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Francesco Guglieri
Michele sisto
1 F. Fortini, Verifica dei poteri, in Id., Verifica dei poteri. Scritti di critica e di istituzioni letterarie, nuova
edizione accresciuta, il Saggiatore, Milano 1969, p. 41.
2 I riferimenti d’obbligo per questo processo che, avviatosi negli Stati Uniti, ha investito Inghilterra,
Francia e Germania prima di acuirsi anche in Italia, sono P. Bourdieu, Une révolution conservatrice
dans l’édition, in «Actes de la recherche en sciences sociales», 126/127, 1999, pp. 3-32, e i due
volumi di A. Schiffrin, Editoria senza editori e Il controllo della parola (Bollati Boringhieri, Torino 2000
e 2006).
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Il presente
1. La crisi della critica negli anni ’90, tra industria culturale e “tradimento
dei critici”
Per provare a capire cosa ha rappresentato Internet nel campo letterario
italiano, bisogna tenere ben presente il contesto in cui la rete ha fatto ir-
ruzione. Il panorama dei tardi anni ’90 appariva, a chi ci viveva, tanto de-
solante da far scrivere ad uno sconsolato Alfonso Berardinelli che, addi-
rittura, «di industria culturale e dei danni connessi alla sua influenza non
si parla quasi più». La situazione è così grave che «arrivato a un certo
grado di inefficacia permanente, il pensiero critico e la cosiddetta Kul-
Francesco turkritik si arrendono. Non ci sono più né rimedi né alternative».3 Se la
Guglieri,
Michele Sisto “macchina” dell’industria culturale pervade tutto, ogni anfratto, ogni
piega sociale e immaginaria, se neutralizza, perché la prevede e anzi la
richiede, ogni critica e ogni tentativo di resistenza, allora non resta che
abbandonarsi (non senza un pizzico di ressentiment o di cinica euforia)
allo spettacolo del crollo (altri, parafrasando Žižek che a sua volta para-
frasava un film di fantascienza,4 qualche anno dopo avrebbero detto «al
deserto del reale»). Questo il clima intellettuale, verrebbe da dire emotivo,
che respirava chi, in quegli anni, faceva o si apprestava a fare critica.
Quello di cui si faceva dolorosa esperienza era (ed è tuttora) la pro-
gressiva erosione degli spazi nei quali classicamente si esercitava l’auto-
nomia della critica. Chiariamoci: autonoma in senso bourdieusiano, ovvero
che risponde principalmente alle regole del campo di produzione ristretta,
a quelle che il sociologo francese chiamava le “regole dell’arte”. Ma allora
a quale autonomia appellarsi se non solo non ci sono più i luoghi in cui
esprimerla, ma sembra venuta meno l’idea stessa di un “campo di produ-
zione ristretta”? In altri termini ci si può chiedere, come faceva appunto
Bourdieu all’inizio degli anni Novanta, «se la divisione in due mercati,
che è caratteristica dei campi di produzione culturale dopo la metà del
XIX secolo – con, da un lato, il campo ristretto dei produttori per i pro-
duttori, e, dall’altro, il campo della grande produzione e la “letteratura
industriale” – non sia minacciata di scomparire, dal momento che la logica
della produzione commerciale tende sempre più a imporsi sulla produ-
zione d’avanguardia (nel caso della letteratura, per esempio, attraverso
i vincoli che gravano sul mercato dei libri)».5 Le concentrazioni editoriali
e le ristrutturazioni interne delle case editrici maggiori alleggeriscono il
peso delle redazioni nelle scelte di indirizzo e ricerca. Le riviste letterarie
(e cioè il veicolo principale del dibattito critico e militante del Novecento)
scompaiono, e le poche superstiti sopravvivono a stento, scontando una
3 A. Berardinelli, Dov’è finita l’industria culturale [2004], in Id., Casi critici. Dal postmoderno alla mutazione,
Quodlibet, Macerata 2007, p. 83.
