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Mauro Di Nasso
Calcolo Proposizionale
1. Introduzione ai connettivi
In questa parte preliminare preciseremo il significato dell’avverbio
“non”, delle congiunzioni “e” ed “o”, delle espressioni del tipo “se ...
allora” e “se e solo se”.
Nel linguaggio comune di tutti i giorni – cioè nel cosiddetto lin-
guaggio naturale – il loro significato non è univocamente stabilito. Ad
esempio, a seconda del contesto, la particella “o” può assumere sia si-
gnificato congiuntivo che disgiuntivo. Chiariamo un esempio. Quando
chiediamo “un panino con prosciutto o con salame”, la “o” assume
significato disgiuntivo. Infatti, la nostra richiesta sarà soddisfatta se
riceviamo un panino con prosciutto, sarà soddisfatta se riceviamo un
panino con salame, ma certamente non sarà soddisfatta nel caso in cui
ricevessimo un panino con prosciutto e salame insieme. Invece, quando
un regolamento stabilisce che per partecipare ad un concorso occorre
“essere laureati in matematica o in fisica”, certamente può fare do-
manda anche chi sia in possesso di una doppia laurea in matematica ed
in fisica (significato congiuntivo). Per riuscire a dare una trattazione
matematica del ragionamento e della nozione di linguaggio, sarà neces-
sario fare una scelta precisa, definendo senza ambiguità ed una volta
per tutte il significato da attribuire alla congiunzione “o”, cosı̀ come
alle altre espressioni considerate. Lo faremo seguendo il comune uso
che ne viene fatto nel linguaggio matematico.
Come primo passo verso una formalizzazione del concetto di lin-
guaggio, introduciamo i seguenti simboli, chiamati connettivi logici :
• Simbolo di negazione ¬ “non” ;
• Simbolo di congiunzione ∧ “e” ;
• Simbolo di disgiunzione ∨ “o” ;
• Simbolo di implicazione → “se ... allora” ;
• Simbolo di doppia implicazione ↔ “se e solo se”.
I connettivi permettono di formare nuove proposizion a partire da
proposizioni date. Ad esempio se P denota la proposizione “c’è il sole”
3
4 1. CALCOLO PROPOSIZIONALE
P Q P ∧Q P ∨Q P →Q P ↔Q
P ¬P V V V V V V
V F V F F V F F
F V F V F V V F
F F F F V V
2. Le formule proposizionali
Dopo questa introduzione un po’ euristica sul significato dei con-
nettivi logici, spostiamoci ora su un livello più formale, introducendo il
cosiddetto calcolo proposizionale. Lo scopo è quello di matematizzare
l’uso delle proposizioni e dei connettivi, cosı̀ da poter trattare quelle
nozioni logiche mediante un vero e proprio calcolo. Naturalmente, il
passo iniziale è quello di dare definizioni matematiche, cioè precise e
rigorose.
Definizione 1.1. Un linguaggio proposizionale è un insieme infi-
nito di simboli L, chiamati L-variabili proposizionali.
Seguendo l’uso comune, denotiamo con lettere latine maiuscole le
variabili proposizionali, eventualmente con indici.
A, B, C, . . . , X, Y, Z, . . . , A1 , A2 , A3 , . . . , X1 , X2 , X3 , . . .
Intuitivamente, possiamo pensare alle variabili proposizionali come
a generiche proposizioni primitive, a partire dalle quali si ottengono –
usando i connettivi – tutte le altre proposizioni che stiamo studiando.
Naturalmente, devono essere stabilite regole precise per la formazione
di nuove proposizioni a partire da proposizioni date.
Definizione 1.2. L’insieme Form(L) delle L-formule proposizio-
nali è il più piccolo insieme che soddisfa le seguenti proprietà:
(1) Le L-variabili proposizionali sono L-formule proposizionali,
dette L-formule atomiche ;
(2) Se A e B sono L-formule proposizionali, allora anche
(¬A), (A ∧ B), (A ∨ B), (A → B), (A ↔ B)
sono L-formule proposizionali.
