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La Croce,
che sembra innalzarsi da terra,
in realtà pende dal cielo,
come abbraccio divino che stringe l' universo.
La Croce si rivela come il centro,
il senso e il fine di tutta la storia e di ogni vita umana.
Giovanni Paolo II
Ecco, il mio servo avrà successo,
sarà onorato, esaltato e molto innalzato.
Come molti si stupirono di lui
- tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto
e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo -
così si meraviglieranno di lui molte genti;
i re davanti a lui si chiuderanno la bocca,
poiché vedranno un fatto mai ad essi raccontato
e comprenderanno ciò che mai avevano udito.
Presentazione
Alleluia.
Questa ottava edizione è stata ulteriormente ampliata e rivista, alla luce del
mio cammino personale e comunitario, con nuove ed interessanti rivelazioni
riguardanti l'Eucaristia che si aggiungono alle altre contenute nelle edizioni
precedenti, senza stravolgere il lavoro, ma sempre integrandolo, come fosse
una Scala che si erge verso il Cielo.
Tutti i punti salienti del Mistero vengono resi ancora più vivi dalle descrizioni
particolareggiate di Maria Valtorta, nominata la penna di Dio, dalle cui parole
escono illuminati questi Misteri, fin nei colori e nei profumi che aprono il
cuore e la mente alla Parola creatrice. In particolare questa ottava edizione,
descrive nei minimi particolari l'Eucaristia, il cielo, il momento della
Crocifissione, i seguenti tuoni e fulmini, la deposizione dalla Croce, l’unzione
di Gesù e la Sacra Sindone, la Risurrezione.
Ho reso particolarmente chiaro il cammino al Calvario, integrandovi anche
le bellissime meditazioni, orazioni e preghiere di Giovanni Paolo II
riguardanti le XIV stazioni della Via Crucis del 1993; 2000 e 2003.
Proprio in questo senso, ecco come si è espresso il Santo Padre: « Il
commento alle stazioni lascia trasparire sullo sfondo della Passione di Gesù il
dramma del "mistero di iniquità" sempre subdolamente in atto nel mondo e,
insieme, il grande "mistero della pietà" non meno presente e silenziosamente
operante.
Dolore e angoscia investono milioni di uomini e interi popoli in modo tale
da far recepire quest'ora della storia proprio come l'"ultima ora".
L'uomo, lasciandosi accecare e dominare dal male, calpesta la propria
dignità, si fa nemico della vita e, in ogni scelta di violenza e di corruzione,
condanna a morte se stesso. Proprio in questo rivela la sua estrema miseria e il
suo bisogno di incontrarsi con la divina Misericordia.
Affinchè il Mistero si sveli nei cuori e ci porti alla Sua costante Presenza
nella vita è indispensabile seguire la via della purificazione e della fede. La
purificazione del cuore e della coscienza è la condizione necessaria per la
comunione con il Signore, come Egli stesso ha mostrato attraverso la lavanda
dei piedi. I Misteri diventano luminosi agli occhi della fede. La fede è
l’esempio e la base della scuola di Maria; Maria è la fede in persona, è un
vero modello, è la Madre della Chiesa universale, questo corpo mistico che,
dolcemente unito a noi, ce ne rende parte, ci unisce e continuerà a risplendere
per sempre.
Antonio Bigliardi
EUCARISTIA
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Luminosa e vivificante Fonte di Salvezza, Sorgente
della Grazia, magnifico Dono d’Amore, così immenso
da annullare tempo e distanza, nutrimento Divino,
Pane degli Angeli, Tesoro inestimabile, Forza
generatrice di Unità, il Cuore del mondo in Cristo
diviene Uno e con Maria si veste di Bellezza, di
feconda Bontà e di eterna Dolcezza.
Sacrificio immanente che supera l’Anima e veicola
l’Io versato per Voi oltre i confini del corpo,
preparandolo ad unirsi completamente alla Luce dello
Spirito così da portarsi in alto alla destra di Dio.
In merito alla transustanziazione riporto alcune
essenziali e importanti riflessioni di Giovanni Paolo
II: Colui che si nutre di Cristo nell'Eucaristia non deve
attendere l'aldilà per ricevere la vita eterna: la
possiede già sulla terra, come primizia della pienezza
futura, che riguarderà l'uomo nella sua totalità.
Nell'Eucaristia riceviamo infatti anche la garanzia
della risurrezione corporea alla fine del mondo: « Chi
mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita
eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno »
(Gv 6,54). Questa garanzia della futura risurrezione
proviene dal fatto che la carne del Figlio dell'uomo,
data in cibo, è il suo corpo nello stato glorioso di
risorto. Con l'Eucaristia si assimila, per così dire, il
“segreto” della risurrezione. Perciò giustamente
sant'Ignazio d'Antiochia definiva il Pane eucaristico
« farmaco di immortalità, antidoto contro la morte ».
L'Eucaristia è davvero uno squarcio di cielo che si
apre sulla terra. È un raggio di gloria della
Gerusalemme celeste, che penetra le nubi della nostra
storia e getta luce sul nostro cammino.
Nell'Eucaristia ti sei fatto "farmaco d'immortalità":
dacci il gusto di una vita piena, che ci faccia
camminare su questa terra come pellegrini fiduciosi e
gioiosi, guardando sempre al traguardo della vita che
non ha fine.
Davvero, nell'Eucaristia, ci mostra un amore che va
fino « all'estremo » (cfr Gv 13, 1), un amore che non
conosce misura.
Mysterium fidei! Se l'Eucaristia è mistero di fede, che
supera tanto il nostro intelletto da obbligarci al più
puro abbandono alla parola di Dio, nessuno come
Maria può esserci di sostegno e di guida in simile
atteggiamento. Il nostro ripetere il gesto di Cristo
nell'Ultima Cena in adempimento del suo mandato:
« Fate questo in memoria di me! » diventa al tempo
stesso accoglimento dell'invito di Maria ad obbedirgli
senza esitazione: « Fate quello che vi dirà » (Gv 2,5).
Con la premura materna testimoniata alle nozze di
Cana, Maria sembra dirci: « Non abbiate
tentennamenti, fidatevi della parola di mio Figlio.
Egli, che fu capace di cambiare l'acqua in vino, è
ugualmente capace di fare del pane e del vino il suo
corpo e il suo sangue, consegnando in questo mistero
ai credenti la memoria viva della sua Pasqua, per farsi
in tal modo “pane di vita” ».
Mettiamoci, miei carissimi fratelli e sorelle, alla
scuola dei Santi, grandi interpreti della vera pietà
eucaristica. In loro la teologia dell'Eucaristia acquista
tutto lo splendore del vissuto, ci « contagia » e, per
così dire, ci « riscalda ». Mettiamoci soprattutto in
ascolto di Maria Santissima, nella quale il Mistero
eucaristico appare, più che in ogni altro, come mistero
di luce. Guardando a lei conosciamo la forza
trasformante che l'Eucaristia possiede. In lei vediamo
il mondo rinnovato nell'amore. Contemplandola
assunta in Cielo in anima e corpo, vediamo uno
squarcio dei « cieli nuovi » e della « terra nuova » che
si apriranno ai nostri occhi con la seconda venuta di
Cristo. Di essi l'Eucaristia costituisce qui in terra il
pegno e, in qualche modo, l'anticipazione: « Veni,
Domine Iesu! » (Ap 22,20).
