattempo in lontananza si scorgono delle lanterne, molte
sono le torce accese, è in arrivo un gruppo di uomini con
Giuda, armati di spade e bastoni.
  Sono un'orda di banditi camuffati da soldati, facce da galera
torte in ghigni da demoni. Vi è anche qualche campione del
Tempio.
  Gli apostoli balzano tutti in un angolo. Pietro davanti, e
dietro in gruppo gli altri. Gesù resta dove è.
  Giuda si accosta sostenendo lo sguardo di Gesù, che è
tornato il lampeggiante sguardo dei suoi giorni migliori. E non
abbassa il volto. Anzi si fa vicino con un sorriso da iena e lo
bacia sulla guancia destra.
«Amico, e che sei venuto a fare? Con un bacio mi tradisci?».
Giuda curva per un attimo la testa, poi la rialza... Morto al
rimprovero come ad ogni invito al pentimento. Gesù, dopo le
prime parole ancora dette con imponenza di Maestro, prende
il tono accorato di chi si rassegna ad una sventura.
  La sbirraglia, con un clamore di urla, viene avanti con funi e
bastoni e cerca di impadronirsi degli apostoli, oltre che di
Cristo. Meno Giuda Iscariota, si intende.
 I discepoli diventano timorosi e vorrebbero fuggire, così Gesù
si dirige da solo ad incontrarli chiedendo: “ perché siete qui,
chi cercate? ”;
“cerchiamo Gesù che chiama se stesso il Cristo”, Gesù
risponde: “ECCOMI (Me Voici), SONO IO”, alza le mani e
con un potente pensiero porta gli eteri allo stato di luce, così
che tutto il frutteto era splendente. Sono parole di una
potenza incredibile, di una forza invincibile. Sono parole
magiche pronunciate di fronte al male:
“SONO IO” come dire, il Cristo, potenza spirituale universale.
  Nessun male può avere presa davanti a queste parole.
  Non vi saranno più guerre.
«Sono Io». La voce è un tuono. Davanti al mondo assassino
e a quello innocente, davanti alla natura e alle stelle, Gesù si
rende questa testimonianza, aperta, leale, sicura, direi che è
lieto di potersela dare.
  Ma, se avesse sprigionato un fulmine, non avrebbe potuto
fare di più. Come un fascio di spighe falciate, tutti cadono al
suolo. Restano in piedi solo Giuda, Gesù e gli apostoli, che
davanti allo spettacolo dei soldati abbattuti riprendono fiato,
tanto che si avvicinano a Gesù con delle minacce così esplicite
per Giuda che questo fa un balzo, appena in tempo per
sfuggire al colpo maestro della spada di Simone, e invano
inseguito da pietre e bastoni, lanciatigli dietro dagli apostoli
non armati di spada, fugge oltre il Cedron e si infosca nel
nero di un viottolo.
Tutti si fermarono, alcuni fuggirono, altri ricaddero a terra, i
più coraggiosi rimasero e quando la luce impallidì, Gesù
chiede di nuovo calmo e solenne: «Alzatevi. Chi cercate?
Torno a chiedervi».
« cerchiamo l’uomo venuto dalla Galilea che chiama se stesso
il Cristo:  Gesù Nazareno».
«Ve l'ho detto che sono Io», dice con dolcezza Gesù. Sì, con
dolcezza. «Lasciate dunque liberi questi altri. Io vengo.
Riponete le spade e i bastoni. Non sono un ladrone. Stavo
sempre fra voi. Perché non mi avete preso allora? Ma questa
è la vostra ora e quella di Satana...».
  Ma, mentre parla, Pietro si accosta all'uomo che già tende le
funi per legare Gesù e mena un maldestro colpo di spada. Se
l'avesse usata di punta, lo sgozzava come un montone. Così
non fa che staccargli quasi l'orecchio, che resta penzoloni fra
un gran gemere di sangue. L'uomo grida dicendosi morto. Vi
è tumulto fra chi vuoi venire avanti e chi ha paura vedendo
luccicare spade e pugnali.
«Riponete quelle armi. Ve lo comando. Se volessi, avrei gli
angeli del Padre a difendermi. E tu, guarisci. Nell'anima per
prima cosa, se puoi». E, prima di tendere le mani alle corde,
tocca l'orecchio e lo rende sano.    
  Venne così preso e incatenato ma subito le catene si
spezzarono, stavano per bastonarlo quando Pietro usò la
spada e ferì uno di loro, ma Gesù gli disse di gettare la spada,
anche il fatto di impugnare una spada viene condannato dalla
legge del pensiero creatore; “chi di spada ferisce, di spada
perisce”. Il pensiero è di un’importanza capitale e causa uno
shock di ritorno. Con il tocco della mano, Gesù guarisce il
ferito e dice a coloro che gli eran venuti contro, sommi
sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: “Siete usciti
con spade e bastoni come contro un brigante? Ogni giorno
ero con voi nel tempio e non avete steso le mani contro di
me; ma questa è la vostra ora, è l’impero delle tenebre”. Poi
si consegna liberamente, allora tutti si dirigono verso
Gerusalemme.
  Anche i discepoli stavano per essere catturati, Giovanni fu
l’ultimo a fuggire, il suo mantello venne ridotto a pezzi e fuggì
quasi nudo, ma anche loro marciarono verso la città.
 
  Il tempio era pieno di farisei e scribi che avevano giurato
come testimoni contro Gesù.
  La domestica che custodiva le chiavi della porta del tempio,
conosceva Giovanni e gli permise di entrare mentre Pietro
rimase fuori, ella chiese se era un seguace dell’uomo
arrestato, ma Pietro rispose di no e rimase nel cortile esterno.
Un’altra domestica che serviva nel tempio gli chiese se
conosceva quell’uomo, ma Pietro rispose di no. Anche uno
degli uomini che avevano catturato Gesù gli disse di averlo
visto in sua compagnia, ma egli negò per la terza volta e
proprio allora un gallo cantò ricordandogli le parole del
maestro sul suo rinnegamento. La coscienza lo colpì, uscì
nella notte e pianse amaramente.
 
VENERDI’ 15° giorno del mese Nisan  3 Aprile 33
            Gerusalemme ( nel tempio ) ; Luna Piena in Bilancia parzialmente
eclissata
 
Vegliate e pregate per non cadere in tentazione.
 
  Occorre tenere ben presente che nella notte di venerdì,
giorno di Venere, Gesù rimase sempre sveglio e vigile, non
dormì affatto.
  Iniziò l’interrogatorio che era presieduto da Caifa, egli viene
accusato di essersi dichiarato re, di profanazione della legge e
di aver minacciato la distruzione del tempio.
  Volevano lapidarlo e crocifiggerlo. Gesù non si difese, allora
gli venne chiesto direttamente: “sei tu il Cristo, Figlio di
Dio?”; “se rispondessi sì, tu non mi crederesti, se rispondessi
no sarei un bugiardo, ma io ti dico che verrà un tempo in cui
tu vedrai il Figlio dell’Uomo sul trono del potere giungere dalle
nuvole del cielo”.
Allora Caifa si lacerò i vestiti e il popolo si scagliò su Gesù
sputandogli in viso e colpendolo con le mani. Essere Figlio di
Dio significa che Dio dimora in lui, per cui non sono più
necessari i sacerdoti, le chiese, i riti, le religioni, ed egli
rappresenta un pericolo per loro. È per questa ragione che i
preti dichiarano la sua morte, per salvare la loro chiesa e il
loro potere.
  Gli coprirono gli occhi con una benda e lo colpirono dicendo:
“tu che sei un profeta, dicci chi è stato a colpirti”. Fu così
giudicato colpevole con la sentenza di morte ma per poterlo
crocifiggere occorreva la firma del governatore romano quindi
Gesù venne condotto da Pilato, il quale però, dopo un breve
interrogatorio, non lo trova colpevole e poiché Gesù viene
dalla Galilea, deve essere giudicato dal governatore di Galilea
Erode che in quei giorni si trovava a Gerusalemme.
Ma anche lì Gesù non risponde, Erode allora si incollerì,
chiamò le sue guardie per farlo torturare.
  Venne colpito ripetutamente, gli posero in testa una corona
di spine, indosso un mantello rosso e in mano un giunco
spezzato, poi lo derisero.
  Infine venne rinviato da Pilato con una lettera in cui Erode gli
cedeva il giudizio finale. Pilato non trovava colpe tali da
meritare la morte così disse che lo avrebbe fatto flagellare e
poi liberato in seguito.
  Gli ebrei gridavano pieni d’ira chiedendo la crocifissione,
allora egli si ritirò in riflessione.
  Arrivò sua moglie Claudia, una donna devota scelta tra i Galli
di Francia, la quale lo consigliò di rilasciare Gesù poiché aveva
visto tutto in una visione chiara e nitida sulla sua innocenza,
ella lo implorò di ascoltarla circa l’importanza della sua
premonizione, Pilato pianse.
 
_______La flagellazione_______
 
Per calmare il popolo con una punizione esemplare che lo
impietosisse, Pilato diede l’ordine di flagellare Gesù.
  Il Signore venne trascinato bruscamente vicino al corpo di
guardia del pretorio, dove si trovava la colonna di marmo
munita di anelli e ganci, destinata alla flagellazione dei
condannati. Gli strapparono violentemente il mantello rosso,
facendo quasi cadere a terra Gesù che aveva i brividi e
tremava, anche perché la notte era stata più fredda del solito.
Lo fecero denudare davanti alla folla e allo sguardo della
Madre che era immersa nel dolore.
  I carnefici, legarono le mani di Gesù ad un grande anello
fissato alla sommità della colonna, stirando talmente il corpo
che i piedi non toccavano più completamente a terra.
Iniziarono a flagellarlo con delle verghe flessibili. Dorso,
gambe e braccia venivano lacerati e contusi pesantemente. I
gemiti dolorosi di Gesù erano soffocati dal clamore della folla
che continuava a sfogare la propria ira su un uomo innocente.
  I carnefici bevevano vino rosso e si alternavano, utilizzando
anche bastoni nodosi coperti di punte che laceravano la carne
a sangue. Presto quel santo corpo fu ricoperto di macchie
nere e rosse, il sangue colava a terra ed egli tossiva e si
muoveva in un tremito convulso, tra il furore e le ingiurie dei
presenti.
  Gesù venne allora slegato e girato col dorso contro la
colonna. Ripresero a fustigarlo utilizzando dei flagelli con
cinghie di cuoio alla cui estremità vi erano degli uncini di ferro
che strappavano la pelle graffiando profondamente tutto il
corpo.
  Gesù, ormai stremato al suolo, guardava i suoi carnefici
ebbri, con gli occhi pieni di sangue, tutto il pavimento di
pietre era bagnato di sangue e lacrime, vino e sudore.
  Quando fu liberato dalla colonna, il Signore strisciava a terra
per riprendersi la fascia che gli aveva cinto i fianchi, ma i
carnefici gliela spingevano sempre più lontana, costringendolo
a contorcersi al suolo. Allora lo rimisero in piedi, gli gettarono
un vecchio mantello color porpora sulle spalle e sul capo gli
misero una corona di rami spinosi. Il Signore era orribilmente
sfigurato, inoltre era tormentato dall’arsura e dalla febbre,
causata dalle numerose ferite. Tremava tutto e le sue carni
erano dilaniate fino all’osso, la lingua era ritratta
convulsamente e solo il santo sangue che gli colava dalla
fronte rinfrescava la sua bocca riarsa.
  Allontanatasi la folla, la santa Vergine e Maria Maddalena si
avvicinarono alla colonna e asciugarono dal suolo il sangue di
Gesù con alcuni teli, inviati dalla moglie di Pilato, Claudia.
 
  Pilato tenta un ulteriore mossa per cercare di salvare Gesù:
era usanza tra gli ebrei, il giorno prima della festa di Pasqua,
di liberare un condannato e di scacciarlo in terre straniere.
Questo serviva da capro espiatorio in quanto quell’uomo si
assorbiva tutte le colpe del popolo per quell’anno e credevano
in questo modo che i peccati sarebbero stati rimessi, così ad
ogni primavera essi scelgono un prigioniero e gli fanno
portare via i loro peccati.
  Pilato pensò di rendere questa credenza come la causa della
liberazione di Gesù, si rivolse alla folla in attesa chiedendo di
liberare Gesù e crocifiggere Barabba (il nome significa figlio
del padre), un criminale accusato di omicidio, anche il popolo
era chiamato a scegliere tra coscienza e personalità, tuttavia
tutte le voci volevano libero Barabba (la folla non ha la
coscienza del Figlio e Bar Abba mostra perfettamente
incarnato il livello spirituale di una certa classe corrotta) che
già da tempo aspettava questo momento ed aveva comprato
la sua libertà.
 
_______La Via Crucis, LaVia
Dolorosa_______
 
La giustizia mossa dall’odio induce l’uomo a creare il suo
inferno.
 
Percorrendo la Via della Croce, veniamo folgorati da due certezze: la
certezza del potere devastante del peccato e la certezza del potere sanante
dell’Amore di Dio.
Percorrendo la Via della Croce, làsciati prendere per mano da Maria:
chiediLe una briciola della sua umiltà e della sua docilità, affinché l’Amore
di Cristo Crocifisso entri dentro di te e ricostruisca il tuo cuore sulla misura
del Cuore di Dio.
Angelo Comastri
 
Dal libro del profeta Isaia:
 
Quarto canto del servo del Signore
 
13 Ecco, il mio servo avrà successo,
sarà onorato, esaltato e molto innalzato.
14 Come molti si stupirono di lui

- tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto


e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo -
15 così si meraviglieranno di lui molte genti;

i re davanti a lui si chiuderanno la bocca,


poiché vedranno un fatto mai ad essi raccontato
e comprenderanno ciò che mai avevano udito.
 
Capitolo 53
 
1 Chi avrebbe creduto alla nostra rivelazione?
A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore?
2 È cresciuto come un virgulto davanti a lui

e come una radice in terra arida.


Non ha apparenza né bellezza
per attirare i nostri sguardi,
non splendore per provare in lui diletto.
3 Disprezzato e reietto dagli uomini,

uomo dei dolori che ben conosce il patire,


come uno davanti al quale ci si copre la faccia,
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
4 Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,

si è addossato i nostri dolori


e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
5 Egli è stato trafitto per i nostri delitti,

schiacciato per le nostre iniquità.


Il castigo che ci dá salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
6 Noi tutti eravamo sperduti come un gregge,

ognuno di noi seguiva la sua strada;


il Signore fece ricadere su di lui
l’iniquità di noi tutti.
7 Maltrattato, si lasciò umiliare

e non aprì la sua bocca;


era come agnello condotto al macello,
come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,
e non aprì la sua bocca.
8 Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo;

chi si affligge per la sua sorte?


Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi,
per l’iniquità del mio popolo fu percosso a morte.
9 Gli si diede sepoltura con gli empi,

con il ricco fu il suo tumulo,


sebbene non avesse commesso violenza
né vi fosse inganno nella sua bocca.
10 Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in espiazione,
vedrà una discendenza, vivrà a lungo,
si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
11 Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce

e si sazierà della sua conoscenza;


il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà la loro iniquità.
12 Perciò io gli darò in premio le moltitudini,

dei potenti egli farà bottino,


perché ha consegnato se stesso alla morte
ed è stato annoverato fra gli empi,
mentre egli portava il peccato di molti
e intercedeva per i peccatori.
 
 
PREGHIERA INIZIALE
di Giovanni Paolo II
dalla Via Crucis anno 2000
 
 
Sera del Venerdì Santo.
Da venti secoli
la Chiesa si riunisce in questa sera,
per ricordare e rivivere
gli eventi dell'ultima tappa
del cammino terreno del Figlio di Dio.
Oggi, come ogni anno,
la Chiesa che è in Roma
si raccoglie al Colosseo,
per seguire le orme di Gesù,
il quale "portando la croce,
si avviò verso il luogo del Cranio,
detto in ebraico Golgota" (Gv 19, 17).

Ci troviamo qui,
nella convinzione che la via crucis del Figlio di Dio
non fu un semplice avvicinarsi
al luogo del supplizio.
Crediamo che ogni passo del Condannato,
ogni suo gesto e ogni sua parola,
ed anche quanto hanno vissuto e compiuto
coloro che hanno preso parte a questo dramma,
ci parlano incessantemente.
Anche nel suo patire e morire
Cristo ci svela la verità su Dio e sull'uomo.
In quest'anno giubilare
vogliamo riflettere con particolare intensità
sul contenuto di quell'evento,
affinché esso parli con una forza nuova
alle nostre menti e ai nostri cuori,
e diventi fonte della grazia
di un'autentica partecipazione.
Partecipare significa avere una parte.
Che cosa vuol dire avere una parte
nella croce di Cristo?
Vuol dire sperimentare nello Spirito Santo
l'amore che la croce di Cristo nasconde in sé.
Vuol dire riconoscere, alla luce di questo amore,
la propria croce.
Vuol dire riprenderla sulle proprie spalle e,
sempre in virtù di questo amore, camminare...

Camminare attraverso la vita,


imitando colui che "si sottopose alla croce,
disprezzando l'ignominia,
e si è assiso alla destra del trono di Dio" (Eb 12, 2).
 
Preghiamo.
 
Signore Gesù Cristo,
colma i nostri cuori con la luce del tuo Spirito,
affinché, seguendo te nel tuo ultimo cammino,
conosciamo il prezzo della nostra redenzione
e diventiamo degni di partecipare
ai frutti della tua passione, morte e resurrezione.
Tu vivi e regni nei secoli dei secoli.
Amen.
 
PREGHIERA INIZIALE
di Giovanni Paolo II
dalla Via Crucis anno 2003
 
Via Crucis della comunità ecclesiale dell'Urbe
convocata presso il Colosseo,
tragico e glorioso monumento della Roma imperiale,
testimone muto di potenza e di dominio,
memoriale di eventi di vita e di morte,
dove sembrano risonare, quasi interminabile eco,
urla di sangue (cf. Gn 4, 10)
e parole imploranti concordia e perdono.
Via Crucis del Venticinquesimo anno del mio Pontificato
quale Vescovo di Roma e Pastore della Chiesa universale.
Per grazia di Dio nei venticinque anni
del mio servizio pastorale
non ho mai mancato a questo appuntamento,
vera Statio Urbis et Orbis,
incontro della Chiesa di Roma
con pellegrini venuti da tutte le parti del mondo
e con milioni di fedeli che seguono la Via Crucis
attraverso la radio e la televisione.

Anche quest'anno,
per rinnovata misericordia del Signore,
sono con voi per ripercorrere nella fede
il tragitto che Gesù compì dal pretorio di Ponzio Pilato
alla cima del Calvario.

Via Crucis,
abbraccio ideale tra Gerusalemme e Roma,
tra la Città amata da Gesù
dove egli donò la vita per la salvezza del mondo,
e la Città sede del Successore di Pietro,
che presiede alla carità ecclesiale.

Via Crucis, cammino di fede:


in Gesù condannato a morte
riconosceremo il Giudice universale;
in Lui carico della Croce, il Salvatore del mondo;
in Lui crocifisso, il Signore della storia,
il Figlio stesso di Dio.
 
Notte del Venerdì Santo,
notte tiepida e trepida del primo plenilunio di primavera.
Siamo riuniti nel nome del Signore.
Egli è qui con noi, secondo la sua promessa (cf. Mt 18, 20).
Con noi è anche Santa Maria.
Ella fu sulla vetta del Golgota
quale Madre del Figlio morente,
Discepola del Maestro di verità ,
nuova Eva presso l'albero della vita,
Donna del dolore
associata all'"Uomo dei dolori che ben conosce il patire " (Is 53, 3),
Figlia di Adamo, Sorella nostra, Regina della pace.
Madre di misericordia,
ella è china sui suoi figli,
ancora esposti a pericoli e affanni,
per vederne le sofferenze,
udire il gemito che si leva dalla loro miseria,
per recare conforto e ravvivare la speranza della pace.

Preghiamo.
 
Guarda, Padre santo,
il sangue che sgorga dal costato trafitto del Salvatore;
guarda il sangue versato da tante vittime
dell'odio, della guerra, del terrorismo,
e concedi benigno che il corso degli eventi nel mondo
si svolga secondo la tua volontà nella giustizia e nella pace,
e la tua Chiesa si dedichi con serena fiducia
al tuo servizio e alla liberazione dell'uomo.
Per Cristo nostro Signore.
 
 
 
I Stazione
Gesù è condannato a morte
 
MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
 
"Sia crocifisso!". 
Signore Gesù, questo grido di condanna, 
questo urlo disumano, 
continua a levarsi contro di Te 
da una folla concitata, irresponsabile, 
suggestionata e accecata dal male. 
Non Te, che ora sei l'Eterno Vivente, 
ma se stesso l'uomo condanna alla morte, 
quando non si cura che prevalga l'ingiustizia, 
quando sceglie violenza e corruzione, 
quando calpesta il piccolo e l'innocente 
e getta la propria dignità umana 
come un rifiuto nelle immondizie.
 

Lungo i secoli la negazione della verità ha generato sofferenza e morte.


Sono gli innocenti a pagare il prezzo dell'ipocrisia umana.
Le mezze misure non sono sufficienti. Né basta lavarsi le mani.
La responsabilità per il sangue del giusto rimane.
Fu per questo che Cristo pregò con tanto fervore per i suoi discepoli di tutti i tempi:
Padre, "consacrali nella verità. La tua parola è verità" (Gv 17, 17).
ORAZIONE

Cristo, che accetti una condanna ingiusta,


concedi a noi e a tutti gli uomini del nostro tempo
la grazia di essere fedeli alla verità
e non permettere che su di noi
e su quanti verranno dopo di noi
cada il peso della responsabilità
per la sofferenza degli innocenti.
A te, Gesù, giusto Giudice,
l'onore e la gloria nei secoli senza fine.
Amen.
 