Questa definizione ha bisogno di una giustificazione, perché dobbia-
mo garantire che effettivamente esiste il più piccolo tra gli insiemi che
soddisfano le proprietà (1) e (2) di sopra. A questo scopo, definiamo
la sequenza di insiemi h Fn | n ∈ N i, ponendo induttivamente:
• F0 = L ;
2. LE FORMULE PROPOSIZIONALI 7
• Fn+1 = Fn S {(¬A) | A ∈ Fn }
S S
{(AS∧ B) | A, B ∈ Fn }
S {(A ∨ B) | A, B ∈ Fn } {(A → B) | A, B ∈ Fn }
{(A ↔ B) | A, B ∈ Fn (L)}.
Proposizione 1.3. L’insieme di tutte le L-formule proposizionali
è dato dall’unione [
Form(L) = Fn .
n∈N
S
Dim. Vediamo intanto che l’unione n Fn soddisfa S le proprietà (1)
e (2) della Definizione
S 1.2. Banalmente L = F0 ⊆ n Fn . Supponiamo
ora che A, B ∈ n Fn , cioè che A ∈ Fn1 e B ∈ Fn2 per opportuni
n1 , n2 . Visto che la successione degli Fn è crescente, cioè Fn ⊆ Fn0
per n ≤ n0 , entrambe le formule A, B ∈ Fm , dove m = max{n1 , n2 }.
Perciò (¬A), (A ∧ B), (AS∨ B), (A → B), e (A ↔ B) appartengono
tutte a Fm+1 , e quindi a n Fn . Resta da vedere che qualunque altro
insieme Λ che soddisfi le proprietà (1) e (2) della S
Definizione 1.2 include
necessariamente tutti gli insiemi Fn , cioè che n Fn è il più piccolo
insieme con quelle proprietà. Questo è immediato per induzione su n.
Infatti, per la (1), F0 = L ⊆ Λ. Inoltre, per la (2), se Fn ⊆ Λ, anche
Fn+1 ⊆ Λ.
3. Le interpretazioni
Dopo i primi aspetti sintattici della logica proposizionale, occupia-
moci ora della semantica, cioè del possibile significato delle formule.
Da questo punto di vista, la forza espressiva della logica proposizionale
appare limitata, perché la semantica si riduce ad un’attribuzione dei
valori di verità F o V.
X Y Z X→Y ¬Z (X → Y ) ∧ (¬Z)
V V V V F F
V V F V V V
V F V F F F
V F F F V F
F V V V F F
F V F V V V
F F V V F F
F F F V V V
5. Equivalenze logiche
Due formule sono logicamente equivalenti se sono equivalenti dal
punto di vista semantico, cioè se non sono distinguibili da alcuna
interpretazione. Precisamente:
Definizione 1.19. Diciamo che due formule A e B sono logicamen-
te equivalenti, e scriviamo A ≡ B, se per ogni interpretazione I si ha
che I(A) = I(B).
Date due formule che contengono le stesse variabili, per vedere se
sono logicamente equivalenti o no, si compilano le rispettive tavole di
verità e si controlla se i corrispondenti valori di verità sono uguali o
meno. Ad esempio, l’equivalenza logica (¬X ∨ Y ) ≡ (X → Y ) è
dimostrata dalla seguente tavola di verità:
X Y ¬X ¬X ∨ Y X→Y
V V F V V
V F F F F
F V V V V
F F V V V
È immediato verificare la seguente
Osservazione 1.20. Due formule A e B sono logicamente equiva-
lenti se e solo se la formula A ↔ B è una tautologia.
Qua sotto sono elencate alcune equivalenze logiche notevoli.
Esercizio 1.21. Verificare che le seguenti equivalenze logiche val-
gono per ogni scelta delle formule A, B e C.
