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Serena Castaldi

Femminile pateriale

V angelista
A mia madre
che congiungendosi senza potersi unire
al padre
ha accettato di darmi la vita
Al figlio
che piena di timori e speranze
ho riminciato a portare
fuori dalla legge del padre
A Liliana
compagna di strada e presente
Premessa

Questo lavoro potra forse dare l’impressione di una scarsa iden-


tificazione con la donna di cui si parla, di distacco e separazione
per la sua assunzione a oggetto di studio, che potranno distur-
bare alcune.
Questo carattere e legato innanzi tutto alia funzione originaria
del lavoro, mia tesi di laurea, destinata a un ambiente accademico
scientifico, prettamente « maschile » quindi, dove il « distacco »
e richiesto; e da me auspicato.
Inoltre cio che qui si cerca di fare non e descrivere la donna
come e nella sua realta esistenziale, ma l’intenzione e tesa a indi
vidual e delineare gli elementi archetipici che sono serviti a
definire e « creare » la femmin ilitd , cioe le componenti del mo-
dello, i prototipi alia base di una caratteriologia complessa quanto
la varieta della vita.
Sono convinta, con Adorno, che « gli uomini — e, mi si per-
doni l’interpolazione, le donne — sono ancor sempre migliori
della loro cultura ». Sono in grado di staccarsene, di esprimersi
con un margine di originalita e creazione in qualche misura im-
prevedibile e non programmabile. Ma affinche la capacita di
uscire dai modelli abbia piu respiro e si sviluppi, ritengo non
solo utile ma necessario conoscere quale e l’eredita che ci viene
trasmessa, quali sono i messaggi proposti dalla nostra storia
e tradizione. Una riflessione sui loro contenuti non potra che
accrescere la nostra consapevolezza e aumentare l’ambito di liberta
rispetto ad essi; ridurre il loro potere su di noi, contenendo il
margine di « automatismo » che fa l’efficacia di ogni condizio-
namento.
Mio scopo e mio desiderio sono quelli di andare a vedere e por-
tare alia luce alcuni aspetti dei giudizi e valori culturali associati
alia femminilita, che fanno parte del nostro mondo e della nostra
esperienza fin dalla prima infanzia.
Pur nella grande varieta con cui questi elementi si sono pre-
sentati e configurati nel corso della storia, il tentativo qui e di

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cogliere gli aspetti ricorrenti, individuare le costan ti, rimaste
spesso « occulte », cioe al riparo da ogni critica e ogni « ragione »,
cercare di scoprirne i significati e i caratteri, che in maniera cosi
determinante influiscono sulla formazione del nostro essere.
S.C.

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Introduzione

Possibile che non fosse sospetto


l’accanimento con cui l’uomo
si e preoccupato di mostrare alia donna
quale era la vera via della femminilita?
Carla Lonzi

« II carattere peculiare del dominio dell’uomo sulla donna nel-


la famiglia moderna, e la necessita, nonche la maniera, di in-
staurare un’effettiva eguaglianza sociale dei due sessi, appari-
ranno nella luce piu cruda solo allorche entrambi saranno prov-
visti di diritti perfettamente uguali in sede giuridica »/
Cosi quando la Rivoluzione francese ha abolito il diritto feu-
dale, proclamando « Uguaglianza Liberta Fraternita » di tutti gli
uomini, allora si e resa del tutto evidente l’essenza dell’antago-
nismo di classe, per cui la liberta degli uni non somiglia affatto
alia liberta degli altri: gli uni sono liberi di trarre profitto da
coloro che sono liberi di essere sfruttati. « Questa categoria
[classe] del tutto semplice non appare, dunque, storicamente
nella sua piena intensita altro che nelle condizioni piu svilup-
pate delle societa ».2
Le verita piu semplici sono le ultime a venire a galla. Per
« vederle » dobbiamo infrangere la passiva accettazione dei con-
dizionamenti piu profondi.
Come Marx aveva evidenziato a proposito della produzione e
del lavoro, perche le contraddizioni vengano colte nella loro
forma piu universale, bisogna che esse si siano manifestate in
tutte le loro forme particolari, allora e solo allora si e in grado
di risalire alle determinazioni piu semplici e poi alia totalita elu-
cidata in tutti i suoi rapporti: « L’anatomia delFuomo e una
chiave per l’anatomia della scimmia ».3
Oggi nel mondo occidentale si stanno verificando le condizioni
preconizzate da Engels, e con esse la coscienza che « il primo
contrasto di classe che compare nella storia coincide con lo svi-
luppo delPantagonismo fra uomo e donna nel matrimonio m o

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nogamico e la prima oppressione di classe coincide con quelia
del sesso femminile da parte di quello maschile ».4
Giuridicamente le donne hanno raggiunto l’uguaglianza in
quasi tutti i campi. E’ recentissima l’approvazione in Italia della
legge che sancisce la parita dei coniugi: si dichiara che il ma-
trimonio e un’associazione, non piu la subordinazione di un in-
dividuo a un altro. Ma la inferiorizzazione del sesso femminile
esiste ancora. Bisogna prendere atto che la liberta dell’uno non
e u gu ale alia liberta dell’altro, che l’antagonismo fra i sessi
sta « oltre ».
La donna e apparsa e si e posta storicamente come oggetto; la
sua inferiorita e stata considerata «naturale », non ha ne storia
ne autonomia, diventa oggetto di desiderio, oggetto che i maschi
si contendono.
II dominio del maschio su di lei non si discute. Solo il domi-
nio deiruomo sull’uomo e considerato un fatto storico; il domi
nio sulla donna, fatto naturale, scontato come rapporto di so-
praffazione, e un dogma. Come tale fa parte del bagaglio cul-
turale di ciascuno, dell’inconscio collettivo.
La donna finora e stata solo ogg etto di quella razionalita posta
al principio della Storia. E’ l’uomo che create le istituzioni, le
cambia, le distrugge. La donna invece vive ancora nella prei-
storia. Puo riflettere la storia solo come storia del maschio:
essa, fin dove arriva la sua memoria, e sempre stata sottomessa.
Ma anche questa memoria non e sua. II suo diritto di crearsi
un ricordo e stato negato.
Dire che la donna non e inferiore significa immediatamente
dire che il rapporto tra lei e l’uomo e un atto umano e sociale;
e quindi il possesso del maschio e un atto storico di dominio e
piu in generale che il rapporto fra i sessi ha rivestito il significato
che via via l’uomo gli ha dato.
Marx n e ll’Id e o lo gia T ed esc a dice: « Dobbiamo cominciare col
constatare il primo presupposto di ogni esistenza umana, e dun-
que di ogni storia, il presupposto cioe che per poter "fare storia
gli uomini devono essere in grado di vivere ».5 L’esistenza di
uomo e donna sono il presupposto della storia. Ma l’indagine

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marxiana non rende sufficientemente conto del come e del per-
che i due sessi si siano venuti cosi « specializzando » in ruoli
strettamente e rigorosamente definiti e in funzione di che cosa.
II suo studio si concentra sull’analisi delle varie forme di produ-
zione, ma solamente per quanto riguarda l’ambito piu specifi-
catamente maschile, cioe l’universo del sociale, del « pubblico ».
La famiglia, vista come forma storica solo in quanto determinata
dalla struttura economica, sfugge alia disamina critica.
La contraddizione fondamentale tra il carattere sociale della
produzione e il carattere privato della proprieta, si traduce per
l’uomo nella scissione tra la sfera privata e quella pubblica, per
la donna nella segregazione nel privato.
II luogo di incontro e di comunicazione tra donna e uomo e
la famiglia, per l’appunto il privato, che viene accantonato fra
le pre-condizioni dell’esistere umano.
Sono mancati quindi i presupposti per l’individuazione della
dialettica dei sessi.

Gli illuministi hanno affermato l’individuo. La Rivoluzione


francese ne ha proclamato i diritti inviolabili. La societa bor-
ghese ha rivendicato l’emancipazione dai vincoli del gruppo di
appartenenza (casato, corporazioni ecc.). Marx ha criticato l’indi-
vidualismo borghese come visione completamente astratta, asto-
rica. Per restituire spessore e completezza all’uomo lo ha calato
nella storia, ne ha cioe evidenziato i rapporti con la collettivita
e con l’ambiente, esaminandone le reciproche relazioni.
Per la donna questo processo di individuazione come ente au-
tonomo e soggetto storico non e awenuto. A lei non e stato
riconosciuto, essa non ha potuto conquistare il « diritto del-
l’uomo ».
Per quanto generale e astratta fosse Timmagine che la cultura
individualistica aveva prodotto, essa si riferiva esclusivamente al-
1’uomo, per quanto preteso universale sempre ed esclusivamente
maschio. Cosi come esclusivamente maschio era il depositario del
« diritto di natura » destinatario delle famose Uguaglianza Fra
ternity e Liberta.

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Infatti furono duramente respinte le donne che esaltandosi nel
nuovo spirito di giustizia pretesero di poter affermare la loro
coscienza di partecipi al consorzio civile: nel 1790 Dichiarazione
dei diritti delle donne. La loro portavoce Olympe de Gouges
viene ghigliottinata e i Club femminili repubblicani obbligati a
sciogliersi.
« Donne impudenti che volete diventare uomini, da quando
e decoroso vedervi abbandonare la cura devota della casa per
venire sulla pubblica piazza? ».6
L’individuo femmina non e riuscito a distaccarsi dalio sfondo
in cui e inserito, la famiglia, per percepirsi come tale e porsi
come coscienza autonoma.

In ogni tempo le richieste femminili si sono mosse in accordo


con le rivendicazioni che venivano espresse dalla coscienza poli-
tica dei gruppi oppressi, ma ogni volta sono state rifiutate, ve-
dendosi offrire in cambio concessioni insignificanti oppure l’in-
tegrazione in valori-lavori ormai in declino.
Quando un gruppo oppresso prende coscienza della propria
condizione e rivendica i propri diritti, cio che viene concesso
da chi ha il potere e qualcosa che modifica solo marginalmente
i termini del rapporto: cosi la battaglia femminista fra la fine
dell’800 e i primi del ’900 fu cooptata con la concessione del
diritto di voto.
Lo stratagemma difensivo di oggi e l’appello all’uguaglianza.
Sotto la forma della parita dei diritti si vuole imporre alia don
na una uguaglianza che la subordina e pretende di integrarla in
un universo maschile dove non c’e posto per l’espressione della
sua specificita. In un momento di crisi e di decadenza dei valori
espressi dal mondo occidentale si cerca di imbonire le donne
con la prospettiva di partecipare alia gestione della societa.
« II porsi della donna non implica una partecipazione al po
tere maschile, ma una messa in questione del concetto di potere.
E’ per sventare questo possibile attentato della donna che oggi
ci viene riconosciuto l’inserimento a titolo di uguaglianza ».
Quando, nella teoria come nella pratica, un nuovo elemento

n
emerge e afferma con crescente energia il proprio diritto all’esi-
stenza, pretendendo una revisione di quanto ne ha provocato la
negazione e l’esclusione, Tunica risposta da parte del sistema e
quella di cercare di annettersi il nuovo, inglobandolo nel con-
testo come una semplice appendice, ma privandolo di fatto della
sua radicale portata critica e della capacita di rinnovamento in
esso contenuta. Cosi, abbiamo visto, Temergere di valori che po-
tevano avere una potenza eversiva e stato soffocato invalidan-
doli con un processo di mistificazione e massificazione in grado
di « consumarli» e di riproporli a ciascuno svuotati del loro
significato, ma apparentemente assunti, capaci di dare a ognuno
una buona/falsa coscienza. E’ successo per T« istanza democra-
tica per la contestazione giovanile, sta succedendo per la li-
berazione delle donne.
II femminismo e il femminile che si riprende il suo spazio sen-
za rimandare oltre, senza credere in un ipotetico cambiamento
che ne renda possibile l’esistenza.
C’e ancora chi afferma che prima e necessario fare « la rivolu-
zione », dopo le donne a loro volta e a tempo debito potranno
fare qualcosa per liberarsi. Di nuovo esse vengono rimandate
a un improbabile domani.
Ma le donne non possono prestar fede a queste promesse, che
significherebbe non tener conto della lezione della storia.
La storia e lotta tra padre e figlio per avere il potere.
Le donne si sono unite al figlio-fratello contro il padre. Negli
scontri con l’aristocrazia, poi con la borghesia, con Timperiali-
smo, nelle lotte dei Neri e degli studenti, passato il momento
in cui l’alleanza era necessaria, esse sono state rimandate al
« loro » posto. E non hanno potuto farsi « soggetto » della lot
ta, essere riconosciute come tali.
II potere non puo esercitarsi sul vuoto, e la loro soggezione e
stata sempre supporto e prototipo, garanzia di ogni disugua-
glianza.
« II destino imprevisto del mondo sta nel ricominciare il cam-
mino per percorrerlo con la donna come soggetto ».8
Oggi la coscienza critica della donna e radicale: non si prote

