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Unione tra insiemi

Avendo ben chiaro il concetto di insieme, sfruttando i diagrammi di Venn per visualizzare meglio le
operazioni svolte e definendo un insieme universo U per evitare ambiguità, procediamo spiegando
una delle principali operazioni insiemistiche.
Dati A, B due insieme generici contenuti in U, l’unione di A e B restituisce un nuovo insieme
risultante A U B che comprende tutti gli elementi di A e tutti gli elementi di B. L’insieme risultante,
intuitivamente contenuto anch’esso in U, è definito come A U B ≔ {x ∈ U | x ∈ A ⋁ x ∈ B}
ovvero è l’insieme costituito da tutti gli elementi che appartengono almeno a uno dei due insiemi.
Gli elementi dell’insieme unione possono anche appartenere ad entrambi gli insiemi di partenza
poiché il simbolo logico V non implica la negazione di una condizione quando l’altra è vera.
La rappresentazione con il diagramma di Venn dell’insieme unione corrisponde alla parte colorata
in arancione nella seguente figura

Esempio 1: Sia U ≔ ℕ e siano A, B, C alcuni suoi sottoinsiemi definiti come A ≔ {1, 2, 3, 4}, B ≔ {3,
4, 5}, C ≔ {6, 7}. Unendo i precedenti insiemi avremo A U B = {1, 2, 3, 4, 5}A U C = {1, 2, 3, 4, 6, 7}B U
C = B = {3, 4, 5, 6, 7}
Si presti attenzione, nel caso in cui gli insiemi abbiano elementi in comune, a non ripeterli: infatti,
come visto nella definizione di insieme, è richiesto che tutti gli elementi siano distinti tra loro. La
notazione A U B = {1, 2, 3, 4, 3, 4, 5} è da considerarsi errata.
Esempio 2: Sia U ≔ ℕ e siano A, B due suoi sottoinsiemi definiti come A ≔ {x ∈ U | x ≤ 4}, B ≔ {x
∈ U | x > 4}. Unendo i precedenti insiemi avremo l’insieme universo di partenza, ossia in questo
caso diremo che i due insiemi sono complementariA U B = {0, 1, 2, 3, 4, 5, ...} = ℕ = U
NOTA: ponendo U come ℚ o ℝ possiamo attuare l’operazione di unione anche tra insiemi densi e
questo tornerà utile nell’Analisi Matematica.

Proprietà unione
Posto un insieme universo U e dati tre suoi sottoinsiemi generici A, B, C, per l’operazione di unione
valgono le seguenti proprietà:
 L’ unione di un qualsiasi insieme con sè stesso è equivalente
all’insieme di partenza, infatti se B = A allora: A U B = A U A =
Apoiché vogliamo tutti gli elementi che appartengono almeno
ad uno degli insiemi, ma questi sono tra loro equivalenti;

 L’ unione di un qualsiasi insieme con ∅ è equivalente all’insieme


di partenza, posto B = ∅ allora: A U B = A U ∅ = Adato che
vogliamo tutti gli elementi che appartengono almeno ad uno
degli insiemi, ma l’insieme vuoto ∅ per definizione non ha
elementi;
 L’ unione di un qualsiasi insieme con un suo
sottoinsieme coincide con l’insieme contenitore, infatti posto
per ipotesi A ⊆ B si ha che: A U B = Bvisto che per definizione di
sottoinsieme tutti gli elementi di A appartengono a B;

 L’ unione di un qualsiasi insieme con l’insieme


ambiente U coincide con U stesso: A U U = Ue la spiegazione è
analoga alla proprietà 3 dato che per ipotesi A ⊆ U;

 L’ unione di un qualsiasi insieme con la sua intersezione con un


secondo insieme è uguale al primo insieme di partenza: A U (A
∩ B) = Aper il semplice fatto che possiamo applicare la
proprietà 3 dato che A ∩ B ⊆ A;
NOTA: le precedenti 5 proprietà sono tutte casistiche particolari della proprietà di inclusionen.3. In
particolare si ricordi la nozione di sottoinsiemi impropri per la quale ∅, A ⊆ A.
 L’ unione tra due insiemi è commutativa: A U B = B U Apoiché
nella nozione di insieme non ha importanza l’ordine con cui
vengono presi gli elementi;

 L’ unione tra due insiemi è associativa: (A U B) U C = A U (B U


C)sempre per il fatto che l’ordine dei termini non ha importanza;

 L’ unione tra due insiemi è distributiva rispetto


all’intersezione:A U (B ∩ C) = (A U B) ∩ (A U C)e ciò è facilmente
verificabile con dei diagrammi di Venn;

 Il complementare dell’unione corrisponde all’intersezione dei


complementari dei singoli insiemi (Legge di De Morgan): 𝓒 (A U
B) = 𝓒 A ∩ 𝓒 Be ciò è facilmente verificabile con dei diagrammi
di Venn come mostrato nell’apposita lezione;

L’ unione di un insieme con il suo complementare coincide con


l’insieme universo U : A U 𝓒 A = Uper definizione di
complementare oltre che a essere verificabile con dei
diagrammi di Venn.
Riassumiamo le 10 proprietà nella seguente tabella seguendo l’ordine precedente

PROPRIETÀ UNIONE
Inclusione o Idempotenza  A U A = A 
Inclusione  A U ∅ = A 
Inclusione  A⊆B⇔AUB=B
Inclusione  A ⊆ U ⇔ A U U = U
Inclusione o
A U (A ∩ B) = A 
Assorbimento 
Commutativa  AUB=BUA
Associativa  (A U B) U C = A U (B U C) 
Distributiva  A U (B ∩ C) = (A U B) ∩ (A U C) 
Legge di De Morgan  𝓒 (A U B) = 𝓒 A ∩ 𝓒 B 
Unione e complementare  A U 𝓒 A = U

Intersezione tra insiemi


Avendo ben chiaro il concetto di insieme, sfruttando i diagrammi di Venn per visualizzare meglio le
operazioni svolte e definendo un insieme universo U per evitare ambiguità, procediamo spiegando
una delle principali operazioni insiemistiche.
Dati A, B due insieme generici contenuti in U, l’ intersezione di A e B restituisce un nuovo insieme
risultante A ∩ B che comprende tutti gli elementi che appartengono contemporaneamente ad
entrambi gli insiemi dati. L’insieme risultante, intuitivamente contenuto anch’esso in U, è definito
come A ∩ B ≔ {x ∈ U | x ∈ A ⋀ x ∈ B}ovvero è l’insieme costituito dagli elementi che appartengono
simultaneamente ad entrambi gli insiemi di partenza. In particolare se A ∩ B = ∅ abbiamo
due insiemi disgiunti, cioè che non hanno alcun oggetto in comune.
La rappresentazione con il diagramma di Venn dell’insieme intersezione corrisponde alla parte
colorata in arancione nella seguente figura

mentre per il caso particolare di insiemi disgiunti si ha


Esempio 1: Sia U ≔ ℕ e siano A, B, C alcuni suoi sottoinsiemi definiti come A ≔ {1, 2, 3, 4}, B ≔ {3,
4, 5}, C ≔ {5, 6, 7}. Intersecando i precedenti insiemi avremo A ∩ B = {3, 4}A ∩ C = ∅B ∩ C = {5}Si
presti attenzione al fatto che gli elementi in comune non devono essere ripetuti: infatti, come visto
nella definizione di insieme, è richiesto che tutti gli elementi siano distinti tra loro. La notazione A ∩
B = {3, 4, 3, 4} è da considerarsi un errore.
Esempio 2: Sia U ≔ ℕ e siano A, B due suoi sottoinsiemi definiti come A ≔ {x ∈ U | x ≥ 4}, B ≔ {x
∈ U | x ≥ 20}. Intersecando i precedenti insiemi avremo A ∩ B = {x ∈ U | x ≥ 20} = Bin questo caso
diremo che un insieme è contenuto nell’altro ovvero che B è sottoinsieme di A, B ⊂ A. 
NOTA: ponendo U come ℚ o ℝ possiamo attuare l’operazione di intersezione anche tra insiemi
densi e questo tornerà utile nell’Analisi Matematica.