4 Un film, Matrix, che, guarda caso, ipotizzava un’umanità segregata in un’illusoria realtà virtuale,
schiava di un’acefala “macchina mondiale” computerizzata…
5 P. Bourdieu, Le regole dell’arte. Genesi e struttura del campo letterario, il Saggiatore, Milano 2005, p. 434.
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6 T. Scarpa, Fantacritica (nel senso dell’aranciata) [1997], in Id., Che cos’è questo fracasso?, Einaudi, Torino
1999, pp. 27-30.
7 E. Trevi, Istruzioni per l’uso del lupo, Castelvecchi, Roma 2002, p. 10. La prima edizione – a cui queste
parole della nuova Introduzione fanno riferimento – è del 1993.
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3. Pionieri del web: Luther Blissett, Società delle Menti, Vibrisse (1999-2003)
Tra i primi a strutturare nei territori ancora incontaminati del web uno
spazio dedicato alla letteratura e alla critica sono gli animatori del Luther
Blissett Project. Il gruppo, o meglio la rete di «artisti e agitatori»9 che
lavora sotto lo pseudonimo collettivo Luther Blissett non ha però prove-
nienza né interessi strettamente letterari. Si presenta più generalmente
come parte attiva di un progetto politico e militante – di ascendenza va-
gamente situazionista – che «ingaggia una guerriglia dentro/contro un’in-
dustria culturale in via di radicale trasformazione», in particolare orche-
Francesco strando «beffe mediatiche come forma d’arte». I bersagli vanno da Chi
Guglieri,
Michele Sisto l’ha visto? alla Biennale di Venezia a un giornalismo sempre più morbo-
samente assetato di messe nere, stupri, pedofili, sassi dai cavalcavia, car-
nevalate del mago Otelma. Internet in questa fase – era l’epoca dei siti
statici e dei portali – viene usato sostanzialmente come la sede virtuale di
un circolo politico, da dove si diramano comunicati e rassegne stampa
sulle azioni del gruppo e dove se ne conserva l’archivio.
Se l’efficacia di una terapia a base di «beffe mediatiche» è dubbia – e
con gli anni i suoi limiti appariranno sempre più evidenti agli stessi pro-
pugnatori – la diagnosi non manca di lucidità: il progressivo scivolamento
dell’intellettuale militante (e dello scrittore) nella marginalità, nell’inef-
fettuale, ha cause che non sono endogene, ma sistemiche. Se lo scrittore
o il critico non riescono più a incidere sul reale non è soltanto per la pro-
pria inadeguatezza ma innanzitutto per la trasformazione complessiva
del sistema letterario, a cominciare dal fatto che, ormai da decenni, «le
scelte fondamentali si compiono nelle direzioni editoriali».10 Non a caso
l’aspetto più interessante del LBP sta nella messa in discussione del diritto
d’autore: i testi redatti sotto l’«identità multipla» Luther Blissett sono di-
stribuiti gratuitamente o resi disponibili in rete, sovvertendo il copyright
nel copyleft e in altre forme di licenza più adeguate alle trasformazioni
che i nuovi mezzi di comunicazione telematica impongono alla circola-
zione dei beni simbolici.
A un qualcosa di assimilabile a una vera e propria militanza letteraria
il LBP, o quantomeno alcuni suoi membri, giunge solo nei primi anni
Duemila, in seguito al considerevole successo del romanzo Q, pubblicato
da Einaudi Stile libero ma disponibile anche in rete (sotto licenza Creative
Commons). Come ogni nuovo entrante che ambisca al riconoscimento
specifico i quattro autori – Roberto Bui, Luca Di Meo, Federico Guglielmi
e Giovanni Cattabriga, tutti intorno ai trent’anni, alcuni attivi nell’editoria
– si adoperano, con reiterate prese di posizione critico-letterarie, per le-
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Tra gli amici di cui parla Moresco ci sono Carla Benedetti, da qualche
anno sua alleata e sostenitrice in diverse battaglie letterarie; Tiziano Scarpa,
che troverà il titolo, Scrivere sul fronte occidentale; e anche Giuseppe Genna,
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che su «Società delle Menti» aveva dedicato uno speciale ai Canti del caos
aderendo entusiasticamente alle istanze moreschiane. Lo scopo dell’in-
contro è ragionare su ciò che il crollo delle Torri ha rappresentato, tanto
a livello simbolico, linguistico, immaginario, quanto sul piano politico,
nella realtà storica dei rapporti di forza tra nazioni e classi sociali. Am-
