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I LATERIZI: TECNICHE DI PRODUZIONE

Prof. Ciliani

Prodotti ceramici: si possono dividere in base al colore e alla porosità (ovvero la quantità di acqua che possono assorbire.

LATERIZIO: prodotto artificiale da costruzione molto poroso, a basso peso specifico, con discrete proprietà meccaniche
TERRECOTTE: sonno prodotto ceramici poveri a pasta colorata, anch’essi caratterizzati da un tessuto poroso, simili al
laterizio comune che possono essere definiti mattoni lavorati a rilievo.

LATERIZI
Sono prodotti ceramici a pasta colorata provenienti dalla cottura in fornace (temperatura 900° -1100° C) di argille marnose
e impure, contenenti una percentuale tra il 16% ed il 25%, che conferisce al prodotto quella porosità indispensabile per
dare buona aderenza alle malte di allettamento ed essere un ottimo supporto per gli intonaci. La straordinaria diffusione
dei laterizi, in tutte le epoche storiche e in tutte le aree geografiche, è dovuta alla loro facilità di fabbricazione, di trasporto
e di maneggevolezza, caratteristiche a cui si aggiunge la buona resistenza a compressione, tale da eguagliare quella di
molte pietre naturali, e che hanno reso il loro utilizzo universale. In molte regioni di tutto il mondo l’argilla essiccata al sole
fu considerata un materiale efficace che rivelò la sua totale impermeabilità in seguito alla cottura. Questa constatazione fu
fatta da vasai, ma furono necessari molti secoli perché questo materiale domestico diventasse un materiale edilizio.

COMPOSIZIONE DELLE ARGILLE


Le variazioni quantitative e qualitative dei vari componenti delle argille ne determinano le caratteristiche, più plastiche,
assorbenti e contenenti più calcare quelle marnose, meno plastiche, con più silice, ma più compatte e meno assorbenti
quelle illitiche.
Le argille sono rocce sedimentarie clastiche, cioè formate da materiale detritico, a grana finissima (granulometria inferiore
a due micron) che contengono almeno il 50% di minerali argillosi, a cui possono aggiungersi clasti di quarzo, feldspati,
miche, calcite che costituiscono il cosiddetto scheletro delle argille, oltre ai vari componenti colloidali e residui carboniosi.
Gli ossidi di ferro e gesso si presentano sotto forma di noduli, ma risultano dannosi per le efflorescenze che possono
produrre sui mattoni. Il colore di questi materiali è in genere giallastro, dovuto a composti carboniosi di origine organica,
talvolta tendente all’azzurro a causa del solfuro di ferro. Lo scheletro di tali argille è costituito da quarzi, feldspati, miche e
carbonati, nonché ossidi di ferro che conferiscono ai mattoni e alle terrecotte il caratteristico colore rosso intenso.
La struttura cristallina di base delle argille è caratterizzata dalla sovrapposizione di foglietti (fillosilicati). Dalle caratteristiche
strutturali dei minerali argillosi dipendono le proprietà delle argille in generale, e in particolare le caratteristiche
tecnologiche, quali la plasticità e l’indurimento per cottura ad alte temperature; mentre la disposizione a foglietti rende
l’argilla sensibile alla presenza di acqua.

Vengono suddivise in due categorie:


• Argille magre: sono ricche di materiali sabbiosi, sono poco plastiche e con basso ritiro di cottura, necessitano, di
plastificanti per essere utilizzate, quali argille plastiche, e necessitano anche di essere depurate.
• Argille grasse: sono ricche di minerali argillosi e polvere di scheletro sabbioso, subiscono un elevato ritiro in cottura e
devono essere quindi sgrassate con sabbia quarzosa, cocciopesto e polvere di mattone. Gli sgrassanti utilizzati
potevano essere pietre silicee triturate, polvere di tegole o mattono ben cotti, oppure carbone, pomice e pozzolana
setacciata.