Proprietà intersezione
Posto un insieme universo U e dati tre suoi sottoinsiemi generici A, B, C, per l’operazione di
intersezione valgono le seguenti proprietà:
 L’ intersezione di un qualsiasi insieme con sè stesso è
equivalente all’insieme di partenza, infatti se B = A allora: A ∩ B
= A ∩ A = Apoiché vogliamo tutti gli elementi che appartengono
ad entrambi gli insiemi simultaneamente;

 L’ intersezione di un qualsiasi insieme con ∅ è equivalente


all’insieme vuoto ∅, posto B = ∅ allora: A ∩ B = A ∩ ∅ = ∅dato
che vogliamo tutti gli elementi che appartengono ad entrambi
gli insiemi, ma l’insieme vuoto ∅ per definizione non ha
elementi;

 L’ intersezione di un qualsiasi insieme con un


suo sottoinsieme coincide con il sottoinsieme stesso, infatti
posto per ipotesi A ⊆ B si ha che: A ∩ B = Avisto che per
definizione di sottoinsieme tutti gli elementi di A appartengono
a B;

 L’ intersezione di un qualsiasi insieme con l’insieme


ambiente U coincide con U stesso: A ∩ U = Ae la spiegazione è
analoga alla proprietà 3 dato che per ipotesi A ⊆ U;

 L’ intersezione di un qualsiasi insieme con la sua unionecon un


secondo insieme è uguale al primo insieme di partenza: A ∩ (A
U B) = Aper il semplice fatto che possiamo applicare la
proprietà 3 dato che A ⊆ A U B;
NOTA: le precedenti 5 proprietà sono tutte casistiche particolari della proprietà di inclusione della
terza proprietà. In particolare si ricordi la nozione di sottoinsiemi impropri per la quale ∅, A ⊆ A.
 L’ intersezione tra due insiemi è commutativaA ∩ B = B ∩
Apoiché nella nozione di insieme non ha importanza l’ordine
con cui vengono presi gli elementi;
 L’ intersezione tra due insiemi è associativa : (A ∩ B) ∩ C = A ∩
(B ∩ C)sempre per il fatto che l’ordine dei termini non ha
importanza;

 L’ intersezione tra due insiemi è distributiva rispetto all’unioneA


∩ (B U C) = (A ∩ B) U (A ∩ C)e ciò è facilmente verificabile con
dei diagrammi di Venn;

 Il complementare dell’ intersezione corrisponde all’ unione dei


complementari dei singoli insiemi (Legge di De Morgan) : 𝓒 (A
∩ B) = 𝓒 A U 𝓒 Be ciò è facilmente verificabile con dei
diagrammi di Venn come mostrato nell’apposita lezione;

L’ intersezione di un insieme con il suo complementare


coincide con l’insieme vuoto ∅ : A ∩ 𝓒 A = ∅per definizione di
complementare oltre che a essere verificabile con dei
diagrammi di Venn.
Riassumiamo le 10 proprietà nella seguente tabella seguendo l’ordine precedente

PROPRIETÀ UNIONE

Inclusione o Idempotenza  A∩A=A


Inclusione  A ∩ ∅ = ∅ 
Inclusione  A⊆B⇔A∩B=A
Inclusione  A ⊆ U ⇔ A ∩ U = U
Inclusione o Assorbimento  A ∩ (A U B) = A 
Commutativa  A∩B=B∩A
Associativa  (A ∩ B) ∩ C = A ∩ (B ∩ C) 
Distributiva  A ∩ (B U C) = (A ∩ B) U (A ∩ C) 
Legge di De Morgan  𝓒 (A ∩ B) = 𝓒 A U 𝓒 B 
Intersezione e
A∩𝓒A=∅
complementare 

Differenza tra insiemi


Avendo ben chiaro il concetto di insieme, sfruttando i diagrammi di Venn per visualizzare meglio le
operazioni svolte e definendo un insieme universo U per evitare ambiguità, procediamo spiegando una delle
principali operazioni insiemistiche.
Dati A, B due insieme generici contenuti in U, la differenza di A e B restituisce un nuovo insieme
risultante B\A che è la classe di tutti gli oggetti del primo insieme (B) che contemporaneamente non
appartengono al secondo insieme (A). L’insieme risultante, intuitivamente contenuto anch’esso in U, è
definito come B\A ≔ {x ∈ U | x ∈ B ⋀ x ∉ A}che in altre parole è equivalente a togliere dal primo insieme
(B) tutti i suoi elementi che appartengono all’ intersezione con il secondo insieme (A), ovvero B ∩ A. Se
abbiamo due insiemi disgiunti, B ∩ A = ∅, la differenza B\A sarà pari all’insieme di partenza B poiché gli
elementi di A che non appartengono a B non hanno alcun effetto nell’operazione di differenza.
La rappresentazione con il diagramma di Venn dell’insieme differenza corrisponde alla parte colorata in
arancione nella seguente figura

mentre per il caso particolare diinsiemi disgiunti si ha

Esempio 1: Sia U ≔ ℕ e siano A, B, C alcuni suoi sottoinsiemi definiti come A ≔ {1, 2, 3, 4}, B ≔ {3, 4,
5}, C ≔ {5, 6, 7}. Operando la differenza insiemistica tra i precedenti insiemi avremo
A \ B = {1, 2} B \ A = {5}
A \ C = {1, 2, 3, 4} =
C \ A = {5, 6, 7} = C
A
B \ C = {3, 4} C \ B = {6, 7}
In particolare si noti che la differenza insiemistica generalmente è non commutativa cambiando l’ordine dei
termini il risultato cambia. In questo caso, per esempio, B \ C ≠ C \ B e così via.
Esempio 2: Sia U≔ ℕ e siano A, B due suoi sottoinsiemi definiti come A ≔ {x ∈ U | x ≥ 4}, B ≔ {x ∈ U | x
≥ 20}. Operando la differenza tra i precedenti insiemi avremoA \ B = {x ∈ U | x ≥ 4 ⋀ x < 20}B \ A = ∅con
particolare attenzione ai simboli di <, ≤, >, ≥. Nel caso B \ A = ∅ possiamo affermare che B sia sottoinsieme
di A, B ⊂ A, come vedremo nelle proprietà.
NOTA: ponendo >U come ℚ o ℝ possiamo attuare l’operazione di differenza anche tra insiemi densi e
questo tornerà utile nell’Analisi Matematica.

Proprietà differenza
Posto un insieme universo U e dati due suoi sottoinsiemi generici A e B, per l’operazione di differenza
valgono le seguenti proprietà:
 La differenza di un qualsiasi insieme con sè stesso è equivalente
all’insieme vuoto, infatti se B = A allora: A \ B = A \ A = ∅poiché
sottraiamo da A tutti gli elementi di cui è composto;

 La differenza di un qualsiasi insieme A con un suo sottoinsieme B, a


seconda dell’ordine, coincide con il complementare del sottoinsieme
rispetto all’insieme contenitore o con l’insieme vuoto: B \ A =
∅ poiché per ipotesi B ⊆ A e per definizione di sottoinsiemetutti gli
elementi di B sono contenuti in A e A \ B = 𝓒 Bposto U ≔ A, infatti
l’insieme U a cui vogliamo togliere gli elementi di B contiene già B
per ipotesi e quindi rimangono tutti gli elementi che non appartengono
ad B, ossia il suo complementare rispetto all’insieme contenitore A;

 La differenza tra un insieme e l’insieme vuoto ∅, a seconda


dell’ordine, da l’insieme stesso o l’insieme vuoto: A \ ∅ = Apoiché
per definizione l’insieme vuoto non ha elementi che possono essere
sottratti da A e ∅ \ A = ∅dato che l’insieme a cui vogliamo togliere gli
elementi di A è già vuoto in partenza;

