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Accademia Editoriale

Un'identità 'troppo compiuta': Troiani, Latini, Romani e Iulii nell'Eneide


Author(s): Maurizio Bettini
Source: Materiali e discussioni per l'analisi dei testi classici, No. 55 (2005), pp. 77-102
Published by: Fabrizio Serra editore
Stable URL: http://www.jstor.org/stable/40236273
Accessed: 31-03-2015 15:37 UTC

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Maurizio Bettini
Un'identità 'troppocompiuta'
Troiani,Latini,Romanie Iulii nell'Endde*

Alla fine dtìYEneideGiove e Giunone contrattanoil futuro che


attende Troiani e Latinidopo che la guerra si sarà conclusa. Giu-
none si rende conto che non c'è modo di tenere Enea fuori dal
Lazio; ma sa anche che, in cambio della fine delle ostilità, può
chiedere a Giove qualcosa che non dipende dal fatum:1quando
Troiani e Latinisi sposerannofra loro (cumiam conubiispacemfe-
lirìbus,esto, component),2possano i Latini restare Latini, mante-
nendo il loro nome, la loro lingua, i loro costumi... Giove sor-
ride, e dopo aver ripetuto le varie voci che compongono il con-
tratto, quasi a rassicurareformalmente la moglie sulla serietà del
suo impegno, le concede quello che chiede.

. La scomparsa dei Troiani


Questa negoziazione fra Giove e Giunone costituisce un nodo
fondamentalenel significatodel poema. In gioco c'è infattil'iden-
tità del popolo che nasceràdallafusione fra Latinie Troiani,e che
dovrà abitareil Lazio. I capi della richiestasono chiari,Giunone è
preoccupatainnanzitutto (12,820-828):
- per il nome (nevetusindigenasnomaimutareLatinos/ neu Troas
fien iubeas Teucrosque vocarì).Nonostante la mistione fra i due
gruppi,il nome del popolo deve rimanerequello dei 'nati sul luo-
go': Latini, non Troes Teucn. La preoccupazione in realtà è
molto ragionevole, perché, come notava Servio, vieti victorumno-
menaccipiunt.3
- per la lingua (aut vocemmutareviros).Gli 'uomini' dovranno

*
Ringrazio Erich Gruen, Andrea Giardina, Gaius Stern, Alessandro Barchiesi per
aver letto e discusso con me queste pagine.
1. 12, 819 nullafati quodlegetenetur.
2. 12, 821-822.
3. Servio, ad Aeneidem1, 6; Sallustio, Iug. 18, 2 vieti omnes in gentem nomenqueim-
perantiumconcessere;cf. Heyne, ad loc; Buchheit, p. 143.

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78 MaunzioBettini
continuare a parlarelatino.4A quanto pare, a Giunone basta che
a mantenerequest'uso siano i 'maschi'del gruppo.
- per il vestire (aut verterevestem).Gli uomini (vin) dovranno
mantenere il loro abbigliamento tradizionale. Come sappiamo
da Virgilio stesso, i Frigihanno fama di indossaretuniche fornite
di maniche, vesti colorate di croco e di porpora, mitre con il sot-
togola.5 Forse anche Giunone, come Iarba Numano, ritiene
che questo tipo di abbigliamentodenoti effeminatezza?
- per la geografia e la storia, se così si può dire (sit Latium,sint
Albanipersaeculareges).La dea vuole che continui ad esserci il La-
tium(e non, poniamo, una nuova Troas),e che nel futuro ci siano
i re di Alba,una parte fondamentaledella storiadi Roma.
- per la potenza e la virtù dei posteri (sit RomanapotensItalavir-
tutepropago).Giunone chiede che la Romanapropago,la stirpe ul-
teriore che avrà nel Lazio le sue radici,6possa fondare la sua po-
tenza sulla virtusItalica.Anche in questo caso, la dea condivide
forse i giudizi negativi che, nel corso del poema, vengono
espressisul valore dei Troianida parte dei loro nemici.7
Le richieste di Giunone sono molto dure. Il contributo che se-
condo lei i Troiani dovranno dare alla nuova popolazione è prati-
camente nullo. A dispetto dei matrimoni misti che verranno
combinati, il nome, la lingua, le maniere, le caratteristichemo-
rali dei Troiani dovranno scomparire. La durezza di queste ri-
chieste è già tale che si resta sorpresi nel vedere che Giove non
solo le accetta ma, almeno in apparenza, rincara la dose: ren-
dendo esplicito anche il modo in cui interverrà sulla combina-
zione fisica dei due popoli per soddisfarele richieste di Giunone.
Ecco dunque gli impegni di Giove (12,834-840):
- gli Ausoni manterrannola loro lingua (sermonemAusoniipa-
tnum ... tenebunt).Come si vede la richiestadi Giunone, secondo
cui erano i vin che dovevano mantenere la lingua tradizionale,
non era poi così strana, se anche Giove definiscepatrius,'dei pa-
dri',il linguaggioche userannogli Ausoni.8
- manterrannoi propri costumi (moresquetenebunt).Giove ha

4. Come fa notare Traina, 175, è questa l'unica occorrenza virgiliana di vox nel
senso di 'lingua' : si tratta di un calco semantico su .
5. Cf., per es., 4, 206 ss. ; 9, 599 ss. ; 12, 97 ss. ; Suerbaum, pp. 196 s.
6. Paolo Festo 253Lpropages:progeniesa propagando,ut faciunt rustici, cum vitem
vetulamsubpnmunt,ut ex una pluresfaciant.
7. Cf. pp. 63 s.
8. Il significato del termine Ausonii è abbastanza oscillante ntW'Eneide,cf. Can-

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colto le implicazioni di carattere 'morale' che, nella richiesta di
Giunone, si accompagnavano alla scelta dell·abito. Il vestire fa
l'uomo.9 Dunque Giove, invece di garantiresemplicemente che
gli Ausoni conserveranno la loro vestis, come Giunone aveva
chiesto, si impegna a che essi mantengano in generale i loro mo-
rts. Oggi diremmo che i discendentidei matrimoni misti fra Tro-
iani e Ausoni saranno di cultura (morts)italica, non frigia. Come
tali, si può presumere che essi manterrannola loro fedeltà a Giu-
none, visto che anche la religione fa parte dei morts.Ma su que-
sto, Giove prenderàun impegno esplicito subito sotto.
- il nome resteràquello che era (utquttst nomaierti).10
- ed ecco il punto più delicato (commixticorporttantum/ subsi-
dtnt Teucri).Giove spiega come sarà possibile che la presenza dei
Troiani venga annullatanella cultura del popolo che sta per rea-
lizzarsi. «I Teucri» dice «saranno mescolati solo ntl corpo»della
futura progenie. Dobbiamo immaginare che, nella mescolanza
(commixti),il contributo troiano alla stirpe sarà di carattereesclu-
sivamentefisico,limitato al corpo dei discendenti.
Come se non bastasse,però, Giove aggiunge che questo contri-
buto troiano andrà a depositarsi'sul fondo' del composto (subsi-
dtnt). Per comprendere meglio il significato di subsido,è oppor-
tuno citare qualche parallelo. Così come, nella mistione primor-
diale,la terraè scesa in basso, mentre gli elementi 'liquidi'sono sa-
liti in alto (ttrrat... pondus... substditfiinditusutfatx ... corporibus
liquidissunt omniapurarclictà);11 cosi come nel liquido contenuto
in un'anforala parte nobile sta in alto ed esce per prima, quella
greve e torbida si deposita in basso (ex amphoraprimumquodtst
sinctrissimumtffluit, gravissimumquodqutturbidumqutsubsidit);*2
così come nelle giare per l'olio la feccia e la morchia si deposi-
tano sul fondo (51quatfatcts aut amurcatinfundis uasorumsubstdt-
nnt)13- allo stesso modo la componente troiana del futuro com-

cellieri: i popoli della coalizione antitroiana (9, 639; 10, 105, 268; 12, 937); special-
mente i Ruttili (11,41; 12, 183);le genti del re Latino (7, 537,547; 11,253,297).
9. Del resto, in italiano 'costume' indica contemporaneamente il modo di ve-
stire e quello di comportarsi; lo stesso vale per 'abito'.
10. Secondo Catone (Ong. fr. 5 Peter) e Livio 1, 2, 4-5, il nome Latini non sarebbe
stato quello del popolo precedente, ma quello assunto da Abonginese Troiani dopo
la loro fusione.
11.Lucrezio 5, 495-499·
12. Seneca, ep. 108, 25-26.
13.Columella 12, 52, 14; cf. anche 9, 14, 18; 2, 9, 11,6; Pknio 28, 68, ecc. In Virgilio il
senso di 'restare in basso' ricorre in Aen. 5, 500 extremusgaleaqueima subseditAcestes.