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sta per la mancanza di questo o quel beneficio, di questo o quel
diritto. Quello che si denuncia e la soppressione dell’individuo
femmina, la costruzione di un universo in cui la donna non ha
possibility di scegliere i valori che la definiscono, ridotta a
invenzione dell’uomo, supporto invisibile della produzione cul-
turale e sociale.
Oggi vogliamo far luce sui significati della cosiddetta femmi-
n ilita e sulle funzioni che li hanno finora giustificati.
Guardando i lontani abitanti delle isole Trobriand, gli Ara-
pesh, i Nambikwara, ci si rende conto che, malgrado le consi-
derevoli differenze di costumi che separano queste culture « pri
mitive » e la diversa organizzazione sociale, emergono certe co-
stanti.
I Trobriandesi sono sempre citati come prototipo di organizza
zione « matriarcale »; gli Arapesh appaiono a Margaret Mead
esempio della interscambiabilita dei ruoli sessuali. Eppure fra
di loro, come presso i Nambikwara e presso di noi, la donna e
definita dagli stessi tratti tipici. Gli elementi che servono a rico-
noscere una « vera donna» sono dappertutto costanti. Sono
qualcosa che ciascuno di noi sa valutare istantaneamente senza
pensarci, che fa evidentemente parte dei nostri apprendimenti
originari e archetipici.
Essere « femminile» presso di noi come presso di loro, al
di la delle enormi differenze, costituisce l’adattamento a un
modello universale ricorrente che prescrive compiti e compor-
tamenti. Questi possono anche diversificarsi esteriormente, ma
quello che ritroviamo uguale e il significato, il ruolo, la fun-
zione delle donne nella societa.
Andando a ricercare il perche di questa costante ci si rende
conto che la nostra, come quelle e come tutte le societa storiche,
e una « societa di parentela », fondata sulla famiglia cioe sul
matrimonio esogamico, il divieto di incesto e la divisione del la-
voro fra i sessi. Esattamente queste sono le norme che delimi-
tano lo status della donna e la istituiscono come oggetto di
scambio. Le altre connotazioni che le vengono attribuite sono
conseguenti con questa funzione originaria.

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Andiamo a vedere come si configura nella definizione del mo-
dello femminile questa costanza, quali sono le sue implicazioni
e le sue caratteristiche al di Hl di ogni variante storica o geogra-
fica, al fine di rendere libero il campo per le donne e per ciascu-
no che voglia seguirne il cammino, da definizioni che impedisco-
no l’espressione e la ricerca di una identita propria.

Note
1 F. Engels, LJorigine della famiglia della proprietd privata dello stato, Editori
Riuniti, Roma 1963, p. 101.
2 C Marx, Introduzione a Per la critica dell’economia politica, in O pere scelte,
Editori Riuniti, Roma 1966, p. 733.
3 I b id., p. 736.
4 F. Engels, op. cit., p. 93.
5 C. Marx, L’ideologia tedesca, in Opere scelte, Editori Riuniti, Roma 1966,
p. 241.
6 A. Bebel, La donna e il socialismo, Sandron, Palermo 1905, p. 380.
7 C. Lonzi, Sputiamo su H egel, Scritti di Rivolta femminile, Milano 1970, p. 4.
8 Ibid., p. 37.
I valori della femminilita
I
II mondo si divide in due

La differenza biologica intrinseca fra donna e uomo ha as-


sunto in ogni cultura il significato di dicotomia fondamentale,
rappresenta il segno di una separazione assoluta che si esprime
e sedimenta nel ruolo maschile e in quello femminile, difesi da
ogni sorta di barriere e censure.
In tutte le societa le donne costituiscono un mondo a parte,
svolgono lavori e mansioni propri e particolari, anche se non
necessariamente connessi alia funzione procreativa. La divisione
del lavoro per sesso e dovunque rigidamente definita e rispet-
tata. Le uniche possibility di trasgressione sono rappresentate
da qualche lavoro « maschile » concesso a delle donne, magari
quando il suo prestigio e in declino.
« Molto spesso sono entrate soltanto la dove gli uomini hanno
voluto ammetterle, perche non hanno piu intenzione di difen-
dere questa posizione e si preparano anzi ad abbandonarla. Que-
sto mestiere allora, da feudo maschile accanitamente difeso, di-
ventera un mestiere femminile: non sempre dunque si tratta di
una conquista, ma piu spesso di una concessione, talvolta addi-
rittura di un abbandono. A condizione pero di lasciare inviolati
alcuni altri feudi. L’insegnamento e stato chiuso alle donne per
secoli: oggi abbiamo visto che si femminilizza largamente, salvo
che nei gradini superiori, che conservano ancora il prestigio le
gato alia funzioni universitarie. (...) A1 limite, le libere profes-
sioni possono femminilizzarsi una dopo l’altra nella misura in
cui — ridotte ad essere ormai solo le eredi di cariche onorifiche
un tempo prestigiose ma che ora perdono a poco a poco il loro
lustro — non potranno sostenere il confronto con alcune car-
riere della tecnologia e degli affari o delle alte cariche dell’am-
ministrazione. Queste sono riserve di caccia maschili chiuse alle
donne. E’ da questi posti che si agisce sul mondo, che si deter-
mina il futuro. La combattivita maschile vi esercita tutto il suo
potere: e non vi lascera entrare le donne troppo facilmente ».’

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Questa divisione si presenta come ordine gerarchico. La « pro-
miscuita », la confusione — o fusione — sono vietate: rara-
mente vedremo un uomo partecipare a lavori definiti femminili,
che — si dice — cio metterebbe a repentaglio la sua virilita.
La separazione di questi ambiti e protetta da veri e propri tabu.
La paura della contaminazione garantisce l’invalicabilita dei
confini di questi separati domini. Una donna che aspiri a qual-
cosa di ritenuto maschile suscita risentimento (paura della com-
petizione da parte degli uomini, invidia nelle altre donne); un
uomo incorre nel ridicolo o nel disprezzo. II privilegio si confi-
gura come obbligo. L’appartenenza al gruppo dominante ha le
sue leggi e i suoi doveri: n o b le ss e oblige \ e la rottura del
tabu provoca sempre paura e riprovazione collettiva. Queste
appaiono in ogni tempo presso ogni popolo come le armi
piu potenti per mantenere l’ordine costituito, per realizzare una
regolamentazione sociale.
Le specifiche prescrizioni sono diverse secondo i tempi e i luo-
ghi. Cio che presso alcuni e compito della donna, presso altri
e attribuito esclusivamente agli uomini: nel Medio Evo la tessi
tura di materiali preziosi come oro, seta, ecc. faceva parte delle
arti femminili, per diventare poi nel Rinascimento prerogativa
maschile. Cosi l’agricoltura che presso alcune popolazioni e at-
tivita esclusivamente maschile, presso altre e compito femminile;
tutto questo senza nessuna logica apparente, tranne quella della
inferiorizzazione.
La considerazione, il prestigio, la capacita di conferire uno
status sociale superiore attribuito a certi lavori, mutano secondo
la cultura. E’ il sistema di relazioni in cui essi sono presenti nella
struttura economico-sociale di una societa che ne definisce la
posizione e puo individuarne il significato. Per esempio nel Ri
nascimento, epoca in cui si riconosce il valore creativo del la-
voro, l’uomo tende ad appropriarsi di molte attivita che erano
state delle donne.
Per quanto riguarda la partecipazione della donna al lavoro
cosiddetto « sociale » e difficile avere dei dati precisi perche « le
lavoratrici non hanno mai modo di figurare, per numerose che

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esse siano, nelle conclusioni, che invece sono sempre tratte sol-
tanto dall’esame del lavoro maschile ».2
Ma quanto emerge dall’attento studio di E. Sullerot L a donn a
e il lav o ro e sufficiente a smentire l’opinione comune che crede
che nel corso della storia si assista a una tendenza all’integra-
zione della donna nell’attivita produttiva. Nel corso dei secoli,
per non parlare delle culture arcaiche, la donna ha sempre eser-
citato attivita diverse: dalle piu faticose (costruire piramidi, fran-
tumare il minerale nelle miniere, girare le macine) a quelle che
richiedevano una maggiore abilita, come lavorare loro. Ma « il
loro lavoro non conferisce ne diritto di cittadinanza, ne ricchez-
ze; al contrario, e cio che piu conta, non conferisce loro l’indi-
pendenza ».3
« La figura della casalinga come colei che ha solo ed esclusi-
vamente compiti domestici, e un tipico prodotto della societa
capitalistica che deriva dal processo di separazione del luogo di
produzione (nel senso di produzione di merci) dal luogo di ri-
produzione della forza lavoro.
Questa breve precisazione in risposta agli assurdi luoghi co
muni che fanno dire a borghesi e benpensanti: ’’Adesso che la
donna lavora...” ».4
Le caratteristiche della forza-lavoro femminile sono diverse da
quelle maschili. E cio e dovuto al fatto che le donne entrano nel
mercato della forza-lavoro con un marchio distintivo, costituito
precisamente dalla loro pre-definizione nel lavoro domestico,
come si legge nella Costituzione Italiana:
Art. 37. La donn a lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parita di
lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le con
dizioni di lavoro devono consentire Vadempim ento d e lla sua
essen ziale fun zion e fam ilia re e assicurare alia madre e al b am
bino una sp ec iale adeg u ata protezion e.
Art. 36. II lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzio-
nata alia quantita e qualita del suo lavoro e in ogni caso suffi
cien te ad assicurare a se e alia fam iglia un’esistenza lib e r a e di-
gnitosa.

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II maggior salario del marito e riconosciuto come base mate-
riale per il suo predominio sulla moglie.
Se prendiamo in esame i dati statistici vediamo che in alcuni
paesi, fra cui l’ltalia, dal ’900 a oggi, la linea di tendenza segna
inequivocabilmente un regresso nell’inserimento delle donne
nei posti di lavoro. E questo in tutti i settori, da quello dell’agri-
coltura dove esse costituiscono i 4 / 5 della diminuzione totale
della popolazione agricola, a quello dell’industria dove l’occu-
pazione femminile e passata in 50 anni dal 32,4% al 21,9%.
Anche il commercio, considerato tradizionalmente un settore
femminile ha segnato un declino: dal 33,3% di donne occu-
pate nel 1901, al 28,6% nel 1951. Ai giorni nostri la tendenza
e confermata: si passa da 6.240.000 donne occupate nel 1959
a 5.127.000 nel 1974 (vedi tabelle in appendice).

Una costante nell’evoluzione della storia e l’attribuzione alia


donna del ru o lo matern o, legato non solo all’aspetto specifico
di riproduttrice della specie, ma anche a quello di nutrice e cu-
stode della vita « privata » dell’individuo. E questo sia per quanto
riguarda l’aspetto concreto di preparazione e cottura dei cibi ecc.,
sia garantendo a ogni membro della famiglia un sostegno emo-
tivo e una rassicurazione affettiva che contribuiscono a mante-
nerne l’equilibrio psico-fisico.
II mantenimento dei ruoli si fonda sulla repressione della spon-
taneita, in funzione della conservazione di una struttura attra-
verso J’adeguamento a modelli di comportamento di volta in
volta stabiliti, in cui il maschile risulta sempre superiore a quello
femminile.
L’immagine della donna, tuttora dominante nella nostra cul-
tura, si e affermata lungo un processo storico-culturale che ha
prodotto al tempo stesso la rigida divisione dei ruoli sociali e le
immagini significative che a tale divisione potessero servire da
sostegno e giustificazione. Per effetto di tale processo la donna
si e trovata relegata a ruoli subalterni e culturalmente irretita
in un sistema di simboli che sono divenuti la sua vera prigione.
Donne si diventa e maschi si diventa.