 La differenza tra un insieme e l’insieme universo U, a seconda


dell’ordine, da il complementare dell’insieme stesso o l’insieme
vuoto: A \ U = ∅ e U \ A = 𝓒 Apoiché per ipotesi A ⊆ U e possiamo
applicare la proprietà 2.
NOTA: le precedenti 4 proprietà sono tutte casistiche particolari della proprietà di n.2. In particolare si
ricordi la nozione di sottoinsiemi impropri per la quale ∅, A ⊆ A.
Riassumiamo le 4 proprietà nella seguente tabella seguendo l’ordine precedente

PROPRIETÀ DIFFERENZA

Differenza di A con sè stesso  A \ A = ∅ 


Differenza con un B⊆A⇔B\A=∅
sottoinsieme  B ⊆ A ⇔ A \ B = 𝓒 B con U ≔ A 
A\∅=A
Differenza e insieme vuoto 
∅\A=∅
A \ U = ∅ 
Differenza e insieme ambiente 
U \ A = 𝓒 A

Differenza simmetrica tra insiemi


Avendo ben chiaro il concetto di insieme, sfruttando i diagrammi di Venn per visualizzare meglio le
operazioni svolte e definendo un insieme universo U per evitare ambiguità, procediamo spiegando
un' operazioni insiemisticha forse non così nota.
Dati A, B due insieme generici contenuti in U, la differenza simmetrica di A e B restituisce un nuovo
insieme risultante AΔB che è la classe di tutti gli oggetti del primo insieme (A) che contemporaneamente
non appartengono al secondo insieme (B) unito alla classe di tutti gli oggetti del secondo insieme (B) che
contemporaneamente non appartengono al primo insieme (A). L’insieme risultante, intuitivamente contenuto
anch’esso in U, è definito come AΔB ≔ A\B U B\A ≔ {x ∈ U | (x ∈ A ⋀ x ∉ B) ⋀ (x ∈ B ⋀ x ∉ A) Un altro
modo per descriverlo equivale a considerare l’unione dei due insiemi A e B a cui viene sottratta
l’intersezione dei due, cioè gli elementi che appartengono ad entrambi gli insiemi, A ∩ B. In particolare nel
caso di insiemi disgiunti, A ∩ B = ∅, la differenza simmetrica è equivalente all'unione
La rappresentazione con il diagramma di Venn dell’insieme differenza simmetrica corrisponde alla parte
colorata in arancione nella seguente figura
mentre per il caso particolare di insiemi disgiunti si ha

Esempio 1: Sia U ≔ ℕ e siano A, B, C alcuni suoi sottoinsiemi definiti come A ≔ {1, 2, 3, 4}, B ≔ {3, 4,
5}, C ≔ {5, 6, 7}. Operando la differenza simmetrica tra i precedenti insiemi avremo A Δ B = {1, 2, 5}A Δ
C = {1, 2, 3, 4, 5, 6, 7}B Δ C = {3, 4, 6, 7}Un trucco per velocizzare i passaggi senza dover calcolare ogni
volta i due insiemi differenza è quello di vedere gli elementi in comune e toglierli dall’unione dei due
insiemi, in accordo con quanto detto sopra nella definizione.
Esempio 2: Sia U ≔ ℕ e siano A, B due suoi sottoinsiemi definiti come A ≔ {x ∈ U | x ≥ 4}, B ≔ {x ∈ U | x
≤ 4}. Operando la differenza simmetrica tra i precedenti insiemi avremoA Δ B = {x ∈ U | x ≠ 4} = ℕ \
{4}con particolare attenzione ai simboli di <, ≤, >, ≥. L’ultimo termine è una particolare notazione che
sfrutta l’operazione di differenza per indicare l’insieme dei numeri naturali privato dell’elemento 4.

Proprietà differenza simmetrica


Posto un insieme universo U e dati tre suoi sottoinsiemi generici A, B e C, per l’operazione di differenza
simmetrica valgono le seguenti proprietà:
 La differenza simmetrica di un insieme con sè stessoè l’insieme
vuoto, posto B = A si ha: A Δ B = A Δ A = ∅poiché la differenza A \
A = ∅ come visto nella sua specifica lezione e l’unione di due insiemi
vuoti è ancora un insieme vuoto;

 La differenza simmetrica di un insieme con l’insieme vuoto ∅ è


l’insieme di partenza, posto B = ∅ si ha: A Δ B = A Δ ∅ = A poiché le
differenze A \ ∅ = A e ∅ \ A = ∅ come visto nella specifica lezione e
l’unione A U ∅ = A come visto nella lezione sull’unione;

 La differenza simmetrica di un insieme A con un


suo sottoinsieme B è il complementare di B rispetto al contenitore
A: A Δ B = 𝓒 Bposto U ≔ A, poiché per ipotesi B ⊆ A e per
definizione di sottoinsieme tutti gli elementi di B sono contenuti in A
e quindi rimangono tutti gli elementi di A che non appartengono ad B,
ossia il complementare di B rispetto all’insieme contenitore A;
 La differenza simmetrica di un insieme con l’insieme universo U è
equivalente al complementare dell’insieme rispetto a U: A Δ U = 𝓒
Apoiché per ipotesi A ⊆ U e possiamo applicare la proprietà 3.
NOTA: le precedenti 4 proprietà sono tutte casistiche particolari della proprietà di n.3. In particolare si
ricordi la nozione di sottoinsiemi impropri per la quale ∅, A ⊆ A.
 La differenza simmetrica di due insiemi disgiunti coincide con
l’unione>: A Δ B = A U Bposto che A ∩ B = ∅, infatti non avendo
nessun elemento comune le differenze A \ B = A e B \ A = B come
visto per l’operazione di differenza e resta solo l’unione A U B;

 La differenza simmetrica è commutativa: A Δ B = B Δ Apoiché nella


nozione di insieme non ha importanza l’ordine con cui vengono presi
gli elementi;

 La differenza simmetrica è associativa: (A Δ B) Δ C = A Δ (B Δ


C)sempre per il fatto che l’ordine dei termini non ha importanza;

 L’intersezione è distributiva rispetto alla differenza simmetrica: A ∩


(B Δ C) = (A ∩ B) Δ (A ∩ C)e ciò è facilmente verificabile con dei
diagrammi di Venn;

 La differenza simmetrica è transitiva(A Δ B) Δ (B Δ C) = A Δ Ce


anche questo è facilmente verificabile con dei diagrammi di Venn.
Riassumiamo le 9 proprietà nella seguente tabella seguendo l’ordine precedente

PROPRIETÀ DIFFERENZA SIMMETRICA

Differenza simmetrica di A con sè stesso  A Δ A = ∅ 


Differenza simmetrica e insieme vuoto  AΔ∅=A
Differenza simmetrica con un
B ⊆ A ⇔ A Δ B = 𝓒 B con U ≔ A
sottoinsieme 
Differenza e insieme ambiente  A ⊆ U ⇔ A Δ U = 𝓒 A
Differenza simmetrica tra insiemi
A∩B=∅⇔AΔB=AUB
disgiunti 
Commutativa  AΔB=BΔA
Associativa  (A Δ B) Δ C = A Δ (B Δ C)
Distributiva  A ∩ (B Δ C) = (A ∩ B) Δ (A ∩ C)
Transitiva  (A Δ B) Δ (B Δ C) = A Δ C