(1) Proprietà associative:
• A ∧ (B ∧ C) ≡ (A ∧ B) ∧ C ;
• A ∨ (B ∨ C) ≡ (A ∨ B) ∨ C ;
(2) Proprietà distributive:
• A ∧ (B ∨ C) ≡ (A ∧ B) ∨ (A ∧ C) ;
• A ∨ (B ∧ C) ≡ (A ∨ B) ∧ (A ∨ C) ;
(3) Leggi di De Morgan:
• ¬(A ∧ B) ≡ ¬A ∨ ¬B ;
• ¬(A ∨ B) ≡ ¬A ∧ ¬B ;
(4) Contronominale: A → B ≡ ¬B → ¬A ;
(5) A → B ≡ ¬A ∨ B ;
(6) A ↔ B ≡ (A → B) ∧ (B → A) ≡ (A ∨ B) ∧ ¬(A ∧ B) ;
5. EQUIVALENZE LOGICHE 15
(7) A ∨ B ≡ ¬A → B ;
(8) A ∧ B ≡ ¬(A → ¬B).
Vista l’associatività (a meno di equivalenza logica) della congiun-
zione e della disgiunzione, è consuetudine scrivere A1 ∧ . . . ∧ An o
A1 ∨ . . . ∨ An senza uso di parentesi, perché tutte le possibili diverse
scritture sono comunque formule logicamente equivalenti.
Teorema 1.22 (di sostituzione). Siano A1 , . . . , An sottoformule
della formula A. Se Ai ≡ Bi per ogni i, allora A(B1 /A1 , . . . , Bn /An ) ≡
A.
Dim. FARE
Esercizio 1.23. Utilizzando le equivalenze logiche dell’Esercizio
1.21 e il Teorema di sostituzione 1.22, dimostrare che la formula
h i
A∧B →C → ( D ∧ E → (F → G) ) ↔ ( ¬H → I ∧ L ) ↔
h i
(¬A ∨ (¬B ∨ C)) → (D ∧ F → (E → G)) ↔ (A → (B → C)) → (H ∨ (I ∧ L))
P Q P lQ
V V F
V F F
F V F
F F V
16 1. CALCOLO PROPOSIZIONALE
6. Implicazione logica
Un altro fondamentale concetto semantico è quello di implicazione
logica. Una formula ne implica logicamente un’altra se ogni volta che
è vera la prima è vera anche la seconda.
Definizione 1.31. Diciamo che la formula A implica logicamente
la formula B, o che B è conseguenza logica di A, se per ogni interpre-
tazione I dove I(A) = V, si ha anche I(B) = V. In questo caso si usa
la notazione A |= B.
Supponiamo di avere compilato la tavola di verità di due formule
A e B contenenti le stesse variabili. Avremo allora che A |= B se e solo
se in ogni riga dove compare V per la formula A compare V anche per
la formula B. Ad esempio, consideriamo le formule A = ¬X ↔ Y e
B = X ∨Y . Nella seconda e terza riga, che sono le uniche dove compare
il valore V per la formula A, c’è il valore V anche per la formula B.
Dunque concludiamo che A |= B.
X Y ¬X ¬X ↔ Y X ∨Y
V V F F V
V F F V V
F V V V V
F F V F F
6. IMPLICAZIONE LOGICA 17
1. Teorie proposizionali
Definizione 2.1. Per teoria del calcolo proposizionale si intende
un qualunque insieme (eventualmente vuoto) di L-formule.
Introduciamo ora alcune importanti nozioni semantiche.
Definizione 2.2. Si dice che l’interpretazione I è un modello della
teoria T , e si scrive I |= T , se I rende vera T , cioè se I(A) = V per
tutte le formule A ∈ T .
Diamo ora una generalizzazione della nozione di implicazione logica
A |= B vista nel paragrafo precedente.
Definizione 2.3. Diciamo che la teoria T implica logicamente la
formula B, o che B è conseguenza logica di T , se B è vera in ogni
modello di T . In questo caso scriviamo T |= B.
Esercizio 2.4. Dimostrare che:
(1) T |= A e T |= B se e solo se T |= A ∧ B ;
(2) Se T |= A o T |= B allora T |= A ∧ B ;
(3) Se T |= A e T |= A → B allora T |= B.
Dimostrare con un controesempio che non vale l’implicazione:
(4) Se T |= A ∨ B allora T |= A o T |= B.
Proposizione 2.5 (Procedimento per casi). Sia T una teoria e
A, B formule. Se T ∪ {B} |= A e T ∪ {¬B} |= A allora T |= A.