  Dalla folla si alzava un clamore demoniaco, sembrava
impazzita, piena di collera e si minacciava una rivolta civile,
allora Pilato prese una ciotola d’acqua e lavandosi le mani
disse:
“quest’uomo non è colpevole, io proclamo la mia innocenza,
se volete versare il suo sangue esso ricadrà sulle vostre mani
e non sulle mie”.
“E così sia” risposero gli ebrei, Pilato tremava come una
foglia, liberò Barabba ma non diede il consenso ai soldati di
crocifiggere Gesù che fu così consegnato agli ebrei. Caifa
allora decise di lapidarlo fino alla morte, lo portarono dietro
alla porta della città dove venivano uccisi i criminali, verso
una collina chiamata Golgota o luogo dei teschi, ma appena
fuori dalla porta  della città iniziarono a colpirlo con pugni e
pietre.
  Davanti agli interrogatori egli non si difende, ma utilizza le
accuse per convertirle in parole di verità. Gesù stupisce tutti,
disorienta gli accusatori e i carnefici, mai un gesto di difesa,
di paura, di timore. Questo è il vero insegnamento del Figlio
di Dio: dobbiamo imparare ad opporre l’Amore al disprezzo, a
resistere coraggiosamente e volontariamente a tutte le
sofferenze, a restare impassibili sotto i colpi delle prove
terrene, a non deviare la nostra strada malgrado i dolori fisici
e morali, a restare in piedi quando gli altri ci colpiscono, ad
essere se stessi ad ogni istante.
  Così si acquista la comprensione larga e profonda della Vita,
la penetrazione del sentimento d’unità che ci unisce a tutti gli
esseri e a tutte le cose e che ci fa agire come uomini
veramente coscienti: cristiani.
  Pilato è l’unico che prende coscienza del potere spirituale,
ma non riesce a sostenerlo e si lava le mani da questa
responsabilità. Più volte nella vita ci troviamo di fronte ad
eventi atti ad aprire la coscienza, a prendere conoscenza del
potere spirituale, ma non riusciamo ad accettarlo né a
sottometterci e ce ne laviamo le mani credendo di liberarci,
ma altre prove ci attendono, per farci arrivare alla verità.
 
II Stazione
Gesù è caricato della croce
 
MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
 
Gesù, nostro Signore, 
l'intera tua esistenza sulla terra 
fu un cammino di umiliazione e di croce. 
A portare il legno del supplizio 
ti eri già addestrato a Nazareth 
nella quotidiana fatica del lavoro 
e poi andando per le città e i villaggi 
ad annunziare ai poveri il Regno dei cieli, 
il tuo Regno, che non è di questo mondo. 
Il tuo carico, Signore, siamo noi, 
noi, duri di cuore e lenti a capire, 
noi, quando addossiamo agli altri 
il peso della nostra cattiva coscienza, 
quando davanti a ogni forma di povertà 
e a ogni grido di aiuto 
rimaniamo nella paralisi 
della nostra viltà e del nostro disimpegno.

Segno di una morte infame, riservata alla categoria più bassa degli uomini, la croce
diventa una chiave.

D'ora in poi, con l'aiuto di questa chiave, l'uomo aprirà la porta delle profondità del
mistero di Dio.
Per opera di Cristo che accetta la croce, strumento della propria spoliazione, gli uomini
sapranno che Dio è amore.

Amore sconfinato: "Ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché
chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Gv 3, 16).

Questa verità su Dio si è rivelata mediante la croce.


Non poteva rivelarsi in altro modo?
Forse sì. Dio tuttavia ha scelto la croce.
Il Padre ha scelto la croce per il Figlio suo, e il Figlio l'ha presa sulle spalle, l'ha portata
sul monte Calvario e su di essa ha offerto la sua vita.
"Nella croce c'è la sofferenza,
nella croce c'è la salvezza,
nella croce c'è una lezione d'amore.

Dio, chi una volta ti ha capito,


null'altro desidera, null'altro cerca".
(Canto quaresimale polacco).

La Croce è segno di un amore senza limiti!

ORAZIONE

Cristo, che accetti la croce dalle mani degli uomini,


per fare di essa
il segno dell'amore salvifico di Dio per l'uomo,
concedi a noi e a tutti gli uomini del nostro tempo
la grazia della fede in questo infinito amore,
affinché, trasmettendo al nuovo millennio
il segno della croce,
siamo autentici testimoni della redenzione.
A te, Gesù, sacerdote e vittima,
la lode e la gloria nei secoli.
Amen.
 
  Mentre Gesù era a terra tutto contuso e lacerato, arrivarono
le guardie di Erode per crocifiggerlo, Caifa e gli altri sacerdoti
diedero il consenso. Gli misero la pesante croce di legno,
costruita per Barabba, sulle spalle (una vera croce, solida,
perfettamente incastrata nell’incrocio dei due bracci e ben
rinforzata con chiodi e bulloni, oltre 84 Kg) e lo spinsero con
la punta delle spade verso la collina del Golgota. Gesù era
curvo e ferito in tutto il corpo, vacillava e camminava
stentatamente a piedi nudi. Stanco e sfinito, reggeva la croce
abbracciandola sulla spalla destra mentre con la mano sinistra
allontanava la lunga veste di lana bianca che gli ostacolava il
passo. Quella robusta veste era stata preparata da Maria ed
era tessuta tutta d’un pezzo con un unico filo, senza cuciture
da cima a fondo.
  Gesù abbraccia la croce e la bacia, così come abbraccia tutto
il mondo per aiutarci a percorrere la via dell’amore.
 
III Stazione
Gesù cade la prima volta
 
MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
 
Le tue cadute, Signore Gesù, 
sono un mistero di compassione verso di noi: 
è infatti nella nostra umana debolezza 
che Tu hai voluto patire. 
"Lo spirito è pronto - hai detto - ma la carne è debole". 
Tu, Dio-il Forte, sei caduto sotto la croce 
perché ogni uomo sappia riconoscere la propria fragilità 
e non confidi in se stesso, 
ma trovi nella tua grazia 
la forza di rialzarsi e riprendere il cammino 
portando dietro a Te la sua croce. 
Tu sei sempre là dove c'è un uomo che vien meno; 
ti poni, pietoso, sotto di lui 
perché non cada sui sassi della strada, 
ma sopra di Te, Roccia di salvezza.
 

Gesù cade sotto la croce. Ciò avverrà per tre volte sul cammino relativamente breve
della "via dolorosa".
Cade per lo sfinimento. Il corpo insanguinato dalla flagellazione, il capo coronato di
spine. Tutto questo fa sì che gli manchino le forze.
Cade, dunque, e la croce con il suo peso lo schiaccia contro la terra.

Occorre ritornare alle parole del profeta, che vede in prospettiva questa caduta secoli
prima. È come se la contemplasse con gli stessi suoi occhi: dinanzi al Servo del Signore,
a terra sotto il peso della croce, mostra la vera causa della sua caduta. Ecco, "Dio pose
su di lui i peccati di noi tutti".
Sono stati i peccati a schiacciare a terra il divin Condannato.
Sono stati essi a decidere il peso della croce, che egli porta sulle sue spalle.
Sono stati i peccati a determinare la sua caduta.

Cristo a stento si rialza per riprendere il cammino.


I soldati che lo scortano cercano di stimolarlo con grida e colpi.
Dopo un attimo il corteo riparte.

Gesù cade e si rialza.


In questo modo, il Redentore del mondo si rivolge senza parole a tutti coloro che
cadono. Li esorta a rialzarsi.
"Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più
per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siamo stati guariti" (cfr
1 Pt 2, 24-25a).
ORAZIONE

Cristo, che cadi sotto il peso delle nostre colpe


e ti rialzi per la nostra giustificazione,
ti preghiamo,
aiuta noi e tutti coloro che sono schiacciati dal peccato
a rimetterci in piedi
e a riprendere il cammino.
Dacci la forza dello Spirito,
per portare con te la croce della nostra debolezza.
A te, Gesù, schiacciato dal peso delle nostre colpe,
la nostra lode e il nostro amore nei secoli.
Amen.
 
Appena iniziata la salita, trascinato dai suoi carnefici, Gesù
procede a stento, ansando. La via è piena di sassi, pietre
sconnesse e buche, tranelli per i suoi piedi vacillanti e una
tortura per le sue spalle colme di piaghe, per il suo capo
coronato di spine sul quale scende perpendicolare un sole
ardente esageratamente caldo, che ogni tanto si nasconde
sotto un tendone plumbeo di nubi. Gesù è congestionato dalla
fatica, dalla febbre e dal caldo, dagli urli della folla, inciampa
e cade dolorosamente per la prima volta a terra sotto il peso
della lunga croce. Viene ripetutamente colpito a calci e
frustate per farlo rialzare e di nuovo sul capo gli viene
conficcata la corona di spine che si era staccata.
  Egli cade sotto al peso dei peccati, della superbia e
dell’orgoglio. Ma proprio attraverso questo sacrificio, questa
umiltà che si abbassa per raccoglierci, noi riusciamo a
risollevarci. Pur essendo di natura divina, Gesù si spoglia e
assume la condizione di servo di Dio, simile agli uomini,
ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce.
   
IV Stazione
Gesù incontra sua madre
 
MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
 
Signore Gesù, 
lungo la via della croce, 
nell'ora della solitudine e dell'abbandono, 
non poteva mancare Lei, la tua Madre. 
Fin dalla tua infanzia portava nel cuore 
la profonda ferita di quella parola 
e la custodiva in silenzio 
perché vergine, in Lei, era anche il dolore. 
Possa non mancare mai ad alcun uomo che soffre 
un cuore di madre vigile, pietosa, 
una presenza di tenerezza e di consolazione. 
Possa ogni figlio riconoscere la madre, 
e ogni madre accompagnare il figlio 
nell'arduo cammino della vita 
in una fedeltà che non si arresti 
nemmeno davanti all'estremo sacrificio.
 

"Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco, concepirai un figlio, lo
darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il
Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di
Giacobbe e il suo regno non avrà fine" (Lc 1, 30-33).

Maria ricordava queste parole. Ritornava spesso ad esse nel segreto del suo cuore.
Quando sulla via della croce incontrò il Figlio, forse proprio queste parole le vennero
alla mente. Con una forza particolare.
"Regnerà... Il suo regno non avrà fine...", aveva detto il messaggero celeste.
Ora, mentre vede il Figlio, condannato a morte, portare la croce sulla quale dovrà
morire potrebbe, umanamente parlando, domandarsi: come dunque possono compiersi
quelle parole? in quale modo regnerà sulla casa di Davide? E come potrà essere che il
suo regno non abbia fine?
Umanamente, sono domande comprensibili.
Maria però ricorda che allora, dopo aver udito l'annuncio dell'Angelo, aveva risposto:
"Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1, 38).
Ora vede che quella sua parola si sta compiendo come parola della croce. Perché
madre, Maria soffre profondamente.

Tuttavia risponde anche ora come aveva risposto allora, all'annunciazione: "Avvenga di
me quello che hai detto".
In questo modo, maternamente, abbraccia la croce insieme al divin Condannato.
Sulla via della croce Maria si manifesta come Madre del Redentore del mondo.

"Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c'è un dolore simile al mio
dolore, al dolore che ora mi tormenta" (Lam 1, 12).
È la Madre Addolorata che parla,
la Serva obbediente fino alla fine,
la Madre del Redentore del mondo.

ORAZIONE
O Maria, tu che hai percorso
la via della croce insieme col Figlio,
straziata dal dolore nel tuo cuore di madre,
ma sempre memore del tuo fiat
e intimamente fiduciosa che colui a cui nulla è impossibile
avrebbe compiuto le sue promesse,
impetra per noi e per gli uomini delle future generazioni
la grazia dell'abbandono all'amore di Dio.
Fa' che, di fronte alla sofferenza, al rifiuto, alla prova,
anche se prolungata ed aspra,
non dubitiamo mai del suo amore.
A Gesù, tuo Figlio,
onore e gloria nei secoli.
Amen.
 
Maria, mossa dall’estremo desiderio di vedere Gesù, di
condividere con lui ogni momento, si fece accompagnare da
Giovanni in uno dei luoghi presso i quali doveva passare suo
figlio.
  Egli arrivò di fronte a lei che piangeva ed era coperta da un
mantello azzurro. Gli occhi di Gesù incontrarono quelli della
Madre come l’Amore si incontra con la Misericordia, come il
sangue si incontra alle lacrime. Gli occhi della Madre e del
Figlio si penetrano come un Sole che irradia sull’acqua e tutto
rinnova al suo passaggio. Cerco il tuo volto poiché sei la Via
che apre il cuore al concepimento del Tesoro nascosto nella
Luce dei tuoi occhi.
  La Misericordia mossa dall’amore, porta l’uomo in Paradiso,
alla fonte della Vita. Attraverso la Misericordia noi edifichiamo
quella scuola della Pace che è intima comunione con Dio e
gustiamo quella gioia che è il frutto e lo splendore dell’Amore.
 
V Stazione
Il Cireneo aiuta Gesù a portare la croce
 
MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
 
Signore Gesù, 
il tuo invito è molto esigente! 
Noi vorremmo seguirti sulla via della Vita, 
ma tu ci fai passare per la via della morte! 
È qui che noi ci scontriamo 
con le nostre viltà e le nostre paure. 
Per evitare di incontrarci con la realtà della croce, 
noi, induriti nel cuore, deviamo il cammino 
e chiudiamo gli occhi davanti alle tue sofferenze 
che continuano nei nostri fratelli. 
Abbiamo bisogno anche noi, come Simone di Cirene, 
che qualcuno ci sospinga intensamente 
a caricarci, con amore, pure della croce degli altri. 
Potremo così sperimentare la grande forza 
che scaturisce dal sostenere insieme, con fede invitta, 
le molteplici prove della vita.
 

In un canto quaresimale risuonano queste parole: "Sotto il peso della croce Gesù
accoglie il Cireneo". Sono parole che lasciano intravedere un totale cambio di
prospettiva: il divin Condannato appare come qualcuno che, in un certo senso, "fa
dono" della croce.
Non è stato forse lui a dire: "Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di
me" (Mt 10, 38)?
Simone riceve un dono.
Ne è diventato "degno".
Ciò che agli occhi della folla poteva offendere la sua dignità, nella prospettiva della
redenzione gli ha invece conferito una nuova dignità. Il Figlio di Dio l'ha reso in modo
singolare compartecipe della sua opera salvifica.

Simone ne è consapevole?
L'evangelista Marco identifica Simone di Cirene come "padre di Alessandro e Rufo"
(15, 21).
Se i figli di Simone di Cirene erano conosciuti nella primitiva comunità cristiana, si può
ritenere che anch'egli, proprio mentre portava la croce, abbia creduto in Cristo. Passò
liberamente dalla costrizione alla disponibilità, come intimamente raggiunto dalle
parole: "Chi non porta la sua croce con me, non è degno di me".

Portando la croce, fu introdotto alla conoscenza del vangelo della croce.

Da allora questo vangelo parla a tanti, innumerevoli cirenei, chiamati nel corso della
storia a portare la croce insieme a Gesù.

ORAZIONE

Cristo, che a Simone di Cirene


hai conferito la dignità di portare la tua croce,
accogli anche noi sotto il suo peso,
accogli tutti gli uomini
e dona a ciascuno la grazia della disponibilità.
Fa' che non distogliamo lo sguardo da coloro
che sono schiacciati dalla croce della malattia,
della solitudine, della fame, dell'ingiustizia.
Fa' che, portando i pesi gli uni degli altri,
diventiamo testimoni del vangelo della croce,
testimoni di te,
che vivi e regni nei secoli dei secoli.
Amen.
 
  Gesù non riusciva a camminare, così le guardie romane
chiamarono un uomo della folla per aiutarlo e misero la trave
sulle spalle di Simone da Cirene, un conoscente di Gesù, per
portarla fino al calvario. Simone condivide il peso della croce
e più cammina, più capisce che si tratta di una grazia essere
al fianco di chi gli ha toccato il cuore. Questa condivisione,
continuamente completa quello che manca, è un aiuto che
diamo per la salvezza del mondo. Ogni volta che aiutiamo chi
soffre, aiutiamo Gesù a portare la croce, ricostruendo il suo
corpo che è la Chiesa universale.
  L’insegnamento di Gesù con la passione non è un
insegnamento di passività e rassegnazione, al contrario, egli
dona l’esempio di una attitudine estremamente positiva e
nuova, di una attività nel vero senso dell’amore puro. È
l’attitudine sublime di colui che ha coscienza del Cristo in sé,
che è maestro del suo corpo fisico come un artista è maestro
del suo strumento, per realizzare un’opera d’arte. Le tre
cadute sotto il peso della croce rappresentano le tre cadute
dell’anima umana: della personalità, dell’intelletto, e della
coscienza, sotto il peso dell’esperienza terrestre, prima di
arrivare al sacrificio della sua personalità, che lo porterà alla
gloria.
  La croce simbolizza le due correnti: quella orizzontale, la
materia, il temporale; quella verticale lo spirito, che devono
incrociarsi al centro, il cuore, e irradiare, attraverso le
estremità, le mani, per manifestarsi in opere d’amore.
  Giuda pensava che all’ultimo Gesù si sarebbe liberato per
mezzo dei suoi poteri, ma vedendolo sanguinare e soffrire in
quel modo, andò nel tempio, trovò i sacerdoti che gli avevano
dato le monete e gliele scagliò per terra, poi uscì dal tempio e
si impiccò, la corda si ruppe velocemente e Giuda fu
seppellito in un campo, comprato dai sacerdoti con le stesse
monete gettate da Giuda, in seguito il campo venne adibito a
luogo di sepoltura per quanti non avevano il diritto a giacere
nei loro sacri cimiteri.
 
VI Stazione
La Veronica asciuga il volto di Gesù
 
MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
 
Nessun volto è più bello del tuo, Signore Gesù, 
che sei venuto a mostrarci lo splendore 
della gloria del Padre. 
Eppure sulla via della croce, 
sfigurato dalla bruttezza dei nostri peccati, 
nemmeno d'uomo avevi più l'aspetto. 
Fu lei, allora, a guardarti con lo sguardo del cuore; 
fu lei, la pia Veronica, ad asciugarti il volto insanguinato; 
e tu glielo donasti allora, impresso nel velo, 
pieno di fascino nel silente mistero. 
Quel gesto di virile coraggio e femminile gentilezza 
fu come lo svelamento della tua identità, 
o Cristo, Figlio di Dio! 
Nella nostra società in cui ogni puro e delicato sentimento 
è calpestato e fatto oggetto di volgarità e di disprezzo, 
la donna sia ancora e sempre, o Signore, 
un supplemento di grazia e di bontà, 
una sacra icona da cui irradia 
la tua divina, consolatrice bellezza.
 

Veronica non appare nei Vangeli. Questo nome non viene menzionato, benché vengano
fatti i nomi di varie donne che compaiono accanto a Gesù.
Può essere, dunque, che il nome esprima piuttosto ciò che la donna fece. In effetti,
secondo la tradizione, sulla via del Calvario una donna si fece strada tra i soldati che
scortavano Gesù e con un velo asciugò il sudore e il sangue sul volto del Signore. Quel
volto restò impresso nel velo; un riflesso fedele, una "vera icona". A questo si
collegherebbe il nome stesso di Veronica.
Se è così, questo nome, che rende memorabile il gesto compiuto da questa donna,
racchiude allo stesso tempo la più profonda verità su di lei.
Un giorno, suscitando la critica degli astanti, Gesù prese le difese di una donna
peccatrice, che aveva versato sui suoi piedi olio profumato e li aveva asciugati con i
capelli. All'obiezione che venne fatta in quella circostanza rispose: "Perché infastidite
questa donna? Essa ha compiuto una azione buona verso di me (...). Versando questo
olio sul mio corpo, lo ha fatto in vista della mia sepoltura" (Mt 26, 10. 12). Si
potrebbero applicare queste parole anche alla Veronica.

Si manifesta così la profonda eloquenza dell'evento.


Il Redentore del mondo dona a Veronica un'autentica immagine del suo volto.
Il velo, su cui resta impresso il volto di Cristo, diventa un messaggio per noi. In un certo
senso esso dice: Ecco come ogni atto buono, ogni gesto di vero amore verso il prossimo
rafforza in chi lo compie la somiglianza col Redentore del mondo.

Gli atti d'amore non passano. Ogni gesto di bontà, di comprensione, di servizio lascia
nel cuore dell'uomo un segno indelebile, che lo rende sempre più simile a colui che
"spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo" (Fil 2, 7).

Così si forma l'identità, il vero nome dell'uomo.

ORAZIONE

Signore Gesù Cristo,


tu che hai accettato
il gesto disinteressato d'amore di una donna
e in cambio hai fatto sì
che le generazioni la ricordino
con il nome del tuo volto,
concedi che le opere nostre,
e di tutti coloro che verranno dopo di noi,
ci rendano simili a te
e lascino al mondo il riflesso del tuo infinito amore.
A te, Gesù, splendore della gloria del Padre,
lode e gloria nei secoli.
Amen.
 
Serafia era una bella donna coraggiosa che assisteva il
doloroso cammino di Gesù, più volte aveva ricevuto l’impulso
di confortarlo anche attraverso un sorso d’acqua. Era giunto il
suo momento, lo vide stanco che grondava di sudore, lacrime
e sangue; Serafia gli porse da bere ma venne impedita dai
soldati, allora gli asciugò il viso con il telo di lino che aveva
sulle spalle, sul quale rimase impresso il volto formato dai
liquidi delle entità fisico-eterica, astrale ed Io del corpo. Da
quel giorno venne chiamata Veronica come vera icona.
  Ciò che si è impresso in quel telo si imprime in ogni cuore
puro e limpido come l’acqua, grazie alla potenza dell’amore
che attira ciò che emana.
 
VII Stazione
Gesù cade la seconda volta
 
MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
 
La prima caduta di un uomo 
può suscitare sentimenti di pena e comprensione, 
la ricaduta, invece, suscita spesso scandalo e indignazione. 
Chi potrà mai conoscere il mistero di umiltà 
nascosto nel tuo ripetuto venir meno lungo la via, 
Gesù, uomo dei dolori? 
Davvero tu hai voluto essere provato in ogni cosa 
come noi, eccetto il peccato. 
Proprio per l'amore che ti ha spinto 
a rivestirti delle nostre infermità 
sei diventato per noi fortezza e scudo di difesa 
contro gli assalti ricorrenti del male. 
Cadremo, sì, cadremo forse tante volte ancora 
sotto la sferza della tentazione, 
ma Tu ci sosterrai, Signore, 
e ci farai di nuovo camminare a testa alta, 
partecipi della tua regale dignità.
 