Complementazione di un insieme
Avendo ben chiaro il concetto di insieme, sfruttando i diagrammi di Venn per visualizzare meglio le
operazioni svolte e definendo un insieme universo U per evitare ambiguità, procediamo spiegando
una delle principali operazioni insiemistiche.
Dato A un insieme generico contenuto in U, la complementazione, o il complementare, di A rispetto
all’ insieme ambiente U definisce un nuovo insieme risultante 𝓒 A che è la classe di tutti gli oggetti
dell’insieme ambiente che non appartengono all’insieme A di partenza. L’insieme risultante,
intuitivamente contenuto anch’esso in U, è definito come 𝓒 A ≔ {x | (x ∈ U) ⋀ (x ∉ A)}o,
equivalentemente, usando la differenza insiemistica𝓒 A ≔ U \ A
Una definizione più elaborata è la seguente: sia U un insieme detto insieme universo e sia la classe
di tutti i sottoinsiemi propri e impropridi U l’insieme delle parti ℘(U). Dato un insieme A ∈ ℘(U), è
definito come complementare di A rispetto a U, indicato con 𝓒 A, l’insieme U \ A.
Nel caso dell’insieme vuoto ∅ possiamo notare che il suo complementare è l’insieme
universo U stesso e, viceversa, il complementare dell’insieme universo è l’insieme vuoto.
NOTA: alcuni testi operano una distinzione tra complementare assoluto e complementare relativo.
Il complementare assolutocorrisponde alle definizioni fornite sopra, ovvero il complementare
rispetto all’insieme universo U, mentre il complementare relativoviene utilizzato per indicare il
complementare di un sottoinsieme rispetto ad un insieme contenitore che è diverso dall’insieme
universo (ma in esso contenuto). Nei nostri esempi il complementare assoluto è assunto come
standard mentre nei casi di complementare relativo ridefiniamo l’insieme universo caso per caso.
Nel caso qualcuno la preferisca, dato un insieme universo U, un insieme generico A in esso
contenuto e un sottoinsieme B tale che B ⊆ A suggeriamo la notazione 𝓒U B per indicare il
complementare di B rispetto a U mentre 𝓒A B per indicare il complementare di B rispetto ad A.
La rappresentazione con il diagramma di Venn dell’insieme complementare corrisponde alla parte
colorata in arancione nella seguente figura

Esempio 1: Sia U ≔ ℕ e siano A, B suoi sottoinsiemi definiti come A ≔ {0, 1, 2, 3, 4}, B ≔ ∅.


Operando la complementazione tra i precedenti insiemi avremo 𝓒 A = {x ∈ U | x > 4} 𝓒 B = ℕ = U
Esempio 2: Sia U ≔ ℕ e siano A, B due suoi sottoinsiemi definiti come A ≔ {x ∈ U | x ≥ 4}, B ≔ {x
∈ U | x < 4}. Operando la complementazione tra i precedenti insiemi avremo𝓒 A = {x ∈ U | x < 4}𝓒 B
= {x ∈ U | x ≥ 4}con particolare attenzione ai simboli di <, ≤, >, ≥ dato che un elemento non può
appartenere ad un insieme e al suo complementare contemporaneamente.

Proprietà complementazione
Posto un insieme universo U e dati due suoi sottoinsiemi generici A e B, per l’operazione di
complementazione valgono le seguenti proprietà:
 Il complementare del complementare di un insieme è l’insieme
di partenza: 𝓒 (𝓒 A) = Ache deriva dall’applicazione della
definizione, ovvero 𝓒 (𝓒 A) ≔ {x | (x ∈ U) ⋀ (x ∉ 𝓒 A)} che
corrisponde proprio ad A;
NOTA: le proprietà che seguono vengono solitamente raggruppate sotto il nome di leggi di De
Morgan e soprattutto le prime due possono essere utili nell’esecuzione di operazioni tra insiemi.
Queste leggi descrivono delle relazioni tra unione, intersezione e complementazione ma qua ci
limitiamo solo ad enunciarle; per chi volesse una dimostrazione suggeriamo l’apposita pagina
dedicata alle leggi di De Morgan.
 Il complementare dell’intersezione è equivalente all’unione dei
complementari: 𝓒 (A ∩ B) = 𝓒 A U 𝓒 Be ciò è facilmente
verificabile con dei diagrammi di Venn, come mostriamo
nell’apposita lezione;

 Il complementare dell’unione è equivalente all’intersezione dei


complementari: 𝓒 (A U B) = 𝓒 A ∩ 𝓒 Be anche questo è
facilmente verificabile con dei diagrammi di Venn, come
mostriamo nell’apposita lezione;

 L’ intersezione di un insieme con il suo complementareè un


insieme vuoto: A ∩ 𝓒 A = ∅come si può dedurre dalla
definizione stessa di complementare;
 L’ unione di un insieme con il suo complementare è l’insieme
universo: A U 𝓒 A = Usempre derivabile dalla definizione stessa
di complementare.
Riassumiamo le 5 proprietà nella seguente tabella seguendo l’ordine precedente

PROPRIETÀ COMPLEMENTAZIONE

Involutoria 𝓒 (𝓒 A) = A 
𝓒 (A ∩ B) = 𝓒 A U 𝓒 B
Leggi di De 𝓒 (A U B) = 𝓒 A ∩ 𝓒 B
Morgan  A∩𝓒A=∅
A U 𝓒 A = U

Partizione e insieme delle parti


Prima di procedere suggeriamo di avere chiari i concetti
di unione, intersezione, sottoinsieme e insieme vuoto.
Insieme delle parti
Dato un insieme X generico finito, l’insieme delle parti di X, indicato con la notazione ℘(X), è un
insieme i cui elementi sono a loro volta insiemi, in particolare gli elementi corrispondono a tutti i
possibili sottoinsiemi propri e impropri di X.
In particolare si può dimostrare che il numero di elementi di ℘(X) è pari a 2 elevato ad un numero
che corrisponde alla cardinalitàdell’insieme X su cui operiamo: card(℘(X)) = 2card(X)
Esempio 1: Sia dato A ≔ {10}. Determiniamo l’insieme delle parti ℘(A) scrivendo tutti i sottoinsiemi
di A; in questo caso notiamo che si hanno solo due sottoinsiemi impropri che sono l’insieme vuoto
∅ e A stesso. ℘(A) ≔ { ∅, {1} } = { ∅, A }Notiamo che card(A) = 1 e che gli elementi di ℘(A) sono
proprio 2card(A) = 2.
Esempio 2: Sia dato B ≔ {0, 1, 2}. Determiniamo l’insieme delle parti ℘(B) scrivendo tutti i
sottoinsiemi propri e impropri SX di B:
S1 ≔ ∅ S2 ≔ {0} S3 ≔ {0, 1} S4 ≔ {0, 2}
S5 ≔ {1} S6 ≔ {2} S7 ≔ {1, 2} S8 ≔ {0, 1, 2}
Abbiamo quindi 8 insiemi che corrispondono agli elementidell’insieme delle parti di B: ℘(B) ≔ { ∅,
{0}, {1}, {2}, {0,1}, {0,2}, {1,2}, {0, 1, 2} }Notiamo che card(B) = 3 e che gli elementi di ℘(B) sono
proprio 2card(B) = 8.
Nota: Si presti attenzione a non confondere l’elemento 0 con l’insieme vuoto ∅ e si ricordi che gli
insiemi non hanno un ordine preferenziale: il sottoinsieme {1, 2} coincide con il sottoinsieme {2, 1}.