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« La femmina, come il maschio, e una costruzione della storia,
e ’’prima” della storia non c’e niente o, comunque, niente di piu
essenziale di cio che raccumulazione della vita umana in deter
minate forme sociali vi ha edificato sopra. ’’Sotto”, ci sono dei
tessuti, degli ammassi cellulari, le cui leggi non vanno assoluta-
mente trascurate, ma che valgono, perd, sul loro piano. II quale
non e ”piu realmente” umano di quanto lo sia l’insieme delle
scelte, dei comportamenti scaturiti dallo scambio e dall’intera-
zione di questi organismi naturali inseriti in un contesto so-
ciale >.
« Una societa non e una specie: in essa la specie si realizza
come esistenza, i suoi costumi non si inferiscono dalla biologia...
il Soggetto non prende coscienza di se stesso e non si realizza in
quanto corpo, ma in quanto corpo sottoposto a leggi e tabu
prende coscienza in nome di certi valori ».6
Le tendenze, i gusti, le diversita individuali sono fin dalla na-
scita incanalate e quindi represse per renderle corrispondenti a
uno specifico sessuato.7 II mondo si divide in due. Questa dico-
tomia e assoluta e ciascuno deve definirsi in modo tale da rien-
trarvi, e senza residui.
T u tta I’espressivitd e asservita all’iden titd sessuale, di cui deve
farsi segno e mezzo di riconoscimento.
L’abbigliamento e il piu evidente di questi simboli. Universal-
mente e assunto come dichiarazione della propria collocazione
sessuale. Ne sono ammesse trasgressioni. Significativo puo essere
ricordare a questo proposito come la nostra legge penale perse-
gue il travestimento e con particolare rigore quello appunto atto
a trarre in inganno sulla identita sessuale.
E non c’e spazio per il gioco soggettivo. Nemmeno il « trave-
stito » prescinde dal significato dimostrativo e simbolico del-
l’abbigliamento, ma anzi assumendone la pregnanza cerca di
farne il mezzo della sua personale « transazione ». Solo durante
particolari festivita in cui vi e la sospensione di alcuni tabu, so
no ammesse deroghe alle norme che regolano la vita sociale
(es. il Carnevale).
Anche il linguaggio, oltre ad essere a sua volta sul modello

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antropomorfico diviso in sessi (generi), e attribuito diversamente
a maschi e feminine.
Presso molti popoli, oltre alia divisione del lavoro, a una divi-
sione sessuale dello spazio, sussiste anche una divisione della
lingua. Gli appartenenti alio stesso sesso devono servirsi di un
linguaggio comune, caratterizzato da vocaboli, epressioni e infles-
sioni della voce sue proprie che lo separano e lo distinguono da
tutti gli appartenti all’altro sesso. E anche nel nostro uso esi-
stono molte espressioni considerate adatte a ogni membro del
sesso forte, ma assolutamente intollerabili sulla bocca di una
« signora ».
II modo di muoversi, di relazionarsi agli altri e a se stessi, sia
come corpo che come mente, e anche il rapporto col trascenden-
te, tutto e regolato da un codice che porta in primo piano e at-
tribuisce significato discriminante alia differenza sessuale.
La diversita biologica diviene fondamento di una diversa po-
sizione nel mondo. Ne troviamo conferma nell’uso della inizia-
zion e.
Questa e l’istituzione che regola e definisce l’inserimento nella
vita sociale e pubblica; da essa prende origine ogni forma di as-
sociazione politica. E’ attraverso l’istituzione iniziatica che si de-
termina nella societa l’attribuzione del potere. Gli iniziati sono
solo maschi; essi attraverso uno speciale rito annettono il giovane
maschio al loro gruppo. Si viene a creare cosi una essenziale di
versita e separazione fra chi sta « dentro » e « sa » (i responsa-
bili della vita collettiva) e chi sta « fuori» ed e privo del rico-
noscimento sociale e del potere (il mondo delle donne e i bam
bini). Proprio qui si esprime l’esclusione fondamentale delle
donne dalla societa civile e dalla gestione della comunita. Fuori
dalla conoscenza del mondo (maschile), del « sapere », ogni pos
sibility di « potere » e radicalmente eliminata.
Con l’iniziazione si viene a conoscenza del mito, cioe della
storia e dell’origine del gruppo, delle sue verita, dei suoi signi-
ficati e culti.
Questo « passaggio», drammaticamente rappresentato come
morte e resurrezione, definisce la possibilita di dominio cultu-

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rale sulla realta, e, come dice I. Magli, determina « quali siano
i gruppi che possono imporre il loro pensiero, o meglio quali
siano i gruppi che possono pensare ».8
Per la donna non si tratta di essere iniziata, la sua esclusione
infantile dalla gestione del sociale si protrae anche nell’eta adulta.
II rito che sancisce il suo passaggio alia piena maturita in con-
comitanza del menarca ci ricorda la sua pericolosita di « veleno ».
E caratterizzato dalla e vitazio n e : la femmina, isolata dalla
collettivita per non contaminarla, deve essere purificata ed esor-
cizzata.
Presso alcune popolazioni questo rito assume forme che espri-
mono anche concretamente la m u tilazio n e : la clitoridectomia
simbolicamente richiama la privazione dell’espressione autono
ma delle donne in tutti i campi.
La clitoride, organo di piacere della donna non legato alia
complementarita, e stata spesso investita di significati culturali
particolari. Questa capacita di autonomia femminile e spesso
associata a idee di insubordinazione, e viene interpretata di volta
in volta come minaccia o possibility di riscatto da un destino
di dipendenza.
Presso alcuni popoli africani ce la credenza che un uomo che
abbia rapporti sessuali con una donna non clitoridectomizzata
possa essere punto dalla sua freccia (clitoride). Nella favola di
Grimm solo un principe riesce a superare la siepe che ha trafitto
con i suoi rovi innumerevoli corteggiatori. Un mito racconta che
le clitoridi recise buttate in uno stagno si trasformino in sangui-
sughe.
La donna « fallica » e colei che rifiuta il tradizionale ruolo fem
minile. « Invidia del pene». La terminologia rimanda sempre
a un primum maschile. Ma per le femministe di oggi la afferma-
zione della clitoride, di questo organo censurato fino alia elimi-
nazione, nascosto e inutilizzato a vantaggio del sesso deiruomo,
esprime un « bisogno di verita » sul proprio sesso, e la scoperta
di un « organo in proprio » in grado di restituire alia donna una
sessualita non subordinata e complementare.
L’asportazione della clitoride come preparazione della donna al

25
matrimonio conferisce una tragica evidenza al fatto che questa
istituzione si basa sulla sua espropriazione totale. Per esser rico-
nosciuta come donna non le bastano gli attributi fisiologici; anzi
e in contraddizione con essi che raggiunge la sua piena « femmi-
nilita », sinonimo di sottomissione ed esilio.
L’infibulazione e la clitoridectomia a cui ancor oggi in intere
aree culturali tutte le donne vengono soggette, sono la rappre-
sentazione drammatica della colonizzazione della sessualita fem-
minile, sottoposta a un modello fallocentrico.
Qui come altrove (ovunque), il corpo della donna non esiste di
per se, non e per lei, non si determina nel libero sviluppo delle
sue potenzialita; deve esistere cosi come l’uomo lo immagina,
quando lo utilizza come oggetto.
La sua espropriazione presuppone la mancata possibility di di-
sporre di se e del proprio piacere, come e evidente nella condizione
della donna-prostituta. Essa e proprieta potenziale di tutti gli
uomini, la sua funzione e quella di procurare godimento, il suo
valore dipende dal desiderio dell’uomo. Lei non ha ne desiderio
ne godimento.
« II carattere femminile e il carattere maschile assumono la forza
di simboli che vengono mossi nel sociale per un’acquisizione e
una conferma del potere ».9
II rito, momento di rappresentazione umana del sacro, vede
escluse le donne o ammesse come spettatrici passive. Quasi uni-
versalmente le religioni le rifiutano come ministri del culto, e il
timore della contaminazione provoca spesso l’esclusione dagli
stessi luoghi e cerimonie sacri. Cosi awiene nelle moschee, nelle
sinagoghe, presso i Nambikwara ecc.
Nella tu ma, paradiso dei Trobriandi, le donne non sono am
messe.
Le piu alte attivita dello spirito sono un feudo maschile. L obiet-
tivita e stata l’astrazione della soggettivita dell’uomo. Questo
finora e stato il processo di definizione della verita, a cui le disci
pline scientifiche, come quelle filosofiche e u(o)mane si sono atte-
nute. Ogni filosofia, ogni religione si e riconosciuta soltanto in
figure maschili. II profeta e una figura patriarcale. Sempre.

26
A1 suo corpo accudisce la donna. A lei e demandata la soddisfa-
zione di tutti i suoi bisogni, la sua « manutenzione ». Infatti
occuparsi del corpo e una prerogativa femminile anche perche
la donna e corpo, anzi e il corpo.
Questo e il punto focale della sua identita, a cui deve dedicare
molte cure per mantenerne il « valore », cioe la bellezza, eleganza,
giovinezza richieste per essere considerata pienamente « femmi
nile » e quindi accettata e desiderabile per l’uomo.
II suo stesso corpo e corpo umano solo attraverso la mediazione
della coscienza dell’uomo; questi lo ha identificato con le forze
della natura ignote e pericolose, datrici di vita ma anche potente-
mente distruttrici.
La donna rappresenta la terra, la fecondita, la generazione, la
matrice, l’origine. II suo legame con la natura, nella sua materia-
lita, e sempre presenter manipola le erbe, i cibi, il corpo dei
bambini, li produce anche, ha insomma le chiavi della trasfor-
mazione e questo incute un senso di perenne inquietudine nel-
l’uomo che da queste sue capacita dipende per la soprawivenza
e per il desiderio di trascendenza nei figli.
Nessuna rassicurazione affettiva, nessun possesso, nessuna inti-
midazione sono sufficient a garantire l’uomo, a rassicurarlo che
questa forza benefica non si rivolti contro di lui, che la sua dolce
mamma non divenga improwisamente crudele matrigna (cfr.
racconto di Biancaneve), strega awelenatrice e datrice di morte.
Presso molti popoli « selvaggi», quando un uomo muore, la
moglie e sempre sospettata di averne con qualche maleficio pro-
vocato il decesso.
Per contenere questo pericolo incombente, per esorcizzare la
paura del Diverso, e annullarne l’originalita, l’uomo ha sentito
il bisogno di costringere e delimitare la possibility di espressione
delle donne, riducendole in stato di soggezione e vietando loro
l’accesso a tutto cio che potrebbe conferire potere o autonomia.
La diversita della donna e la sua capacita procreativa. L’uomo
non puo appropriarsi egli stesso di questa potenza della donna;
essa rimane per lui qualcosa di estraneo, l'Altro da se di cui non

27
pud fare a meno, ma a cui non permette alcuna consapevolezza
di se.
La naturale capacita procreativa della donna per essere social-
mente accettata ha bisogno di esercitarsi all’interno del matri-
monio, istituzione in cui si ribadisce il controllo e l’autorita del-
l’uomo. Attraverso l’esercizio di questo potere egli diventa padrone
del corpo della donna ridotto a strumento di produzione della
sua progenie.
La dissociazione della donna dalle sue stesse possibility non
consiste solo nel fatto che le e impedito di disporre dei mezzi
di produzione sociale, ma che le viene tolto a priori il potere di
appropriarsi della natura, di poter porre se stessa come esistenza
umana.
La donna ha interiorizzato la violenza che e stata esercitata su
di lei: il suo carattere culturale e definito dai concetti che la co-
scienza maschile ha creato per lei, e che consiste proprio nel porre
l’uomo come soggetto e se stessa come l’Altro, l’inessenziale, il
complementare, il gregario.

