Premessa
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Erika Mantovan
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CAPITOLO I
Solitudine al lavoro
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Ginevra
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dei più importanti titolari di Case d’Aste
internazionali. Una passione lentamente
ereditata dal padre.
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sparlare degli acquirenti, tra buoni e cattivi.
Chi con la doppia vita, chi con troppe so-
cietà, chi si nasconde dietro un prestanome.
Solo voci.
È tempo di rientrare, Charles mi offre un
passaggio.
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Innsbruck
Suona il telefono.
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«Grazie Margaret, abbiamo risolto».
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Ginevra
C’è davvero troppo silenzio anche
per persone solitarie come me. Non suona il
telefono neanche a piangere. Sopporterei
per no le lamentele più infauste degli ac-
quirenti pur di non dovere guardare l’oro-
logio. Se solo Charles fosse qui, si invente-
rebbe qualcosa da farmi fare.
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Che agitazione.
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Parigi
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7.
Ginevra
«Charles!».
«Margaret, vieni. Chiudi la porta. Bevi con
me».
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«È giovane».
«Non hai perso il tuo palato, Margaret».
«Mi tengo in allenamento».
«È ancora brillante, lo inseriremo sicura-
mente nella prossima asta.
Abbiamo parecchie bottiglie in stock. Io
parto domani, non so quando tornerò».
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CAPITOLO II
Andare oltre
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pre a prendere un bicchiere da John, alle
Vecchie Cantine. Avrei potuto vendere i
vini al posto suo a quei pochi turisti che
passavano. Erano sempre quei cinque, tra
Nebbioli della Valtellina, Gewurtztraminer
altoatesini e Pinot neri dell’Oltrepò pavese.
Doveva cambiare, arricchire l’offerta. Lo
aiutai, qualche contatto lo avevo ancora.
Divenne un caso di successo in pochi mesi.
Un caso da prima pagina, seppur locale,
che mi fece guadagnare la ducia e il rispet-
to dei colleghi. Ai loro occhi ero pur sempre
un paracadutata che si improvvisava in un
mestiere non suo. Mi notarono altre testate.
Ora mi ritrovo a vagare per ristoranti e can-
tine vinicole per raccontare novità, fatti.
Persone. Mi sento realizzata, con uno sco-
po. Sempre in movimento. Le mie sensa-
zioni e ragionamenti sono al servizio di ter-
zi per rappresentare la realtà. Un vagheg-
giare che mi aveva portata anche a Saillans,
nel ristorante di Albert Morrow, giovane
chef in ascesa.
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Lago di Verona
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nemmeno averlo visto. Da manicomio. Lui,
con la sua danza tra i fornelli, è il primo che
mi aveva fatto scoprire dei lati nuovi di me.
Non avrei mai pensato di arrivare a ringra-
ziare una persona che, a sua insaputa, mi
aveva portata a ragionare sul mio futuro. La
mia percezione e valore al tempo erano
cambiati per sempre.
Finisco il gin tonic. Così mi stordisco
per un po’, alla peggio chiederò all’impac-
ciato barman del Memoir di chiamare un
taxi. Il gin è buono. È italiano, di Canelli.
Ha note boisé, farà un passaggio in legno.
Le erbe usate dalla distilleria ripercorrono
la via del sale che attraversa Liguria e Pie-
monte. Un bella storia per una bella botti-
glia. La famiglia Bocchino riesce a stupire
anche con il gin oltre che con le grappe.
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CAPITOLO III
Casualità perdute
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Ridiamo.
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CAPITOLO IV
Confronti
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2Fonte: https://ambvienna.esteri.it/ambasciata_vienna/it/ambasciata/
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«Noiosa la visita?».
«Affatto. Illuminante piuttosto. Potremmo
certo allontanarci e tornare quando inizierà
davvero l’ambaradan».
«Donne come te hanno sempre idee intelli-
genti».
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«Non lo apre?».
«Con lei davanti? Albert le ha chiesto di
guardare anche la mia reazione? E perché
non me l'ha dato di persona?».
«È dovuto partire. Non si staccherebbe mai
dal ristorante più di un giorno. Dovrebbe
saperlo».
«È scappato, non è partito».
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Il tempo si trova per tutto. Anche per con-
segnare un pacchetto.
Lo apro, dentro ci sono un bel mucchio di
biglietti per arrivare a Podgorica, un fou-
lard e una lettera.
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15.
Chiasso
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Il locale era diventato un centro per
abbevazzati chic, tutti a darsi arie. John ini-
ziava a farsi apprezzare, gli consegnavano
campioni di bottiglie da più parti delle
mondo ogni settimana. C’era ancora qual-
cosa da sistemare ma non eravamo distanti
dalla mia descrizione: “Enoteca di riferimento
per divertirsi a scoprire curiosità dal mondo del
vino”.
Il Pinot aveva un tratto e una presa
tannica del tutto rare, poteva essere un vino
di Borgogna, dal legno, ma c’era qualche
imprecisione che lo rendeva lontano dalla
mitica Côte de Nuits. Coriaceo, poteva es-
sere un Nuits-Saint-Georges. Invece no.
Siamo in una zona fredda dell’Appennino
toscano. Quanta profondità. Podere della
Civettaja.