Partizione
Dato un insieme X non vuoto definiamo una partizione 𝒮 di X una famiglia di sottoinsiemi di X
stesso, Ak con k ≔ 1, 2, 3, …, n, che soddisfano le seguenti proprietà
 ∀ Ak ∈ 𝒮 si ha Ak ≠ {∅}, ovvero ogni insieme Ak ha almeno un
elemento;
 ∀ Ak, Aj ∈ 𝒮 ⋀ k ≠ j ⇒ Ak ∩ Aj = ∅, ovvero due insieme
appartenenti a 𝒮 non hanno elementi in comune a meno che
non siano lo stesso insieme (k = j);
 ⋃A ∈ 𝒮 = X, ovvero l’unione di tutti gli insiemi A j ∈ 𝒮 dà l’insieme X
di partenza.
In particolare, ricordando l’insieme delle parti ℘(X) sopra definito, abbiamo che 𝒮 ⊆ ℘(X).
Utilizziamo un diagramma di Venn per rappresentare chiaramente il concetto di partizione di un
insieme A in sottoinsiemi Ak tra loro disgiunti e che uniti restituiscono A:

Esempio 1: Sia dato X ≔ {1, 2, 3, 4, 5} e gli insiemi A, B, C definiti come segue: A ≔ {1, 2, 3}, B ≔ {3,
4}, C ≔ {5}. Ci chiediamo se A, B, C costituiscano o meno una partizione di X.
 osserviamo che A ≠ ∅, B ≠ ∅, C ≠ ∅ ;
 A ∩ B = {3}, A ∩ C = ∅, B ∩ C = ∅ 
 A U B U C = {1, 2, 3, 4, 5} = X.
Tutte le condizioni sono verificate eccetto la 2, alla quale notiamo che gli insiemi A e B non sono
disgiunti ma hanno un elemento in comune e quindi A, B e C non costituiscono una partizione di X.
Si noti come, trovata la proprietà 2 falsificata, non sia necessario controllare la proprietà 3 per
arrivare alla precedente conclusione.
Esempio 2: Sia dato X ≔ ℝ e siano dati gli insiemi A ≔ {x ∈ A | x < 0} e B ≔ {x ∈ B | x > 0} e si
verifichi se A e B sono una partizione di X.
 osserviamo che A ≠ ∅ e B ≠ ∅;
 l’intersezione A ∩ B = ∅ ovvero non hanno elementi in comune;
 l’unione A U B = ℝ\{0} ovvero l’insieme dei reali ma privato dello
zero.
Abbiamo quindi che A e B non costituiscono una partizione di X poiché la loro unione non
restituisce completamente X. Per avere una partizione si può aggiungere un insieme C ≔ {0} e così
si ha 𝒮 ≔ {A, B, C}.
Esempio 3: dato X = ℕ si ha una sua partizione prendendo 𝒮 ≔ {P, D} con P l’insieme dei numeri
pari e D l’insieme dei numeri dispari oppure 𝒮 ≔ {T, nT} con T l’insieme dei multipli di 3 e nT
l’insieme dei numeri non multipli di 3 - sempre rimanendo nell’insieme dei naturali ℕ.
Coppia ordinata
Prima di introdurre l’operazione vera e propria di prodotto cartesiano è necessario specificare il
concetto di coppia ordinata: dati due insiemi non vuoti A e B viene indicata con (a,b) la coppia
ordinata di elementi con a ∈ A, b ∈ B.
NOTA: Si noti che (a,b) non è lo stesso oggetto indicato dalla notazione {a,b} che elenca solo gli
elementi di un insieme, senza condizioni di ordinamento.
Per la condizione di ordine in generale (a,b) ≠ (b,a) e per avere l’uguaglianza di due coppie ordinate
dati a, a’ ∈ A, b, b’ ∈ B si ha quanto segue: (a,b) = (a’,b’) ⇔ (a = a’) ⋀ (b = b’)ovvero due coppie
ordinate sono uguali se e soltanto se il primo e il secondo elemento di ciascuna coppia, altrimenti
detti prima e seconda coordinata rispettivamente, sono equivalenti a due a due.
NOTA: L’unica eccezione al caso (a,b) ≠ (b,a) si ha quando a = b con a ∈ A, a ∈ B.
Esempio 1: siano date le seguenti coppie ordinate (1,2) e (2,1). Utilizzando la stessa notazione
della definizione sopra, poniamo per la coppia (1,2) a = 1, b = 2mentre per la coppia (2,1)
poniamo a’ = 2 e b’ = 1
Appare evidente come entrambi i primi elementi a, a’ e i secondi elementi b, b’ siano tra loro diversi
e quindi sono le coppie stesse ad essere diverse.
Inoltre questo esempio sottolinea il fatto che due coppie aventi gli stessi elementi, {1,2}, non sono
uguali se non è rispettato l’ordine: a differenza dell’uguaglianza tra insiemi, dove contano solo gli
elementi, per le coppie ordinate abbiamo una condizione extra di ordinamento.

Prodotto cartesiano
Dati due insiemi non vuoti A e B, l’insieme di tutte le coppie ordinateottenute a partire dagli
elementi di A e di B viene detto prodotto cartesiano di A per B (o di B per A):A × B ≔ {(a,b) | a ∈ A, b
∈ B}   oppure   B × A ≔ {(b,a) | a ∈ A, b ∈ B}con A × B ≠ B × A in generale sempre per la condizioni di
ordine, ossia l’operatore × di prodotto cartesiano tra due insiemi non è commutativo.
NOTA: date tutte le coppie ordinate creabili dagli elementi di un insieme A si può utilizzare la
seguente notazione: A × A = A2, ovvero il caso A = B.
Esempio 1: siano dati i due insiemi A = {1,2}, B = {3,2} tra i quali attuiamo l’operazione di prodotto
cartesiano ottenendo i due seguenti insiemi in base all’ordine di applicazione:A × B = {(1,3), (1,2),
(2,3), (2,2)}B × A = {(3,1), (3,2), (2,1), (2,2)}
Esempio 2: siano dati gli insiemi A = ∅ e B = {1, 2, 3} e applichiamo il prodotto cartesiano:A × B = ∅
B × A = ∅La spiegazione di questo risultato è dovuta al fatto che uno dei due insieme non contiene
elementi e non è quindi possibile costruire alcuna coppia: si noti infatti nella definizione come sia
stata posta l’ipotesi di insiemi non vuoti.

Rappresentazione grafica del prodotto cartesiano

Uno strumento grafico utile (ma non l’unico) per visualizzare l’operazione di prodotto cartesiano tra
due insiemi è quello di rappresentare le coppie ordinate (a,b) nel piano cartesiano.
Il piano cartesiano è un sistema di riferimento in cui, fissata un’unità di misura, ogni punto viene
individuato da una coppia ordinata le cui componenti sono dette coordinate cartesiane. Esso
consiste in due rette orientate ortogonali tra loro, una orizzontale detta ascissa e una verticale
detta ordinata, con origine il punto O di intersezione tra le due; tale origine è indicata dalla coppia
(0,0).
Per convenzione poniamo come ascissa gli elementi x ∈ X e come ordinata gli elementi y ∈ Y. In
generale X e Y coincidono con l’insieme dei numeri reali ℝ e ogni punto del piano rappresenta
quindi un elemento del prodotto cartesiano di X × Y, che equivale all’insieme ℝ2.
Riprendendo l’esempio 1 del paragrafo precedente proviamo a rappresentare i suoi elementi nel
piano cartesiano prestando attenzione al porre in ascissa il primo termine dell’operazione di
prodotto cartesiano. Fissiamo come unità di riferimento 1, ossia ogni tacca lungo gli assi del piano
rappresenta un salto di 1; il risultato che otteniamo è il seguente:

Il prodotto cartesiano è caratterizzato, in particolare, dalla proprietà distributiva rispetto alle


operazioni di unione, intersezione, differenzae complementazione. Per una trattazione più
dettagliata rimandiamo alla pagina dedicata alle proprietà del prodotto cartesiano.
NOTA: Il concetto di prodotto cartesiano può essere esteso ad un caso più generale di n-uple
ordinate (a1,a2,...,an) come elementi dell’insieme A1 × A2 × … × An con ai ∈ Ai con i = 1, 2, ..., n. 
Per tali n-uple valgono ancora tutte le proprietà elencate nella pagina dedicata.