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posto corporale ausonio-troiano andrà a «depositarsi sul fon-


do».
Perché questo? Evidentemente è importante che i Latini ab-
biano non solo mortslatini, ma anche corcoil più possibile latino.
Inoltre, spingendo in basso la componente troiana, si evita il ri-
schio che essa possa riemergere. Come dice l'Ulisse delle Tro-
iane, «i semi di buona stirpe ritornano fuori nella generazione»
(generosa semina in ortus resurgunt).14Meglio dunque se i Teucri
non solo resteranno limitati alla semplice commistione corpo-
rale, ma anche subsident,in modo da non poter più resurger
e nel
futuro. Nei futuri discendenti, insomma, la presenza fisica
troianaassume un carattereche potremmo definire'recessivo'.
- Giove dichiarapoi che assegnerà lui, personalmente, nuovi
culti e riti religiosi (morem ntusque sacrorum / adiciam). In questo
modo il padre degli dei da a Giunone una versione addolcita di
ciò che in realtàdovrà accadere,perché è ben chiaro- fin dall'ini-
zio del poema - che quello che Enea è destinato a portarein Italia
sono proprio i nuovi culti.15È possibile che egli stia qui ingan-
nando Giunone di proposito. Però si può anche pensare che, as-
sumendo direttamente su di sé il compito di 'aggiungere'nuovi
culti alla tradizione indigena, Giove voglia lasciar intendere che
le innovazioni religiose introdotte da Enea si identificano in
realtà col suo stesso volere.16In ogni caso, vale la pena di notare
che, in questo modo, il nuovo popolo disporrà di due diversi
'strati'di mores- diversamentegraduatisulla scala temporale, ma
ugualmente prescrittivi:quelli ereditati dai Latini (moresquetene-
bunt), e quelli introdotti da Giove, ovvero da Enea, nel campo
specificamente religioso (moremntusque sacrorum/ adiciam).17
- saranno tutti Latini
(faciamqueomnis uno ore Latinos). Ecco il ri-

Questa interpretazione di subsideresta già in Heyne, ad loc. («s. de iis, quae in com-
mixtione infimum locum occupant, ut in elementis terra subsidit»); Suerbaum, p.
202, sembra prendere sul serio la proposta di La Cerda secondo cui subsidereriman-
derebbe alla posizione nell'atto sessuale; Perret, 258, interpreta invece «les Troyens
... viendront seulement les renforcer» (subsidere= venire in subsidium);Traina, 176,
con buoni confronti, suggerisce infine che subsido valga qui semplicemente 'fer-
marsi in un luogo', 'stanziarsi'.
14. Seneca, Troad. 536-540; anche Teseo interpreta le (presunte) intemperanze di
Ippolito con una 'riemergenza' della stirpe, stavolta materna (Phaedr.907-908): redit
ad auctoresvenus / stirpemquepnmam detenersanzuis refert.
15.Suerbaum, pp. 186 ss.: cf., per es., Aen. 1, 6; 12, 69.
16. Così interpreta Suerbaum, p. 189.
17. Su questa conflittualità intrinseca al mos maiorumromano, in quanto funzione
dello sviluppo temporale, cf. Bettini 2000, pp. 264 ss.

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sultato della fusione fra i Troiani e gli abitantidel Lazio. Il nuovo
popolo non sarà diverso dal vecchio, sarannotutti Latiniuno ore:
«ad una voce» ovvero «senza alcun dubbio».18
- la stirpemista che da qui sorgerà,saràcaratterizzatada grande
religiositàe attaccamentoal culto di Giunone (hincgenusAusonio
mixtum quod sanguine surget / supra homines, supra ire deos pietate
videbis, / nec gens ulla tuos aeque celebrabithorores).Questa garan-
zia di religiositàe in particolaredi fedeltà alla dea, richiamal'im-
pegno già espresso da Giove a mantenerenel nuovo popolo i mo-
res tipici dei Latini. E insieme, rassicurala dea sul fatto che i
nuovi culti e riti religiosi aggiunti da Giove (moremntusquesacro-
rum/ adiciam)non intaccherannoi suoi privilegi religiosi. Ma ol-
tre a questa informazione di costume, ce ne viene data anche
un'altradi caratteregenetico: il genusche sorgeràda qui {hinc),adi
questa fusione, saràmixtumdi sanguisAusonius- ovvero, come al-
tri preferisceintendere, il genusmixtum,che da qui sorgerà, avrà
il suo fondamento nel sanguisAusonius.Si può infatti restare in
dubbio sul significatodi questa frase: l'espressioneAusonio... san-
guine deve essere collegata più strettamentecon surget(genusmi-
sto che sorgerà dal sangue ausonio),19 con mixtum(genusme-
scolato di sangue ausonio)? Decidere fra queste due interpreta-
zioni sarebbe importante. Se si sceglie la prima, infatti, il sangue
che caratterizzeràil nuovo popolo si configura come dichiarata-
mente ausonio, con la scomparsa del sangue troiano (genusche
avrà il suo fondamento nel sangue ausonio); se invece si pro-
pende per la seconda, il sangue che caratterizzeràil nuovo po-
polo si configura come una mescolanza di sangue ausonio e di

18. L'interpretazione di uno ore resta abbastanza aperta, anche se, almeno dal
punto di vista filologico, esiste un'interpretazione che sembra imporsi sulle altre. Il
significato più comune di uno ore, infatti, da Terenzio ad Ammiano Marcellino, è
«ad una voce» «unanimamente», e almeno al tempo di Seneca, ep. 81, 31, aveva già
carattere proverbiale (uno, quod aiunt, ore). L'espressione è regolarmente usata in
connessione con verbi del dire (auctoressunt, clamant, loquuntur,ecc), ed è possibile
che anche nel nostro passo un verbo del genere sia sottinteso: «tutti diranno ad una
voce che sono Latini» «essi diranno ad una voce di essere Latini» (così Perret, p.
157).Un'altra possibile interpretazione di uno ore in questo contesto sarebbe «dotati
dello stesso linguaggio» (così nella nota di Conington e Nettleship, ad loc. ; West): ma
essa avrebbe lo svantaggio di produrre una ripetizione di quanto Giove ha appena
garantito (sermonemAusonii patnum ... tenebunt).Una ulteriore interpretazione po-
trebbe essere invece fondata sul significato di os come 'viso', 'apparenza fisica' (Bet-
tini 2000, pp. 317 ss.), e quindi 'li renderò tutti Latini nell'aspetto'. In questo modo
Giove insisterebbe ulteriormente sulla uniformità che caratterizza il nuovo popolo :
Latini di lingua, cultura e anche aspetto fisico.
19. Così Perret, p. 157e . .

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sangue troiano. Difficile scegliere.20Allo stato dei fatti, dobbia-


mo limitarci a concludere che nel composto sarà di sicuro pre-
sente sangue ausonio, non si sa se in misura determinante op-
pure no.
Questa decisione di Giove riguardoalla futura identità del po-
polo troiano-latino, sa di pulizia etnica. Nella stirpe futura i
Troiani non daranno alcun contributo di caratteremorale cul-
turale (lingua, nome, costumi); la loro presenza sarà solo fisica,
per di più ridotta a residuo, e il sangue di cui si parla non è
troiano ma, come minimo, misto di sangue italico. Tutto ciò è già
abbastanzaimpressionante.Ma lo diventa ancora di più se questi
conubiavengono messi in prospettivacon quanto sappiamo della
condizione dei Troiani nel Lazio. I Troiani infatti sono tutti ma-
schi, non hanno donne. Secondo il racconto déu'Eneide,le matres
sono state lasciate in Sicilia dopo il loro tentativo di bruciare le
navi. Ciò che Enea ha portato con sé sono dei iteti iuvenes,foltis-
sima corda.21Certo, la madre di Eurialo aveva forzato il bando,
unica fra le matresTroiane.22Mentre forse più innocenti - perché
semplicemente sfuggite all'attenzione di Virgilio?- sono le Ria-
des che piangono la morte di Pallante e la nutrix Caieta.23Resta
comunque il fatto che i Troiani sono un esercito, un gruppo di
maschi guerrieri,non a caso definiti, al momento del loro sbarco
nel Lazio, con il termine pubes.24La loro condizione non è di-
versa dai (futuri) Romani di Romolo, un gruppo di maschi che,
afflittiappunto da penuriamulierum,se ne vanno a rapirele donne
dei loro vicini Sabini.25Dunque, quando si parladi conubiafra La-
tini e Troiani, bisogna specificareche si tratta in realtà di matri-
moni fra maschitroiani e donnelatine, e non del contrario.Le ri-

20. Nel sesto libro, quando viene introdotto Silvio, il figlio di Enea e di Lavinia,
per descrivere la sua discendenza viene usata un'espressione simile a quella che
stiamo esaminando (6, 762): ìtalo commixtussanguine surget. L'ambiguità è la mede-
sima, e il confronto non ci aiuta. Per l'espressione usata nella profezia di Fauno, 7,
98-101,venientgeneri, qui sanguinenostrum/ nomenin astraferant, si veda infra.
21. 5, 713-731,750-751,767-769, ecc. Cf. Servio, ad Aeneidem11,35; sull'uso di matres
('folla di donne') in Virgilio, cf. Wolodkiewicz.
22. 9, 216-218.
23.7,1-4:11,35·
24. 7, 105: Laomeàontiapubes; e più avanti, nel discorso di Ilioneo (219-220): love
Dardanapubes / gaudet avo. Può anzi essere interessante il fatto che, al momento dei
funerali di Miseno (6, 212 ss.), non vengono nominate donne ma solo uomini (v. 212
Teucn; v. 229 socios): dato il ruolo che le donne svolgono ritualmente nelle cerimo-
nie funebri, ci si aspetterebbe il contrario.
25. Livio 1, 9.