Ecco, nella polvere della terra sta il Condannato. Schiacciato dal peso della sua croce.
Le forze lo abbandonano sempre più. Ma pur a fatica si rialza, per continuare il
cammino.

Che cosa dice a noi, uomini peccatori, questa seconda caduta? Più ancora della prima,
sembra esortare a rialzarci, a rialzarci un'altra volta sulla nostra via della croce.

Cyprian Norwid ha scritto: "Non dietro a se stessi con la croce del Salvatore, ma dietro
al Salvatore con la propria croce". Massima breve, ma che dice moltissimo. Spiega in
quale senso il cristianesimo sia la religione della croce.

Lascia intendere che ogni uomo incontra quaggiù il Cristo che porta la croce e cade
sotto di essa.
A sua volta Cristo, sulla via del Calvario, incontra ogni uomo e, cadendo sotto il peso
della croce, non cessa di annunziare la buona novella.

Da duemila anni il vangelo della croce parla all'uomo.


Da venti secoli Cristo, che si rialza dalla caduta, incontra l'uomo che cade.

Lungo questi due millenni molti hanno sperimentato che cadere non significa la fine del
cammino.
Incontrando il Salvatore, si sono sentiti da lui rassicurare: "Ti basta la mia grazia; la mia
potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza" (2 Cor 12, 9).
Si sono rialzati confortati ed hanno trasmesso al mondo la parola della speranza che
sgorga dalla croce.
Oggi, varcata la soglia del nuovo millennio, siamo chiamati ad approfondire il
contenuto di questo incontro.
È necessario che la nostra generazione rechi ai secoli futuri la buona novella del nostro
rialzarci in Cristo.

ORAZIONE

Signore Gesù Cristo,


che cadi sotto il peso del peccato dell'uomo
e ti rialzi per assumerlo su di te e cancellarlo,
da' a noi, uomini deboli,
la forza di portare la croce della quotidianità
e di rialzarci dalle nostre cadute,
per recare alle generazioni che verranno
il Vangelo della tua potenza salvifica.
A te, Gesù, sostegno della nostra debolezza,
la lode e la gloria nei secoli.
Amen.
 
La salita al Calvario appariva lunga e faticosissima, era
costella da sassi, pietre e anche fango. Uomini e donne
assistevano ai lati della strada ostacolando il cammino,
mentre i legionari romani a cavallo scortavano il condannato,
un trombettiere precedeva il corteo e ad ogni crocevia
suonava la sentenza di morte. Costretto a passare vicino ad
una grande pietra, Gesù barcollando inciampò nuovamente e
cadde rovinosamente a terra con entrambi i ginocchi e la
croce sulla schiena.
  La caduta dell’uomo assume forme e aspetti sempre nuovi, il
Signore cade nella polvere e nel fango per venirci incontro,
egli ci guarda nel cuore per farci risvegliare, cade per
rialzarci.
 
VIII Stazione
Gesù incontra le donne e i pastori
 
MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
 
Una donna aveva un giorno versato sui tuoi piedi, Gesù, 
lacrime di amore e pentimento. 
Ancora una donna - e si chiamava Maria - 
durante un'ultima cena 
aveva versato sul tuo capo profumo di nardo purissimo... 
Ora ti vengono incontro, piangenti, 
le "figlie di Gerusalemme", 
le donne della stirpe di Rachele, 
per fare su di Te l'accorato lamento. 
Sì, è ben giusto che Tu sia pianto 
come un figlio primogenito, il più caro, votato alla morte. 
Ma Tu le inviti a piangere sulla loro sorte di madri desolate, 
di madri spogliate, 
come alberi da frutto investiti dalla bufera. 
Sono una moltitudine, queste donne, sopra la terra... 
Piangono, sì, piangono, le madri 
su quest'ora tragica della nostra storia, 
ma in seno a Te e in seno alla tua Madre 
versino il fiume delle loro lacrime, 
perché ogni dolore abbia la sua compassione, 
la grazia dell'amore che redime.
 

Se, mentre seguiamo Cristo sulla via della croce, si desta nei nostri cuori la compassione
per la sua sofferenza, non possiamo dimenticare quell'ammonimento.
"Se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?".
Per la nostra generazione, che si lascia un millennio alle spalle, più che di piangere su
Cristo martoriato, è ora di "riconoscere il tempo in cui è visitata".
Già risplende l'aurora della risurrezione.
"Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza" (2 Cor 6, 2).

A ciascuno di noi Cristo rivolge queste parole dell'Apocalisse: "Sto alla porta e busso.
Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli
con me. Il vincitore lo farò sedere presso di me, sul mio trono, come io ho vinto e mi
sono assiso presso il Padre mio sul suo trono" (3, 20-21).

ORAZIONE

Cristo, che sei venuto in questo mondo,


per visitare tutti coloro che attendono la salvezza,
fa' che la nostra generazione
riconosca il tempo in cui viene visitata
e abbia parte ai frutti della tua redenzione.
Non permettere che su noi
e sugli uomini del nuovo secolo
si debba piangere perché abbiamo respinto
la mano del Padre misericordioso.
A te, Gesù, nato dalla Vergine Figlia di Sion,
onore e gloria nei secoli eterni.
Amen.
 
  Verso il calvario, le due Marie, Miriam ed altre donne di
Gerusalemme, piangevano vicine al Signore; Gesù gli disse:
“Non piangete su di me, perché se trattano così il legno verde
che avverrà di quello secco? Non piangete, perché sebbene io
vada via, passando per la porta della croce, nel primo giorno
della settimana, sollevate i vostri cuori, poiché vi incontrerò al
sepolcro”.
  Emergono dietro le macerie di un muretto franato un
gruppetto di  pastori. Desolati, stravolti, polverosi, stracciati,
essi chiamano a loro, con la forza degli sguardi, il loro
Maestro. Ed Egli gira il capo, li vede… li fissa come fossero
volti di Angeli, pare dissetarsi e fortificarsi col loro pianto, e
sorride…
  Gesù non vuole i nostri pianti sentimentali che ci
mantengono statici e immobili, egli ci porta ad agire verso
una conversione di vita che rende responsabili lavoratori del
bene, viva speranza, tralci viventi della vera vite che portano
i frutti della vita eterna.
 
IX Stazione
Gesù cade la terza volta
 
MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
 
Signore Gesù, nello schianto della terza caduta 
riconosciamo il crollo delle nostre presunzioni. 
Tu ci vuoi insegnare ad attendere la salvezza 
unicamente da Dio nostro Padre. 
Il tuo silenzio di umiltà e il tuo mite patire 
ci fanno intuire il segreto della forza interiore 
che spinge avanti il tuo cammino di filiale obbedienza. 
Possa questa tua forza d'amore 
comunicarsi al cuore di ogni uomo 
affranto sotto i colpi della prova, 
al cuore di ogni giovane ricaduto 
nel baratro dell'alienazione... 
Venga spezzato il giogo di ogni schiavitù 
e, risollevati dal tuo perdono, 
tutti gli uomini possano ristorarsi 
alla fonte viva del tuo eterno Amore. 
 

Ecco, Cristo è nuovamente stramazzato a terra sotto il peso della croce. La folla,
curiosa, osserva se ancora avrà la forza di rialzarsi.

San Paolo scrive: "Pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua
uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e
divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi
obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Fil 2, 6?8).
La terza caduta sembra esprimere proprio questo:
la spoliazione, la kenosis del Figlio di Dio,
l'umiliazione sotto la croce.
Ai discepoli Gesù, aveva detto di essere venuto non per essere servito, ma per servire
(cfr Mt 20, 28).

Nel Cenacolo, chinandosi fino a terra e lavando loro i piedi, aveva come
voluto abituarli a questa sua umiliazione.
Cadendo a terra per la terza volta sulla via della croce, ci grida ancora a gran voce il
suo mistero.
Ascoltiamo la sua voce!
Questo Condannato, a terra sotto il peso della croce, nei pressi ormai del luogo del
supplizio, ci dice: "Io sono la via, la verità e la vita" (Gv 14, 6). "Chi segue me, non
camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Gv 8, 12).

Non ci sgomenti la vista di un Condannato, che cade a terra sfinito sotto la croce.
Questo esteriore manifestarsi della morte, che si sta avvicinando, nasconde in sé la luce
della vita.

ORAZIONE

Signore Gesù Cristo,


che per la tua umiliazione sotto la croce
hai rivelato al mondo il prezzo della sua redenzione,
da' agli uomini del terzo millennio
la luce della fede,
affinché riconoscendo in te
il Servo sofferente di Dio e dell'uomo,
abbiano il coraggio di seguire lo stesso cammino,
che, attraverso la croce e la spoliazione,
porta alla vita che non avrà fine.
A te, Gesù, sostegno della nostra debolezza,
onore e gloria nei secoli.
Amen.
 
  Gesù portava lentamente la croce assieme a Simone nel
punto di massima salita verso la collina del Golgota. Arrivati
quasi in cima, Gesù barcollando ebbe una flessione per
sfinimento, cadde ancora battendo il capo sotto il peso della
croce perché veramente stremato. Il volto sulle pietre nella
polvere e la croce sulle spalle feriteIl Cireneo, maltrattato e
sfinito, avrebbe voluto aiutare Gesù a rialzarsi, ma i carnefici
lo scacciarono dalla montagna oltraggiandolo. Con lui furono
fatti allontanare tutti quelli del corteo dei quali non si aveva
più bisogno.
  Gesù si è rialzato anche da questa nuova caduta, il suo
esempio è vera speranza che dobbiamo portare al mondo
intero, dobbiamo rialzarci continuamente utilizzando tutte le
nostre forze poiché quando ci aiutiamo egli ci aiuta. In Te noi
ci salviamo, qualsiasi forza dell’opposizione non ha accesso ad
un Io compenetrato dal Cristo.

X Stazione
Gesù è spogliato delle vesti
 
MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
 
Sei entrato nel mondo spogliandoti della tua gloria
di Figlio di Dio, per nascere figlio dell'uomo. 
In quest'ora decisiva di tutta la storia 
anche la tua umanità viene spogliata da mani profane... 
Il tuo corpo, quel vergine corpo che si era formato 
nel grembo immacolato della Vergine, 
è denudato e fatto oggetto di irriverenza e di volgarità. 
Eppure Tu sei Re; Tu sei l'unico Signore del mondo! 
Vedere Te è vedere la luce, 
toccare Te è toccare il fuoco. 
Come oseremo guardarti 
noi, che ti abbiamo buttato addosso 
il fango del nostro peccato? 
Portando su di Te la nostra vergogna, 
Tu ci rivesti della tua santità. 
La tua tunica inconsutile è la veste nuziale 
che doni alla tua dilettissima Chiesa.
 

"Assaggiatolo, non ne volle bere" (Mt 27, 34).


Non volle calmanti, che gli avrebbero annebbiato la coscienza durante l'agonia.
Voleva agonizzare sulla croce consapevolmente, adempiendo alla missione ricevuta dal
Padre.
Ciò era contrario ai metodi usati dai soldati incaricati dell'esecuzione. Dovendo
inchiodare alla croce il condannato, essi cercavano di attutire la sua sensibilità e la sua
coscienza.
Nel caso di Cristo non poteva essere così. Gesù sa che la sua morte in croce deve essere
un sacrificio di espiazione.
Per questo vuole conservare la coscienza vigile sino alla fine.
Privo di essa non potrebbe, in modo completamente libero, accettare la piena misura
della sofferenza.

Ecco, egli deve salire sulla croce, per offrire il sacrificio della Nuova Alleanza.

Egli è Sacerdote. Deve entrare mediante il proprio sangue nelle dimore eterne, dopo
aver operato la redenzione del mondo (cfr Eb 9, 12).

Coscienza e libertà: sono gli attributi irrinunciabili di un agire pienamente umano.

Il mondo conosce tanti mezzi per indebolire la volontà ed offuscare la coscienza.


Occorre difenderle gelosamente da tutte le violenze!
Lo stesso legittimo sforzo di attutire il dolore va compiuto sempre nel rispetto della
dignità umana.

Bisogna comprendere profondamente il sacrificio di Cristo, occorre unirsi ad esso per


non cedere, per non permettere che la vita e la morte perdano il loro valore.

ORAZIONE

Signore Gesù,
che con totale dedizione hai accettato la morte di croce
per la nostra salvezza,
rendi noi e tutti gli uomini del mondo
partecipi del tuo sacrificio sulla croce,
affinché il nostro esistere e il nostro operare
abbiano la forma di una partecipazione
libera e consapevole
alla tua opera di salvezza.
A te Gesù, sacerdote e vittima
onore e gloria nei secoli.
Amen.
 
  Giunti al Golgota, la cui locazione terrestre è 31°46’ di
Latitudine Nord e 35°14’ di Longitudine Est, vi erano già due
uomini crocifissi legati con corde, quattro guardie romane (le
stesse che lo avevano flagellato da Erode), spogliarono Gesù
(il re del cielo deve morire nudo sulla terra) e lo misero sulla
croce legandolo, con la corona di spine sulla testa.
  Umiliato e spogliato della veste bianca tessuta da Maria, da
quella veste così ben fatta che appare indivisibile, tanto che i
soldati tirano a sorte per ricevere gratuitamente e senza
sforzo quello splendore di Dio che non è più tale una volta
allontanato dalla Fonte, senza la nostra attiva partecipazione.
Quella veste di luce è la Tua Grazia che opera attraverso noi e
che riceviamo dalla Fede cosciente in Te; è il Tuo Corpo che ci
hai donato e che ci doni nell’Eucaristia.
 
XI Stazione
Gesù è inchiodato alla croce
 
MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
 
Come una vite rigogliosa che la bufera 
ha spogliato dei suoi verdi pampini, 
così Tu, appeso al legno della croce, 
sei divenuto spettacolo al cielo e alla terra. 
Il tuo corpo esteso in dimensione cosmica 
è tutto dono e tutto accoglienza. 
E l'antico nemico è ancora lì, puntualmente, 
per tentare l'ultimo disperato attacco. 
"Scendi... ! Salva te stesso!". 
Signore Gesù, se Tu fossi sceso dalla croce 
noi tutti saremmo perduti; 
se Tu avessi mostrato la tua divina potenza, 
non sarebbe sgorgato sul mondo il fiume di grazia 
che rigenera i credenti a vita nuova. 
Benedetto quel legno per mezzo del quale 
Tu stesso ti sei inchiodato al volere del Padre 
a salvezza di tutti noi!
 

"Hanno forato le mie mani e i miei piedi, posso contare tutte le mie ossa" (Sal 212, 17?
18).
Si compiono le parole del profeta.
Inizia l'esecuzione.
I colpi degli aguzzini schiacciano contro il legno della croce le mani e i piedi del
Condannato.
Nel carpo delle mani i chiodi vengono infissi con prepotenza. Quei chiodi terranno
appeso il condannato fra gli inesprimibili tormenti dell'agonia.
Nel suo corpo e nel suo animo sensibilissimo, Cristo soffre indicibilmente.
Insieme con lui vengono crocifissi due veri malfattori, uno alla sua destra e l'altro alla
sua sinistra. Si compie la profezia: "È stato annoverato fra gli empi" (Is 53, 12).

Quando gli aguzzini alzeranno la croce, inizierà una agonia che durerà tre ore. Bisogna
che si adempia anche questa parola: "Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a
me" (Gv 12, 32).

Che cosa "attira" in questo Condannato in agonia sulla croce?


L'immagine di una sofferenza tanto intensa desta certamente compassione. Ma la
compassione è troppo poco per indurre a vincolare la propria vita a colui che è appeso
alla croce.

Come spiegare che, generazione dopo generazione, questa terrificante visione abbia
attirato innumerevoli schiere di persone che hanno fatto della croce il distintivo della
loro fede?
Di uomini e donne che per secoli hanno vissuto e dato la vita guardando a questo segno?

Cristo attira dalla croce con la potenza dell'amore,


dell'Amore divino, che non si è sottratto al dono totale di sé;
dell'Amore infinito, che ha innalzato da terra sull'albero della croce il peso del corpo di
Cristo, per bilanciare il peso dell'antica colpa;
dell'Amore sconfinato, che ha colmato ogni assenza di amore e ha permesso all'uomo di
trovare rifugio nuovamente tra le braccia del Padre misericordioso.

Cristo innalzato sulla croce attiri anche noi, uomini e donne del nuovo millennio!
All'ombra della croce, "camminiamo nella carità perché anche Cristo ci ha amato e ha
dato se stesso, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore" (cfr Ef 5, 2).

ORAZIONE

Cristo innalzato,
Amore crocifisso,
riempi i nostri cuori del tuo amore,
affinché riconosciamo nella tua croce
il segno della nostra redenzione
e, attratti dalle tue ferite,
viviamo e moriamo con te,
che vivi e regni con il Padre e con lo Spirito,
ora e nei secoli senza fine.
Amen.
 
Gesù era legato alla croce, tuttavia gli ebrei lo volevano
inchiodato, così le guardie lo trafissero con i chiodi,
trapassandogli le mani e i piedi, poi gli offrirono una bevanda
sedativa a base di aceto e mirra, ma Gesù rifiutò.
 
_______Crocifissione_______
dall'Evangelo di Maria Valtorta
 
...Gesù, che aveva gli occhi chiusi, all'acuto dolore ha un grido e una
contrazione, e spalanca gli occhi nuotanti fra le lacrime. Deve essere un
dolore atroce quello che prova... Il chiodo penetra spezzando muscoli, vene,
nervi, frantumando ossa...
Ma Gesù non grida più, ha solo un lamento roco dietro le labbra fortemente
chiuse, e lacrime di spasimo cadono per terra dopo esser cadute sul legno.
Ora, quelli che erano seduti sul petto di Gesù si alzano per spostarsi sui
ginocchi, dato che Gesù ha un movimento involontario di ritirare le gambe,
vedendo brillare al sole il lunghissimo chiodo, lungo il doppio e largo il
doppio di quello usato per le mani. E pesano sui ginocchi scorticati, e
premono sui poveri stinchi contusi, mentre gli altri due compiono
l'operazione, molto più difficile, dell'inchiodatura di un piede sull'altro,
cercando di combinare le due giunture dei tarsi insieme.
Per quanto guardino e tengano fermi i piedi, al malleolo e alle dita, contro il
cuneo, il piede sottoposto si sposta per la vibrazione del chiodo, e lo devono
schiodare quasi, perché, dopo essere entrato nelle parti molli, il chiodo, già
spuntato per avere perforato il piede destro, deve essere portato un poco più in
centro. E picchiano, picchiano, picchiano... Non si sente che l'atroce rumore
del martello sulla testa del chiodo, perché tutto il Calvario non è che occhi e
orecchie tese, per raccogliere atto e rumore e gioirne...
 
  Gesù si è saldato al mondo come alla croce, possa questa
ulteriore prova donarci la possibilità di trovare quel legame
che ci consente di scoprire la vera Libertà.
  Alzarono la croce al centro tra gli altri due condannati e
sopra la sua testa,  venne affissa una tavoletta di legno con
scritto: Gesù il Cristo, Re degli ebrei.
  I sacerdoti si incollerirono quando lessero queste parole
poiché avrebbero voluto leggere: colui che si riteneva Figlio di
Dio, ma Pilato disse: “ciò che ho scritto, ho scritto, lasciatelo
stare”.
 
_______Crocifissione_______
dall'Evangelo di Maria Valtorta
 
Il sole è strano. Di un giallo rosso d'incendio. E poi pare che l'incendio si
spenga di colpo per un nuvolone di pece che sorge da dietro le catene giudee e
che corre veloce per il cielo, scomparendo dietro ad altri monti. E quando il
sole ritorna fuori è così vivo che l'occhio non lo sopporta che male.
Nel guardare vede Maria, proprio sotto il balzo, che tiene alzato verso il Figlio
il suo volto straziato.
Gesù tace. Anelante per lo sforzo della posizione, per la febbre, per lo stato
cardiaco e respiratorio, conseguenza della flagellazione subita in forma tanto
violenta, e anche dell'angoscia profonda che gli aveva fatto sudar sangue,
cerca trovare un sollievo, alleggerendo il peso che grava sui piedi,
sospendendosi alle mani e facendo forza con le braccia. Forse lo fa anche per
vincere un poco il crampo che già tormenta i piedi e che si tradisce con il
tremito muscolare. Ma lo stesso tremore è nelle fibre delle braccia, che sono
sforzate in quella posizione e devono essere gelate nelle loro estremità, perché
poste più in alto e abbandonate dal sangue, che a fatica giunge ai polsi e poi
ne geme dai buchi dei chiodi lasciando senza circolazione le dita. Specie
quelle della sinistra sono già cadaveriche e stanno senza moto, ripiegate verso
il palmo. Anche le dita dei piedi esprimono il loro tormento. Specie gli alluci,
forse perché meno è leso il loro nervo, si alzano, si abbassano, si divaricano.
Il tronco, poi, svela tutta la sua pena col suo movimento, che è veloce ma non
profondo, ed affatica senza dare sollievo. Le coste, molto ampie e alte di loro,
perché la struttura di questo Corpo è perfetta, sono ora dilatate oltre misura
per la posizione assunta dal corpo e per l'edema polmonare che certo si è
formato nell'interno. Eppure non servono ad alleggerire lo sforzo respiratorio,
tanto che tutto l'addome aiuta col suo muoversi il diaframma, che sempre più
si va paralizzando.
E la congestione e l'asfissia aumentano di minuto in minuto, come lo indicano
il colorito cianotico che sottolinea le labbra, di un rosso acceso dalla febbre, e
le striature di un rosso violaceo, che spennellano il collo lungo le giugulari
turgide e si allargano fino sulle guance, verso le orecchie e le tempie, mentre
il naso è affilato e esangue, e gli occhi affondano in un cerchio che è livido
dove è privo del sangue colato dalla corona.
Sotto l'arco costale sinistro si vede l'urto propagato dalla punta cardiaca,
irregolare, ma violento, e ogni tanto, per una convulsione interna, il
diaframma ha un fremito profondo che si rivela da una distensione totale della
pelle, per quanto può stendersi su quel povero Corpo ferito e morente.
Il Volto ha già l'aspetto che vediamo nelle fotografie della Sindone, col naso
deviato e gonfio da una parte; e anche il tenere l'occhio destro quasi chiuso,
per il gonfiore che è da questo lato, aumenta la somiglianzà. La bocca, invece,
è aperta, con la sua ferita sul labbro superiore ormai ridotta ad una crosta.
La sete, data dalla perdita di sangue, dalla febbre e dal sole, deve essere
intensa, tanto che Egli, con mossa macchinale, beve le stille del suo sudore e
del suo pianto, e anche quelle del sangue che scende dalla fronte fin sui baffi,
e si bagna con queste la lingua...
La corona di spine gli vieta di appoggiarsi al tronco della croce per aiutare la
sospensione sulle braccia e alleggerire i piedi. Le reni e tutta la spina si arcua
verso l'esterno, stando staccato dal tronco della croce dal bacino in su per
forza di inerzia che fa pendere in avanti un corpo sospeso come era il suo.
Gesù parla per la prima volta: «Padre, perdona loro perché non sanno quello
che fanno!».
Questa preghiera vince ogni timore in Disma. Osa guardare il Cristo e dice:
«Signore, ricordati di me quando sarai nel tuo Regno. Io è giusto che qui
soffra. Ma dammi misericordia e pace oltre la vita. Una volta ti ho sentito
parlare e, folle, ho respinto la tua parola. Ora me ne pento. E dei miei peccati
me ne pento davanti a Te, Figlio dell'Altissimo. Io credo che Tu venga da Dio.
Io credo nel tuo potere. Io credo nella tua misericordia. Cristo, perdonami in
nome di tua Madre e del tuo Padre santissimo».
Gesù si volge e lo guarda con profonda pietà, ed ha un sorriso ancora
bellissimo sulla povera bocca torturata. Dice: «Io te lo dico: oggi tu sarai con
me in Paradiso».
Il ladrone pentito si mette calmo e, non sapendo più le preghiere imparate da
bambino, ripete come una giaculatoria: «Gesù Nazareno, re dei giudei, pietà
di me; Gesù Nazareno, re dei giudei, io spero in Te; Gesù Nazareno, re dei
giudei, io credo nella tua Divinità».
 