L ’altro del medesimo

La donna e lo specchio che rimanda all’uomo l’immagine della


sua potenza. L’oppressione della donna gli da quella coscienza di
se che egli non puo trarre dal suo lavoro sociale.
Tutto quanto e attribuito alle donne ed e loro proprio e definito
inferiore, spesso impuro. Ogni contatto con questo mondo e disdi-
cevole per l’uomo e puo addirittura essere pericoloso per la sua
integrita fisica o per il successo delle sue imprese belliche o vena-
torie. A ciascuno sara quindi attribuito un proprio spazio speci-
fico, dove possa incontrarsi con i membri del suo sesso e svolgere
con loro i propri compiti.
Anche se non in tutte le societa esistono veri e propri « ginecei »,
si trovano tuttavia sempre luoghi « segregati » : le caserme, gli
asili, i conventi, certi ordini di scuole, il Conclave, i saloni di
bellezza. Se poi volessimo includere ambiti solo di recente aperti
a una simbolica presenza femminile, il nostro elenco si farebbe

28
molto lungo: la scienza, la politica, la Borsa, la finanza, la magi-
stratura, le manifestazioni sportive, il telegiornale, i bar, le piazze
dei paesi, tutti questi universi hanno sempre chiuso le porte alle
donne.
La scienza, la religione, il senso comune « tendono a conside-
rare la ’’virilita” e la ’’femminilita” come principi essenziali asso-
luti, incollati al cielo delle idee, fissati una volta per sempre
e universalmente validi, rispetto ai quali si puo rappresentare
un grado maggiore o minore di verita mimetica ».10
La definizione della donna e maschile. Fa parte delle attribu-
zioni del potere.
La prima, la piu generalizzata, delle forme di repressione e quella
che integra ciascuno in una individuality sessuata, a cui in quanto
tale, sono attribuiti determinati caratteri. Gli uomini si sono
riservati i valori dominanti come forza, efficienza, successo, razio-
nalita, produttivita.
Nel suo divenire la cultura si e sempre presentata come depo-
sitaria del logos maschile, superiore, unico, definitorio e defi-
nitivo. Tutto cio che rimane al di fuori viene contrapposto e attri-
buito come natura alle donne.
La donna e stata relegata nel regno dell’amore. Per definizione,
per educazione, per destino essa deve essere am ore. Sentimento.
Non ragione, ne logica.
« Un effetto del prestigio in cui e stato tenuto fra noi l’ordine
maschile e che la parte femminile della vita ha finito per essere
considerata in modo sentimentale, mentre le leggi del sentimento
sono state completamente ridotte ad una abitudine in una forma
convenzionale che ha ulteriormente soffocato il gia rimosso
femminile ».“ Ma questa operazione non e cosi priva di residui
come la si vorrebbe. II rimosso continua a vivere nell’anima
deH’uomo, inaccettabile e continuamente respinto in quanto
ormai lontano, « femminile », dell’Altro.
In questo perenne conflitto la donna viene ad assumere signi-
ficati variabili e contradditori, di volta in volta idealizzata o
condannata (come sempre cio di cui si e privati), sempre mitica,
irreale, irrilevante in quanto esistenza autonoma, per essere sem-

29
pre riportata all’interno dell’economia di un unico Soggetto, che
ne risulta ulteriormente confermato. « Ridurre l’altro all’Altro
del medesimo. E cio potrebbe anche interpretarsi come sottomis-
sione del reale all’immaginario del soggetto parlante ».12
La donna quindi, realizzando la sua « femminilita », aliena
sempre piu se stessa per dare corpo al sogno dell’uomo, facendo
da supporto vivente al contenuto dei suoi fantasmi.
« La donna rappresenta il sostegno, lo spazio di iscrizione dei
rappresentanti dell’inconscio ’’maschile”. E dell’ ’’inconscio” che
c’e nello sviluppo storico (della sessualita). Per lei una simile
economia ha valore soltanto di ’’preistoria”. Se un giorno la sua
sessualita fosse riconosciuta, cioe entrasse nella ’’Storia”, que-
st’ultima non avrebbe semplicemente piu luogo »,13

Amore e dedizione

La struttura stessa della cultura e satura delle limitazioni create


dalla polarita sessuale. Ma mentre la meta maschile « costi-
tuisce » la cultura, quella femminile e dedicata all’emotivo.
« Le donne hanno sempre saputo quanto gli uomini abbiano
bisogno di amore e quanto respingano questo bisogno ».14
La cultura maschile e stata costruita sulla dedizione delle donne
e a loro spese. Gli uomini hanno pensato, scritto, creato, perche
le donne hanno riversato le loro energie su di loro. Essi hanno
affidato alle donne questo « alto » compito: hanno visto in loro
1’incarnazione dell’amore. L’ideologia dell’amore lo attribuisce
alia donna e lo contrappone alia competitivita e alia guerra.
La casa viene mitizzata come il luogo degli affetti, dell’inti-
mita, dove e finalmente possibile il riposo del guerriero, 1’unione,
l’abbandonarsi al sentimento.
La piu importante e delicata missione della donna e quella di
crescere ed educare i bambini, futuro della societa. Solo lei e
considerata adatta e capace di una comunicazione ed empatia
con l’infanzia, forse perche anch’essa non riesce mai a diventare
del tutto adulta. Entrambi sono considerati « innocenti», inco-
scienti, lontani dalle onerose e inquinanti responsabilita del potere.

30
La carita, raltruismo, la dolcezza esprimono l’amore per il
prossimo, la comprensione. Nel mondo occidentale il modello
a cui le donne sono rimandate e la Madonna, madre di Dio, che
con la sua misericordia si fa mediatrice fra cielo e terra. Per la
sua purezza, fede e obbedienza e stata scelta per generare il figlio
di Dio.
Questa figura e l’ideale proposto: custode dei valori piu sacri
della religione, dell’obbedienza, della virtu, essa protegge e garan-
tisce la continuity della famiglia e la societa che su di essa si
fonda.
Questa idealizzazione — complementare all’altra che fa della
donna rincarnazione del male — costituisce l’ideologia usata in
ogni tempo per mantenere e giustificare la divisione dei ruoli
e mascherare a ciascuno lo stato di subalternita del sesso femmi-
nile. Per l’uomo da luogo a una falsa coscienza che gli permette
di perpetuare la sua funzione di oppressore; per le donne costi
tuisce l’illusione che deve compensare tante rinunce.
Le ideologie dell 'am or cortese e dell’amore romantico sono un
esempio di tale idealizzazione: in questo modo l’effettiva disu-
guaglianza fra i partner e occultata e quasi capovolta. Per essere
degna della relazione con l’uomo e del suo vagheggiamento, la
donna deve essere sollevata al di sopra della sua « innata » infe
riority, quasi che l’uomo dovesse giustificare di fronte agli altri
il suo legame, la compromissione con un individuo tanto diverso.
II primo, il supremo valore attribuito alia donna, in cui il ma-
schio la vede incarnata e Yamore. In Grecia era rappresentato
da Afrodite; la sua amorevolezza e a un tempo ricettivita ed
eco, « amabilita » nel senso del favore e della possibility di darsi:
percio la parola vuole significare anche gratitudine e nella donna
significa precisamente il concedere cio che l’uomo amante brama.
La donna e portata a vivere l’amore come un’attivita che deve
compiersi nella subalternita: tutte le sue energie devono essere
tese a intuire in che modo soddisfare i desideri dell’uomo e quali
sono i suoi bisogni. La sua tensione erotica consiste nel vivere un
amore le cui direttive vengono da un altro.
Con la magia del suo corpo, con il tanto lodato « fascino fem-

31
minile » cerca di incatenare a se l’uomo. Questo e il senso piu
profondo dello c ha rm e femminile e di tutte quelle qualita cosi
volentieri lodate dall’uomo.
Dato che la donna vive l’autonomia del soggetto solo come
negativita della separazione, ma non come positivita dell’autode-
terminarsi mediante l’azione, diviene comprensibile come essa
finisca per essere appagata solo dal sogno di sprofondare, di estin-
guersi nella negazione di ogni differenza. E l’impossibile sogno
di completa identificazione.
Ma questa mistica e, in fondo, una negazione della vita. L’iden-
tificazione finale e ancora separazione, rinuncia, rassegnazione.
Dall’idoleggiamento della Dea dell’Amore all’esaltazione della
regina del focolare, le gradazioni sono molteplici, ma la nota domi-
nante e sempre la stessa. Relegata nel limbo della casa, una
donna diventa la fornitrice di energie emotive, il vaso da cui
l’uomo attinge attenzione, sicurezza, gratificazioni. Da quando
e nata le hanno assicurato che questo e il suo destino, cosi finisce
per convincersi che questa e anche la sua volonta.
L’amore della donna e il sostegno delle attivita maschili. Ma
questo amore e un amore « alienato », staccato, separato da chi
lo produce e non ne puo godere. E l’amore per l’uomo, per la
famiglia, per la casa, per la ricchezza, per Dio; ma non puo
mai essere amore di se. Non puo dare al soggetto che lo genera
la forza che ne scaturisce. E allora raggiunge i suoi destinatari
e fruitori con la violenza del bisogno e della dipendenza in cm
e concepito.
D’altro canto l’uomo ha cercato di sbarazzarsi di questa dimen-
sione dell’esistere. L’ha attribuita alia donna, facendone la depo-
sitaria, per non piu occuparsene. Egli esalta nella poesia, nei
romanzi il suo amore per la donna; la donna questo amore lo
vive. E cosi essa nel chiuso della casa allevando i figli, adornando
se stessa e la dimora, puo sentirsi indispensabile e quindi in qual-
che misura partecipe dell’impresa del maschio.
La mancanza di condizioni sociali propizie a una propria affer-
mazione diretta, induce in lei il bisogno di approvazione da parte
dell’uomo e la spinge verso uno stato di completa sottomissione

32
in cui l’amore giustifica la totale cancellazione della sua indivi-
dualita. La complementarita diventa rinuncia invece che realiz-
zazione del proprio desiderio per l’altro.
Non dimentichiamo che la donna non sceglie tanto un oggetto
di desiderio, quanto viene scelta, si fa scegliere come oggetto.
« La dove tale scelta viene fatta liberamente e fatta spesso
secondo un id e a te n arcisistico, ove l’ideale e q u e l pa rtico la re
uom o che la bambina aveva desiderato diventare » (Freud).
L’ideale narcisistico della donna e stato — e rimane — essere
l’uomo che avrebbe desiderato diventare. E pertanto lei si sce-
gliera (come) l’uomo che avrebbe voluto essere. La cosa soddisfa
sostanzialmente gli interessi dell’uomo, che in tal modo non
esce, idealmente parlando, dal proprio « genere ».
Tutto quindi contribuisce a spingere la donna a cercare realiz-
zazione e soddisfazioni attraverso la mediazione della figura ma
schile : dalla rinuncia a un ideale proprio, alia continua necessita
di legittimare la sua esistenza, lei appartenente a una casta infe-
riore, conquistandosi l’approvazione maschile.
Le donne ancor oggi vivono in un sistema di protezione; non
possono scegliere tra liberta e matrimonio, in quanto quelle che
rimangono senza un uomo sono nella stessa situazione degli
orfani, prive della protezione di un padrone e di uno status,
emarginate dal consorzio civile.
La continua dipendenza economica le mette in balia di questo
stato di cose: la sicurezza materiale e morale, una casa « pro
pria », la dignita di sposa... per lei amore e posizione sociale
devono rimanere inestricabilmente intrecciati.
« L’ininterrotta sorveglianza alia quale la donna viene sotto-
posta tende a perpetuare l’infantilizzazione delle donne, anche
in situazioni come quelle di tm’istruzione superiore. La femmina
e continuamente costretta a cercare la soprawivenza o il miglio-
ramento attraverso l’approvazione dei maschi, in quanto sono
quelli che detengono il potere. Puo far questo sia con la pacifica-
zione a prezzo di concessioni, sia con il baratto della propria
sessualita in cambio dell’appoggio e della posizione sociale ».15
In questo contesto si inserisce il suo incessante travaglio per

2 33
cercare di andare incontro ai bisogni di ciascuno: marito e figli
occupano costantemente la sua mente e le sue energie, la loro
riuscita e la loro felicita la riempiono, le loro preoccupazioni
e i loro progetti la fanno trepidare, i loro gusti e preferenze sono
a lei come a nessuno misteriosamente noti.
E percio conseguente che l’altra proprieta definita squisitamente
femminile, caratteristica peculiare, sia Yintuizione. Essa e il neces-
sario complemento di un essere dedito alia cura degli altri. La
donna sa intuire le cause recondite di un malumore, i desideri
inespressi, i malesseri dei bambini...
La comprensione che la donna ha dell’animo altrui, il suo
sapere, nasce da un processo inconscio attraverso il quale essa
fa propria, compenetrandola, l’esperienza soggettiva di un’altra
persona e in tal modo la comprende immediatamente.
La conoscenza diretta, s o phia la sapienza antica, immediata,
diversa dalla ragione discorsiva lo g o s, rappresenta un modo del
conoscere svalutato dalla nostra cultura, trascurato. L’averlo attri-
buito alle donne forse ha fatto dimenticare che ogni tipo di nuova
conoscenza ha alia sua origine un processo creativo, una scintilla
di originalita che si presenta istantaneamente alia nostra mente,
magari in maniera inattesa e non del tutto cosciente.
Questo patrimonio di intuizione, questa capacita di contatto,
la familiarita con i propri sentimenti e con quelli altrui, puo
significare nella donna una ricchezza di sensibilita, un’attenzione
sempre desta alle dimensioni sottili dell’esistenza. Se ciascuno
potesse recuperare in se questa facolta ora associata alia sotto-
missione e all’impotenza della condizione femminile, questo
potrebbe tradursi in una diversa consapevolezza della moltepli-
cita del reale e, aprendo la capacita di incorporare l’esperienza
altrui nella propria, dare luogo alia disponibilita e al rispetto nel
rapporto con i propri simili e con l’universo.
Tutti i valori attribuiti alia donna hanno una sequenza logica:
la pazien za, altro attribuito femminile, non puo essere che parte
integrante della vita di un individuo che vive in funzione degli
altri.
Nell’adempimento dei suoi compiti la donna si trova a dover

