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Avendo ben chiaro il concetto di insieme, sfruttando i diagrammi di Venn per visualizzare meglio le
operazioni svolte e definendo un insieme universo U per evitare ambiguità, procediamo spiegando
una delle principali operazioni insiemistiche.
Dati A, B due insieme generici contenuti in U, l’unione di A e B restituisce un nuovo insieme
risultante A U B che comprende tutti gli elementi di A e tutti gli elementi di B. L’insieme risultante,
intuitivamente contenuto anch’esso in U, è definito come A U B ≔ {x ∈ U | x ∈ A ⋁ x ∈ B}
ovvero è l’insieme costituito da tutti gli elementi che appartengono almeno a uno dei due insiemi.
Gli elementi dell’insieme unione possono anche appartenere ad entrambi gli insiemi di partenza
poiché il simbolo logico V non implica la negazione di una condizione quando l’altra è vera.
La rappresentazione con il diagramma di Venn dell’insieme unione corrisponde alla parte colorata
in arancione nella seguente figura
Esempio 1: Sia U ≔ ℕ e siano A, B, C alcuni suoi sottoinsiemi definiti come A ≔ {1, 2, 3, 4}, B ≔ {3,
4, 5}, C ≔ {6, 7}. Unendo i precedenti insiemi avremo A U B = {1, 2, 3, 4, 5}A U C = {1, 2, 3, 4, 6, 7}B U
C = B = {3, 4, 5, 6, 7}
Si presti attenzione, nel caso in cui gli insiemi abbiano elementi in comune, a non ripeterli: infatti,
come visto nella definizione di insieme, è richiesto che tutti gli elementi siano distinti tra loro. La
notazione A U B = {1, 2, 3, 4, 3, 4, 5} è da considerarsi errata.
Esempio 2: Sia U ≔ ℕ e siano A, B due suoi sottoinsiemi definiti come A ≔ {x ∈ U | x ≤ 4}, B ≔ {x
∈ U | x > 4}. Unendo i precedenti insiemi avremo l’insieme universo di partenza, ossia in questo
caso diremo che i due insiemi sono complementariA U B = {0, 1, 2, 3, 4, 5, ...} = ℕ = U
NOTA: ponendo U come ℚ o ℝ possiamo attuare l’operazione di unione anche tra insiemi densi e
questo tornerà utile nell’Analisi Matematica.
Proprietà unione
Posto un insieme universo U e dati tre suoi sottoinsiemi generici A, B, C, per l’operazione di unione
valgono le seguenti proprietà:
L’ unione di un qualsiasi insieme con sè stesso è equivalente
all’insieme di partenza, infatti se B = A allora: A U B = A U A =
Apoiché vogliamo tutti gli elementi che appartengono almeno
ad uno degli insiemi, ma questi sono tra loro equivalenti;
PROPRIETÀ UNIONE
Inclusione o Idempotenza A U A = A
Inclusione A U ∅ = A
Inclusione A⊆B⇔AUB=B
Inclusione A ⊆ U ⇔ A U U = U
Inclusione o
A U (A ∩ B) = A
Assorbimento
Commutativa AUB=BUA
Associativa (A U B) U C = A U (B U C)
Distributiva A U (B ∩ C) = (A U B) ∩ (A U C)
Legge di De Morgan 𝓒 (A U B) = 𝓒 A ∩ 𝓒 B
Unione e complementare A U 𝓒 A = U
Proprietà intersezione
Posto un insieme universo U e dati tre suoi sottoinsiemi generici A, B, C, per l’operazione di
intersezione valgono le seguenti proprietà:
L’ intersezione di un qualsiasi insieme con sè stesso è
equivalente all’insieme di partenza, infatti se B = A allora: A ∩ B
= A ∩ A = Apoiché vogliamo tutti gli elementi che appartengono
ad entrambi gli insiemi simultaneamente;
PROPRIETÀ UNIONE
Esempio 1: Sia U ≔ ℕ e siano A, B, C alcuni suoi sottoinsiemi definiti come A ≔ {1, 2, 3, 4}, B ≔ {3, 4,
5}, C ≔ {5, 6, 7}. Operando la differenza insiemistica tra i precedenti insiemi avremo
A \ B = {1, 2} B \ A = {5}
A \ C = {1, 2, 3, 4} =
C \ A = {5, 6, 7} = C
A
B \ C = {3, 4} C \ B = {6, 7}
In particolare si noti che la differenza insiemistica generalmente è non commutativa cambiando l’ordine dei
termini il risultato cambia. In questo caso, per esempio, B \ C ≠ C \ B e così via.