PREPARAZIONE DEI LATERIZI


La produzione dei laterizi avveniva attraverso fasi che iniziavano dal reperimento delle argille, ricavate dal greto dei fiumi o
dalle zone paludose, dove a seguito di un dilavamento naturale risultavano più pure. La raccolta delle argille avveniva in
autunno, si sceglieva un appezzamento di terreno non coltivato, le parti superiori venivano asportate poiché impure, mentre
le parti sottostanti venivano utilizzate fino quasi al loro esaurimento. Dopo l’escavazione, le masse argillose dovevano subire
un processo di lavorazione prima di consentire la formazione dei laterizi. Il materiale andava purgato da tutte quelle materie
che potevano compromettere la riuscita del mattone; (elementi che potrebbero provocare la rottura). Le zolle venivano
disposte in cumuli, esposti all’aria, durante l’inverno, per eliminare gas e sostanze organiche non utili, e continuamente
lavorate e spostate. A primavera era così possibile dare il via alla produzione dei pezzi. La fabbricazione dei laterizi avveniva
all’aperto, preferibilmente all’inizio della primavera, oppure in autunno, per evitare un essiccamento troppo rapido in estate,
o il rischio di gelo in inverno. La produzione dei mattoni veniva realizzata in forme fisse. Queste forme consistevano in telai
privi di fondo costituiti da stecche di legno; quelle che componevano i lati maggiori avevano prolungamenti utili per facilitare
la fuoriuscita del mattone.
FORMAZIONE: l’operaio disponeva una certa quantità di argilla, insabbiava lo stampo e lo riempiva, comprimendola bene
e togliendone l’eccesso con stecche, regolava poi le facce del mattone con le mani umettate d’acqua. Si portava lo stampo
nel luogo destinato all’essiccamento e si faceva cadere il mattone dallo stampo.
ESSICCAZIONE: i laterizi appena formati non venivano spostati prima di tre o quattro giorni, poi venivano riposti in un luogo
coperto, oppure all’aperto, ma coperti con paglia. Questa fase era necessaria per far raggiungere al mattone la resistenza
necessaria per trasportarli all’essiccazione. Questa avveniva al riparo nelle prossimità al campo di lavoro della fornace.
COTTURA IN CATASTA: il prodotto argilloso, a seguito della cottura, si trasforma in materiale caratterizzato da una parte
cristallina e da una parte vetrosa. I mattoni potevano essere cotti in cumulo all’aperto, grazie al supporto dei laterizi crudi
sotto i quali veniva creato un corridoio per l’alloggiamento del materiale combustibile.
FORNACI A CAMERA: il forno era caratterizzato da due camere sovrapposte; in quella inferiore, il focolare, bruciava il
combustibile, in quella superiore, la camera di cottura, veniva posto il materiale da cuocere. Era difficile controllare la cottura
dei laterizi mantenendo costante e uniforme la temperatura e ciò che comportava che si ‘sfornassero’ materiali più o meno
cotti (fregni e albasi), dal colore e dalle caratteristiche meccaniche differenti. La cottura dipendeva dalla disposizione dei
laterizi i quali venivano disposti a taglio sistemando quelli più spessi vicino alla fonte di calore.
COTTURA: nell’800 il processo di cottura venne agevolato dall’introduzione dei procedimenti industriali. Il sistema del forno
a ciclo continuo venne inventato da Hoffmann e Licht nel 1958, il quale evitava la dispersione di calore e non necessitava
dell’intermittenza del forno stesso. Il forno Hoffmann constava di dodici camere disposte ad anello intorno al forno, in
questo modo quando una camera si svuotava si poteva immediatamente riempire con il materiale crudo. Il calore prodotto
dalla camera di combustione veniva convogliato attraverso fori per agevolare l’essiccazione di altri cotti in attesa di cottura.
La meccanizzazione ottocentesca ben presto soppiantò il forno Hoffmann con il forno a tunnel.

CARATTERISTICHE MINERALOGICHE DEI LATERIZI FERRARESI


La struttura dei cotti ferraresi è spesso caratterizzata da una matrice microcristallina che include uno scheletro sabbioso
prevalentemente a granulometria fine, tendenzialmente omogenea, con rari granuli di feldspato e di quarzo, a volte
policristallino, di dimensioni leggermente superiori. La composizione mineralogica dello scheletro sabbioso è costituita da
abbondante quarzo, feldspati, scarsi pirosseni e piccole lamelle micacee distribuite nella pasta di fondo con orientazione
pseudo-parallela. Si trovano spesso, per sgrassare l’argilla di partenza, e dare corpo all’impasto ceramico, granuli di
chamotte di forma rotondeggiante. Gli ossidi ferrosi di colore rossastro (ematite e goethite) sono presenti prevalentemente
in piccole lineazioni, variamente diffuse nella matrice ceramica.