Proprietà del prodotto cartesiano


Si consiglia di avere ben chiari il concetto di coppia ordinata (x, y) e la definizione di prodotto
cartesiano spiegati al link indicato. Tuttavia per comodità riprendiamo brevemente la definizione
dell’operazione che andremo ad approfondire.
Dati due insiemi non vuoti A e B, l’insieme di tutte le coppie ordinate ottenute a partire dagli
elementi di A e di B viene detto prodotto cartesiano di A per B (o di B per A): A × B ≔ {(a,b) | a ∈ A,
b ∈ B}    oppure    B × A ≔ {(b,a) | a ∈ A, b ∈ B}con A × B ≠ B × A in generale, ossia l’operatore × di
prodotto cartesiano tra due insiemi non è commutativo. Inoltre l’operatore × non gode
della proprietà associativa e ciò è evidente nell’esempio che segue.
Esempio 1: sia dato per semplicità il solo insieme A = {1} e si considerino i prodotti cartesiani A ×
(A × A) e (A × A) × A. Applicando la definizione di prodotto cartesiano otteniamo:A × (A × A) = { ( 1,
(1, 1) ) } mentre (A × A) × A = { ( (1, 1), 1 ) }e dato che le coppie devono rispettare un criterio di
ordine si ha che i due insiemi non sono equivalenti, pur avendo gli stessi elementi nell’unica coppia
ottenibile 1 e (1, 1): A × (A × A) ≠ (A × A) × A

Cardinalità del prodotto cartesiano

Ricordando il concetto di cardinalità di un insieme poniamo card(A) = n e card(B) = m con n, m ∈ ℕ


o anche infiniti. Segue che la cardinalità, ovvero il numero di elementi presenti, dell’insieme
prodotto cartesiano A × B (o B × A) è pari al prodotto degli elementi dei due insiemi tra i quali si
esegue l’operazione:card(A × B) = card(B × A) = card(A) ∙ card(B) = m ∙ncon un numero di
elementi infinito nel caso in cui almeno uno dei due insiemi abbia cardinalità infinita e l’altro non
sia vuoto.
Esempio 1: dato A = {a | a ∈ ℕ}, B = {0,1} e C = {c | c ∈ ℕ \ {0}} si ha che la cardinalità dei vari
insieme prodotto cartesiano è la stessa in tutte le combinazioni:card(A × B) = card(A × C) = card(B
× C) = ∞e ciò deriva dal fatto che almeno uno degli insiemi nell’operazione di prodotto cartesiano
ha sempre un numero infinito di elementi.

Distributività del prodotto cartesiano


Posto un insieme universo U e dati tre suoi sottoinsiemi generici A, B, C, per l’operazione di
prodotto cartesiano valgono le seguenti proprietà di distribuzione:
 il prodotto cartesiano di un insieme rispetto all’intersezione di
altri due insiemi è pari all’intersezione dei prodotti
cartesiani tra il primo insieme e gli altri due, a due a due come
segue:A × (B ∩ C) = (A × B) ∩ (A × C)
 il prodotto cartesiano di un insieme rispetto all’unione di altri
due insiemi è pari all’unione dei prodotti cartesianitra il primo
insieme e gli altri due, a due a due come segue: A × (B U C) = (A
× B) U (A × C)
 il prodotto cartesiano di un insieme rispetto alla differenza di
altri due insiemi è pari alla differenza dei prodotti cartesiani tra
il primo insieme e gli altri due, a due a due come segue:A ×
(B\C) = (A × B) \ (A × C)
 la complementazione rispetto al prodotto cartesiano tra due
insiemi è pari all’unione di tre prodotti cartesiani come
segue:𝓒(A × B) = (𝓒A × 𝓒B) U (𝓒A × B) U (A × 𝓒B)
NOTA: si ricordi che il prodotto cartesiano non è commutativo e occorre quindi prestare attenzione
all’ordine dei termini per tutte le proprietà elencate.
Dimostrazione: proponiamo una verifica grafica simile a quella utilizzata per le leggi di De
Morgan sfruttando la rappresentazione del prodotto cartesiano presentata insieme alla sua
definizione. Qua ci limitiamo al caso dell’intersezione mentre le altre proprietà sono lasciate come
esercizio; nel caso di dubbi nella loro dimostrazione suggeriamo di sfruttare il Forum.
Dati gli insiemi A, B, C ⊆ ℝ vogliamo dimostrare la veridicità della seguente uguaglianza:A × (B ∩ C)
= (A × B) ∩ (A × C)e poniamo come ipotesi A ≠ ∅ ⋀ B ∩ C ≠ ∅ (sottintendendo B ≠ ∅ ⋀ C ≠ ∅). Infatti
se almeno una delle precedenti ipotesi è falsa, l’uguaglianza è banalmente verificata in quanto:

 nel caso A = ∅, tutti i prodotti cartesiani hanno come risultante


∅;

 nel caso B ∩ C = ∅, il termine di sinistra nell’uguaglianza è


banalmente ∅ e analogamente il termine di destra, in quanto
intersezione tra due insiemi disgiunti (B e C).
Sotto queste ipotesi, che hanno il solo scopo di escludere casi banali ed evitare troppi grafici,
procediamo graficando il primo membrodell’uguaglianza che coloriamo in giallo nel seguente
piano cartesiano:

che otteniamo individuando ogni coppia ordinata con prima coordinata x ∈ A sull’asse delle


ascisse e come seconda coordinata y ∈ (B ∩ C) sull’asse delle ordinate.
Ora non resta che graficare il secondo membro dell’uguaglianza e verificare che i due piani
cartesiani coincidano. Procediamo graficando gli insiemi A × B e A × C rispettivamente in verde e
rosso e poi ne prendiamo l’intersezione, in giallo:

Osservando che i due insiemi "gialli" nei due piani cartesiani coincidono possiamo affermare che
l’uguaglianza è dimostrata.
Per ulteriori approfondimenti, sono presenti proprietà del prodotto cartesiano meno comuni e di
scarsa applicazione alla seguente pagina Wikipedia inglese.
NOTA: Il concetto di prodotto cartesiano può essere esteso ad un caso più generale di n-uple
ordinate (a1,a2,...,an) come elementi dell’insieme A1 × A2 × … × An con ai ∈ Ai con i = 1, 2, ..., n. 
Per tali n-uple valgono ancora le proprietà sopra elencate con opportuni accorgimenti.

Relazioni binarie e loro grafici


Si consiglia di avere ben chiari i concetti di coppia ordinata (x,y) e la definizione di prodotto
cartesiano spiegati alle pagine indicate.
Riassumendo brevemente si ricordi come, in generale, (x,y) ≠ (y,x) ovvero in una coppia ordinata
l’ordine è fondamentale. Dati due insiemi possiamo definire il prodotto cartesiano come l’insieme
di tutte le coppie ordinate costruibili con gli elementi dei due insiemi, rispettando sempre la
condizione di ordinamento: tale condizione è il motivo per cui l’operazione di prodotto cartesiano
non è commutativa.
Dati due insiemi non vuoti A e B si definisce una relazione binaria r tra gli elementi a ∈ A e gli
elementi b ∈ B un predicato binario r(a,b) nelle suddette variabili; a e b sono in relazione tra loro
solo se r predicato è vero.
Sia inoltre ℜ ⊆ A x B, sottoinsieme del prodotto cartesiano, definito come segue: ℜ ≔ {(a,b) | (a,b)
∈ A × B ⋀ r(a,b)}
ovvero tutte le coppie dell’insieme prodotto cartesiano di A per B per cui la relazione r risulta vera.
ℜ viene detto grafico della relazione r e quindi, per indicare che due elementi a e b sono legati da r,
si scrive (a,b) ∈ ℜ. 
Viceversa dato ℜ ⊆ A × B risulta individuabile una r tale che r(a.b) ⇔ (a,b) ∈ ℜ: ovvero la relazione
è verificata nella coppia in considerazione solo se tale coppia appartiene al grafico della relazione.
NOTA: Se A = B si avrà che r è una relazione tra gli elementi di uno stesso insieme, A o B che sia.
Siano dati due insiemi non vuoti A,B e una relazione r(a,b) con a ∈ A, b ∈ B. 
L’insieme A è detto dominio della relazione mentre l’insieme B è il codominio della relazione.
Il sottoinsieme di B i cui elementi soddisfano r viene detto immaginedella relazione mentre il
sottoinsieme di A i cui elementi soddisfano r viene denominato controimmagine della relazione.
Banalmente quindi l’immagine sarà per forza contenuta nel codominio mentre la controimmagine
sarà contenuta nel dominio; nulla vieta che questi insiemi possano coincidere.
Esempio 1: Nel nostro linguaggio una relazione binaria può essere “x è figlio di y” oppure “x ha
meno anni di y”.
Esempio 2: Nell’ambito matematico invece un esempio può essere, dato X ≔ “insieme dei numeri
naturali > 0”, la relazione r(a,b) tale che “a e b siano primi tra loro” ⋀ a, b ∈ X .
Per fare un paio di esempi concreti consideriamo gli insiemi A ≔ {1, 2, 3} e B ≔ {1, 2, 3, 4}.