Esempio 2: Sia U≔ ℕ e siano A, B due suoi sottoinsiemi definiti come A ≔ {x ∈ U | x ≥ 4}, B ≔ {x ∈ U | x
≥ 20}. Operando la differenza tra i precedenti insiemi avremoA \ B = {x ∈ U | x ≥ 4 ⋀ x < 20}B \ A = ∅con
particolare attenzione ai simboli di <, ≤, >, ≥. Nel caso B \ A = ∅ possiamo affermare che B sia sottoinsieme
di A, B ⊂ A, come vedremo nelle proprietà.
NOTA: ponendo >U come ℚ o ℝ possiamo attuare l’operazione di differenza anche tra insiemi densi e
questo tornerà utile nell’Analisi Matematica.
Proprietà differenza
Posto un insieme universo U e dati due suoi sottoinsiemi generici A e B, per l’operazione di differenza
valgono le seguenti proprietà:
La differenza di un qualsiasi insieme con sè stesso è equivalente
all’insieme vuoto, infatti se B = A allora: A \ B = A \ A = ∅poiché
sottraiamo da A tutti gli elementi di cui è composto;
PROPRIETÀ DIFFERENZA
Esempio 1: Sia U ≔ ℕ e siano A, B, C alcuni suoi sottoinsiemi definiti come A ≔ {1, 2, 3, 4}, B ≔ {3, 4,
5}, C ≔ {5, 6, 7}. Operando la differenza simmetrica tra i precedenti insiemi avremo A Δ B = {1, 2, 5}A Δ
C = {1, 2, 3, 4, 5, 6, 7}B Δ C = {3, 4, 6, 7}Un trucco per velocizzare i passaggi senza dover calcolare ogni
volta i due insiemi differenza è quello di vedere gli elementi in comune e toglierli dall’unione dei due
insiemi, in accordo con quanto detto sopra nella definizione.
Esempio 2: Sia U ≔ ℕ e siano A, B due suoi sottoinsiemi definiti come A ≔ {x ∈ U | x ≥ 4}, B ≔ {x ∈ U | x
≤ 4}. Operando la differenza simmetrica tra i precedenti insiemi avremoA Δ B = {x ∈ U | x ≠ 4} = ℕ \
{4}con particolare attenzione ai simboli di <, ≤, >, ≥. L’ultimo termine è una particolare notazione che
sfrutta l’operazione di differenza per indicare l’insieme dei numeri naturali privato dell’elemento 4.
Complementazione di un insieme
Avendo ben chiaro il concetto di insieme, sfruttando i diagrammi di Venn per visualizzare meglio le
operazioni svolte e definendo un insieme universo U per evitare ambiguità, procediamo spiegando
una delle principali operazioni insiemistiche.
Dato A un insieme generico contenuto in U, la complementazione, o il complementare, di A rispetto
all’ insieme ambiente U definisce un nuovo insieme risultante 𝓒 A che è la classe di tutti gli oggetti
dell’insieme ambiente che non appartengono all’insieme A di partenza. L’insieme risultante,
intuitivamente contenuto anch’esso in U, è definito come 𝓒 A ≔ {x | (x ∈ U) ⋀ (x ∉ A)}o,
equivalentemente, usando la differenza insiemistica𝓒 A ≔ U \ A
Una definizione più elaborata è la seguente: sia U un insieme detto insieme universo e sia la classe
di tutti i sottoinsiemi propri e impropridi U l’insieme delle parti ℘(U). Dato un insieme A ∈ ℘(U), è
definito come complementare di A rispetto a U, indicato con 𝓒 A, l’insieme U \ A.
Nel caso dell’insieme vuoto ∅ possiamo notare che il suo complementare è l’insieme
universo U stesso e, viceversa, il complementare dell’insieme universo è l’insieme vuoto.
NOTA: alcuni testi operano una distinzione tra complementare assoluto e complementare relativo.
Il complementare assolutocorrisponde alle definizioni fornite sopra, ovvero il complementare
rispetto all’insieme universo U, mentre il complementare relativoviene utilizzato per indicare il
complementare di un sottoinsieme rispetto ad un insieme contenitore che è diverso dall’insieme
universo (ma in esso contenuto). Nei nostri esempi il complementare assoluto è assunto come
standard mentre nei casi di complementare relativo ridefiniamo l’insieme universo caso per caso.
