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Jouis Cftarbonneau-^ossa'y
^Edizioni
>\rkeios
ISBN 88-86495-65-X
Nota introduttiva 9
1. Il cuore umano e la nozione di Cuore di Dio nell antico
Egitto ............................................................................................ 15
2. La divina musica del Verbo. Il Cuore e la lira.............................. 26
3. Gli esordi dell’iconografia del Cuore (/)....................................... 37
4. Gli esordi dell’iconografia del Cuore (//)...................................... 44
5. Gli esordi dell’iconografia del Cuore (///).................................... 50
6. Le armi araldiche della famiglia di Saint-Lò nel XVIII secolo e il
sigillo di Jacques Musekin nel 1391 ........................................ 58
7. Documenti popolari della fine del Medio Evo.............................. 64
8. Il Costo assiso di Venizy e il suo blasone..................................... 70
8 9............................................................................I Torchi mistici
75
10.........................................................................................I marchi
16. commerciali dei primi stampatori francesi.......................... 82
11. Le rappresentazioni del Cuore di Gesù presso gli antichi
17. certosini. La meridiana di Marigny-Brizay (Vienne). Cuore
18. enigmatico del Museo di Cluny.......................................... 104
19. 12. Meridiane della Certosa di Lugny e di Saint-Genis-Laval
(XVII secolo). Un antico emblema del mese di gennaio
20. (XVI secolo)....................................................................... 117
21. 13. L’iconografia antica del Cuore di Gesù Cristo, posteriore
22. al Rinascimento.................................................................. 123
23. 14.............................................I documenti di Vendome e Taverny
24. 146
25. 15. Le immagini del Cuore eucaristico in Inghilterra nei secoli XV
e XVI ........................................................................... 154
26.
27. INDICE
Sculture della chiesa inglese di Saint Mawgan (Cornova
28.
glia) ................................................................................... 163
29. A proposito di due libri...................................................... 168
I.....................................................................................Cuori
reliquiari della vera Croce................................................... 176
30. L’iconografia antica del Cuore di Gesù a Loudun............. 185
31.
32.
33.
34.
II Cuore ferito della chiesa di Langeac ( 1526) ......................... 196
Il Cuore «Fontana di Vita e di Salvezza» .................................. 202
Documenti spagnoli del XVII secolo ......................................... 211
Un libro corale dei Penitenti Bianchi di Marsiglia..................... 219
I Cuori votivi dei calvari e delle croci di missione..................... 223
L'immagine del Sacro Cuore e le armi araldiche dei sovrani .... 232
L’iconografìa del Cuore di Gesù negli eserciti controrivoluzionari
della Vandea (/)........................................................................... 244
L'iconografia del Cuore di Gesù negli eserciti controrivoluzionari
della Vandea (II. Seguito) .......................................................... 264
L'iconografia del Cuore di Gesù negli eserciti controrivoluzionari
della Vandea (III. Documenti vari. L’Ordine di san Michele degli
chouans) ..................................................................................... 274
L’iconografia del Cuore di Gesù negli eserciti controrivoluzionari
della Vandea (IV. Gli antichi monili: cuori del
Poitou e anelli. Altri monili delle ultime rivolte)........................ 284
Le «croci di padre Montfort» ..................................................... 297
Rappresentazioni varie, afferenti o estranee al culto del
Cuore di Gesù ............................................................................ 305
Il viso di Nostro Signore Gesù Cristo sulla Santa Sindone
di Torino .................................................................................... 317
La ferita al Cuore di Gesù Cristo e la Santa Sindone di Torino 320
Rappresentazioni blasfeme del Cuore di Gesù........................... 323
Nota introduttiva
Da Paray-le-Monial a Regnabit
vv M
Dal cuore proviene tutto ciò che l’uomo sa e può fare; è ad esso che
l’attività umana chiede la sua ispirazione; è quello che ci rivela quel
Faraone prestigioso del secolo XV a.C., Tutankhamon, che ci è stato
restituito nello stupefacente splendore dei suoi tesori funerari. Il testo
che ci parla di lui, sulla stele, assicura testualmente che «meditava
profondamente sulla felicità del popolo comunicando con il suo cuore».
E quando Ramesse II rimprovera ai suoi ufficiali di essere stato male
assistito nel corso di una battaglia, dice loro: «Non vi porto più nel mio
cuore»; poi, rivolgendosi verso suo padre che è in cielo, il Dio Ammone,
osa parlargli così: «Che fai tu dunque, padre Aminone? Non è compito
di un padre vegliare sul proprio figlio [...]. E cosa sono per il tuo Cuore
questi asiatici?»6.
E dunque proprio del Cuore di Dio, del Dio Ammone, che si tratta, ma
soltanto, e ciò è molto chiaro, del Cuore metaforico di Dio in quanto
centro degli affetti divini; forse che alcuni dei nostri testi di liturgia
cattolica non lo supplicano con accenti talvolta simili?
Oh! Il cuore umano, quanto lo ha amato l'Egitto idealista! Si legga la
favola poetica di Bitau, anch'esso sacrificatosi, ma il cui cuore non vuole
morire e si trasforma ogni volta che un nuovo colpo, di per se stesso
mollale, lo colpisce; fino a quando Anubi rianima Bitau ritrovando il suo
cuore errante e mettendolo nell'acqua. E Bitau ritorna in vita con il suo
cuore.
Ma è soprattutto nel giudizio delle anime, nella dipartita dalla vita
terrena, che il cuore appare come il riassunto completo dell’uomo.
Questa pesatura degli atti delittuosi di ogni umana esistenza è espressa
dalle scene scolpite sui monumenti dell’antico Egitto, tutto sommato
abbastanza simili a quelle che ci mostrano sulle nostre chiese romaniche
e gotiche il giudizio particolare delle azioni della nostra vita, con san
Michele che pesa delle anime minuscole in presenza dell’angelo custode
che ci protegge e di Satana nostro accusatore.
Fig. 2. La Verità e il Cuore sulla bilancia del giudizio. Particolare dai dipinti della tomba di una
sacerdotessa di Ammone (tratto da C.P. Virey, Religion de l'Ancienne Egypte, p. 157).
Quarantatré capi d’accusa sono così rigettati dal Faraone che conclude
gridando:
Sono puro, sono puro, sono puro!
13
Cfr. A. Moret, Rois...,op. cit., p. 26.
J
Plutarco, Iside e Osiride, c. 68. La persea degli egizi doveva essere una delle trenta varietà di
«mango» i cui frutti sono effettivamente cordi formi e le sue foglie lanceolate.
* Ibid., c. 79.
mini la legge salutare, la voce del vero Dio di luce che lotta contro la
voce nemica che anch essa li chiama13.
Canti anche molto antichi, composti dai rapsodi e dagli aedi della
Grecia molto tempo prima della venuta del Signore, glorificavano il
combattimento di Apollo, figlio del Dio supremo, contro il rettile ne-
mico; come, per esempio, il seguente inno, scoperto sui marmi del
tempio di Delfi nel 1894, che comincia così: «Dio la cui lira è doro,
Figlio del grande Zeus, sulla cima dei monti innevati, tu che diffondi sui
mortali gli immortali oracoli, dirò come conquisti il treppiede profetico
custodito dal Drago, quando al tuo cospetto se ne fugge il mostro
orrendo dalle tortuose spire».
La lira dell'Apollo, musico e dio, e la lira di Orfeo, poeta divinizzato,
tutti e due emblemi del Verbo sovrumano, hanno trovato una ac-
coglienza delle più favorevoli presso gli antichi simbolisti cristiani.
Se alcuni aspetti della rappresentazione di Apollo, dio pagano della
luce, del candore, dell’armonia, dell’eloquenza e della bellezza, ap-
parvero loro come elementi accettabili per analogie emblematiche con la
realtà di Cristo, ancor più il mito di Orfeo si prestò ad accostamenti che
stimarono felici.
Vediamo ciò che la leggenda racconta di Orfeo: alcuni lo dicono fi-
glio di Apollo e di Clio, altri del re Eneagro di Tracia e di Calliope, ma
in realtà si pensa di una sacerdotessa di Apollo; Orfeo fin dalla più te-
nera età avrebbe appreso dal celebre Lino come unire agli accordi della
lira la sua voce, che era di ineguagliabile bellezza.
Ben presto, esercitando sempre la sua genialità, raggiunse il supremo
potere dell’arte, tant’è che a volte gli esseri meno docili e più temuti,
come pure la materia inerte, gli erano sottomessi; alle ineffabili armonie
che si involavano dalla sua lira e dalle sue labbra gli uccelli venivano
per unirsi ai suoi concerti; le belve più feroci diventavano raccolte e
docili e si accucciavano ai suoi piedi per ascoltarlo; gli alberi spogli si
ricoprivano di fogliame e le gemme sbocciavano fremendo, quando egli
cantava; i venti, le grandini e le folgori degli uragani si placavano, e le
navi incagliate nelle sabbie dei fondali andavano a gonfie vele quando la
voce incantatrice di Orfeo spiccava il volo dal suo cuore e planava sopra
le cose:
«Orfeo, dopo avere seguito gli Argonauti alla conquista del Vello
d’oro, tornò in Tracia, la sua patria; ecco che un giorno, ah giorno fu-
nesto! Le donne di Tracia, furiose per l’indifferenza che il poeta fedele
alla memoria di Euridice mostrava loro, lo misero a morte e gettarono
nelTEbro le sue straziate spoglie.
13 Questo accostamento si potrebbe fare anche con ciò che i mitologi egizi raccontano di
Ermete il quale, dopo avere tolto al genio malvagio Tifone i suoi nervi, ne fece delle corde perla sua
lira. Cfr. ibid.. c. 55.
14 Per i greci Zeus, Core ed Era erano gli equivalenti di Giove, Proseipina e Giunone dei
Romani.
15Atena, cioè Minerva, dea della sapienza.
le leggende relative al sublime artista della Tracia che con la sua voce
affascinava gli animali selvaggi e si faceva seguire da loro, videro la
provvidenziale immagine del Cristo benedetto che chiama gli uomini di
tutte le razze alla fede nuova; e con tutta probabilità nei riti orfici di
purificazione videro il barlume anticipato della spiritualità cristiana, nata
più tardi dalle parole insegnate da Gesù.
Per di più, Heussner dice che, per una certa parte della società pagana,
«Orfeo rappresentava l’idea dell’immortalità e per questo fu accettato
dai primi cristiani in qualità di antico testimone delle loro speranze»8.
Questa interpretazione può essere considerata come una variante di
quella di Schultze che vede nell’Orfeo delle catacombe «un profeta
pagano del Cristianesimo»9, opinione che dom Leclercq appoggia con
tutta la sua autorità,0.
Infatti, nelle sante catacombe di Roma, l’immagine di Orfeo con la
sua lira e il suo corteo di animali sta accanto a quella del fondatore della
nostra religione nell’impressionante scenario delle stanze sotterranee in
cui furono seppelliti i nostri grandi martiri. Questo si vede nella
catacomba di Domitilla, in quella di san Callisto e in altre.
È possibile che in alcune di queste pitture venerabili Orfeo fosse
raffigurato, secondo Schultze, solo a titolo di profeta pagano del cri-
stianesimo, ma resta comunque il fatto che talvolta fu lui stesso una
immagine del Signore Gesù Cristo, del Verbo divino, dipinto sotto le sue
sembianze.
Ecco quella che forse è una delle testimonianze più curiose: poco
prima del 1900, gli operatori di alcuni scavi effettuati nell'antico borgo
gallico di Loudun (Vienne), per il consolidamento di un muro, trovarono
in mezzo a carboni, cenere, e a cocci di ceramica, una pietra calcarea
scolpita a coltello che essi, poche ore dopo, portarono al dotto
archeologo loudunese Joseph Moreau de La Ronde. Questi si recò sul
luogo del ritrovamento e riconobbe, per averne studiato prece-
dentemente un buon numero sullo stesso terreno, che la pietra scolpita
proveniva dal sito di una sepoltura cineraria, ciò che permette di datarla
della fine del secolo III d.C. o dell’inizio del IV. Era l’epoca in cui a un
centinaio di metri dal punto in cui fu trovata, secondo una tradizione
locale, furono decapitati i santi Chiaro e Lucano, vittime della
persecuzione di Massimiano (296-305).
Da un lato la pietra porta la cifra di Iesus-Xristus, una i sopra una
Fig. 1.
" Devo il possesso di questo interessante documento all’estrema gentilezza di André Moreau
de la Ronde, figlio dell'archeologo, che ha voluto offrirmelo in considerazione degli studi che
conduco.
La presenza a Loudun di questa icona di Cristo-Orfeo può spiegarsi
così: immediatamente sopra al suolo che l’ha ridata, si trovava l’antica
fortezza romana di Lugdunum, le cui mura e torri, in certi punti, hanno
ancora adesso un’altezza di due o tre metri. Questa cinta, che com-
prendeva cinque ettari di terreno, con pretorio ed edifici su ipocausti,
doveva alloggiare, con una guarnigione in pianta stabile, le legioni in
marcia; è dunque del tutto verosimile che fra i legionari di passaggio o
stabili si trovasse qualche legionario istruito giunto da Roma e che uno
di essi morì durante quel soggiorno. La sua incinerazione sarebbe stata,
per l’occorrenza, comandata d’ufficio, ma la pietra di Orfeo, deposta con
tutta probabilità assieme alle sue ceneri dalla mano di un correligionario,
ci è testimonianza della sua fede divenuta la nostra fede.
Fig. 2.
Conosco soltanto un’altra raffigurazione del Cristo-Orfeo dei tempi
lontani, trovata sul suolo di Francia: è scolpita su un sarcofago cristiano
scoperto a Cacarens (Gers). Rappresenta Orfeo che suona la lira in
mezzo al gregge fedele. Studiando questo sarcofago all’Accade- mia
Fig. 3. Orfeo nell’atteggiamento di Mithra (la lira spezzata), su un antico sarcofago cristiano del
Museo del Vaticano.
12
Cfr. Barbier de Montault, Traité d'iconographie chrétienne, 1890, t. 1, p. 307, tavola XVII.
m xoan
Fig. 5. Tegola piatta che riporta la Lira mistica. Abbazia di Pin-en-Béruges, 1648.
Museo degli Antiquari dell’Ovest, Poitiers.
Fig. 6. La Lira mistica, scultura su legno dell’ex monastero delle Calvariane di Loudun, secolo
XVH-XVIII.
planetarie una lira celeste che dia le sette note della gamma nella pro-
Figg. 4-5-6. Cuori rappresentati su vasellame di epoca romana rinvenuto nella regione di Cartagine
(Tunisia).
conoscono in queste foglie dei pampini di vigna stilizzati (fig. 4). Una
lampada decorata con simili motivi è venuta alla luce con gli scavi di
Timgad19.
Un secondo tipo (fig. 5) porta all’interno di un cuore non la croce,
bensì il monogramma primitivo del Salvatore: una i posta su una x,
iniziali di «Iesus Xristus».
Infine, una terza variante è ornata con il monogramma costantiniano
di Cristo, la chi greca e la ró congiunte, prime lettere del nome sacro
XPICTOC, Xristos. Al di sopra, due grappoli stilizzati (fig. 6).
In tutta questa ornamentazione tre cose sono incontestabili: anzitutto,
si tratta proprio di cuori e non di motivi scudiformi qualsiasi. Dom
Leclercq ne parla così: «È possibile chiedersi se questi cuori non fossero
semplici motivi ornamentali, per esempio delle foglie. Diciamo con
padre Delattre che non lo crediamo»20. Secondariamente, questi cuori
rinchiudono nei loro contorni croci o monogrammi sicuramente del
Salvatore. Infine, pampini e grappoli sono simboli eucaristici
incontestabili.
Rimane la questione principale: questi cuori rappresentano quello di
Gesù o sono immagini del cuore cristiano ricolmo di amore per Cristo e
segnato con il suo sigillo, il cuore del cristiano dove Cristo dimora per
mezzo della sua grazia, in cui è presente per mezzo dell’eucaristia? E ciò
porta a chiedersi se non siano espressione di quello che viene chiamato
«habitat spirituale», l’habitat mistico di Cristo nel cuore del cristiano21.
Padre Delattre fu oltremodo preso da tale questione, del resto, fino a
quando non gli fu dato di scoprire, sempre a Cartagine, un frammento in
terracotta proveniente dal centro di una lampada cristiana (fig. 7).
Ebbene, questo coccio porta un cuore nel cui campo è inscritta una croce
sormontata da due pampini simbolici. E questo documento chiarisce
felicemente la questione; infatti lo stesso padre De- lattre, dopo Tesarne
19 Cfr. Albert Ballo, Les ruines de Timgad, Parigi. 1911. p. 165.
20 Dom H. Leclercq, op. cit., fase. 84, col. 1091.
21 I simboli di questo habitat sui documenti artistici sono stati numerosi in tutti i tempi.
Fig. 7. Frammento di una lampada cristiana di Cartagine (secolo V), che portava un cuore al centro.
Museo Lavigerie di Cartagine.
22 Cfr. dom H. Leclercq, op. cit., fase. 84, coll. 1209-1210, fig. 1, figg. 6-7 e fig. 8.
Materiale protetto da
GLI ESORDI DELL'ICONOGRAFIA DEL CUORE fi) 43
questo silenzio24.
È lecito anche accostare questi cuori - e soprattutto quello centrale del
frammento della lampada di Cartagine - alle testimonianze dell’onore
particolare accordate al segno della ferita del costato di Gesù nelle
rappresentazioni prime del grande simbolo delle Cinque Piaghe, al
Signaculum Domini, nella stessa epoca in cui i vasai di Cartagine
modellavano le loro lampade (secolo IV o V).
Dom Leclercq ha ampiamente ragione: i testi sono molti, ma non
bastano. Il nostro augurio va ai ricercatori di Cartagine, nella speranza
che il suolo privilegiato che stanno esaminando consegni loro altre
preziose rivelazioni.
1
Cfr. Novissimum organon, luglio-settembre 1898.
Fig. 2. 1 soldati acclamano al Salvatore sul Calvario. Miniatura del secolo XI-XII. Da Revue de
l'Art Chrétien, 1879, p. 300.
Fig. 3. L’imbalsamatura della ferita del costato di Gesù sul piviale di san Luigi d’Anjou. Da Revue
de l’Art Chrétien, 1879, p. 308.
Fig. 4. L’adorazione del portatore di lancia davanti alla ferita che ha appena inflitto al costato di
Gesù. Da Revue de l’Art Chrétien, 1879, p. 305.
sta scena fosse una persona pratica delle università o delle maggiori
scuole episcopali del suo tempo.
33 Cfr. «Le Sacré-Cteur du Donjon de Chinon», Regnabit, n. 8, gennaio 1922; e «Le Sacré-
Coeur du Donjon de Chinon», Regnabit, n. 10, marzo 1922 [trad. it. in Le Pietre misteriose del
Cristo, op. cit., cap. VI].