34
far fronte a difficolta che non riguardano direttamente la sua
persona (assistenza ai familiari, anziani, malati, disoccupazione
ecc.) e a ripristinare condizioni che vengono immediatamente
distrutte: il lavoro domestico in ogni sua componente e caratte
rizzato dal ripetersi di questo ciclo.
In questa situazione la donna sviluppa un involucro di rasse-
gnata pazienza (anche la rassegn azion e e un valore tipicamente
femminile. Che si puo fare se non rassegnarsi di fronte a tanti
eventi cosi estranei alia propria volonta?) che ha una sfumatura
di fatalismo.
Questa sua vita d’attesa e il bisogno represso di attivita e di
iniziativa, questa contraddizione sempre presente nella vita della
donna, la portano a crearsi strani rituali domestici, a obbligarsi
a compiere certi compiti per propiziare il verificarsi di un certo
evento desiderato. L’impotenza che essa sperimenta di fronte
a uomini e cose la costringe a vie traverse, astuzie e patetiche
finzioni per tentare di influenzare in una maniera qualsiasi gli
awenimenti, a esplicare un’attivita qualsiasi pur di far qualcosa.
Cosi essa finisce per sviluppare rituali curiosi, superstizioni stra-
vaganti che inficiano ulteriormente la credibility e la fiducia nella
sua capacita di giudizio.
Dice bene la De Beauvoir che nulla potra mai ricompensare
le donne delle ore che hanno passato ad aspettare, a spiare. Se
pure negli anni giovanili la fanciulla e stata impaziente, vivace,
desiderosa di attivita, nei lunghi anni del matrimonio, della
gravidanza, dell’allevamento dei figli, la donna impara doloro-
samente e forse scivolandovi lentamente, che l’unico mezzo che
le e offerto per soprawivere e la pazienza.
Ma spesse volte la vita della casalinga moderna, della « donna
borghese » che giunge al matrimonio dopo aver ricevuto una
istruzione e dopo aver goduto nell’adolescenza di una certa liberta
e iniziativa, si configura veramente come un deserto, reclusione in
un triste campo di concentramento, alle prese con compiti « irri-
levanti » privi di un qualunque riconoscimento, in una desolante
monotonia che apre per lei un baratro di vuoto in cui si intra-
vede rannullamento.16

35
L ’effetto della frusta

« I raffronti (...) tra le caratteristiche attribuite ai negri e alle


donne, rivelano che ropinione generale assegna gli stessi tratti
agli uni e alle altre: un’intelligenza inferiore, una capacita di
godimento istintiva o sensuale, una natura emotiva, insieme pri-
mitiva e infantile, (...) il contentarsi della loro sorte, che sarebbe
una prova della sua opportunita, una scaltra abitudine all’ingan-
no, e la tendenza a celare i propri sentimenti. Entrambi i gruppi
sono costretti alle stesse tecniche accomodanti: a modi vezzosi
o supplici escogitati per piacere, alia tendenza a studiare quei
punti deboli nei quali il gruppo dominante e soggetto a lasciarsi
influenzare o corrompere, e a una simulata aria di debolezza che
implica insincere richieste di direttive mediante un’ostentazione
di ignoranza ».17
Al « perfido consiglio » di Nietzsche « quando vai da una donna,
non dimenticare la frusta », Adorno contrappone che « la donna
e gia Yeff ett o della frusta ». « Quel tipo di femminilita che si
richiama all’istinto e proprio cio a cui ogni donna deve costrin-
gersi con la violenza: con violenza maschile. Le femminucce
sono degli omiciattoli. (...) La vera liberazione della natura
sarebbe la fine della sua fabbricazione artificiale. La glorificazione
del carattere femminile implica rumiliazione di chiunque lo pos-
siede »,18
Le esigenze affettive vitali emotive della donna diventano il
marchio della sua debolezza; contrapposte alia efficienza, alia
logica e produttivita di cui il maschio si fregia, attribuendo
valore civile e culturale ai suoi gesti di dominio e di sopraffa-
zione.
La, seppur sottile, reiterata incessante implicazione della sua
inferiorita finisce per impregnare la donna di un vago senso di
disprezzo per se stessa, per le sue simili e per tutto cio che le
concerne. L’autodenigrazione, l’auto-odio accompagnano il so-
spetto tormentoso che quanto si dice sulla sua inferiorita possa
tutto sommato essere vero.
E questo paradossalmente puo portare a non riconoscere come
subordinata la propria posizione e a negare ogni problema.

36
D ’altronde essere femminile e il fine a cui ogni donna deve
tendere, e la meta che ognuna deve perseguire.
Ogni qualvolta una o molte donne hanno cercato di indivi
d u al e far valere le loro vere esigenze e il loro desiderio di
liberta, hanno incontrato ostacoli insormontabili.
L’uomo vive nel « sociale ». Questo ambito e quello che lo
definisce, e il teatro delle sue « imprese ». La storia ne registra
il divenire. La donna e fuori dal succedersi degli awenimenti;
vive la ripetitivita dei gesti quotidiani. Chiusa nell’« interno »,
e adibita alia ricostruzione di cio che sara subito distrutto, e che
e insostituibile supporto e presupposto dell’esistenza: statico
rituale senza « storia ».
« La storia come riflessione degli uomini sul proprio passato,
e sostanziata da cio che questi stessi uomini ritengono importante,
e specchio dei loro valori e dei loro ideali ».19
Ci sono stati momenti in cui alcune hanno cercato di « uscire »,
per opporsi e affermare i loro diritti. Ogni volta esse si sono
scontrate con un ostinato rifiuto, ogni volta gli argomenti usati
per respingerle sono stati i medesimi: il pregiudizio sessuale non
ha storia.
Le tracce di queste battaglie sono state disperse. I segni rimasti
sono in genere ignorati. Eppure dalla secolare persecuzione delle
streghe, a personaggi come Olympe de Gouges, alle Suffragette,
le forme di repressione hanno preso gli aspetti piu crudeli e vio-
lenti, fino alio sterminio.20
Non entrano neppure a far parte della Storia awenimenti con-
siderati « privati»: le adultere ammazzate, le figlie chiuse in
convento perche dimostravano un temperamento insubordinato,
ragazze-madri scacciate di casa, ecc., tutta una serie di « strani»
personaggi che costellano anche la nostra cronaca e che non
vengono mai considerati come la conseguenza della brutalita di
un gruppo sull’altro.
D’altra parte anche quelle che non vengono con la forza ricon-
dotte all’«ordine», si trovano private di ogni immagine, lin-
guaggio, punto di riferimento; abbandonate di fronte al vuoto,
la paura, l’oscurita, l’ignoto, la minaccia. La mancanza di punti

37
di riferimento (l’esperienza delle altre che anche loro hanno
« tentato » qualcosa e accuratamente tenuta celata a ognuna)
da sgomento e pud condurre a « stranezze » che vengono inevi-
tabilmente interpretate come patologiche.
Di fronte a questi tentativi di trovare delle « aperture », di
infrangere la fissita del modello per crearsi degli spazi possibili,
la cultura maschile e intervenuta con la consueta autorita, facendo
parlare i suoi protagonisti a nome della psicologia, della filosofia,
della biologia, delle scienze e delle religioni, per condannare la
devianza e 1* insubordinazione e ristabilire la norma, magari
aggiornata con la ratifica di qualcuna delle conquiste a mo’ di
benevola concessione.

Note
1 E. Sullerot, La donna e il lavoro, Etas Kompass, Milano, p. 256.
2 Ib id ., p. 15.
3 Ibid ., p. 24.
4 Aa. Vv., La coscienza d i sfruttata, Mazzotta, Milano, pp. 137-138.
5 S. Nozzoli, D onne si diventa, Vangelista, Milano 1973, pp. 70-71.
6 S. De Beauvoir, 11 secondo sesso, II Saggiatore, Milano 1965, vol. I, pp. 62-63.
7 Per la sviluppo di questa temadca rimandiamo all'esauriente analisi di Elena
Gianini Belotti, che nel suo Dalla parte delle bambine illustra le modalita
della formazione differenziata di maschi e fern m ine a opera degli educatori.
8 I. Magli, Matriarcato e potere delle donne, Feltrinelli, Milano 1978, p. 21.
9 S. Nozzoli, op. cit., p. 67.
10 Ibid., p. 68.
11 E. Harding, I misteri della donna, Astrolabio, Roma 1973, p. 44.
12 L. Irigaray, Cost fan tutte, in « V el», 11 godimento e la legge, Marsilio, Pa
dova 1975, p. 125.
13 L. Irigaray, Speculum, Feltrinelli, Milano 1975, p. 108.
14 S. Firestone, La dialettica dei sessi, Guaraldi, Firenze 1971, p. 138.
15 K. Millet, La politica del sesso, Rizzoli, Milano 1972, p. 77.
16 Si veda a questo proposito l’acuto studio di Betty Friedan che nella Mistica
della femminilitd descrive e denuncia la terribile situazione della casalinga
media americana negli anni 60.
17 K. Millet, op. cit., p. 80.
18 T. Adorno, Minima Moralia, Einaudi, Torino 1954, pp. 88-89.
19 I. Magli, La donna un problema aperto, Vallecchi, Firenze 1974, p. 4.
20 Alla ricerca di queste orme si muove il nostro saggio L’altra faccia della storia
(quella femm inile).

38
II
Una culture « naturale »

La femminilita e una sorta di Giano bifronte: da un lato e un


patrimonio innato nelle donne, radicato nella loro specie, consi-
derato dato immutabile, appartiene a ognuna come natura e
come destino: violarla e aberrazione, scelleratezza contro-natura.
Dall’altra parte appare come il fine, la meta ultima della
donna, Faspirazione obbligatoria (appunto in quanto « natura
le »), il « dover essere » a cui il divenire di ogni donna per
definizione tende. Meta inesauribile di uno sforzo che non per-
mette distrazioni ne riserve, stile di vita e Weltanschauung, pro-
posta e imposta con ogni mezzo nei suoi continui aggiornamenti
e nella sostanziale immutabilita.
Ai tempi nostri la stampa specializzata, la pubblicita, il cinema,
la letteratura, l’« educazione » scolastica sono i persuasori non
troppo occulti indaffarati a riecheggiare, con strumenti adeguati
al progresso tecnologico e all’esplosione demografica, il sempre
identico messaggio. La cultura si vuole « natura », sostanza in-
trinseca, differenza insormontabile. La donna e costretta a riac-
cettare in termini culturali quello da cui in ogni caso e determi-
nata perche « dato » naturale.
La contraddizione implicita nel proporre la « femminilita»
contemporaneamente come dato di natura — quindi ci si aspet-
terebbe, attributo inalienabile — e come fine, come obiettivo
da raggiungere, non sembra indebolire Fefficacia di questo « mes
saggio », ne mettere in guardia sul suo carattere strumentale
e mistificante. Anzi l’ambivalenza conferisce capacita persuasiva
al « valore femminile », l’aspetto proteiforme lo rende sfuggente
alia disamina razionale e critica.
II modello femminile non e qualcosa che abbia un fondamento
preciso, una congruenza o un riscontro sul piano logico; la sua
efficacia sta nella complessita delle reazioni emotive che e in
grado di suscitare, nella risonanza inconscia. Oltre che nelle san-
zioni che vengono messe in atto contro chi tentasse di sottrarsi...
La connotazione di scarsa razionalita, ma caratterizzata da effi-

39
cacia espressiva ed emotiva, e perfettamente omogenea a cio che
vuole comunicare e alle pretese caratteristiche della destinataria
d’elezione, la femmina, che in essa trova riflessi i suoi tratti in-
cancellabili. Come abbiamo visto, mentre l’uomo si e riservato
l’ambito del razionale, ha attribuito alia donna un’affinita con
quanto di piu illogico, prelogico e « primitivo » ha incontrato
nel corso delle sue esperienze.
« L’atto cosmogenico del Logos e il matricidio» (Jung). La
divisione fra maschile e femminile passa attraverso il taglio aperto
dall’operazione simbolica. Cosi le figure della differenza dei sessi
sembrano corrispondere a opposizioni persistenti attraverso la
varieta delle culture; uomo/donna e la binarita di base a cui
corrispondono i poli della scissione del simbolico, che hanno dato
luogo a una serie di dicotomie: il caos, il disordine, l’anormale,
l’incostanza, la lunaticita e anche il sensibile sono solidali con la
donna (Yin); invece la permanenza, l’ordine, l’organizzazione,
la legge sono dalla parte dell’uomo (Yang).
« Al di la o prima di qualsiasi simbolicita concreta, la di ff e
ren za d e i sessi e il sim b o lic o d e l sim b o lico . Essa viene a trovarsi
in posizione tale da significare questa scissione introdotta dalla
facolta di simbolizzazione » }

Qui la rappresentazione del modello avviene in una forma che


direi quasi « mitica »; la piu potentemente e occultamente attiva
anche nella nostra societa che si pretende raziocinante.
Come i miti, ha origini remote, si esprime celando la verita per
cui e nato; ha un nucleo di immutabilita, tuttavia proteiforme,
che sfugge alle definizioni.
II mito non da una spiegazione in termini di logica. Si muove
in un ordine speciale di realta particolari del pensiero dogmatico
e attraverso la rappresentazione evocativa contiene piuttosto una
garanzia della sua efficienza magica, documento della sua segreta
natura tradizionale, che non una risposta ai « perche ». I suoi
contenuti condizionano il comportamento, rievocando ed esten-
dendo l’influsso del passato sopra il presente, in modo da assu-
mere uno straordinario valore normativo.