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chieste di Giunone, gli impegni di Giove, le sue affermazioni
sulla miscela fisica della nuova stirpe, devono essere misurate su
una situazione che vede i Troiani nella funzione di patres,i Latini
in quella di matres.Ma che cosa avrà pensato un lettore romano
(e un poeta romano) di questi padri troiani che, per volere di-
vino, non avranno alcuna parte nella prole che sono destinati a
procreare?
Sappiamobene che la società romana è fortemente patrilinea.
In essa tutto - il nomai, lo stato sociale, i beni, i culti, e così via -
passano attraversola discendenza maschile. Come dice il Canu-
leio di Livio, a Roma nempepatremsequunturUhm,non c'è dubbio
che i figli assumano lo status e l'identità del padre.26Già questo
basterebbe a comprenderela rivoluzione operata da Giove, che,
privando i padri troiani della possibilitàdi esercitarequalsiasiin-
fluenza sulla loro prole, rovescia Tasse tradizionaledella discen-
denza: da patrilineo a matrilineo.27Ma vale la pena rivedere in
questa luce alcunipunti dell'accordoraggiunto:
- la lingua. Virgilio stesso definiscepatriusil sermoche i discen-
denti dovranno parlare,così come patnxisè in genere l'aggettivo
che, nei testi latini, si accompagnaa sermo, ad altre parole ana-
loghe, quando si vuoi designare la lingua nazionale.2 Nella cul-
tura romana la lingua appartieneai padri. Tant'è vero che Cice-
rone, quando parladel modo in cui si esprime sua suocera, Lelia,
dice: ex quo sic locutum esse eius patrem indico, sic maiores.29Per i
Romani, c'è un padre perfino dietro il linguaggio delle donne. Al
contrario,i discendenti dei Latini e dei Troiani saranno destinati
a parlarela lingua delle madri,un sermo*matnus.
- le vesti e i mores.A Roma, i moresfamiliarisi ereditano dalla
parte paterna, e questo vale anche per l'abbigliamento.Per es.,
sappiamo che nella familia dei Quinctiinessuno portava indosso
oro, neppure le donne ; mentre i Cetheginon indossavano mai la
tunica.30E chiaro che un giovane Cethegusnon indossavala tunica
perché così aveva appreso dai suoi antenati agnatizi; e che un
giovane Quinctius(o una giovane Quinctia)non portava addosso

26. Livio 4, 4, 12.


27. Si veda Borghini (che si occupa non solo del mito di Enea in Italia, ma anche
di altri aspetti delle origini Romane).
28. Cf. ThLL,x, 1, 5, p. 76, 24-52(Tessmer).
29. De or. 3, 46; sul linguaggio femminile a Roma vedi Gilleland.
30. Plinio 33, 21; Porfirione ad Horatii Artempoeticam50. Secondo Plinio 19, 8, nella
familia dei Serrani era costume gentilizio (gentiliciumerat) che le donne non portas-
sero vesti di lino.

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oro perché aveva ereditato questo costume assieme al proprio
nomengentilicium,ossia dalla parte paterna.Nel caso di Troiani e
Latini, invece, il modo di vestire verrà ereditato dalla parte ma-
terna.
- la questione genetica. Il contributodei padri(troiani),limitato
alla sola presenza corporale e destinato a subsidere,sarà sover-
chiato da quello delle madri (latine). È ovvio che una teoria gene-
tica 'scientifica',come quella proposta da Lucrezio, non avrebbe
difficoltà ad ammettere questa prevalenza dell'elemento femmi-
nile su quello maschile. Nella prole, dice infatti Lucrezio, a volte
prevale il seme femminile (per cui i figli somigliano alla madre),
altre volte invece prevale il seme maschile (per cui i figli somi-
gliano al padre): mentre, quando la miscela fra i due semi è ben
bilanciata,i figli uniscono in sé i caratteridi entrambii genitori.31
Bisogna dire però che, nella cultura diffusa,anche le attese gene-
tiche sono molto più orientate verso la linea paterna che non
verso quella materna. Ci si aspetta che i figli rassomiglino ai pa-
dri, non alle madri.32Dalle nozze fra Manlio Torquato e Vinia
Aurunculeia,Catullo auspica di veder nascere «un piccolo Tor-
quato», un bambino che sit suosimilispatn I Manlio**Del resto lo
stesso Lucrezio, nel contesto della teoria che abbiamo appena ci-
tato, a un certo punto dichiaratranquillamenteche le rassomi-
glianze all'internodella stirpspassano «di padre in padre» (patn-
buspatres).34Le madri sono già scomparse dal discorso, la pres-
sione patrilineaha avuto la meglio anche sull'intento scientifico.
Quanto al sangue della prole, se è vero che esso può essere deri-
vato da entrambi i genitori,35va anche detto che spesso i figli
sono definiti direttamente sanguis dei loro padri; e che, altret-
tanto spesso, il sanguis che identifica il genus è direttamente
quello della linea maschile.36Questa prevalenza del sangue pa-
terno su quello materno viene esplicitamente codificata dal di-
ritto. Secondo i giuristi, infatti, possono essere definiti consangui-
nei esclusivamentei figli di uno stesso padre, non importa se nati
da madri diverse: a significareevidentemente che è il padre che

31. Lucrezio 4, 1209-1218.


32. Bettini 1992, pp. 211ss.
33. Catullo 61, 209-219.
34. 4, 1222.
35. Guastella, pp. 80-81.
36. Beltrami, pp. 116ss.

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da il sangue ai propri figli.37Nel nostro caso, però, Giove mette
ben in chiaroil fatto che, anche dal punto di vista genetico, i padri
non devono aspettarsimolto. Il loro contributo scivolerà in bas-
so nel composto corporale, i figli saranno - indiscutibilmente,
uno ore - figli delle loro madri latine; e il sangue che scorrerà
nello vene saràcome minimo misto di sangue latino.
Dunque, in questa vicenda mitica i padritroianigiocano piutto-
sto il ruolo normalmente assegnato alle madri, destinate a non
trasmettereai figli la propriaidentità. Il rovesciamento è forte, e
non c'è dubbio che la presenza di questa 'teoria razziale' virgi-
liana, se così possiamo definirla- per di più collocata alla conclu-
sione del poema - suscita nel lettore una certa sorpresa. Le do-
mande che si pongono sono almeno due. La prima è la seguente:
perché Virgilio ha sentito il bisogno di ridurredrasticamentela
presenza dell'elemento troiano nella stirpe latina?La seconda è:
come si concilia questa sparizionecon la pretesa degli lulii, e dei
Romani in generale, di discendereproprio dai Troiani?Tutti co-
nosciamo la storia, anche Virgilio ce la racconta: attraversoi re
albani, il cui capostite è figlio di Enea e di Lavinia, la stirpe di
Enea arriva fino a Romolo e Remo. Per questo, sembrerebbe,
Virgilio inaugura il poema proprio con un richiamo alla discen-
denza di Enea nel Lazio:38 genus unde Latinum / Albaniquepatres
atquealta moeniaRomae.Da Enea, l'eroe del poema, discendono
la stirpe dei Latini, gli antenati albani e Roma stessa. Ma se i
Troiani si sono persi lungo la via, che cosa ne è di questa discen-
denza?

2. Stirpe pura e stirpe mista


Affrontiamola prima domanda:perché Virgilio ha sentito il biso-
gno di ridurre drasticamentela presenza dell'elemento troiano
nella stirpe latina? Secondo Werner Suerbaum,39sarebbe stato
necessario evitare che «vi fossero influssi asiatici sul futuro svi-

37. Gaio, inst. 3, 10: eodempatre natifratres agnati sibi sunt, qui etiam consanguineivo-
cantur, nee requinturan etiam matremeandemhabuennt;3, 5, 4: vulgoquaesitos...nec in-
ter se quidempossunt viden consanguineiesse, quia consanguinitatisius speciesest adgna-
tionis; Ulpiano, dig. 38, 8, 4: consanguinitatis,idemqueadgnationistura a patre onuntur;
ecc.
38. 1, 6-7.
39. 190-191.A proposito del nostro passo, un problema di 'purezza' era già avan-
zato da Fowler, p. 140: «thè condition of thè settlement of Aeneas - that is, of thè
establishment of thè Roman Empire - should embody thè purest conceptions of pri-
vate life that thè world had ever y et produced» (corsivo nostro).