Nell'umile segno del pane e del vino, transustanziati
nel suo corpo e nel suo sangue, Cristo cammina con
noi, quale nostra forza e nostro viatico, e ci rende per
tutti testimoni di speranza. Se di fronte a questo
Mistero la ragione sperimenta i suoi limiti, il cuore
illuminato dalla grazia dello Spirito Santo intuisce
bene come atteggiarsi, inabissandosi nell'adorazione e
in un amore senza limiti.
La Chiesa ha ricevuto l'Eucaristia da Cristo suo
Signore non come un dono, pur prezioso fra tanti altri,
ma come il dono per eccellenza, perché dono di se
stesso, della sua persona nella sua santa umanità,
nonché della sua opera di salvezza. Questa non rimane
confinata nel passato, giacché « tutto ciò che Cristo è,
tutto ciò che ha compiuto e sofferto per tutti gli
uomini, partecipa dell'eternità divina e perciò
abbraccia tutti i tempi ».
Quando la Chiesa celebra l'Eucaristia, memoriale
della morte e risurrezione del suo Signore, questo
evento centrale di salvezza è reso realmente presente e
« si effettua l'opera della nostra redenzione ». Questo
sacrificio è talmente decisivo per la salvezza del
genere umano che Gesù Cristo l'ha compiuto ed è
tornato al Padre soltanto dopo averci lasciato il mezzo
per parteciparvi come se vi fossimo stati presenti.
Ogni fedele può così prendervi parte e attingerne i
frutti inesauribilmente. Questa è la fede, di cui le
generazioni cristiane hanno vissuto lungo i secoli.
Questa fede il Magistero della Chiesa ha
continuamente ribadito con gioiosa gratitudine per
l'inestimabile dono. Desidero ancora una volta
richiamare questa verità, ponendomi con voi, miei
carissimi fratelli e sorelle, in adorazione davanti a
questo Mistero: Mistero grande, Mistero di
misericordia. Che cosa Gesù poteva fare di più per
noi? Davvero, nell'Eucaristia, ci mostra un amore che
va fino « all'estremo » (cfr Gv 13, 1), un amore che
non conosce misura.
«Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della
terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti
e le hai rivelate ai piccoli (...) Nessuno sa chi è il
Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio
e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Lc 10, 21-
22). Queste parole del Vangelo di San Luca,
introducendoci nell'intimo del mistero di Cristo, ci
consentono di accostarci anche al mistero
dell'Eucaristia. In essa il Figlio consostanziale al
Padre, Colui che soltanto il Padre conosce, Gli offre in
sacrificio se stesso per l'umanità e per l'intera
creazione. Nell'Eucaristia Cristo restituisce al Padre
tutto ciò che da Lui proviene. Si realizza così un
profondo mistero di giustizia della creatura verso il
Creatore. Bisogna che l'uomo renda onore al Creatore
offrendo, con atto di ringraziamento e di lode, tutto
ciò che da Lui ha ricevuto. L'uomo non può smarrire
il senso di questo debito, che egli soltanto, tra tutte le
altre realtà terrestri, può riconoscere e saldare come
creatura fatta a immagine e somiglianza di Dio. Nello
stesso tempo, dati i suoi limiti di creatura e il peccato
che lo segna, l'uomo non sarebbe capace di compiere
questo atto di giustizia verso il Creatore, se Cristo
stesso, Figlio consostanziale al Padre e vero uomo,
non intraprendesse questa iniziativa eucaristica.
Il sacerdozio, fin dalle sue radici, è il sacerdozio di
Cristo. E Lui che offre a Dio Padre il sacrificio di se
stesso, della sua carne e del suo sangue, e con il suo
sacrificio giustifica agli occhi del Padre tutta l'umanità
e indirettamente tutto il creato. Il sacerdote,
celebrando ogni giorno l'Eucaristia, scende nel cuore
di questo mistero. Per questo la celebrazione
dell'Eucaristia non può non essere, per lui, il momento
più importante della giornata, il centro della sua vita.
dal Vangelo di Matteo:
Capitolo 26
26 Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo
spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: “Prendete e mangiate; questo è il mio
corpo”. 27 Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo:
“Bevetene tutti, 28 perché questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in
remissione dei peccati. 29 Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite
fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio”.
dal Vangelo di Marco:
Capitolo 14
Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo
22
diede loro, dicendo: “Prendete, questo è il mio corpo”. 23 Poi prese il calice e rese
grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24 E disse: “Questo è il mio sangue, il sangue
dell’alleanza versato per molti. 25 In verità vi dico che io non berrò più del frutto della
vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio”.
dal Vangelo di Luca:
Capitolo 22
14 Quando fu l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, 15 e disse: “Ho
desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia
passione, 16 poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno
di Dio”. 17 E preso un calice, rese grazie e disse: “Prendetelo e distribuitelo tra
voi, 18 poiché vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché
non venga il regno di Dio”.
19 Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Questo è il mio
corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me”. 20 Allo stesso modo dopo
aver cenato, prese il calice dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio
sangue, che viene versato per voi”.
Ci troviamo qui,
nella convinzione che la via crucis del Figlio di Dio
non fu un semplice avvicinarsi
al luogo del supplizio.
Crediamo che ogni passo del Condannato,
ogni suo gesto e ogni sua parola,
ed anche quanto hanno vissuto e compiuto
coloro che hanno preso parte a questo dramma,
ci parlano incessantemente.
Anche nel suo patire e morire
Cristo ci svela la verità su Dio e sull'uomo.
In quest'anno giubilare
vogliamo riflettere con particolare intensità
sul contenuto di quell'evento,
affinché esso parli con una forza nuova
alle nostre menti e ai nostri cuori,
e diventi fonte della grazia
di un'autentica partecipazione.
Partecipare significa avere una parte.
Che cosa vuol dire avere una parte
nella croce di Cristo?
Vuol dire sperimentare nello Spirito Santo
l'amore che la croce di Cristo nasconde in sé.
Vuol dire riconoscere, alla luce di questo amore,
la propria croce.
Vuol dire riprenderla sulle proprie spalle e,
sempre in virtù di questo amore, camminare...
Anche quest'anno,
per rinnovata misericordia del Signore,
sono con voi per ripercorrere nella fede
il tragitto che Gesù compì dal pretorio di Ponzio Pilato
alla cima del Calvario.
Via Crucis,
abbraccio ideale tra Gerusalemme e Roma,
tra la Città amata da Gesù
dove egli donò la vita per la salvezza del mondo,
e la Città sede del Successore di Pietro,
che presiede alla carità ecclesiale.
Preghiamo.
Guarda, Padre santo,
il sangue che sgorga dal costato trafitto del Salvatore;
guarda il sangue versato da tante vittime
dell'odio, della guerra, del terrorismo,
e concedi benigno che il corso degli eventi nel mondo
si svolga secondo la tua volontà nella giustizia e nella pace,
e la tua Chiesa si dedichi con serena fiducia
al tuo servizio e alla liberazione dell'uomo.
Per Cristo nostro Signore.
I Stazione
Gesù è condannato a morte
MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
"Sia crocifisso!".
Signore Gesù, questo grido di condanna,
questo urlo disumano,
continua a levarsi contro di Te
da una folla concitata, irresponsabile,
suggestionata e accecata dal male.
Non Te, che ora sei l'Eterno Vivente,
ma se stesso l'uomo condanna alla morte,
quando non si cura che prevalga l'ingiustizia,
quando sceglie violenza e corruzione,
quando calpesta il piccolo e l'innocente
e getta la propria dignità umana
come un rifiuto nelle immondizie.