  Ed ecco che la croce è ritta sulla sinistra collina del Golgota o
luogo dei teschi, luogo di morte. Una nube rossastra si pone
davanti al sole. L’atmosfera terrestre diviene pesante, dei
fluidi neri sono presenti su tutta la vallata. Più che mai egli si
sente solo. Tutto intorno si erge un silenzio profondo,
vogliono udire i suoi gemiti, ma Gesù tace davanti ai suoi
carnefici, come ha fatto davanti ai giudici, il suo sangue
gocciola sulla terra, l’aura terrestre è in trasformazione.
   L’agonia comincia.
  Le moltitudini ebraiche, le guardie e i condannati, sfidavano
Gesù a scendere dalla croce e lo deridevano. Non hanno
compreso che tutta la sua grandezza, tutta la sua divinità,
risiedono giustamente nel fatto che egli non usa i poteri per
se stesso. Egli ha usato i suoi poteri unicamente per aiutare e
amare gli altri. È attraverso questo sacrificio che egli diviene
sublime e divino, attraverso questo atto d’Amore Umano
Infinito, attraverso il suo esempio, che egli può donare
all’umanità i mezzi per salvarsi.
  Questo amore puro e grandioso, debordante della sua
personalità, per donarsi interamente ai suoi fratelli. Gesù è
unicamente tutto e manifesta questo grande amore potente
per gli altri. Anche crocifisso non cessa di amare con una
grande tenerezza, malgrado tutte le immense sofferenze.
  La terra sente per la prima volta, le divine parole rivolte al
cielo: “Padre perdonali, poiché non sanno quello che fanno”.
Anche durante la morte egli conferma il suo insegnamento:
“amate i vostri nemici”. Per essere cristiani non è importante
appartenere a una religione, ma è indispensabile saper
perdonare quelli che ci hanno fatto del male, o meglio,
amarli. E amando, voi vivificate tutto intorno a voi. Per essere
dei veri cristiani occorre appartenere alla religione dell’amore
«amare significa essere abitati dall’amore. O. Mikhaël
Aïvanhov».
  Anche i due ladroni insultano Gesù poiché loro furono
obbligati a portare la croce fino alla sommità. Ma uno di essi
intende e riconosce l’anima piena d’amore e di luce. La frase
pronunciata da Gesù, gli penetra profondamente come una
stella nella notte e opera una comprensione d’una vita nuova,
egli indirizza a Gesù una preghiera che viene esaudita: “tu
sarai con me in Paradiso”.
 
Ai piedi della croce
 
Tu Maria
Madre di Dio
ci attiri
ci accogli
ci sostieni
verso la Risurrezione
e la Vita
 
  Vi erano molte donne vicino, ai piedi della croce, anche sua
Madre con Giovanni e a lui disse: “Figlio, ecco tua Madre”, e a
lei disse: “Donna, ecco tuo figlio”. Maria diventa la nuova
Madre dell’Umanità. Attraverso Maria si rinasce. Così ogni
donna può sentirsi madre di fronte a un bimbo, ed ogni bimbo
può vedere una madre in ogni donna. Questa è la Chiesa
Universale del Cristo, dove l’Amore e la  Fratellanza vengono
messi al primo posto nella vita, dove la Pace e la Vita regnano
sovrani nel rispetto reciproco, conformando i nostri passi
sull’esempio di Gesù. La Chiesa Cattolica è quella che più
fedelmente ha custodito la Memoria portando nel presente
questo Amore che vuole abbracciare e redimere l’umanità. Al
di là di tutti gli errori umani, cerchiamo di partecipare a
questo Corpo Vivente che sempre si rinnova maturando,
poiché umano, ma è costellato di persone Sante, sia al suo
interno che fuori. Questo è il nostro compito, riconoscere la
Verità e diventare Fratelli, superando le divisioni; l’unità ci
porta al Padre che ci ama immensamente, eterna è la sua
Misericordia.
 
XII Stazione
Gesù muore in croce
 
MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
 
Il potere delle tenebre sembra prevalere: 
Tu, Uomo-Dio, tragicamente solo, 
sospeso tra la terra e il cielo, 
sei l'arbitro della storia. 
Questa è l'ora "zero". 
Il tuo grido di morente 
lacera lo spessore grigio del tempo 
e dischiude per noi le soglie radiose 
dell'eterno regno dei viventi. 
Il gemito del tuo morire 
affidandoti alle mani del Padre, 
diventa grido di gioia nel cuore della Madre Chiesa 
per la nascita dell'uomo nuovo. 
Grande è questo mistero! 
E Maria, tua-nostra madre, in consapevole silenzio, 
presso la tua croce, sta.
 

"Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno"(Lc 23, 34).


All'apice della passione Cristo non dimentica l'uomo, specialmente non dimentica
coloro che sono direttamente causa della sua sofferenza. Egli sa che l'uomo, più di ogni
altra cosa, ha bisogno d'amore; ha bisogno della misericordia che in questo istante si
espande sul mondo.

"In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso"(Lc 23, 43).


Gesù risponde così alla richiesta del malfattore, appeso alla sua destra: "Gesù, ricordati
di me quando entrerai nel tuo regno" (Lc 23, 42).
La promessa di una nuova vita. Ecco il primo frutto della passione e dell'imminente
morte di Cristo. Una parola di speranza all'uomo.

Ai piedi della croce stava la Madre, e accanto a lei il discepolo, Giovanni evangelista.
Gesù dice: "Donna, ecco il tuo figlio!", e al discepolo: "Ecco la tua madre!".

"E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa"(Gv 19, 26-27).


È il testamento per le persone più care al suo cuore.
Il testamento per la Chiesa.
Gesù morente vuole che l'amore materno di Maria abbracci tutti coloro per i quali egli
dà la vita, l'intera umanità.

Subito dopo, Gesù esclama: "Ho sete" (Gv 19, 28). Parola da cui traspare la terribile
arsura, che brucia l'intero suo corpo.
È la sola parola che manifesta direttamente la sua sofferenza fisica.

Poi Gesù aggiunge: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Mt 27, 46;
cfr Sal 213, 2). Sono le parole del Salmo con cui egli prega. La frase, nonostante il suo
tenore, evidenzia la sua unione profonda con il Padre.
Negli ultimi istanti della sua vita sulla terra, Gesù dirige il suo pensiero al Padre. Il
dialogo si svolgerà ormai soltanto tra il Figlio che muore e il Padre che accetta il suo
sacrificio d'amore.

Quando giunge l'ora nona, Gesù grida: "Tutto è compiuto!" (Gv 19, 30).
Ecco, è giunta a compimento l'opera della redenzione.
La missione, per la quale è venuto sulla terra, ha raggiunto il suo scopo.

Il resto appartiene al Padre:


"Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito"(Lc 23, 46).
Detto questo spirò.
"Il velo del tempio si squarciò in due..." (Mt 27, 51).
Il "santo dei santi" nel tempio di Gerusalemme viene aperto nell'istante in cui vi entra il
Sacerdote della Nuova ed Eterna Alleanza.

ORAZIONE

Signore Gesù Cristo,


tu che al momento dell'agonia
non sei rimasto indifferente alla sorte dell'uomo
e insieme al tuo ultimo respiro
hai affidato con amore alla misericordia del Padre
gli uomini e le donne di tutti i tempi
con le loro debolezze ed i loro peccati,
riempi noi e le generazioni future
del tuo Spirito d'amore,
affinché la nostra indifferenza non renda vani in noi
i frutti della tua morte.
A te, Gesù crocifisso, sapienza e potenza di Dio,
onore e gloria nei secoli eterni.
Amen.
 
 
_______Crocifissione_______
dall'Evangelo di Maria Valtorta
 
Il cielo si fa sempre più fosco. Ora difficilmente le nubi si aprono per fare
passare il sole. Ma anzi si accavallano a più e più strati plumbei, bianchi,
verdognoli, si sormontano, si dipanano secondo i giucchi di un vento freddo,
che a intervalli scorre il cielo e poi scende sulla terra e poi tace di nuovo, ed è
quasi più sinistra l'aria quando tace, afosa e morta, di quando fischia tagliente
e veloce.
La luce, prima viva fin oltre misura, si va facendo verdastra. E i volti
prendono bizzarri aspetti. I soldati, sotto i loro elmi e nelle loro corazze, prima
lucenti ed ora divenute come appannate nella luce verdastra e sotto il cielo di
cenere, mostrano i duri profili come scalpellati. I giudei, per la maggioranza
bruni di pelle e capelli e barba, paiono degli annegati, tanto il loro volto si fa
terreo. Le donne sembrano statue di neve azzurrastra per il pallore esangue
che la luce accentua.
Gesù sembra illividire sinistramente come per inizio di decomposizione, quasi
fosse già morto. La testa gli comincia a pendere sul petto. Le forze mancano
rapidamente. Trema, nonostante la febbre che lo arde. E nella sua debolezza
mormora il nome che prima ha solo detto nel fondo del cuore: «Mamma!»,
«Mamma!». Lo mormora piano, come in un sospiro, quasi fosse già in un
lieve delirio che gli impedisca di trattenere quanto la volontà vorrebbe
trattenere. E Maria, ogni volta, ha un atto infrenabile di tendere le braccia
come per soccorrerlo.
Molti cominciano a impressionarsi della luce che sta fasciando il mondo, e
qualcuno ha paura. Anche i soldati accennano al cielo e ad una specie di cono,
che pare di lavagna tanto è cupo e che si leva come un pino da dietro una
vetta. Sembra una tromba marina. Si alza, si alza e pare che generi nubi
sempre più nere, quasi fosse un vulcano eruttante fumo e lava.
È in questa luce crepuscolare e paurosa che Gesù da a Maria Giovanni e a
Giovanni Maria. Curva il capo, poiché la Madre si è fatta più sotto alla croce
per vederlo meglio, e dice: «Donna, ecco tuo figlio. Figlio, ecco tua Madre».
Maria ha il volto ancor più sconvolto dopo questa parola che è il testamento
del suo Gesù, che non ha nulla da dare alla Madre se non un uomo, Egli che
per amore dell'Uomo la priva dell'Uomo-Dio, nato da Lei. Ma cerca, la povera
Madre, di non piangere che mutamente, perché non può, non può non
piangere... Le stille del pianto gemono nonostante ogni sforzo per trattenerle,
anche se la bocca ha il suo straziato sorriso, fissato sulle labbra per Lui, per
confortare Lui...
Le sofferenze crescono sempre più. E la luce sempre più decresce.
 
   Intanto il sangue colava nella terra e alle 16 la luna piena
cresceva già interamente coperta dall’ombra terrestre e
parzialmente eclissata nel cielo che si faceva sempre più
scuro «attraverso l’ombra della Terra guardiamo in quello che
pare essere il nulla: in realtà è il luogo in cui danzano gli
angeli. Mark Hedsel», vediamo così l’immagine della falce
lunare in ombra dalla quale esce un disco nero,
l’impero delle tenebre sembra aver supremazia, ma
nello stesso tempo entra nella terra un cerchio d’oro,
una Luce d’Amore, una Forza Solare; in quel momento
Gesù pronuncia l’inizio del salmo 22 “Preghiera del giusto
morente”, ed esclama: “Padre (Dio – Sole) perché mi hai
abbandonato”, l’essere umano deve subire l’abbandono di
tutti i soccorsi esteriori per ritrovarsi nella sua anima pura. 
Ritrovarsi significa conoscersi e afferrare da noi il punto
medio d’equilibrio che ci permette di avanzare stabilmente
anche sui terreni più impervi; è come riuscire a camminare
sull’acqua.
  Nell’estremo isolamento Gesù entra in comunione con il
Padre, quando si ha la sensazione di essere abbandonati da
tutti e da tutto, allora si ritrova il Padre. E in questo momento
di solitudine, tuttavia il Padre è vicinissimo, se il Padre è
nell’anima del figlio, il divino è in tutte le creature.
 
  Gesù pregò ininterrottamente fino alla morte. I suoi gemiti
sommessi interrompevano appena le preghiere e i passaggi
dei salmi e dei profeti, che egli recitò nei momenti della sua
passione.
 
Salmo 22
 
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Tu sei lontano dalla mia salvezza”:
sono le parole del mio lamento.
3 Dio mio, invoco di giorno e non rispondi,

grido di notte e non trovo riposo.


 
4 Eppure tu abiti la santa dimora,
tu, lode di Israele.
5 In te hanno sperato i nostri padri,

hanno sperato e tu li hai liberati;


6 a te gridarono e furono salvati,

sperando in te non rimasero delusi.


 
7  Ma io sono verme, non uomo,
infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo.
8 Mi scherniscono quelli che mi vedono,

storcono le labbra, scuotono il capo:


9 “Si è affidato al Signore, lui lo scampi;
lo liberi, se è suo amico”.
 
Sei tu che mi hai tratto dal grembo,
10 

mi hai fatto riposare sul petto di mia madre.


11 Al mio nascere tu mi hai raccolto,

dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio.


12 Da me non stare lontano,

poiché l’angoscia è vicina


e nessuno mi aiuta.
 
Mi circondano tori numerosi,
13 

mi assediano tori di Basan.


14 Spalancano contro di me la loro bocca

come leone che sbrana e ruggisce.


15 me acqua sono versato,

sono slogate tutte le mie ossa.


Il mio cuore è come cera,
si fonde in mezzo alle mie viscere.
16 È arido come un coccio il mio palato,

la mia lingua si è incollata alla gola,


su polvere di morte mi hai deposto.
 
Un branco di cani mi circonda,
17 

mi assedia una banda di malvagi;


hanno forato le mie mani e i miei piedi,
18 posso contare tutte le mie ossa.

Essi mi guardano, mi osservano:


19 si dividono le mie vesti,

sul mio vestito gettano la sorte.


 
Ma tu, Signore, non stare lontano,
20 

mia forza, accorri in mio aiuto.


21 Scampami dalla spada,

dalle unghie del cane la mia vita.


22 Salvami dalla bocca del leone

e dalle corna dei bufali.


23 Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli,

ti loderò in mezzo all’assemblea.


 
Lodate il Signore, voi che lo temete,
24 

gli dia gloria la stirpe di Giacobbe,


lo tema tutta la stirpe di Israele;
25 perché egli non ha disprezzato

né sdegnato l’afflizione del misero,


non gli ha nascosto il suo volto,
ma, al suo grido d’aiuto, lo ha esaudito.
 
Sei tu la mia lode nella grande assemblea,
26 

scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.


27  I poveri mangeranno e saranno saziati,
loderanno il Signore quanti lo cercano:
“Viva il loro cuore per sempre”.
28 Ricorderanno e torneranno al Signore

tutti i confini della terra,


si prostreranno davanti a lui
tutte le famiglie dei popoli.
29 Poiché il regno è del Signore,

egli domina su tutte le nazioni.


30 A lui solo si prostreranno quanti dormono sotto terra,

davanti a lui si curveranno


quanti discendono nella polvere.
 
E io vivrò per lui,
31 lo servirà la mia discendenza.
Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
32 annunzieranno la sua giustizia;

al popolo che nascerà diranno:


“Ecco l’opera del Signore! ”.
 
  Poi disse: “ho sete”, Gesù ha sete d’Acqua d’Amore e Vita, è
libertà che vola verso la Divinità.
  Un soldato romano immerse una spugna nell’aceto con mirra
e la pose sulle sue labbra.
  Alle 18 la terra iniziò a tremare e Gesù pronuncia le sue
ultime parole: “Mio Dio, Padre, tutto è compiuto - nelle tue
mani rimetto la mia anima e il mio spirito”.
 