messo, dice la maggior parte degli autori intervenuti, che si possano (o
si debbano) distinguere i due piani: una delle prime cose che uscirà dal-
l’incontro è proprio questa necessità di smantellare la contrapposizione
tra il dominio dell’estetico (o meglio: dell’“esperienza estetica” ridotta a
Francesco “stile di vita”, consumo), in cui ricondurre e limitare la parola dello scrit-
Guglieri,
Michele Sisto tore, e le altre sfere sociali. Moresco parla della necessità di uno «straboc-
camento», di affrancarsi da certe «abitudini mentali» («che viviamo nel-
l’epoca della virtualità e dell’irrealtà / che l’unica dimensione possibile
è ormai quella della ripetizione / che la storia è finita»15), in larga parte
riconducibili a ciò che si è chiamato postmoderno (specie nella particolare
accezione che il termine ha assunto in Italia). Seppure confusamente,
viene in sostanza invocata la possibilità per gli scrittori più prossimi al
polo autonomo di tornare ad agire sul piano sociale, in virtù del capitale
simbolico accumulato attenendosi alle regole specifiche del campo let-
terario.16 Senonché il meccanismo simbolico di legittimazione che ha ca-
ratterizzato quasi tutto il Novecento, quello dello scrittore-intellettuale
di stampo zoliano, appare drammaticamente inceppato, al punto che ci
si deve chiedere se il di per sé generoso tentativo di ripristinarlo non sia
anacronistico e non debba risolversi in una involontaria parodia di posture
che non hanno più reale rispondenza nella posizione oggettiva degli scrit-
tori nella società.
Il carattere contraddittorio di molti degli interventi di Scrivere sul fronte
occidentale, che nel sostenere con forza la giusta esigenza di ripensare la
funzione dello scrittore indulgono per lo più a un’analisi assai semplificata
dello stato delle cose, è tra i motivi per cui il volume che li raccoglie, pub-
blicato l’anno dopo da Feltrinelli, viene accolto con qualche insofferenza.
Su «Alias» Andrea Cortellessa stigmatizza la retorica dello sconfinamento
di Moresco, la sua «presunzione di verità posseduta», avvicinandola alla
«beceraggine bellicista» di un’Oriana Fallaci (in testa alle classifiche da
settimane con La rabbia e l’orgoglio): «Rieccoci alla guerra sola igiene del
mondo – scrive. – Dateci Vitalità! Forza! Violenza! Dateci (soprattutto) il
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nel marzo del 2003 e la guerra stava per cominciare); nei mesi poi si ac-
cumulano poesie, recensioni a libri, film e spettacoli teatrali, brani di
classici, racconti, esperimenti di scrittura (le scimmie di Voltolini), inter-
viste, segnalazioni di incontri, scritti di viaggio, commenti alle notizie
del giorno; fin dal giugno 2003 Scarpa e Voltolini postano i racconti sul
“Sistema” camorristico del ventiquattrenne Roberto Saviano, subito se-
guiti con grande interesse. Molti materiali provengono da fuori dalla
rete, da giornali e riviste cartacee, molti altri sono elaborati apposita-
mente. I commenti allargano la discussione verso altri siti, richiamando
Francesco artisti, scrittori, critici che si muovono lungo traiettorie diverse, ma con
Guglieri,
Michele Sisto disposizioni analoghe.
Lo stato delle istituzioni letterarie è sicuramente uno dei temi più di-
scussi su «Nazione Indiana»: come si accede alla pubblicazione, chi con-
trolla e decide ciò che viene pubblicato, quali forze e micropoteri regolano
la circolazione delle idee, l’influenza che “il funzionamento della mac-
china” ha sulla produzione letteraria e sull’idea stessa di letteratura. Ven-
gono riportati (ed estesi) sul blog gli articoli che Carla Benedetti scrive
per l’«Espresso» in merito allo stato della letteratura e della critica italiana:
una sorta di riattualizzazione delle tesi apocalittiche del Pasolini corsaro,
aggiornate alle nuove condizioni economico-editoriali interpretate, prin-
cipalmente, attraverso la lente di Schiffrin. Nel 2005 il post Genocidio cul-
turale porta la polemica a una soglia critica. «Una mutazione genetica ha
trasformato il mercato del libro in una “monocultura del best seller”, spaz-
zando via la “vecchia” editoria di progetto», attacca Benedetti quando il
secondo thriller firmato da Giorgio Faletti arriva in testa alle classifiche.