Esempio 3: Data una relazione r qualsiasi e dati i seguenti due grafici ℜ possiamo, usando la
definizione stessa di ℜ, capire se tali grafici sono o meno accettabili. ℜ1 ≔ { (1,1), (2,2), (3,3), (4,4) }
ℜ2 ≔ { (1,2), (1,3), (1,4), (2,3), (2,4), (3,4) }Il primo grafico non è accettabile in quanto per la coppia
(4,4) non abbiamo tutti gli elementi negli insiemi di partenza A e B: in questo caso 4 ∉ A.
Sostanzialmente ℜ1 non è sottoinsieme di A x B. 
Il secondo grafico è invece accettabile in quanto tutti i suoi elementi appartengono al prodotto
cartesiano di A x B. In particolare una possibile relazione di ℜ2 può essere definita come r(a,b) ≔ “a
strettamente minore di b”.
Esempio 4: Considerando gli insiemi A, B precedenti e data la relazione r(a,b) ≔ “a + b = 5”
scriviamo il grafico ℜ3 di tale relazione: ℜ3 ≔ { (1,4), (2,3), (3,2) }Volendo esercitare un attimo il
lessico, diremo che A è il dominio di r e gli elementi di A che compaiono nelle coppie di ℜ3 sono la
controimmagine di r: {1, 2, 3} che in questo caso coincide proprio con A. Concludendo possiamo
dire che B è il codominio di r e gli elementi di B che compaiono nelle coppie di ℜ3 sono oggetti
appartenenti all’immagine di r: {2, 3, 4} che in questo caso non coincide con B.
Esempio 5: Altri esempi, con cui si avrà a che fare più di frequente, possono essere, dati X = Y, X ≔

ℝ con r1  ≔ “x ≤ y” oppure r2 ≔ “x2+y2 = 1” per le quali disegniamo i rispettivi


grafici:

NOTA: La relazione r2 è proprio quella che descrive una circonferenza di raggio 1 centrata
nell’origine del piano cartesiano.
Tra tutte le relazioni risaltano per importanza nell’analisi, e non solo, le equivalenze e
gli ordinamenti.

Relazioni di equivalenza
Sono dette equivalenze, e generalmente indicate con il simbolo ∿, delle particolari relazioni binarie
r in un insieme X che verificano le 3 seguenti proprietà:
 riflessiva: ∀ x ∈ X | x ∿ x, ovvero ogni elemento dell’insieme X è
equivalente a se stesso attraverso la relazione r;
 simmetrica: ∀ x, y ∈ X | x ∿ y ⇔ y ∿ x, cioè ogni un elemento x è
equivalente ad un elemento y attraverso r se e soltanto se
anche y è equivalente a x attraverso r e ciò deve valere per tutti
gli elementi dell’insieme;
 transitiva: ∀ x, y, z ∈ X | x ∿ y ⋀ y ∿ z ⇒ x ∿ z, ovvero per ogni
terna di elementi dell’insieme l’equivalenza attraverso r di un
elemento y con gli altri due implica che questi ultimi due
elementi devono essere equivalenti tra loro.
Esempio 1: L’uguaglianza “=” è banalmente una relazione di equivalenza in quanto soddisfa le 3
proprietà citate. Dato per esempio l’insieme dei numeri reali ℝ si ha:

 un qualsiasi numero è uguale a sè stesso;

 se due elementi sono uguali allora sono lo stesso numero è la


simmetria è banale;

 se x = y ⋀ y = z abbiamo che x e y sono lo stesso numero, ma


ciò vale anche per y e z e ciò implica che x e z debbano essere
lo stesso numero.
Esempio 2: Il parallelismo di rette nel piano o nello spazio euclideo sono un’equivalenza.
Esempio 3: L’operatore < non rientra nelle equivalenze poiché viene subito a mancare la prima
proprietà: x non può essere più piccolo di sé stesso; tale operatore è esclusivamente transitivo.
L’operatore ≤ invece è riflessivo oltre che transitivo, tuttavia non rispetta la simmetria: sia ℕ il
nostro insieme, preso 5 ≤ 6 abbiamo 6 ≤ 5 che è chiaramente falsa e quindi l’operatore ≤ non
costituisce una relazione di equivalenza.
Esempio 4: Uscendo dal linguaggio matematico, la relazione “x è parente di y” è una equivalenza
mentre la relazione “x è figlio di x” invece non soddisfa nessuna delle 3 proprietà.
Classi di equivalenza
Data in X una relazione ~, ovvero che sia una equivalenza, si definisce una classe di
equivalenza [x] l’insieme di tutti gli elementi di X equivalenti a x secondo ~ ovvero [x] ≔ {y | y ∈ X ⋀
x ∿ y} dove [x] in particolare si legge come “classe di equivalenza di x”.
Esempio 1: Sia X l’insieme di tutte le automobili e ~ definita come “ha lo stesso colore di”. Allora
una classe di equivalenza sarà quella delle automobili nere.

Relazioni di ordinamento
Un altro tipo importante di relazioni binarie sono le relazioni d’ordineo ordinamenti indicate con i
simboli ≥ (l’elemento di sinistra segue quello di destra) o ≤ (l’elemento di sinistra precede quello di
destra). Un ordinamento è tale se soddisfa le proprietà:
 riflessiva: ∀ x ∈ X | x ≤ x, ovvero ogni elemento dell’insieme X è
corrispondente a se stesso attraverso la relazione ≤ ;
 antisimmetrica: ∀ x, y ∈ X | x ≤ y ⋀ y ≤ x ⇒ x = y, cioè dati due
elementi vale la relazione ≤ anche al contrario se e solo se i due
elementi coincidono;
 transitiva: ∀ x, y, z ∈ X | x ≤ y ⋀ y ≤ z ⇒ x ≤ z, ovvero per ogni
terna di elementi dell’insieme, l’ordinamento attraverso ≤ di un
elemento y che segue un secondo elemento x e precede un
terzo elemento z implica che quest’ultimo elemento z deve
seguire x.
Gli elementi ℜ(x,y) - appartenenti al grafico - di una relazione d’ordine si dicono confrontabili tra
loro. Se presi qualsiasi x, y ∈ X possiamo stabilire x ≤ y ⋁ y ≤ x l’ordinamento sarà totale,
altrimenti parziale.
Il grafo orientato di un insieme totalmente ordinato si può rappresentare come un segmento, una
retta o una semiretta su cui giacciono tutti i nodi (corrispondenti a tutti gli elementi dell'insieme).
Esempio 1: ℕ l’insieme dei numeri naturali è un insieme ordinato con ordinamento totale per
mezzo della relazione ≤, ≥. Il suo grafo orientato può essere rappresentato come segue:

Esempio 2: ℤ, ℚ e ℝ rispettivamente l’insieme dei numeri interi, razionali e reali sono insiemi
ordinati con ordinamento totale per mezzo della relazione ≤, ≥.
Esempio 3: ℂ l’insieme dei numeri complessi è parzialmente ordinato poichè dati (x, x’), (y, y’) ∈ ℂ è
possibile stabilire (x, x’) ≤ (y, y’) ⇔ (x’ = y’ ⋀ x ≤ y) ⋁ (x = y ⋀ x’ ≤ y’). Tuttavia non è possibile stabilire
un ordinamento totale su tale insieme.

