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Letteratura vera, e quella di Serie B

Nel corso di scrittura creativa offerto a poco prezzo dal Comune di Milano, ci fu un passaggio
scontato ma che non poteva mancare: la diligente riaffermazione delle tesi di Benedetto Croce per
cui la narrativa letteraria sarebbe superiore alla narrativa di genere (termine che evolve dal
cosiddetto romanzo popolare ottocentesco e che include il giallo, il fantasy, l'horror e così via); la
prima ha valore artistico, la seconda è invece stereotipata, ridotta a schematismi, volta a priori a
sollecitare questa o quella pulsione nel lettore anziché appellarsi ad un senso estetico complessivo.

Ovviamente c'è tutta una teoria filosofica dietro all'estetica crociana, ma non ho intenzione di
rifilarvela qui. Potrete approfondire meglio altrove, visto che per la filosofia ho moderate capacità e
pochissima passione.

Ovvio corollario della critica crociana è che la letteratura di genere sarebbe grossolanamente
commerciale. Per il nostro celebre intellettuale infatti l'arte è un'attività spirituale che deve avere la
propria autonomia: libera dalla ricerca dell'utile economico, quindi, e anche dalla morale o
dall'attività conoscitiva.
Per quanto riguarda il fantastico, il nostro aveva poche simpatie: poiché la cultura italiana nasce in
un paese "solare," poco ci si adattano le brume nordiche popolate di spettri. Non ho la citazione
sottomano ma per quanto ne so, posizione non molto diversa tenne prima di lui il Manzoni. Se la
tesi sulla letteratura di genere può essere valida per chi la apprezza, che in Italia non si possa
gradire il genere fantastico è opinione che non è più possibile sostenere. Il tempo, e la diffusione di
fantasy e fantascienza, hanno fatto giustizia di certe frasi fatte che possono essere solo opinioni
personali (magari anche illustri) e non dogmi. Persiste ancora, da parte di chi si occupa della
letteratura alta, la facile equazione fantasy = merda (e lo stesso per la fantascienza).

Chissà se esiste ancora una letteratura alta esente da ogni costrizione commerciale, ci sarebbe da
chiedere, dal basso del nostro sterco.
Quanto alla diatriba contro la letteratura di genere, mi prendo la briga di tradurre qualche riga
dell'intervista a Patrick Rothfuss, autore de "Il Nome del Vento," un ottimo libro di genere, ne ho
parlato non molti giorni fa su questo blog:
Ma cosa significa "libri di genere"? Col passar del tempo la definizione "narrativa di genere"
m'irrita sempre di più. Sembra implicare che solo una, la "narrativa letteraria," sia la vera
narrativa, e qualsiasi altra sia la sua cugina bastarda. Io dico, la narrativa letteraria è solo un
genere come un altro. Ha le sue regole e i suoi difetti come qualsiasi altro. E come per gli altri
generi, l'85 per cento della narrativa letteraria è merda allo stato puro. Pretenziose,
autoreferenziali, manieristiche stronzate che trascurano ciò che dà valore a una storia. Parlo di
buon uso del linguaggio, una buona trama, validi personaggi e, si spera, qualche contenuto di
valore qua e là.
Ora, per evitare che mi si accusi di avere un pregiudizio, ci tengo a confermare che lo stesso vale
per il genere fantasy. La differenza è che la narrativa letteraria tende a prediche noiose o storie
prive di ogni vivacità, il fantasy tende a dei cliché, storie di stregoni malvagi che cercano di
distruggere il mondo, di giovani principi il cui avvento era stato previsto da una profezia, Elfi con
i loro archi, spade magiche, cupi vampiri, unicorni...
Non posso che essere d'accordo, ricordando però che anche i cliché possono essere reinventati,
come lo stesso Rothfuss ha fatto.

Ora, però, se gli autori vogliono scrivere fantasy rifiutando di essere Serie B, cerchino di non
scrivere "manieristiche stronzate".

Bruno Bacelli

Articolo tratto da: mondifantastici.blogspot.com

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