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86 Maurizio Bettini

luppo del popolo romano ... Era necessario che gli immigranti
stranieridell'AsiaMinore fossero incorporatiquasi senza residuo
nei popoli latini: solo a questo patto potevano diventareantenati
del popolo romano». Questa spiegazione, che attribuiscea Virgi-
lio intenzioni eugenetiche antiorientali,non suona solo sinistra:
è anche poco persuasiva.Così come poco persuasivaè in gene-
rale la teoria secondo cui, anche altrove nel poema, Virgilio ma-
nifesterebbe sentimenti di ostilità nei confronti dei Troiani, visti
come popolazione corrotta rispetto agli schietti Latini.40Inter-
pretazioni del genere presuppongono infatti che Virgilio condivi-
desse il disprezzo verso i Troiani che viene espresso da Iarba,
Numano e Turno. Ma è necessario rammentare che un conto
sono i personaggi, un altro è il poeta? I nemicidei Troiani pos-
sono dire ciò che vogliono,41e Giunone, che odia i Troiani ancor
più di loro, può ben condividernele posizioni: ma ciò non signi-
fica che le condividesse anche Virgilio. Sarebbe davvero singo-
lare, infatti, che il poeta avesse fatto venire in Italiauna schieradi
eletti guerrieri, li avesse fatti combattere coraggiosamente con-
tro i Latini, li avesse fatti vincere, li avesse destinati a fondare
Roma, con tanto di Heldenschau e di scudo di Enea - ma in realtà
con l'intima convinzione che fossero dei degenerati. Senza con-
tare che, in questo modo, Virgilio avrebbe dato del degenerato
anche a Cesare, ad Augusto e a tutti coloro che a Roma vanta-
vano ascendenze Troiane (Dionigi di Alicarnassososteneva che
fossero almeno cinquanta famiglie).42La risposta alla domanda:
«perché Virgilio ha fatto scomparire, quasi, i Troiani dal com-
posto?», deve dunque essere un'altra, diversa dall'eugenetica.
Proviamo a rinviare il problema, per affrontarela seconda do-

40. Così Thomas, pp. 94 ss. (ma senza riferimenti al passo che ci riguarda), nel
quadro di una più complessa teoria sul 'disagio della civiltà'; cf. Feeney, p. 192 (a
proposito del nostro passo); G. Williams, pp. 142-143.Già Servio, ad Aeneidem12, 827
esprimeva forse un'interpretazione filoitalica e antitroiana della vicenda: sifataliter
imminet ut a Troianis ongo Romana descendat,Troiani Italorumnomen accipiant, ut Ro-
mani de Italis non de Troianis videanturesse progeniti. Sulle preoccupazioni anti orien-
tali presenti in questo periodo, da tenere ben distinte però dal mito troiano, cf. Giar-
dina, 72 ss.
41. Suerbaum, p. 198 («immer Gegner der Troer sprechen»). Il commento di
Thomas a proposito di questo argomento di Suerbaum, è solo una battuta di spirito :
«we would hardly expect an admission on thè part of thè Trojans themselves».
42. 1, 85, 3. Questa contraddizione - Enea, il celebrato antenato troiano dei Giuli e
dei Romani in genere, è in realtà un disprezzabile orientale - conduce Suerbaum
(pp. 194 s.) e G. Williams (p. 143)a chiedersi, indipendentemente l'uno dall'altro, se
Enea sia 'veramente' un Troiano come gli altri.

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Troiani,Latini,Romanie lulii nelVEneide 87
manda: come si concilia questa sparizionedei Troiani dalla stirpe
latina con la pretesa degli lulii, e dei Romani in generale, di di-
scenderepropriodai Troiani?
Anche in questo caso, è difficile condividere le affermazionidi
Suerbaum,secondo cui ogni contributo troiano alla futura stirpe
sarebbe stato cancellato «tranne espressamente quello del san-
gue. Tale contributo è già naturalmenteincancellabile,né poteva
essere cancellato ... da Virgilio, il quale sapeva che la casa dei
Giuli, da lui particolarmenteonorata, si vantava di discenderedal
sangue di Iulo figlio di Enea».43Questa interpretazioneè poco
persuasivanon solo perché non crediamo che il contributo del
sangue sia 'naturalmente incancellabile', ma anche perché ru-
nico sangue che Virgilio nomina quando parla della discendenza
di Troiani e Latini è, come sappiamo, quello ausonio italico,
non quello troiano: come invece dovremmo aspettarcise avesse
ragione Suerbaum.Anche in questo caso, la spiegazione deve es-
sere un'altra.
La situazione comincia a schiarirsi(anche se a prima vista non
pare), se si legge la profezia di Fauno al libro settimo. Di fronte
alla domanda di Latino, infatti, il nume dichiara:44externivenient
generi, qui sanguine nostrum / nomen in astra feront quorumquea
stirpe nepotes / omnia sub pedibus ... vertiqueregiquevidebunt. Nella
prima parte della sua profezia l'oracolo affermaqualcosache cor-
risponde a quanto verrà dichiarato anche da Giove nel dodice-
simo libro: con il contributo del loro sanguis,dice infatti Fauno, i
generi troiani porteranno il nomendei Latini fino alle stelle; così
come, secondo Giove, la stirpe mista di sangue ausonio si innal-
zerà per la sua pietas al di sopra degli uomini e degli stessi dei
(hinc genus Ausonio mixtum quod sanguine surget, / supra homines,
supraire deospietateuidebis...).Nella seconda parte della profezia,
invece, Fauno dichiarache i nepotes,cioè i Romani, regneranno
su tutto il mondo.
Trattandosidi un oracolo, non credo che sia fuori luogo leg-
gere il testo con particolareattenzione. È lecito attendersiinfatti
che il senso del discorso possa essere (anche) diverso da quello
che appare.In effetti, almeno la primaparte della profeziamostra
di essere stata costruita in modo ambiguo. L'espressionequi san-

43.190; a un simile escamotagericorreanche Rosivach:nonostanteil subsidere


dei Teucri,«il vero autoredi questogenusmixtumsaràEnea,il protagonistadell'E-
popea,non Latino».Main che modo?
44. 7, 98-101.

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88 MaurizioBettini
guittenostrum/ nomenin astraferont alluderàsì al contributo di
sanguis(genetico) che i Troiani daranno al nomen(nazione) dei
Latini, innalzandolo alle stelle; ma anche al sanguis (di guerra)
che verrà sparso in battaglia,rendendo il nomen(fama) dei Latini
celebre in tutto il mondo.45A nostro parere,però, l'ambiguitàca-
ratterizzanon solo questa primaparte della profezia,ma anche la
seconda. Fauno è un latino, anzi il padre del re che lo sta interro-
gando, e il nonno di Lavinia.Eppurenon dice che sarannoi nostn
nipoti a regnaresul mondo, ma i loronipoti: quorum,dei Troiani,
non nostn (quorumque a stirpenepotes...).La curiosa naturadi que-
sta espressione non viene avvertita se si legge il passo pensando
che Fauno adotti semplicemente l'ottica patrilineatipica della so-
cietà romana: i generi, cioè Enea, avranno dei nipoti che sono
loro,e non anche nostn, perché è la parte paternache da l'identità
alla discendenza, non quella materna. Ma è possibile pensare
che, con questo quorum,il nume intenda anche suggerire un se-
condo significato: i generiTroiani, cioè Enea, avranno anche dei
nipoti che apparterrannosolo a loro', e non anche a 'noi' Latini.
In altre parole, Fauno potrebbe alludere all'esistenzadi una di-
scendenza indipendenterispetto a quella che verrà prodotta dal
preannunziatomatrimonio (quisanguinenostrum/ nomenin astra
ferant).Questa duplice- ambigua- possibilitàdi lettura della pro-
fezia viene confermata se si scorre più avanti nel testo, al mo-
mento cui Latino rimuginasulle parole di Fauno:46portendigene-
rum [...] / [...] huic progeniemvirtutefuturam / egregiamet totum
quaevinbusoccupetorbem[...] generösexternisadforeab oris /[...] qui
sanguinenostrum/ nomenin astraferant.Il re affermainfatti che la
progeniesdestinata a governare il mondo (i Romani) nascerà «a
lui» (huic),al gener,Enea, non anche a se medesimo a «noi» La-
tini; mentre poco più avanti si ribadisceil fatto che, con il loro
sanguis,i generi innalzeranno alle stelle il nomenlatino. Anche
nella parafrasidi Latino, che usa espressioni diverse da quelle di
Fauno, viene dunque rispettatala distinzione fra la progenie del
genero (i Romani)e la futurastirpemista.
Fuori dal linguaggio oracolare, la distinzione fra le due stirpi
appareconfermataanche dalle parole che Giove rivolge a Mercu-
rio quando manifesta la sua preoccupazione per il comporta-

45. Un buon pendantper questa ambigua profezia è costituito dalle parole irate di
Giunone al v. 318dello stesso libro : sanguine Troianoet Rutulodotaberevirgo.
46. 7, 255-273.Purtroppo non c'è alcuna osservazione su questo passo nel com-
mento di Fordyce, ad loc.