Il problema, rincara, non è però solo il mercato: «ciò che è davvero inedito
non sta dentro a questi libri, ma nel deserto che si è aperto intorno, e
nella quasi totale mancanza di consapevolezza da parte del cosiddetto
mondo della cultura, che sembra assistere in silenzio alla desertificazio-
ne».21 Anche per Scarpa «gran parte di coloro che chiamiamo critici let-
terari sono semplicemente beejay. Sono book-jockey, fantini del libro».22
La discussione si allarga fuori dalla rete, si prolunga per settimane: si
parla di «censure operate dalle leggi solo apparentemente impersonali
del mercato», di «autocensure introiettate», di «“pubblico” manipolato
e forgiato ed esibito poi come alibi», di «restaurazione» in atto, finché
Moresco, in occasione del Salone di libro di Torino, propone di tirare le
fila, chiamando a un confronto tutti coloro che intendono attivamente
reagire a questo stato di cose: «persone che – ciascuna a suo modo – scri-
vono senza arrendersi, librai che non accettano di trasformarsi in venditori
di saponette, editori nuovi che nascono o si rafforzano cercando di seguire
21 http://www.nazioneindiana.com/2005/01/18/genocidio-culturale/
22 http://www.nazioneindiana.com/2005/02/24/il-beejay/
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altre strade, singole persone che lavorano anche all’interno della grande
editoria e dei giornali e della nuova frontiera della rete animate da un
diverso atteggiamento e da una vera passione».23 L’appello all’autogestione
delle istituzioni letterarie, lo stesso che ha portato alla nascita di «Nazione
Indiana», si radicalizza in un più ampio appello all’assunzione di respon-
sabilità personale:
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26 http://www.nazioneindiana.com/2005/04/14/preterizione/
27 Moresco, Lettere a nessuno, cit. p. 668.
28 Iniziali del fake Vincenzo Maria Ostuni.
29 Aderiscono al nuovo progetto alcuni membri di «Nazione Indiana»: Dario Voltolini, Sergio Baratto,
Sergio Nelli, Benedetta Centovalli, Giovanni Maderna e Gabriella Fuschini; a questi si uniscono
Giovanni Giovannetti e Anna Ruchat. Collaboreranno anche, tra gli altri, Helena Janeczek, Aldo
Nove, Massimiliano Parente, Giorgio Vasta.
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primo amore» si assesta sulla misura più tradizionale della rivista, dedi-
candosi soprattutto alla ricerca e al consolidamento di una prospettiva
coerente e condivisa (dall’aprile del 2007 il gruppo pubblica anche una
rivista cartacea, continua a organizzare incontri e occasioni di confronto,
rafforza la collaborazione con la casa editrice Effigie, promuovendo una
collana e una serie di testi vicini alle posizioni del gruppo).
Il nuovo progetto, sebbene vi collabori quasi tutto il nucleo fondatore
della prima «Nazione Indiana», appare orientato decisamente più del
precedente sulle tematiche e sulle prospettive di Moresco. La riflessione
su critica e istituzioni letterarie prosegue (si discute Il controllo della
parola di André Schiffrin, Carla Benedetti interviene sul ruolo degli edi-
tor, Massimiliano Parente sulle classifiche, Tiziano Scarpa sui romanzi
Verifica
d’eccellenza, un’intera rubrica – Il richiamo della foresta – è dedicata alla dei poteri 2.0.