_______Crocifissione_______
dall'Evangelo di Maria Valtorta
 
Le sofferenze sono sempre più forti. Il corpo ha i primi inarcamenti propri
della tetanìa e ogni clamore di folla li esaspera. La morte delle fibre e dei
nervi si estende dalle estremità torturate al tronco, rendendo sempre più
difficoltoso il moto respiratorio, debole la contrazione diaframmatica e
disordinato il movimento cardiaco. Il volto di Cristo passa alternativamente da
vampe di rossore intensissimo a pallori verdastri di morente per
dissanguamento. La bocca si muove con maggiore fatica, perché i nervi
sovraffaticati del collo e del capo stesso, che hanno per decine di volte fatto
da leva al corpo tutto puntandosi sulla sbarra trasversa della croce, propagano
il crampo anche alle mascelle. La gola, enfiata dalle carotidi ingorgate, deve
dolere ed estendere il suo edema alla lingua, che appare ingrossata e lenta nei
movimenti. La schiena, anche nei momenti che le contrazioni tetanizzanti non
la curvano ad arco completo dalla nuca alle anche, appoggiate come punti
estremi al tronco della croce, si arcua sempre più in avanti, perché le membra
divengono sempre più pesanti del peso delle carni morte.
La gente vede poco e male queste cose, perché la luce è ormai di un cenere
cupo, e solo chi è ai piedi della croce può vedere bene.
"Gesù si affloscia, un certo momento, tutto in avanti e in sog.is basso, come
già morto; non ansa più, la testa gli pende inerte in avanti, il corpo dalle anche
in su è tutto staccato facendo angolo con le braccia alla croce.
Maria ha un grido: «È morto!». Un grido tragico che si propaga nell'aria nera.
E Gesù appare realmente morto.
Un altro grido femminile le risponde e nel gruppo delle donne vedo un
tramestio. Poi una decina di persone si allontanano sostenendo qualche cosa.
Ma non posso vedere chi si allontana così. È troppo poca la luce nebbiosa.
Sembra di essere immersi in una nube di cenere vulcanica fittissima.
A gran fatica, puntandosi una volta ancora sui piedi torturati, trovando forza
nella sua volontà, unicamente in quella, Gesù si irrigidisce sulla croce, torna
eretto come fosse un sano nella sua forza completa, alza il volto guardando
con occhi bene aperti il mondo steso ai suoi piedi, la città lontana, che appena
si intravvede come un biancore incerto nella foschia, e il cielo nero dal quale
ogni azzurro ed ogni ricordo di luce sono scomparsi. E a questo cielo chiuso,
compatto, basso, simile ad una enorme lastra di lavagna scura, Egli grida a
gran voce, vincendo con la forza della volontà, col bisogno dell'anima,
l'ostacolo delle mascelle irrigidite, della lingua ingrossata, della gola
edematica: «Eloi, Eloi, lamma scebacteni!».
La gente ride e lo scherza. Lo insulta: «Non sa che farne Dio di Te! I demoni
sono maledetti da Dio!».
Altri gridano: «Vediamo se Elia, che Egli chiama, viene a salvarlo».
E altri: «Dategli un poco d'aceto, che si gargarizzi la gola. Fa bene alla voce!
Elia o Dio, poiché è incerto ciò che il folle vuole, sono lontani... Ci vuoi voce
per farsi sentire!», e ridono come iene o come demoni.
Ma nessun soldato da l'aceto e nessuno viene dal Cielo per dare conforto. È
l'agonia solitària, totale, crudele, anche soprannaturalmente crudele, della
Grande Vittima.
Tornano le valanghe di dolore desolato che già l'avevano oppresso nel
Getsemani. Tornano le onde dei peccati di tutto il mondo a percuotere il
naufrago innocente, a sommergerlo nella loro amaritudine. Torna soprattutto
la sensazione, più crocifiggente della croce stessa, più disperante di ogni
tortura, che Dio ha abbandonato e che la preghiera non sale a Lui...
Ed è il tormento finale. Quello che accelera la morte, perché spreme le ultime
gocce di sangue dai pori, perché stritola le superstiti fibre del cuore, perché
termina ciò che la prima cognizione di questo abbandono ha iniziato: la morte.
Perché di questo per prima cosa è morto il mio Gesù, o Dio, che lo hai colpito
per noi! Dopo il tuo abbandono, per il tuo abbandono, che diventa una
creatura? O un folle, o un morto. Gesù non poteva divenire folle, perché la sua
intelligenza era divina e, spirituale come è l'intelligenza, trionfava sopra il
trauma totale del colpito da Dio. Divenne dunque un morto: il Morto, il
santissimo Morto, l'innocentissimo Morto. Morto Lui che era la Vita. Ucciso
dal tuo abbandono e dai nostri peccati.
L'oscurità si fa ancora più fitta. Gerusalemme scompare del tutto. Lo stesso
Calvario pare annullarsi nelle sue falde. Solo la cima è visibile, quasi che le
tenebre la tengano alta a raccogliere l'unica e l'ultima superstite luce,
posandola come per una offerta, col suo trofeo divino, su uno stagno di onice
liquida, perché sia vista dall'amore e dall'odio.
E dalla luce non più luce viene la voce lamentosa di Gesù: «Ho sete!».
Vi è infatti un vento che asseta anche i sani. Un vento continuo, ora, violento,
pieno di polvere, freddo, pauroso. Penso quale spasimo avrà dato col suo
soffio violento ai polmoni, al cuore, alle fauci di Gesù, alle sue membra
gelate, intormentite, ferite. Ma proprio tutto si è messo a torturare il Martire.
Un soldato va ad un vaso dove i satelliti del boia hanno messo dell'aceto col
fiele, perché col suo amaro aumenti la salivazione nei suppliziati. Prende la
spugna immersa nel liquido, la infila su una canna sottile eppure rigida, che è
già pronta lì presso, e porge la spugna al Morente.
Gesù si tende avido verso la spugna che viene. Pare un infante affamato che
cerchi il capezzolo materno.
Maria, che vede e certo pensa questa cosa, geme, appoggiandosi a Giovanni:
«Oh! ed io neppure una stilla di pianto gli posso dare... Oh! seno mio, che non
gemi latte? Oh! Dio, perché, perché così ci abbandoni? Un miracolo per la
mia Creatura! Chi mi solleva per dissetarlo del mio sangue, posto che latte
non ho?...».
Gesù, che ha succhiato avidamente l'aspra e amara bevanda, torce il capo,
avvelenato dal disgusto di essa. Deve, oltretutto, essere come del corrosivo
sulle labbra ferite e spaccate.
Si ritrae, si accascia, si abbandona. Tutto il peso del corpo piomba sui piedi e
in avanti. Sono le estremità ferite quelle che soffrono la pena atroce dello
slabbrarsi sotto il peso di un corpo che si abbandona. Non più un movimento
per sollevare questo dolore. Dal bacino in su, tutto è staccato dal legno, e tale
resta.
La testa pende in avanti tanto pesantemente che il collo pare scavato in tre
posti: al giugolo, completamente infossato, e di qua e di là dello
sternocleidomastoideo. Il respiro è sempre più- anelante, ma interciso. È già
più un rantolo sincopato che un respiro. Ogni tanto un colpo di tosse penosa
porta una schiuma lievemente rosata alle labbra. E le distanze fra una
espirazione e l'altra diventano sempre più lunghe. L'addome è già fermo. Solo
il torace ha ancora dei sollevamenti, ma faticosi, stentati... La paralisi
polmonare si accentua sempre più.
E sempre più fievole, tornando al lamento infantile del bambino, viene
l'invocazione: «Mamma!». E la misera mormora: «Sì, tesoro, sono qui». E
quando la vista che si vela gli fa dire: «Mamma, dove sei? Non ti vedo più.
Anche tu mi abbandoni?», e non è neanche una parola, ma un mormorici che
appena è udibile da chi più col cuore che con l'udito raccoglie ogni sospiro del
Morente, Ella dice: «No, no, Figlio! Non ti abbandono io! Sentimi, caro... La
Mamma è qui, qui è... e solo si tormenta di non poter venire dove Tu sei...».
È uno strazio... E Giovanni piange liberamente. Gesù deve sentire quel pianto.
Ma non dice niente. Penso che la morte imminente lo faccia parlare come in
delirio e neppure sappia quanto dice e, purtroppo, neppure comprenda il
conforto materno e l'amore del Prediletto.
Longino — che inavvertitamente ha lasciato la sua posa di riposo, con le mani
conserte sul petto e una gamba accavallata, ora una, ora l'altra, per dare
sollievo alla lunga attesa in piedi, e ora invece è rigido sull'attenti, la mano
sinistra sulla spada, la destra regolarmente tesa lungo il fianco, come fosse sui
gradini del trono imperiale — non vuole commuoversi. Ma il suo volto si
altera nello sforzo di vincere l'emozione, e gli occhi hanno un luccicore di
pianto che solo la sua ferrea disciplina trattiene.
Gli altri soldati, che giocavano a dadi, hanno smesso e si sono drizzati in
piedi, rimettendosi gli elmi che avevano servito ad agitare i dadi, e stanno in
gruppo presso la scaletta scavata nel tufo, silenziosi, attenti. Gli altri sono di
servizio e non possono mutare posizione. Sembrano statue. Ma qualcuno dei
più prossimi, e che sente le parole di Maria, mugola qualcosa fra le labbra e
scrolla il capo.
Un silenzio. Poi, netta nell'oscurità totale, la parola: «Tutto è compiuto!», e
poi l'ansito sempre più rantoloso, con pause di silenzio fra un rantolo e l'altro,
sempre più vaste.
Il tempo scorre su questo ritmo angoscioso. La vita torna quando l'aria è rotta
dall'anelito aspro del Morente... La vita cessa quando questo suono penoso
non si ode più. Si soffre a sentirlo... si soffre a non sentirlo... Si dice: «Basta di
questa sofferenza!», e si dice: «Oh! Dio! che non sia l'ultimo respiro».
Le Marie piangono tutte, col capo contro il rialzo terroso. E si sente bene il
loro pianto, perché tutta la folla ora tace di nuovo per raccogliere i rantoli del
Morente.
Ancora un silenzio. Poi, pronunciata con infinita dolcezza, con ardente
preghiera, la supplica: «Padre, nelle tue mani raccomando lo spirito mio!».
Ancora un silenzio. Si fa lieve anche il rantolo. È appena un soffio limitato
alle labbra e alla gola.
Poi, ecco, l'ultimo spasimo di Gesù. Una convulsione atroce, che pare voglia
svellere il corpo infisso, coi tre chiodi, dal legno, sale per tre volte dai piedi al
capo, scorre per tutti i poveri nervi torturati; solleva tre volte l'addome in una
maniera anormale, poi lo lascia dopo averlo dilatato come per sconvolgimento
dei visceri, ed esso ricade e si infossa come svuotato; alza, gonfia e contrae
tanto fortemente il torace, che la pelle si infossa fra coste e coste che si
tendono, apparendo sotto l'epidermide e riaprendo le ferite dei flagelli; fa
rovesciare violentemente indietro, una, due, tre volte il capo, che percuote
contro il legno, duramente; contrae in uno spasimo tutti i muscoli del volto,
accentuando la deviazione della bocca a destra, fa spalancare e dilatare le
palpebre sotto cui si vede roteare il globo oculare e apparire la sclerotica. Il
corpo si tende tutto; nell'ultima delle tre contrazioni è un arco teso, vibrante,
tremendo a vedersi, e poi un grido potente, impensabile in quel corpo sfinito,
si sprigiona, lacera l'aria, il «grande grido» di cui parlano i Vangeli e che è la
prima parte della parola «Mamma»... E più nulla...
La testa ricade sul petto, il corpo in avanti, il fremito cessa, cessa il respiro. È
spirato.
Ora è in tutti noi.
  Un soldato mosso dalla compassione, vedendo tanta agonia,
prese una lancia e gli trafisse il costato, la lancia entrò tra le
costole a destra e arrivò fino al cuore; tutto era compiuto.
 
 
Tutto è compiuto
 
 
L’esempio di
un uomo
diventa una
scuola di vita
per l’umanità.

 
Gesù è morto, ma il Cristo è vivente.
  Egli è veramente “UNO”, con la coscienza cosmica.
  Egli si sente “UNO”, con tutti gli uomini, che fanno parte di
lui e lui con loro, nell’anima. Con il suo incommensurabile
amore, egli prende spiritualmente le loro vite nella sua e le
trasforma.
  Essendo elevato fino alla coscienza d’unità suprema, egli può
donare tutto ciò che ha conquistato.
  Può scendere in ciascuna anima che voglia riceverlo, che
voglia elevarsi ed aprirsi al divino. La vera comunione:
l’unione dell’uomo con il Cristo, è ciò che si chiama “Grazia
Divina”.
  Il vero centro della vita è davanti a noi, il Cristo è il suo
centro in tutte le anime umane, così il centro cristico è
ovunque. Ciascun Figlio dell’Uomo è chiamato a divenire Figlio
di Dio, poiché ciascun uomo è un Cristo in potenza.
Affinché questo Cristo si risvegli, tutte le persone umane
dovranno vivere, in linee generali, gli stessi passaggi della
passione di Gesù, affrontare e vincere tutti i timori, tutti i
dolori, tutte le prove e la morte stessa, senza alcun altro
aiuto che la coscienza chiara del divino in sé.
  Gesù non ha voluto la sua morte per salvare l’umanità, la
sua morte è stata voluta dai sacerdoti della chiesa di
quell’epoca, che vedevano in lui, un troppo potente
riformatore. Allora non è il sacrificio di una vittima innocente
che può redimere gli uomini, redimere da cosa? Dal peccato
originale? Dogma servente da maschera a una creazione
incompresa: l’origine dell’umanità.
  Il valore sublime del suo atto è stato di avere
coscientemente accettato la morte, che egli non meritava,
senza reagire, senza lamentarsi, ma perdonando e
insegnando, attraverso l’esempio e il sacrificio della propria
vita per amore altrui. Attraverso il suo esempio ha mostrato
all’Umanità come può salvarsi, ha tracciato un cammino per
vincere le tenebre. Non sono le preghiere indirizzate a un
“Dio” che salveranno l’Umanità, ma unicamente le buone
azioni, la dedizione, l’amore che noi avremo per gli altri
«l’amore che non vuole imporre nulla è una forza
immensamente potente. Carlo Guglielmo».
  Egli ha saputo vivere questa filosofia dell’Amore Puro fino
all’ultimo sospiro e al di là della sua morte corporale.
  Gesù, morto alla vita della forma per elevarsi alla vita
infinita, eterna, con la coscienza radiosa di una morte
volontariamente accettata, ma vinta, egli attinge la potenza
di aiutare veramente tutti gli uomini, suoi fratelli e infondere
la sua vita a ciascuna anima che lotta e spera.
  Le sue azioni di vita spirituale possono compiere una vasta e
rapida trasformazione del genere umano che non si
abbandoni al fanatismo religioso o all’egoismo «bisogna
abbandonare i sentieri delle valorizzazioni umane e là, nei
sentieri nascosti, nell'intimità della mia espressione
universale, camminare con me, e superarli nella gioia ardente
dell'amore. Questo sentimento profondo, pure straziante il
cuore, matura e nobilita l'anima, la rendono atta alla
comprensione progressiva e totale, scoprendo a poco a poco
lo sfavillìo gioioso e vitale del verbo amare. Lucie Piazzo».
  Gesù aveva compreso che per salvare l’umanità doveva
mostrare come si deve amare, poiché è solamente attraverso
l’amore che l’umanità potrà salvarsi, un amore illimitato che
superi il sentimento della famiglia, della nazione, della razza e
si trasformi in Amore Universale per tutti gli uomini, al fine di
preparare la futura epoca dell’uomo e la futura Umanità
Divina.
  Gesù comprende che non può vincere il profondo egoismo
radicato nel cuore degli uomini, che attraverso l’esempio del
più grande sacrificio di se stesso. Il suo Insegnamento è un
Esempio Vivente di grandezza spirituale fusa con la divinità.
  La sofferenza di Gesù fu immensa, attraverso la sua elevata
sensibilità, medianità e chiaroveggenza, soffrì come uomo e
anche come Figlio di Dio, abbracciando in Lui, idealmente,
tutto il male dell’umanità.
  Il Mistero del Golgota non è che la liberazione dell’io
dall’egoismo della persona, morire dall’essere apparente per
vivere nell’essere eterno. Tutto il dramma del Golgota non è
che un dramma d’amore e di coscienza. Con il suo esempio, ci
insegna l’abbandono della religione esteriore del tempio del
Padre, per realizzare la vera religione, quella del santuario
spirituale interiore della coscienza, del cuore. L’umanità
attuale sta arrivando alla sommità del suo calvario, nel
momento in cui gli avvenimenti esteriori sembrano suonare il
rintocco di morte, il cristianesimo illuminerà la marcia degli
uomini verso un avvenire radioso «all’uomo della nostra
epoca, ebbro di quel progresso esteriore del quale le forze
aberranti si sono servite per togliergli la coscienza della sua
spiritualità e per fargli dimenticare il Cielo, all’uomo della
nostra epoca spetta proprio il compito di conoscere se stesso
nella luce di quell’Immagine che, attraverso il Mistero del
Golgota, il Cristo stesso ha deposto in lui come un seme. È in
quella luce che l’uomo della nostra epoca deve riprendere
coscientemente nelle proprie mani le sorti dell’evoluzione
dell’Umanità. Se non fa questo, tradisce e rinnega se stesso,
rinnega l’Immagine divina che giace in lui. Le forze aberranti,
nemiche della giusta evoluzione dell’Umanità, hanno messo
nelle mani dell’uomo le chiavi della morte. Per avere queste
chiavi all’uomo è bastato servirsi della pura intelligenza. Per
la conquista delle chiavi della vita, la pura intelligenza non
basta; le astrazioni, i filosofemi che l’intelletto può formulare
sono del tutto insufficienti, anzi, ridevoli nella loro
inadeguatezza. Occorre tutta la disposizione dell’anima e dello
Spirito, occorre una volontà potentemente determinante
affinché l’uomo possa ridestarsi dal profondo torpore in cui
ristagna, beffardamente circondato da tutti i più geniali
trovati della tecnica, per riprendere nelle proprie mani il suo
destino. Egli non è stato collocato sulla Terra per diventare
semplicemente terra della Terra, ma per spiritualizzare la
Terra, per continuare, nell’azione sostenuta dalla buona
volontà e illuminata dalla Divina Immagine deposta in lui, per
consentire quell’accensione, quell’espansione spirituale della
Terra che è stata iniziata dal Cristo stesso nel compiere il
Mistero del Golgota. Mario Viezzoli».
  La potente ondata di vita spirituale e divina apportata dal
Cristo sulla terra, ha trasformato la sua aura e trasformerà gli
uomini che, dopo tante sofferenze, comprenderanno le ragioni
e lo seguiranno. Allora l’uomo non sarà più un lupo per i suoi
simili, ma un Fratello.
  In questo momento le religioni non hanno più nulla da
insegnare, poiché vi è un solo Dio per tutti: l’Amore, e un solo
tempio, la cui volta è formata dal Cielo e l’altare dal cuore di
tutti gli Uomini.
 
 
La Resurrezione di Gesù
 
Ecco la
primavera
che
ritorna;
così nei
vostri
cuori,
tutto deve
rinascere
al fuoco
dell’amor
e.
 
Lucie
Piazzo
 
L’Io nasce
dal fuoco.
 
Walter
Holtzapfel
 
Fondato è
il regno
dell’eterni
tà,
nell’amor
e e nella
pace
termina la
lotta,
trascorso
è il lungo
sogno di
dolore,
Sofia è, in
eterno,
sacerdotes
sa dei
cuori.
 
Novalis
 
 
Il suo
volto
brillò
come il
sole.

Matteo
17,2
 
Quando portiamo i nostri pensieri e i nostri sentimenti a
colloquio con le pure luminose regioni dell’universo per
costruire le forze di pace, armonia, bellezza, amore e vita,
attiriamo in noi vere energie di resurrezione. Risorgere alla
Vita, alla sorgente di Vita pura, che saprà trovare il cammino
che conduce l’Eterno. Tutto è Evoluzione, tutto è Vita, tutto è
Trasformazione. Trasformiamo le azioni in bontà per mezzo
dell’educazione, diventando comprensivi per amare e assai
umili per sapere educare.
  L’evento centrale dell’evoluzione umana, prosegue con la
spiritualizzazione del corpo fisico.
  La terra venne scossa fortemente, il tempio di Gerusalemme
tremò, molti scesero giù dal Golgota, presi dalla paura poiché
la terra si apriva.
 
_______Terremoto e fulmini_______
dall'Evangelo di Maria Valtorta
 
La Terra risponde al grido dell'Ucciso con un boato pauroso. Sembra che da
mille buccine dei giganti traggano un unico suono e su questo tremendo
accordo ecco le note isolate, laceranti dei fulmini che rigano il cielo in tutti i
sensi, cadendo sulla città, sul Tempio, sulla folla... Credo che ci saranno stati
dei fulminati, perché la folla è colpita direttamente. I fulmini sono l'unica luce
saltuaria che permetta di vedere. E poi subito, e mentre durano ancora le
scariche delle saette, la terra si scuote in un turbine di vento ciclonico. Il
terremoto e l'aeromoto si fondono per dare un apocalittico castigo ai
.bestemmiatori. La vetta del Golgota ondeggia e balla come un piatto in mano
di un pazzo, nelle scosse sussultorie e ondulatorie che scuotono talmente le tre
croci che sembra le debbano ribaltare.
Longino, Giovanni, i soldati si abbrancano dove possono, come possono, per
non cadere. Ma Giovanni, mentre con un braccio afferra la croce, con l'altro
sostiene Maria che, e per il dolore e per il traballio, gli si è abbandonata sul
cuore. Gli altri soldati, e specie quelli del lato che scoscende, si sono dovuti
rifugiare al centro per non essere gettati giù dai dirupi. I ladroni urlano di
terrore, la folla urla ancora di più e vorrebbe scappare. Ma non può. Cadono le
persone l'una sull'altra, sì pestano, precipitano nelle spaccature del suolo, si
feriscono, rotolano giù per la china, impazziti.
Per tre volte si ripete il terremoto e l'aeromoto, e poi si fa l'immobilità assoluta
di un mondo morto. Solo dei lampi, ma senza tuono, rigano ancora il cielo e
illuminano la scena dei giudei fuggenti in ogni senso, con le mani fra i capelli,
o tese in avanti, o alzate al cielo, schernito fino allora e di cui ora hanno
paura. La oscurità si tempera di un barlume di luce che, aiutato dal lampeggio
silenzioso e magnetico, permette di vedere che molti restano al suolo, morti o
svenuti, non so. Una casa arde nell'interno delle mura e le fiamme si alzano
dritte nell'aria ferma, mettendo un punto di rosso fuoco sul verde cenere
dell'atmosfera.
 
 
  La Pasqua ebraica era ormai alle porte, mancavano poche
ore al sabato.
Giuseppe di Arimatea e Nicodemo (l’uomo dalla brocca),
andarono dal governatore Pilato per chiedere il permesso di
avere il corpo di Gesù e poterlo quindi posare in un sepolcro,
egli acconsentì.
 
XIII Stazione
Gesù è deposto dalla croce
 
 
Via Crucis, Scuola Veneta - Sec. XVIII
Cattedrale - Padova
 
MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
 
Sotto la croce, pronta a raccoglierti 
come il grappolo maturo staccato dalla vite, 
sta la tua Madre: calice traboccante di amore e di dolore. 
Ma anche altre donne - le più fedeli - 
rimangono a guardarti, 
il cuore in piena per l'empatia con la tua morte 
e il tacito dolore di Maria. 
Ti sono presenti, in esse, tutte le madri, 
tutte le figlie, le spose, le sorelle, 
tutte le donne, ministre di carità e di consolazione. 
Di loro Tu hai sempre bisogno 
nella persona di chi soffre, di chi muore. 
Suscita ancora, Signore Gesù, 
donne della stirpe di Maria, 
icone viventi della tua tenera pietà, 
perché, dalla culla alla tomba e anche oltre, 
ogni umana creatura possa sentirsi amata 
e custodita, nel tuo santo Nome, 
in seno alla santa madre Chiesa.
 

Hanno restituito nelle mani della Madre il corpo senza vita del Figlio. I Vangeli non
parlano di ciò che ella ha provato in quell'istante.
È come se gli Evangelisti, col silenzio, volessero rispettare il suo dolore, i suoi
sentimenti e i suoi ricordi. O, semplicemente, come se ritenessero di non essere capaci
di esprimerli.
È stata soltanto la devozione plurisecolare a conservare l'immagine della "Pietà",
fissando così nella memoria del popolo cristiano l'espressione più dolorosa di
quell'ineffabile legame d'amore sbocciato nel cuore della Madre il giorno
dell'annunciazione e maturato nell'attesa della nascita del divin Figlio.

Quell'amore si è rivelato nella grotta di Betlemme,


è stato sottoposto alla prova già durante la presentazione al tempio,
si è approfondito insieme con gli eventi conservati e meditati nel suo cuore (cfr Lc 2,
51).
Adesso quest'intimo legame d'amore deve trasformarsi in un'unione che supera i confini
della vita e della morte.

E così sarà lungo tutto l'arco dei secoli:


gli uomini si fermano presso la statua della Pietà di Michelangelo; si inginocchiano
davanti all'immagine della Mesta Benefattrice (Smetna Dobrodziejka) nella chiesa dei
Francescani, a Cracovia, dinanzi alla Madre dei Sette Dolori, Patrona della Slovacchia;
venerano l'Addolorata in tanti santuari in ogni parte del mondo. Essi apprendono così il
difficile amore che non fugge di fronte alla sofferenza, ma si abbandona fiduciosamente
alla tenerezza di Dio, a cui nulla è impossibile (cfr Lc 1, 37).

ORAZIONE

Salve, Regina, mater misericordiæ;


vita, dulcedo et spes nostra, salve.
Ad te clamamus...
illos tuos misericordes oculos ad nos converte.
Et Iesum, benedictum fructum ventris tui,
nobis post hoc exilium ostende.

Impetraci la grazia della fede, della speranza e della carità,


affinché anche noi, come te,
sappiamo perseverare sotto la croce
fino all'estremo respiro.
Al tuo Figlio, Gesù, nostro Salvatore,
con il Padre e con lo Spirito Santo,
ogni onore e gloria nei secoli dei secoli.
Amen.
 
  Giuseppe aveva preparato un olio prezioso a base di Aloe e
Mirra per ungere il corpo del Signore. Assieme a Nicodemo si
diressero sul Golgota.
 