34 Cfr. L. Charbonneau-Lassay, Le Cceur rayonnant du Donjon de Chinon, Paray-le-
Monial e Cannes, 1922, p. 43 [trad. it. in Le Pietre misteriose del Cristo, op. cit., cap. VIJ.
’ Vulg. de Payens.
croce contro la quale la lancia è ancora puntata laddove la sua lama colpì
il fianco divino, e sulla croce stessa le cinque ferite di Cristo sono
evocate dai chiodi e da un marchio che concerne la piaga laterale del
corpo divino. Sotto questo insieme evocatore del supplizio redentore,
una mano ferma ha inciso il seguente grido di pentimento angosciato: IE
REQUIER A DIEU PDON, Chiedo a Dio perdono.
I caratteri di queste parole sono della più pura epigrafia in uso al-
l’epoca della dissoluzione dell'Ordine del Tempio.
Sulla seconda pietra vi è una lancia isolata vicino a due personaggi
incappucciati che portano lo stesso mantello della figura incisa sulla
prima pietra. Fra di essi, una mano tesa simile al talismano arabo detto
«Mano di Fathma».
La terza pietra presenta un quadrato araldico inquartato, sui contorni
del quale si trova la stessa raffigurazione dello scudo del personaggio
della prima pietra. Al di sopra, un quadrato isolato porta lo stesso
soggetto. Questa figura si ritrova del resto in molte antiche
Commanderie del Tempio, senza che si sappia esattamente cosa si-
gnificassero (fig. 3)35.
La quarta pietra è più interessante. Vi si vede in effetti un personag-
gio di aspetto monastico il cui viso, già molto ingenuamente ottenuto
dall’incisore male attrezzato, è stato purtroppo mutilato. Questo monaco,
questo santo incoronato da un nimbo molto più accentuato di quello
della prima pietra, porta il suo cappuccio gettato all’indietro. All’interno
del nimbo che lo aureola, una profondità evidente mette
35 L'ho riscontrato in due Commanderie del Poitou; cfr. il mio Le Cceur rayonnant...,op. cit.,
p. 116.
lui, nel 1902, sul Veu de Montserraf, ne estraggo integralmente ciò che
segue:
La più interessante delle due ostie è quella di destra. In due cerchi concentrici che
incorniciano l'insieme del soggetto, una quattrofoglie porta negli angoli rientranti
delle punte contenenti degli anellini a malapena visibili. All’interno della
quattrofoglie si vede un cuore sul quale si erge una croce e ai lati del cuore vi sono
altre due croci simili; il tutto è posto sopra una linea orizzontale (formante terrazzo),
sotto la quale si vedono le lettere x p s (fig. 4).
In questo cuore e nelle sue tre croci dobbiamo vedere una allusione formale al
sacrificio del Calvario e si vede chiaramente designato il soggetto ai quale si
riferisce la sigla x p s, è il nome di Cristo.
Stabilito questo, nel cuore, principale oggetto della composizione, dobbiamo
riconoscere implicitamente una raffigurazione del Cuore aperto sul Golgoti! che
versa le sue ultime gocce di sangue. È certamente una manifestazione, una
rappresentazione del Sacro Cuore di Gesù.
L’altra grande ostia dirige unicamente il pensiero al sacrificio del Calvario. In
una quattrofoglie simile all’altra ostia, sono incisi il crocifisso e le lettere IHES, che
significano il nome di Gesù [...].
Alcuni dettagli di grande importanza permettono di dire che qui si tratta proprio
di un esemplare di stampo per ostie che risale al XIV secolo [de pieno siglo
XIV], il carattere delle lettere nelle quali sopravvisse una tradizione decisamente
romanica [wna tradicion altamente romanica], le estremità di molti tratti che
finiscono con linee curve a forma di àncora, come nei gigli di Francia primitivi,
infine la disposizione del Crocifisso, il cui corpo è pendente, le braccia inclinate e le
gambe flesse; tutto concorda con le nostre supposizioni sulla datazione.
36 Cfr. Eginhard, Vie de l'empereur Charleniagne, Champion, Parigi, 1923, p. 69, (rad.
Louis Halphen.
37 Cfr. H.B. Prost, Inventaires niobi liers des Dticsde Bourgogne, indice.
38 Cfr. L'Intermédiaire des Chercheurs, 10-30 agosto 1923, col. 649.
Iakes
Sotto questa data del 9 giugno 1391 pende lo scel Musekin4 5
(«sigillo») a un solo nastro del mercante di pellicce, di
cui fornisco qui la riproduzione dai disegni ricevuti dal
Vicario generale di Marigny e dal dottor Jourdin: in mezzo al sigillo e in
basso si trova un cuore dal quale, fra due stelle, sale il fusto di una croce
che termina la sigla a otto raggi di Cristo, in cui si può notare una
seconda croce caricata della iniziale X di Xhrist; intorno, anticamente si
leggeva il nome di Jacques Musekin, oggi scomparso dalla cera.
Per lo studioso dottor Jourdin5, come per tutti quelli che, come lui, sono
specialisti di marchi simbolici della fine del Medio Evo, il cuore del
sigillo di Jacques Musekin è l’immagine indubbia del Cuore di Gesù
Cristo. La doppia croce caricata della lettera X lo indica sufficien-
temente.
Qualcuno forse dirà che questa potrebbe essere solo una di quelle
mente utilizzati dalla fine del Medio Evo al secolo XVI... Ebbene, capita
che il mio sapiente corrispondente di Chàlons-sur-Mame, il dottor
Jourduin - che mi indicò il cuore in questione come quello divino -, è
uno degli studiosi francesi che più si sono occupati dei suddetti marchi
Vi sono documenti che non fanno che passare come stelle cadenti nel
cielo; un gioco del caso li fa affiorare o uscire dall'ombra, nella quale
l’indifferenza degli ignoranti li teneva sepolti; poi, a volte anche molto
rapidamente, cause altrettanto fortuite li fanno sprofondare nuovamente
sotto la coltre dell'oblio, quand'anche non li fanno sprofondare per
sempre nell’abisso della distruzione.
Da ciò la grande utilità di fissarne le immagini affinché il loro ricordo,
e soprattutto ciò che in essi palpitava ancora delle anime di un tempo,
possa almeno sopravvivere per un po’ alla loro distruzione.
Spesso, il grande e magnifico cantore sacro che fu anticamente il
popolo di Francia ha plasmato queste povere testimonianze della sua
pietà, come anche, diciamolo, di tutti i suoi amori, con tanta fede, tanta
sottomissione e tanta speranza al punto che esse vibrano come lire per
coloro che sanno interrogarle e comprenderle.
Vi sono documenti che non fanno che passare come stelle cadenti... E
temo proprio che sarà il triste destino di quelli di cui voglio fissare
adesso la memoria nello scrigno devoto di Regnabit.
Nel 1903, uno dei principali impiegati della tintoria di Saint- Laurent,
durante i lavori di sbancamento praticati in tale località, vicino alla
chiesa incompiuta, raccolse un piccolo stampo in pietra spezzato dal
piccone e che era stato fatto per colarvi contemporaneamente due
pendenti.
La forma di uno di questi oggetti era stata schiacciata, l’altra dava una
sorta di medaglia traforata, composta da una fascia a pentagono
irregolare e decorata al centro con un cuore fatto anch’esso di una fascia
piatta i cui bracci si ripiegano all'interno, a forma di croce.
1
Cfr. La Revue du Bas-Poitou, 1904, fase. II.
41 Cfr. Barbier de Montault, «Iconographie d’un moule à usage de confrérie», Revue de l’Art
Chrétien, t. IV, 1886.
Gli ultimi tre secoli del Medio Evo sono stati davvero un mondo in-
solito ed estremamente espressivo. Mai come in quel periodo l’umanità
si sentì vibrare l’anima nelle mani, sotto il grande respiro della Fede.
Ecco perché gli artisti di allora, pur essendo così personali nelle loro
concezioni, non di meno non violarono mai la disciplina artistica, ampia
e precisa al tempo stesso, che impose delle forme generali a ciascuno dei
tre mirabili secoli citati.
Gli artisti di Francia, spogliati di tutte le vecchie influenze dei defunti
paganesimi, creatori di un’arte fra le più belle, le più ariose che furono
mai fatte, detenevano all’epoca il primato nel mondo; e poiché erano
sinceri e profondi conoscitori d’anime, essi seppero creare in modo
eccellente tratti commoventi.
Intrisi di spirito cristiano, spesso anche di vera scienza spirituale, essi
prostrarono i loro migliori talenti soprattutto davanti a due grandi dogmi
della fede cristiana: al mistero dell’eucaristia, al quale innalzarono
incomparabili chiese, e a quello della Redenzione, con cui le popolarono
di meraviglie artistiche che restano fra le più eloquenti e più commoventi
del genio umano.
Le arti dal secolo XI al XII avevano mostrato sulla croce soltanto il
Dio trionfante per mezzo di essa; il XIII vi mise «l’Uomo del dolore» e
glorificò gli strumenti del supplizio; il XIV concepì un Cristo contratto,
contorto nella sofferenza e lo incoronò di spine; il XV lo mostrò invece
pendente miseramente dalla Croce, esangue e diritto, quasi un fantasma.
Erede dell’entusiastica adorazione delle generazioni precedenti verso
il sangue del Salvatore, per quel prezzo purpureo pagato alla giustizia in
nome dell’umanità, così riscattata, il secolo XV riuscì a far scaturire
dalla fede creazioni di una intensità stupefacente.
Fu così che, in onore di quel sacro sangue e per dimostrarne l’efficace
virtù di purificazione e di redenzione, inventò quelle impressio
Fig. 1. Il Cristo assiso di Venizy (Yonne), fine del secolo XV. Altezza dalla punta dello scudo alla
sommità della statua: 1,25 m; altezza dello scudo da solo: 10,5 cm.
la sorgente naturale e primaria che fornì alle ferite del supplizio il sangue
sparso prima che «tutto fosse compiuto».
Ora, è dall'illustre maestro Emile Male che mi appresto a trarre le
parole di chiusura. Nel suo ultimo lavoro, parlando di alcune fra le opere
più commoventi ispirate dalla pietà agli artisti del secolo XV, egli
individua con estrema precisione che «quello che hanno voluto
glorificare, altro non è se non la sofferenza di un Dio che muore per noi.
La sofferenza ha infatti significato soltanto quando è accettata con
amore, quando si trasfigura in amore: nel secolo XV come nel XIII,
'‘amare" resta il supremo insegnamento dell’arte cristiana» ’.
’ Ap 19, 13.
4
Cfr. Sant’Agostino, Commentario sui Salmi, LV.
5
Cfr. Nm XIII, 23.
finalmente il tempo della vendemmia; gli apostoli raccolgono l’uva e la mettono nel
tino. Ma non si vedono grappoli nel torchio, bensì lo stesso Cristo; non è il succo
della vigna che cola nel tino, è il sangue di un Dio. Questo sangue sarà d'ora in
avanti la bevanda degli uomini. Un barile trainato da una muta dantesca, il leone di
san Marco, il bue di san Luca e l’aquila di san Giovanni, condotta dall’angelo di san
Matteo, porta il liquido divino per il mondo. È nata la Chiesa, d’ora in avanti essa
sarà la custode di questo sangue. I quattro Padri della Chiesa lo ritirano nei barili;
poco oltre, un Papa e un cardinale, con l’aiuto di corde, fanno scendere le botti in
cantina; un imperatore e un re trasformatisi in facchini, li assistono. Questo sangue,
che la Chiesa conserva nelle sue cantine, lo distribuisce ai fedeli; e, infatti, in
secondo piano si scorgono dei peccatori che si confessano e che, una volta assolti, si
comunicano44.
ne, che rappresentano anch essi il cuore nella stretta del torchio. Sono
dello stesso periodo tutti i documenti che abbiamo citato.
Uno dei due è al Museo del Louvre a Parigi, nella Galleria di Apol-
lon. È in oro e lo rappresento qui. Tre piccoli globuli che somigliano a
sonagli pendono sotto il torchio, come si vede sotto numerosi ciondoli
religiosi o profani della stessa epoca (per esempio, i piccoli ciondoli d
oro e pietre preziose che rappresentano Cristo in Croce, il Centurione
armato, il Pellicano e la sua nidiata, della collezione Dutuit che oggi è in
possesso della Città di Parigi, fig. 3).
Un altro torchio in argento dello stesso genere, ma senza globuli, fu
rinvenuto nel 1898 durante i lavori di sterramento che fece fare nel suo
castello di La Boulaye, a Treize-Vents (Deux-Sèvres), la marchesa di
Cintré. Ho commesso l’errore, all’epoca in cui lo ebbi fra le mani, di non
prenderne il disegno. Per la verità, allora non sapevo cosa significasse
esattamente.
Fig. 3. Piccolo Torchio mistico in oro. Museo del Louvre, Galleria di Apollon, n. 437,
secolo XVI.
Al castello di Granges-Cathus, a Saint-Hilaire de Talmont (Vandea),
Fig. 4. Il Torchio simbolico sul medaglione di pietra del Castello dei Granges-Cathus, Saint-Hilaire
de Talmont (Vandea), secolo XVI.
Antoine Vérard
' Per non gravare queste pagine di troppi rimandi, segnalo insieme i seguenti studi, dai quali ho
attinto con grande profitto: Lacroix, Foumier e Séré, Histoire de l’Itnprimerie-, Bou- chot, Le
Livre; Grimouard de Saint-Laurent, Les Images du Sacré-Cceur au point de vue de l’Histoire et de
l'art; Sylvestre, Marques typographiques', Claudin, Histoire de l'Imp rimerie en France.
48 Qual è l’esatta portata di questa preghiera pubblica di Vérard? Egli non chiede al Cuore del
Redentore di fare grazia e perdono a tutti i peccatori, ma di concedere grazia e perdono di tutti i
peccatori. E chi dunque può essere perdonato nell’insieme «di tutti i peccatori» se non il genere
umano? La mistica della sua epoca permetteva troppo bene al pensiero di Vérard questa ampiezza
perché si possa rifiutare di riconoscerla nella sua preghiera mentre lo pretende la lettera del suo
testo. Leone XIII, scrivendo la Consacrazione del genere umano al Cuore di Gesù, e Pierre Vérard,
redigendo il testo del suo marchio, hanno obbedito alla medesima ispirazione.
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86 SIMBOLI DEL CUORE DI CRISTO
Fig. 2.
Pierre Le Caron
Oltre a quello che produceva nella sua bottega, Vérard, per alimentare
la sua rinomata libreria, ricorreva anche alle officine di qualche altro
buono stampatore. È così che utilizzò i mezzi di Pierre Le Caron.
I libri usciti dalle stamperie di Le Caron si distinguono perché questi
adottò uno dei marchi di Vérard, il primo che fece incidere - ed è questo
forse che diede adito all esecuzione dell altro - ma, per poterlo utilizzare
a nome suo, fu praticato nel basso del cliché di legno un intaglio a
mortasa che non avrebbe potuto avere altro scopo se non quello di
permettere l'inserzione, a livello di un pezzetto di legno inci
Fig- 3-
Pierre Levet
Fig. 4.
come marchio commerciale un grande scudo caricato di una croce sulla
quale si vede, invece dell’immagine di Gesù Cristo crocifisso, quella del
suo Cuore trafitto dalla lancia, ferito da chiodi e circondato dalla corona
di spine.
Ai lati dello scudo, due angeli sostengono uno la colonna della fla-
gellazione e l’altro la spugna.
Ho già dato il marchio di Levet in Regnabit-, però, sull’argomento che
ci interessa, è un documento troppo espressivo perché non sia opportuno
esporlo anche in queste righe.
Questa rappresentazione del Cuore di Gesù, che riunisce in sé tutte le
sofferenze della Passione, è talmente parlante che dispensa da ogni
commento.
Nicole de La Barre
Torneremo sull'origine storica e mistica delle anni araldiche reali del Portogallo.
Fig. 6.
Fig. 7.
Antoine de La Barre
49 Cfr. il mio «La Blessure du Coté de Jésus», Regnabit, n. 6. novembre 1923 [trad it. in II
giardino del Cristo ferito, op. cit., cap. XVII; cfr. pure «I documenti di Vendòme e Tavemy», nel
presente volume].
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FRANCESI 93
no i resti macabri dei La Barre (bara), come anche le seguenti parole, che si riferiscono allo scudo stesso: ARMA NOSTRE
SALUTIS, armi araldiche della nostra salvezza.
Fig. 8-
Jehan Longis
Jehan Longis, libraio di Parigi dal 1528 al 1560, ebbe due marchi: uno
non ci interessa; rappresenta due pastorelle che reggono uno scudo
caricato di un cuore trafitto da una freccia, su un seminato di lacrime.
Sull'altro, Longis, giocando sulla similitudine del suo nome con
quello di Longino, che secondo la tradizione sarebbe stato quel soldato
che trafisse il Cuore del Salvatore crocifisso, elesse a soggetto del suo
marchio una mano armata di lancia che trafigge un cuore, sul quale
ricadono dei raggi provenienti dal cielo. Qui non vi è dubbio alcuno, si
può trattare soltanto del Cuore di Gesù.
Accanto a Lui, si legge la divisa Nihil in charitate violentiti.
Pierre Jacobi
Anche questo stampatore, che esercitò a Saint-Nicolas-du-Port e a
Toul dal 1503 al 1521, ha usato due marchi sui quali, con o senza scudo,
appare una croce in cui sono fissati i tre chiodi della crocifissione
Fig. 9.
otetto da eoe
96 SIMBOLI DEL CUORE DI CRISTO
Fig. 10.
Jean Corbon
Fig. li.
Matthieu Vivian
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98 SIMBOLI DEL CUORE DI CRISTO
Fig. 12.
andava per la maggiore alla fine del secolo XVI e durante il XVII. Esso
rappresenta Gesù bambino o adolescente seduto in un cuore; l'idea
primaria va ricercata in quelle immagini popolari del secolo XV che
rappresentavano il Cuore sacro in mezzo al quale Gesù bambino è
circondato dagli Strumenti della Passione.
Solitamente, nelle immagini di cui ci stiamo occupando, Gesù sembra
dormire; è la traduzione evidente della frase della Sacra Scrittura, dal
Cantico dei Cantici: «Ego dormio et cor meum vigilat», dormo, e il mio
cuore veglia. È così che lo abbiamo mostrato su uno stampo per ostie
spagnolo, del Museo di Vich50; è così che il libraio parigino S. Huré lo
rappresentò anche nella seconda metà del secolo XVII.
Altre volte, Gesù è sveglio e sembra essere l’immagine della sua
presenza nel cuore del fedele che lo ama; allora il cuore che gli fa da
50 Cfr. «Stampo per ostie di Vich», nel capitolo «Documenti spagnoli del XVII secolo», nel
presente volume.
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FRANCESI 99
Fig. 13.