Nel caso qualcuno la preferisca, dato un insieme universo U, un insieme generico A in esso
contenuto e un sottoinsieme B tale che B ⊆ A suggeriamo la notazione 𝓒U B per indicare il
complementare di B rispetto a U mentre 𝓒A B per indicare il complementare di B rispetto ad A.
La rappresentazione con il diagramma di Venn dell’insieme complementare corrisponde alla parte
colorata in arancione nella seguente figura
Proprietà complementazione
Posto un insieme universo U e dati due suoi sottoinsiemi generici A e B, per l’operazione di
complementazione valgono le seguenti proprietà:
Il complementare del complementare di un insieme è l’insieme
di partenza: 𝓒 (𝓒 A) = Ache deriva dall’applicazione della
definizione, ovvero 𝓒 (𝓒 A) ≔ {x | (x ∈ U) ⋀ (x ∉ 𝓒 A)} che
corrisponde proprio ad A;
NOTA: le proprietà che seguono vengono solitamente raggruppate sotto il nome di leggi di De
Morgan e soprattutto le prime due possono essere utili nell’esecuzione di operazioni tra insiemi.
Queste leggi descrivono delle relazioni tra unione, intersezione e complementazione ma qua ci
limitiamo solo ad enunciarle; per chi volesse una dimostrazione suggeriamo l’apposita pagina
dedicata alle leggi di De Morgan.
Il complementare dell’intersezione è equivalente all’unione dei
complementari: 𝓒 (A ∩ B) = 𝓒 A U 𝓒 Be ciò è facilmente
verificabile con dei diagrammi di Venn, come mostriamo
nell’apposita lezione;
PROPRIETÀ COMPLEMENTAZIONE
Involutoria 𝓒 (𝓒 A) = A
𝓒 (A ∩ B) = 𝓒 A U 𝓒 B
Leggi di De 𝓒 (A U B) = 𝓒 A ∩ 𝓒 B
Morgan A∩𝓒A=∅
A U 𝓒 A = U
Partizione
Dato un insieme X non vuoto definiamo una partizione 𝒮 di X una famiglia di sottoinsiemi di X
stesso, Ak con k ≔ 1, 2, 3, …, n, che soddisfano le seguenti proprietà
∀ Ak ∈ 𝒮 si ha Ak ≠ {∅}, ovvero ogni insieme Ak ha almeno un
elemento;
∀ Ak, Aj ∈ 𝒮 ⋀ k ≠ j ⇒ Ak ∩ Aj = ∅, ovvero due insieme
appartenenti a 𝒮 non hanno elementi in comune a meno che
non siano lo stesso insieme (k = j);
⋃A ∈ 𝒮 = X, ovvero l’unione di tutti gli insiemi A j ∈ 𝒮 dà l’insieme X
di partenza.
In particolare, ricordando l’insieme delle parti ℘(X) sopra definito, abbiamo che 𝒮 ⊆ ℘(X).
Utilizziamo un diagramma di Venn per rappresentare chiaramente il concetto di partizione di un
insieme A in sottoinsiemi Ak tra loro disgiunti e che uniti restituiscono A:
Esempio 1: Sia dato X ≔ {1, 2, 3, 4, 5} e gli insiemi A, B, C definiti come segue: A ≔ {1, 2, 3}, B ≔ {3,
4}, C ≔ {5}. Ci chiediamo se A, B, C costituiscano o meno una partizione di X.
osserviamo che A ≠ ∅, B ≠ ∅, C ≠ ∅ ;
A ∩ B = {3}, A ∩ C = ∅, B ∩ C = ∅
A U B U C = {1, 2, 3, 4, 5} = X.
Tutte le condizioni sono verificate eccetto la 2, alla quale notiamo che gli insiemi A e B non sono
disgiunti ma hanno un elemento in comune e quindi A, B e C non costituiscono una partizione di X.
Si noti come, trovata la proprietà 2 falsificata, non sia necessario controllare la proprietà 3 per
arrivare alla precedente conclusione.