40
II mito e la parola divenuta atto, parola potente. II mito e prima
di tutto una parola pronunciata, che, ripetendosi, possiede la
potenza « decisiva » : « la parola mitica decide della vita, la fa
sorgere, afferma, crea, costituisce la realta ».2 Percio deve essere
ripetuta sempre uguale.
Jung ha sottolineato che miti e rituali rappresentano il pro-
dotto della fantasia del gruppo, che in essi proietta processi in-
consci e realta psicologiche p e rc epite a livello d’intuizione. Le
favole del mito sono elaborate e regolate dall’opera e dalla
riflessione collettiva. Prosperano sull’assenso rinnovato delle gene-
razioni, che conferiscono loro un nuovo significato, mediante un
processo creativo autonomo e un’accettazione collettiva.
Efficaci a livello inconscio, esse vanno a sfiorare l’intuizione, il
sentimento, l’immaginazione; costruendo una stratificazione pro-
fonda della psiche.
« Non e semplicemente la societa a modellarsi secondo i miti
idealizzati, ma e anche l’individuo, inconsciamente, a strutturare
il proprio interno clamore di identita secondo i termini del mito
prevalente. La vita produce quindi il mito e poi lo imita ».3
Esso non solo e inserito in una struttura sociale ma la rappre-
senta. II mito ha una funzione fondamentale a livello della ela-
borazione culturale: e uno strumento di comprensione e spiega-
zione del reale dove piano affettivo, artistico e religioso si fon-
dono ad esprimere una verita essenziale che da significato e
direzione alia propria vita e a quella del gruppo.
« E sempre difficile descrivere un mito; non si lascia cogliere,
ne limitare, perseguita la coscienza senza mai collocarsi davanti
ad essa come un oggetto definito. Questo e cosi ondeggiante,
cosi contraddittorio e paradossale, che e difficile afferrarne subito
l’unita: Dalila o Giuditta, Aspasia o Lucrezia, Pandora o Atena,
la donna e insieme Eva e la Vergine Maria. E un idolo, una
schiava, la sorgente della vita, una potenza delle tenebre; e il
silenzio elementare della verita, e artificio, chiacchiera e men-
zogna; e la preda deiruomo e la sua confusione; e tutto cio che
egli non ha e che vorrebbe avere, la sua negazione e la sua ragion
d’essere.

41
« La sua ambiguita e l’ambiguita stessa dell’idea dell’Altro: e
quella della condizione umana in quanto si definisce in rapporto
con l’Altro. (...) Questa e la ragione che impedisce alia donna
di incarnare un concetto stabile ».4
La femminilita e fine a se stessa; nel realizzarla sta lo scopo e
la massima aspirazione possibile per la donna. Invece l’evolu-
zione, il progresso, il lasciare alle spalle l’origine (passato del-
lumanita = « selvaggi », la madre, l’infanzia), lo staccarsi dalla
naturalita e superaria e il senso fondamentale del modello ma-
schile. Nella/per la donna invece la natura diventa valore asso-
luto, diventa sacrosanta intoccabile, merita rispetto e devozione;
la determinazione biologica si vuole scopo della vita.
Si potrebbe dunque immaginare che la femmina rappresenti
l’aspetto per cosi dire « ecologico » dell’umanita, finalmente il
punto di rispetto verso l’ordine naturale nella sua considerazione
positiva, il luogo dove la violenta fantasia tecnologica si e fer-
mata rispettosamente per riflettere, forse per vedere e meditare.
Ma saremmo tratti amaramente in inganno. Essa non esige ri
spetto, ma merita disprezzo; e umiliante e spregevole; ma cio
non di meno doverosa.
Dunque questa « natura » che viene violentemente attribuita
alle donne, non assomiglia certo a qualcosa di spontaneo e ori-
ginario. Anzi da che mondo e mondo e proprio il luogo ove si
sono stratificate tutte le fantasie, ricettacolo delle proiezioni di
coloro che hanno dovuto distruggere in se stessi il rapporto con
la matrice.

Dalla parte della natura

Nel patriarcato la femmina non si e inventata i simboli che


la descrivono.
« Ogni mito implica un soggetto che proietti speranze e timori
su un cielo trascendente. Le donne, impotenti a porsi come
soggetto, non hanno creato un mito virile in cui si riflettono i
loro disegni; non hanno una religione o una poesia che appar-
tengono a loro in proprio; sognano i sogni degli uomini. (...)

42
L’asimmetria delle due categorie, maschio e femmina, si mani-
festa nell’aspetto unilaterale dei miti sessuali ».5
La donna appare collegata al cosmo, all’aldila, alia natura crea-
trice, alia p e rio dic ita che l’accomuna a tutto l’universo, garante
di quella piu vasta periodicita che caratterizza le forze della
natura. L’esempio piu remoto di questa correlazione e quello con
la luna: fin dai primordi le fasi lunari erano state connesse con
i cicli della donna in base ai quali si era cominciato a scandire
il tempo. La luna era considerata una presenza benefica, indi-
spensabile per la crescita, in quanto fa germinare i semi, crescere
le piante, partorire gli animali e le donne. Le donne quindi erano
poste sotto la sua protezione, in quanto con essa hanno in comune
il potere di generare e di far crescere ogni cosa e persona. Per
le sue caratteristiche fisiologiche la donna e « dalla parte della
natura », e ne costituisce il « segno ».
L’immagine della donna e primaria nell’organizzazione delle
culture e le analogie fra ambiente, natura, cosmo che venivano
via via scoperte sono state interpretate attraverso le immagini e
i significati, reali o simbolici, di cui la donna era stata investita.
Essa esprime il p rima dell’uomo, Yal di la dell’uomo; e quindi
vicina al sacro, ed e partecipe della sua ambivalenza.
Si chiarira meglio in seguito questa primarieta dei significati
simbolici della donna, base della creazione culturale, anche in
relazione alia sua condizione di oggetto archetipico dello scam-
bio e dell’associazione fra gli uomini.
La comparsa del linguaggio e la frattura con la natura sono
connesse all’emergere del pensiero simbolico. Questo pensiero
e gia maschile. Confinando le donne nella regione dei beni e
delle risorse, le converte in segni, in emblemi atti a celebrare la
reciprocita e la comunicazione, instaurando simultaneamente con
esse, in quanto estranee e inferiori, una relazione di non recipro
cita e non comunicazione.
Espropriate della lo ro capacita di « significare », le donne di-
vengono contemporaneamente « segno » e « non senso ». L’uomo
attraverso il lavoro, la tecnica, il linguaggio, la cultura vuole
raggiungere una posizione di dominio sulla natura, trascenderla,

43
e utilizzando le sue forze ai propri fini, porsi fu o ri di essa. II
distacco dal simbolico, consono alia divisione significante della
parentela nella riproduzione (cfr. paterialismo e concezione), ha
l’effetto di scindere la potenza materiale in due elementi: la
modalita informatrice organizzante, astratta, viene attribuita a
una « ragione » separata e superiore, maschile; mentre la mate-
ria-madre-natura, esclusa da ogni creativita, viene ridotta a so-
stanza neutra, supporto impotente, riflesso negativo del padre,
fuori valore e fuori senso.
Emettitrice di segni naturali la donna appartiene dunque alia
natura. Ma non e la natura che la pone come oggetto o segno,
bensi la societa che la mette in condizione di svolgere questa
funzione.
« La natura e dialetticamente opposta alia cultura, ma ne e al
tempo stesso la base imprescindibile, per cui ogni manipolazione
culturale viene percepita come ’’colpa”, e come rischio di cui
bisogna assicurarsi l’esito ».6
La donna per questa sua caratteristica di essere « naturale » e
rischiosa per l’uomo, che deve cercare di assoggettarla e tenerla
sotto controllo. (Da qui la necessita di edu care le donne, cioe
« formarle », renderle « morali », senza pero permettere loro di
acculturarsi troppo, che questo, si sa, sarebbe di ostacolo all’a-
dempimento del loro compito naturale. E tuttavia non bisogna
lasciarle del tutto rozze e istintive: rimanendo troppo dalla parte
della natura potrebbero sfuggire al dominio dell’uomo e diven
tare un pericolo).

II carattere « sacro » di cui e investito uno dei due sessi, ren-


dendolo temuto all’altro apre un vuoto fra di essi. Le donne por-
tatrici di un potere in qualche modo isolante, rappresentano una
minaccia e in conseguenza di cio sono tenute lontane dagli
uomini. Abbiamo detto che la donna e « periodica » : il suo ritmo
mensile assicura la possibilita della vita e allude alia morte.
Questo induce ad attribuirle una « potenza » che evoca di volta
in volta significati distruttivi o passivi connessi alia fertilita.
L’ambivalenza che accompagna costantemente la connotazione

44
di questo potere non puo farci dimenticare il significato fonda-
mentalmente malefico attribuito alle mestruazioni: il sangue
mestruale e tendenzialmente veleno, anche quando e usato come
farmaco. La pericolosita della donna si accentua dunque durante
il ciclo e durante tutti i momenti in cui la sua specificita ses-
suale si fa piu evidente (puberta, gravidanza).
I tabu riguardanti il sangue mestruale sono assai diffusi e indu-
cono gli uomini a tenere le donne separate, dando luogo a una
specie di segregazione sociale di meta dell’umanita. L’evento delle
mestruazioni deve rimanere generalmente clandestino, basti pen-
sare al fatto che costantemente, in ogni ambiente e in ogni paese,
per fare riferimento ad esse si usano perifrasi piu o meno allu
sive : « the curse » la maledizione, dicono gli anglosassosi, « les
regies», «fleurs», «zie», «marchese», «rincomodo», « i
miei disturbi»... Diffusa in tutto il mondo e la sensazione che
le funzioni sessuali delle donne siano impure. La donna gravida,
rallattamento suscitano imbarazzo e malcelata ripugnanza. II
parto e tradizionalmente circondato da severi tabu: presso molte
tribu le donne si ritirano in luoghi lontani dal villaggio, e prima
di ritornare ad essere ammesse nella comunita devono dedicarsi
a pratiche purificatorie. (Cosi era previsto in tempi assai recenti
anche dalla religione cattolica). Tale e l’orrore dell’uomo per
la sua origine carnale.
« Lo scopo inconfessato di questi pregiudizi e di assicurare
l’integrita e il dominio di un gruppo, di operare rigide discri-
minazioni fra il simile e il diverso ».7
Legata al mistero della natura naturans, la figura femminile,
segno e simbolo del mondo, della natura, di un altro da se,
riveste un carattere per cosi dire religioso.
Anche laddove una cultura si organizza esplicitamente su signi-
ficati e simboli femminili, non e mai la donna stessa ad esserne
creatrice; invece e l’immagine che l’uomo si e fatto di lei che si
rispecchia nella cultura.
In localita in cui era riconosciuto il culto di divinita femminili,
queste si sono configurate sempre secondo lo schema Madre-
Fecondita-Morte in tutte le sue possibili varianti. II tema della