Dim. Dimostriamo la contronominale, e supponiamo che T 6|= A,
cioè che esista un modello I di T dove A è falsa. Si hanno due possibi-
lità. Se B è vera in I, allora I è un modello di T ∪ {B}, e concludiamo
che T ∪ {B} 6|= A; se B è falsa in I, allora I è un modello di T ∪ {¬B},
e abbiamo che T ∪ {¬B} 6|= A.
per la Proposizione 2.20, sappiamo che almeno una tra le teorie Smax ∪
{A} ! Smax e Smax ∪ {¬A} ! Smax è FS, contro la massimalità di
Smax .
Per dimostrare (b), supponiamo per assurdo che A0 ∈ / Smax . Allo-
ra, per la (a), deve essere ¬A0 ∈ Smax . Notiamo che l’insieme finito
{A, ¬A0 } ⊆ Smax è insoddisfacibile, perché per l’ipotesi, in ogni inter-
pretazione dove A è vera, anche A0 è vera, e quindi ¬A0 è falsa. Questo
contraddice l’ipotesi di finita soddisfacibilità di Smax .
Siamo finalmente pronti a costruire un modello di Smax , e quindi di
T . Lo facciamo prendendo la seguente interpretazione:
(
V se A ∈ Smax ;
I(A) =
F se A ∈ / Smax .
3. Sistemi dimostrativi
Torniamo ora sul versante sintattico, e introduciamo la nozione for-
male di dimostrazione. Si tratta di un concetto generale della logica che
useremo – oltre che per il calcolo proposizionale – anche per il calcolo
dei predicati del primo ordine.
Definizione 2.30. Un sistema dimostrativo S consiste di:
(1) un insieme “effettivo” di formule AX, chiamate assiomi logici ;
(2) un numero finito di regole deduttive o regole di inferenza che
sono relazioni “effettive” tra formule e formule (regole unarie)
o fra coppie ordinate di formule e formule (regole binarie).5
Se R è una regola deduttiva unaria e vale R(A, B), diciamo che A
deduce B o che B si deduce da A applicando la regola R, e scriviamo:
A R
B
Analogamente, se R è una regola binaria, diciamo che la coppia or-
dinata (A, A0 ) deduce B o che B si deduce dalla coppia ordinata (A, A0 ),
applicando la regola R, quando vale R((A, A0 ), B). In questo caso
scriviamo:
4Quando Y = N, il prodotto infinito 2Y è noto come spazio di Cantor.
5Più in generale, si potrebbero considerare anche regole n-arie con n ∈ N
qualunque, cioè relazioni tra n-uple ordinate di formule e formule. Tuttavia nei
sistemi formali che vedremo, ci basteranno le regole unarie e binarie.
3. SISTEMI DIMOSTRATIVI 29
A A0 R
B
Possiamo finalmente definire una nozione generale di dimostrazione.
Definizione 2.31. Sia S un sistema dimostrativo, T una teoria e
A una formula. Diciamo che T dimostra A col sistema dimostrativo
S, e scriviamo
T `S A ,
se esiste una sequenza finita di formule hB0 , . . . , Bn i dove l’ultima for-
mula Bn = A e dove per ogni k ≤ n:
• Bk appartiene a T o è un assioma logico (cioè Bk ∈ T ∪ AX);
oppure
• esiste una regola di inferenza unaria R del sistema S, ed esiste
i < k tale che
Bi
R
Bk
oppure
• esiste una regola di inferenza binaria R del sistema S, ed esi-
stono formule Bi , Bj con i, j < k tali che
Bi Bj
R
Bk
In tal caso, A si dice teorema di T (col sistema dimostrativo S), e
la sequenza hB0 , . . . , Bn = Ai si dice dimostrazione di A nella teoria T
(col sistema dimostrativo S).
Ad esempio:
• Il linguaggio puro è il linguaggio vuoto L = ∅ ;
• il linguaggio della teoria degli insiemi L = { ∈ } consiste in un
unico simbolo di relazione di arietà 2, che verrà interpretato
dalla relazione binaria di “appartenenza” ;
• il linguaggio della teoria dei gruppi L = { e , · } consiste in un
simbolo di costante e, che verrà interpretato come l’elemento
neutro, e di un simbolo di funzione · di arietà 2, che verrà
interpretato dall’operazione di gruppo (che è una funzione in
2 variabili); ecc.