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Troiani, Latini, Romani e Iulii nelVEneide 89
mento di Enea a Cartagine:47 Ascanione pater Romanas invidet ar-
ces? [...] nec prolemAusoniam et Lavinia respicitamai Da un lato sta
Ascanio, a cui toccherannole arcesdi Roma; dall'altrosta la proies
Ausonia,cioè Silvio, come suggerisceil Danielino.48Anche in que-
sto caso i Romani, designati attraversoAscanio, se ne stanno se-
parati dalla discendenza italica di Enea. Nasce insomma il so-
spetto che Virgilio abbiavoluto tenere distintala discendenzapu-
ramente troianadi Enea (la stirpsdei generi,i discendentidi Asca-
nio che fonderanno Roma) da quella mista (il nomenlatino esal-
tato dal sanguis dei generi, la Ausonia proies).
A questo punto, è necessario esaminarei luoghi del poema in
cui viene affermatal'ascendenzatroiana di Cesare, di Augusto e
dei Romani tutti: per vedere se vi si parla di discendenza mista
(nel qual caso il nostro sospetto verrebbesubito smentito) di di-
scendenza puramente troiana (nel qual caso esso sarebbe confer-
mato).

3. Troiani, Romani, Latini e Iulii


Naturalmentei passi sono numerosi - e non mancano gli squilli
di tromba. Subito nel primo libro, ci viene detto che i Romani
sono «progenie del sangue troiano»:49progeniem[...] Troianoa
sanguine;e subito dopo, che i Troiani sono destinati a Romanam
conaeregentem.50Sempre nel libro primo, poi, Venere ricorda a
Giove la sua promessa in questi termini:51certehincRomanos[...]
/ hincfore ductores,revocatoa sanguine Teucri, / qui mare qui terras
omnisdicionetenerent.I Romani dunque sono discendentidel san-
gue di Teucro, un sangue revocatus,'richiamato'dalla loro stirpe.
Nella risposta, Giove rassicuraVenere e le fa una breve lezione
di mitologia romana:52Enea giungerà nel Lazio, sottometterà i
popoli che vi abitano e fonderàuna città (Lavinio)su cui regnerà
per tre anni. Dopo di lui suo figlio, Ascanio, che ha ricevuto il co-
gnomendi Mus, regnerà per altri trent'anni, poi si sposterà per
fondare Alba Longa. Passerannotrecento anni, durante i quali la
città sarà governata gente sub Hectorea(la discendenza albana di
Iulo è designatain base al celebre avunculusdi lui, Ettore, l'eroe

47. 4, 234-236.
48. vel quia de Lavinia Silviumhabuit.
49. 1, 19-20.
50. 1, 33·
51. 1, 234-237.
52. 1, 257-296.

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90 MaunzioBettini
troiano per eccellenza);53finché una sacerdotessa regina, Ria,
darà alla luce due gemelli (la madre dei gemelli è chiamata Ria,
non Rea Silvia,con un nome che più troiano non si può);54dopo
di ciò Romolo prenderà su di sé (excipiet)questa gens, evidente-
mente la gens Hectorea(i Romani sono dunque gli eredi diretti
della stirpe troiana); in seguito la domusAssaracisottometterà la
Grecia (con diversaperifrasi,i Romani sono nuovamente indicati
come stirpe troiana)- e infine il grande evento : nasceturpulchra
Troianusongine Caesar[...] Iulius, a magnodemissumnomenluto.
Cesare è un troiano 'di ottima stirpe',un Iuliusdiscendente di lu-
lus, da cui trae il proprio nomengentilizio. Nel quarto libro, poi,
quando Giove ricordale promesse di Venere riguardoad Enea, si
dice:55sedfore qui [...] genusalto a sanguineTeucri/ proderet ac to-
tumsub legemitteretorbem.Enea è dunque destinato a 'propagare'
(nei Romani) l'antico sangue di Teucro. Quanto allo scudo di
Enea, Vulcano vi ha raffiguratoresItalasRomanorumque tnumphos
(le vicende italiche vengono nominate separatamentedalle vitto-
rie dei Romani) e poi il genusomnefuturae/ stirpisabAscanio:56 se-
guono i gemelli allattatidalla lupa, il ratto delle Sabine, e così via
(i Romani sono dunque un genusdella futurastirpsdi Ascanio, an-
cora stirpe troiana). Nell'allocuzione che Virgilio rivolge ad Eu-
rialo e Niso, si affermapoi che la fama dei due giovani eroi durerà
dum domusAeneaeCapitoliimmobilesaxum / accolet:i Giuli sono
definiti come la «casa di Enea»; mentre nelle lodi che Apollo ri-
volge ad Ascanio viene preannunziatoche tureomniabetta/ gente
sub Assaracifato venturaresident.57 1 Romani, signori della guerra,
sono nuovamente definiti «stirpe di Assaraco», la più schietta
stirpe troiana.58Infine, nel dodicesimo libro Enea è definito Ro-
manaestirpisongo,mentre Ascanio è magnaespesalteraRomae.59
Come ben si vede, in tutti questi passi non si parlamai né di La-
tini né di stirpe mista. Al contrario, il poeta mette una notevole
enfasi nel sottolineare il caratteresquisitamente troiano del san-
guis che scorre nelle vene dei Romani e degli Iulii in particolare.

53. Si veda la nota del Servius auctus ad locum, che richiama il celebre et avuncu-
lus excitât Hectordi 3, 343.
54. Si veda infra, p. 69.
55. 4, 229-231;cf. Servie»,ad loc. proderet[...] id est propagaret.
56. 8, 626-629.
57. 9, 446-447; 642-643: cf. georg. 3, 35-36:Assaraciproies demissaequeab love genüs /
nomina, Trosqueparenset TroiaeCynthiusauetor.
58. Si veda infra, p. 69.
59. 12, 166-168.

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Troiani,Latini,Romanie IuliinelVEneide 91
Siamo confermatinel sospetto che Virgilio, nel corso del poema,
abbia applicatouna strategiagenealogica sottile, eppure abile, os-
sia tenere distinti i Romani (e gli Iulii in particolare)dai Latini:i
primi costituiscono una stirpe pura e troiana,che deriva diretta-
mente da Enea tramite suo figlio, Ascanio Iulus; i secondi costi-
tuiscono una stirpemista.
A questo punto, resta da vedere solo la Heldenschau, in cui, sem-
brerebbe, la discendenza romana di Enea vene presentata come
mista fuori da ogni dubbio.AttraversoSilvio, figlio di Enea e di La-
vinia, si giunge infatti fino ad Alba; e da qui, percorrendola ca-
tena degli altri re albani, si arriva fino a Romolo, ai grandi Ro-
mani del passato e agli Iulii contemporanei (6, 756-886).Contra-
riamente a quello che si pensa, però, anche in questo caso Virgi-
lio dimostra una notevole cura proprio nel tenere distinte la
stirpe pura, cioè quella troiana e romana, da quella mista, latina.
Lo aveva già spiegato Eduard Norden in alcune pagine magi-
strali, con osservazioni che possono essere sviluppate.60Norden
metteva infatti in evidenza il fatto che, fin dall'esordio,Anchise
distingue fra Dardania proies da un lato, Itala de gente nepotes dal-
l'altro: vera prole troiana, Dardania,la prima, nipoti «per parte
Italica»i secondi.61Quando cominciano a sfilaregli eroi, il primo
che compare è Silvio, il figlio di Enea e Lavinia,che per questo è
definito Italo commixtussanguine(proprio come il genus Ausonio
mixtum [...] sanguine della risoluzione di Giove);62 ma subito
dopo di lui figura Procas, definito Troianaeglona gentis.Viene ri-
-
petuta cioè la stessa distinzione dell'esordio, i discendenti
quelli misti e quelli puri - sono presentatiseparatamente.Al mo-
mento della nascita dei gemelli, poi, Virgilio ha cura di speci-
ficare che Ilia, la madre, appartieneal sanguisdi Assaraco,cioè è
troiana pura:63del resto il suo nome (Ria,non Rea Silvia)lo mo-

60. Norden, pp. 276-282 (cf. Buch vi, p. 316): il riferimento a questo lavoro manca
non solo in quasi tutti i saggi virgiliani che abbiamo citato finora, ma anche nelle
voci dell'EnciclopediaVirgiliana che riguardano la dinastia albana e la discendenza
Troiana dei Giuli (Flores; Cassola; Pavan, si veda in particolare p. 529; Brugnoli, Sil-
vio; albani, re): cosa che provoca ulteriore confusione in un argomento già di per sé
intricato.
61. La Dardania proies di questo passo può essere letta in contrapposizione con
l'Ausonia proies di 4, 236.
62. 12, 838.
63. Su Assaraco, vero capostipite della specifica 'branca' Troiana che ha rag-
giunto l'Italia, si vedano le importanti osservazioni di Musti, Assaraco.