_______Deposizione_______
dall'Evangelo di Maria Valtorta
 
 
Maria alza il capo dal petto di Giovanni e guarda il suo Gesù. Lo chiama,
perché mal lo vede nella poca luce e coi suoi poveri occhi pieni di pianto. Tre
volte lo chiama: «Gesù! Gesù! Gesù!». È la prima volta che lo chiama per
nome da quando è sul Calvario. Infine, ad un lampo che fa come una corona
sopra la vetta del Golgota, lo vede, immobile, tutto pendente in avanti, col
capo talmente piegato in avanti, e a destra, da toccare con la guancia la spalla
e col mento le coste, e comprende. Tende le mani che tremano nell'aria scura e
grida: «Figlio mio! Figlio mio! Figlio mio!». Poi ascolta... Ha la bocca aperta,
pare voglia ascoltare anche con quella, come ha dilatati gli occhi per vedere,
per vedere... Non può credere che il suo Gesù non sia più...
Giovanni, che anche lui ha guardato e ascoltato, ed ha compreso che tutto è
finito, abbraccia Maria e cerca allontanarla dicendo: «Non soffre più».
Ma, prima che l'apostolo termini la frase, Maria, che ha capito, si svincola,
gira su se stessa, si curva ad arco verso il suolo, si porta le mani agli occhi e
grida: «Non ho più Figlio!».
E poi vacilla e cadrebbe se Giovanni non se la raccogliesse tutta sul cuore, e
poi egli si siede, per terra, per sostenerla meglio sul suo petto, finché le Marie,
non più trattenute dal cerchio superiore di armati — perché, ora che i giudei
sono fuggiti, i romani si sono ammucchiati sulla piazzuola sottostante
commentando l'accaduto — sostituiscono l'apostolo presso la Madre.
La Maddalena si siede dove era Giovanni, e quasi si adagia Maria sui
ginocchi, sostenendola fra le braccia e il suo petto, baciandola sul volto
esangue, riverso sulla spalla pietosa. Marta e Susanna, con la spugna e un lino
intrisi nell'aceto, le bagnano le tempie e le narici, mentre la cognata Maria le
bacia le mani chiamandola con strazio, e appena Maria riapre gli occhi, e gira
uno sguardo che il dolore rende come ebete, le dice: «Figlia, figlia diletta,
ascolta... dimmi che mi vedi... Sono la tua Maria... Non mi guardare così!...».
E poiché il primo singhiozzo apre la gola di Maria e le prime lacrime cadono,
ella, la buona Maria d'Alfeo, dice: «Sì, sì, piangi... Qui con me, come da una
mamma, povera, santa figlia mia»; e quando si sente dire: «Oh! Maria! Maria!
hai visto?», ella geme: «Sì, sì,... ma... ma... figlia... oh! figlia!...». Non trova
più altro e piange, l'anziana Maria. Un pianto desolato, a cui fanno eco tutte le
altre, ossia Marta e Maria, la madre di Giovanni e Susanna.
Le altre pie donne non ci sono più. Penso siano andate via, e con esse i
pastori, quando si udì quel grido femminile...
Spuntano da dietro la roccia Giuseppe e Nicodemo. Certo si erano rifugiati lì,
dietro il riparo del monte, per salvarsi dai fulmini. Vanno da Longino.
«Vogliamo il Cadavere».
«Solo il Proconsole lo concede. Andate, e presto, perché ho sentito che i
giudei vogliono andare al Pretorio ed ottenere il crucifragio. Non vorrei
facessero sfregio».
«Come lo sai?».
«Rapporto dell'alfiere. Andate. Io attendo».
I due si precipitano giù per la strada ripida e scompaiono.
È qui che Longino si accosta a Giovanni e gli dice piano qualche parola che
non afferro. Poi si fa dare da un soldato una lancia. Guarda le donne tutte
intente a Maria, che riprende lentamente le forze. Esse hanno, tutte, le spalle
alla croce.
Longino si pone di fronte al Crocifisso, studia bene il colpo e poi lo vibra. La
larga lancia penetra profondamente da sotto in su, da destra a sinistra.
Giovanni, combattuto fra il desiderio di vedere e l'orrore di vedere, torce per
un attimo il viso,.
«È fatto, amico», dice Longino e termina: «Meglio così. Come a un cavaliere.
E senza spezzare ossa... Era veramente un Giusto!».
Dalla ferita geme molt'acqua e un filino appena di sangue già tendente a
raggrumarsi. Geme, ho detto. Non esce che filtrando dal taglio netto che
rimane inerte, mentre, se vi fosse stato del respiro, si sarebbe aperto e chiuso
nel moto toracico addominale...
Mentre sul Calvario tutto resta in questo tragico aspetto, Giuseppe e
Nicodemo scendono per una scorciatoia per fare più presto.
Affrettano la corsa verso la città.
La città è in preda del terrore. Gente che vaga battendosi il petto. Gente che fa
un salto indietro o si volge spaventata sentendo dietro una voce o un passo.
È raggiunto il Pretorio. E solo qui, mentre attendono di essere ricevuti dal
Proconsole, Giuseppe e Nicodemo riescono a sapere il perché di tanti terrori.
Molti sepolcri si erano aperti sotto la scossa tellurica, e c'era chi giurava
averne visto uscire gli scheletri, che per un attimo si ricomponevano con
parvenza umana e andavano accusando i colpevoli del deicidio e
maledicendoli.
Comprendo che lo crede ancora vivo. Né si ricrede altro che quando un
soldato, urtandolo con l'asta, dice: «Alzati e taci. Non serve! Dovevi pensarci
prima. È morto. E io, pagano, te lo dico: Costui, che voi avete crocifisso, era
realmente il Figlio di Dio!».
Il palmo sinistro è schiodato. Il braccio cade lungo il Corpo, che ora pende
semistaccato.
Dicono a Giovanni di salire lui pure, lasciando le scale alle donne. E
Giovanni, montato sulla scala dove prima era Nicodemo, si passa il braccio di
Gesù intorno al collo e lo tiene così, tutto abbandonato sul suo òmero,
abbracciato dal suo braccio alla vita e tenuto per la punta delle dita per non
urtare l'orrendo squarcio della mano sinistra, che è quasi aperta. Quando i
piedi sono schiodati, Giovanni fatica non poco a tenere e sostenere il Corpo
del suo Maestro fra la croce e il suo corpo.
Maria si pone già ai piedi della croce, seduta con le spalle alla stessa, pronta a
ricevere il suo Gesù nel grembo.
Ma schiodare il braccio destro è l'operazione più difficile. Nonostante ogni
sforzo di Giovanni, il Corpo pende tutto in avanti e la testa del chiodo
sprofonda nella carne. E, poiché non vorrebbero ferirlo di più, i due pietosi
faticano molto. Finalmente il chiodo è afferrato dalla tenaglia e estratto piano
piano.
Giovanni tiene sempre Gesù per le ascelle, con la testa rovesciata sulla sua
spalla, mentre Nicodemo e Giuseppe lo afferrano uno alle cosce, l'altro ai
ginocchi, e cautamente scendono così dalle scale.
Giunti a terra, vorrebbero adagiarlo sul lenzuolo che hanno steso sui loro
mantelli. Ma Maria lo vuole. Si è aperta il manto, lasciandolo pendere da una
parte, e sta con le ginoc-chia piuttosto aperte per fare cuna al suo Gesù.
Mentre i discepoli girano per darle il Figlio, la testa coronata ricade
all'indietro e le braccia pendono verso terra, e struscerebbero al suolo con le
mani ferite se la pietà delle pie donne non le tenessero per impedirlo.
Ora è in grembo alla Madre... E sembra uno stanco e grande bambino che
dorma tutto raccolto sul seno materno. Maria lo tiene col braccio destro
passato dietro le spalle del Figlio e il sinistro passato al disopra dell'addome
per sorreggerlo alle anche.
La testa è sulla spalla materna. E Lei lo chiama... lo chiama con voce di
strazio. Poi se lo stacca dalla spalla e lo carezza con la sinistra, ne raccoglie e
stende le mani e, prima di incrociarle sul grembo spento, le bacia, e piange
sulle ferite. Poi carezza le guance, specie là dove è il livido e il gonfiore, bacia
gli occhi infossati, la bocca rimasta lievemente storta a destra e socchiusa.
Vorrebbe ravviargli i capelli, come gli ha ravviato la barba ingrommata di
sangue. Ma nel farlo incontra le spine. Si punge per levare quella corona e non
vuole farlo che Lei, con l'unica mano che ha libera, e respinge tutti dicendo:
«No, no! Io! Io!», e pare abbia fra le dita il capo tenerello di un neonato, tanto
va con delicatezza nel farlo. E quando può levare questa torturante corona, si
curva a medicare tutti gli sgraffi delle spine con i baci.
Con la mano tremante divide i capelli scomposti, li ravvia e piange, e parla
piano piano, e asciuga con le dita le lacrime che cadono sulle povere carni
gelide e sanguinose, e pensa di pulirle col pianto e col suo velo, che è ancora
ai lombi di Gesù. E ne tira a sé una estremità, e con quella si da a detergere ed
asciugare le membra sante. E sempre torna in carezze sul volto, e poi sulle
mani, e poi carezza le ginocchia contuse, e poi risale ad asciugare il Corpo, su
cui cadono lacrime e lacrime.
È nel fare questo che la sua mano incontra lo squarcio del costato. La piccola
mano, coperta dal lino sottile, entra quasi tutta nell'ampia bocca della ferita.
Maria si curva per vedere, nella semiluce che si è formata, e vede. Vede il
petto aperto e il cuore di suo Figlio. Urla, allora. Sembra che una spada apra a
Lei il cuore. Urla, e poi si rovescia sul Figlio e pare morta Lei pure.
La soccorrono, la confortano. Le vogliono levare il Morto divino e, poiché
Ella grida: «Dove, dove ti metterò, che sia sicuro e degno di Te?», Giuseppe,
tutto curvo in un inchino riverente, la mano aperta appoggiata sul petto, dice:
«Confortati, o Donna! Il mio sepolcro è nuovo e degno di un grande. Lo dono
a Lui. E questo, Nicodemo, amico, già nel sepolcro ha portato gli aromi, che
egli questo vuole offrire di suo. Ma, te ne prego, poiché la sera si avvicina,
lasciaci fare... È Parasceve. Sii buona, o Donna santa!».
Anche Giovanni e le donne pregano in tal senso, e Maria si lascia levare dal
grembo la sua Creatura, e si alza, affannosa, mentre lo avvolgono nel
lenzuolo, pregando: «Oh! fate piano!».
Nicodemo e Giovanni alle spalle, Giuseppe ai piedi, sollevano la Salma
avvolta non solo nel lenzuolo, ma appoggiata anche sui mantelli che fanno da
portantina, e si avviano giù per la via.
Maria, sorretta dalla cognata e dalla Maddalena, seguita da Marta, Maria di
Zebedeo e Susanna, che hanno raccolto i chiodi, le tenaglie, la corona, la
spugna e la canna, scende verso il sepolcro.
Sul Calvario restano le tre croci, di cui quella di centro è nuda e le due altre
hanno il loro vivo trofeo che muore.
 
Dopo aver collocato le scale dietro alla croce, Giuseppe e
Nicodemo vi salirono, con il martello tolsero i chiodi delle
mani e dei piedi; ad ogni colpo, le donne che erano sedute ai
piedi della croce, provarono fremiti di angoscia. Gesù venne
così schiodato e fatto scendere lentamente.
 
_______La Sacra Sindone_______
Antonio Bigliardi da Anna Katharina Emmerick - Maria Valtorta
 
  Dopo la deposizione, il santissimo corpo di Gesù venne
ricoperto con un panno di lino dalle ginocchia ai fianchi, poi fu
deposto fra le braccia della Madre addolorata. La Vergine era
seduta al suolo sopra una coperta, col dorso appoggiato su
alcuni mantelli arrotolati. Aveva il ginocchio destro un poco
rialzato, sul quale riposava il santo capo di Gesù, il cui corpo
era steso sul sudario.
  Ella baciava e adorava quel corpo orribilmente sfigurato e
insanguinato, contemplandone le profonde piaghe e i terribili
patimenti, mentre Maria Maddalena abbandonava
delicatamente il volto sui suoi sacratissimi piedi.
  Nel suo indicibile dolore la santa Vergine conservava una
magnifica prontezza d’animo. Ella non poteva lasciare il corpo
di suo Figlio in quell’orribile stato, perciò incominciò a
cancellare le tracce degli oltraggi che aveva sofferto.
  Con estrema delicatezza gli tolse la corona di spine,
aprendola dal lato posteriore, quindi posò la corona vicino ai
chiodi.
  Maria lavò il capo e il volto insanguinato del Signore,
passando la spugna bagnata sui suoi capelli per toglierne il
sangue raggrumato. Via via che ella detergeva il santo corpo
del Figlio, contemplandone le numerose piaghe, aumentavano
la compassione e la tenerezza per le immani sofferenze che
egli aveva subito.
  La santa Vergine gli lavò le piaghe del capo, il sangue gli
riempiva gli occhi, le narici e le orecchie, con una spugna e un
piccolo lino steso sulle dita della mano destra. Allo stesso
modo gli pulì la bocca semiaperta, la lingua, i denti e le
labbra.
  Poi la santa Madre suddivise la capigliatura di suo Figlio in
tre parti, una per ogni tempia e l’altra dietro il capo. Quando
ebbe sgrovigliati i capelli davanti e li ebbe resi lucidi e lisci, li
fece passare dietro le orecchie. Una volta ripulito il capo,
dopo aver baciato il Figlio sulle guance, passò infine a ripulire
il collo, le spalle, il petto, il dorso, le braccia e le sue tenere
mani piagate.
  La Madonna addolorata lavò e ripulì, una ad una, tutte le
numerose e orribili piaghe. Allora solamente le fu possibile
vedere in tutti i minimi particolari gli spaventosi martìri subiti
dal Figlio. Maria medicava tutti i graffi e le punture della
corona di spine con i suoi baci, versando lacrime che
cadevano sul gelido corpo tutto contuso e ferito, lacrime e
lacrime d’Amore immenso, quasi a colmare quell’intensa sete
che il Figlio ha sofferto, senza avere una sola goccia d’acqua
come conforto, lacrime cadono su Gesù, bagnando anche quel
telo di lino che avvolgerà il santissimo corpo.
  Al lato sinistro del petto si trovava una piccola piaga, da cui
era uscita la punta della lancia; al lato destro si apriva la
larga ferita dov’era entrata la lancia che aveva attraversato il
cuore.
  Maria Maddalena, in ginocchio, aiutava Maria, senza lasciare
i piedi del Signore. Li bagnava per l’ultima volta con le sue
lacrime, li asciugava con la sua capigliatura e vi appoggiava il
suo pallido volto.
  Il santissimo corpo, che aveva assunto un colore bianco
bluastro, perché freddo e dissanguato al suo interno, riposava
sulle ginocchia di Maria, la quale, lavati il capo, il petto e i
piedi del Figlio, li coprì con un velo e iniziò a passare il
balsamo profumato su tutte le sante piaghe. Maria santissima
gli unse anche i capelli, poi prese nella sua mano sinistra
entrambe le mani di Gesù e le baciò con profondo amore, alla
fine riempì con un unguento i larghi buchi prodotti dai chiodi,
e lo stesso fece con la profonda piaga del costato.
  Il profumo che viene cosparso in abbondanza sul corpo di
Gesù, dovrebbe essere il nostro profumo della conoscenza di
Cristo nel mondo intero.
  Quando la santa Vergine ebbe passato tutte le ferite, avvolse
il capo nei lini, ma senza coprire ancora il volto. Ella chiuse gli
occhi semiaperti del Signore, lasciando riposare sopra la sua
mano; poi gli chiuse anche la bocca, baciò il santo corpo e
accostò il suo viso a quello del Figlio. Ella abbracciò per
l’ultima volta le sante spoglie di Gesù e se ne distaccò con
profonda commozione.
  Il corpo del Salvatore tutto spalmato di mirra, unguenti e
olio aromatico profumato, venne adagiato su un lino lavorato
a maglia, la Sindone, stesa su una tavola di pietra, il telo
viene poi ripiegato sul corpo di Gesù. Egli scompare sotto la
grossa tela della Sindone. Ora è una forma coperta da un telo
ben aderente al corpo. Gesù ormai è annullato, la sua forma
si confonde sotto il lino, sembra un lungo mucchio di tela, più
stretto ai vertici e più largo al centro, appoggiato sul grigio
della pietra. Maria piange più forte.
  Versarono acqua di mirra su tutto il santo corpo e,
trattandolo con rispettoso amore, gli fecero riprendere la sua
lunghezza, perché le ginocchia erano rimaste sollevate come
al momento della morte sulla croce.
  Successivamente l’unsero bene e lo riempirono di aromi e di
pacchetti d’erbe, che misero in abbondanza tra le gambe per
tutta la loro lunghezza. Il tutto fu cosparso con una polvere
preziosa che Nicodemo aveva portato con sé.
  Inginocchiatasi vicino al volto di Gesù, la Madonna gli
avvolse strettamente un lino finissimo intorno al capo e alle
spalle. Aveva ricevuto questo lino dalla moglie di Pilato, e lo
portava avvolto al collo sotto il mantello.
  Maria, riempì di erbe, di aromi e di polvere odorosa lo spazio
tra le spalle e le guance del Signore, mentre Maddalena
versava un flacone di balsamo nella piaga del costato. Poi le
spoglie vennero messe nel grande lenzuolo funebre
acquistato da Giuseppe d’Arimatea.
  Mentre rendevano l’estremo omaggio alla santa salma di
Gesù, l’immagine del Cristo apparve impressa sul lenzuolo
funebre (la Sindone) che lo ricopriva.
  Le contusioni feroci dei reni sono state l’agente chimico più
potente nel miracolo della Sindone. Quei reni, demoliti e
franti dai flagelli, non hanno più potuto lavorare, filtrare, e
l’urea si è accumulata e sparsa nel sangue, nel corpo,
provocando le sofferenze da intossicazione uremica e il
reagente che trasudando dal Cadavere fissò l’impronta
indelebile sulla tela.
         
XIV Stazione
Gesù è posto nel sepolcro
 
MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
 
Sul monte Calvario è sceso, con la sera, un grande silenzio. 
Il dolore non ha più lacrime, non ha più parole 
mentre, avvolto nel bianco lenzuolo, 
il corpo del più bello tra i figli dell'uomo 
viene deposto nella roccia scavata a sepolcro. 
Giuseppe di Arimatea, discepolo buono, 
compie per il suo dolce Maestro 
gli ultimi gesti dell'umana pietà 
e della religiosa devozione. 
Ora il re dorme, vigilato da guardie, 
ma non è sepolta con Lui l'intrepida speranza. 
Sì, perché dopo il suo intimo tormento 
egli vedrà la luce, 
dopo essersi offerto in espiazione, 
gli darà una lunga discendenza (cf Is 53, 10-11). 
Nel cuore della notte 
il seme si prepara a germinare; 
già l'aria si va profumando di n uova primavera: 
ne hanno un presagio, indugiando là, nel giardino, 
l'ardente Maria di Magdala e l'altra Maria...
 

"Fu crocifisso, morì e fu sepolto...".


Il corpo senza vita di Cristo è stato posto nel sepolcro. La pietra sepolcrale non è
tuttavia il suggello definitivo della sua opera.
L'ultima parola non appartiene alla falsità, all'odio e alla sopraffazione.
L'ultima parola verrà pronunciata dall'Amore, che è più forte della morte.

"Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce
molto frutto" (Gv 12, 24).
Il sepolcro è l'ultima tappa del morire di Cristo nel corso dell'intera vita terrena; è segno
del suo supremo sacrificio per noi e per la nostra salvezza.

Ben presto, ormai, questo sepolcro diverrà il primo annuncio di lode e di esaltazione del
Figlio di Dio nella gloria del Padre.
"Fu crocifisso, morì e fu sepolto, (...) il terzo giorno risuscitò da morte".
Con la deposizione del corpo senza vita di Gesù nel sepolcro, ai piedi del Golgota, la
Chiesa inizia la veglia del Sabato Santo.
Maria conserva nel profondo del cuore e medita la passione del Figlio;
le donne si danno appuntamento per il mattino del giorno dopo il sabato, per ungere con
aromi il corpo di Cristo;
i discepoli si raccolgono, nel nascondimento del Cenacolo, finché non sia passato il
sabato.

Questa veglia terminerà con l'incontro presso il sepolcro, il sepolcro vuoto del
Salvatore.
Allora il sepolcro, testimone muto della risurrezione, parlerà.
La pietra ribaltata, l'interno vuoto, le bende per terra,
questo sarà ciò che vedrà Giovanni, giunto al sepolcro insieme con Pietro:
"Vide e credette" (Gv 20, 8).
Ed insieme a lui credette la Chiesa,
che da quel momento non si stanca di trasmettere al mondo questa fondamentale verità
della sua fede:
"Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti" (1 Cor 15, 20).

Il sepolcro vuoto è segno della definitiva vittoria


della verità sulla menzogna,
del bene sul male,
della misericordia sul peccato,
della vita sulla morte.
Il sepolcro vuoto è segno della speranza che "non delude"(Rm 5, 5).
"La nostra speranza è piena di immortalità" (cfr Sap3, 4).

ORAZIONE

Signore Gesù Cristo,


che dal Padre, nella potenza dello Spirito Santo,
sei stato condotto dalle tenebre della morte
alla luce di una nuova vita nella gloria,
fa' che il segno del sepolcro vuoto
parli a noi e alle generazioni future
e diventi fonte di viva fede,
di carità generosa
e di saldissima speranza.
A te, Gesù, presenza nascosta e vittoriosa
nella storia del mondo,
onore e gloria nei secoli.
Amen.
 
 Infine lo posero in un sepolcro ancora nuovo, costruito nella
roccia e situato in un giardino ricco di fiori, vicino alla casa di
Giuseppe.
  Coricarono il corpo su una roccia coperta di erbe aromatiche,
quindi uscirono dalla grotta e fecero rotolare un masso
davanti all’ingresso.
  Caifa aveva inviato un gruppo di uomini per assicurarsi che il
corpo di Gesù fosse nella tomba.
  Nella notte il giardino si illuminò tanto che alcuni fuggirono
dalla paura.
  Il corpo fisico è anima manifesta ma l’anima vive anche
senza il corpo fisico.
  La materia è energia in movimento che si dissocia
lentamente ma continuamente dagli atomi che la
compongono. Questo processo può essere accelerato sia nel
senso della disintegrazione che della materializzazione.
  La terra tremò di nuovo, grosse crepe si aprivano nella terra
e questa accolse il corpo fisico del Signore; Colui che libera e
apre le coscienze.
 
