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L'Italia non è certo un gran mercato per la fantascienza, purtroppo. E nemmeno per la scienza, probabilmente, visto che le nostre
produzioni di pregio, le nostre università e la nostra ricerca stanno scivolando verso l'oblio.
E' però patria di parecchi pensatori e scrittori che ci regalano riflessioni non banali sul futuro: leggetevi ad esempio il numero 108 di
Delos Science Fiction (http://www.fantascienza.com/magazine/delos/108/) che parla del Postumanesimo.
Il superamento dell'umano a opera dello sviluppo tecnologico. Questa è una tematica affascinante, e una con cui bisognerà fare i conti.
Oggi le tendenze della ricerca scientifica rendono la discussione sul Postumanesimo sempre meno immaginaria.
Con mille difficoltà si sperimentano le prime interfacce uomo-macchina e la medicina ha raggiunto risultati insperati nell'inseguimento
di una sempre maggiore speranza di vita e nella lotta contro le disabilità. Protesi inserite nel corpo potranno permetterci di sopravvivere,
di recuperare funzionalità perdute (ad e sempio, i primi esperimenti di recupero della vista, o le protesi di ultima generazione).
La mappatura del genoma umano è la prima tappa di una comprensione sempre più completa del funzionamento del corpo, e le
nanotecnologie permetteranno di intervenire su una scala non immaginata prima. Se da una parte la genetica ci ha rivelato che
manipolare il vivente non è lavoro semplice (ad esempio può avere le conseguenze più disastrose sopprimere i geni che "comandano" la
nostra morte), dall'altro la scoperta delle cellule staminali fa pensare a possibilità di rigenerazione del corpo mai immaginate prima.
Resta, oggi, un baluardo che resiste ancora alla nostra comprensione: si sa che nel cervello avvengono delle scariche elettriche, si
disquisisce su quali aree sono addette a quali ruoli, ma gli scienziati non sanno ancora dire come emerge la consapevolezza. Forse un
giorno anche pensiero, ricordi, personalità non avranno più misteri.
A parte creare le tanto temute intelligenze artificiali, potremmo essere in grado, in un tempo più o meno lungo, di fare qualsiasi cosa
con i nostri corpi.
Dilemma filosofico
L'uomo che può diventare altro da sé. E' davvero giusto che lo faccia? Delle cento paturnie che tormentano la Chiesa, questa almeno la
capisco. Se potremo modificare il corpo a piacere allora potremo decidere di essere belli, di avere i figli biondi, o di diventarlo noi stessi
se non lo siamo e lo vogliamo essere... Io penso che sia inutile porsi la questione. Se potremo farlo, lo faremo.
Evoluzione autodiretta!
Sarebbe infatti irragionevole decidere di essere limitati. C'è chi si lamenta che l'uomo sia ormai immune all'evoluzione naturale.
Dovrebbe essere invece un minimo passo di dignità, non essere forgiati da caldo, freddo, disponibilità di questo o quel cibo, o dal
pericolo rappresentato da una bestia che corre più veloce di noi o è più forte.
Però decidere dove e come evolversi (quando avremo una padronanza totale della genetica) può avere strane conseguenze. Se il mio
vicino di casa è dotato di zanne come un animale feroce, se scatta da fermo ai cento chilometri orari in sette secondi netti, posso io
decidere liberamente di rimanere semplicemente umano? O devo per forza diventare anch'io più potente per non essere schiacciato?
Se tutti diventano più intelligenti grazie a una biotecnologia, chi esercita il proprio diritto a non usarla deve rassegnarsi a rimanere
indietro economicamente e socialmente? Insomma, che conseguenze ci possono essere se l'umanità si divide su strade diverse?
Vita virtuale
Nel momento in cui il pensiero (capacità logiche, memoria ecc...) di una persona fosse completamente gestibile da strumenti artificiali o
ibridi, probabilmente potremmo non voler essere nemmeno legati a un corpo, o almeno non sempre. Essere legati a un corpo potrebbe
essere più pericoloso che condurre una vita virtuale in qualche sicuro macchinario nascosto in qualche bunker sottoterra.
C'è da chiedersi se questa sorte sarebbe desiderata o no. Forse in un primo momento essere ridotti al virtuale sarebbe una soluzione
imposta ai meno abbienti (sempre che nel futuro di cui sto farneticando il denaro abbia ancora un significato). D'altra parte la realtà
virtuale, e la possibilità di essere un po' dovunque condividendo i sensi di un'immensa rete-macchina estesa in tutto il mondo,
potrebbero essere più gradevoli del muoversi nel mondo fisico. Se non sempre, almeno per una parte del tempo.
Una vita virtuale significherebbe anche una quasi immortalità. Dico quasi perché il nostro pianeta e l'universo stesso non sono eterni.
In conclusione, è possibile intravedere (e supporre che ci si possa arrivare) una tecnologia tale da trasformare definitivamente l'umanità.
Non immagino una scomparsa dell'uomo per colpa delle macchine come in certi film di fantascienza. Penso semplicemente che l'uomo
inteso come corpo a forma di scimmione spelacchiato, diventerebbe a un certo punto solo uno dei veicoli possibili per la mente, e
sicuramente non il più attraente.
Bruno Bacelli
Dal blog Mondi Immaginari
mondifantastici.blogspot.com