LE TERRECOTTE DECORATIVE: DALLE TECNICHE DI PRODUZIONE ALLE FINITURE


I manuali antichi:
• L. Runge, Beitrage zur Kenntnis der Backstein-Architektur Italiens nach seinen Reiseskizzen Herausgegeben von L. Runge,
Berlin 1852
• Avanzi di antichi cotti che si conservano ancora a Ferrara. Album di Domenico Tumiati (1874), a cura di Carla Di Francesco,
Ferrara, 1995
• G. Agnelli, Ferrara: Porte di Chiese, di Palazzi, di Case, Ferrara, 1909
• E. Righini, Quello che resta di Ferrara antica, Ferrara, 1911-1912, 4 voll.

Classificazione cornicioni:
1. CORNICIONE DI TIPO B: cornice ad archetti trilobati, a coronamento di edifici più antichi, ultimo quarto ‘300 fino a
oltre metà ‘400. Tra via Garibaldi e Bocca canale di Santo Stefano, posta orizzontalmente su palazzo Pesciani che si
trova all’incrocio tra le due vie.
2. CORNICIONE TIPO C: cornice a conchiglia. Ultimo quarto ‘300 fino a oltre la metà del ‘400. Non si limita ad avere una
fascia decorative, ma ce ne sono altre poste nella parte superiore. Ha piccole mensoline, l’elemento della conchiglia e
altre fasce decorative. Es. Casa Romei, chiesa di S. Stefano.
3. CORNICE TIPO D: cornice ad archetti e conchiglie. Sovrapposizione tra tipo B e tipo C. Ultimo quarto ‘300 fino a oltre
la metà del ‘400. Es. chiesa di S. Romano
4. CORNICE TIPO E: più diffusa a Ferrara detta ‘cornice del Rinascimento’. Fine ‘400 – tutto ‘500. Varie fasce decorative
con dentelli, elementi a gola dritta con fogliette. Vi sono tante varianti identificate con i numeri civici, questo perché
l’ordine con il quale vengono alternate le fasce sono vari e diversi. Es. Palazzo di Ludovico il Moro. Si distinguono in 3
formati secondo una proporzione che riguarda il rapporto con il quale i cornicioni vengono visti dall’osservatore:
• Piccolo
• Medio
• Grande
5. CORNICE TIPO I: cornice a beccatelli, composta sol oda elementi in laterizio
6. CORNICE TIPO A: elementi posti in modo vario in modo da avere diverse decorazioni
7. CORNICE TIPO G: cornice architravata. A Ferrara ce ne sono poche. Si trova sul prospetto e sul fianco di San Francesco
8. CORNICE TIPO H: cornice a guscio. In laterizio e poi intonacata o dipinta. Si trova su Via Cammello.

PORTALI:
• Portale gotico: es. su via cammello.
• Portale rinascimentale: può presentare elementi ripetuti speculari.
• Portale architravato

TERRECOTTE ARCHITETTONICHE
COTTI DECORATIVI Sono la stessa cosa, ovvero mattoni usati a scopo decorativo oppure
DECORAZIONI IN COTTO mattoni/elementi lavorati a rilievo

Laterizi: mattoni comuni/cotti decorativi che derivano dalla stessa materia prima, ovvero l’argilla. Il metodo di lavorazione
e posa è spesso lo stesso.
Mentre i comuni mattoni sono stati usati continuamente nel corso dei secoli, le decorazioni in cotto hanno avuto due periodi
di massimo utilizzo a Ferrara:
1. Dominio estense, secc. XIV-XVI (periodo rossettiano, secc. XV-XVI)
2. Nell’ottocento (creazione e diffusione di repertori di modelli).

DIFFERENZE
• Nel 500 i cotti erano pieni con finitura superficiale
• Nell’800 erano cavi per essere cotti uniformemente (nel tempo si sono dimostrati però meno resistenti). Venivano creati
per essere lasciati a vista.