45
maternita, della fecondita, e cosi legato alia vita, al significato
della vita e alia riflessione sulla morte, che ha indotto l’uomo a
proiettare sulla donna significati trascendenti, colorati da timori
e speranze. II pericolo non e mai completamente fugato; la co-
scienza dell’Altro, del Diverso non e mai del tutto sopita, e il
sentimento inconscio di una violenza atavica esercitata sulla don
na non permette di viverla con totale tranquillita. Da questo
complesso groviglio di sensazioni e di rapporti scaturisce la am-
bivalenza che permea di se ogni pensiero sulla donna.
La donna ricorda all’uomo la sua origine, il suo passato, il domi-
nio illimitato della natura. II potere della Grande Dea e sempre
carico di ambivalenze: creatrice e ugualmente distruttrice, luce
e tenebra pietosa e crudele. La semplice evocazione della Terra
Madre, inizio e fine del destino umano suscita turbamento e
paura.
L’importanza centrale attribuita a queste divinita (Isthar, Ci-
bele, Demetra, Artemide, Iside...) ha fatto dire a certuni (Brif-
fault ecc.) che questi culti testimoniano un’epoca di predominio
del sesso femminile nella societa che definiscono « matriarcale ».
Si ritiene che una religione femminile, ctonica, terrestre o lunare
e il dominio politico delle donne siano associatL Ma non c e
nessuna evidenza storica di cio. II culto della Dea Madre e una
realta contemporanea al potere maschile. E l’immagine della
donna mediatrice col trascendente e testimoniata nelle societa
piu diverse, a prescindere dalle loro strutture sociali ed econo-
miche.
« Quell’immagine femminile che Bachofen intravede come in
uno specchio, nella cultura non ha dunque nulla a che fare con
la condizione reale delle donne in quanto ’’soggetti”, ma e vice-
versa il riflesso della loro condizione nello spirito maschile crea-
tore della cultura ».8
A noi sembra che proprio dall’aspetto misterico di questi culti,
dall’ambiguita, dall’oscurita dell’evocazione, la glorificazione dei
valori della femminilita rifletta il sentimento dell’Altro, del Di
verso, misto di rispetto e timore. L’uomo non riesce a spec-
chiarsi nella sua compagna, non riesce ad esaurirla nella ripro-

46
duzione della sua immagine. Questo scarto e proprio ci6 che
piu potentemente lo sgomenta e travaglia la sua immaginazione:
il legame con l’infinito, il suo scandire — come la luna — il
ritmo del tempo, la capacita di trasformare, di provocare la
crescita.
« L’ambiguita delle immagini delle dee, di volta in volta bene-
fiche o malefiche, testimoniano in maniera abbastanza evidente
che il loro significato e ’’proiettato” da un punto di vista ma-
schile, da chi non detiene la potenza della vita, la potenza della
morte, e della vita al di la della morte, la fertilita ciclica e la
periodicita cosmica, e tende ad impadronirsene attraverso il con-
trollo culturale e magico ».9
La donna, come esperienza interiore, non vive i suoi doni come
dotati di una carica di drammaticita cosi tremenda. La vita e una
sua dimensione esistenziale: la porta con se, la conosce come
una sua parte, la vive con fiducia e dimestichezza. E sa anche
che la morte e un aspetto della vita, di fronte a cui mantiene una
serenita ispirata da profonda pietas.
« Le strutture simboliche riferentisi alia femminilita, che reg-
gono la creazione culturale, appaiono come maschili in base
all’ambivalenza che le caratterizza, e che le qualifica chiara-
mente come ’’proiezioni” di chi, vivendo, ’’guarda” alia donna
come oggetto di conoscenza e come strumento di mediazione po-
tente con cio che non conosce e che non possiede. (...) La donna,
anche se dea, appartiene al mondo della natura, in cui l’uomo
e soltanto l’uomo, che si e impadronito della conoscenza e della
cultura, l’ha collocata ».10

Mitologica

Tutti conosciamo l’antichissimo insegnamento secondo cui la


sofferenza come punizione e venuta al mondo per mezzo della
donna.
Abbiamo visto come la donna incarni per l’uomo il Diverso,
l’Altro; e come questo diverso assuma il carattere di un potere

47
oscuro e ambivalente che contiene sempre qualcosa di scono-
sciuto e inquietante.
II diverso rappresenta per il soggetto un pericolo, la possibility
di una sfida, le difficolta di un confronto, l’eventualita di una
sconfitta, il timore della perdita dell’identita.
Forse per questo cio che e definito « diverso » dal valore domi-
nante e sospetto, tenuto in disparte, e considerato portatore del
Male. Chi ha il potere teme di perderlo e libera questa angoscia
proiettando l’aggressivita sull’altro. Gli Ebrei, i Negri sono fra le
vittime storiche di questa persecuzione. Le donne, che rappre-
sentano l’archetipo del Diverso, che evocano il pensiero della
contingenza umana, sono identificate con l’ordine e l’awento del
Male e della Morte.
Secondo le piu diverse mitologie male, peccato e morte sono
stati introdotti nel mondo da una donna.
Nel mondo ellenico questa figura e rappresentata da Pandora
(colei che porta tutto). Racconta Esiodo ne L e o p ere e i gio r n i:
« Fino allora viveva sulla terra, lontana dai mali, la stirpe mor-
tale, senza la sfibrante fatica... Ma la donna, levando di sua
mano il grande coperchio del pith os, disperse i mali, preparando
agli uomini affanni luttuosi ».
In quel vaso misterioso, il pith o s , erano relegati fino a quel
momento i mali. Pandora, fatta di terra e di acqua, bella, « con
un animo di cagna e futili idee », e mandata sulla terra a Epi-
meteo per punire gli uomini del possesso del fuoco. Ma che cosa
e questo pith o s ? Nella vita quotidiana era il vaso in cui i Greci
tenevano i semi e le ceneri dei morti, simbolo quindi della
Madre Terra. Pandora, come Eva, viene a far conoscere all’uma-
nita il ciclo della vita e della morte. Talvolta e Epimeteo che
apre il vaso, rappresentazione simbolica della prima penetra-
zione.
Ma perche il male degli uomini e collegato al possesso della
donna? La sessualita vissuta dall’uomo in modo violento, la vio-
lenza fatta alia donna col possederla, crea una paura di rappre-
saglia.

48
La donna e la Natura, la Madre, la matrice di vita identificata
con le cose sacre e il sacrilegio e profanazione del divino. « La
societa primitiva pratica la propria misoginia in termini di tabu
e di man a che danno luogo a un mito esplicativo. Nelle culture
storiche cio si tramuta in razionalizzazioni etiche, quindi lette-
rarie, e, nel periodo moderno, scientifiche, della politica ses-
suale. (...) La religione e l’etica patriarcale tendono ad accomu-
nare la femmina e il sesso, come se l’intero fardello delle respon-
sabilita e del marchio d’infamia che attribuiscono al sesso esi-
stesse per colpa della sola femmina. Per conseguenza, il sesso
che, si sa, e impuro, peccaminoso e debilitante, riguarda le fem-
mine, mentre l’identita del maschio e preservata come identita
umana anziche sessuale.
« Nel racconto di Esiodo, Zeus, una figura paterna acrimoniosa
e arbitraria, inviando a Epimeteo il male sotto forma di genitali
femminili, in realta lo castiga per conoscenze e attivita etero-
sessuali adulte. Aprendo il ricettacolo che ella porta (la vulva o
l’imene, il ”vaso” di Pandora) il maschio soddisfa la propria
curiosita, ma fa la scoperta soltanto punendo se stesso per mano
del dio padre con la morte e con le calamita assortite dei pec-
cati successivi ».u
La figura di Eva, come quella di Pandora, conserva, alteran-
done la connotazione, i caratteri di una dea della fertilita. II
racconto di Adamo ed Eva allude a vari temi: il rapporto etero-
sessuale, la perdita della felicita primordiale, la morte e la prima
esperienza consapevole in fatto di conoscenza.
Tutti i patriarcati hanno circondato la verginita e la deflora-
zione di un’ambivalenza problematica: da un lato e un bene
misterioso, dall’altro rappresenta un male ignoto legato al man a
del sangue.
E interessante notare che Eva e ancora vergine. Essa disobbe-
disce, e — dato che, come sappiamo, lobbedienza della donna
e necessaria per il mantenimento dell’ordine dato, dell’ordine
naturale — fa cosi entrare nel mondo la morte. « La possibilita
di salvezza e data da Maria che, in quanto donna, ristabilisce

49
l’ordine con l’obbedienza della fede, cosa che (...) sta a significare
appunto un’obbedienza senza domanda e senza conoscenza, dato
che la ’’curiosita” del sapere e gesto culturale, proibito alia donna.
(...) La storia teologica della figura di Maria e appunto la storia
di questa drammatica conflittualita, in cui convergono, senza
riuscire a ricomporsi unitariamente, da una parte i rigurgiti di
tutte le immagini femminili divine legate alia natura e ai cosid-
detti culti della Madre (...), e dalTaltra 1’ ’’annientamento” indi-
spensabile della ’’potenza” femminile, richiesto da una religione
centrata su un unico Dio Creatore e Padrone della Natura »,12

II timore della donna da voce a un’altra serie di mid ricorrenti;


quelli riguardanti gruppi femminili che vivono fra di loro in
luoghi appartati (isole, valli ecc.). Note come Amazzoni, che in
armeno vuol dire donna-luna, erano sacerdotesse armate della
dea. Loro tracce si trovano nei miti di ogni parte della terra.
Teseo, innamoratosi della loro regina Ippolita, la porto dal Mar
Nero fino ad Atene. Famoso e il lungo assedio che in questa
circostanza le Amazzoni cinsero intorno alia citta. La nona fatica
di Ercole fu di conquistare la cintura, la collana e l’ascia bipenne
(simbolo della dea Madre) di Ippolita, e di sterminarne il popolo.
Si dice che furono loro a fondare le citta di Smime, Efeso e Ci-
rene. Coraggiose e temibili guerriere, la loro fama di crudelta
incute timore.
« Eroe » era definito colui che sconfiggeva le Amazzoni in bat-
taglia, riuscendo a sposarne la regina. II diadema del re origi-
nariamente simboleggiava il diritto di avere rapporti sessuali con
la regina, ottenendo la vittoria sulla sua verginita. Le battaglie
delle Amazzoni, vere o simboliche che fossero, rappresentano in
forma leggendaria i segni di un conflitto mai placatosi fra i
sessi: l’autonomia della parth en os e vista come una sfida, come
una pericolosa minaccia al predominio della legge del padre.
Queste donne appaiono terribili, crudeli, indomite; la loro fine
non e mai la sottomissione, ma la strage e lo sterminio.
Prototipo di un’umanita femminile indipendente e non merci-
ficata, che rifiuta di servire da tramite dello scambio fra gli

50
uomini, la donna che sceglie, la donna soggetto, e sempre pre-
sentata come qualcosa di abnorme. La ribellione delle donne
e complicity col diavolo, criminalita, follia. II mito, paradigma
della realta, tenta di esorcizzarne il pericolo.

Note
1 J.J. Goux, Materia, differenza dei sessi, in « Vel ?>, Materia e pu lsion e di morte,
febbraio 1975.
2 I. Magli, Potenza della parola e silenzio della donna, in < DWF », 1976,
n. 2, Bukoni, Roma.
3 J. Bruner, Mith and Identity.
4 S. De Beauvoir, op. cit., I parte, pp. 190-191.
5 Ibid., p. 190.
6 I. Magli, op. cit., p. 69.
7 S. Moscovid, La societd contro natura, Ubaldini, Roma 1973, p. 234.
8 L Magli, Matriarcato e potere delle donne, Feltrinelli, Milano1978, p. 30.
9 I. Magli, op. cit., p. 75.
10 Ibid., pp. 74-75.
11 K. Millet, op. cit., pp. 72-73-74.
12 L Magli, op. cit., pp. 78-79.

51
origini
I
La famiglia fra struttura e sovrastnittura

Parlando della donna non si puo esimersi dal parlare della


famiglia in quanto spazio d’iscrizione della sua vita e delle sue
attivita, e punto cruciale della sua identificazione.
Tutto do che si svolge nella famiglia sembrerebbe avere un
aspetto molto accessibile, aperto, semplice e spontaneo, « dome-
stico » per Fappunto; ogni cosa vi sembra chiara. In realta essa
serve a delineare un fitto tessuto simbolico: « zona di ’’riserva”,
densa di divieti, di restrizioni, di pericoli, di conflitti e di ten-
sioni; zona del tabu quindi, nella sua duplice accezione di zona
sacra e intoccabile e di zona impura ».
Le funzioni a cui questa istituzione assolve sono quelle di pro-
teggere e garantire un modo di produzione e riproduzione della
vita immediata, presupposto determinante della storia.