Fig. 14.
trovavo per desiderio questo ospite benedetto in tale luogo, sia in voi che
in me»8.
Anche san Francesco di Sales volle che il suo stampatore Pierre Ri-
gaud di Lione ponesse sotto il titolo del suo Traité de VAmour de Dieu
(almeno per le edizioni del 1617 e del 1620 che ho sottomano) l'im-
magine che aveva descritto a santa Chantal.
La presenza del cuore raggiante, che porta Gesù radioso sullo stampo
di Vich come sul marchio di Compagnon e di Taillandier da una parte, e
la spiegazione data da san Francesco di Sales del cuore circondato da
fiamme come lo raffigura Rigaud dall'altra, mi sembrano assolutamente
approvare la differenziazione che esponevo poc’anzi.
" Cfr. Grimouard de Saint-Laurent, Revue de l’Art Chrétien, luglio-settembre 1879, p. 162.
fatto, non senza interesse, per quelli della stessa epoca negli altri paesi
d’Europa; di questi, alcuni hanno avuto marchi molto eloquenti, come
per esempio Santi Franchi, libraio di Firenze del secolo XVII, che ci
mostra il Cuore di Gesù ferito e sanguinante circondato dalla corona di
spine mentre sostiene i tre chiodi del supplizio redentore.
Fig. 15.
Documenti certosini
1
Cfr. «Le Marbré astronomique de la Chartreuse de Saint-Denis d’Orques», Regnabit, n. 9,
febbraio 1924 [trad. it. in 11 giardino del Cristo ferito, op. cit., cap. XVIII].
Fig. 2. Il monogramma di Cristo sulla chiave di volta della prima cappella della Gran-Chartreuse,
1375.
Questo crisma con la lancia fu scolpito alla Certosa tre anni prima
della morte di Ludolphe de Saxe (1378), che fu uno dei primi a fare
conoscere con i suoi scritti la pietà certosina nei riguardi del Cuore del
Salvatore. Per lui, la ferita laterale di Gesù è il colpo fino al Cuore come
più tardi per un altro certosino, Lansperge, la ferita della lancia «è la
porta che introduce nel Cuore», «Per illud vulnus, quasi per ostium in
Cor introeatis».
Questo monogramma così suggestivo del crisma con la lancia fu
riprodotto anche cento anni dopo e varie volte nell’ornamentazione del
chiostro della Gran-Chartreuse di cui abbiamo parlato, riconosciuto nel
1474 dopo un incendio. Come nel vecchio modello, la lan-
eia conserva la posizione obliqua che aveva quando colpì il sacro co-
stato.
Deve essere della fine del secolo XV anche l’incisione su legno che
ho riprodotto con lo stesso procedimento per l’interessantissimo articolo
del reverendo padre Anizan, «A Paray, devant une vieille pier- re» 3. Vi
si vede, tenuto da due angeli, il Cuore di Gesù che il Padreterno colpisce
con una freccia; sotto il Cuore ferito un certosino è ingiratore o
dell’esecutore dell’incisione, oppure simboleggia tutto l’Ordi- ne in
preghiera?
In quell’epoca, il renano Lansperge vestiva l’abito dei monaci di san
Bruno. Prima di morire nel 1539, nella Certosa di Colonia, con i suoi
libri di una mistica assai dolce, si era fatto l’apostolo della pietà verso la
ferita del costato e del Cuore di Gesù, oltre che il propagatore delle
immagini del Cuore vulnerato; egli faceva veramente da eco alla sua
famiglia monastica scrivendo: «Mettete dove passate spesso delle
immagini del divino Cuore o delle Cinque Piaghe, così vi ricorderanno
spesso di elevare fino a Dio le vostre affezioni».
Fu per seguire questo consiglio e per facilitarne l’esecuzione che nel
1535, quattro anni prima della morte di Lansperge, i certosini di Colonia
fecero incidere su legno l’immagine che Peter Quentel riprodusse nel
15954?
Su questo legno, come sulla pietra del blasone della Gran- Chartreuse,
il Cuore trafitto dalla lancia è posto sul fusto della Croce, ma circondato
da due glorie, la più esteriore delle quali è cruciforme. I chiodi sono nel
posto usuale sul legno sacro e, vicino a essi, le mani e i piedi feriti sono
circondati ciascuno da una aureola di raggi gloriosi.
Sul punto centrale della croce è attaccata la corona di spine e ai lati si
ergono la colonna della flagellazione e l’amara spugna.
È proprio questa l’immagine del «Cuore Divino e delle Cinque Pia-
ghe» desiderata e consigliata da Lansperge; ed è anche la ripetizione del
tema glorificato nel 1474 sull’archivolto del chiostro della Gran-
Chartreuse francese. DaH’insieme di questi documenti che abbiamo
studiato, in questo articolo e in quello che lo ha preceduto, viene fuori
che se, verso la fine del Medio Evo e nel secolo successivo, i certosini
renani, specialmente di Colonia, sono stati fra i più ardenti propagatori
delle immagini del Cuore di Gesù, per quelli di Francia nel Del-
Cfr. padre Anizan, «A Paray, devant une vieille piene», Regnabit, dicembre 1921, p. 43.
4
Cfr. Regnabit, luglio 1922.
Questi angeli, del resto, sono tutto ciò che cristianizza - e quanto poco
- la parte cronometrica della meridiana che a tale riguardo è ben lontana
da tante altre, come per esempio quella dell’antica collezione poitevina
del marchese di La Sayette, il cui Cristo-Sole occupa
52 Ap7, I.
Fig. 5. L’antica meridiana del castello di Marigny-Brizay (Vienne). Museo degli Antiquari
dell’ovest, Poitiers.
il centro e i dodici Apostoli i punti delle ore53. Ai lati del registro delle
ore, sulla meridiana di Marigny, due stelle ricordano che il tempo regola
anche le congiunzioni astrali e simboleggiano lo spazio.
2) La zona relativa al primo possessore della meridiana di Marigny è
molto semplice. Essa comprende soltanto il suo blasone e i due me-
daglioni devozionali, soltanto che, mentre l’ornamentazione della parte
cronometrica spetta allo specialista in gnomonica incaricato di eseguire
sull'ardesia la meridiana, quella della parte inferiore è evidentemente
dovuta ai sentimenti propri della persona che l'ha chiesta per la sua
dimora di famiglia.
Al centro si trova uno scudo di armi araldiche retto da due levrieri.
nel 1594, alla quale l’Armorial des Maires de Poitiers e gli araldisti
poitevini attribuiscono un blasone d argento alla quercia di verde, su un
poggio del medesimo, al capo d azzurro caricato d un crescente
d’argento.
Sulla meridiana in esame, colui che nel 1637 portava questo scudo
mise quindi 1 emblema della sua stirpe e della sua persona fra le pro-
tezioni celesti, così sollecitate, dei Cuori di Gesù e Maria, ai quali con lo
stesso gesto consacrava le ore che regolavano la vita familiare nella sua
dimora. E la portata di un simile pensiero è già grande, dato che riempie
tutta la sfera intima della vita umana.
Nel medaglione di destra, lato orientale, il Cuore di Gesù è segnato
dalla sua sigla abbreviata 1 H S composta dalle consonanti del Nome di
IHESUS; e la Croce lo domina.
Nel medaglione occidentale, a sinistra, il Cuore di Maria porta il suo
nome, ridotto alle sue due prime lettere. Ma (ria). Sopra di esso, un
segno a forma di s coricata, il cui significato certo resta per me
problematico.
Questo segno ebbe vali significati assai precisi nella simbologia
dell'Antichità e dell’Alto Medio Evo, ricevendo e conservando da tempo
immemore quello di rendere l'emblema del serpente, immagine di Satana
e del Male (sul monogramma del nome di Gesù, detto di Enrico III, la
lettera s della cifra i H S termina alle due estremità con due teste di
serpente).
Questo significato è il solo che qui mi sembra accettabile; infatti il
serpente è sempre stato e resta uno degli attributi iconografici della
Vergine Maria, nella quale la Chiesa riconosce la donna predetta dal
libro della Genesi* che ha la missione di schiacciare la testa del ser-
pente.
Così, dunque, la parte devozionale della meridiana di Marigny ci
appare come la consacrazione, per così dire, di una famiglia ai Cuori
uniti di Gesù e Maria, sotto la protezione dei quali il capofamiglia la
mette, con la figura del suo blasone, cioè l'emblema della stirpe che
personifica. Questo nel 1637.
Ciò che è interessante notare ancora, dopo gli esempi che Regnabìt ha
riprodotto, è questa penetrazione dell’idea del Sacro Cuore e l’utilizzo
spontaneo della sua immagine in quell’epoca, nelle abitudini di
7
Da non confondere con i Goudon de la Lande, conti di Héraudière, poitevini. che hanno altre
armi araldiche.
* Cfr. GM2, 15.
In opposizione alle due A, il retro del cuore polla una M che sembra
essere l’iniziale di un nome o di un patronimico comune ai due amici.
La seconda parte ci dice che questa unione dei due amici deve con-
cretizzarsi in cielo, ed è così che si conclude il rebus: sulla Croce, la
lettera L ripetuta sei volte è il geroglifico della parola Cielo: six L, si
legge Ci-el. E questo significato viene ulteriormente precisato sulla cima
dalla piccola sfera celeste del cielo astrale, immagine del beato
soggiorno.
L’insieme sembra dunque poter essere interpretato così: «Ung coeur
crucifié tient deulx amys ensemble, au ciel» oppure «pour le ciel»9.
È evidente che l’espressione «cuore crocifisso» ci porta a considerare
la Croce come se il suo spessore si sdoppiasse alla sommità del cuore
circondandolo, e riprendendo la sua unità nel fregio che riunisce i
rampanti di supporto al di sopra del basamento.
Quando su Regnabit di gennaio, parlando dei primi stampatori
francesi (fine del secolo XV e inizio XVI) ,0, dissi che nella scelta dei
motivi emblematici la gente dell’epoca amava molto, spesso troppo, il
gusto del complicato, del misterioso, dell’enigmatico, avevo forse torto?
Ora, qual è il cuore crocifisso che riunisce così due amici in cielo, o
per il cielo?...
Sono possibili due ipotesi: una consiste nel vedere nell’oggetto che
presentiamo nient’altro che l’emblema profano di una amicizia profana
più che devota, cementata da una prova comune ai due amici che, per
così dire, li crocifigge. E questa è una tesi che può essere sostenuta;
un’altra induce a vedere nel cuore crocifisso l’immagine di quello di
Gesù Cristo, nel quale - nell’amore del quale, se si preferisce - si
sarebbero rifugiati due amici che, per suo mezzo, sperano di rimanere
uniti fino in cielo.
Bisogna riconoscere ciò che questa interpretazione ha dalla sua parte:
innanzi tutto, che coirisponde al carattere nonché a una delle forme di
devozione dell’epoca, perché l’oggetto risale al tempo in cui l’oratore
Olivier Maillard11 dalle cattedre di Parigi, di Poitiers e altrove, come
pure il certosino Lansperge’2 nei suoi scritti e anche altri
• [«Un cuore crocifisso (iene due amici insieme in cielo» o «per il cielo», N.d.T.].
Cfr. il capitolo «I inarchi commerciali dei primi stampatoli francesi», nel presente volume.
" Cfr. «La Blessure du Coté de Jésus», Regnabit, n. 6, novembre 1923.
12
Cfr. ibid,, p. 421.
Fig. 6.
maestri di spiritualità consigliavano alle anime di stabilirsi nel Cuore di
Gesù Cristo come in un rifugio mistico, in una dimora.
Poi, che in quell'epoca - e ne ho la prova concreta sottomano - quando
gli artisti di vari generi volevano rappresentare il cuore carnale di Gesù
religioso della prima e lo precisa. Con queste due immagini del Cuore
Sacro che riempiono interamente le ore di ogni giornata, siamo dunque,
ancor più che con la meridiana di Marigny-Brizay, di fronte
all’affermazione che tutti i momenti dei nostri giorni sono di Dio e che,
di conseguenza, gli siamo debitori.
A quel tempo, nella loro vita così seriamente orientata verso orizzonti
cristiani, i nostri padri furono attenti molto più di noi alla grande lezione
della corsa delle ore che passano e degli anni che vengono inghiottiti,
uno dopo l’altro, nell’abisso senza fondo del passato, corrente rapida e
irresistibile dominata dall’alto dalla solida Maestà di Dio eterno.
Sul concetto della fuga del tempo, voglio associare qui la riprodu-
120 SIMBOLI DEL CUORE DI CRISTO
zione di un disegno ricevuto dallo studioso collezionista
poitevino, il conte Raoul de Rochebrune del quale l’archeologia francese
rimpiange la recente scomparsa; è un cartiglio dipinto su una pagina
staccata da un manoscritto ecclesiastico, e che terminava il foglio del
mese di gennaio sul calendario preliminare di tale libro. Il calco di
questo cartiglio è stato eseguito da De Rochebrune a Luchon.
Sulla sommità del medaglione interno, il monogramma abbreviativo i
H s è sormontato dal Cuore ferito dal colpo di lancia e il resto dello
spazio orbicolare è occupato dal busto di Giano bifronte, il dio dai due
volti della mitologia romana.
Fig. 3. Rappresentazione allegorica del mese di gennaio. Miniatura del secolo XVI, Luchon (Haute-
Garonne).
1
tuttavia concepire attraverso l’uso frequente che si aveva nel
Le 2,21.
secolo XVI di aggiungerlo al monogramma sacro, per tradizione, con un
pensiero di riguardo abituale verso di lui; forse anche con l’intenzione
assai probabile dell'artista di associarlo a tutto il ciclo dell’anno di cui
gennaio è solo la soglia.
Il nome di questo mese deriva da quello del dio romano Janus, esso è
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MERIDIANE DI LUGNY E SAINT-GENIS-LAVAL 121
iìJanuarius mensis, e siamo felici che si trovi così sotto il patrocino di
uno degli assai rari personaggi fittizi della mitologia che sono un
minimo onesti.
Direi addirittura che Giano può essere visto come una delle «prefi-
gurazioni» pagane di Cristo, come lo fu Orfeo, per esempio.
Negli spettacoli religiosi dell’antica Roma si raccontava che, avendo
aiutato Saturno, Giano ricevette come ricompensa la piena conoscenza
dei misteri del passato e dell’avvenire; per questo gli antichi lo
raffiguravano con due volti, quello di un uomo anziano rivolto verso i
tempi trascorsi, e l’altro, più giovane, fisso sul futuro. In quanto dio del
Tempio, presiedeva alla chiusura e apertura degli anni che si suc-
cedevano, e il primo mese di ognuno di essi era a lui consacrato.
Sui monumenti del tempo si mostra come sul cartiglio di Luchon, la
corona in testa e lo scettro nella mano destra, perché è re; egli tiene
nell’altra mano una chiave perché apre e chiude le epoche; per questo,
per estensione, i Romani gli consacravano le porte delle case e delle
città.
Non più nell’ambito illusorio della rappresentazione, bensì nella più
certa delle realtà, anche Cristo domina il passato e il futuro; coeterno
assieme al Padre, è come lui il «Vecchio dei giorni»; «In principio era il
Verbo», dice san Giovanni. Egli è anche padre e madre dei secoli futuri
«Jesu pater futuri secoli» ripete ogni giorno la Chiesa romana, Lui
stesso si è proclamato inizio e conclusione di tutto: «Io sono l'alpha e
l’omega, il principio e la fine». È il Signore dell'eternità.
Come l’antico Giano, egli porta lo scettro regale al quale ha diritto
per parte di suo Padre celeste e per parte degli antenati di quaggiù;
nell’altra mano tiene la chiave dei segreti eterni, la chiave tinta del suo
sangue che apre all’umanità perduta la porta della Vita. Per questo nella
quarta delle antifone maggiori d'Awento, la liturgia sacra lo acclama
così: «O Clavis David, et sceptrum domus Israel» 54, Siete Voi, o Cristo
atteso, la Chiave di David e lo Scettro di Israele. Voi aprite, e nessuno
può chiudere; e quando chiudete, nessuno può più aprire...
11 miniatore del foglio di Luchon fu dunque molto ispirato nel dise-
gnare il profilo di Giano sul calendario liturgico di gennaio, così come,
con o senza intenzione, ma di fatto ponendo le immagini del Cuore e del
Nome di Gesù sopra il dio pagano degli anni passati e futuri, servì la
stessa verità di coloro che cinquant anni dopo composero le meridiane di
Lugny e di Saint-Genis-Laval: uno dopo Faltro essi hanno proclamato
che il tempo che passa è cosa di Cristo e che, per i suoi fedeli, è
soprattutto con il suo Cuore che domina e regna.
Appena pochi anni dopo il dramma redentore del Calvario, san Paolo,
rivolgendosi ai Filippesi che aveva convertito, scriveva loro delle pagine
ispirate nelle quali glorifica così magnificamente il Nome sovrano che
regna sul Cielo, la Terra e gli Inferi, il Nome di Gesù Dopo di lui, san
Giovanni neWApocalisse indica il Nome divino quale segno degli eletti
di Dio. Allora, da un confine all’altro del mondo romano, nelle
cristianità nascenti di Gerusalemme e Damasco, di Tiro e Antiochia, di
Alessandria e Cartagine, di Atene, Napoli e Roma, sul Nome di Gesù si
concentrarono tutte le adorazioni, verso di lui si tesero tutte le mani
supplicanti; e negli anfiteatri, nelle arene e in tutti i luoghi di supplizio il
sangue di milioni di martiri colò per lui.
Al fine di poterlo onorare ovunque, di portarlo su di loro come un
talismano divino e inciderlo, allo stesso titolo, sugli oggetti di uso
quotidiano, i fedeli lo nascosero dietro a una unione di lettere da loro
conosciuta.
E prontamente, quando scoccò l’ora di Dio, l’imperatore di Roma
Costantino mise sul suo stendardo e sulla bombatura del suo elmo il
monogramma del Nome di Gesù. Da allora questo fu, e sarà finché
durerà sulla terra la razza degli uomini, un inno senza fine a gloria del
Nome sacro.
Fra questi raggruppamenti di lettere che riassunsero il Nome di Gesù,
quello più utilizzato, dal Medio Evo fino a noi, si compone di tre lettere,
i H s, tratte dalla parola greca IHCOYS, lesous.
’ Cfr. Fi/2.
Fig. 1. Sigillo del priore René Deblet, secolo XIV (da una impronta su cera).
Verso la fine del secolo XV, agli artisti, agli iconografi, venne l’idea
di collocare allo stesso modo il cuore del fedele, del mistico, come un
blasone in omaggio, sotto il Nome sacro del Redentore. Quando il cuore
è infiammato, cosa piuttosto frequente, significa non soltanto l’omaggio,
ma anche la preghiera, l’ardore dell’amore.