Segno di una morte infame, riservata alla categoria più bassa degli uomini, la croce
diventa una chiave.
D'ora in poi, con l'aiuto di questa chiave, l'uomo aprirà la porta delle profondità del
mistero di Dio.
Per opera di Cristo che accetta la croce, strumento della propria spoliazione, gli uomini
sapranno che Dio è amore.
Amore sconfinato: "Ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché
chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Gv 3, 16).
ORAZIONE
Gesù cade sotto la croce. Ciò avverrà per tre volte sul cammino relativamente breve
della "via dolorosa".
Cade per lo sfinimento. Il corpo insanguinato dalla flagellazione, il capo coronato di
spine. Tutto questo fa sì che gli manchino le forze.
Cade, dunque, e la croce con il suo peso lo schiaccia contro la terra.
Occorre ritornare alle parole del profeta, che vede in prospettiva questa caduta secoli
prima. È come se la contemplasse con gli stessi suoi occhi: dinanzi al Servo del Signore,
a terra sotto il peso della croce, mostra la vera causa della sua caduta. Ecco, "Dio pose
su di lui i peccati di noi tutti".
Sono stati i peccati a schiacciare a terra il divin Condannato.
Sono stati essi a decidere il peso della croce, che egli porta sulle sue spalle.
Sono stati i peccati a determinare la sua caduta.
"Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco, concepirai un figlio, lo
darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il
Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di
Giacobbe e il suo regno non avrà fine" (Lc 1, 30-33).
Maria ricordava queste parole. Ritornava spesso ad esse nel segreto del suo cuore.
Quando sulla via della croce incontrò il Figlio, forse proprio queste parole le vennero
alla mente. Con una forza particolare.
"Regnerà... Il suo regno non avrà fine...", aveva detto il messaggero celeste.
Ora, mentre vede il Figlio, condannato a morte, portare la croce sulla quale dovrà
morire potrebbe, umanamente parlando, domandarsi: come dunque possono compiersi
quelle parole? in quale modo regnerà sulla casa di Davide? E come potrà essere che il
suo regno non abbia fine?
Umanamente, sono domande comprensibili.
Maria però ricorda che allora, dopo aver udito l'annuncio dell'Angelo, aveva risposto:
"Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1, 38).
Ora vede che quella sua parola si sta compiendo come parola della croce. Perché
madre, Maria soffre profondamente.
Tuttavia risponde anche ora come aveva risposto allora, all'annunciazione: "Avvenga di
me quello che hai detto".
In questo modo, maternamente, abbraccia la croce insieme al divin Condannato.
Sulla via della croce Maria si manifesta come Madre del Redentore del mondo.
"Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c'è un dolore simile al mio
dolore, al dolore che ora mi tormenta" (Lam 1, 12).
È la Madre Addolorata che parla,
la Serva obbediente fino alla fine,
la Madre del Redentore del mondo.
ORAZIONE
O Maria, tu che hai percorso
la via della croce insieme col Figlio,
straziata dal dolore nel tuo cuore di madre,
ma sempre memore del tuo fiat
e intimamente fiduciosa che colui a cui nulla è impossibile
avrebbe compiuto le sue promesse,
impetra per noi e per gli uomini delle future generazioni
la grazia dell'abbandono all'amore di Dio.
Fa' che, di fronte alla sofferenza, al rifiuto, alla prova,
anche se prolungata ed aspra,
non dubitiamo mai del suo amore.
A Gesù, tuo Figlio,
onore e gloria nei secoli.
Amen.
Maria, mossa dall’estremo desiderio di vedere Gesù, di
condividere con lui ogni momento, si fece accompagnare da
Giovanni in uno dei luoghi presso i quali doveva passare suo
figlio.
Egli arrivò di fronte a lei che piangeva ed era coperta da un
mantello azzurro. Gli occhi di Gesù incontrarono quelli della
Madre come l’Amore si incontra con la Misericordia, come il
sangue si incontra alle lacrime. Gli occhi della Madre e del
Figlio si penetrano come un Sole che irradia sull’acqua e tutto
rinnova al suo passaggio. Cerco il tuo volto poiché sei la Via
che apre il cuore al concepimento del Tesoro nascosto nella
Luce dei tuoi occhi.
La Misericordia mossa dall’amore, porta l’uomo in Paradiso,
alla fonte della Vita. Attraverso la Misericordia noi edifichiamo
quella scuola della Pace che è intima comunione con Dio e
gustiamo quella gioia che è il frutto e lo splendore dell’Amore.
V Stazione
Il Cireneo aiuta Gesù a portare la croce
MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
Signore Gesù,
il tuo invito è molto esigente!
Noi vorremmo seguirti sulla via della Vita,
ma tu ci fai passare per la via della morte!
È qui che noi ci scontriamo
con le nostre viltà e le nostre paure.
Per evitare di incontrarci con la realtà della croce,
noi, induriti nel cuore, deviamo il cammino
e chiudiamo gli occhi davanti alle tue sofferenze
che continuano nei nostri fratelli.
Abbiamo bisogno anche noi, come Simone di Cirene,
che qualcuno ci sospinga intensamente
a caricarci, con amore, pure della croce degli altri.
Potremo così sperimentare la grande forza
che scaturisce dal sostenere insieme, con fede invitta,
le molteplici prove della vita.
In un canto quaresimale risuonano queste parole: "Sotto il peso della croce Gesù
accoglie il Cireneo". Sono parole che lasciano intravedere un totale cambio di
prospettiva: il divin Condannato appare come qualcuno che, in un certo senso, "fa
dono" della croce.
Non è stato forse lui a dire: "Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di
me" (Mt 10, 38)?
Simone riceve un dono.
Ne è diventato "degno".
Ciò che agli occhi della folla poteva offendere la sua dignità, nella prospettiva della
redenzione gli ha invece conferito una nuova dignità. Il Figlio di Dio l'ha reso in modo
singolare compartecipe della sua opera salvifica.
Simone ne è consapevole?
L'evangelista Marco identifica Simone di Cirene come "padre di Alessandro e Rufo"
(15, 21).
Se i figli di Simone di Cirene erano conosciuti nella primitiva comunità cristiana, si può
ritenere che anch'egli, proprio mentre portava la croce, abbia creduto in Cristo. Passò
liberamente dalla costrizione alla disponibilità, come intimamente raggiunto dalle
parole: "Chi non porta la sua croce con me, non è degno di me".
Da allora questo vangelo parla a tanti, innumerevoli cirenei, chiamati nel corso della
storia a portare la croce insieme a Gesù.
ORAZIONE
Veronica non appare nei Vangeli. Questo nome non viene menzionato, benché vengano
fatti i nomi di varie donne che compaiono accanto a Gesù.
Può essere, dunque, che il nome esprima piuttosto ciò che la donna fece. In effetti,
secondo la tradizione, sulla via del Calvario una donna si fece strada tra i soldati che
scortavano Gesù e con un velo asciugò il sudore e il sangue sul volto del Signore. Quel
volto restò impresso nel velo; un riflesso fedele, una "vera icona". A questo si
collegherebbe il nome stesso di Veronica.
Se è così, questo nome, che rende memorabile il gesto compiuto da questa donna,
racchiude allo stesso tempo la più profonda verità su di lei.