Insieme limitato, limitato superiormente o inferiormente


Avendo chiaro il concetto di ordinamento, sia X un insieme ordinato e A ⊆ X con A insieme non
vuoto. A avrà un ordinamento indotto da X e sarà a sua volta ordinato.
Dato k ∈ X è detto maggiorante di A se soddisfa entrambe le seguenti condizioni:

 k è confrontabile con ogni x ∈ A;

 ∀ x | x ∈ A ⇒ x ≤ k ovvero qualsiasi elemento di A non è


maggiore di k.

Se ∃ k ∈ X con queste proprietà, A viene detto insieme limitato superiormente


Analogamente dato t ∈ X è detto minorante di A se:

 t è confrontabile con ogni x ∈ A;

 ∀ x | x ∈ A ⇒ x ≥ t ovvero qualsiasi elemento di A non è inferiore


a t.

Se ∃ t ∈ X con queste proprietà, A viene detto insieme limitato inferiormente.


NOTA: Sia il maggiorante che il minorante non sono necessariamente unici.
Se entrambe le condizioni sono verificate, ovvero ∃ t, k ∈ X con le proprietà sopra definite, A è detto
semplicemente insieme limitato.
Dato A ⊆ X non vuoto una definizione equivalente è la seguente:
 A si dice limitato superiormente se ∃ k ∈ X (detto maggiorante)
| x ≤ k, ∀ x ∈ A
 A si dice limitato inferiormente se ∃ t ∈ X (detto minorante) | x
≥ t, ∀ x ∈ A
NOTA: k ∈ X, maggiorante di A non deve necessariamente appartenere ad A stesso e, anzi, si può
dimostrare come l’insieme A possa contenere al massimo un solo elemento che sia suo
maggiorante: se esistono altri maggioranti essi non apparterranno sicuramente ad A. Un discorso
analogo vale per il minorante.
Esempio 1: X ≔ ℝ, A ≔ [-3, 1) ed evidentemente A ⊆ X.
Ogni k ∈ [1,+∞) è un maggiorante e ogni t ∈ (-∞ , -3] è un minorantedi A: l’insieme A si dirà
limitato. Importante è notare come in questo caso tra i minoranti uno appartiene all’insieme
stesso, -3, mentre tra i maggioranti nessuno appartiene all’insieme A. Avendo chiaro quanto
specificato nella Nota ciò non dovrebbe sorprendere. 
Esempio 2: Y ≔ ℝ, B ≔ (2, +∞) ed evidentemente B ⊆ Y.

Ogni t ∈ (-∞ , 2] è un minorante di B; tuttavia non è possibile trovare un elemento di B che lo limiti
superiormente, ovvero ∄ k | ∀ y ∈ B, k ≥ y. L’insieme B si dirà inferiormente limitato.
NOTA: Si noti che possono esistere più maggioranti e minoranti di un insieme ma ne basta trovare
uno per poterlo definire limitato superiormente o inferiormente.

Massimo e minimo di un insieme


Sia A ⊆ X un insieme non vuoto:
 un elemento M ∈ X si dice massimo di A, M = maxA, se rispetta
queste condizioni:

1. M ∈ A ;

2. ∀ x ∈ A, M ≥ x , ovvero l’insieme deve


essere superiormente limitato (cioè
M è un maggiorante).

 un elemento m ∈ X si dice minimo di A, m = minA, se rispetta


queste condizioni:

1. m ∈ A ;

2. ∀ x ∈ A, m ≤ x , ovvero l’insieme deve


essere inferiormente limitato (cioè m
è un minorante).
NOTA: Di maggioranti e minoranti ce ne possono essere un’infinità come nessuno mentre non
possono esserci più di un massimo e di un minino per un singolo insieme. 
DIMOSTRAZIONE: Sia A ⊆ X un insieme non vuoto, siano m, n due minimi di A ⇒

1. m, n ∈ A per definizione di minimo;

2. sempre per definizione ∀ x ∈ A, x ≥ m ⋀ x ≥ n ; tuttavia per


la 1) anche m, n ∈ A e quindi la condizione diventa (m ≥ m
⋀ m ≥ n) ⋀ (n ≥ m ⋀ n ≥ n) ⇒ m ≥ n ⋀ n ≥ m ⇒ n = mper la
proprietà antisimmetrica, ovvero il minimo è unico, se
esiste.
Analogamente è possibile verificare la stessa proprietà anche per il massimo.

Estremo superiore e estremo inferiore di un insieme


Sia A ⊆ X un insieme non vuoto:
 Si definisce estremo superiore di A, supA, il minore dei
maggioranti di A, se esiste. 
In notazione: supA = min{k | k ∈ X ⋀ k maggiorante di A} dove
l’insieme indicato con le graffe rappresenta tutti i maggioranti
di A. Usiamo “min” per trovare il più piccolo tra i maggioranti.
 Si definisce estremo inferiore di A, infA, il maggiore dei
minoranti di A, se esiste. 
In notazione: infA = max{t | t ∈ X ⋀ t minorante di A} dove
l’insieme indicato con le graffe rappresenta tutti i minoranti di
A. Usiamo “max” per trovare il più grande tra i minoranti.
NOTE:
1. Se ∃ supA o infA ⇒ sono unici (è verificabile sulla falsa
riga della Prova per l’unicità del minimo).

2. Se ∃ maxA ⇒ ∃ supA ⋀ maxA = supA, equivalentemente


se ∃ minA ⇒ ∃ infA ⋀ minA = infA, ovvero se esistono
massimo e minimo saranno anche estremo superiore e
inferiore rispettivamente. 

3. Se ∃ supA ⋀ supA ∈ A ⇒ ∃ maxA ⋀ maxA = supA,


equivalentemente se ∃ infA ⋀ infA ∈ A ⇒ ∃ minA ⋀ minA
= infA.
Sia ℝ l’insieme dei numeri reali:

 Se A ⊂ ℝ non è limitato superiormente si scrive supA = +∞; 

 Se A ⊂ ℝ non è limitato inferiormente si scrive infA = -∞. 


Esempio 1: Riportiamo nella seguente tabella le caratteristiche per alcuni insiemi numerici,
sottoinsiemi di X ≔ ℝ. Si ricordi che con ∅ si indica l’assenza di elementi, cioè l’insieme vuoto, e
che l’estremo superiore o inferiore equivale rispettivamente a massimo o minimo, se esistono,
oppure al più piccolo elemento dell’insieme dei maggioranti o minoranti, se non vuoti.
max
Insieme Maggioranti Minoranti minA
A
{x | x ≤
ℕ ∅ ∄ {0}
0}
ℤ ∅ ∅ ∄ ∄
{1, 12, 13, …, 1n} con n ≠ 0 ⋀ n ∈ {x | x ≤
{x | x ≥ 1} {1} ∄
ℕ 0}
{x ∈ ℝ | x2 > 4}  ∅ ∅ ∄ ∄
{x ∈ ℚ+0 | x2 < 2} {x | x ≥ 2} {x | x ≤ ∄ {0}
0}
Per l’ultima riga con ℚ  ci si riferisce all’insieme dei numeri razionali maggiori o uguali a 0 e dato
+
0

che l’estremo superiore è 2 ∉ ℚ, non avremo un massimo per questo insieme.
In particolare si definisce un insieme ordinato X bene ordinato se ∀ A ⊆ X, non vuoto, ∃ m ∈ A | ∀ a
∈ A, m ≤ a. Questa definizione equivale a dire che ogni sottoinsieme non vuoto di X ammette un
minimo.

TEOREMA: Un insieme bene ordinato implica che tale insieme sia totalmente ordinato.
DIMOSTRAZIONE: Se un insieme X, non vuoto, è bene ordinato qualsiasi suo sottoinsieme è a sua
volta ordinato. Prendiamo quindi x, y ∈ X qualsiasi: abbiamo un sottoinsieme {x, y} di due elementi
che, per ipotesi di X bene ordinato, ammette un minimo. Che sia x ≤ y ⋁ x ≥ y abbiamo che questi
due elementi sono confrontabili ed essendo arbitrari ciò vale per tutto X.

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