A meno che non siano stati tracciati da mani incoscienti, i cuori
collocati al di sotto del monogramma i H S non portano mai la ferita
della lancia. Se così non fosse, rappresenterebbero molto chiaramente il
Cuore di Gesù Cristo, piazzato però per ignoranza in un posto as-
solutamente ingiustificabile perché irrazionale. Se ne trovano rari
esempi della fine del secolo XVI; e dal XVII al XIX il caso diventa fre-
quente perché allora non ci si rende più conto di niente e si conoscono
meglio gli attributi mitologici dell’emblematica cristiana. Ho visto
questa cosa insensata del Cuore di Gesù sotto il suo monogramma su
ICONOGRAFIA ANTICA POSTERIORE AL
RINASCIMENTO 127
numerose patene di calici di quel misero periodo, nel Poitou, nell’An- jou, in Turenna, in Provenza e in altri luoghi.
Do qui, come esempio del secolo XVII dell'utilizzo razionale del
cuore fedele, un legno inciso del Museo degli Antiquari dell'ovest a
Poitiers: il cuore, ferito dai chiodi di cui parleremo più avanti, lo si vede
sotto il monogramma.
Fig. 2. Prova di un legno inciso del Museo degli Antiquari dell’Ovest, Poitiers, secolo XVII.
Fig. 3. Il cuore fedele nell’aureola del Nome divino. Museo degli Antiquari dell’Ovest, Poitiers.
Niente si oppone, invece, perché il cuore del fedele posto sotto il
monogramma sia inscritto nella stessa aureola del Nome divino, perché
Cristo, attirando a sé l’anima fedele, la introduce in qualche modo nel
suo irradiamento: è la ricompensa della sua fedeltà e del suo fervore. È
così che lo si vede nel frontespizio di L’Amour de Jésus, di Récollet,
Barthélemy, Solutive (1623) e su un’altra immagine della stessa tavola
ICONOGRAFIA ANTICA POSTERIORE AL
RINASCIMENTO 128
poitevina incisa che porta anche l’illustrazione precedente.
Quando invece il Cuore è posto sopra il monogramma stesso, o al di
sopra, sia ferito o meno - lo è nove volte su dieci -, è sempre il Cuore
del Signore, perché in questo caso il monogramma i H s è un denomi-
nativo che va messo in relazione al cuore e lo determina. È così che
appare al di sopra di Giano su un cartiglio iniziale del mese di gennaio,
in un calendario liturgico del secolo XVI55.
Fig. 4. Il Sacro Cuore al di sopra del monogramma. Miniatura del secolo XVI.
55 Cfr. il capitolo «Un antico emblema del mese di gennaio» [nel presente volume],
56 Cfr. il capitolo «Documenti spagnoli del XVII secolo» [nel presente volume].
ICONOGRAFIA ANTICA POSTERIORE AL
RINASCIMENTO 129
Fig. 5. Medaglione centrale di una casula di epoca Luigi XIV, 28x23 cm.
Museo storico dei Tessuti, Lione, n. 1376.
Non dovrebbe esservi alcun dubbio anche quando il cuore stesso porta
il monogramma, come quello del Paradisius animae stampato nel secolo
XVI. Ma a volte, nel secolo XVIII, lo i H s in un cuore indica soltanto la
presenza di Gesù, per mezzo della grazia, nell'anima del fedele, o la sua
intima sovranità su quest’anima che fa del Nome sacro il suo marchio, il
suo sigillo. È quello che si deve leggere sull’ex li- bris a timbro apposto
su un esemplare del 1709 di Conférences ecclé- siastiques du diocèse
d’Angers, pubblicato per ordine del reverendissimo vescovo Poncet de
La Rivière.
Il mirabile movimento partito da Paray, che attivò meravigliosamente
la pietà verso il Cuore di Gesù, nella sua iconografia non provocò
nessun ritorno verso l’ordine, quand’anche la produzione di immagini
religiose che seguì a questo movimento non abbia aumentato
ulteriormente la confusione. Infine, le deplorevoli fantasie elucubrate nel
secolo XIX per le stampe popolari giunsero a varcare senza alcuna
difficoltà la soglia del ridicolo con le loro composizioni strampalate in
cui si frammischiano angeli beati, mocciosi estasiati, fiori qualsiasi,
cuori senza caratteri distintivi e voli di colombe che portano in alto altri
cuori per mezzo di ghirlande o legami invisibili; in conclusione, tutto
l’arsenale dell’arte (?) priva d'ispirazione e piagnucolosa che abbiamo
conosciuto, che ebbe il suo apogeo intorno al 1880 e che, per nostra
grande fortuna, è in agonia.
130 SIMBOLI DEL CUORE DI CRISTO
Fig. 7. Timbro in legno stampato su un libro dcll’Anjou del secolo XVIII. Archivio dell’autore.
57 La Grammaire di padre Gaudin ebbe molte edizioni prima di quella del 1761. Il legno
Fig. 8. Contrassegno del frontespizio di Principes de la Grammaire, del reverendo padre Jean
Gaudin, s.j., secolo XVI-XVII.
per il frontespizio sembra essere stato inciso alla fine del secolo XVI o all’inizio del XVII, molto
tempo prima della prima edizione dell’opera che lo porta.
Ritorniamo al tempo che vide nascere questo emblema, all’ultimo
terzo del secolo XV. Già da due secoli gli artisti di ogni genere rappre-
sentavano il Cuore di Gesù Cristo; gli scrittori e i predicatori, special-
mente i certosini e i francescani58, lo mostravano ai fedeli ripetendo loro:
contemplatelo, poi modellate il vostro cuore imperfetto su questo Cuore
perfettissimo. Loro compito era di ripetere la frase del testo sacro:
«Andate, e fate come il modello che vi è stato mostrato». Da allora
l'iconografia, come la vita spirituale, conobbe il tema del cuore fedele
che prova ad assomigliare a quello di Gesù Cristo; assimilazione audace,
certo, alla quale il mistico poteva lavorare efficacemente soltanto
attraverso una purificazione sempre più grande della sua vita, a una
ascensione costante delle sue idee, duro lavoro che solo un ascetismo
austero poteva sostenere. E la Chiesa del tempo non ha per nulla
imbrigliato questa concezione spirituale, che io sappia, né la sua
interpretazione iconografica.
La servirono molto meglio i suoi scrittori. Uno dei loro scritti fra i più
interessanti in merito, e il più conosciuto da quando l'iconografo
poitevino conte Grimouard de Saint-Laurent ne ha studiato il prezioso
contrassegno del frontespizio in Revue de VArt Chrétien59 60, è l'Exerct-
ce du Cceur Crucifié' del cordigliere Piene Regnart del convento di
Fontenay-le-Comte nel Poitou. L’autore espone in questa opera le
esortazioni e i metodi adatti per «crocifiggere» il proprio cuore a imi-
tazione spirituale di quello di Gesù. Nell'arte dell’epoca c era infatti una
pratica corrente, quella di raffigurare il Cuore di Gesù Cristo da solo
sulla Croce; così ce lo mostra lo stampo per ostie di Vich, del secolo
XIII o XIV61; lo stampo di piombo della confraternita di Champigny-sur-
Veude, secolo XV62; il marchio commerciale dello stampatore Levet,
secolo XV63; ma soprattutto, il blasone scolpito del Cristo assiso di
Venizy” in cui lo scultore, volendo mostrare che il Cristo è tutto cuore e
che fu l'amore del suo Cuore per noi che lo portò a lasciarsi crocifiggere,
ebbe la straordinaria idea di crocifiggere
questo Cuore Sacro mediante mani e piedi che partono direttamente da
esso senza che né corpo né testa siano presenti sulla Croce; immagine
della quale si può discutere o criticare il tema, ma di cui va senz’altro
riconosciuta la particolare potenza evocativa... Ecco ciò che si dipingeva
58 Per francescani si intendono qui lutti i figli spirituali di san Francesco d’Assisi.
59 Cfr. conte Grimouard de Saint-Laurent, «Les images du Sacré-Coeur au point de vue de
l’histoire et de lari», Revue de VArt Chrétien, aprile-giugno 1879, p. 330.
60Cfr. Pietre Regnart, Exercice du Cceur Crucifié, à l’Escu de France, Parigi, rue Neuve-
Notre-Dame.
61 Cfr. Regnab/f, settembre 1922.
62 Cfr. «Stampo per l’insegna della confraternita di Champigny-sur-Veude...», in «Docu-
menti popolari della line del Medio Evo» [nel presente volume].
63 Cfr. «Pierre Levet», in «Marchi commerciali...», art. cit. (Regnabit, n. 8, gennaio 1924).
" Cfr. il capitolo «Il Cristo assiso di Venizy e il suo blasone» [nel presente volume].
64 E non i due monogrammi di Gesù e Maria, come ha scritto padre Hamon in Historie, op.
cit., p. 335-336.
65” Cfr.M.,p.336.
66 L’incisore di padre Regnart, per una evidente e incontestabile distrazione, ha scritto sul
chiodo inferiore Charité («carità»), che è ripetuta sulla parte alta del Cuore.
67 Grimouard de Saint-Laurent, citato da Hamon, vede nella quadratura che porta la parola
carità l’immagine della lancia. Questa opinione, per lo meno assai contestabile, mi lascia molto
scettico.
Fig. 9. Incisione del titolo Exercice di Cceur Crucifìé di padre Regnai! (riproduzione per
procedimento fotografico tratta da Grimouard de Saint-Laurent).
nelle composizioni varie che hanno così spesso posto «in omaggio» ai
piedi del monogramma di Gesù Cristo, per rappresentarvi tutta la loro
famiglia religiosa.
Fig. 11. Scultura della cappella dei Penitenti di Biòt (Alpi Marittime), 1612.
16
Cfr. Hamon. op. cit., p. 334.
sapeva già più cosa significassero i chiodi che sant’Igna- zio aveva fatto
entrare nel blasone della sua Compagnia Sant’Igna- zio, che visse gli
ultimi venti anni del secolo XV e che fondò la sua società all’incirca
quando il cordigliere del Poitou Regnart scriveva il suo Exercice du
Cceur Crucif té, conosceva e comprendeva 1 iconografia mistica del suo
tempo; cento anni dopo di lui essa non veniva più capita.
Il peggio avvenne durante i secoli successivi che arrivarono a sfigu-
rarla.
sco è troppo prezioso perché io sia tentato di lasciarvi scivolare den tro
con facilità delle contraffazioni.
Christi. E infatti è in questo asilo esclusivo che il divino Sposo chiama 1 anima pia
quando le dice nel Cantico dei Cantici: «Alzati, mia colomba, amica mia, mia
sposa; vieni dalle fenditure della roccia, dai nascondigli dei dirupi» 68. Il divino
Sposo parla delle molte fenditure della pietra, ma parla anche della grotta profonda,
caverna maceriae. Nella sua carne vi sono numerose ferite e vi è la piaga del suo
costato; quella porta al suo Cuore ed è lì che chiama l’anima per farla sua sposa. Le
ha aperto le braccia, le ha aperto il suo costato e il suo Cuore affinché venisse a
nascondersi. Christus enitn non solum se, sed etiam latus et Cor columbae aperuit,
68Cfr. Ct 2,4.
del costato divino. Per essi, Cuore e piaga sono due cose che ne formano
una, due cose sacre che un comune colpo di lancia ha unito per l'eternità.
I loro predecessori hanno parlato come loro, continuando l’inno
splendido che tutto insieme glorifica la ferita della lancia e il Cuore al
quale essa giunse.
Dom Henri Arnold, certosino, f 1487:
O uomini, dice Nostro Signore, vedete e considerate in quale posizione dolorosa
mi trovo sulla croce, ho le braccia aperte per essere sempre pronto ad accogliervi...
Ho i piedi inchiodati per farvi sapere che non posso separarmi da voi; le mie mani
trafitte vi fanno per di più capire che sarebbe loro impossibile, anche fermandole,
trattenere le grazie che voi desiderate. Ma sappiatelo bene, non sono i chiodi che mi
tengono alla croce, è il mio amore... Per non dimenticarvi mai, vi ho scritto
profondamente nelle piaghe dei miei piedi e delle mie mani; sono andato oltre, mi
sono fatto aprire il costato dalla lancia di un soldato per aprirvi l’ingresso del mio
Cuore e mostrarvi quanto è grande il mio amore per voi. Dopo la mia morte ho fatto
colare dal mio costato sangue e acqua, sangue per il vostro riscatto, e acqua per
lavare i vostri delitti.72.
72 Dom Henri Arnold, in Franciosi, Mois du Sacrò-Cceur de Jésus, par d’anciens auteurs
chartreux, p. 60-61, col. 233.
Quel giorno, si dovrà meditare sul colpo di lancia che fu dato al Salvatore... Un
soldato si avvicina con la lancia in mano, e l'affonda nel petto nudo del Salvatore.
Tale fu la violenza del colpo che la croce vacillò e uscì dalla piaga acqua e sangue
per la guarigione dei peccati del mondo. O fiume che sorgi dal Paradiso e che
abbeveri col tuo corso tutta la superficie della Terra! O piaga del suo costato sacro
fatta più dal suo amore che dalla lama crudele di una lancia! O porta del cielo,
apertura che rischiara il Paradiso, luogo di rifugio, torre di sicurezza, santuario dei
giusti, nido di timide colombe, coltre fiorita della sposa di Salomone! Dio ti
conservi preziosa piaga del costato che ferisce i cuori devoti, rosa di ineffabile beltà,
rubino di valore inestimabile, ingresso del Cuore di Gesù Cristo, testimonianza del
suo amore e pegno della vita eterna78 79.
Fig. 12. Marchio commerciale di Johm Gresham, secolo XVI, sulla vetrata dell’ospedale
di Great Lefort, Essex. Da uno schizzo di M. E. W.
M
San Francesco di Sales, op. cit. in Franciosi, Sermon polirla feste de Saint-Jean-Porte-
Latine, col. 304.
i.n
Figg. 14-15. Legni incisi per immagini popolari, secolo XVIII. Museo degli Antiquari
dell’Ovest, Poitiers.
>da c
148 SIMBOLI DEL CUORE DI CRISTO
sia attribuibile ai tempi di Carlo Vili, il secondo dei due sovrani che
regnarono quando Aimery de Coudun portava la croce abbaziale della
Trinité. Le forme particolari del blasone francese e delle «anni araldiche
di Gesù Cristo», mi pare che impongano questa attribuzione.
Il blasone che ci interessa, collocato nella parte destra, indurrebbe a
pensare che il pittore vetraio che lo ha disegnato fosse dell'Est o del
Nord della Francia, piuttosto che dell’interno o delle altre estremità del
regno.
Sempre nella chiesa della Trinité di Vendóme, una delle cappelle del
deambulatorio è consacrata al Sacro Cuore.
Il retablo dell’altare ivi presente è della metà del secolo XVI; si
compone di un fondo in pietra davanti al quale le colonnine staccate
sostengono una trabeazione ornata con un fregio scolpito. In mezzo a
questo fregio si trova, molto in rilievo, un grande cuore schiacciato
circondato da tralci di forma originale.
Fig. 2. Scultura sulla trabeazione di un altare nella chiesa della Trinité di Vendòme,
secolo XVI.
Riproduco qui l'immagine di quel cuore con tutte le riserve del caso,
ricordando soltanto che un secolo prima che fosse scolpito l’immagine
del Cuore doloroso di Gesù trionfava, qualche campata più in là, nella
vetrata di Aimery de Coudun e che l'altare che porta questo cuore
enigmatico è quello della cappella del Sacro Cuore ’.
1
Ringrazio infinitamente e sentitamente il canonico Renvoise, arciprete di Vendòme, e don
Plat, presidente della Société archéologique du Vend-mois, ai quali devo la conoscenza dei
documenti di cui ho parlato. Gli stessi ringraziamenti vanno a dom Séjoumé, a padre Anizan,
segretario generale di questa rivista, a don Roux, curato di Tavemy, relativamente alle sculture
dell'altare di Anne de Montmorency.
La chiesa di Tavemy (Seine-et-Oise)
Fig. 3. Scultura della chiesa di Tavemy, secolo XVI. Da un disegno fornito dal rev. p.
dom Séjourné, o.s.b.
Quindici anni prima, nel 1552, faceva dono alla chiesa di Tavemy del
superbo altare della Santa Vergine che resta un perfetto esempio di ciò
che fu, nel gusto dell’epoca, la più sontuosa decorazione di un altare.
Non vi è in ciò, ancora una volta, la grande idea che gli artisti della
fine del Medio Evo hanno così spesso simbolizzato: il corpo sofferente
del Redentore riassunto per intero sul suo strumento di supplizio,
neH'immagine solitaria del Cuore trafitto?
La quasi totalità dei cattolici fino a ieri guardava alla pietà verso il
Cuore di Gesù come a una innovazione del secolo XVIII, quando invece,
fin dal secolo XI, già san Bernardo la celebrava, i teologi e i mistici dei
secoli successivi la glorificavano, e alle soglie del XIV, ma forse anche
prima, artisti di tutti i generi ne moltiplicavano le immagini. Per di più,
generalmente, si guarda ancora oggi alla devozione al Cuore eucaristico
di Gesù come a un aspetto piuttosto recente della pietà contemporanea.
Vi è in ciò un altro errore simile al primo; se per la verità l’espres-
sione «Cuore eucaristico» è in effetti abbastanza recente 83, l’idea che
rappresenta e il culto che designa nell'iconografia sacra sono già almeno
sei volte secolari.
L’ambito della questione del Cuore eucaristico di Cristo si estende a
tutto quello che, nella liturgia, negli studi teologici o storici, nella
letteratura sacra, in tutte le arti figurative, accosta l’idea del Cuore e del
costato ferito di Gesù a quella della materia del sacramento del-
l'eucaristia sotto il duplice aspetto di pane e vino, di carne e sangue.
Come quasi tutte le forme particolari della pietà cristiana, l’adora-
zione del Cuore di Gesù Cristo, in quanto fonte del sangue redentore che
l’eucaristia ci offre sotto l’apparenza del Vino transustanziato, ha avuto
un periodo di preparazione, di formazione, che si potrebbe chiamare «la
preistoria del Cuore eucaristico di Gesù»: a questo periodo appartengono
le frasi di fervente adorazione scritte dai Padri e dai Dottori del primo
millennio in onore della piaga aperta nel costato divino; ad esso spetta
anche il racconto del Santo Graal, scritto fra il 1168 e il 1191. Chrétien
de Troyes e il suo continuatore Robert de
83 La si trova tuttavia dal 1705 nel seguente titolo di un libro di Ginther, Speculimi amorfo et
doloris in Sacratissimo ac Divinissimo Corde Jesu Incarnati, Eucharistici et Crucifìxi orbi
christiano propositum [«Speculo d'amore e di dolore presentato al mondo cristiano nel sacratissimo
e divinissimo Cuore di Gesù Incarnato. Eucaristico e Crocifìsso», N.d.T.].