Meditazione conclusiva di Giovanni Paolo II
 
La croce è un segno visibile del rifiuto di Dio da parte dell’uomo. Il Dio
vivente è venuto in mezzo al suo popolo mediante Gesù Cristo, suo eterno
Figlio, che è diventato uomo: figlio di Maria di Nazaret.
Ma “i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1,11).
Hanno ritenuto che dovesse morire come un seduttore del popolo. Davanti
al pretorio di Pilato hanno sollevato il grido ingiurioso: “Crocifiggilo,
crocifiggilo” (Gv 19,6).
La croce è diventata il segno del rifiuto del Figlio di Dio da parte del suo
popolo eletto; il segno del rifiuto di Dio da parte del mondo. Ma in pari
tempo la medesima croce è diventata il segno della accettazione di Dio da
parte dell’uomo, da parte di tutto il Popolo di Dio, da parte del mondo.
Chiunque accoglie Dio in Cristo, lo accoglie mediante la croce. Chi ha
accolto Dio in Cristo, lo esprime mediante questo segno: egli si segna
infatti col segno della croce sulla fronte, sulle braccia e sul petto, per
manifestare e per professare che nella croce egli ritrova di nuovo tutto se
stesso: anima e corpo, che in questo segno abbraccia e stringe Cristo e il
suo regno.
Quando, nel centro del pretorio romano, Cristo si è presentato agli occhi
della folla, Pilato lo ha additato dicendo: “Ecco l’uomo” (Gv 19,5). E la
folla rispose: “Crocifiggilo!”.
La croce è diventata il segno del rifiuto dell’uomo in Cristo. In modo
singolare camminano di pari passo il rifiuto di Dio e dell’uomo. Gridando
“crocifiggilo”, la folla di Gerusalemme ha pronunciato la sentenza di morte
contro tutta questa verità sull’uomo, che ci è stata rivelata da Cristo,
Figlio di Dio.
È stata quindi respinta la verità sull’origine dell’uomo e sul fine del suo
pellegrinaggio sulla terra. È stata respinta la verità circa la sua dignità e la
sua più alta vocazione. È stata respinta la verità sull’amore, che tanto
nobilita e unisce gli uomini, e sulla misericordia che solleva anche dalle
più grandi cadute.
Ed ecco che qui, in questo luogo in cui - secondo una tradizione - gli
uomini a causa di Cristo venivano oltraggiati e condannati a morte - nel
Colosseo - è stata messa, da molto tempo, la croce in segno della dignità
dell’uomo, salvata dalla croce. In segno della verità sull’origine divina e
sul fine del suo pellegrinare. In segno dell’amore e della misericordia che
sollevano dalla caduta ogni volta, in un certo senso, rinnovando il mondo.
Ecco la croce: ecco il legno della croce (“Ecce lignum crucis”).
Essa è il segno del rifiuto di Dio e il segno dell’accettazione di lui. Essa è il
segno del vilipendio dell’uomo, e il segno della sua elevazione. Il segno
della vittoria.
Cristo ha detto: “Io quando sarò elevato da terra (sulla croce), attirerò
tutti a me” (Gv 12,32).
Siamo venuti, sul far della notte del Venerdì Santo, a queste rovine del
Colosseo romano, che è stato teatro del rifiuto di Dio e del vilipendio
dell’uomo mediante la croce. Ed ecco essa è diventata il simbolo
dell’accettazione di Dio in Cristo crocifisso, e della più grande dignità
dell’uomo.
Siamo venuti noi, i figli di questo secolo che è diventato di nuovo teatro di
tale rifiuto di Dio da parte dell’uomo, come forse raramente è capitato
nella storia. È diventato teatro dell’offesa e dell’oppressione dell’uomo in
tanti vari modi.
Siamo qui venuti, e i nostri pensieri si soffermano presso la croce il cui
mistero permane e la cui realtà si ripete in circostanze sempre nuove, in
mezzo ai segni dei tempi, sempre nuovi.
Questo rifiuto di Dio da parte dell’uomo, da parte dei sistemi, che
spogliano l’uomo di questa sua dignità che egli possiede da Dio in Cristo,
di questo amore che soltanto lo Spirito di Dio può diffondere nei nostri
cuori, questo rifiuto, ripeto, verrà bilanciato, dall’accettazione, intima e
fervente, di Dio che ha parlato a noi nella croce di Cristo? Verrà bilanciato
questo rifiuto dall’accettazione dell’uomo in questa sua dignità e in questo
amore, il cui inizio sta nella croce?
Ecco la principale domanda che sgorga dal cuore dell’uomo che, il Venerdì
Santo, è raccolto accanto alla croce presso il Colosseo e segue le orme
della “via crucis” di Cristo.
Però, la via di Cristo e la sua croce non sono soltanto una domanda, sono
un’aspirazione, un’aspirazione perseverante ed inflessibile e un grido, un
grande grido dei cuori.
Gridiamo quindi e preghiamo con Cristo:
“Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34).
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27,46).
“Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46).
Gridiamo e preghiamo come facendo eco a queste parole di Cristo:
Padre, accoglici tutti nella croce di Cristo; accogli la Chiesa e l’umanità, la
Chiesa e il mondo.
Accogli coloro che accettano la croce; coloro che non la capiscono e coloro
che la evitano; coloro che non la accettano e coloro che la combattono
nell’intento di cancellare e di sradicare questo segno dalla terra dei
viventi.
Padre, accoglici tutti nella croce del tuo Figlio!
Accogli ciascuno di noi nella croce di Cristo. Senza guardare a tutto ciò
che passa nel cuore dell’uomo, senza guardare ai frutti delle sue opere e
degli avvenimenti del mondo contemporaneo, accetta l’uomo!
La croce del tuo Figlio rimanga il segno dell’accoglienza del figliol prodigo
da parte del Padre.
Rimanga il segno dell’alleanza, dell’alleanza nuova ed eterna.
Egli ha rivelato l’amore del Padre nel suo amore. Dall’altezza della sua
Croce ha il diritto di parlare agli uomini di tutti i tempi “Chi vede me vede
il Padre”! (cf. Gv 14,9).
Egli ci ha rivelato mediante la sua Croce e la sua passione il Padre di tutti
i figli prodighi. Egli ci ha rivelato mediante la sua morte, che nel mondo
c’è l’Amore – l’Amore: più forte della morte. E più forte del peccato. Egli ci
ha rivelato Dio, “ricco di misericordia” (Ef 2,4). Egli ha aperto dinanzi a
noi la via della speranza.
Ed ecco: noi, che al termine del Venerdì Santo romano ci troviamo vicino
al Colosseo, presso la Croce dei secoli, desideriamo per mezzo della tua
Croce e della tua Passione, o Cristo, gridare oggi verso questa
Misericordia, che in modo irreversibile è entrata nella storia dell’uomo, nel
nostro intero mondo umano – e che nonostante le apparenze di debolezza
è più forte del male. È la più grande potenza e forza sulla quale possa
appoggiarsi l’uomo, minacciato da tante parti.
Sì. Sulla Croce Cristo si è dimostrato Signore: ha accettato la morte ed ha
dato la vita.
Non è semplicemente “morto”, ma “ha dato la vita”.
“Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri
amici” (Gv 15, 13)
Egli ha dato la vita!
Ha accolto la morte ed ha dato la vita.
Le sue ultime parole sulla Croce: “Padre, nelle tue mani consegno! . . .
consegno il mio spirito” (cf. Lc 23, 46). Ha dato la sua vita per noi. Per
tutti gli uomini. “Noi” siamo soltanto una piccola parte di tutti coloro, per i
quali Cristo ha dato la vita. Non vi è un uomo, dall’inizio sino alla fine del
mondo, per il quale egli non abbia dato la vita.
Egli ha dato la vita per tutti. Ho redenti tutti. La Croce è segno della
redenzione universale: “ecce enim propter lignum venit gaudium in
universo mundo”.
“Venit gaudium . . .”.
La Croce è la porta, attraverso la quale Dio è entrato definitivamente nella
storia dell’uomo. E permane in essa.
La Croce è la porta, attraverso la quale Dio incessantemente entra nella
nostra vita.
Proprio per questo ci segniamo col segno della Croce, e diciamo
contemporaneamente “nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito
Santo”.
E mentre tracciamo il segno della Croce sulla fronte, tra le spalle e sul
cuore, pronunciamo anche le parole.
Queste parole sono un invito a Dio, affinché venga. E le uniamo al segno
della Croce, perché Dio entri nel cuore dell’uomo mediante la Croce.
E così egli entra in ogni lavoro, pensiero e parola: in tutta la vita
dell’uomo e del mondo.
La Croce ci apre a Dio. La Croce apre il mondo a Dio.
E nel segno della Croce è data anche la benedizione.
Così fanno Vescovi e sacerdoti. Così fanno i genitori sul bambino. Per la
Croce di Cristo aspettiamo il bene definitivo da Dio stesso e tutti i beni
che a quello ci avvicinano.
Tutto ciò è espresso da ogni benedizione. Anche da quella che tra breve vi
impartirò.
“Stat crux, dum volvitur orbis”.
Tutto passa; permane la Croce tra il mondo e Dio.
Mediante la Croce Dio permane nel mondo.
“Crucem tuam adoramus, Domine”.
Carissimi fratelli e sorelle!
Che questo giorno del Venerdì Santo, dedicato al mistero della Croce, che
noi oggi abbiamo meditato, ci avvicini sempre più al Dio Vivente: Padre,
Figlio e Spirito Santo.
Il segno della morte di Cristo vivifichi in noi la sua presenza e la sua forza.
Amen.
Ecco il legno della croce.
Ecco il legno sul quale Cristo, Figlio del Dio vivente, Cristo, Figlio di Maria
di Nazaret, ha compiuto la redenzione del mondo.
La Chiesa adora oggi questo legno salvifico e al tempo stesso si rivolge ad
esso con umile preghiera: “O crux, ave, spes unica!”.
“O croce di nostra salvezza, albero tanto glorioso . . . Or piega i tuoi rami
frondosi, distendi le rigide fibre, si allenti quel rigido legno che porti con te
per natura: accogli su un morbido tronco le membra del Cristo Signore”
(Antifona e inno del Venerdì Santo).
La croce sostiene col suo abbraccio mortale il corpo di Cristo, fino a che
“tutto è compiuto”. Solo allora essa restituisce il corpo morto alla Madre
dolorosa, e inizia la sepoltura del Crocifisso.
Tale mistero dell’abbraccio mortale della croce col corpo del Figlio di Dio
continua nella storia del mondo.
E continua anche la gloria della redenzione legata per sempre alla croce
del Calvario.
Quindi la Chiesa - e in essa il Vescovo di Roma, quale indegno custode di
questo inscrutabile Mistero - grida agli uomini del passato e del futuro;
grida soprattutto a tutti i contemporanei: “Venite adoremus! Venite
adoremus!”: da tutti i confini della terra; da tutti i continenti; da tutte le
nazioni e razze; da tutte le lingue e culture.
Uomini di ogni età e professione, in qualsiasi stato della vostra esperienza
umana vi troviate, qualunque sia il prezzo che pagate nella vostra vita,
qualunque sia il peso che grava sulla vostra coscienza, qualunque sia il
vuoto che minaccia il vostro spirito.
Venite! Venite!
Adoriamo insieme la croce di Cristo, che si è legata inseparabilmente alla
storia di questa terra.
Adoriamo insieme la croce su cui è morto il Figlio di Dio! Per mezzo di
questa croce Dio non morirà mai nella storia dell’uomo!
“In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso” (Lc 23, 43). Chi è quel
Crocifisso che parla in questo modo a un altro condannato? Non è lo
stesso Gesù di Nazaret che all’inizio della sua missione messianica diceva:
“Il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1, 14-15)?
Ecco, al termine del suo ministero messianico, raccoglie il frutto anche
nell’anima del malfattore convertito: “Gesù, ricordati di me quando
entrerai nel tuo regno” (Lc 23, 42).
Le parole di Gesù sono una risposta proprio a questa domanda. Fratello, il
regno di Dio è vicino, il regno di Dio è nella tua anima.
Ed ecco - dall’alto della croce - una nuova parola del Figlio dell’uomo. Di
quanta importanza è questa parola che in un certo senso completa l’intero
Vangelo! Quanto profondamente nasce dal cuore del Vangelo!
“Donna, ecco il tuo figlio . . . Ecco la tua madre” (Gv 19, 27).
La Madre perde il figlio e, al tempo stesso, riceve un figlio; riceve molti
figli e molte figlie. Tutti e tutte coloro, a cui il Figlio ha dato la potenza “di
diventare figli di Dio” (Gv 1, 12); figli nel Figlio.
Il discepolo riceve la Madre. La Chiesa riceve la Madre. L’umanità riceve la
Madre.
È meravigliosa la ricchezza della quale ci arricchisce colui, che per noi è
diventato povero.
“Ho sete” (Gv 19, 28).
Sì. Hanno sete le labbra secche, il palato e la lingua arsi dalla febbre
dell’agonia.
Ancor di più ha sete l’anima di Cristo. Sete infinita che abbraccia tutto.
Sete che, sin dall’inizio, va fino al termine e oltre il termine: fino a
“quando il Figlio gli sottometterà ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti”
(cf. 1 Cor 15, 28).
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”? (Sal 22, 2).
Con queste parole inizia il salmo 22, e il Figlio dell’uomo che muore sulla
croce, il servo di Jahvè della profezia di Isaia, inizia a pregare con le
parole di questo salmo. Però fino a che punto arrivano queste parole?
Come può Dio essere abbandonato da Dio? Il Figlio dal Padre? Dal punto
di vista umano ciò sembra impossibile e inconcepibile.
Tuttavia in Dio . . .
Quando il Figlio è abbandonato dal Padre nello Spirito Santo, in
quell’abbandono è contenuta la pienezza definitiva di quell’amore che
salva: la pienezza dell’unità del Figlio con il Padre nello Spirito Santo.
“Tutto è compiuto!” (Gv 19, 30).
Una volta dal salmo sono emerse queste parole: “Ecco, io vengo per fare,
o Dio, la tua volontà” (cf. Sal 40, 8-9). Queste parole sono passate
attraverso l’agonia nel Getsemani: “Padre, se vuoi, allontana da me
questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22,
42).
Ed ora le stesse parole ritornano al termine, per posarsi come il sigillo
sulla vittima della redenzione: “Ecco io vengo” . . . “tutto è compiuto”.
“Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23, 46). Gesù Cristo,
Figlio dell’uomo, accetta la morte umana, l’eredità del primo Adamo.
Questa morte del corpo è “la consegna dello spirito” a Dio.
Ogni morte umana trova il suo modello nella morte di Cristo: è il
consegnare lo spirito a colui che ha creato l’uomo per l’immortalità.
Il Figlio di Dio, che come vero uomo consegna lo spirito, si unisce
mediante questo col Padre nello Spirito Santo, che è l’amore reciproco del
Padre e del Figlio: è il loro eterno soffio.
La morte e l’amore si incontrano al termine del sacrificio della croce. In
questo fatto ha il suo inizio la vittoria della croce. L’amore vince
attraverso la morte.
Al termine del venerdì santo siamo tornati ancora una volta sotto la croce
di Cristo sul Calvario. Abbiamo meditato le parole, che egli ha pronunciato
dall’alto della croce.
Lasciando questo luogo, portiamole con noi come testamento della nostra
redenzione.
“Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai
redento il mondo”. Amen.
La via della liberazione giunge a buon fine solo attraverso la verità. Colui
che morì sulla croce, disse: “conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”
(Gv 8, 32). Proprio per questo è andato sulla croce.
Nella croce è racchiusa fino in fondo la verità sul peccato dell’uomo. Sul
peccato del mondo. E per quanto l’umanità voglia respingere questa
verità, per quanto tenti di cancellare nelle coscienze e nei costumi il senso
del peccato, la croce darà sempre testimonianza a questa verità.
“Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché
chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3, 16).
Il Verbo Crocifisso! Il Figlio, che è venuto nel mondo: “non è venuto per
condannare il mondo, ma per salvare il mondo” (cf. Gv 12, 47).
O uomo del ventesimo secolo! Non ti scostare dal tribunale della croce di
Cristo! La croce è il tribunale della salvezza. La croce è la parola di vita
eterna. Questa parola è stata pronunciata una volta per sempre tra il cielo
e la terra. Tra Dio e l’uomo. Dio non ha revocato questa parola. Questa
parola non tramonta.
Dove l’uomo è colpito ed ucciso, è Cristo stesso che viene offeso e
crocifisso. Mistero di dolore, mistero di amore sconfinato!
Restiamo in silenzioso raccoglimento di fronte a questo insondabile
mistero.
“Ecce lignum crucis...”, “Ecco il legno della Croce, a cui fu appeso il Cristo,
Salvatore del mondo. Venite, adoriamo!”.
Mentre le tenebre della notte già incombono, eloquente immagine del
mistero che circonda la nostra esistenza, noi gridiamo a Te, Croce della
nostra salvezza, la nostra fede!
Signore, un fascio di luce si sprigiona dalla tua Croce. Nella tua morte è
vinta la nostra morte e ci è offerta la speranza della
risurrezione.Aggrappati alla tua Croce, noi restiamo in fiduciosa attesa del
tuo ritorno, Signore Gesù, nostro Redentore!
“Acclamiamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione,
nell’attesa della tua venuta”.
Amen!
Uomini e donne del nostro tempo, volgete lo sguardo verso Colui che è
stato trafitto! Egli per amore ha dato la sua vita per noi. Fedele e docile
alla volontà del Padre, Egli ci è di esempio e di incoraggiamento. Proprio
per questa sua obbedienza filiale, il Padre "l'ha esaltato e gli ha dato il
nome che è al di sopra di ogni altro nome" (Fil 2,9).
"In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum", "Padre nelle tue
mani affido il mio spirito". Queste sono le parole, questo è l'ultimo grido di
Cristo sulla Croce. E' la parola che chiude il mistero della Passione e apre
il mistero della liberazione attraverso la morte, che si realizzerà nella
Risurrezione. E' un'importante parola. La Chiesa, consapevole della sua
importanza, l'ha assunta nella Liturgia delle Ore e ogni giorno la conclude
con queste parole: "In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum".
Oggi vorremmo mettere queste parole sulle labbra dell'umanità alla fine
del secondo millennio, alla fine del ventesimo secolo. I millenni non
parlano, i secoli non parlano, ma parla l'uomo, parlano migliaia, miliardi di
uomini che hanno riempito questo spazio che si chiama ventesimo secolo,
questo spazio che si chiama millennio. Vogliamo oggi mettere queste
parole di Cristo sulle labbra di tutti questi uomini che sono stati cittadini
del nostro ventesimo secolo, del nostro secondo millennio, perché queste
parole, questo grido di Cristo sofferente, la sua ultima parola non
solamente chiude: questa parola apre. Significa un'apertura sul futuro.
"Padre, nelle tue mani affido il mio spirito". Questa parola apre.
"Padre, nelle tue mani affido il mio spirito" - sia anche l'ultima parola per
ciascuno di noi, quella che ci aprirà all'eterno.
“Christus factus est pro nobis oboediens usque ad mortem, mortem
autem crucis” “Cristo per noi si è fatto obbediente fino alla morte, e alla
morte di croce” (Antifona del Breviario; cfr Fil 2,8). Con queste parole, la
liturgia del Venerdì Santo riassume quanto si compì sul Golgota, duemila
anni or sono. L'evangelista Giovanni, testimone oculare, racconta gli
eventi dolorosi della Passione di Cristo. Narra la sua dura agonia, le sue
ultime parole: “Tutto è compiuto!” (Gv 19,30), e la trafittura del suo
costato con una lancia da parte di un soldato romano. Dal petto
squarciato del Redentore uscì sangue ed acqua, prova non equivoca della
sua morte (cfr Gv 19,34), e dono estremo del suo amore misericordioso.
La Croce, nella notte del dolore e dello smarrimento, è fiaccola che tiene
viva l'attesa del giorno nuovo della resurrezione. Alla Croce di Cristo
guardiamo con fede, questa sera, mentre per mezzo di essa vogliamo
gridare al mondo l'amore misericordioso del Padre per ogni uomo.
Sì, oggi è il giorno della misericordia e dell'amore; il giorno in cui s'è
compiuta la redenzione del mondo, perché il peccato e la morte sono stati
sconfitti dalla morte salvifica del Redentore.
Divin Re Crocifisso, il mistero della tua morte gloriosa trionfi nel mondo.
Fa' che non perdiamo il coraggio e l'audacia della speranza dinanzi ai
drammi dell'umanità e ad ogni ingiusta situazione che mortifica l'umana
creatura, redenta dal tuo sangue prezioso.
Anzi, con vigore più saldo, fa' che questa sera proclamiamo: La tua Croce
è vittoria e salvezza, “quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum”,
perché con il tuo sangue e la tua passione hai redento il mondo!
"Ed ecco si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero" (Lc 24,31). Alle sue
parole, i cuori dei due viandanti sconsolati acquistano serenità e
cominciano ad ardere di gioia. Riconoscono il loro Maestro allo spezzare
del pane.
Possano anche gli uomini di oggi riconoscere, come loro, allo spezzare del
pane, nel mistero dell'Eucaristia la presenza del loro Salvatore. Possano
incontrarlo nel sacramento della sua Pasqua, ed accoglierlo come
compagno del loro cammino. Egli saprà ascoltarli e confortarli. Saprà farsi
loro guida per condurli lungo i sentieri della vita verso la casa del Padre.
Come staccare lo sguardo da Gesù, che muore sulla Croce? Il suo viso
martoriato suscita sconcerto. Afferma il Profeta: "Non ha apparenza né
bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per potercene
compiacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben
conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia" (Is 53,2-
3).
Su quel volto s'addensano le ombre di tutte le sofferenze, le ingiustizie, le
violenze subite dagli esseri umani di ogni epoca della storia. Ma ora,
dinanzi alla Croce, le nostre pene di ogni giorno, e persino la morte,
appaiono rivestite della maestà di Cristo abbandonato e morente.
Il volto del Messia sanguinante e crocifisso rivela che Dio si è lasciato
coinvolgere per amore nelle vicende tormentate dell'umanità. Il nostro
non è più un dolore solitario, perché Egli ha pagato per noi con il suo
sangue versato sino all'ultima goccia. E' entrato nella nostra sofferenza e
ha infranto la barriera del nostro pianto disperato.
Nella sua morte acquista senso e valore la vita dell'uomo e persino la sua
stessa morte. Dalla Croce Cristo fa appello alla libertà personale degli
uomini e delle donne di tutti i tempi e chiama ciascuno a seguirlo sulla
strada del totale abbandono nelle mani di Dio. Ci fa riscoprire persino la
misteriosa fecondità del dolore.
"Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto" (Sal 4,7).
Mentre si scioglie la nostra assemblea, continuiamo a meditare sul
mistero di questo Volto che innumerevoli artisti, lungo i secoli, hanno
raffigurato impegnando ogni loro maestria.
Oh, se gli uomini si lasciassero intenerire dai suoi tratti inconfondibili! In
quel Volto santo possono trovare adeguata risposta i tanti interrogativi e
dubbi che agitano il cuore umano. Dalla contemplazione del Volto
amorevole del Figlio di Dio fatto uomo è possibile trarre la forza per
superare le ore del buio e del pianto. Dal Calvario una pace divina inonda
l'universo in attesa della gloria della Pasqua.
Vergine Maria, che sei rimasta intrepida sotto la Croce e hai raccolto in
grembo il corpo esanime di Gesù, aiutaci a capire che il nostro soffrire è
partecipazione preziosa alla Passione del tuo divin Figlio, che per amore
nostro "si è fatto obbediente fino alla morte e alla morte di croce". Guida i
nostri passi a calcare le sue orme indelebili, che ci condurranno allo
stupore e alla gioia della sua risurrezione.
Gesù morendo ha tolto il velo davanti ai nostri occhi, ed ora la Croce
svetta sul mondo in tutto il suo splendore. Il silenzio pacificante di Colui,
che l'umana cattiveria ha appeso a quel Legno, comunica pace ed amore.
Sulla Croce muore il Figlio dell'uomo, facendosi carico del peso d'ogni
umana sofferenza e ingiustizia. Sul Golgota muore per noi Colui che con la
sua morte ha redento il mondo.  
"Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto" (Gv 19,37).
Si avverano nel Venerdì Santo le parole profetiche che l'evangelista
Giovanni, testimone oculare, riferisce con meditata precisione. Al Dio fatto
uomo, che per amore ha accettato il supplizio più umiliante, guardano
moltitudini d'ogni razza e cultura. Quando gli occhi sono guidati
dall'intuizione profonda della fede, riconoscono nel Crocifisso il
«testimone» supremo dell'Amore. 
Dalla Croce Gesù raccoglie in un unico popolo giudei e pagani,
manifestando la volontà del Padre celeste di fare di tutti gli uomini
un'unica famiglia radunata nel suo nome.
Nel dolore lancinante del Servo sofferente s'avverte già il grido trionfante
del Signore risorto. Il Cristo sulla Croce è il Re del nuovo popolo riscattato
dal peso del peccato e della morte. Per quanto contorto e confuso possa
apparire il corso della storia, noi sappiamo che, camminando sulle orme
del Nazareno crocifisso, giungeremo alla meta. Fra le contraddizioni di un
mondo spesso dominato dall'egoismo e dall'odio, noi, i credenti, siamo
chiamati a proclamare la vittoria dell'Amore. Oggi, Venerdì Santo,
testimoniamo la vittoria di Cristo crocifisso. 
Crucem tuam adoramus, Domine!
Sì, Ti adoriamo, Signore innalzato sulla Croce tra la terra e il cielo,
Mediatore unico della nostra salvezza. La tua Croce è il vessillo della
nostra vittoria!
Ti adoriamo, Figlio della Vergine Santissima, ritta accanto alla tua Croce,
in coraggioso atteggiamento di condivisione del tuo sacrificio redentore.
Per mezzo del Legno su cui sei crocifisso è venuta nel mondo intero la
gioia - Propter Lignum venit gaudium in universo mundo. Di questo noi
siamo oggi ancor più consapevoli, mentre già il nostro sguardo si proietta
verso il prodigio ineffabile della tua risurrezione. "Adoriamo, Signore, la
tua Croce, lodiamo e glorifichiamo la tua santa resurrezione!".
Eccolo il legno della croce, ecco il mio cuore, ecco il mio corpo, che si sarà
dato per voi, Mistero della Fede. Non poteva inventare questo Mistero,
questa Realtà, l’uomo, lo poteva solamente rivelare Dio solo. L’uomo non
ha questa possibilità di donarci vita dopo la morte, la morte nell’ordine
umano è l’ultima parola. La parola che viene dopo, parola della
Risurrezione, è solamente quella che viene da Dio. Oggi, è già Cristo
deposto dalla croce, sepolto, e viene sigillato il suo sepolcro, e domani in
tutto il Mondo, in tutto il Cosmo, in tutti Noi, sarà un profondo silenzio.
Auguro a tutti voi di vivere sempre più profondamente, di vivere e anche
di testimoniare…
Venit hora! Era giunta l'ora! L'ora del Figlio dell'uomo.
Come ogni anno, percorriamo davanti al Colosseo romano la  Via
crucis di Cristo e partecipiamo a quell'ora in cui si è compiuta l'opera
della Redenzione.
Venit hora crucis! "L'ora di passare da questo mondo al Padre" (Gv 13, 1).
L'ora della straziante sofferenza del Figlio di Dio, una sofferenza che, a
venti secoli di distanza, continua a commuoverci intimamente e ad
interpellarci. Il Figlio di Dio è giunto a quest'ora (cfr Gv 12, 27) proprio
per donare la vita a vantaggio dei fratelli. E' l'ora dell'offerta - l'ora della
rivelazione dell'infinito amore.
Venit hora gloriae! "E' giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo"
(Gv 12,23). Ecco l'ora in cui a noi, uomini e donne di ogni tempo, è stato
fatto il dono dell'amore più forte della morte. Stiamo sotto la croce sulla
quale è inchiodato il Figlio di Dio, affinché con il potere che il Padre gli ha
dato sopra ogni essere umano Egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli
sono stati affidati (cfr Gv 17,2).
Non è dunque doveroso in questa ora rendere gloria a Dio Padre "che non
ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi" (Rm 8, 32)?
Non è tempo di glorificare il Figlio che "umiliò se stesso facendosi
obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Fil 2,7)?
Come non dare gloria allo Spirito di Colui che ha resuscitato Cristo dai
morti ed ora abita in noi per dare la vita anche ai nostri corpi mortali (cfr
Rm 8,11)?
Quest'ora del Figlio dell'uomo, che viviamo il Venerdì Santo, rimanga nella
nostra mente e nei nostri cuori come l'ora dell'amore e della gloria.
Il mistero della Via crucis del Figlio di Dio sia per tutti fonte inesauribile di
speranza. Ci conforti e ci fortifichi anche quando giungerà la nostra ora.
Venit hora redemptionis. Glorificemus Redemptorem!
Amen.
Sì, adoriamo e benediciamo il mistero della croce del Figlio di Dio, perché
è proprio da quella morte che è scaturita una nuova speranza per
l’umanità.
L’adorazione della Croce ci rimanda ad un impegno al quale non possiamo
sottrarci: la missione che San Paolo esprimeva con le parole "Completo
quello che manca nella mia carne ai patimenti di Cristo, a favore del suo
corpo che è la Chiesa" (Col 1, 2-4). Offro anch’io le mie sofferenze,
perché il disegno di Dio si compia e la sua parola cammini fra le genti.
Sono a mia volta vicino a quanti, in questo momento, sono provati dalla
sofferenza. Prego per ciascuno di loro.
In questo giorno memoriale del Cristo crocifisso guardo e adoro con voi la
Croce e ripeto le parole della liturgia: "O crux, ave spes unica!" Ave, o
Croce, unica speranza, donaci pazienza e coraggio e ottieni al mondo la
pace!
 
