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EDITORIALE

Parliamo di Entropia:
cos’è? Ci siamo dentro
di Marco Mantovani

Esatto: ci siamo dentro fino al collo. Partiamo


con “ordine” (palese contraddizione in termini,
considerando che questo vocabolo enuncia esat-
tamente il principio contrario). Cos'è quindi l'en-
tropia? (dal greco “en”, "dentro", e “tropé”, "tra-
sformazione"). In effetti, non esiste un’unica de-
finizione. Cercando di semplificare al massimo,
quasi banalizzando una nozione piuttosto com-
plessa, si può dire che in fisica, ovvero in termo-
dinamica, l’entropia ha un significato associato
al concetto di disordine; nella teoria del caos ha
invece un senso diverso e in altre discipline eco-
nomiche e sociologiche comprende ulteriori e
dissimili accezioni. In estrema sintesi, possiamo
definire l’entropia come una grandezza relativa
che fornisce la misura (o meglio la variazione del
livello) del disordine presente in un sistema, in
relazione al processo di trasformazione che parte
da uno stato iniziale di ordine e arriva a quello
finale di caos. Da notare che ogni oggetto della
fisica, dell’astronomia e persino della biologia,
costituisce un sistema. In pratica, nell’universo,
dal Big Bang in poi, tutti i processi naturali, noi
uomini compresi e quindi la nostra società, ten-
dono irreversibilmente verso il disordine, asse-
standosi di continuo in stati equiparabili al caos
e distruggendo quelli precedenti meglio organiz-
zati. Ovviamente lasciamo ai fisici, chimici e
biologi le "formule" per descrivere tali feno-
meni, ma è fondamentale condividere due con-
cetti. Il primo è un fattore scientifico, ovvero: la
validità dell’entropia è ormai stabilmente san-
cita, da oltre un secolo, sia dal punto di vista teo-
rico che sperimentale. Questo basilare assioma
della natura ha un ruolo centrale nella storia del
cosmo e dell’uomo. Albert Einstein affermò che
è la "legge più importante della scienza" e sir Ar-
thur Eddington aggiunse che è la "suprema legge
metafisica di tutto l'universo". Il secondo con-
cetto deriva, come conseguenza diretta, da
quello precedente: tutti i sistemi abbandonati a
se stessi tendono a diventare disordinati e cor-
rotti in relazione al trascorrere del tempo, fino a
consumarsi, deteriorarsi e distruggersi; questo
processo è inevitabile e non ha alcuna possibilità
di ritorno. Bene, dopo questa “gustosa” pre-
messa di carattere socio-scientifico (spero che la
signora Gianna, mia prima e fedelissima lettrice
del sabato mattina non si sia troppo annoiata) ve-
niamo al dunque. Cosa intendo dimostrare? Che,
ovunque ci giriamo, si può osservare il chiaro
passaggio che ci ha portato da un ordine costi-
tuito fino all’attuale caos, confermando così
l’ineluttabile legge naturale che accompagna
qualsivoglia “sistema” abbandonato a se stesso.
Mi spiego meglio con qualche esempio. La
scuola. Prima del nefasto Sessantotto, in classe
vigeva l’ordine con regole chiare e precise. Si
stava in silenzio, braccia conserte, si ascoltavano
con attenzione gli insegnamenti della signora
maestra, si studiava, s’imparavano tante nozioni
e si prendevano dei sacrosanti scappellotti
quando ci si comportava maleducatamente; gli
stessi venivano poi replicati a casa perché «se
l’insegnante te l’ha dato, vuol dire che te lo me-
ritavi» (e questo a priori). Adesso c’è il caos: urla
e casino per i più piccoli, mentre fra la maggior
parte dei ragazzi imperversano bullismo, droga,
sesso libero e ribellione contro una società dove
gli stessi crescono ignoranti come le capre. Il
professore che “si permette” di sgridare o dare
un’insufficienza a un alunno, viene insultato,
preso in giro o persino picchiato dai genitori di-
sgraziati di qualche giovane delinquente. La co-
siddetta “buona scuola” è solo l’ennesima inven-
zione e dimostrazione dell’incapacità intellettiva
di funzionari pinocchietti sinistrorsi e di ministri
sottoculturati. La famiglia. Mio padre dava del
“Voi” al nonno con ossequio reverenziale ed io
non mi sono mai azzardato a contraddire i miei
genitori, perché (anche se ritenevo che su qual-
che argomento potessero aver torto) erano pur
sempre coloro che mi avevano generato, donato
amore, mantenuto negli studi ed erano stati pro-
dighi di innumerevoli e saggi consigli per la vita.
Oggigiorno, i ragazzi crescono devastati in “fa-
miglie” divorziate, allargate, surrogate, faticano
persino a comprendere se hanno due madri, tre
padri, gente strana che gira per casa, coppie di
fatto, disfatte o strafatte; quindi incollano gli oc-
chi allo smartphone o ai videogiochi e si chiu-
dono in un loro mondo virtuale creato sul niente
nel nulla. La società e la politica. Siamo stati tra-
diti e venduti da governanti senza scrupoli ai
trafficanti di schiavi che hanno invaso il Bel-
paese con milioni di migranti che stanno deva-
stando le nostre radici storiche e culturali, depre-
dando tutti quei valori etici non negoziabili su
cui è stata creata e plasmata la civiltà occiden-
tale. Parole vacue e blasfeme come intercultura-
lismo sociale e religioso, vanno lette esclusiva-
mente come: contaminazione. Putride melme vi-
schiose di una “società liquida” come il catrame
in cui stanno tentando di affogarci. «Dobbiamo
tagliare la testa e i genitali agli infedeli, italiani e
occidentali» - è questo il primo desiderio di mi-
gliaia di islamisti radicalizzati che i pinocchietti
sinistrorsi e l’eretica lobby romana cattocomuni-
sta hanno richiamato in massa in Europa. Altro
che “ius soli”. Hanno perfettamente ragione
Matteo Salvini e Giorgia Meloni: “Blindare i
confini, controllare tutte le presenze islamiche
organizzate in Italia, rimpatriare i detenuti stra-
nieri, espellere i clandestini. Volere è potere”.
«Deus vult!» era il motto dei Crociati.
Buona Pasqua, per un sereno futuro.
Marco Mantovani
editoriale@vocedimantova.it

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