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92 Maunzio Bettini
stra fuori di dubbio.64Di conseguenza dobbiamo presumere che
anche suo padre, Numitore, fosse ugualmente un troiano pu-
ro.65
Concordemente alla discendenza così stabilita,Anchise defini-
sce i Romani tui, «di Enea», cioè troiani; a loro fanno immediata-
mente seguito Cesare e tutti i Giuli, Iuli progenies,ancora stirpe
troiana; e nel drammatico momento dell'appello a Cesare, An-
chise gli si rivolge con sanguismeus!Cesare è pura stirpe troiana,
è uno Iuliusnelle cui vene scorre lo stesso sangue di Anchise.66Al
contrario, quando compare la triste immagine di Marcello, si
dice:67 nec puer Iliaca quisquamde gente Latinos / in tantum spe tollet
avos. Marcello ci viene presentato come un 'troiano' che susci-
terà grandi aspettative nei propri avi latini'. L'espressioneè cu-
riosa, ma, di nuovo, singolarmente precisa. Marcello è figlio di
Ottavia, sorella di Ottaviano Augusto: ed è anche divenuto ma-
rito di Giulia,figlia di Augusto. In quanto nipote uterino del dina-
sta Iulius, marito di una Iulia e, soprattutto, così amato dallo
zio /suocero da essere stato indicato come suo successore,68Mar-
cello viene considerato da Virgilio un puerdi stirpe troiana. Solo
che, nel corteo degli eroi, subito prima di lui è sfilato il Marcello
vincitore dei Galli e dei Cartaginesi;69ed Enea ha chiesto ad An-
chise se il giovane che lo segue, così triste nell'aspetto, è un^ìuts
aliquis magna de stirpe nepotum di questo vir.70 Il giovane Mar-
cello, il 'troiano' caro ad Augusto, ha inevitabilmentei propriavi
fra i Latini,quei Claudi Marcelliche, oltretutto, erano assai fieri
della propria genealogia.71Anche all'interno della dinastia degli
Iulii, proprio come in quella dei re albani, la schietta ascendenza
troianasi alternacon quella mista.
La Heldenschau conferma dunque, definitivamente,che Virgilio
ha voluto tenere distinta la discendenza troiana pura da quella
mista. Anche in questo episodio, infatti, sia i Romani (che hanno

64. Norden.
65. In effetti secondo Livio 1, 3, 10, Numitore era figlio di Proca, che Virgilio con-
sidera Troiano 'puro'.
66. Cf. georg. 3, 46-48 pugnas / Caesariset nomenfama tot ferre per annos / Tithoni
prima quotabestab ùngine Caesar.
67. 6, 875-876.
68. 1 dati in Brugnoli, Marcello.
69. 6, 855.
70. 6, 864.
71. 1 Claudi Marcelli avevano commissionato ad Attico una ricerca genealogica
sulla loro famiglia: cf. Nepote, Attic, 18, 3-4: Bäumerlich, pp. 70-72.

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Troiani,Latini,Romanie Iuliinell'Eneide 93
origine da una principessaIlia, del sangue di Assaraco,e dunque
sono «gente di Enea»), sia in particolaregli Iulii (Mi progenies,
sanguisdi Anchise) sono tenuti distinti dagli Itali nepotes.Per rag-
giungere questo risultato, però, Virgilio ha dovuto fornire una
versione delle vicende albane diversa da quelle che circolavano
nella tradizione.72Da un lato c'era infatti quella canonica, rap-
presentata anche da Livio, secondo cui Alba viene fondata da
Ascanio, figlio di Enea e di Lavinia;da lui prende origine la dina-
stia dei re di Alba, fino a Numitore, dalla cui figlia Rea Silvia (e
forse da Marte)nasce Romolo.73In questa versione del mito, che
mette da parte il figlio troiano di Enea, Ascanio-Iulo, agli Iulii
viene di fatto negata ogni pretesa genealogica - e Livio ne era
consapevole.74Dall'altrolato stava invece la versione rappresen-
tata da Nevio e da Ennio, secondo cui Enea è direttamenteil pa-
dre di Ilia e dunque il nonno di Romolo, senza alcuna media-
zione.75Questa versione, ripresaanche da alcuni poeti dell'età di
Augusto,76ignorava però le esigenze della cronologia e cancel-
lava la presenza dei re albani. Il problema era delicato, e Virgilio
lo risolse tramite un «compromesso»:77da un lato, come ab-
biamo visto, egli alternastirpe troiana e stirpe mista nella discen-
denza di Enea; dall'altroegli tace su chi ha fondato Alba Longa.
Di Silvio, il figlio italiano di Enea e di Lavinia,viene detto solo
che, per suo tramite, il genusdi Enea e di Anchise domineràsulla
città (unde genus Longa nostrum dominabiturAlba), non che egli la
fonderà. In questo modo il poeta si garantiscela libertà di affer-
mare - come altrove esplicitamentefa - che sarà Ascanio Iulo, il

72. Com'è noto il mito troiano- alla cui elaborazioneavevanocontribuitointel-


lettualigreci, leggende locali, poeti e storiciromani- si presentavanella forma di
uno sterminatoinsiemedi varianti:cf. soprattuttola sintesidi Gruen,pp. 7-51;Hors-
fall,pp. 12-24.
73.1,3-4.Sui motivi che condusseroall'inserimentodelladinastiaalbanafra Enea
e Romolo (la discrepanzafra la data dellafondazionedi Troia e quelladella fonda-
zione di Roma),cf. la discussionedi Gruen,pp. 20 ss., 32ss.
74· Norden,p. 276,sottolineala sottile ironiadi questo commento di Livio 1, 3, 2
haud ambigam .. hicinefitent Ascanius an maior quatti hic, Creusa matre Ilio incolumi na-
tus cotnesque inde paternae fitgae, quetn Iulum eundem Iulia gens auctorem nominis sui
-
nuncupat. Is Ascanius, ubicumque et quacumque maire genitus certe natum Aenea constat

75. Cf. Servio, ad Aeneidem6, 677; Serv. auct., ad Aeneidem1, 273. Vahlen, 1, cliii-
cliv; Horsfall, pp. 22.
76. Orazio, carm. 3, 3, 31 (cf. 1, 2, 17); carm. saec. 50; Tibullo 2, 5: ct. Norden, pp.
276-277. Sulla genealogia degli Iulii nei poeti augustei, raccolta di materiali in Bäu-
merich, pp. 81 ss.
77. L'espressione è di Norden.

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94 MaunzioBettini
figlio di Enea e di Creusa, a fondareAlba;78e che la città saràgo-
vernata gente sub Hectorea (dunque, da stirpe puramente tro-
iana).79
Il compromesso operato da Virgilio lasciaper così dire apertala
sequenza dei re albani. Fin dalla fondazione della città, fra le ma-
glie della stirpe mista si lascia posto anche per quella pura: da un
lato Silvio e gli Itala de gente nepotes; dall'altro la Dardania proies,
(la gens Hectorea sotto cui Alba resterà per trecento anni). En-
trambi i rami saranno signori della città. Difficile dire come il
poeta immaginasse concretamente questo rapportodi alternanza
fra le due linee. In Dionigi di Alicarnasso,comunque, viene ri-
portata una versione del mito secondo cui, inizialmente, ci sa-
rebbe stata proprio un'oscillazione di questo tipo. Alla morte di
Enea, infatti, il regno passò ad Ascanio (troiano), e Lavinia par-
torì Silvio nelle selve proprio per paura di lui. Ma Ascanio si mo-
strò magnanimo, e alla sua morte il regno passò a Silvio (ita-
liano). Silvio però dovette contendere con il maggiore dei figli di
Ascanio, cioè Iulo (troiano). Nella versione di Dionigi, la rivalità
fra i due rami della discendenzadi Enea viene risolta assegnando
a Iulo e ai suoi discendentinon il regno, ma un'importantecarica
sacerdotale ereditaria:80discendenza troiana e discendenza ita-
lica ricevono qui due dignità complementari,di un genere che sa-
rebbe piaciuto a Geoge Dumézil. Ma certo era possibile scegliere
anche, come soluzione, un'alternanzanel regno fra i due rami.
Nella storia mitica di Roma, c'era almeno un altro esempio di
questo tipo, ossia l'alternanzafra re romani e re sabini nei primi
tempi della città: con il romano Romolo a cui succede il sabino
Numa, a sua volta seguito dal romano Tulio, cui fa seguito il sa-
bino Anco.81Questa oscillazione fra Dardaniaproies e Itala de
gentenepotes,nella Heldenschau,potrebbe anzi offrire uno spunto
per spiegare l'enigmatico commento che accompagna la com-

78. Cf. 1, 267-271;8, 48; Heinze, p. 206 n. 12: «per quel che so, gli Iulii non sono
mai definiti discendenti dei re Albani»; Brugnoli, Silvio Postumo, mette bene in evi-
denza che non c'è contrasto fra Silvio, fondatore della dinastia albana, e Ascanio,
fondatore della città.
79. 1, 273: cf. sempre Norden.
80. Dionigi 1, 70: discussione e altre fonti in Cassola, p. 60. Da Servio, ad Aeneidem
6, 760 sembrerebbe invece di poter ricavare che, secondo Catone, Ascanio sarebbe
morto senza figli (cf. fr. 11 Peter): notizia che contrasta però con Orìgogentis Roma-
nae 15,5 : cf. ancora Cassola.
81. Debbo questa osservazione a Gaius Stern.