Un giorno, suscitando la critica degli astanti, Gesù prese le difese di una donna
peccatrice, che aveva versato sui suoi piedi olio profumato e li aveva asciugati con i
capelli. All'obiezione che venne fatta in quella circostanza rispose: "Perché infastidite
questa donna? Essa ha compiuto una azione buona verso di me (...). Versando questo
olio sul mio corpo, lo ha fatto in vista della mia sepoltura" (Mt 26, 10. 12). Si
potrebbero applicare queste parole anche alla Veronica.
Gli atti d'amore non passano. Ogni gesto di bontà, di comprensione, di servizio lascia
nel cuore dell'uomo un segno indelebile, che lo rende sempre più simile a colui che
"spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo" (Fil 2, 7).
ORAZIONE
Ecco, nella polvere della terra sta il Condannato. Schiacciato dal peso della sua croce.
Le forze lo abbandonano sempre più. Ma pur a fatica si rialza, per continuare il
cammino.
Che cosa dice a noi, uomini peccatori, questa seconda caduta? Più ancora della prima,
sembra esortare a rialzarci, a rialzarci un'altra volta sulla nostra via della croce.
Cyprian Norwid ha scritto: "Non dietro a se stessi con la croce del Salvatore, ma dietro
al Salvatore con la propria croce". Massima breve, ma che dice moltissimo. Spiega in
quale senso il cristianesimo sia la religione della croce.
Lascia intendere che ogni uomo incontra quaggiù il Cristo che porta la croce e cade
sotto di essa.
A sua volta Cristo, sulla via del Calvario, incontra ogni uomo e, cadendo sotto il peso
della croce, non cessa di annunziare la buona novella.
Lungo questi due millenni molti hanno sperimentato che cadere non significa la fine del
cammino.
Incontrando il Salvatore, si sono sentiti da lui rassicurare: "Ti basta la mia grazia; la mia
potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza" (2 Cor 12, 9).
Si sono rialzati confortati ed hanno trasmesso al mondo la parola della speranza che
sgorga dalla croce.
Oggi, varcata la soglia del nuovo millennio, siamo chiamati ad approfondire il
contenuto di questo incontro.
È necessario che la nostra generazione rechi ai secoli futuri la buona novella del nostro
rialzarci in Cristo.
ORAZIONE
Se, mentre seguiamo Cristo sulla via della croce, si desta nei nostri cuori la compassione
per la sua sofferenza, non possiamo dimenticare quell'ammonimento.
"Se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?".
Per la nostra generazione, che si lascia un millennio alle spalle, più che di piangere su
Cristo martoriato, è ora di "riconoscere il tempo in cui è visitata".
Già risplende l'aurora della risurrezione.
"Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza" (2 Cor 6, 2).
A ciascuno di noi Cristo rivolge queste parole dell'Apocalisse: "Sto alla porta e busso.
Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli
con me. Il vincitore lo farò sedere presso di me, sul mio trono, come io ho vinto e mi
sono assiso presso il Padre mio sul suo trono" (3, 20-21).
ORAZIONE
Ecco, Cristo è nuovamente stramazzato a terra sotto il peso della croce. La folla,
curiosa, osserva se ancora avrà la forza di rialzarsi.
San Paolo scrive: "Pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua
uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e
divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi
obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Fil 2, 6?8).
La terza caduta sembra esprimere proprio questo:
la spoliazione, la kenosis del Figlio di Dio,
l'umiliazione sotto la croce.
Ai discepoli Gesù, aveva detto di essere venuto non per essere servito, ma per servire
(cfr Mt 20, 28).
Nel Cenacolo, chinandosi fino a terra e lavando loro i piedi, aveva come
voluto abituarli a questa sua umiliazione.
Cadendo a terra per la terza volta sulla via della croce, ci grida ancora a gran voce il
suo mistero.
Ascoltiamo la sua voce!
Questo Condannato, a terra sotto il peso della croce, nei pressi ormai del luogo del
supplizio, ci dice: "Io sono la via, la verità e la vita" (Gv 14, 6). "Chi segue me, non
camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Gv 8, 12).
Non ci sgomenti la vista di un Condannato, che cade a terra sfinito sotto la croce.
Questo esteriore manifestarsi della morte, che si sta avvicinando, nasconde in sé la luce
della vita.
ORAZIONE
X Stazione
Gesù è spogliato delle vesti
MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
Sei entrato nel mondo spogliandoti della tua gloria
di Figlio di Dio, per nascere figlio dell'uomo.
In quest'ora decisiva di tutta la storia
anche la tua umanità viene spogliata da mani profane...
Il tuo corpo, quel vergine corpo che si era formato
nel grembo immacolato della Vergine,
è denudato e fatto oggetto di irriverenza e di volgarità.
Eppure Tu sei Re; Tu sei l'unico Signore del mondo!
Vedere Te è vedere la luce,
toccare Te è toccare il fuoco.
Come oseremo guardarti
noi, che ti abbiamo buttato addosso
il fango del nostro peccato?
Portando su di Te la nostra vergogna,
Tu ci rivesti della tua santità.
La tua tunica inconsutile è la veste nuziale
che doni alla tua dilettissima Chiesa.
Ecco, egli deve salire sulla croce, per offrire il sacrificio della Nuova Alleanza.
Egli è Sacerdote. Deve entrare mediante il proprio sangue nelle dimore eterne, dopo
aver operato la redenzione del mondo (cfr Eb 9, 12).
ORAZIONE
Signore Gesù,
che con totale dedizione hai accettato la morte di croce
per la nostra salvezza,
rendi noi e tutti gli uomini del mondo
partecipi del tuo sacrificio sulla croce,
affinché il nostro esistere e il nostro operare
abbiano la forma di una partecipazione
libera e consapevole
alla tua opera di salvezza.
A te Gesù, sacerdote e vittima
onore e gloria nei secoli.
Amen.
Giunti al Golgota, la cui locazione terrestre è 31°46’ di
Latitudine Nord e 35°14’ di Longitudine Est, vi erano già due
uomini crocifissi legati con corde, quattro guardie romane (le
stesse che lo avevano flagellato da Erode), spogliarono Gesù
(il re del cielo deve morire nudo sulla terra) e lo misero sulla
croce legandolo, con la corona di spine sulla testa.
Umiliato e spogliato della veste bianca tessuta da Maria, da
quella veste così ben fatta che appare indivisibile, tanto che i
soldati tirano a sorte per ricevere gratuitamente e senza
sforzo quello splendore di Dio che non è più tale una volta
allontanato dalla Fonte, senza la nostra attiva partecipazione.
Quella veste di luce è la Tua Grazia che opera attraverso noi e
che riceviamo dalla Fede cosciente in Te; è il Tuo Corpo che ci
hai donato e che ci doni nell’Eucaristia.
XI Stazione
Gesù è inchiodato alla croce
MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
Come una vite rigogliosa che la bufera
ha spogliato dei suoi verdi pampini,
così Tu, appeso al legno della croce,
sei divenuto spettacolo al cielo e alla terra.
Il tuo corpo esteso in dimensione cosmica
è tutto dono e tutto accoglienza.
E l'antico nemico è ancora lì, puntualmente,
per tentare l'ultimo disperato attacco.
"Scendi... ! Salva te stesso!".
Signore Gesù, se Tu fossi sceso dalla croce
noi tutti saremmo perduti;
se Tu avessi mostrato la tua divina potenza,
non sarebbe sgorgato sul mondo il fiume di grazia
che rigenera i credenti a vita nuova.