Adesso che abbiamo introdotto i simboli del linguaggio, dobbiamo
specificare le regole con cui devono essere disposti per formare le “for-
mule” (le quali verranno interpretate come affermazioni relative a certi
elementi). A questo scopo, è necessario specificare prima la classe dei
“termini” (la cui interpretazione saranno proprio quegli elementi cui le
formule si riferiscono).
Definizione 3.3. L’insieme Term(L) dei termini nel linguaggio
L o insieme degli L-termini, è il più piccolo insieme che soddisfa le
seguenti proprietà:
(1) Se x è una variabile, allora x è un termine la cui unica variabile
libera è se stessa, cioè VL(x) = {x} ;
(2) Se c è un simbolo di costante, allora c è un termine senza
variabili libere, cioè VL(c) = ∅ ;
(3) Se F è un simbolo di funzione di arietà n e t1 , . . . , tn sono
termini, allora anche F(t1 , . . . , tn ) è un termine, il cui insieme
di variabili libere è VL(F(t1 , . . . , tn )) = ni=1 VL(ti ).
S
• Connettivi:
– M |= ¬ψ [ρ] se e solo se M 6|= ψ [ρ] ;
– M |= (ψ ∧ ϑ) [ρ] se e solo se M |= ψ [ρ] e M |= ϑ [ρ] ;
– M |= (ψ ∨ ϑ) [ρ] se e solo se M |= ψ [ρ] o M |= ϑ [ρ] ;
– M |= (ψ → ϑ) [ρ] se e solo se vale l’implicazione:
M |= ψ [ρ] ⇒ M |= ϑ [ρ] ;
– M |= (ψ ↔ ϑ) [ρ] se e solo se vale l’equivalenza:
M |= ψ [ρ] ⇔ M |= ϑ [ρ] ;
• Quantificatori:
– M |= ∃x ϕ [ρ] se e solo se
esiste m ∈ M tale che M |= ϕ [ρ(m/x)] ;
– M |= ∀x ϕ [ρ] se e solo se
per ogni m ∈ M si ha M |= ϕ [ρ(m/x)] ;
Scriveremo M |= ϕ senza specificare l’assegnamento quando M |=
ϕ [ρ] per ogni assegnamento ρ.
Segue direttamente dalla definizione di soddisfazione che la validità
degli enunciati non dipende dall’assegnamento; per questo motivo essi
rivestono un ruolo del tutto speciale, costituendo l’analogo delle formule
proposizionali.
Osservazione 3.19. Sia M una L-struttura e sia σ un L-enunciato.
Allora vale una ed una sola delle seguenti due possibilità:
(1) M |= σ, cioè M |= σ [ρ] per ogni assegnamento ρ ;
(2) M |= ¬σ, cioè M |= ¬σ [ρ] per ogni assegnamento ρ.
Dim. FARE
42 3. IL CALCOLO DEI PREDICATI
T, A1 , . . . , An |= B ⇐⇒ T |= A1 ∧ . . . ∧ An → B .
4. L’aritmetica di Peano PA
FARE
44 3. IL CALCOLO DEI PREDICATI
5. Il Teorema di Loweinheim-Skolem
In questa sezione vedremo importanti risultati nell’ambito della
teoria dei modelli, cioè quella parte della logica matematica che si
concentra sulla studio delle L-strutture.
Definizione 3.32. Siano M e N due L-strutture. Una funzione
f : M → N tra i rispettivi universi si dice immersione elementare, e si
scrive f : M N, se per ogni L-formula ϕ e per ogni assegnamento ρ
su M si ha l’equivalenza
M |= ϕ [ρ] ⇐⇒ N |= ϕ [f ◦ ρ].
M si dice sottostruttura elementare di N, e si scrive M N, se
M ⊆ N e l’inclusione ı : M → N è un’immersione elementare.
Visto che “x = y” è una formula di tutti i linguaggi del primo
ordine, segue subito che le immersioni elementari sono necessariamente
funzioni iniettive.