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Troiani, Latini, Romani e lulii nelVEneide 95
parsa di Enea Silvio: si umquam regnandamaccepent Albatri.*2Que-
sta frase di Anchise presuppone che Enea Silvio abbia dovuto at-
tendereprima di ottenere il regno. Perché questa attesa? Forse
aveva dovuto aspettareche venisse di nuovo il turno dei nepotes
di stirpe italica?83In ogni caso - e indipendentemente dalle vi-
cende narrativepresupposte dal testo, destinate a restarciscono-
sciute - una cosa è chiara:lasciandoapertala sequenza della dina-
stia albana, Virgilio riusciva a combinare il rispetto per la ver-
sione canonica del mito con le aspettative della casa regnante.
Mantenendo ad Alba la presenza dei Troiani puri, il poeta soste-
neva anche le pretese genealogiche degli lulii, che avevano radici
proprio ad Alba;84e dei quali già Lucio Giulio Cesare aveva
avuto cura di ricostruirela discendenzada Iulus,figlio di Enea.85

4. Famiglie troiane : gli Iulii e le altre


Nella riscritturagenealogica di Virgilio, dunque, da Enea e dai
Troiani derivanonon una ma duediscendenze diverse: da un lato
c'è quella pura, troiana, che parte da Ascanio Iulo, dal quale deri-
vano sia i Romani (genus ... stirpis ab Ascanio),86sia gli Iulii; dall'al-
tro lato c'è' quella mista, latina, di cui fanno parte sia i Latini(ne-
goziazione fra Giove e87Giunone alla fine del 12),sia alcuni fra i re
di Alba (Heldenschau). Questo significache, fra la sparizionedel-
l'elemento troiano decretatada Giove, e l'affermazionesecondo
cui i Romani, e gli Iulii in particolare, discendono dai Troiani,
non c'è' alcunacontraddizione.
Questa separazione fra i due rami implica però che, secondo
Virgilio, i Romani non sono discendenti dei Latini.88In effetti, il
poeta non affermamai che i Romani discendono dai Latini,anche

82. 6, 775-
83. Servio, ad 6, 770 parìa di un conflitto tra Enea Silvio e il suo tutor, che gli
avrebbe restituito il regno solo quando aveva cinquantatré anni. Non sappiamo chi
fosse questo misterioso tutor, né che origine abbia la spiegazione serviana.
84. Cf. Cassola, od. 61-62.
85. Cf. Servio, ad Aeneidem1, 267; Origogentis Romanae15; discussione in Bäume-
rich, pp. 9-11,34-40.
86. 8, 628-629.
87. Questa distinzione virgiliana fra Romani e 'prole Italica', viene spesso trascu-
rata: cf., per es., l'albero genealogico di Binder, p. 330, che fa di Romolo un discen-
dente di Silvius. Virgilio non dice questo.
88. Cosi tacendo Virgilio libera una parte del mito troiano dalle innumerevoli
connessioni che esso tradizionalmente - e inevitabilmente - aveva con il mondo la-
tino : su questo aspetto del mito troiano vedi soprattutto Gruen, pp. 22-26.

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96 MaunzioBettini
quando da l'impressione di farlo. A cominciare dal proemio:89
dum condereturbem / inferretquedeos Latio / genus unde Latinum /
Albaniquepatres atque alta moenia Romae.90Questa solenne dichia-
razione ci dice solo che 'da Enea' deriverannola stirpe latina, gli
antenati albani e Roma - ma non che questi discendenti derive-
ranno l'uno dall'altro.Lo stesso accade nelle parole di Giunone,
quelle che abbiamo esaminato all'inizio:91sit Latium,sint Albani
per saecula reges, / sit Romanapotens Itala uirtutepropago. I Romani
giungono alla fine della medesima sequenza che ricorre anche
nel proemio (Lazio, re albani, Romani), e sono definitipropago-
però non ci viene detto di chi lo sono.92Quanto al fatto che i Ro-
mani fonderanno la loro potenza sulla virtusdegli Italici, questo
non implica che essi debbano discendere da loro. Anche queste
due dichiarazioni virgiliane, insomma, sembrano rispecchiare
quel sottile modello di «compromesso» fra le due discendenze
che abbiamo visto in opera nella Heldenschau:il poeta accosta,
semplicemente, le due linee, senza esplicitarei rapportiche le le-
gano l'una all'altra.
La stessa distinzione che Virgilio opera parlando di popoli -
Romani e Latini- viene mantenuta anche anche quando si tratta
di singole famiglie. Neil'Enéide,infatti, ne sono ricordate altre
che, come gli lulii, si consideravanodiscendentida eroi Troiani: i
Memmi da Mnestheus\ la gens Sergia da Sergestus;i Cluentii da Cloan-
thus;gli Atti da Atys.93Ma se si rammentala cura con cui il poeta
sottolinea l'ascendenzaschiettamente troiana degli lulii, non può

89. 1, 5-7.
90. L'espressione si presenta abbastanza ambigua, a motivo di quell'unte che la
introduce: l'avverbio, infatti, si riferisce ad Enea al Lazio? Si veda la nota di Ser-
vio, ad loc, in cui viene ventilata la possibilità che 'unde'non referasad personam,sed
ad locum(quindi 'dal Lazio'): ma certo avrà ragione il Servius auctus, che lo riferisce
ad Enea (ad personam),richiamando l'uso dei veteres:cf., per es., 6, 766: unde (da Sil-
vio) genus Longa nostrumdominabiturAlba (altri paralleli in Conington e Nettleship,
ad loc).
91. 12, 826-827.
92. La stessa espressione - nimium vobis Romanapropago / visa potens, superi - ri-
corre anche in 6, 870-871:parla Anchise, e i Romani sono intesi come una propagodei
Troiani.
93.5, 116-123;568-569. Un riferimento non esplicito forse anche ai Geganii (da
Gyas, 5, 118:cf. Servio, ad loc.) e ai Nautii (da Nautes: i dati in Polverini, Nautes). Se si
escludono gli Atii, antenati materni di Augusto, le ragioni della scelta di queste fami-
glie da parte di Virgilio non sono chiare (R. D. Williams, p. 69; Cimino). A 12, 127
Mnestheusè ricordato come genus Assaraci (dunque 'particolarmente Troiano'?) e si
è notato anche che egli è il più spesso citato fra i compagni di Enea (Polverini, Mne-
steo). Sul problema delle fonti di Virgilio in questa rassegna (si pensa ovviamente al

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Troiani,Latini,Romanie IuliinelVEnéide 97
sfuggire che qui, tutto al contrario, egli si preoccupa invece di
sottolineare la natura italica di queste ascendenze: Mnestheus,
l'antenato dei Memmii,è detto moxItalus,gli Atii sono definitiLa-
tini, e subito prima viene detto che il giovane Pnamus,nipote del
re di Troia, è una progeniesdi Polite aucturaItalos, «destinataa
produrrediscendenzaitalica».94Lo schema è simile a quello usato
nella Heldenschaua proposito di Marcello,il troiano di cui Virgi-
lio ha cura però di sottolinearegli antenati latini.95Solo ai Ciuen-
tii di Cloanthusviene riservata,per motivi che ignoriamo, una ca-
ratterizzazione enfaticamente romana (genus unde tibi, Romane
Cluenti).96 Anche nel caso delle famiglie, insomma, così come in
quello dei popoli, ci pare che Virgilio abbia tenuto distintala di-
scendenza troiana pura, riservataagli Iulii, da quella mista, ita-
lica, riservataalle altre famiglie. Si noti peraltroche l'ascendenza
troiana degli Atii, se pure minore, tornava anch'essaa vantaggio
di Augusto, figlio di una Atta: il signore di Roma si presentava
come troiano anche per partedi madre.97