Benedetto quel legno per mezzo del quale
Tu stesso ti sei inchiodato al volere del Padre
a salvezza di tutti noi!
"Hanno forato le mie mani e i miei piedi, posso contare tutte le mie ossa" (Sal 212, 17?
18).
Si compiono le parole del profeta.
Inizia l'esecuzione.
I colpi degli aguzzini schiacciano contro il legno della croce le mani e i piedi del
Condannato.
Nel carpo delle mani i chiodi vengono infissi con prepotenza. Quei chiodi terranno
appeso il condannato fra gli inesprimibili tormenti dell'agonia.
Nel suo corpo e nel suo animo sensibilissimo, Cristo soffre indicibilmente.
Insieme con lui vengono crocifissi due veri malfattori, uno alla sua destra e l'altro alla
sua sinistra. Si compie la profezia: "È stato annoverato fra gli empi" (Is 53, 12).
Quando gli aguzzini alzeranno la croce, inizierà una agonia che durerà tre ore. Bisogna
che si adempia anche questa parola: "Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a
me" (Gv 12, 32).
Come spiegare che, generazione dopo generazione, questa terrificante visione abbia
attirato innumerevoli schiere di persone che hanno fatto della croce il distintivo della
loro fede?
Di uomini e donne che per secoli hanno vissuto e dato la vita guardando a questo segno?
Cristo innalzato sulla croce attiri anche noi, uomini e donne del nuovo millennio!
All'ombra della croce, "camminiamo nella carità perché anche Cristo ci ha amato e ha
dato se stesso, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore" (cfr Ef 5, 2).
ORAZIONE
Cristo innalzato,
Amore crocifisso,
riempi i nostri cuori del tuo amore,
affinché riconosciamo nella tua croce
il segno della nostra redenzione
e, attratti dalle tue ferite,
viviamo e moriamo con te,
che vivi e regni con il Padre e con lo Spirito,
ora e nei secoli senza fine.
Amen.
Gesù era legato alla croce, tuttavia gli ebrei lo volevano
inchiodato, così le guardie lo trafissero con i chiodi,
trapassandogli le mani e i piedi, poi gli offrirono una bevanda
sedativa a base di aceto e mirra, ma Gesù rifiutò.
_______Crocifissione_______
dall'Evangelo di Maria Valtorta
...Gesù, che aveva gli occhi chiusi, all'acuto dolore ha un grido e una
contrazione, e spalanca gli occhi nuotanti fra le lacrime. Deve essere un
dolore atroce quello che prova... Il chiodo penetra spezzando muscoli, vene,
nervi, frantumando ossa...
Ma Gesù non grida più, ha solo un lamento roco dietro le labbra fortemente
chiuse, e lacrime di spasimo cadono per terra dopo esser cadute sul legno.
Ora, quelli che erano seduti sul petto di Gesù si alzano per spostarsi sui
ginocchi, dato che Gesù ha un movimento involontario di ritirare le gambe,
vedendo brillare al sole il lunghissimo chiodo, lungo il doppio e largo il
doppio di quello usato per le mani. E pesano sui ginocchi scorticati, e
premono sui poveri stinchi contusi, mentre gli altri due compiono
l'operazione, molto più difficile, dell'inchiodatura di un piede sull'altro,
cercando di combinare le due giunture dei tarsi insieme.
Per quanto guardino e tengano fermi i piedi, al malleolo e alle dita, contro il
cuneo, il piede sottoposto si sposta per la vibrazione del chiodo, e lo devono
schiodare quasi, perché, dopo essere entrato nelle parti molli, il chiodo, già
spuntato per avere perforato il piede destro, deve essere portato un poco più in
centro. E picchiano, picchiano, picchiano... Non si sente che l'atroce rumore
del martello sulla testa del chiodo, perché tutto il Calvario non è che occhi e
orecchie tese, per raccogliere atto e rumore e gioirne...
Gesù si è saldato al mondo come alla croce, possa questa
ulteriore prova donarci la possibilità di trovare quel legame
che ci consente di scoprire la vera Libertà.
Alzarono la croce al centro tra gli altri due condannati e
sopra la sua testa, venne affissa una tavoletta di legno con
scritto: Gesù il Cristo, Re degli ebrei.
I sacerdoti si incollerirono quando lessero queste parole
poiché avrebbero voluto leggere: colui che si riteneva Figlio di
Dio, ma Pilato disse: “ciò che ho scritto, ho scritto, lasciatelo
stare”.
_______Crocifissione_______
dall'Evangelo di Maria Valtorta
Il sole è strano. Di un giallo rosso d'incendio. E poi pare che l'incendio si
spenga di colpo per un nuvolone di pece che sorge da dietro le catene giudee e
che corre veloce per il cielo, scomparendo dietro ad altri monti. E quando il
sole ritorna fuori è così vivo che l'occhio non lo sopporta che male.
Nel guardare vede Maria, proprio sotto il balzo, che tiene alzato verso il Figlio
il suo volto straziato.
Gesù tace. Anelante per lo sforzo della posizione, per la febbre, per lo stato
cardiaco e respiratorio, conseguenza della flagellazione subita in forma tanto
violenta, e anche dell'angoscia profonda che gli aveva fatto sudar sangue,
cerca trovare un sollievo, alleggerendo il peso che grava sui piedi,
sospendendosi alle mani e facendo forza con le braccia. Forse lo fa anche per
vincere un poco il crampo che già tormenta i piedi e che si tradisce con il
tremito muscolare. Ma lo stesso tremore è nelle fibre delle braccia, che sono
sforzate in quella posizione e devono essere gelate nelle loro estremità, perché
poste più in alto e abbandonate dal sangue, che a fatica giunge ai polsi e poi
ne geme dai buchi dei chiodi lasciando senza circolazione le dita. Specie
quelle della sinistra sono già cadaveriche e stanno senza moto, ripiegate verso
il palmo. Anche le dita dei piedi esprimono il loro tormento. Specie gli alluci,
forse perché meno è leso il loro nervo, si alzano, si abbassano, si divaricano.
Il tronco, poi, svela tutta la sua pena col suo movimento, che è veloce ma non
profondo, ed affatica senza dare sollievo. Le coste, molto ampie e alte di loro,
perché la struttura di questo Corpo è perfetta, sono ora dilatate oltre misura
per la posizione assunta dal corpo e per l'edema polmonare che certo si è
formato nell'interno. Eppure non servono ad alleggerire lo sforzo respiratorio,
tanto che tutto l'addome aiuta col suo muoversi il diaframma, che sempre più
si va paralizzando.
E la congestione e l'asfissia aumentano di minuto in minuto, come lo indicano
il colorito cianotico che sottolinea le labbra, di un rosso acceso dalla febbre, e
le striature di un rosso violaceo, che spennellano il collo lungo le giugulari
turgide e si allargano fino sulle guance, verso le orecchie e le tempie, mentre
il naso è affilato e esangue, e gli occhi affondano in un cerchio che è livido
dove è privo del sangue colato dalla corona.
Sotto l'arco costale sinistro si vede l'urto propagato dalla punta cardiaca,
irregolare, ma violento, e ogni tanto, per una convulsione interna, il
diaframma ha un fremito profondo che si rivela da una distensione totale della
pelle, per quanto può stendersi su quel povero Corpo ferito e morente.