Esempio 3.33. FARE
Definizione 3.34. Due L-strutture M e N si dicono elementar-
mente equivalenti, e si scrive M ≡ N, se per ogni L-enunciato σ si ha
l’equivalenza:
M |= σ ⇐⇒ N |= σ.
Esercizio 3.35. Dimostrare che se esiste un’immersione elementare
f : M N allora M ≡ N.
La proprietà dell’esercizio precedente non si può invertire.
Esercizio 3.36. Trovare un esempio di due strutture elementar-
mente equivalenti M ≡ N per le quali non esistono immersioni elemen-
tari f : M N o g : N M.
Esercizio 3.37. Trovare due strutture M ⊆ N una sottostruttura
dell’altra, tali che M ≡ N ma M 6 N.
Il seguente classico risultato ci fornisce un’utile criterio per deter-
minare quando una sottostruttura è anche sottostruttura elementare.
Lemma 3.38 (Criterio di Tarski-Vaught). Siano M ⊆ N due L-
strutture. M ≺ N se e solo se la seguente condizione è soddisfatta per
ogni L-formula ϕ(x) e per ogni assegnamento ρ : Var → M :
(?) N |= ∃x ϕ(x) [ρ] =⇒ esiste m ∈ M tale che N |= ϕ(x) [ρ(m/x)] .
5. IL TEOREMA DI LOWEINHEIM-SKOLEM 45
48 3. IL CALCOLO DEI PREDICATI
6. Ultramisure e ultrafiltri
Come vedremo più avanti, la costruzione di ultraprodotto permette
di ottenere nuove L-strutture a partire da sequenze arbitrarie hMi | i ∈
Ii di L-strutture. In un certo senso, l’ultraprodotto M sarà una sorta
di “media” delle strutture di partenza. L’idea è quella di considerare
una speciale misura di probabilità µ su I, in modo che la validità o
meno di un enunciato σ in M sia determinata dalla probabilità che
σ sia vera nelle strutture Mi . Per ottenere una simile proprietà, sarà
necessario imporre alcune condizioni sulla misura µ. Da qui in avanti
assumeremo che l’insieme di indici I sia infinito (vedremo che se I è
finito, la costruzione di ultraprodotto si banalizza).
Anzitutto, notiamo che per ogni A ⊆ I, è sempre possibile trovare
sequenze di strutture hMi | i ∈ Ii ed enunciati σ in modo da avere
A = {i ∈ I | Mi |= σ}. Dunque una prima naturale richiesta è la
seguente:
(a) La misura di probabilità µ : P(I) → [0, 1] è definita su tutti i
sottoinsiemi di I.
Notiamo che se A = {i ∈ I | Mi |= σ}, allora il complementare
c
A = I \ A = {i ∈ I | Mi |= ¬σ}. Ovviamente, nella L-struttura
M dovrà valere uno ed uno solo tra gli enunciati σ e ¬σ. La richiesta
naturale è che in M valga l’enunciato più probabile tra σ e ¬σ, e quindi:
• M |= σ se e solo se µ ({i ∈ I | Mi |= σ}) > 12 .
In particolare, escluderemo la possibilità di insiemi con misura 1/2.
Consideriamo ora la congiunzione logica σ ∧ τ di due enunciati. Per
definizione, M |= σ ∧ τ se e solo se M |= σ e M |= τ . Chiaramente, se
A = {i ∈ I | Mi |= σ} e B = {i ∈ I | Mi |= τ }, allora l’intersezione
A∩B = {i ∈ I | Mi |= σ∧τ }. Questo ci porta ad imporre la condizione
seguente:
1 1
(b) µ(A) > 2
e µ(B) > 2
se e solo se µ(A ∩ B) > 12 .
Quest’ultima richiesta sembra particolarmente difficile da soddisfa-
re. Il problema però può essere risolto considerando delle speciali misu-
re che assumono solo due valori: 0 e 1. Infatti, come si può facilmente
verificare, ogni misura di probabilità µ : P(I) → {0, 1} soddisfa sia la
condizione (a) che la condizione (b). Supponiamo dunque che µ sia di
questo tipo, e continuiamo a riflettere su quali debbano essere le sue
ulteriori proprietà.