Esempio 2: Sia dato X ≔ ℝ e siano dati gli insiemi A ≔ {x ∈ A | x < 0} e B ≔ {x ∈ B | x > 0} e si
verifichi se A e B sono una partizione di X.
osserviamo che A ≠ ∅ e B ≠ ∅;
l’intersezione A ∩ B = ∅ ovvero non hanno elementi in comune;
l’unione A U B = ℝ\{0} ovvero l’insieme dei reali ma privato dello
zero.
Abbiamo quindi che A e B non costituiscono una partizione di X poiché la loro unione non
restituisce completamente X. Per avere una partizione si può aggiungere un insieme C ≔ {0} e così
si ha 𝒮 ≔ {A, B, C}.
Esempio 3: dato X = ℕ si ha una sua partizione prendendo 𝒮 ≔ {P, D} con P l’insieme dei numeri
pari e D l’insieme dei numeri dispari oppure 𝒮 ≔ {T, nT} con T l’insieme dei multipli di 3 e nT
l’insieme dei numeri non multipli di 3 - sempre rimanendo nell’insieme dei naturali ℕ.
Coppia ordinata
Prima di introdurre l’operazione vera e propria di prodotto cartesiano è necessario specificare il
concetto di coppia ordinata: dati due insiemi non vuoti A e B viene indicata con (a,b) la coppia
ordinata di elementi con a ∈ A, b ∈ B.
NOTA: Si noti che (a,b) non è lo stesso oggetto indicato dalla notazione {a,b} che elenca solo gli
elementi di un insieme, senza condizioni di ordinamento.
Per la condizione di ordine in generale (a,b) ≠ (b,a) e per avere l’uguaglianza di due coppie ordinate
dati a, a’ ∈ A, b, b’ ∈ B si ha quanto segue: (a,b) = (a’,b’) ⇔ (a = a’) ⋀ (b = b’)ovvero due coppie
ordinate sono uguali se e soltanto se il primo e il secondo elemento di ciascuna coppia, altrimenti
detti prima e seconda coordinata rispettivamente, sono equivalenti a due a due.
NOTA: L’unica eccezione al caso (a,b) ≠ (b,a) si ha quando a = b con a ∈ A, a ∈ B.
Esempio 1: siano date le seguenti coppie ordinate (1,2) e (2,1). Utilizzando la stessa notazione
della definizione sopra, poniamo per la coppia (1,2) a = 1, b = 2mentre per la coppia (2,1)
poniamo a’ = 2 e b’ = 1
Appare evidente come entrambi i primi elementi a, a’ e i secondi elementi b, b’ siano tra loro diversi
e quindi sono le coppie stesse ad essere diverse.
Inoltre questo esempio sottolinea il fatto che due coppie aventi gli stessi elementi, {1,2}, non sono
uguali se non è rispettato l’ordine: a differenza dell’uguaglianza tra insiemi, dove contano solo gli
elementi, per le coppie ordinate abbiamo una condizione extra di ordinamento.
Prodotto cartesiano
Dati due insiemi non vuoti A e B, l’insieme di tutte le coppie ordinateottenute a partire dagli
elementi di A e di B viene detto prodotto cartesiano di A per B (o di B per A):A × B ≔ {(a,b) | a ∈ A, b
∈ B} oppure B × A ≔ {(b,a) | a ∈ A, b ∈ B}con A × B ≠ B × A in generale sempre per la condizioni di
ordine, ossia l’operatore × di prodotto cartesiano tra due insiemi non è commutativo.
NOTA: date tutte le coppie ordinate creabili dagli elementi di un insieme A si può utilizzare la
seguente notazione: A × A = A2, ovvero il caso A = B.
Esempio 1: siano dati i due insiemi A = {1,2}, B = {3,2} tra i quali attuiamo l’operazione di prodotto
cartesiano ottenendo i due seguenti insiemi in base all’ordine di applicazione:A × B = {(1,3), (1,2),
(2,3), (2,2)}B × A = {(3,1), (3,2), (2,1), (2,2)}
Esempio 2: siano dati gli insiemi A = ∅ e B = {1, 2, 3} e applichiamo il prodotto cartesiano:A × B = ∅
B × A = ∅La spiegazione di questo risultato è dovuta al fatto che uno dei due insieme non contiene
elementi e non è quindi possibile costruire alcuna coppia: si noti infatti nella definizione come sia
stata posta l’ipotesi di insiemi non vuoti.
Uno strumento grafico utile (ma non l’unico) per visualizzare l’operazione di prodotto cartesiano tra
due insiemi è quello di rappresentare le coppie ordinate (a,b) nel piano cartesiano.