1
Cfr. il mio «Les sources du Sauveur», Regnabit, nn. 3-4, agosto-settembre 1923 [trad. it. in II
giardino del Cristo ferito, op. ciz.].
cortesia della dotta conservatrice del Museo Archeologico di Winche-
ster, miss Edith E. Wilde.
Sul fregio della cappella del vescovo Fox questo scudo fa parte di una
serie di blasoni, personali o mistici, separati e sostenuti da angeli;
l’insieme è di un bell’effetto decorativo.
Agli inizi del regno di Edoardo VI, che portò la corona d’Inghilterra
dal 1549 al 1553, il malcontento causato in molte province dall’istitu-
zione del protestantesimo, conseguenza della maledetta rottura del re
Enrico Vili con la Chiesa romana, accrebbe. Gruppi di cattolici si ar-
marono per difendere la loro fede, e vennero organizzate varie ribellioni,
analoghe all'eroica rivolta della Vandea contro la Rivoluzione Francese.
Queste turbolenze cominciarono nel 1536; ebbero come principali
focolai le contee di Devon, di Oxford e di York, ma mancarono di coe-
sione e, malgrado l’eroismo di Constable, di J.-Rose Tromp, di Arun-
del e di altri valorosi capi, non ebbero i risultati sperati. Essi diedero vita
soprattutto a due importanti movimenti: il Pilgrimage of Grace e la
Western Rebellion.
Dapprima gli insorti tennero vittoriosamente testa alle truppe prote-
stanti comandate dal marchese di Northampton, ma in seguito furono
vinti, alla fine del regno di Edoardo VI, dal conte di Warwich.
Come fecero i nostri vandeani duecentocinquanta anni dopo di loro,
gli insorti cattolici d’Inghilterra adottarono un emblema religioso come
segno di appartenenza; il Sacro Cuore occupava la parte centrale circon-
dato dall’accompagnamento, allora in uso presso la pietà cattolica ingle-
se, di immagini o emblemi delle quattro ferite principali di Gesù.
L’insegna di Kingerley
una borsa liturgica, cioè una custodia quadrata e rigida nella quale si
rinchiude il corporale e con cui il sacerdote ricopre il calice per
trasportarlo prima e dopo la Messa.
Comunque sia, il Cuore che si trova Sull’Ostia è certo del tipo euca-
ristico, poiché è in contatto con i due elementi sensibili che costituiscono
la materia del Sacramento.
Sotto il regno di Maria I Tudor, che regnò dopo Edoardo VI dal 1553
al 1558, i Cattolici d’Inghilterra ritrovarono la pace.
Squadre di scultori stranieri, dei quali molti provenienti dalla Francia,
percorsero allora il paese per decorare le ultime chiese cattoliche
terminate o che si voleva abbellire. Ai ceselli di quegli abili artisti si
devono certe opere molto belle di cui molte interessano l’iconografia del
Cuore di Gesù Cristo, specialmente un pannello del pulpito di Saint
Patrock Padston, in Comovaglia, a loro attribuito.
162 SIMBOLI DEL CUORE DI CRISTO
Fig. 1.
85 Cfr. il capitolo «Le immagini del cuore eucaristico in Inghilterra nei secoli XV e XVI» [nel
presente volume].
Fig. 2.
Infine, l'ultima di queste sculture porta un Cuore non ferito sul fusto
di una lancia. È molto evidente che qui si tratta del Cuore del Salvatore:
che essa lo scalfisca o meno, la lancia come la ferita che la sua lama ha
86 Informazione di madame E.E. Wilde di Winchester.
Fig. 3.
’ «Io sono il pane vivo Chi mangia la mia carne c beve il mio sangue [...] vivrà in eterno» (Gv
6, 51 -55).
l’immagine del cuore in quanto raffigurazione della piaga del costato, i
teologi e i mistici della fine del Medio Evo hanno inteso trasferire al-
l’immagine del Cuore tutto ciò che i loro predecessori e loro stessi
avevano detto e scritto precedentemente sulla piaga laterale, prima che
>rotetto da copyright
SCULTURE DELLA CHIESA Di SAINT MAWGAN 167
87 Gv 13, 1.
e protetto da copyright
170 SIMBOLI DEL CUORE DI CRISTO
’ Cfr. padre Victor Alet, s.j., La Fratice et le Sacré-Caeur, Lethielleux et Demoulin, Parigi,
1905, p. 377. È pur vero che. sebbene attribuisca al secolo XVI l’insieme di questo documento, egli
porta al secolo XVII (addirittura alla sua fine) la parte che raffigura il Cuore di Gesù.
2
Cfr. padre V. Bainvel. s.j.. La Dévotion au Sacré-Cceur de Jésus, Beauchesne, Parigi, 1921,
p. 640 ss. La prima edizione è del 1906.
’ Cfr. fr. Hilaire de Barenton, La Dévotion au Sacré-Cceur, Livrairie St Francois, s.d.
4
Cfr. dom Louis Gougaud, o.s.b., Dévotions et Pratiques ascétiques du Moyen àge, Let-
hielleux, Parigi. 1925.
171 SIMBOLI DEL CUORE DI CRISTO
quali il Cuore Sacro appare solo, per esempio, sullo stampo per ostie del
vescovado di Vich in Spagna, dove il Cuore di Gesù non ha rapporto
alcuno con le Cinque Piaghe.
Ma dom Gougaud non accenna minimamente ai pur notevoli do-
cumenti raccolti in Germania dal reverendo padre Karl Richstaetter, s.j.,
né a quelli pubblicati in vari paesi, o a quelli che anche noi abbiamo
riprodotto da diversi anni con tutti i riferimenti del caso su Regnabit.
Con tutta probabilità avrà ritenuto che il suo ambito limitato non glielo
permetteva: solo che la questione in questo modo risulta stranamente
incompleta.
Molto più ampio e comprensivo è il quadro del nuovo libro del re-
verendo padre Hamon, Histoire de la Dévotion au Sacré-Coeur-. I lettori
di Regnabit hanno letto nel fascicolo dell’agosto-settembre scorso6 la
recensione di questa opera. L'autore dimostra un grande talento da
scrittore e ci parla apertamente di documenti scritti o figurativi
sfavorevoli alla cosiddetta Scuola di Paray, con la quale egli ha tuttavia
una grande affinità di concezione; in compenso, però, ne passa sotto
silenzio - molto probabilmente non li conosceva - molti altri di portata
considerevole...
Come dom Gougaud, padre Hamon si dilunga sulle rappresentazioni
dei secoli XV e XVI, in cui il Cuore ferito appare su un blasone fra le
mani e i piedi di Gesù trafitti dai chiodi. Anch’egli non ammette che la
figura del Cuore vulnerato sia qualcosa di più dell’evocazione stretta del
colpo di lancia: è sicuramente così, ma essendo il cuore la cornice della
rerita, è qualcosa di più: è innanzi tutto quello che non può non essere
stato nel pensiero degli scultori e dei pittori di allora, è il Cuore di colui
che è stato crocifisso per la nostra salvezza; esso è la fonte naturale del
suo sangue che è scorso a causa dell’amore per noi; è il fuoco del suo
amore, tutto questo lo è perché in realtà è un cuore, ma è proprio per
questo - checché se ne voglia o se ne dica - che significa molto di più
della mano o del piede.
Nella valutazione che dà, il Cuore che accompagna le mani e i piedi
trafitti soltanto come geroglifico di una ferita, padre Hamon si unisce a
dom Gougaud che dice: «Come raffigurare araldicamente la piaga del
costato di Cristo fatta dalla lancia del soldato nello spazio ristretto dello
scudo? Per questo si disegnò un cuore - il Cuore di Gesù -, un cuore
vulnerato come se lo stesso colpo di lancia che aveva trafitto il costato di
Nostro Signore avesse trafitto anche il Cuore». Certamente
5
Cfr. padre A. Hamon, s.j., Histoire de la Dévotion au Sacré-Coeur. L'Aube de la Dévotion,
Beauchesne, Parigi, 1925.
b
Cfr. «Bibliographie du Sacré-Coeur», Regnabit. agosto-settembre 1925.
172 SIMBOLI DEL CUORE DI CRISTO
no: non è affatto perché essi non sapevano come raffigurare araldica-
mente la piaga del costato che i nostri vecchi artisti hanno raffigurato il
cuore! Essi non sono mai stati imbarazzati nel «raffigurare araldi-
camente» e in tantissimi altri modi le Cinque Piaghe su degli scudi,
ferita del costato compresa! Non anteriormente o posteriormente alla
moda dei blasoni che portano le membra ferite, ma, nello stesso periodo,
gli artisti dipingevano o scolpivano delle ferite orbicolari o oblunghe,
disposte a quinconce sul campo dello scudo, due, una e due;
rappresentavano le ferite da cui colavano a festone delle gocce o dei
rigagnoli di sangue, che talvolta incoronavano con diademi, e che erano
di un aspetto araldico molto più artistico delle immagini realistiche del
cuore o delle membra tagliate88. Soltanto il cuore, ripeto, aveva il
privilegio di aggiungere alla semplice evocazione delle ferite ricevute
dal nostro Salvatore sulla croce l’idea dell’amore che gliele aveva fatte
accettare, e questo semplicemente perché è il Cuore, organo naturale
dell’amore e anche dell’idea dell’assoluto nel sacrificio, perché è il
serbatoio e la fonte del sangue e anche della vita.
È per questo che, sempre nello stesso periodo, esso appare talvolta su
certi scudi senza che le altre quattro sante piaghe siano rappresentate, se
non da ferite orbicolari od oblunghe. Ed è ciò che espresse sul suo
blasone mistico la beata Jeanne de Valois, figlia di Luigi XI89.
Sul bel Salterio Labarre di Marsiglia, anch’esso del secolo XVI, la
ferita laterale è raffigurata da sola, con le sue labbra oblunghe e in tutta
la sua profondità, sul Cuore offeso dalla punta dell’arma. Il Cuore è stato
raffigurato per incorniciare la ferita? Oppure le labbra di questa sono
state rese così ampiamente aperte per mostrarci nel fondo dello scrigno
purpureo il fuoco dell’amore del Salvatore, principio primo della nostra
88 Cfr. lo scudo di Sidmouth Church e di Cambridge, per esempio, nel mio «Les Sources du
Sauveur», Regnabit, agosto-settembre 1923 [trad it. in //giardino del Cristo ferito, op. cit., cap. I].
89 Cfr. Regnabit, n. 2, luglio 1924.
173 SIMBOLI DEL CUORE DI CRISTO
redenzione9?
Padre Hamon descrive e interpreta perfettamente il marchio com-
merciale dello stampatore parigino Pierre Levet, fine del secolo XV, sul
quale il Cuore è rappresentato sulla croce, ferito dalla lancia e circondato
dalla corona di spine. Egli parla anche, un po’ meno felicemente, a mio
umile avviso, di due marchi commerciali degli stampatori Nicole e
Antoine de La Barre, sui quali un cuore fa bella mostra con caratteri
meno decisi, per gli inesperti, dato che i marchi professionali di questo
periodo sono pieni di significati nascosti. Sarebbe stato auspicabile che
padre Hamon conoscesse l'altro marchio di Antoine de La Barre, in cui
figurano tre cuori: in basso, quello dello stampatore; in alto altri due, dei
quali uno è marchiato con la sigla i H s, Jesus, e l’altro con le lettere M
A, Mafia ,0.
Come, ancora, padre Hamon si rifiutò di riconoscere il Cuore di Gesù
sul marchio di Jean Corbon, secolo XVI, quando il Salvatore è
rappresentato nella persona che tiene in mano questo Cuore”?... E come
mai i marchi degli stampatori Vérard e Le Caron, in cui il Cuore di Gesù
marchiato con i H S è posto addirittura all’interno di una preghiera, sono
passati sotto silenziol2?...
Sono molto dispiaciuto di dover segnalare queste lacune, tanto più che
padre Hamon mi assegna una pane davvero importante, parlando di
«veri tesori dell’iconografia» che ho riprodotto su Regnabit. Sarebbe
stata buona cosa se l’illustre gesuita avesse avuto la possibilità di leggere
tutti i fascicoli di Regnabit', infatti, se egli tuttavia parla riconoscendo
senza difficoltà il Cuore del Maestro Divino nella scultura di Langeac,
nella brocca di Poitiers, nella scultura di Bois-Rogues, se contesta il
Cuore del sigillo di Couret e ha delle riserve su quello del torrione di
Chinon, si sarebbe certamente inchinato, se li avesse conosciuti, davanti
a quel Cuore, scolpito sullo stampo per ostie del vescovado di Vich
(Spagna)B, inciso su una ostia da sacerdote al centro della croce, e sul
quale si legge il motto Xristus; oppure di fronte a
' Cfr. il mio «La Blessuredu Coté de Jesus», Regnabit, n. 6, novembre 1923, illustrazione
finale [trad. it. in II giardino del Cristo ferito, op. c7/., cap. XVII].
10
Ho riprodotto questi marchi nello studio «I marchi commerciali dei primi stampatori
francesi» [cfr. nel presente volume].
" Cfr. ibid.
12
Cfr. ibid.
11
Cfr. il mio «Moule à Hostie du XIV* siècle...», Regnabit, n. 4, settembre 1922.
174 SIMBOLI DEL CUORE DI CRISTO
u
Cfr. il mio. «Le marbré astronomique de la Chartreuse de Saint-Denis d’Orques». Regnabit,
n. 9, febbraio 1924 [(rad. it. in 11 giardino del Cristo ferito, op. cit., cap. XVIII].
15
Cfr. René Guénon, «Le Sacré-Coeur et la légende du Saint-Graal», Regnabit, agosto-
settembre 1925, p. 192.
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A PROPOSITO DI DUE LIBRI 175
I raggi del sigillo di Couret non partono dalla croce più di quanto non
siano attorno al cuore che, posti dove sono, non possono avere affatto il
compito di aureolare: essi dunque possono soltanto fuoriuscire dalla
scalfitura fatta al cuore dalla croce piantata sulla sua som-
guità del sigillo o dal metallo, nondimeno resta che essi, razionalmente,
non possono provenire da nessun altra parte.
Il sigillo di Couret, per sua stessa natura e per la sua ornamentazione
incisa, rimanda esclusivamente ai campi della sigillografia e del-
l’araldica religiosa; esso può essere valutato soltanto in conformità alle
regole e allo spirito che reggevano queste arti alla fine del Medio Evo,
ed è ad essi soltanto che bisogna chiederne il significato autentico. Come
quasi tutti gli emblemi di allora, il cuore che vi si vede mi sembra avere
due funzioni: primariamente, quella di fungere da armi parlanti del nome
di Couret che deriva da cceur, secondariamente di portare il pensiero
verso il Cuore per eccellenza, quello del Salvatore Gesù Cristo.
Sicuramente è una questione di valutazione, ma credo che questa sia la
verità.
In tutte queste trattazioni molto cariche di significato, e per le quali è
molto interessante seguire padre Hamon, le nostre personalità di autori o
ricercatori non sono nulla; la sola cosa importante è l'onesta ricerca della
verità. Su questo punto dovremmo essere tutti d’accordo.
90 [«Cuore di Gesù oppresso dai dolori dei peccati, Cuore di Gesù morto sulla croce per amore
nostro», N.d. T. ].
La data, metà del secolo XVI, coincide con l’inizio dell'illustre serie
di sette grandi abbadesse, tutte uscite dalla casa reale di Francia, che si
tramandarono molto dignitosamente la croce di Fontevrault; e di per sé,
il giglio di Francia ai piedi della croce, molto verosimilmente induce ad
attribuirlo ad una di esse91.
La più antica testimonianza che conosco del culto del Cuore di Gesù a
Loudun può essere attribuita al terzo quarto del secolo XV. Si trovava in
una casa molto interessante dell’epoca, tutta in legno e ardesia con i
travicelli a graticcio incrociati esternamente; situata all’angolo di rue de
la Poulaillerie e rue de la Boucherie, di fronte a rue de la Porte de
Chinon, fu deplorevolmente demolita intorno al 1900, per fare posto a
un banale magazzino moderno!
Sulla tromba delle scale a chiocciola, due pannelli scolpiti in una
cornice rettangolare erano ornati da una losanga i cui quattro angoli
avevano ognuno un ornamento gotico trilobato; una di queste losanghe
portava una croce fatta da quattro martelli riuniti dal manico a un
medaglione centrale sul quale si leggevano le due lettere gotiche p n,
monogramma di un artigiano.
Sull’altro pannello, la losanga conteneva al centro di una croce un
cuore in rilievo stiacciato sul quale erano tracciate profondamente le
cifre gotiche di «Jesus»:
i f)
Lo riporto qui dallo schizzo ritrovato fra le carte di un archeologo
loudunese, il dottor Gilles de La Tourette, che lo fece sul retro di una
lettera a lui indirizzata con il timbro postale 26 maggio 1867. Non vi è
1
Ho già riprodotto la losanga centrale di questo pannello in «Le sceau d'Estème Couret et les
Emblèmes bas-poitevins du Sacré-Cceur», Revuedu Bas-Poitou, 1917. dubbio che nel
secolo XV un cuore posto sulla croce e caricato del monogramma del
Nome di Gesù avesse lo scopo di rappresentare il Cuore del Signore.
Probabilmente va riconosciuto al secolo successivo l’abbozzo assai
singolare di una immagine del Cuore ferito che, pur non essendo pro-
priamente una fine opera d’arte, nondimeno rimane un espressivo atto di
fede.
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ICONOGRAFIA ANTICA DEL CUORE DI GESÙ A
LOUDUN 187
Anticamente, la nostra chiesa di Saint-Pierre du Marché, nelle im-
mediate vicinanze, possedeva due o tre case vicariali; una di queste è
incassata esternamente in una rientranza formata dalla tribuna del-
l’organo e dal fonte battesimale; era la dimora del vicario guardiano; ciò
che spiega come mai dalla principale camera da letto della casa una
finestra, oggigiorno murata, guardasse verso l’interno della chiesa,
assicurando così una guardia notturna.
Molto probabilmente risaliva anch esso agli inizi del secolo XVIII e,
se io dovessi illustrare il testo, è la lira mistica delle calvariane di Lou-
dun che riprodurrei nel frontespizio: non è al tempo stesso l’emblema
della melodia religiosa e quello deH’«amore del nostro Salvatore»? 94
94 E se dovessi progettare una bandiera per una società musicale cattolica, sarebbe sempre
il disegno di questa lira che utilizzerei.
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190 SIMBOLI DEL CUORE DI CRISTO
Non fu tuttavia per merito dei gesuiti che nel secolo XVIII, appena
dopo gli avvenimenti di Paray-le-Monial, Loudun divenne un vero
centro di rinnovamento regionale della pietà verso il Cuore ferito di
Gesù, e di diffusione delle immagini; questo onore spetta alle religiose
della Visitazione.
Fig. 5.
Fig. 6. Ferro da marchiatura del monastero della Visitazione, secolo XVIII, Loudun.