5. Un'identità 'troppo compiuta'


A questo punto, potremmo riprenderela prima domanda che ci
eravamo posti: perché Virgilio, tramite un esplicito intervento di
Giove, ha sentito il bisogno di ridurrela presenza dell'elemento
troiano nella stirpe latina? La risposta si presenta ora più sem-
plice. Applicandole regole della culturaromana ai matrimonifra
Troiani (maschi) e Latini (femmine), i discendenti sarebbero di-
ventati anche loro dei Troiania tutti gli effetti: Troianiper nome,
lingua, costumi, sangue, e così di seguito. Nempepatremsequuntur

De familiis Troianis di Vairone), cf. Bäumerlich, pp. 41-62; per altre genealogie
Troiane non menzionate da Virgilio cf. Bäumerlich, Wiseman.
Q4. S. SOS.
95· 6, 875-876:cf. supra, p. 70.
96. La famiglia dei Ciuentii era originaria di Larino nel Sannio, e L. Cluenzio era
stato uno dei capi degli Italici nella guerra sociale. A lui sembrano ricollegarsi i
Ciuentiipiù tardi, di cui il più noto è A. Cluenzio Abito, difeso da Cicerone nel 69. La
famiglia non è delle più rilevanti, e mal si comprende il motivo per cui Virgilio insi-
ste sulla sua ascendenza troiana e sulla sua identità spiccatamente romana (cf. Mün-
zer; Bäumerlich, pp. 52-53;Cimino).
97. Servio, ad Aenädem 5, 568 ha una nota interessante: propterAtiam dicit, matrem
Augusti, de qua Antoniusait 'Ariana mater';vult enim eius etiam maternumessegenus an-
tiquum.Se si tengono presenti le insinuazioni di Antonio e Cassio Parmense sulla fa-
miglia materna di Augusto, che battono proprio sul carattere Aricinusdella famiglia
(Svetonio, lui. 4, 2), sembra chiaro che Virgilio abbia voluto riscattare qui gli Atii:
non Ariani ma, almeno in parte, Troiani.

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98 MaunzioBettini
üben. Per evitare questo occorreva un diretto intervento divino,
capace cioè di rovesciarele regole stesse della 'natura*.Solo che,
dopo quanto abbiamovisto, la prospettivamuta radicalmente:se
prima poteva sembrareche Giove intendesse cancellarele tracce
della presenza troiana dai Latiniper diffidenzaverso i Troiani,
per eugenetica antiorientale, adesso è proprio il contrario. La
cancellazionesi rende necessariaperché la discendenzatroiana è
non disprezzabilema, al contrario,preziosa. Come tale deve es-
sere riservataad altri:i Romani,gli lulii.
Manipolare genealogie non costituisce mai un atto neutro.
Quando si vanno a cercare (ovvero, a costruire)le proprie radici
genealogiche, lo si fa per definirela propriaidentità;e soprattutto
per affermarlanei confronti di quella posseduta da (ovvero, attri-
buita a) altri gruppi altre popolazioni.98Basti rammentarel'en-
fasi con cui Virgilio insiste sull'identitàitalicadi Dardano,il capo-
stipite dei Troiani che sarebbe, in realtà, originario di Coryihus
nell'Emilia: tramite questa manipolazione genealogica, i Tro-
iani, da esotici immigranti,venivano trasformatiin indigenaeita-
lici a tutti gli effetti." Non possiamo dunque aspettarciche Virgi-
lio si fosse sforzato di distinguerecon tanta cura la doppia discen-
denza troiana nel Lazio per motivi puramente narrativi; dob-
biamo piuttosto ritenere che, attraverso questa distinzione, il
poeta intendesse produrreuna versione del mito capace di soddi-
sfare le attese della società contemporanea.100 Quali potevano es-
sere queste attese?
Trovare una risposta unica, almeno esauriente, a questa do-
manda, è molto difficile. Possiamo però provare a immaginarne
una partendo dal risultato che la manipolazione virgiliana pro-
duce: da un lato, infatti,essa crea un diverso assetto fra le identità
dei popoli(Troiani, Romani, Latini)e delle famiglie(lulii, altre fa-
miglie di ascendenza troiana) che il mito chiama in questione;
dall'altro,essa definisce in modo esplicito il rapporto che inter-
corre fra uno di questi popoli, quello romano, e una di una di
queste famiglie,gli lulii.
Per quel che riguardale identitàdi popoli e famiglie,la manipo-

98. Cf. Bettini 2001.


99. Su Dardano e la sua origine Italica si veda Aen. 6, 167-171;7, 205-212,ecc. Cf.
Buchheit, pp. 151ss.; Musti, Dardano; la discussione di Horsfall, pp. 89-104; e soprat-
tutto quella di Giardina, pp. 70 ss.
100. Sulla produzione di varianti mitiche come «ideology in narrative form» si
veda Lincoln, pp. 145-159.

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Troiani,Latini,Romanie IuliinelVEneide 99
lazione virgilianaribadiscela parentelafra Romani e Latiniattra-
verso il comune antenato troiano (il quale ha lasciato nei Latini
una parte della propria sostanza fisica, se pure minore); nello
stesso tempo, però, fra Romani e Latinisi crea anche un'esplicita
gerarchla,dove i primi sono molto 'più troiani' dei secondi. Allo
stesso modo, anche gli Iulii sono molto più troiani delle altre fa-
miglie che vantavano una simile ascendenza. Se Romani e Latini
sono 'cugini', in quanto discendenti dal comune antenato tro-
iano, i Romani costituiscono il ramo di gran lunga più autentico
della famiglia; così come gli Iulii rappresentano gli antenati
troiani in modo molto più schietto di quanto non facciano altri
gruppl. Il mito costruiscedunque l'identitàdei Romani e degli Iu-
lii per differenzarispettoai Latini.
Per quel che riguardail rapportofra Romani e Iulii, invece, la
versione virgilianadel mito affermala completa coincidenzafra la
famiglia cui appartieneAugusto (stirpe troiana, stirpe di Iulo) e
popolo romano (anch'esso stirpe di Iulo). Se Romani e Iulii, in
quanto troiani puri, sono diversidai Latini (ramo debole della di-
scendenza troiana), essi sono però assolutamente identici fra
loro. Per i Romani, stirpe di Iulo, non poteva esserci famiglia
principescapiù adeguata degli Iulii. Potrebbe essere questo il de-
siderio che Virgilio ha inteso soddisfare manipolando il mito
delle origini.
Giunti a questo punto, potremmo chiederci se Virgilio è dav-
vero riuscito nel suo tentativo di ricostruire,rispettivamente,l'i-
dentità romana e quella latina. La risposta sembra essere no. È
persino superfluo, infatti, notare che il «compromesso» virgi-
liano fra le due discendenze si rivela del tutto assurdo, e fonda-
mentalmente contraddittorio.Tanto più che la soluzione adot-
tata da Virgilio, nella sua manipolazione del mito, non sembra
avere alcun corrispettivo né nella tradizione, né nella coscienza
comune. Dov'erano questi Romani così troiani, così puri, così lu-
lixì Certo essi non esistevano da nessuna parte fuori dall'Eneide.È
ovvio che la proclamatapurezza troiana dei Romani non corri-
sponde affattoalla storia di questo popolo. Se da un lato i Romani
sono sempre stati assai vicini ai Latini per lingua, cultura e vi-
cende storielle, dall'altroessi si sono sempre presentati come un
gruppo di diversi,di non-identicifra loro. Fin dalla sua stessa fon-
dazione, Roma era cresciuta incorporandogruppi etnici svariati
- e come si sa, questo non era avvenuto sempre pacificamente,
anche negli anni più vicini a Virgilio. Le identità dei Romani

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100 Maurizio Bettini
erano varie, spesso in conflitto fra loro, e di questo resta traccia
anche nella letteratura.In particolare,nel modo assai diverso in
cui gli scrittoridell'età augustea- da Livio a Properzio,da Orazio
a Ovidio - svilupparonoil rapportofra caratteriitalici, fedeltà ro-
mana e origine troiana.101 Anche Virgilio volle affermareil suo
proprio modo di sentire il rapporto fra fedeltà romana, eredità
troiana e caratteriitalici. Per definire i Romani come popolo, e
stringernei legami con gli Iulii, egli fondò l'identità di entrambi
su una purezza troianache non era mai esistita;mentre ridussela
parentela con i Latini - una delle poche cose certe che c'erano
nell'identitàromana - distinguendoligenealogicamente (e gene-
ticamente) dai Romani. Dell'identità 'incompiuta' dell'Italiaro-
mana, fa parte anche questo tentativo di costruirne una troppo
compiuta.
Universitàdi Siena

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. Confrontale belle osservazionidi Giardina,p. 75.

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