Il piano cartesiano è un sistema di riferimento in cui, fissata un’unità di misura, ogni punto viene
individuato da una coppia ordinata le cui componenti sono dette coordinate cartesiane. Esso
consiste in due rette orientate ortogonali tra loro, una orizzontale detta ascissa e una verticale
detta ordinata, con origine il punto O di intersezione tra le due; tale origine è indicata dalla coppia
(0,0).
Per convenzione poniamo come ascissa gli elementi x ∈ X e come ordinata gli elementi y ∈ Y. In
generale X e Y coincidono con l’insieme dei numeri reali ℝ e ogni punto del piano rappresenta
quindi un elemento del prodotto cartesiano di X × Y, che equivale all’insieme ℝ2.
Riprendendo l’esempio 1 del paragrafo precedente proviamo a rappresentare i suoi elementi nel
piano cartesiano prestando attenzione al porre in ascissa il primo termine dell’operazione di
prodotto cartesiano. Fissiamo come unità di riferimento 1, ossia ogni tacca lungo gli assi del piano
rappresenta un salto di 1; il risultato che otteniamo è il seguente:
Osservando che i due insiemi "gialli" nei due piani cartesiani coincidono possiamo affermare che
l’uguaglianza è dimostrata.
Per ulteriori approfondimenti, sono presenti proprietà del prodotto cartesiano meno comuni e di
scarsa applicazione alla seguente pagina Wikipedia inglese.
NOTA: Il concetto di prodotto cartesiano può essere esteso ad un caso più generale di n-uple
ordinate (a1,a2,...,an) come elementi dell’insieme A1 × A2 × … × An con ai ∈ Ai con i = 1, 2, ..., n.
Per tali n-uple valgono ancora le proprietà sopra elencate con opportuni accorgimenti.
Esempio 3: Data una relazione r qualsiasi e dati i seguenti due grafici ℜ possiamo, usando la
definizione stessa di ℜ, capire se tali grafici sono o meno accettabili. ℜ1 ≔ { (1,1), (2,2), (3,3), (4,4) }
ℜ2 ≔ { (1,2), (1,3), (1,4), (2,3), (2,4), (3,4) }Il primo grafico non è accettabile in quanto per la coppia
(4,4) non abbiamo tutti gli elementi negli insiemi di partenza A e B: in questo caso 4 ∉ A.
Sostanzialmente ℜ1 non è sottoinsieme di A x B.
Il secondo grafico è invece accettabile in quanto tutti i suoi elementi appartengono al prodotto
cartesiano di A x B. In particolare una possibile relazione di ℜ2 può essere definita come r(a,b) ≔ “a
strettamente minore di b”.
Esempio 4: Considerando gli insiemi A, B precedenti e data la relazione r(a,b) ≔ “a + b = 5”
scriviamo il grafico ℜ3 di tale relazione: ℜ3 ≔ { (1,4), (2,3), (3,2) }Volendo esercitare un attimo il
lessico, diremo che A è il dominio di r e gli elementi di A che compaiono nelle coppie di ℜ3 sono la
controimmagine di r: {1, 2, 3} che in questo caso coincide proprio con A. Concludendo possiamo
dire che B è il codominio di r e gli elementi di B che compaiono nelle coppie di ℜ3 sono oggetti
appartenenti all’immagine di r: {2, 3, 4} che in questo caso non coincide con B.
Esempio 5: Altri esempi, con cui si avrà a che fare più di frequente, possono essere, dati X = Y, X ≔
NOTA: La relazione r2 è proprio quella che descrive una circonferenza di raggio 1 centrata
nell’origine del piano cartesiano.
Tra tutte le relazioni risaltano per importanza nell’analisi, e non solo, le equivalenze e
gli ordinamenti.
Relazioni di equivalenza
Sono dette equivalenze, e generalmente indicate con il simbolo ∿, delle particolari relazioni binarie
r in un insieme X che verificano le 3 seguenti proprietà:
riflessiva: ∀ x ∈ X | x ∿ x, ovvero ogni elemento dell’insieme X è
equivalente a se stesso attraverso la relazione r;
simmetrica: ∀ x, y ∈ X | x ∿ y ⇔ y ∿ x, cioè ogni un elemento x è
equivalente ad un elemento y attraverso r se e soltanto se
anche y è equivalente a x attraverso r e ciò deve valere per tutti
gli elementi dell’insieme;
transitiva: ∀ x, y, z ∈ X | x ∿ y ⋀ y ∿ z ⇒ x ∿ z, ovvero per ogni
terna di elementi dell’insieme l’equivalenza attraverso r di un
elemento y con gli altri due implica che questi ultimi due
elementi devono essere equivalenti tra loro.