-2-
Fig- 1.
—3—
Fig. 2.
Fig. 3.
200 SIMBOLI DEL CUORE DI CRISTO
Fig. 4. Marchio di Pierre Levet, stampatore a Parigi (fine del secolo XV).
Inciso su legno da Charbonneau-Lassay, tratto dalla riproduzione fornita da Claudin,
Histoire de l'imprimerie en France, Bibliothèque de l’Arsenal, Parigi.
Da secoli, mani cristiane incidevano, cesellavano, dipingevano l’ado-
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IL CUORE FERITO DELLA CHIESA DI LANGEAC (1526)
201
rato Cuore di Gesù Cristo; da molto tempo blasoni scolpiti sui muri dei
chiostri e delle chiese, sulle tombe e sugli arredi, ripollavano le mani e i
piedi trafitti del Salvatore attorno al suo Cuore ferito.
Quarantanni prima che il capitolo di San Gallo facesse scolpire gli
stalli della collegiata, uno stampatore parigino, Piene Levet (1487-
1491), prendeva come marchio e firma commerciale un grande scudo
che accentrava così nel Cuore di Gesù, nel centro della sua corona
dolorosa, gli strumenti delle Cinque Piaghe principali.
E se l’arte del blasone può forse accordare una superiorità allo scudo
di Langeac, su quello di Levet i due sono da mettere a confronto con
l’espressione araldica di uno stesso pensiero di pietà, di un identico
modo di rappresentare il Cuore del Salvatore, in quanto fonte della
nostra redenzione e ricetto sensibile delle infinite sofferenze di Gesù
morto per noi.
Quale unica decorazione, questo vaso polla sul collo il viso radioso
del sole e, alla base, il Cuore di Gesù, la cui estremità inferiore si pro-
lunga nel tubo di sbocco da cui fluisce all’esterno il liquido contenuto. Il
Cuore è sormontato da una croce collocata fra due fiamme rigide,
bruscamente incurvate ad arco; è dunque indubbiamente l’effigie del
Cuore di Gesù Cristo.
A prima vista, la trasformazione del Cuore Sacro in volgare tubinetto
da fontana sembrerebbe di una audacia piuttosto infelice, per non dire
assolutamente irriverente; tuttavia, per poco felice che sia il simbolismo
del secolo XVII, il più delle volte anemico discendente di quello del
Medio Evo, mi sembra che in questo caso abbia raggiunto una dirittura e
una pienezza di significato inusitate, perché si è rifatto direttamente ai
Libri sacri e non allo sdolcinato sentimentalismo che quasi sempre gli ha
male giovato.
Ritengo che sarà il puteale di un pozzo, più antico della broccafontana
di Poitiers, a darci la soluzione dell’enigma del Cuore.
HA V R I ETB
AQ.V A M IN*
GAV D I 0 ♦ DE
FONTI
t A V ATORI 5
Fig. 2. Iscrizione da un pozzo del secolo XVI, castello di Bois-Rogues, Loudun
(Vienne).
Ancora nel secolo XIX, sulla corte d'onore del castello di Bois-
HAVRIETLS AQVAS
IN GAVTDIO DE FONTI
BVS SALVATORIS ISAYAE II
1
Ho già citato questo documento in L'Echo de Saint Gabriel, 1904, p. 8.
Ecco, dunque, l'idea che nella prima metà del secolo XVI ha indotto
brani con i quali il grande abate mostrava ai suoi monaci del secolo XII
«le sorgenti del Salvatore», la «sorgente di misericordia» che purifica, la
«sorgente di sapienza» che appaga l’anima, la «sorgente di grazia» che
irriga e fa crescere, la «sorgente dello zelo» alla quale il cuore del
cristiano va ad attingere il suo ardore. E il grande mistico aggiunge:
«Vedete se queste non sono le fontane di cui aveva parlato Isaia:
"Attingerete con gioia alle acque delle sorgenti del Salvatore”». Poi,
dopo aver contemplato le quattro sorgenti che egli paragona alle piaghe
delle quattro membra di Gesù crocifisso, il santo si raccoglie in
preghiera e volgendo lo sguardo verso la piaga aperta del Cuore, la
definisce sorgente suprema, quella della vita, quella autentica, che per
l'uomo ha inizio esalando dal petto l’ultimo respiro.
È per questa ragione che ritengo certo che, se il grande abate di Ci-
teaux avesse visto il vasaio del Poitou modellare nell'argilla il cuore-
fontana che decora Fidila degli Antiquari dell'Ovest, si sarebbe inchi-
nato davanti a quella immagine evocatrice e avrebbe mormorato
Haurietis aquas di Isaia.
95 Si conoscono solo sei o sei te pezzi interi delle maioliche di Oiron, che sono state clas-
Questa sorgente purpurea aperta nel cuore dal volatile che, per suo
tramite, ridona l'esistenza a degli esseri morti, è forse una concezione
diversa dalla quinta sorgente aperta nel fianco divino, di cui parla san
Bernardo? Infatti, non dimentichiamo che nell'iconografia cristiana del
Medio Evo, dal secolo X al Rinascimento, il pellicano che si becca il
cuore per aprirselo è un emblema della Redenzione rivivificante e non
dell'eucaristia.
Ascoltiamo Guillaume de Normandie, uno dei maestri più fidati di
simbolismo del secolo XII, il quale, nel suo Bestiaire divin, ci dice:
I piccoli di pellicano, divenuti grandi, feriscono con il becco il padre e questi,
giustamente in collera, li uccide; tre giorni dopo, però, ritorna da loro, si trapassa il
fianco cosicché il suo sangue, versato su di essi, li riporta in vita.
sificate nella collezione Rothschild e nelle antiche collezioni Sauvageot e Dutuit, che si trovano al
Louvre. Soltanto il candeliere di maiolica smaltata con le iniziali di Enrico II fu acquistato da
Dutuit alla fine del secolo XIX per 91.000 franchi. Questo per dire la magnificenza dei pezzi e il
loro attuale esorbitante valore.
’ Cfr. C. Hippeau, Le Bestiaire Divin de Guillaume, Clerc de Normandie, Hardel, Caen, 1852,
VI. p. 93 e p. 207.
ke *
Fig. 2.
rona e dal quale si dirama una gloria di raggi. La sommità del Cuore
sostiene una croce alta che domina l’insieme e che a sua volta è cinta da
una grossa corona spinosa.
Non so se questo Cuore sia assolutamente contemporaneo all’altare
che lo porta, ma l’aspetto più anatomico rispetto a quello di Carta- gena
mi indurrebbe ad attribuirlo, soprattutto se fosse francese, soltanto alla
prima patte del secolo XVIII.
Fig. 3. Stampo per ostie, secolo XVII o XVIII. Museo Episcopale di Vich.
L’incisione qui presente è la riproduzione di un rilievo a frottage, le
linee bianche indicano quelle cave dello stampo, le quali apparivano in
rilievo sull’ostia.
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218 SIMBOLI DEL CUORE DI CRISTO
nulla, dato che era necessario per far circolare il metallo liquido nello
stampo: le bande che collegano i bracci della croce ai montanti della
lettera H, non hanno altra ragione d'essere. E il rilievo che cinge il cuore
è una corona di spine o un vaso sanguigno?... Ciò che è sicuro è che il
posto che occupa sotto al monogramma ne fa piuttosto un cuore da
fedele. È il momento di ricordare una regola che vale nel novanta per
cento dei casi:
a) Quando un cuore, infuocato o meno, è posto sopra al monogramma
i H s o ad un motivo artistico di ordine sacro quali ostia, calice, croce o
trofeo degli strumenti della Passione, ecc., o quando fa tuttìmo con, è
una immagine quasi sempre cella del Cuore di Gesù.
b) Quando un cuore è posto sotto a tali motivi artistici, si dice allora
che «è in adorazione o in ossequio», ed è quasi sempre l’immagine del
cuore cristiano che esprime amore, ardore, fedeltà.
1
Cfr. don Buron, «La Vénérable Rémuzat», Regnabit, ottobre 1922.
LCL
Fig. 1. Riduzione a un terzo della grandezza reale.
Nel suo eccellente articolo «A Paray, devant une vieille pietre» 98, pa-
dre Anizan ci ha indicato il significato da dare a questo dardo lanciato
dall’alto sul Cuore del Salvatore e che una incisione su legno del secolo
XV ci mostra nella mano del Padreterno mentre ferisce il Cuore del Fi-
glio99: esso permette la nostra redenzione mediante le sofferenze mortali
della Passione, riassunta nella ferita che la freccia fa al Cuore.
Sul libro dei Penitenti marsigliesi, la lettera ornata che comincia la
notazione musicale dell’inno dei Vespri, CorJesu melle dulciti’, una C
in
98 Cfr. padre Anizan, «A Paray, devant une vieille pierre», Regnabit, dicembre 1921.
99J Cfr. ibid.
100 Cfr. il capitolo «Documenti spagnoli del XVII secolo» [nel presente volume].
1
[«Cuor di Gesù, Cuor di Maria vi dono il cuore e l'anima mia, / Cuor di Gesù, Cuor di Maria
assistetemi nell’ultima mia agonia, / Cuor di Gesù, Cuor di Maria fate che io muoia in vostra
compagnia», N.d.T.]-
li cuori e le due estremità ne portano quattro grandi, le cui dimensioni
più considerevoli rispondono soltanto a una preoccupazione di ordine
decorativo; tutti quanti sono solo delle immagini del cuore fedele.
I cuori che decorano la croce di Saint-Jean d’Angely sono di latta
dorata; quelli che decorano i lati della croce sono un terzo più piccoli di
quelli davanti.
Per la cortese intermediazione di don Dougny, l’arciprete di Saint-
Jean ha avuto la gentilezza di comunicarmi tre dei piccoli quadrati di
carta che riportano all'interno i nomi dei donatori. Su uno di essi, si
legge: Aglaè de [...]; sull’altro, Le Bar [...] Louis d’ [...] ale; il terzo è
completamente illeggibile. È chiaro che sono i nomi dei donatori e i
cuori che li contengono possono essere soltanto gli emblemi dei loro
cuori. Tutti sono sormontati dalla croce.
Fig. 3. Poitiers, stampo (chiuso) per la fusione dei cuori. Collez. Fr. Eygun, due terzi
della grandezza reale.
Fig. 4. Poitiers, uno dei cuori prodotti dallo stampo della collezione Eygun, lato interno,
grandezza reale.
del più vicino incrocio un cuore, all’interno del quale si scriveva spesso il nome del
neonato101.
.JoFRE MON
ACJESUS CWR.IST.
Fig. 6. Jallais (Maine-et-Loire), iscrizione interna di un cuore votivo, grandezza
reale.
Uno dei più antichi autori, che al di qua dei Pirenei si sono occupati
del significato del blasone regale portoghese, Antonio Ginther, curato di
Saint-Croix a Biberac (Wurttemberg), stranamente si sbaglia
sull’argomento.
Questo blasone, nel linguaggio araldico regolare si legge così: D'ar-
gento ai cinque scudi d azzurro posti in croce, caricati ciascuno da cin-
que bisunti d'argento in decusse; alla bordura di rosso caricata da sette
castelli castigliani d argento, ammattonati di nero ’.
' Cfr. M.L., Nouvelle Méthode raisonnée du blason ou de l’Art Héraldique dii P. Méne- strier,
Bruysset-Ponthus, Lione, 1770, p. 394; aggiungiamo che dall’inizio del secolo XVII, i castelli di
Castiglia del blasone regale portoghese si semplificarono in sette toni distinte; i
documenti più antichi riportano dei castelli con un numero maggiore; così, le armi araldiche
portoghesi sul quarto marchio dello stampatore parigino Gilles Hardouin (1491-1521) riportano
dodici torrioni. Nello stesso periodo, i castelli di Castiglia sulle armi araldiche del conte del Poitou
hanno subito una simile semplificazione.
2
Antonio Ginther, Speculimi amoris et doloris in sacratessimo ac divinissimo Corde Je- su,
J.J. Lotteri, Augsbourg, 1731, p. 68.
segno, già plurisecolare, delle Cinque Piaghe, vale a dire i cinque tondi
d’argento in decusse, che altro non sono se non la stilizzazione delle
cinque ferite3. Ma Ginther va oltre la verità, quando aggiunge che il
nuovo re mise anche l’immagine del Cuore di Gesù.
So bene che la spiritualità, la mistica, la letteratura pia possono dire,
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234 SIMBOLI DEL CUORE DI CRISTO
spesso a ragione, che la piaga del costato di Gesù è comunque il suo
Cuore. L’iconografia non ammette questo genere di interpretazione,
nemmeno l’araldica; per esse la piaga del costato è la rappresentazione
naturale o stilizzata della ferita superficiale del corpo del Salvatore e
nulla più; non è la piaga del Cuore e quindi non è il Cuore; essa è
soltanto il passaggio esterno della vita di grazia aperto dal l'arma del
soldato e può evocare il Cuore, ma non lo rappresenta. Il re Alfonso non
mise il Cuore di Gesù sul suo blasone, come a torto hanno ripetuto molti
autori francesi, da Ginther in poi.
102 E non dei bisanti (tipo di moneta orientale), come dicono i trattati sul blasone da tre
secoli in avanti.
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L’IMMAGINE DEL SACRO CUORE 235
Anticamente Ferdinando, re del Portogallo, prese come simbolo di famiglia 103 104
due cuori, il Sacratissimo Cuore di Gesù, ferito e crudelmente trapassato dal ferro
della lancia e, vicino a questo divino Cuore, a sinistra, il suo cuore senza ferita con
le seguenti parole: Curnon utrumque, Perché non entrambi...
«Cur non utrumque». Ciò che gli iconografi e i mistici hanno tradotto:
perché non saranno feriti entrambi.
Riproduco qui l’immagine in questione del libro di Ginther, da un
calco di don Buron. Devo sottolineare che vi è disaccordo fra il testo
dell’autore e l'incisione che lo accompagna: l'emblema regale, composto
nel secolo XIV, è trattato in uno stile decisamente secolo XVIII e non vi
vedo affatto una lancia, ma una spada; e il secondo cuore è vulnerato
come l'altro. Il primo si mostra glorificato da una corona di rose, fiori
della Passione, il secondo porta delle spighe mature; è il caso di
ricordare che il frumento, talvolta, ha simboleggiato la Terra, della quale
è il frutto più prezioso.
I simbolisti e gli autori portoghesi riconoscono nel primo di questi due
cuori quello del Salvatore e nell’altro quello del re Ferdinando e,
malgrado il carattere enigmatico dell’emblema in questione, non vedo
proprio quale ragione precipua potrebbe imporci il rifiuto della loro
opinione. Gli uni riconoscono, nella giustapposizione del cuore regale,
del Cuore Divino e nella divisa, l’espressione del desiderio che ebbe il re
di partecipare misticamente alla ferita del Cuore di Gesù; gli altri, al
contrario, vi vedono il simbolo del Cuore di Gesù «che penetra il cuore
del sovrano portoghese, fino dentro ai suoi pensieri e nelle sue pieghe
più recondite»5.
Sappiamo che il Cuore di Gesù fu rappresentato nella penisola iberica
prima del regno di Ferdinando che morì il 22 ottobre 1383, e lo stampo
per ostie gotico con reminiscenze di arte romanica del Museo Episcopale
di Vich, dove ci appare solo sulla Croce del Calvario, ne è una
incontestabile testimonianza6.
0
Cfr. il mio «Moule à Hostie du XIV* siede au Musée Episcopal de Vich», Regnabit, n. 4,
settembre 1922.
7
Cfr. L'Art Catholique, Place St.-Sulpice 6, Parigi.
ne di alleanza da un’antica incisione su legno, un tempo del defunto Guy
Jouanneaux, che fu un fine letterato del Poitou; anch'essa rìsale
probabilmente al secolo XVII, ma i due blasoni accomunati sono stati
certamente copiati dall’incisore da un documento del secolo precedente.
Nel coro della cappella di San Giorgio del castello reale di Windsor,
alla sommità dello stallo dei sovrani inglesi, che è dell’inizio del secolo
XVI, e sopra al posto della regina, il Cuore di Gesù, circondato dalla
corona di spine e afflitto da una ferita dalla quale esce un fiotto di
sangue, si mostra glorioso fra l'Agnello immolato sul Libro dell'Apo-
calisse con i suoi sette sigilli, e la mano divina che lo addita all’adora-
zione di tutti.
Produco qui la sua rappresentazione traendola dall’opera del reve-
rendo padre Alet105. Avrò modo di riparlarne dallo stretto punto di vista
archeologico e cronologico, ma ora voglio sottolineare soltanto il fatto
che, se il Sacro Cuore non è circondato dallo scettro, dalla corona e dalle
altre insegne della regalità, la mano, che qui lo ha voluto, lo
ha posto al di sopra di tutti gli attributi supremi che egli domina, in cima
al trono occupato dalla maestà regale in preghiera davanti all'onnipotente
Maestà Divina.
9 Cfr. «Les Sources du Sauveur», Regnabit, n. 3-4, agosto-settembre 1923 [trad. it. in //
giardino del Cristo ferito, op. cit. ].
L’IMMAGINE DEL SACRO CUORE 239
sriale p
Dame de Confort, Le trésordes pouvres selon maistre Amoult de Villeno-
ve, maistre Bérard de Solo et plusieurs aultres Docteurs en médicìne de
Montpellier». La prima pagina di quest opera, interamente incisa su le-
gno, è ornata dall’immagine di un dottore insediato nella sua cattedra
carica di libri, e un angelo ci presenta sopra un cartiglio il suo nome:
«Maistre Amoult de ville nove». Sotto a questa composizione si trova il
suddetto titolo in cui il capolettera, una L maiuscola, si accompagna a
uno scudo caricato di un cuore sormontato dalla corona.
" Cfr. il capitolo «I marchi commerciali dei primi stampatori francesi» [nel presente volume].
marchio di devozione di ispirazione particolare, dovuta allo stesso
sentimento che fece nascere il disegno raffigurante il Cuore di Gesù che
l’abbadessa Flandrine de Nassau (1579-1640) fece eseguire su tutti i libri
manoscritti della sua Abbazia benedettina di Sainte-Croix a Poitiers; a
meno che la Bibbia di La Roche-Clermault non sia un relitto del grande
monastero della Visitation di Loudun, la cui biblioteca e numerosi
oggetti devozionali sono stati dispersi in tutta la regione durante la
Rivoluzione.
Fondato nel 1648, questo monastero è stato uno dei primi ardenti
centri di diffusione delle immagini del Sacro Cuore in tutto il paese; ma
voglio sottolineare che questa ipotesi sullorigine del blasone di La
Roche-Clermault è solo una possibilità, a tutt oggi priva di ogni sostegno
documentario.