Quando Mi |= σ per tutti gli indici i tranne al più un numero finito,
è naturale richiedere che anche M |= σ. Questo equivale ad imporre la
seguente condizione di non-atomicità:
6. ULTRAMISURE E ULTRAFILTRI 49
7. Ultraprodotti
In questa sezione mostreremo che gli ultrafiltri (o le le ultramisure)
sono in effetti lo strumento che cercavamo per costruire nuove strutture
a partire da sequenze di strutture assegnate.
3Con questo intendiamo dire che, assumendo gli assiomi della teoria ZF di
Zermelo-Fraenkel, si dimostra l’equivalenza: “Assioma di scelta ⇔ Lemma di Zorn”.
54 3. IL CALCOLO DEI PREDICATI
Dim. FARE
Q
Teorema 3.54 (Los). Sia M = i∈I Mi /U un ultraprodotto. Allo-
ra per ogni formula
Q ϕ le cui variabili libere sono x1 , . . . , xn , e per ogni
f1 , . . . , fn ∈ i∈I Mi , si ha
Y
Mi /U |= ϕ[f1U , . . . , fnU ] ⇔ {i ∈ I | Mi |= ϕ[f1 (i), . . . , fn (i)]} ∈ U.
i∈I
4
In realtà si può dimostrare una versione più debole del Teorema di Los per
prodotti ridotti che garantisce, ad esempio, l’equivalenza
Y
Mi /U |= σ ⇔ {i ∈ I | Mi |= σ}
i∈I
di
(g1 (i), . . . , gk (i)) ∈ RMi ⇔ Mi |= R(t1 , . . . , tk ) [f1 (i)/x1 , . . . , fn (i)/xn ],
e possiamo concludere che le proprietà di sopra sono equivalenti a
{i ∈ I | Mi |= R(t1 , . . . , tk ) [f1 (i)/x1 , . . . , fn (i)/xn ]} ∈ U.
Se ϕ è ¬ψ ed ha x1 , . . . , xn come variabili libere, allora dall’ipotesi
induttiva e dalla proprietà di ultrafiltro A ∈/ U ⇔ Ac ∈ U, segue che
M |= ϕ [f1U /x1 , . . . , fnU /xn ] ⇔ M 6|= ψ [f1U /x1 , . . . , fnU /xn ] ⇔
A = {i ∈ I | Mi |= ψ [f1 (i)/x1 , . . . , fn (i)/xn ]} ∈/U ⇔
c
A = {i ∈ I | Mi |= ϕ [f1 (i)/x1 , . . . , fn (i)/xn ]} ∈ U .
Se ϕ è ψ1 ∧ ψ2 ed ha x1 , . . . , xn come variabili libere, di nuovo grazie
all’ipotesi induttiva e alla proprietà di filtro A, B ∈ U ⇔ A ∩ B ∈ U,
si ottengono le equivalenze:
M |= ϕ [f1U /x1 , . . . , fnU /xn ] ⇔
M |= ψ1 [f1U /x1 , . . . , fnU /xn ] & M |= ψ2 [f1U /x1 , . . . , fnU /xn ] ⇔
A = {i ∈ I | Mi |= ψ1 [f1 (i)/x1 , . . . , fn (i)/xn ]} ∈ U &
B = {i ∈ I | Mi |= ψ2 [f1 (i)/x1 , . . . , fn (i)/xn ]} ∈ U ⇔
A ∩ B = {i ∈ I | Mi |= ϕ [f1 (i)/x1 , . . . , fn (i)/xn ]} ∈ U.
Occupiamoci ora del quantificatore esistenziale, e supponiamo che
ϕ sia ∃y ψ ed abbia x1 , . . . , xn come variabili libere. Applicando la
definizione e l’ipotesi induttiva, si ha
M |= ϕ [f1U /x1 , . . . , fnU /xn ] ⇔
7. ULTRAPRODOTTI 57
Il Teorema di completezza
59
60 4. IL TEOREMA DI COMPLETEZZA