Il Volto ha già l'aspetto che vediamo nelle fotografie della Sindone, col naso
deviato e gonfio da una parte; e anche il tenere l'occhio destro quasi chiuso,
per il gonfiore che è da questo lato, aumenta la somiglianzà. La bocca, invece,
è aperta, con la sua ferita sul labbro superiore ormai ridotta ad una crosta.
La sete, data dalla perdita di sangue, dalla febbre e dal sole, deve essere
intensa, tanto che Egli, con mossa macchinale, beve le stille del suo sudore e
del suo pianto, e anche quelle del sangue che scende dalla fronte fin sui baffi,
e si bagna con queste la lingua...
La corona di spine gli vieta di appoggiarsi al tronco della croce per aiutare la
sospensione sulle braccia e alleggerire i piedi. Le reni e tutta la spina si arcua
verso l'esterno, stando staccato dal tronco della croce dal bacino in su per
forza di inerzia che fa pendere in avanti un corpo sospeso come era il suo.
Gesù parla per la prima volta: «Padre, perdona loro perché non sanno quello
che fanno!».
Questa preghiera vince ogni timore in Disma. Osa guardare il Cristo e dice:
«Signore, ricordati di me quando sarai nel tuo Regno. Io è giusto che qui
soffra. Ma dammi misericordia e pace oltre la vita. Una volta ti ho sentito
parlare e, folle, ho respinto la tua parola. Ora me ne pento. E dei miei peccati
me ne pento davanti a Te, Figlio dell'Altissimo. Io credo che Tu venga da Dio.
Io credo nel tuo potere. Io credo nella tua misericordia. Cristo, perdonami in
nome di tua Madre e del tuo Padre santissimo».
Gesù si volge e lo guarda con profonda pietà, ed ha un sorriso ancora
bellissimo sulla povera bocca torturata. Dice: «Io te lo dico: oggi tu sarai con
me in Paradiso».
Il ladrone pentito si mette calmo e, non sapendo più le preghiere imparate da
bambino, ripete come una giaculatoria: «Gesù Nazareno, re dei giudei, pietà
di me; Gesù Nazareno, re dei giudei, io spero in Te; Gesù Nazareno, re dei
giudei, io credo nella tua Divinità».
Ed ecco che la croce è ritta sulla sinistra collina del Golgota o
luogo dei teschi, luogo di morte. Una nube rossastra si pone
davanti al sole. L’atmosfera terrestre diviene pesante, dei
fluidi neri sono presenti su tutta la vallata. Più che mai egli si
sente solo. Tutto intorno si erge un silenzio profondo,
vogliono udire i suoi gemiti, ma Gesù tace davanti ai suoi
carnefici, come ha fatto davanti ai giudici, il suo sangue
gocciola sulla terra, l’aura terrestre è in trasformazione.
L’agonia comincia.
Le moltitudini ebraiche, le guardie e i condannati, sfidavano
Gesù a scendere dalla croce e lo deridevano. Non hanno
compreso che tutta la sua grandezza, tutta la sua divinità,
risiedono giustamente nel fatto che egli non usa i poteri per
se stesso. Egli ha usato i suoi poteri unicamente per aiutare e
amare gli altri. È attraverso questo sacrificio che egli diviene
sublime e divino, attraverso questo atto d’Amore Umano
Infinito, attraverso il suo esempio, che egli può donare
all’umanità i mezzi per salvarsi.
Questo amore puro e grandioso, debordante della sua
personalità, per donarsi interamente ai suoi fratelli. Gesù è
unicamente tutto e manifesta questo grande amore potente
per gli altri. Anche crocifisso non cessa di amare con una
grande tenerezza, malgrado tutte le immense sofferenze.
La terra sente per la prima volta, le divine parole rivolte al
cielo: “Padre perdonali, poiché non sanno quello che fanno”.
Anche durante la morte egli conferma il suo insegnamento:
“amate i vostri nemici”. Per essere cristiani non è importante
appartenere a una religione, ma è indispensabile saper
perdonare quelli che ci hanno fatto del male, o meglio,
amarli. E amando, voi vivificate tutto intorno a voi. Per essere
dei veri cristiani occorre appartenere alla religione dell’amore
«amare significa essere abitati dall’amore. O. Mikhaël
Aïvanhov».
Anche i due ladroni insultano Gesù poiché loro furono
obbligati a portare la croce fino alla sommità. Ma uno di essi
intende e riconosce l’anima piena d’amore e di luce. La frase
pronunciata da Gesù, gli penetra profondamente come una
stella nella notte e opera una comprensione d’una vita nuova,
egli indirizza a Gesù una preghiera che viene esaudita: “tu
sarai con me in Paradiso”.
Ai piedi della croce
Tu Maria
Madre di Dio
ci attiri
ci accogli
ci sostieni
verso la Risurrezione
e la Vita
Vi erano molte donne vicino, ai piedi della croce, anche sua
Madre con Giovanni e a lui disse: “Figlio, ecco tua Madre”, e a
lei disse: “Donna, ecco tuo figlio”. Maria diventa la nuova
Madre dell’Umanità. Attraverso Maria si rinasce. Così ogni
donna può sentirsi madre di fronte a un bimbo, ed ogni bimbo
può vedere una madre in ogni donna. Questa è la Chiesa
Universale del Cristo, dove l’Amore e la Fratellanza vengono
messi al primo posto nella vita, dove la Pace e la Vita regnano
sovrani nel rispetto reciproco, conformando i nostri passi
sull’esempio di Gesù. La Chiesa Cattolica è quella che più
fedelmente ha custodito la Memoria portando nel presente
questo Amore che vuole abbracciare e redimere l’umanità. Al
di là di tutti gli errori umani, cerchiamo di partecipare a
questo Corpo Vivente che sempre si rinnova maturando,
poiché umano, ma è costellato di persone Sante, sia al suo
interno che fuori. Questo è il nostro compito, riconoscere la
Verità e diventare Fratelli, superando le divisioni; l’unità ci
porta al Padre che ci ama immensamente, eterna è la sua
Misericordia.
XII Stazione
Gesù muore in croce
MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
Il potere delle tenebre sembra prevalere:
Tu, Uomo-Dio, tragicamente solo,
sospeso tra la terra e il cielo,
sei l'arbitro della storia.
Questa è l'ora "zero".
Il tuo grido di morente
lacera lo spessore grigio del tempo
e dischiude per noi le soglie radiose
dell'eterno regno dei viventi.
Il gemito del tuo morire
affidandoti alle mani del Padre,
diventa grido di gioia nel cuore della Madre Chiesa
per la nascita dell'uomo nuovo.
Grande è questo mistero!
E Maria, tua-nostra madre, in consapevole silenzio,
presso la tua croce, sta.
Ai piedi della croce stava la Madre, e accanto a lei il discepolo, Giovanni evangelista.
Gesù dice: "Donna, ecco il tuo figlio!", e al discepolo: "Ecco la tua madre!".
Subito dopo, Gesù esclama: "Ho sete" (Gv 19, 28). Parola da cui traspare la terribile
arsura, che brucia l'intero suo corpo.
È la sola parola che manifesta direttamente la sua sofferenza fisica.
Poi Gesù aggiunge: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Mt 27, 46;
cfr Sal 213, 2). Sono le parole del Salmo con cui egli prega. La frase, nonostante il suo
tenore, evidenzia la sua unione profonda con il Padre.
Negli ultimi istanti della sua vita sulla terra, Gesù dirige il suo pensiero al Padre. Il
dialogo si svolgerà ormai soltanto tra il Figlio che muore e il Padre che accetta il suo
sacrificio d'amore.