valorizzazione di opere trascurate del passato o del presente), ma il ba- Critica
e militanza
ricentro si sposta progressivamente verso altri temi, raccogliendo l’ap- letteraria
in Internet
pello moreschiano a «guardare il mondo da una prospettiva più am- (1999-2009)
pia»:
Noi abbiamo pensato di chiamare la nostra rivista, leopardianamente,
“Il primo amore”, perché, nella condizione in cui siamo, bisogna attingere
anche ad altre forze e ad altre possibilità ancora e sempre latenti dentro
di noi per riuscire a pensare e a immaginare e a sognare qualcosa che
abbia la radicalità sentimentale, emotiva e mentale necessaria per tentare
di muovere uno spazio immobilizzato. Perché ormai il primo amore è
diventato l’ultimo amore, il primo e l’ultimo amore sono diventati l’unica
possibilità, una cosa sola. […] Abbiamo bisogno dell’impensato, dell’in-
concepito. Ci vuole qualcosa di infinitamente più profondo di una rivo-
luzione: ci vuole una rigenerazione.30
Questa prosa (e posa) massimalista, questo stile dell’estremismo – «un’en-
fasi del pensare, che sceglie per il pensiero scenari mitologici, in cui si riceve
il messaggio assoluto o si consumano le violenze decisive della storia e del
fato»31 – impone una tensione che, sovrapponendosi all’oggetto fin quasi a
nasconderlo, rischia di risolversi nel mero gesto, ma ha d’altra parte la positiva
funzione, almeno in determinate congiunture, di stimolare altri – i nuovi
entranti, i più giovani – a produrre opere letterarie non conformi e a fare
della letteratura un fermento per la trasformazione del mondo sociale. Al
netto dei limiti fin qui evidenziati, la “funzione-Moresco” ha l’effetto di sti-
molare attraverso una petizione di futuro32 l’aggregazione di gruppi nelle
30 http://www.ilprimoamore.com/testo_443.html
31 A. Berardinelli, Stili dell’estremismo: Fortini, Zolla, Tronti, Calasso, in Id., Casi critici, cit., p. 185.
32 «Non si può compiere nessuna giustizia storica se non si impegna il futuro. Non ci può essere nessuna respon-
sabilità altrui e passata verso il nostro presente se non nella misura in cui ve n’è una nostra verso l’avvenire.
Scegliere una discendenza vuol dire scegliere una tradizione» (Fortini, Verifica dei poteri, cit., p. 63, corsivo
dell’autore).
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zone più autonome del campo letterario, rafforzando così il polo dell’auto-
nomia.
Le strutture più tradizionali della sfera pubblica letteraria non hanno
naturalmente smesso di svilupparsi: se da una parte la crescente mono-
polizzazione del mercato librario minaccia di ridurre anche l’Italia a un
paesaggio editoriale «senza editori», dall’altra non sono mancate – e con
maggiore frequenza negli ultimi anni – tentativi di tenere vivo e rafforzare
il polo autonomo: dalle riviste (come «Lo Straniero» o l’appena rilanciata
«Alfabeta2») ad alcune collane e ai premi letterari (il Dedalus di Porde-
Francesco nonelegge). Nel complesso di queste più ampie trasformazioni va consi-
Guglieri,
Michele Sisto derata la progressiva espansione del web letterario: vengono inaugurati,
tra i moltissimi altri, i siti di ricerca poetica «Absoluteville» (2005) e
«GAMMM» (2006), il blog «La poesia e lo spirito» (2007), la «Comunità
provvisoria» di Franco Arminio (2008), il blog della minimum fax «mi-
mima et moralia» (2009) e numerosi blog personali di scrittori.33
Nonostante le numerose, e spesso rilevanti, diversità tra gli spazi let-
terari organizzati in rete, si possono evidenziare alcuni elementi comuni
che rendono possibile considerare questa scena letteraria come un sot-
tocampo34 relativamente autonomo.
Distinzione strutturale dalla sfera pubblica letteraria tradizionale. Fin dal-
l’inizio, come si è visto, gli attori del web criticano gli attori e le istituzioni
dominanti, dall’università all’editoria. La critica più radicale consiste tut-
tavia nel fatto che questi attori, i quali naturalmente provengono da queste
strutture e spesso vi rimangono (circostanza che invita ad evitare contrap-
posizioni schematiche tra chi sta dentro il web e chi sta fuori), si danno
una nuova organizzazione e nuove regole. La principale tra queste è il li-
bero accesso alla discussione critico-militante, che viene garantita dalla
possibilità di postare commenti: chiunque può esprimere la sua opinione
su qualunque testo venga pubblicato, ad esempio, su «Nazione India-
na».35
Rifiuto della logica economica. Tutto o quasi ciò che gli attori di questa
scena letteraria in rete fanno è volontario e non viene retribuito. Il che
naturalmente non esclude che essi possano aspirare a profitti simbolici.