Esempio 1: L’uguaglianza “=” è banalmente una relazione di equivalenza in quanto soddisfa le 3
proprietà citate. Dato per esempio l’insieme dei numeri reali ℝ si ha:
Relazioni di ordinamento
Un altro tipo importante di relazioni binarie sono le relazioni d’ordineo ordinamenti indicate con i
simboli ≥ (l’elemento di sinistra segue quello di destra) o ≤ (l’elemento di sinistra precede quello di
destra). Un ordinamento è tale se soddisfa le proprietà:
riflessiva: ∀ x ∈ X | x ≤ x, ovvero ogni elemento dell’insieme X è
corrispondente a se stesso attraverso la relazione ≤ ;
antisimmetrica: ∀ x, y ∈ X | x ≤ y ⋀ y ≤ x ⇒ x = y, cioè dati due
elementi vale la relazione ≤ anche al contrario se e solo se i due
elementi coincidono;
transitiva: ∀ x, y, z ∈ X | x ≤ y ⋀ y ≤ z ⇒ x ≤ z, ovvero per ogni
terna di elementi dell’insieme, l’ordinamento attraverso ≤ di un
elemento y che segue un secondo elemento x e precede un
terzo elemento z implica che quest’ultimo elemento z deve
seguire x.
Gli elementi ℜ(x,y) - appartenenti al grafico - di una relazione d’ordine si dicono confrontabili tra
loro. Se presi qualsiasi x, y ∈ X possiamo stabilire x ≤ y ⋁ y ≤ x l’ordinamento sarà totale,
altrimenti parziale.
Il grafo orientato di un insieme totalmente ordinato si può rappresentare come un segmento, una
retta o una semiretta su cui giacciono tutti i nodi (corrispondenti a tutti gli elementi dell'insieme).
Esempio 1: ℕ l’insieme dei numeri naturali è un insieme ordinato con ordinamento totale per
mezzo della relazione ≤, ≥. Il suo grafo orientato può essere rappresentato come segue:
Esempio 2: ℤ, ℚ e ℝ rispettivamente l’insieme dei numeri interi, razionali e reali sono insiemi
ordinati con ordinamento totale per mezzo della relazione ≤, ≥.
Esempio 3: ℂ l’insieme dei numeri complessi è parzialmente ordinato poichè dati (x, x’), (y, y’) ∈ ℂ è
possibile stabilire (x, x’) ≤ (y, y’) ⇔ (x’ = y’ ⋀ x ≤ y) ⋁ (x = y ⋀ x’ ≤ y’). Tuttavia non è possibile stabilire
un ordinamento totale su tale insieme.
Ogni t ∈ (-∞ , 2] è un minorante di B; tuttavia non è possibile trovare un elemento di B che lo limiti
superiormente, ovvero ∄ k | ∀ y ∈ B, k ≥ y. L’insieme B si dirà inferiormente limitato.
NOTA: Si noti che possono esistere più maggioranti e minoranti di un insieme ma ne basta trovare
uno per poterlo definire limitato superiormente o inferiormente.
1. M ∈ A ;
1. m ∈ A ;
che l’estremo superiore è 2 ∉ ℚ, non avremo un massimo per questo insieme.
In particolare si definisce un insieme ordinato X bene ordinato se ∀ A ⊆ X, non vuoto, ∃ m ∈ A | ∀ a
∈ A, m ≤ a. Questa definizione equivale a dire che ogni sottoinsieme non vuoto di X ammette un
minimo.
TEOREMA: Un insieme bene ordinato implica che tale insieme sia totalmente ordinato.
DIMOSTRAZIONE: Se un insieme X, non vuoto, è bene ordinato qualsiasi suo sottoinsieme è a sua
volta ordinato. Prendiamo quindi x, y ∈ X qualsiasi: abbiamo un sottoinsieme {x, y} di due elementi
che, per ipotesi di X bene ordinato, ammette un minimo. Che sia x ≤ y ⋁ x ≥ y abbiamo che questi
due elementi sono confrontabili ed essendo arbitrari ciò vale per tutto X.