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L’IMMAGINE DEL SACRO CUORE 241
Fig. 8. La Terra nel Cuore di Gesù. Motivo centrale di una incisione tedesca del 1708 -
Hiéron, Paray.
perfide del quale vi sono tre gigli di Francia. Dai piedi della croce
partono due ghirlande vegetali; il tutto è leggermente consumato dal
tempo.
Che interpretazione dare a questo motivo?
Può trattarsi dell’immagine del cuore di chi lo fece scolpire e che
volle in tal modo proclamare il suo doppio e vivo amore per la religione,
simboleggiata dalla croce, e per la casa reale di Francia; oppure è il
Cuore di Gesù - sebbene non porti traccia del colpo di lancia - e, anche
guardandolo con gli occhi dell'epoca che lo ha prodotto, è certo alla
prima ipotesi che viene da pensare; il Cuore di Gesù alla protezione del
quale un fedele soggetto confida la persona del suo re, una sorta di
«Domine salvum fac Regem» cantato dallo scalpello; «Che Dio vi
custodisca» scrivevano a tal proposito i nostri antichi re ai loro sudditi
chiudendo le loro lettere, «Che Dio custodisca nel suo cuore il nostro
Re!» sembra rispondere qui il notabile di Fréjus che con questo grazioso
medaglione contrassegnò la sua porta...
Ebbene, quali conclusioni possiamo trarre dai documenti iconografici
che abbiamo esaminato?
’ Cfr. C. Pulchaud, «L Hisloirc d’un drapeau vendéen. L'insurrection d'aout 1792», Revue du
Bas-Poitou, 1899; cfr. pure H. Bagucnier Desormeaux, «Le Premier Drapeau de la Vendée
Catholique et Royaliste», Revue du Bas-Poitou, 1921, voi. II. dremo come mai queste
ultime insegne si trovassero così facilmente nelle loro mani, già pronte.
L’indomani, sono milleduecento. Dice un documento dagli Archivi di
Angers: «Portano tutti delle coccarde bianche decorate con delle
medagliette quadrate in stoffa sulle quali sono ricamate varie figure di
piccoli cuori trafitti da lance e da altri segni del genere»108.
A partire da quel giorno e per tutta la durata della «Grande Guerra»
così come durante la corsa alle armi del 1815 e nell'insurrezione degli
chouans del 1830, la coccarda bianca e il Sacro Cuore furono i segni di-
stintivi e inseparabili del combattente vandeano. I capi vi aggiungevano
solitamente la cintura o la sciarpa bianca. Poco dopo, tutto il paese - da
Angers all'Atlantico, da Parthenav a Nantes e da Bressuire a Lucori -
correva alle anni, e Jacques Cathelineau, acclamato generalissimo delle
«Armate Cattoliche e Reali» dai grandi signori e dai contadini, vide
accettare ovunque senza contestazioni la pia immagine che nella sua
capanna aveva assunto il carattere di insegna ufficiale della rivolta, con
titolo pari almeno a quello della coccarda reale.
Coincidenza singolare, negli stessi giorni - il 15 marzo 1793 -, a una
certa distanza da Pin-en-Mauges, nel Poitou, il cavaliere Saint- Laurent
de la Cassaigne spediva alla signorina de la Rochejaquelein una dozzina
di Sacri Cuori dipinti da lui stesso. La lettera che accompagnava la
spedizione conteneva queste parole: «Vi mando una piccola provvista di
Sacri Cuori che ho disegnato per voi. Sapete che le persone che hanno
fede in questa devozione riescono in tutte le loro imprese [...]. E una
devozione consolidata che si pratica in modo vantaggioso da molti
secoli»109.
de la Rochejaquelein: "Il signor de la Rochejaquelein mandò il suo domestico da sua zia, che stava
soltanto a quattro o cinque leghe da Herbiers. Costui fu arrestato a Bressuire e su di lui venne
trovata una lettera del signor de la Cassaigne per mademoiselle de la Rochejaquelein, di cui era
parente e amico, e una dozzina di Sacri Cuori dipinti su carta. La lettera era molto corta e conteneva
praticamente soltanto questa frase: 'Vi mando, mademoiselle, una piccola provvista di Sacri Cuori
che ho fatto per voi. Vi prego di notare che tutte le persone che fanno forza su questa devozione
riescono in tutte le loro imprese'. Vi erano queste parole, testualmente; per la precisione, gli insorti
avevano tutti un Sacro Cuore appuntato ai loro abiti; noi lo ignoravamo completamente’’»
(Mémoires, ed. or., p. 103-104, di F. Uzureau, direttore de L’Anjou Historique).
lein poi, è un drappo verde cupo con un grande cuore fatto di una sorta
di lanugine gialla; la ferita è rappresentata da tre «punti» lunghi e
paralleli in lana rossa.
Attribuito a un oggetto, il giallo - colore dell’oro presso i contadini
dell’Ovest - è una sorta di glorificazione del medesimo, essendo l’oro il
re dei metalli e la sua tinta, ai loro occhi, la più stimata fra i colori.
Un pezzo di passamano bianco permetteva di appenderlo alla veste
con una spilla o con ago e filo.
Raffiguro qui tale insegna a grandezza naturale.
Gli archivi della Prefettura di Lavai conservano molti «scapolari» del
Sacro Cuore trovati sui prigionieri e i morti vandeani, all’epoca della
spedizione al di là della Loira; tutti, salvo uno di cui parleremo più
avanti, sono semplici come quello di Guignard: un cuore rosso su stoffa
nera o bianca, e niente di più.
Devo alla cortesia del dottor G. Fiévé di Jallais (Maine-et-Loire) il di-
segno inedito a grandezza naturale di un «Sacro Cuore» conservato dalle
sue parti e che si compone di un quadrato di stoffa bianca con un cuore
rosso sormontato da una croce scura. Attorno al cuore, l'iscrizione DIEU
ET LE ROI afferma il carattere religioso e monarchico dell’eroica rivolta
vandeana.
Lo stesso grido dell'anima si legge anche su un «Sacro Cuore» della
collezione Parenteau, oggi al Museo Archeologico di Nantes.
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250 SIMBOLI DEL CUORE DI CRISTO
110 Parenteau, «Médailles Vendéennes», Revue des Provinces de l’Ouest, n. 57, 1866, tira-
tura a parte, p. 8.
111 Cfr. ibid.
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252 SIMBOLI DEL CUORE DI CRISTO
Ecco ciò che scrive in proposito Parenteau ne\Y Inventai re della sua
collezione:
Sacro Cuore in stoffa bianca posto su drappo nero con ricami in seta colorata. Nel
campo, Cristo in croce con due Sacri Cuori ardenti ricamati in seta rossa. La
legenda LE ZÈLE DU SEIGNEUR vous DÉVORE. Sopra, nastro in seta bianca per
appenderlo. Grandezza naturale.
«Questo cuore ricamato è quello che portava Stofflet il giorno in cui fu arrestato
dai Repubblicani. Esso mi è stato dato da A. Dupuv-Vaillant, sostituto procuratore
generale della Corte d’Appello di Poitiers, il quale lo aveva ri
L’ICONOGRAFIA DEL CUORE DI GESÙ fi) 253
Fig. 6. Lo pseudo «Sacro Cuore» portato dal generale vandeano Stofflet grandezza reale.
otetto da eoe
254 SIMBOLI DEL CUORE DI CRISTO
paese che comandava Stofflet. La divisa che essa porta sembra addirittura un sunto di quella del grande Ordine dei Carmelitani:
Zelo ze- latus sum prò Domino Deo exercitum («Sono stato divorato dallo zelo
I martiri
Cuore vandeano sequestrato dopo la battaglia di Savenay alla mia prozia materna
Catherine Joussemet, ex religiosa dell’ordine di Notre-Dame, che aveva seguito
l’esercito cattolico al di là della Loira.
Su di essa furono trovati duecento cuori o poco più, sempre disegnati da lei.
Citata per questo davanti alla commissione militare di Nantes, fu condannata a
morte e fucilata.
Catherine Joussemet de la Longeais era nata a Roche-sur-Yon; al momento della
sua morte aveva compiuto cinquantasette anni.
legittimo. Così, quando in un giorno di odio e di cecità si arrivò a prendersela con gli unti del Signore, con tutto ciò che
rappresentava Cristo nello Stato e nella Chiesa, questo popolo si sollevò dai bocages112 fino al fondo delle sue forre. Esso si levò per
difendere tutto ciò che egli amava, tutto ciò che rispettava; e il mondo fu testimone di un lutto tale come non se n’erano visti di simili
dal tempo dei Maccabei».
Ecco la chiave dellenigma che Barère, alla seduta della Convenzione
del primo ottobre 1793, chiamava «l’inspiegabile Vandea».
Dunque, da un secolo almeno gli «scapolari» del Sacro Cuore erano
in uso. Dal 1705, nella chiesa di Beaufou - diocesi di Lu<;on - si ve-
nerava un quadrato in stoffa bianca dal contorno tutto frastagliato; al
centro si vedeva un piccolo cuore di stoffa rossa sormontato da una
croce. Questo cuore era circondato da una specie di corona di spine e
alcune gocce di sangue vi colavano.
«A quel tempo tutti i parrocchiani di Beaufou ne portavano sul petto
all’altezza del cuore uno simile a quello della chiesa. Più tardi, molti
uomini sostituirono il cuore di stoffa con uno di piombo; sovente si
rinvenivano assieme alle ossa dei morti»113.
Uno dei primi interventi reali fu di rendere onore alla povera famiglia
e al nome di Jacques Cathelineau... L'eroe di Pin-en-Mauges era morto a
causa della gloriosa ferita riportata nel combattimento di La Tremblaye,
nei pressi di Cholet, il 29 giugno 1793. Delle lettere reali concessero al
figlio dell’eroico contadino un posto d'onore fra la nobiltà del regno,
assieme a un blasone da vero cavaliere.
E che blasone! D’azzurro all’asta gigliata posta in banda alla fiam-
ma 10 d’argento caricata di un Sacro Cuore di rosso, cimato da una
Fig. 10. Armi araldiche concesse da Luigi XVIII ai discendenti di Jacques Cathelineau.
cappello e il Cuore di Gesù sul cuore dei suoi primi ventisette compagni
d'arme.
Dovettero essere queste due insegne e il punto in cui erano state poste,
che alcuni giorni dopo ispirarono la superba replica dei vandeani di
Maulévrier, che uno degli ufficiali della duchessa di Berry trovava bassi
di statura: «In Vandea, Signore, gli uomini si misurano dalla testa al
cuore...».
In tutto il suo sussulto di eroismo e nella sublime prova, il culto ar-
dente del Cuore di Gesù fu per la Vandea grande rifugio e grande
sprono. Vedremo che il portare l’insegna ufficiale di cui ci siamo oc-
cupati non fu la sola manifestazione esteriore e materiale, ma che tutta
una serie di oggetti molto caratteristici nacque dall’ardente devozione di
un popolo che donò il suo sangue per difendere il suo Dio, i suoi re.
Un semplice post scriptum a quanto detto sulle insegne di apparte-
nenza allarmata vandeana dette «scapolari del Sacro Cuore»: dopo le
guerre controrivoluzionarie, ancor più che nel secolo XVIII, l'uso del
Fig. 11. Croce commemorativa innalzata nei pressi del castello di La Chabotterie, a
Saint-Sulpice-le-Verdon (Vandea), nel punto in cui Charette, ferito, fu fatto prigioniero
dai Rivoluzionari. Sullo zoccolo: QUI FU CATTURATO DAL GENERALE TRAVOT IL GENERALE VANDEANO
FRAN^OIS-ATHANASE CHARETTE DE LA CONTRIE, IL 23 MARZO 1796.
Cuore di Gesù su stoffa, in Vandea, fu un emblema al quale rimase
affezionata la devozione popolare.
Fig. 12. Sacro Cuore portato da S.E. il cardinale Place, arcivescovo di Rennes.
’ Ricordiamo che con il nome di «Vandea Militare» si designano tutte le parti del Poi- tou,
dell’Anjou e di Nantes che si coalizzarono contro la Rivoluzione per la difesa armata dei diritti
legittimi della Chiesa e del re di Francia.
ze - poteva forse il più illustre casato del Poitou trovarsi lontano dalla
lotta?
L antico sangue poitevin che secoli prima aveva dato dei re ai troni di
Gerusalemme, Cipro e Armenia, scorreva all’epoca in mezzo a noi, nelle
vene di un giovanetto: Tite-Marie-Louis, conte di Louhé- Lusignan. Egli
non aveva ancora compiuto i quindici anni, quel giorno di marzo 1794
che lo vide lasciare il castello materno di Villemort, non lontano da
Poitiers, per correre a raggiungere «l’esercito cattolico e monarchico»,
nella Vandea centrale. E tale fu la sua giovane audacia e la sicurezza del
suo buonsenso militare, che il 10 maggio 1795 fu nominato capitano di
cavalleria dello stato maggiore vandeano.
Fig. 1.
Fig. 2.
pallido lo circonda, sopra alla quale si erge una grande croce argentata a
punto catenella, che parte dal Cuore. Nella parte bassa dell’insegna, due
fioroni lavorati come la croce.
Con la sua stoffa stinta, le dentellature sfilacciate, un angolo strap-
pato, lo «scapolare» di Jean de Razilly ha l’aspetto magnifico di una
vecchia bandiera che ha fatto la guerra. Appena diciannove anni dopo,
potrebbe avere decorato il petto di quell altro marchese di Razilly -
Michel-Robert, zio di Jean e ufficiale di marina come lui - il quale, dopo
essersi arruolato nel reggimento degli Émigrés de Condé, passò in
Inghilterra per giungere in soccorso dei vandeani e fu abbastanza
fortunato da sfuggire al massacro dopo il combattimento di Quiberon.
Nell’esaminarlo, tutto lo fa pensare.
Fig. 4.
irotetto da copyright
L’ICONOGRAFIA DEL CUORE DI GESÙ (W 269
ria e terribile spada da stocco con il manico di una padella e che fu, con
lamico Texier di Courlay, uno dei più bravi compagni di La Ro-
chejaquelein e uno degli artefici della vittoria di Boismé; come Jacques
Vendangeon, detto «Jacques le Sabreur», che ebbe la magnanimità di
fermare le persone della sua parrocchia, quando volevano uccidere
coloro che avevano appena messo a morte suo padre, la sua famiglia, i
suoi amici, perché questi massacratori si erano costituiti prigionieri;
come il capitano di Cerqueux-de-Maulévrier e Devaux che prese parte a
cinquantasei battaglie, e padre Francois Suire che morì martire; come
molti altri, e soprattutto Piene Bibard, il capitano della Tessouaille che
fu uno dei più ammirevoli contadini della Vandea: prigioniero da nove
giorni a Fontenay-le-Comte e brutalizzato senza tregua da un carceriere
bestiale, Bibard, non appena la città venne conquistata dai vandeani,
prese il carnefice sotto la sua protezione e gli salvò la vita.
Nell’apprendere dagli altri prigionieri questo gesto di grandezza
d’animo, La Rochejaquelein si getta al collo del contadino e lo abbraccia
gridandogli davanti a tutta l’armata: «Caro vecchio Bibard, non avrei
voluto per niente al mondo che ti fossi dimostrato meno generoso».
Quale abbraccio rituale valse mai per un barone dei tempi epici, quello
del glorioso marchese vandeano al contadino Bibard! Posso quindi
ripetere che questi contadini armati avevano degli animi da veri
cavalieri! Dopo il sacrificio dei loro beni e quello della loro vita, molto
spesso seppero fare il sacrificio più difficile, dei loro sentimenti più
naturali, più legittimi. È per questo che talvolta sbocciavano sulle labbra
di quei semplici delle sentenze che Corneille avrebbe adorato!
Ecco ciò che furono i cuori dei vandeani coperti dai Cuori di Gesù!
Fig- 5.
E vedendo che era già morto, i soldati non gli spezzarono le gambe. Ma uno dei
due gli aprì il costato con una lancia e ne uscì sangue misto ad acqua (Gv 19,33-34).
Fig. 6.
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272 SIMBOLI DEL CUORE DI CRISTO
seconda rivolta, e accresciuta allora dalla grande croce più recente della
parte ovale, comunque antica.
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Capitolo 28
L'iconografia del Cuore di Gesù
negli eserciti controrivoluzionari della Vandea
(III. Documenti vari. L’Ordine di san Michele degli chouans)
Eccone alcuni fra quelli che ci sono rimasti115 116: dagli esordi della Ri-
voluzione, due anni prima della rivolta armata, quando già gli oggetti
religiosi non si fabbricavano più da nessuna parte e non si vendevano più
alla luce del sole, in Vandea si fondevano clandestinamente delle
medaglie di piombo che portavano sul dritto il Cuore di Gesù con
l'iscrizione Ego dilexi vos in fìnem («Vi ho amato fino alla fine») e la
data 1791 ; sul rovescio, il cuore di Maria con la frase tratta dallo Sta-
bat Mater; «Doloris pertransivit gladius» («Una spada di dolore la tra-
passò»).
Un esemplare di questa medaglia di piombo si trovava nella colle-
115 Mons. Pie, Oraison funebre de la marquise de La Rochejaquelein.
116 Gli oggetti raffigurati in questo articolo sono stati incisi su legno dall’autore a grandezza
reale, salvo indicazione contraria.
da latina che li accompagna ci dice che sono i volti di «Luigi XIII, per
grazia di Dio re di Francia e di Navarra, e di Anna d’Austria-Spagna».
Vogliate credere che il vandeano che portò sul petto l'antico gettone
del matrimonio reale - poco prima forse di dare la vita per il suo Dio e
per i figli del Re - fu certamente fiero di ostentare quell’inge- gnosa
insegna, in cui due cuori riassumevano le sue due eroiche fedeltà: Gesù e
Maria con il re e la regina di Francia!
Su questo souvenir del matrimonio reale del 1615, i due cuori sono
uniti da tre cartigli in cui si leggono i nomi delle tre virtù teologali: CA-
RITAS, SPES, FIDES. Più in basso, un giglio di Francia - malamente ri-
prodotto - con le due iniziali L (Luigi) e A (Anna). Sotto, il nome del-
l'incisore: Hans Lauffer. I Lauffer erano dei medaglisti di Norimberga
che incisero abbondantemente per conto dei re di Francia Enrico IV,
Luigi XIII e Luigi XIV.
Per merito del mio distinto confratello degli Antiquari dell'Ovest Max
Deloche, possiedo l’impronta di un sigillo controrivoluzionario
vandeano della sua preziosa collezione.
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278 SIMBOLI DEL CUORE DI CRISTO
Lo chouan che se ne servì incise sul calcio due cuori con la punta di
un coltello; l’uno, caratterizzato dalla croce e afflitto dalla ferita, è
incontestabilmente il Cuore di Gesù, e l’altro, cimato da un inelegante
giglio di Francia, è il Cuore di Maria.