33 Nel 2009 è stato pubblicato il primo studio sul web letterario, che analizza attraverso la categoria
di “informazione letteraria” le pagine di «Nazione Indiana», «Carmilla», «Wu Ming Foundation»,
«vibrisse» e «Il primo amore»: G. Iannuzzi, L’informazione letteraria nel web. Tra critica, dibattito,
impegno e autori emergenti, Biblion, Milano 2009.
34 «Ogni sottocampo ha una propria logica, regole e regolarità specifiche e ogni tappa nella divisione
di un campo comporta un vero e proprio salto qualitativo (come per esempio quando si passa
dal livello del campo letterario considerato nel suo insieme al sottocampo del romanzo o del tea-
tro)»: P. Bourdieu, Risposte, Bollati Boringhieri, Torino 1992, p. 80.
35 L’esistenza di «Nazione Indiana» e di altri luoghi con i “commenti aperti” è un’acquisizione legata
alla storia del sottocampo e consente, a sua volta, la differenziazione di siti che non prevedono
commenti, ma accettano di fatto che i loro contenuti vengano discussi “in altra sede”.
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39 Ivi, p. 645.
40 http://www.ilprimoamore.com/testo_183.html
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Quando Antonio Pascale, l’anno scorso, incluse nel suo Best off alcuni pezzi
pubblicati da riviste in rete – scrive Mozzi nell’introduzione –, ci fu chi si
stupì, chi rimase perplesso, chi scrollò la testa, chi si entusiasmò e chi disse:
“Finalmente”. A solo un anno di distanza le cose sono ancora un po’ più
complicate. In parole povere: il circuito dei mezzi di comunicazione si è
saldato. Oggi può succedere che un critico letterario pubblichi un articolo
assai polemico in un settimanale a grande tiratura, e un’altra versione (più
lunga e approfondita) dello stesso articolo in una rivista in rete; che un
giornalista gli risponda non sul giornale, ma nel proprio blog; che la di-
scussione venga ripresa da un paio di quotidiani; che le riviste in rete ri-
pubblichino, suscitando ampie discussioni, tutti questi materiali; che altre
riviste in rete li riprendano o semplicemente li discutano linkandoli; che
nuovi articoli vengano pubblicati qua e là, sulla carta e nella rete; eccete-
ra.42
42 G. Mozzi, Prefazione, in Best off 2006. Letteratura e industria culturale. Il meglio delle riviste letterarie italiane,
a cura di G. Mozzi, minimum fax, Roma 2006, p. 8. Si noti che gli esempi portati da Mozzi si riferi-
scono ad attori concreti, i pochi ai quali si deve il risultato che possa succedere quello che egli descrive:
il critico letterario che pubblica sul settimanale ad alta tiratura («L’Espresso») è Carla Benedetti, il
giornalista che risponde non sul giornale («la Repubblica») ma sul proprio blog è Loredana Lip-
perini, tra le riviste che ripubblicano i materiali in rete c’è «Nazione Indiana», ecc.
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43 Ivi, p. 11.
44 http://www.nazioneindiana.com/2010/01/20/pubblicare-per-berlusconi/
45 È interessante registrare le sue reazioni di neofita, che in poche decine di commenti deve appren-
dere regole e consuetudini sedimentatesi in dieci anni di storia del web letterario: dopo un primo
impatto entusiastico («ho scoperto il magico mondo dei comments con qualche decennio di ri-
tardo, ma ormai è una dipendenza!»; «è bellissimo chiacchierare così di cose supreme!»), Trevi
si scontra con i principali inconvenienti del web: «avrei tante cose da raccontare […] ma ragazzi,
bisognerà trovare un minimo di ordine in questo guazzabuglio!!!»; «perché la maggior parte delle
persone non si firma con nome e cognome?» (http://www.nazioneindiana.com/ 2009/02/14/nel-
la-stanza-separata/).
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