«Cosa mi dici Marg?».
«Che non posso neanche usarti come scusa
per restare. Oramai sei diventato un buon
selezionatore. È molto curioso, affabile.
Non ha paura di mostrarsi».
«Ha già qualche anno alle spalle. Ma parli
del vino o del fortunato?».
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CAPITOLO V
Viaggio in Montenegro
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Chiasso
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Budva
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L’ho trovato.
«Grazie, grazie, grazie!».
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Otto mesi dopo
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CAPITOLO VI
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Dei tuoi sogni. Non doveva essere un perio-
do di transizione questo prima di aprire il
tuo ristorante?».
«Hai deciso per entrambi».
«Scommetto che la proprietà è contenta.
Arriveranno altre persone a scrivere di te.
Lo so che fai controllare tutte le prenota-
zioni. Banditi i giornalisti o pseudo tali.
Non puoi più nasconderti».
«È da mesi, dopo il nostro weekend a Pera-
st, che ho iniziato a rivedere quei sogni.
Non li ho abbandonati, sia chiaro. Ma ri-
cordi come siamo stati bene? Tutta quell’ar-
chitettura barocca. Che fretta c’era Marga-
ret».
«Non ti permetto di affogare i tuoi sogni
per me. O mi usi come scusa? Hai paura di
affrontare il successo? Di non saperlo gesti-
re?».
«Sai bene che ho gestito la pressione delle
stelle Michelin in più di un’occasione e per
periodi lunghi. Ma ero parte di un gruppo
di lavoro. Cucinare era diventato pesante, la
mia passione era soffocata. Qui sono solo
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CAPITOLO VII
Ritorno a casa
22.
Praga
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Ora che ho ancora più tempo posso con-
centrarmi su di me.
Mi stavo illudendo, sentivo la man-
canza di Albert. Mi stavo convincendo che
fosse stata la scelta migliore quella di lascia-
re il Montenegro. Ma aveva perso ducia in
me, come potevo recuperarla? Non lo bia-
simo. Resta il fatto che non ha fatto nulla
per fermarmi. Non ho più acceso il telefo-
no. Se mi avesse chiamata sarei tornata in-
dietro? La mia scelta l’avevo presa. Mi rim-
bombano ancora in testa le sue parole, il
suo sguardo di disprezzo.
Dopo aver camminato per ore arrivo alla
“Casa Danzante”. In effetti il palazzo sem-
bra davvero rappresentare una coppia di
ballerini. Ci sarà la terrazza. Sicuramente.
Spunta del verde sul tetto. Ma io sono ten-
tata dal cocktail bar più che dal semplice
bar. Mi serve qualcosa di forte.
Belle vetrate, altissime, tavoli e arredi sono
minimal. La terrazza è come si immagina
da terra. Circolare. Una vista appagante
sulla città.
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«Un Long Island, per favore».
«Sono le quattro del pomeriggio, il cocktail
bar apre alle 18.00. Può ordinare dal bar
qualcosa che abbiamo al bicchiere».
«Può fare uno strappo alla regola? Resterò
qui no all’apertura, nessuno si accorgerà
di nulla».
«Giornata pesante?».
«Magari fosse solo la giornata».
«A tra poco».
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Suona il telefono.
«Anna, ciao. Quanto tempo!».
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CAPITOLO VIII
Un pieno vuoto
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Chiasso
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Toc Toc.
«Zio! Non mi aspettavo tutti questi cam-
biamenti!».
«È solo l’inizio, nipote. Chiudi la porta».
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CAPITOLO IX
Il giorno dell’asta
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Ginevra
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così dicevano le malelingue. “Una vipera da
starci lontano.” Mio zio mi ha sempre mes-
sa in guardia.
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un altro seduta, con diversi strati di vestiti
addosso. Accappatoi di color rosso e oro
lumeggiano anche l’orizzonte mostrante la
contea del Devonshire.
Opere vendute per 15.0000 franchi. Char-
les era tutto intento a stringere mani e a ri-
cevere complimenti.
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Mi alzo di getto.
Io e Charles ci perforiamo gli occhi.
Panico, silenzio generale. Improvvisamente
sono tutti diventati mummie egizie.
«Prego, Margaret».
«Ecco, buongiorno a tutti. Margaret Jones,
del Notice. Signor Charles, come vede lo
sviluppo della sua attività? Mi risulta che
non ci siano eredi. Avete intenzione di ce-
dere l'attività o di fare subentrare investito-
ri?».
L’ambiente diventa tetro. Un cimitero.
Mancava solo un rumore di una vecchia
porta scricchiolante.
Mi guardano tutti. Charles si sistema gli oc-
chiali prima di rispondermi.
«La selezione delle opere e dei vini di pre-
gio, e la loro e vendita tramite asta, è una
attività, come dovrebbe sapere, della mia
famiglia consolidata da decenni. Al mo-
mento non abbiamo alcuna intenzione di
vendere o essere nanziati. Il futuro è sem-
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Chiasso
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«Margaret, c'è una persona per te».
«Chi è?».
«Dice di essere un vecchio amico».
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CAPITOLO X
30.
Chiasso
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Arona
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Suona il telefono.
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NOTE SULL’AUTORE
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