Nel raffigurarli così, uno dentro l’altro, la mano che li incise seppe
abbordare, mediante la semplice dirittura della sua fede, la grande tesi
teologica tanto cara a padre Montfort: la venuta di Gesù attraverso
Maria. Dal lato pratico, la raffigurazione dei due Cuori aveva il
vantaggio di occupare poco posto sulla parte bombata del calcio del-
l’arma.
Nel prossimo capitolo, dedicato a quello che fu - nella fattispecie - il
«monile vandeano», vedremo i due cuori della Vergine e del suo Figlio
divino accostati nelle forme più artistiche, più araldiche, ma non
altrettanto chiaramente comprensibili.
Come tipo di cuore fissato su delle armi, ne raffiguro qui uno di rame
- a un terzo soltanto della sua dimensione reale - piatto e leg
1
Cfr. Parenteau, Invenlaire Archéologique, p. 99, tav. 46, n. 8-9.
4
[In italiano, «allocco», «barbagianni». N.d.T. J.
FA«T «O Conseil le
fan de grifo 179
ultimi anni del secolo XVIII sia all’epoca delle rivolte del 1815 e della
chouannerie del 1830. Fornisco qui la riproduzione di due diversi tipi di
conchiglia. Una di esse (fig. 9), che ricalca secondo me il primo
modello, l’ho avuta dal canonico Pierre Charbonneau, ex curato di
Bressuire: il Sacro Cuore vi figura solo, al centro della concavità della
conchiglia.
Fig. 1.
Fig- 2.
Riguardo alle corone, diciamo subito che per quelle che sormontano i
cceurs-poitevins antichi si è quasi sempre evitato di dare loro lo stesso
numero di perle delle corone nobiliari di conte e visconte, che
nell'araldica francese ne hanno nove o cinque; quelle dei cceurs-
poitevins ne hanno generalmente sette o cinque, eccezionalmente tre
fioroni (figg. 3-4).
Fig. 3. Fig. 4.
Quando il cuore porta una corona non periata, il numero delle on-
dulazioni non è fisso e va da tre a sette; ecco due antichi cuori di Deux-
Sèvres (figg. 5-6) che hanno visto 1 epoca eroica. Il più piccolo mi
appartiene.
Fig. 5. Fig. 6.
Fig. 7. Fig. 8.
Il conte Raoul de Rochebrune non possiede questo storico cuore nella
sua preziosa collezione, ma ha quello che portò - anch’egli sul cappello -
il nipote del grande La Rochejaquelein, ucciso sulle rive dell’Atlantico
nella battaglia di Mattes, durante la seconda rivolta della Vandea del
1815 (fig. 9). È un monile uguale a quello portato da suo zio, secondo i
precitati autori, con la differenza che su quello del 1815 la corona non è
sormontata da perle ma da fiamme, che la freccia è molto obliqua invece
Fig. 9.
Fig. 10.
LCL
Gli anelli popolari con l’immagine del Sacro Cuore
Fig. II. Fig. 12.
I Musei e le collezioni del Poitou, dell’Anjou e di Nantes annoverano
un numero sufficiente di anelli del secolo XVIII ornati con l’immagine
dei Cuori di Gesù e di Maria perché possiamo essere sicuri che questi
monili popolari, come i coeurs-poitevins, abbiano goduto del favore dei
combattenti della Vandea militare.
In particolare, un modello mi sembra che fosse abbastanza diffuso
nell’Ovest. È l’anello detto «della Sacra Famiglia», nel cui castone tre
cuori sbalzati o scavati si presentano in varie combinazioni. Ne conosco
molti, e riproduco qui uno di quelli della collezione del conte Raoul de
Rochebrune (fig. 12).
Questi anelli potrebbero anche essere - come certi contemporanei
dello stesso tipo - la conseguenza di uno degli apostolati preferiti dai
sulpiziani, i quali, in quello stesso periodo, misero in circolazione un
monogramma devozionale fino ad allora inusitato, che riunisce le tre
iniziali dei nomi Jesus, Maria e Joseph.
Del resto, all’epoca era un tema iconografico in uso quello di rap-
presentare - come per esempio nel retablo della cappella dell’Hotel-
Dieu di Beaugé - «la Trinità della terra» in parallelo con «la Trinità
LCU
1
Cfr. Barbier de Montault, Traité d’iconographie Chrétienne, t. II, p. 126. ry, a nome di
294 SIMBOLI DEL CUORE DI CRISTO
otetto da eoo
L'ICONOGRAFIA DEL CUORE DI GESÙ (W) 295
Fig. 15.
data del voto di Luigi XVI al Sacro Cuore nella Torre del Tempio, poi il
Cuore di Maria sopra al 1636, anno in cui il 15 agosto il re di Francia
istituì la cerimonia votiva che porta ancora il nome di «Processione del
voto di Luigi XVI».
Questa serie di oggetti relativamente recenti potrebbe allungarsi
ancora; io la termino con una medaglia comune in Vandea, il cui si-
gnificato può prestarsi a una discussione. Da un lato, l'effigie del conte
di Chambord, dall’altra, un’àncora, un cuore e una croce sovrapposti
simboleggiano rispettivamente la Speranza, la Carità, la Fede (fig. 16).
Questa interpretazione è del resto sicura perché altre meda-
Fig. 16.
glie dello stesso principe, che designano le stesse virtù teologali per
mezzo dei loro nomi scritti, non le raffigurano mediante gli emblemi dell
118 Regnabit, fascicoli dall’aprile al luglio 1922 [cfr. vari capitoli nel presente volume].
ferita; oppure soltanto per pura distrazione della mano, che scavò la
pietra in cui fu colato lo stagno e che, avendo prolungato più del
necessario fino alla superficie del Cuore già scavato la scanalatura che,
con la colata, doveva dare rilievo al fusto della lancia, non volle rompere
il suo stampo e fare la fatica di inciderne uno nuovo.
Sul resto della croce di Fontenay, sono stati fissati anche il teschio, la
brocca di Pilato, il gallo di san Pietro e, sotto la targa della croce, INRI,
sopra la testa del crocifisso e proprio all’incrocio dei bracci del sacro
legno, una larga corona di spine circonda il Cuore infiammato e ferito.
ottani anni dopo, difenderà con tutte le sue forze, con tutti i suoi averi,
con tutto il suo sangue.
Su uno dei pezzi di stagno, nella stessa fusione, è stata segnata la data
del crocifisso di Fontenay: 1716. Il diciottesimo giorno di aprile di
quell’anno Luigi Grignion da Montfort rimise a Dio la sua anima
ardente.
Le croci della seconda delle categorie sopra citate, dette anche nelle
campagne dell’ovest «croci di padre Montfort», sono di piccole di-
mensioni e la loro altezza varia da cinque a dieci centimetri. Sono in
rame o in bronzo, fuse in un pezzo unico. Su quelle che ho potuto avere
fra le mani, il centro è occupato dal Cuore ferito e dal monogramma del
nome di Gesù, i H S, circondato da una gloria; gli Strumenti della
Passione sono distribuiti diversamente sulla croce; certe croci hanno un
anello alla loro sommità, altre sono elevate su due o tre piccoli scalini
che le fanno stare in un equilibrio instabile, ma questi scalini le rendono
simili ai crocifissi sopra descritti.
Una di quelle che portavano il Sacro Cuore fu mostrata a suo tempo
da madame Plumant di Saint-Amand-sur-Sèvre (Deux-Sèvres),
proprietaria e residente nell’area in cui sorgeva la casa abitata da padre
Montfort durante la lunga e fruttuosa missione predicata in quella
eccellente parrocchia. È una di quelle che più verosimilmente potrebbe
giustificare la tradizione di un legame originario collegato al santo
missionario. Attualmente rimpiango di non averla disegnata quando mi
sarebbe stato facile farlo.
Fornisco qui accanto la riproduzione di un’altra croce, simile quasi in
tutto a quella di Saint-Armand-sur-Sèvre, ma più piccola, mi sembra. E
esposta nelle vetrine del Museo degli Agostiniani che la Società degli
Antiquari dell’ovest possiede a Poitiers.
L'immagine mi dispensa dal descriverla, ma sottolineo la forte ana-
logia che esiste fra la decorazione di questo oggetto e quella della croce
pettorale donata dal papa a monsignor de Belsunce, che don Bu- ron ci
ha fatto conoscere nel suo interessante studio storico dedicato all’illustre
vescovo di Marsiglia, nell’ultimo fascicolo di questa rivista 122.
Ecco anzitutto degli anelli del Poitou di cui non si capisce più il si-
gnificato. Il loro tipo così particolare fu creato nella regione che concepì
il nobile e caro monile detto cceur-poitevin? Io lo credo; qui infatti se ne
trovano molti di più, rispetto alle altre province vicine.
Quelli che raffiguro rappresentano le tre principali varietà conosciute:
il primo è un anello da donna ornato da una L e da un cuore; è in oro di
bassa lega, «oro da poveri», avrebbero detto i nostri padri nella loro
lingua franca. Il secondo è un grosso anello da uomo in argento dello
stesso tipo ornamentale del primo. Il terzo, anch esso
1
[Cfr. i relativa capitoli nel presente volume].
roteilo da copyright
306 SIMBOLI DEL CUORE. DI CRISTO
Questi tre anelli, di mia proprietà, sono del secolo XVII. Quelli che
conosciamo vanno dalla fine del secolo XV a tutto il XVIII; sia sui più
recenti che sui più antichi, le lettere sono rimaste come cristallizzate
nella loro forma, come erano ai tempi di Luigi XII.
Non c’è nulla che somigli di più alla forma generale dei pends-à-col
bretoni dei cuori e delle croci della Savoia.
Sia nei primi che nei secondi, il cuore funge da anello scorritore della
tradizionale fettuccia nera che sostiene la croce.
Però le croci savoiarde differiscono dalle croci bretoni, e differiscono
anche fra di esse, a seconda della regione. Quelle del paese di Chambéry
hanno le estremità allargate ornate da fioroni e, solitamente, da una parte
recano il crocifisso e dall’altra la Vergine a figura intera; quelle della
Tarentaise, che assomigliano maggiormente alle croci bretoni, hanno il
centro ornato da uno Spirito Santo; quelle della Maurienne si
differenziano totalmente dalle altre e ricordano certe decorazioni da
Ordine di cavalleria.
rivolte».
123 Cfr. il capitolo «Gli antichi monili: cuori del Poitou e anelli. Altri monili delle ultime
Conosco anche un altro monile dello stesso tipo, meno elegante forse,
ma più prezioso: è in oro ugualmente filigranato e nell’ottobre 1922 si
poteva vedere nella vetrina della bottega orafa Arman- Demeyer, a
Vichy.
Perché i nostri artisti cristiani non si ispirano più spesso a questi
modelli antichi, profani o meno, per glorificare sontuosamente il cuore
divino? Il monile, soprattutto femminile, si presta a meravigliose
combinazioni e l’arte degli orafi, dei cesellatori, dei gioiellieri e degli
smaltisti può anch’essa cantare il suo inno - e più meravigliosamente di
altre - nel concerto d’onore che l’Arte fa attualmente salire, ogni giorno
più ardente, verso il Cuore glorificato di Gesù Cristo.
Fig. 8. Sigillo del secolo XVII del tipo dal Cuore crocifisso.
124 Confréries ecclésiastiques du diocèse d'Angers sur le Sacrement de l’Ordre, Angers, Oli
vier, MDCCX (collezione dell’Autore).
125 Da confrontare con il contrassegno della Carolina l’incisione di KJauber (secolo XVIII)
pubblicata nel bellissimo articolo di padre Anizan, «Quelques témoignages sur le Centre du Pian
divin», Regnabit, settembre 1922, p. 293. Il Cuore del Salvatore è circondato da quelli dell’umanità
intera, disposti anch’essi a nimbo.
126 Patena per eulogie di Saint-Just-sur-Dive, presso Loudun (secolo VI).
Fig. 12.
Ho ricevuto per gentile cortesia del conte Francois de Rilly una ele-
gante croce stile Luigi XIII in rame, al di sotto della quale si trova un
cuore prò fondamente inciso, accompagnato da due stelline.
Destinata ad essere portata sul petto, ostentatamente o meno, questa
croce poteva servire anche da sigillo per la corrispondenza. Essa
proviene dal monastero delle Benedettine di Craon (Mayenne).
Il cuore che vi è stato fatto incidere è sicuramente un cuore umano
invaghito di ardore perché infiammato; il fatto che si trovi al di sotto
della croce ci dice che questo ardore può avere origine soltanto da un
vivissimo sentimento di amore per essa, per il Salvatore Gesù, che ai
nostri occhi simboleggia contemporaneamente i dolori mortali e reterno
trionfo.
Capitolo 32
Il viso di Nostro Signore Gesù Cristo
sulla Santa Sindone di Torino
127 Cfr. Le Rayonnement intellectuel, t. Vili, nov.-dic. 1932, p. 218. Tale articolo è stato in
gran parte ripreso nel capitolo «Il Verme» del Bestiaire du Christ (trad. it.: Il bestiario del Cristo,
op. cit.].
128 Cfr. Ale 15,46.
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318 SIMBOLI DEL CUORE DI CRISTO
Sembra dunque che oramai i nuovi lavori non possano che confermare
l’esattezza, e la fedele somiglianza - niente affatto un’immagine
miracolosa ma del tutto naturale - dell'immagine che si è impressa sulla
Santa Sindone di Torino, viso della più magnifica bellezza che nella
morte, malgrado i tormenti indicibili di una serie spaventosa di supplizi,
conservò una serenità, una maestosità incomparabile.
L’iconografia cristiana non poteva augurarsi una conquista più im-
portante.
essere avvicinata quasi da nessuno; fui quindi molto felice quando, nel
1923, grazie alla buona mediazione del reverendo padre Léon de Lvon,
conservatore del Museo Francescano di Roma, potei avere della Santa
Lancia un calco a matita che, fatto da lui stesso, non può non essere
esatto. Questo mi ha permesso di produrre nel numero di novembre 1923
della vecchia rivista Regnabit una rappresentazione dell'arma sacra a
grandezza naturale. Ora, sul calco del reverendo padre Léon de Lyon la
larghezza maggiore della lama da lancia è di 45 millimetri.
Sottolineo semplicemente la concordanza fra tale dimensione e le
precisazioni date dagli studiosi anatomisti Vignon, Barbet, e altri sulla
ferita aperta nel costato di Cristo redentore, che lascia cadere sul mondo
le ultime gocce del sangue del suo Cuore.
1
Cfr. F. Parenteau, Inventairearchéologique, Forest, Nantes, 1878, p. 98, tav. 48. Attualmente
si trova al Museo di Nantes, coll. Parenteau.
golo; potrebbe essere verosimilmente una replica oscura dei Sacri Cuori
Tre quarti di secolo dopo, durante la guerra del 1870, il Sacro Cuore
viene nuovamente inalberato sui campi di battaglia dagli zuavi pontifici,
ora Reggimento Volontari dell'Ovest ai comandi di un altro Charette e di
un altro Cathelineau; e all eroica giornata di Patay, il sangue dei conti di
Bouillé, padre e figlio, e di Verthamont, fece arrossare, quale mollale
omaggio, il bianco gagliardetto che lo portava.
Si ignora se queste gesta e l'omaggio nazionale che il Parlamento
francese fece tre anni dopo, il 24 luglio 1873, al Cuore di Gesù Cristo
avvalorando con 382 voti contro 138 l'erezione del santuario di Mont-
martre, fecero nascere qualche contraffazione sacrilega dell’immagine di
Gesù Cristo.
Invece la guerra del 1915-18, nell'arco della sua troppo lunga durata,
ci ha portato una certa varietà di immagini del Sacro Cuore tracciate
dietro diretta ispirazione dei centri massonici oppure dietro quella, più
mediata ma reale, delle opere derivate da essi.
Sin dagli inizi della guerra, migliaia di cattolici mobilitati si fregia-
rono sia della medaglia che dell’immagine del Cuore di Gesù, non sol-
tanto, come si è detto, come talismano o amuleto devozionale contro il
pericolo, ma soprattutto per non morire, se fossero stati colpiti, senza
avere con essi il segno più espressivo dell'amore e della pietà
misericordiosa del Salvatore.
Quantità considerevoli di immagini impresse su tela, carta o medaglie
furono inviate ai combattenti dalla pietà francese e contempora-
neamente, soprattutto tre particolari zone del territorio, il Lionese, il
Poitou e Parigi-Montmartre, divennero centri ardenti di preghiera, centri
di diffusione delle immagini del Cuore di Gesù.
La replica massonica di questo apostolato non si fece attendere a
lungo: tra le fila del fronte, ben presto comparvero, sebbene in numero
ridotto, delle immagini del Sacro Cuore anch'esse impresse su tela o
carta, alle quali sulle prime non si fece caso; il Cuore di Gesù vi risaltava
sopra all'iscrizione CCEUR DE JÉSUS, SAUVEZ LA FRANCE; esso era
raggiante, la sua cima infiammata portava la croce e la corona tradi-
zionale lo stringeva. Ma guardando da vicino, si vide che questa corona
non era fatta di rami spinosi, bensì... di corde!
Ed ecco il Sacro Cuore, per gli uni incatenato, per gli altri simbolo del
cuore paterno dell’umanità... Effettivamente, tutte queste insegne di
guerra direttamente o indirettamente massoniche come cuori portatili,
medaglioni, stelle e bandiere pseudo religiose, sono soltanto parodie,
intellettualmente piuttosto miserabili, di quelle cattoliche.
134 Cfr. J. V. Bainvel: La Dévotion au S.-C. de Jésus - Sens précis du Message, Beauchesne,
Parigi, 1921, p. 589-596.
135 Cfr. l'opuscolo citato (p. 23).
136 («Gloria all’Altissimo! Onore e Patria! Cuore di Gesù, salvate la Francia! Amore, soli-
darietà. Pace agli uomini di buona volontà», N.d.T.}.
s
Cfr. mons. Jouin e can. Gaudeau, op. cit.. p. 11.
9
Cfr. Cader de Gassicourt e Du Roure de Paulin: L’Hennétisine dans l’Art Héraldique,
Dragon, Parigi. 1907, p. 143 [trad. il.: /x- origini simboliche del blasone e L'ermetismo nell’arte
araldica, Arkeios, Roma, 1998].
10
Sarei più severo con la loggia della quale il mio erudito collega di araldica, Pallu du Bellay,
possiede il sigillo, che porla su un cartiglio cordiforme tre piccoli cuori infiammati accompagnati da
compasso, squadre, livelle, filo a piombo, goniometro, ecc., il tutto fra due rami di acacia; in alto il
motto VIRTUTI, SILENTIO, CONCORDI® e in basso L.D.S.C, che alcuni traducono LOGGIA DEI SACRI
CUORI, LOGGIA DEI SANTI CUORI, e che altri leggono LOGGIA DEI SUBLIMI CUORI...?
Ancora una volta, ecco il buon Dio prigioniero del triangolo... Deve
Fig. 4. Motivo proposto per la bandiera della Société des Natiorts, 1921.