Quando giunge l'ora nona, Gesù grida: "Tutto è compiuto!" (Gv 19, 30).
Ecco, è giunta a compimento l'opera della redenzione.
La missione, per la quale è venuto sulla terra, ha raggiunto il suo scopo.
ORAZIONE
Gesù è morto, ma il Cristo è vivente.
Egli è veramente “UNO”, con la coscienza cosmica.
Egli si sente “UNO”, con tutti gli uomini, che fanno parte di
lui e lui con loro, nell’anima. Con il suo incommensurabile
amore, egli prende spiritualmente le loro vite nella sua e le
trasforma.
Essendo elevato fino alla coscienza d’unità suprema, egli può
donare tutto ciò che ha conquistato.
Può scendere in ciascuna anima che voglia riceverlo, che
voglia elevarsi ed aprirsi al divino. La vera comunione:
l’unione dell’uomo con il Cristo, è ciò che si chiama “Grazia
Divina”.
Il vero centro della vita è davanti a noi, il Cristo è il suo
centro in tutte le anime umane, così il centro cristico è
ovunque. Ciascun Figlio dell’Uomo è chiamato a divenire Figlio
di Dio, poiché ciascun uomo è un Cristo in potenza.
Affinché questo Cristo si risvegli, tutte le persone umane
dovranno vivere, in linee generali, gli stessi passaggi della
passione di Gesù, affrontare e vincere tutti i timori, tutti i
dolori, tutte le prove e la morte stessa, senza alcun altro
aiuto che la coscienza chiara del divino in sé.
Gesù non ha voluto la sua morte per salvare l’umanità, la
sua morte è stata voluta dai sacerdoti della chiesa di
quell’epoca, che vedevano in lui, un troppo potente
riformatore. Allora non è il sacrificio di una vittima innocente
che può redimere gli uomini, redimere da cosa? Dal peccato
originale? Dogma servente da maschera a una creazione
incompresa: l’origine dell’umanità.
Il valore sublime del suo atto è stato di avere
coscientemente accettato la morte, che egli non meritava,
senza reagire, senza lamentarsi, ma perdonando e
insegnando, attraverso l’esempio e il sacrificio della propria
vita per amore altrui. Attraverso il suo esempio ha mostrato
all’Umanità come può salvarsi, ha tracciato un cammino per
vincere le tenebre. Non sono le preghiere indirizzate a un
“Dio” che salveranno l’Umanità, ma unicamente le buone
azioni, la dedizione, l’amore che noi avremo per gli altri
«l’amore che non vuole imporre nulla è una forza
immensamente potente. Carlo Guglielmo».
Egli ha saputo vivere questa filosofia dell’Amore Puro fino
all’ultimo sospiro e al di là della sua morte corporale.
Gesù, morto alla vita della forma per elevarsi alla vita
infinita, eterna, con la coscienza radiosa di una morte
volontariamente accettata, ma vinta, egli attinge la potenza
di aiutare veramente tutti gli uomini, suoi fratelli e infondere
la sua vita a ciascuna anima che lotta e spera.
Le sue azioni di vita spirituale possono compiere una vasta e
rapida trasformazione del genere umano che non si
abbandoni al fanatismo religioso o all’egoismo «bisogna
abbandonare i sentieri delle valorizzazioni umane e là, nei
sentieri nascosti, nell'intimità della mia espressione
universale, camminare con me, e superarli nella gioia ardente
dell'amore. Questo sentimento profondo, pure straziante il
cuore, matura e nobilita l'anima, la rendono atta alla
comprensione progressiva e totale, scoprendo a poco a poco
lo sfavillìo gioioso e vitale del verbo amare. Lucie Piazzo».
Gesù aveva compreso che per salvare l’umanità doveva
mostrare come si deve amare, poiché è solamente attraverso
l’amore che l’umanità potrà salvarsi, un amore illimitato che
superi il sentimento della famiglia, della nazione, della razza e
si trasformi in Amore Universale per tutti gli uomini, al fine di
preparare la futura epoca dell’uomo e la futura Umanità
Divina.
Gesù comprende che non può vincere il profondo egoismo
radicato nel cuore degli uomini, che attraverso l’esempio del
più grande sacrificio di se stesso. Il suo Insegnamento è un
Esempio Vivente di grandezza spirituale fusa con la divinità.
La sofferenza di Gesù fu immensa, attraverso la sua elevata
sensibilità, medianità e chiaroveggenza, soffrì come uomo e
anche come Figlio di Dio, abbracciando in Lui, idealmente,
tutto il male dell’umanità.
Il Mistero del Golgota non è che la liberazione dell’io
dall’egoismo della persona, morire dall’essere apparente per
vivere nell’essere eterno. Tutto il dramma del Golgota non è
che un dramma d’amore e di coscienza. Con il suo esempio, ci
insegna l’abbandono della religione esteriore del tempio del
Padre, per realizzare la vera religione, quella del santuario
spirituale interiore della coscienza, del cuore. L’umanità
attuale sta arrivando alla sommità del suo calvario, nel
momento in cui gli avvenimenti esteriori sembrano suonare il
rintocco di morte, il cristianesimo illuminerà la marcia degli
uomini verso un avvenire radioso «all’uomo della nostra
epoca, ebbro di quel progresso esteriore del quale le forze
aberranti si sono servite per togliergli la coscienza della sua
spiritualità e per fargli dimenticare il Cielo, all’uomo della
nostra epoca spetta proprio il compito di conoscere se stesso
nella luce di quell’Immagine che, attraverso il Mistero del
Golgota, il Cristo stesso ha deposto in lui come un seme. È in
quella luce che l’uomo della nostra epoca deve riprendere
coscientemente nelle proprie mani le sorti dell’evoluzione
dell’Umanità. Se non fa questo, tradisce e rinnega se stesso,
rinnega l’Immagine divina che giace in lui. Le forze aberranti,
nemiche della giusta evoluzione dell’Umanità, hanno messo
nelle mani dell’uomo le chiavi della morte. Per avere queste
chiavi all’uomo è bastato servirsi della pura intelligenza. Per
la conquista delle chiavi della vita, la pura intelligenza non
basta; le astrazioni, i filosofemi che l’intelletto può formulare
sono del tutto insufficienti, anzi, ridevoli nella loro
inadeguatezza. Occorre tutta la disposizione dell’anima e dello
Spirito, occorre una volontà potentemente determinante
affinché l’uomo possa ridestarsi dal profondo torpore in cui
ristagna, beffardamente circondato da tutti i più geniali
trovati della tecnica, per riprendere nelle proprie mani il suo
destino. Egli non è stato collocato sulla Terra per diventare
semplicemente terra della Terra, ma per spiritualizzare la
Terra, per continuare, nell’azione sostenuta dalla buona
volontà e illuminata dalla Divina Immagine deposta in lui, per
consentire quell’accensione, quell’espansione spirituale della
Terra che è stata iniziata dal Cristo stesso nel compiere il
Mistero del Golgota. Mario Viezzoli».
La potente ondata di vita spirituale e divina apportata dal
Cristo sulla terra, ha trasformato la sua aura e trasformerà gli
uomini che, dopo tante sofferenze, comprenderanno le ragioni
e lo seguiranno. Allora l’uomo non sarà più un lupo per i suoi
simili, ma un Fratello.