 
La Risurrezione
 
Il segreto della Risurrezione
è nel nostro quotidiano rapporto con Dio,
Amore e Vita.
Il segreto della Risurrezione
consiste nell’accogliere nel nostro cuore l’Amore di Cristo,
più forte della morte.
L’Eucaristia rappresenta questo grande dono d’Amore
da rinnovare ogni giorno.
Gesù è Risorto.
Gesù è veramente Risorto,
sempre presente tra noi, ci vuole vivi e ci salva,
ci libera, ci guarisce, ci unisce, ci illumina e ci guida nella via della Vita,
ci tocca e ci ama con una potenza invincibile.
Alleluia
Antonio Bigliardi
 
Ogni potere mi è stato dato in cielo e in terra.
Andate dunque, ammaestrate tutte le genti,
battenzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo,
insegnando loro ad asservare tutto ciò che vi ho ordinato.
Ed ecco: io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo.
Matteo 28, 18-19
 
  Il giorno seguente prima dell’alba, un tuono annunciò l’arrivo
di un temporale, un fulmine colpì il sigillo posto sulla pietra
della tomba che cadde di lato. Questo fulmine era un Angelo il
cui aspetto pareva simile alla folgore e la sua veste candida
come la neve bianca e risplendente.
  L’Angelo ribaltò la pietra di lato e vi si sedette sopra. La
pietra del sepolcro simbolizza le preoccupazioni e
l’attaccamento alle cose materiali dell’umanità. L’Angelo, che
è lo Spirito, uno Spirito di Luce, può sollevare la pietra,
spostarla e sedervisi sopra, superando la materia per vivere
la vera vita nella felicità.
  Il corpo spirituale di Gesù si materializzò per un attimo al
sorgere del sole, i suoi occhi videro il sole nascente
dell’aurora (Rugiada d’Oro), ora la tomba era vuota, era
rimasto solamente il telo.
  I soldati corsero a Gerusalemme dai sacerdoti i quali
decisero di mantenere la notizia in segreto, così si
accordarono tra di loro per diffondere la voce che incolpava i
discepoli della sparizione del corpo.
  La mattina del primo giorno della settimana, la Domenica, le
due Marie e Miriam si diressero verso il sepolcro del Signore
per profumarlo con gli oli e le spezie, appena arrivate
trovarono le guardie terrorizzate e videro la tomba vuota,
Maria Maddalena corse verso Gerusalemme per comunicare la
notizia ai discepoli, sulla strada trovò Pietro, Giovanni e
Giacomo e con loro ritornò nel giardino dove vi era il sepolcro.
  Il corpo fisico di Gesù era scomparso, le vesti erano piegate
ordinatamente. Nelle vicinanze vi era un uomo che pareva
essere un giardiniere, Maria si avvicinò a lui per chiedere
spiegazioni sulla sparizione del corpo ed egli rispose: “Madre,
perché piangi?”, lo sguardo di Maria diventò radioso, anche
Miriam vide il Signore ed egli disse: “vi avevo detto che vi
avrei riviste il primo giorno della settimana”. Poi andò verso
Maria Maddalena e a lei disse: “Perché cerchi il vivo tra i
morti, Io sono risorto, guarda il mio volto”, Maria lo riconobbe
ed era colma di gioia, i suoi occhi si illuminarono e stava per
abbracciarlo ma Gesù la fermò dicendole: “Non toccarmi
ora”. 
  Il corpo di Luce non aveva ancora attirato completamente la
materia per la sua manifestazione. Seguendo le leggi della
natura, sappiamo che uno spirito si può materializzare
integralmente in presenza di “medium” che gli forniscono i
mezzi per manifestarsi.
  Il Cristo ci dice: “Io sono l’Amore, Io sono la Resurrezione e
la Vita eterna, sentimi nella tua anima, cercami nel tuo cuore.
Quando tu mi sentirai vivente nel tuo cuore, allora potrai
toccarmi e sarai unito a me”.
  Ella andò a cercare di nuovo i discepoli che si erano
allontanati e gli raccontò ciò che aveva visto, non tutti
credettero, pensavano avesse avuto una visione.
  In quel momento arrivò Gesù dicendo: “Sono Io”.
  Il corpo fisico può essere completamente spiritualizzato e
assumere qualsiasi forma in base alla propria volontà. Gesù è
ritornato assumendo una forma familiare al gruppo dei
discepoli.
  Pietro, Giovanni e Giacomo erano stupiti e fremevano dalla
gioia e dal desiderio di raccontare quello che avevano visto
agli altri, ma quando li trovarono, loro non credettero.
  Giunta la sera, gli apostoli andarono a Betania in casa di
Simone, Tommaso non era con loro.
  Gesù arrivò e dimostrò di non essere un fantasma, i discepoli
increduli indietreggiarono impauriti, ma egli si fece toccare e
mangiò con loro e allora infine credettero. Poi Gesù
scomparve.
  La forma fisica si materializzava alla velocità della luce per
qualche minuto e poi spariva. Rispondendo alla Leggi della
Natura e della Vita, non esclusive ma accessibili a tutti, la
comunicazione tra il mondo visibile e quello invisibile, risulta
possibile grazie alla Legge d’Amore. La Legge della
Resurrezione rimane la stessa per tutti gli uomini.
 
  Nel tempio di Gerusalemme vi erano molti sacerdoti, un
uomo arrivò vestito da pescatore e chiese cosa era accaduto
a Gesù. Risposero che era stato crocifisso poiché era un uomo
pericoloso ed il corpo venne in seguito rubato dai suoi
discepoli. Allora il pescatore chiese: “avete qualche testimone
dell’accaduto?”, i sacerdoti dissero di avere molti uomini
come testimoni ma subito il pescatore disse: “ascoltatemi, io
sono un testimone, io ero nel giardino di Siloam e nessuno
dei vostri uomini ha visto rubare il corpo dal sepolcro, poiché
egli è risorto dalla morte”. A quel punto i sacerdoti, i farisei e
gli scribi, andarono incontro a quell’uomo per mandarlo fuori
dal tempio, ma in quell’istante il pescatore si trasformò in una
Radiosa Luce che fece cadere a terra dallo stupore quanti lo
minacciavano «il bene autentico fa sentire minacciati quelli
che sono all’estremo opposto dello spettro morale. Charles
Spencer».
  Spaventati videro così Gesù - il Re Pescatore - che disse:
“Questo è il mio corpo che voi avete lapidato e crocifisso,
osservate le mie mani, i miei piedi, il mio fianco, guardate le
ferite, venite e toccatemi, Pace ad ognuno di voi”. Poi
scomparve.
  Anche Tommaso fu informato dell’evento straordinario, ma
come gli altri, non credette.
  La Domenica seguente i discepoli si trovarono di nuovo in
casa di Simone a Betania, giunse anche Gesù e disse a
Tommaso: “Amico mio è giunta l’ora di conoscere, vieni e
guardami da vicino”, Tommaso si avvicinò, alzò lo sguardo e
riconobbe Gesù, come una rosa bagnata dalla rugiada, tra
lacrime di gioia, lo vide sparire nella Luce.
  Ora tutti i discepoli erano saldi nella fede.
Cristo, l’essere solare, universale principio ed esempio
d’Amore e Salute, dal Mistero del Golgota il Cristo diventa lo
spirito della terra contenuto in essenza nell’uomo dove ne
amplifica l’Io, portandolo dall’iniziazione di Gesù (saggezza-Io
superiore) contenuta nel Natale, all’iniziazione macrocosmica
del Cristo (amore-Io autentico) contenuta nell’Epifania.
  Gesù fu il primo uomo ad accogliere il Cristo e a dimostrare
la Resurrezione. Gesù ha dimostrato la sopravvivenza
dell’anima e la possibilità di manifestarsi sul piano terrestre
dopo la morte.
  L’uomo resuscita avanzando spiritualmente. L’uomo muore
per resuscitare in Cristo, diventando impersonale spirito libero
e puro.
  La Resurrezione ha luogo in primavera dove tutta la natura
rinasce. Il seme trova la morte apparente e nella terra
germina e rinasce ad una nuova vita. Così la morte della
personalità egoista lascia germogliare l’Amore puro del Cristo.
  Nel corpo fisico è contenuta l’essenza della Resurrezione,
questa essenza viene risvegliata dall’azione dello Spirito
Santo, dal Pensiero di Dio nell’uomo, dalla bontà, la Volontà
rende possibile l’azione dello Spirito, quando la Volontà
dell’uomo e quella di Dio sono UNA, la Resurrezione diventa
realtà «la Pasqua ci parla della vita nella vita, del potere della
Resurrezione che agisce nell’essere umano. Dobbiamo
dunque, assumendo questo potere nel nostro Io, essere attivi
in tutto il nostro essere, purificando il nostro corpo astrale e
portandolo ad un livello superiore, lavorando sul corpo eterico
e, infine, attraverso un Io rafforzato, dominare il corpo fisico.
L’Evento del Cristo c’è stato per l’umanità intera, ma
l’esperienza della Resurrezione richiede la nostra
collaborazione. Peter Button».
  Il corpo fisico muore per effetto della corruzione dell’anima,
ma attraverso il Cristo, attraverso l’amore noi possiamo
redimere l’anima e risorgere poiché l’amore è più forte della
morte, questa comprensione, una volta giunta a
manifestazione, risveglia il corpo di gloria o corpo della
resurrezione  che è un corpo di luce assolutamente puro e
immortale.
  Il corpo fisico corrotto deve essere purificato,
indicativamente un giorno di vita pura ne può purificare un
anno, per questo Gesù si è ritirato nel deserto per 40 giorni
prima del suo ministero del Cristo.
  Il deserto è quel luogo dove si è soli, e nello stesso tempo è
un luogo colmo di luce e calore, in cui si viene messi alla
prova dalle tentazioni, ma proprio perché si è soli che può
costituire un’esperienza veramente utile e sincera per
raccogliere elementi luminosi e raggiungere la libertà
«portare l’anello del potere vuol dire essere soli. J.R.R.
Tolkien».
  Dopo la purificazione del corpo fisico viene la purificazione
dell’anima, attuata attraverso l’amore con la legge di affinità,
per cui un’anima pura attira necessariamente sentimenti puri,
elevati «la legge di affinità ci permette di attirare dall’oceano
cosmico gli elementi migliori, i più radiosi, i più sottili, per
costruire il nostro corpo di gloria, il corpo dell’immortalità, il
corpo della luce che si trova in ognuno di noi. O. Mikhaël
Aïvanhov».
  In seguito abbiamo la purificazione dello spirito ottenuta
tramite il pensiero, un pensiero cosciente e vivente d’amore
che, fluendo attraverso il sangue, si manifesta nella volontà
ed è questa la nuova iniziazione a cui si arriva dopo aver
superato le altre. Con la purificazione dello spirito, tutto il
corpo verrà spiritualizzato e, come la terra si trasformerà in
un corpo solare d’amore, così il corpo umano diventerà uomo
spirito in grado di risorgere attirando materia per la sua
manifestazione la quale può assumere qualsiasi forma
vivente.
  La Resurrezione dei morti è il risveglio spirituale, il passaggio
dall’errore alla Verità, al quale ogni uomo può arrivare
attraverso uno sforzo personale e individuale di comprensione
che conduce alla liberazione dalla morte, dal cerchio del
karma terrestre. «Siate liberi» ci dice il Cristo, «tutti gli
uomini faranno ciò che Io ho fatto poiché Io Sono
eternamente vivente nel cuore di tutti».
  Tutto il mondo può ascoltare e comprendere le parole di
Verità.
 
  L’ascensione rappresenta il ritorno sulle ali della Luce alla
casa del Padre, alla quale segue l’invio dello Spirito Santo che
ora è parte della Terra, festeggiato nella Pentecoste.
 
  Gesù ci ha mandati per aprire le porte dell’alba (sunrise); ha
aperto una porta sull’Infinito, sul regno misterioso della Luce
e della Vita eterna «fissare gli occhi sul volto di Cristo,
riconoscerne il mistero nel cammino ordinario e doloroso della
sua umanità, fino a coglierne il fulgore divino definitivamente
manifestato nel Risorto, è il compito di ogni discepolo di
Cristo. Contemplando questo volto, splendido come il sole, ci
apriamo ad accogliere il mistero della vita trinitaria, per
sperimentare sempre nuovamente l’amore… Giovanni Paolo
II». 
  Attraverso Cristo, tutti gli uomini potranno entrare nella Luce
e nella Vita.
  La Chiesa Cristiana è il regno del Sacro Uno entro l’anima,
reso manifesto; è la vita condotta con Cristo in Dio, ognuno è
libero di accedervi camminando nell’unità verso gli orizzonti
dell’amore, della salvezza e della Pace Creatrice.
 
 
La Chiesa Universale
 
La Fede
purifica,
trasforma,
fortifica,
guarisce, salva,
santifica.
                           
   
Antonio
Bigliardi
 
Non sia turbato
il vostro cuore.
Abbiate fede in
Dio e abbiate
fede anche in
me.
                           
   
Giovanni 14, 1
 
…allora il
Cielo
trasfigurato, la
Terra
trasfigurata e
l’umanità
perfetta,
raccolta attorno
al suo Cristo
trasfigurato,
canterà il suo
eterno inno di
lode e di
ringraziamento
al Padre nella
potenza dello
Spirito Santo.
Amen
 
Paolo Serafini
 
La Chiesa universale è una realtà viva e operante fondata dal Cristo
attraverso la cooperazione della Madre e dei discepoli.
A Pietro disse:
«tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa,
e le porte dell’inferno mai prevarranno contro di essa.
A te darò le chiavi del regno dei cieli:
qualunque cosa legherai sulla terra sarà legata anche nei cieli;
e qualunque cosa scioglierai sulla terra sarà sciolta anche nei cieli».
A Giovanni disse:
«Figlio, ecco tua Madre».
Questa frase è rivolta a tutti gli uomini di buona volontà
perché trovino in Maria
la Madre dei Cristiani
che di generazione in generazione
è Fonte di Grazia e di Maternità
nello Spirito Santo.
La Madre delle Madri ha dato alla luce la Sorgente della Vita,
proprio in virtù della sua Purezza,
della sua Umiltà,
della sua Fede Cosciente nell’opera del Padre celeste.
Maria è un vero modello,
è quella Porta sempre aperta che conduce al Cristo,
è quella Porta che dobbiamo liberamente spalancare,
trovando nella Chiesa la Madre dell’Amore,
la Sposa di Cristo,
la Regina dell’Universo.
 
 
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© 2002 - 2012 Natura, Amore e Vita

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