TERRECOTTE DECORATIVE
Realizzazione:
1. Metodo classico: a stampo. Quasi tutti i cotti decorativi sono prodotti così. L’uso degli stampi comincia a diffondersi
dalla metà del 200.
2. Metodo raro: scultura dei laterizi già posti in opera (tecnica molto diffusa a Bologna). Nei cantieri medievali, tra XI
e XIII sec, tra i muratori vi erano i tagliapietracottura, specializzati nel tagliare, squadrare, limare mattoni per creare
archi, gole e spigoli.
3. Metodo raro: a stampo ma con ritocchi a crudo. Nei secoli XV e XVI sul materiale diventato rigido avendo già
rilasciato buona parte dell’acqua di impasto, quando veniva a raggiungere una ‘consistenza cuoio’.

ESEMPI DI LAVORAZIONE:
• A stampo: avveniva modellando l’argilla cruda dentro stampi di legno o gesso, facendola essiccare. Ci sono stampi in
legno e gesso.
• Cotti scolpiti
• Scultura consistenza a cuoio: lavorazione della superficie ottenuta quando l’argilla era già essiccata (consistenza cuoio),
se non parzialmente cotta.

I trattamenti superficiali di laterizi e cotti decorativi avevano principalmente due scopi: decorativo e protettivo.
Sulle decorazioni in cotto:
• Intonachino sottile per coprire i giunti ed uniformemente i vari pezzi
• Tinta a calce: nel ‘400 i colori rafforzavano il colore naturale del cotto (rossi), nel ‘500 i colori chiari (avorio) venivano
usati per simulare le pietre naturali (materiali più ricchi).
LE FINITURE DELLE TERRECOTTE
Dopo la posa in opera i cotti venivano trattati con diversi tipi di finiture, per rendere omogeneo l’aspetto generale della
decorazione, trasformandola da un insieme di pezzi in un elemento architettonico. Lo strato di finitura aveva funzione
estetica e protettiva e poteva uniformare materiali diversi, come cotto e malta. Nei secoli è variato il gusto e con esso la
scelta delle finiture architettoniche. Le finiture quattrocentesche a Ferrara si presentavano di colore rosso; nel ‘500 si
preferirono la pietra naturale. Tra ‘800 e ‘900 ritorna il colore rosso, ma ottenuto con impiego di pigmenti diversi, a base di
olio, terre colorate e ossidi; negli strati più recenti si riscontra spesso il colore ocra. Il rosso con variazioni che vanno dall’ocra
al paonazzo era la coloritura più diffusa sui manufatti fino alla fine del ‘400. Il colore era costituito da un pigmento rosso,
calce, talvolta gesso, sostanze proteiche, e diveniva una pellicola aderente al supporto: rappresentava un rafforzativo della
tonalità naturale. Questo trattamento era molto usato su colonnati, cornici, archi e anche murature. Nel ‘500 viene preferita
la coloritura a scialbo di calce di gesso, con variazione dal bianco al beige, ad imitazione della pietra naturale, per creare
continuità tra i materiali litici e litoidi, come nella chiesa di S. Francesco. Anche la muratura era rifinita con intonaco
tinteggiato di rosso e stilato in bianco, a costituire una finta cortina laterizia.

CARATTERISTICHE MINERALOGICHE DEI LATERIZI FERRARESI:


Analisi macroscopica in situ ed al microscopio stereoscopico
Il cotto presenta un colore d’insieme rossastro-chiaro ed una struttura caratterizzata da vacuoli di forma e dimensioni
variabili, tendenzialmente di forma subellittica, tali da evidenziare una discreta porosità nella pasta di fondo ceramica. Nella
matrice ceramica si rivelano, inoltre, piccoli clasti di coccio pesto e granuli dello scheletro sabbioso, tendenzialmente a
granulometria dine ed uniformemente distribuito nella massa di fondo che si presenta moderatamente cementata e
compatta. In superficie si rileva una patina rossastra a contatto con la matrice ceramica del cotto e, superiormente, diversi
strati di finitura di colore biancastro ed avana chiaro.

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