In questo momento le religioni non hanno più nulla da
insegnare, poiché vi è un solo Dio per tutti: l’Amore, e un solo
tempio, la cui volta è formata dal Cielo e l’altare dal cuore di
tutti gli Uomini.
La Resurrezione di Gesù
Ecco la
primavera
che
ritorna;
così nei
vostri
cuori,
tutto deve
rinascere
al fuoco
dell’amor
e.
Lucie
Piazzo
L’Io nasce
dal fuoco.
Walter
Holtzapfel
Fondato è
il regno
dell’eterni
tà,
nell’amor
e e nella
pace
termina la
lotta,
trascorso
è il lungo
sogno di
dolore,
Sofia è, in
eterno,
sacerdotes
sa dei
cuori.
Novalis
Il suo
volto
brillò
come il
sole.
Matteo
17,2
Quando portiamo i nostri pensieri e i nostri sentimenti a
colloquio con le pure luminose regioni dell’universo per
costruire le forze di pace, armonia, bellezza, amore e vita,
attiriamo in noi vere energie di resurrezione. Risorgere alla
Vita, alla sorgente di Vita pura, che saprà trovare il cammino
che conduce l’Eterno. Tutto è Evoluzione, tutto è Vita, tutto è
Trasformazione. Trasformiamo le azioni in bontà per mezzo
dell’educazione, diventando comprensivi per amare e assai
umili per sapere educare.
L’evento centrale dell’evoluzione umana, prosegue con la
spiritualizzazione del corpo fisico.
La terra venne scossa fortemente, il tempio di Gerusalemme
tremò, molti scesero giù dal Golgota, presi dalla paura poiché
la terra si apriva.
_______Terremoto e fulmini_______
dall'Evangelo di Maria Valtorta
La Terra risponde al grido dell'Ucciso con un boato pauroso. Sembra che da
mille buccine dei giganti traggano un unico suono e su questo tremendo
accordo ecco le note isolate, laceranti dei fulmini che rigano il cielo in tutti i
sensi, cadendo sulla città, sul Tempio, sulla folla... Credo che ci saranno stati
dei fulminati, perché la folla è colpita direttamente. I fulmini sono l'unica luce
saltuaria che permetta di vedere. E poi subito, e mentre durano ancora le
scariche delle saette, la terra si scuote in un turbine di vento ciclonico. Il
terremoto e l'aeromoto si fondono per dare un apocalittico castigo ai
.bestemmiatori. La vetta del Golgota ondeggia e balla come un piatto in mano
di un pazzo, nelle scosse sussultorie e ondulatorie che scuotono talmente le tre
croci che sembra le debbano ribaltare.
Longino, Giovanni, i soldati si abbrancano dove possono, come possono, per
non cadere. Ma Giovanni, mentre con un braccio afferra la croce, con l'altro
sostiene Maria che, e per il dolore e per il traballio, gli si è abbandonata sul
cuore. Gli altri soldati, e specie quelli del lato che scoscende, si sono dovuti
rifugiare al centro per non essere gettati giù dai dirupi. I ladroni urlano di
terrore, la folla urla ancora di più e vorrebbe scappare. Ma non può. Cadono le
persone l'una sull'altra, sì pestano, precipitano nelle spaccature del suolo, si
feriscono, rotolano giù per la china, impazziti.
Per tre volte si ripete il terremoto e l'aeromoto, e poi si fa l'immobilità assoluta
di un mondo morto. Solo dei lampi, ma senza tuono, rigano ancora il cielo e
illuminano la scena dei giudei fuggenti in ogni senso, con le mani fra i capelli,
o tese in avanti, o alzate al cielo, schernito fino allora e di cui ora hanno
paura. La oscurità si tempera di un barlume di luce che, aiutato dal lampeggio
silenzioso e magnetico, permette di vedere che molti restano al suolo, morti o
svenuti, non so. Una casa arde nell'interno delle mura e le fiamme si alzano
dritte nell'aria ferma, mettendo un punto di rosso fuoco sul verde cenere
dell'atmosfera.
La Pasqua ebraica era ormai alle porte, mancavano poche
ore al sabato.
Giuseppe di Arimatea e Nicodemo (l’uomo dalla brocca),
andarono dal governatore Pilato per chiedere il permesso di
avere il corpo di Gesù e poterlo quindi posare in un sepolcro,
egli acconsentì.
XIII Stazione
Gesù è deposto dalla croce
Via Crucis, Scuola Veneta - Sec. XVIII
Cattedrale - Padova
MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
Sotto la croce, pronta a raccoglierti
come il grappolo maturo staccato dalla vite,
sta la tua Madre: calice traboccante di amore e di dolore.
Ma anche altre donne - le più fedeli -
rimangono a guardarti,
il cuore in piena per l'empatia con la tua morte
e il tacito dolore di Maria.
Ti sono presenti, in esse, tutte le madri,
tutte le figlie, le spose, le sorelle,
tutte le donne, ministre di carità e di consolazione.
Di loro Tu hai sempre bisogno
nella persona di chi soffre, di chi muore.
Suscita ancora, Signore Gesù,
donne della stirpe di Maria,
icone viventi della tua tenera pietà,
perché, dalla culla alla tomba e anche oltre,
ogni umana creatura possa sentirsi amata
e custodita, nel tuo santo Nome,
in seno alla santa madre Chiesa.
Hanno restituito nelle mani della Madre il corpo senza vita del Figlio. I Vangeli non
parlano di ciò che ella ha provato in quell'istante.
È come se gli Evangelisti, col silenzio, volessero rispettare il suo dolore, i suoi
sentimenti e i suoi ricordi. O, semplicemente, come se ritenessero di non essere capaci
di esprimerli.
È stata soltanto la devozione plurisecolare a conservare l'immagine della "Pietà",
fissando così nella memoria del popolo cristiano l'espressione più dolorosa di
quell'ineffabile legame d'amore sbocciato nel cuore della Madre il giorno
dell'annunciazione e maturato nell'attesa della nascita del divin Figlio.
ORAZIONE
"Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce
molto frutto" (Gv 12, 24).
Il sepolcro è l'ultima tappa del morire di Cristo nel corso dell'intera vita terrena; è segno
del suo supremo sacrificio per noi e per la nostra salvezza.
Ben presto, ormai, questo sepolcro diverrà il primo annuncio di lode e di esaltazione del
Figlio di Dio nella gloria del Padre.
"Fu crocifisso, morì e fu sepolto, (...) il terzo giorno risuscitò da morte".
Con la deposizione del corpo senza vita di Gesù nel sepolcro, ai piedi del Golgota, la
Chiesa inizia la veglia del Sabato Santo.
Maria conserva nel profondo del cuore e medita la passione del Figlio;
le donne si danno appuntamento per il mattino del giorno dopo il sabato, per ungere con
aromi il corpo di Cristo;
i discepoli si raccolgono, nel nascondimento del Cenacolo, finché non sia passato il
sabato.
Questa veglia terminerà con l'incontro presso il sepolcro, il sepolcro vuoto del
Salvatore.
Allora il sepolcro, testimone muto della risurrezione, parlerà.
La pietra ribaltata, l'interno vuoto, le bende per terra,
questo sarà ciò che vedrà Giovanni, giunto al sepolcro insieme con Pietro:
"Vide e credette" (Gv 20, 8).
Ed insieme a lui credette la Chiesa,
che da quel momento non si stanca di trasmettere al mondo questa fondamentale verità
della sua fede:
"Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti" (1 Cor 15, 20).
ORAZIONE