Ponendo le basi di quello che costituira il materialismo storico,


Marx neQ’Id e o lo gia T ed esc a prende in esame il processo della
storia e innanzitutto sente il bisogno di esporre e chiarificare
quali sono i suoi p resu pposti, doe le condizioni necessarie per-
che l’esistere e gli eventi umani possano verificarsi.
« Ma il vivere implica prima di tutto il mangiare e il bere,
l’abitazione, il vestire e altro ancora. La prima azione storica e
dunque la creazione dei mezzi per soddisfare questi bisogni, la
produzione della vita materiale stessa, e questa e precisamente
una azione storica, una condizione fondamentale di qualsiasi
storia >.2
« II secondo punto e che il primo bisogno soddisfatto, l’azione
del soddisfarlo e lo strumento gia acquistato di questo soddisfa-
cimento portano a nuovi bisogni: e questa produzione di nuovi
bisogni e la prima azione storica ».
« II terzo rapporto che interviene fin dalle prime origini nello
sviluppo storico, e che gli uomini, i quali rifanno ogni giorno la
loro propria vita, cominciano a fare altri uomini, a riprodursi,
e il rapporto fra uomo e donna, fra genitori e figli: la fam iglia ».4

55
« La produzione della vita, tanto della propria nel lavoro quanto
della altrui nella procreazione, appare gia in pari tempo come
un duplice rapporto: naturale da una parte, sociale dall’altra,
sociale nel senso che si attribuisce a una cooperazione di piu
individui (....) Appare gia dunque, fin dall’origine, un legame
materiale fra gli uomini, il quale e condizionato dai bisogni e
dal modo di produzione ed e antico quanto gli stessi uomini; un
legame che assume sempre nuove forme e dunque presenta una
storia .
99 ' ______• 99

(...) Solo a questo punto, dopo avere gia considerato quattro


momenti, quattro aspetti delle condizioni storiche originarie,
troviamo che 1’uomo ha anche un ’’coscienza” ».5
« Questo inizio e di natura animale, come la stessa vita sociale
a questo stadio e pura coscienza da gregge (...) perviene a uno
sviluppo e a un perfezionamento ulteriori in virtu della accre-
sciuta produttivita, dell’aumento dei bisogni e dell’aumento
della popolazione ».6
Dallo sviluppo di questo processo emerge la divisione del
lavoro in « lavoro manuale » e « lavoro mentale». Questa
divisione e l’unica da Marx riconosciuta « reale » mentre la di
visione del lavoro tra i sessi e considerata prodursi « spontanea-
mente » o « naturalmente » in virtu della disposizione naturale
(per esempio la forza fisica), del bisogno, del caso ecc.
Questa divisione del lavoro cui Marx dedica cosi poca atten-
zione e pur tuttavia da lui considerata fondamentale: « La divi
sione del lavoro, che implica tutte queste contraddizioni e che
a sua volta e fondata sulla divisione naturale del lavoro nella
famiglia e sulla separazione della societa in singole famiglie
opposte Tuna all’altra, implica in pari tempo anche la riparti-
zione, e precisamente la ripartizione tn egu ale, sia per quantita
che per qualita, del lavoro e dei suoi prodotti, e quindi la pro
priety, che ha gia il suo germe, la sua prima forma, nella fami
glia, dove la donna e i figli sono gli schiavi dell uomo. La schia-
vitu nella famiglia, che certamente e ancora molto rudimentale
e alio stato latente, e la prima proprieta, che del resto in questa
fase corrisponde gia perfettamente alia definizione degli econo-

56
misti moderni, secondo cui essa consiste nel disporre di forza-
lavoro altrui».7
Gia a questo punto possiamo notare che Marx oscilla tra due
posizioni: mentre talvolta annovera la famiglia fra i « presup-
posti» della storia, in questo passo vede nella ripartizione ine-
guale del lavoro e nei rapporti che ne conseguono una forma di
schiavitu latente, addirittura gia l’esplicarsi della espropriazione
della forza lavoro di un altro soggetto. Cio corrisponde al rico-
noscere gia in atto la proprieta, come definita modernamente,
con il conseguente rapporto di alienazione che ne deriva.
« Del resto divisione del lavoro e proprieta privata sono espres-
sioni identiche ».8
E per Marx inoltre su di esse si basa « il dominio di una classe
su tutte le altre ».
Da questo sembrerebbe lecito derivare che la divisione del
lavoro tra uomo e donna genera nella famiglia e quindi nella
societa una contrapposizione di interessi.
Resterebbe quindi da spiegare il modo di cooperazione o « sta-
dio sociale » all’interno della famiglia.
Inoltre anche considerando questo modo di divisione un pre-
supposto, bisognerebbe andare a vedere quali conseguenze com-
porta nell’ambito dello sviluppo storico e come in esso evolva.
Marx dice: « Questa famiglia diventa piu tardi (...) un rap
porto subordinato ».9 Da questo deriva che anche l’indagine sulla
famiglia e sottesa e subordinata a quella dello sviluppo dei rap
porti di produzione, rispetto a cui e considerata « determinata »,
come la sovrastruttura rispetto alia struttura, la contraddizione
secondaria rispetto a quella principale.
In questo modo Marx trascura il fatto che la famiglia e stata
per molto tempo ed e tuttora (malgrado pareri discordi) un mo
do di produzione e come tale in grado di determinare l’universo
sociale in cui si inserisce.
II modo di produzione sociale che Marx prende in esame gli
sembra l’unico: questo ha comportato il ripetersi dell’esclusione
della donna e del suo campo di azione dall’indagine e dalla con-
sapevolezza di tutti.

57
La divisione del lavoro tra i sessi, affermata come modello,
diventa a un certo punto divisione interna al mondo e al modo
di produzione maschile, dove proletari e capitalisti si contrap-
pongono.
Ma e proprio dalla divisione « naturale » del lavoro originaria
che derivano i due diversi modi di produzione: quello sociale
(maschile) e quello privato (femminile).

La donna, condizione originaria della produzione

A questo punto ci sembra interessante tentare di chiarire e ana-


lizzare la condizione della donna anche alia luce delle categorie
economiche di p ro p rie ta e di con dizion e in organ ica e naturale
d e lla p rod u zion e impiegate da Marx nelle F o rm e eco n o mich e
p recapitalistich e.
Nella sua disamina l’individuo femmina non viene mai preso
in considerazione per se stesso, ne nella sua particolare posizione
nella comunita, ne nella funzione procreativa.
Parlando di « riproduzione degli uomini » Marx si riferisce solo
alle attivita necessarie per mantenere in vita l’individuo (pro
duzione), la cui esistenza e da lui presupposta e considerata come
semplice conseguenza del « processo naturale dei due sessi»,
su cui non indaga oltre.
« L e con dizion i origin arie d e lla produ zion e (...) n on possono
originariamente essere esse stesse p ro d o tte »; sono « condizioni
naturali inorganiche » presupposto naturale dell’esistenza « con
cui egli [uomo] e in rapporto come con un corpo inorganico
appartenente a lui ».
« La p ro p rieta e il rapporto [dell’uomo] con i presupposti natu
rali della sua produzione », essa « e mediata dal fatto che egli
stesso e membro naturale di una comunita ».
Ma cosa vuol dire membro naturale? Qual e il rapporto con
la comunita che autorizza la proprieta?
Per poter dedurre questa continuita tra ciascun individuo e il
gruppo, bisogna credere che non esista frattura dovuta a diffe-
renza di posizione nel clan. L’esistenza della divisione del lavoro

58
fra i sessi e da Marx affermata, ma definita sbrigativamente
« divisione naturale del lavoro nella famiglia ». Eppure dob-
biamo sottolineare come secondo lo stesso autore a differenti
modi di produzione (che si esplicano nel rapporto degli indi-
vidui fra loro e con la natura) corrisponda lo sviluppo di « par-
ticolari forze produttive sia subiettive, che appaiono cioe come
qualita degli individui, sia obiettive ».12
Cosi dunque a maggior ragione l’originaria e « naturale » divi
sione del lavoro fra i sessi avra sicuramente dato luogo a modi
di produzione particolari, accompagnati dallo sviluppo di forze
produttive, abilita e rapporti diversi.
Ma in quale rapporto si trova la donna con quella p rop rietd
che costituisce per Marx l’esistenza « obiettiva » e « subiettiva »
dell’uomo?
II suo suo status sembra assimilabile a quelle che Marx defini
sce le con dizion i origin arie d e lla p rod u zion e (cui anche lo schia-
vo e il servo della gleba vengono associati); condizione naturale
di esistenza e di riproduzione dell’uomo verso cui egli si pone
in rapporto di proprieta in quanto condizione obiettiva per la
soddisfazione dei suoi bisogni.
Alla donna non e mai stata riconosciuta la possibilita attiva
di determinare e riflettere da se i suoi bisogni. Fin dall’inizio
la sua condizione biologica viene resa criterio di misura del suo
destino, cosicche essa in quanto essere sessuato rimane dissociata
dai presupposti del disporre di se.
Esclusa dalla possibilita di trasformare se stessa mediante l’a-
zione, mediante la trasformazione delle proprie condizioni di
vita, dei propri bisogni, viene anche esclusa dal dominio di quella
condizione di produzione che e costituita dal suo stesso corpo.
Non e permesso alia donna di disporre della natura che e rap-
presentata dal suo stesso corpo, di formarla, di trasformarla.
Esso rimane un pezzo astratto di natura, astratto perche e solo
cosi come l’uomo lo vede, lo immagina, quando lo utilizza come
oggetto.
Legato alle leggi biologiche di cui solo l’uomo controlla le
condizioni culturali in cui divengono operand, il corpo della

59
donna e stato soggiogato come strumento della riproduzione
della specie.

Consideriamo la definizione marxiana di guerra. Essa « e uno dei


lavori piu antichi di queste comunita naturali, sia per la difesa
della proprieta che per la sua acquisizione ».13
Ma la donna non fa la guerra. Logicamente, non avendo pro
prieta da difendere e con cui identificarsi. Fa parte di cio che viene
« difeso » o « acquisito ». Non vince ne perde. II suo destino e
di passare dalla parte del vincitore, insieme col bestiame e la
terra, come « accessorio organico ».
Per soddisfare il suo bisogno di soprawivenza l’uomo ricerca
la p ro p rie ta sulla terra, per soddisfare il bisogno sessuale e la
continuazione della specie stabilisce la p ro p rieta sulla donna.
Entrambe sono ambite conquiste, percio divengono motivo di
guerra fra proprietari, oppure di scambio. E proprio a questo
campo di attivita che Marx attribuisce potere individuante ri-
spetto alia condizione originaria di « animale gregario ».
« L’uomo si isola solo attraverso un processo storico (...) Lo
scambio stesso e uno dei mezzi principali di questo isolamento.
Esso rende superfluo il gregarismo e lo dissolve » . 4
Ma come puo « essere » dunque la donna, esclusa da ogni pro
prieta e dalla dialettica che ne deriva?

Note
1 A. Manoukian, Famiglia e matrim on io n el capitalism o eu rop eo , II Mulino,
Bologna 1974, p. 8.
2 C. Marx, L ’id e o l o gia tedesca, in O p ere scelte, Editori Riuniti, Roma 1966,
p. 241.
3 I b id., p. 214.
4 I b id., p. 243.
5 I b id., pp. 242-243.
6 I b id., p. 244.
7 I b id., p. 245.
8 Ib id.
9 I b id., p. 242.
10 C. Marx, F o r m e e c o n o mic h e p recapitalistich e, Editori Riuniti, Roma 1970,
p. 89-90.

60
,n I b id., p. 91.
12 I b id., p. 98.
13 I b id., p. 92.
14 I b id., p. 99.

61
II
II matrimoilio esogamico e il divieto di incesto

L’elemento costitutivo della famiglia su cui si basa la societa


di parentela e l’intromissione di una figura paterna nella rela-
zione madre-bambino. II padre si inserisce a rompere la coe-
sione della coppia nucleare e stabilisce un controllo su entrambi
i membri.
Questo dominio si esercita attraverso un triplice dispositivo:
l’esogamia, che introduce lo scambio delle donne (facendo di
esse gli oggetti di uno scambio di cui i maschi sono i soggetti);
la proibizione dell’incesto che separa i figli dalle donne; e l’ini-
ziazione che, staccato il figlio maschio dalla madre, lo integra
con una rinascita simbolica nella societa dei padri, i quali, ponen-
dosi come terzi, mediatori e dominatori, impongono il loro
potere.
Nel suo libro L ’irru zion e d e lla m o rale sessu ale coercitiva W.
Reich traccia un modello di evoluzione dallo stadio piu primi-
tivo dell’orda endogamica verso la tribu esogamica, in cui cerca
di render conto dell’insorgere delle consuetudini e dei tabu piu
significativi, primo fra tutti quello universale dell’incesto.
I giovani maschi del clan dediti alia caccia vagavano nella
boscaglia in cerca di preda, costretti a vivere castamente per lun-
ghi periodi. In quell’errare venivano a contatto con altri inse-
diamenti di clan, con i quali, « pungolati particolarmente dalla
lunga astinenza sessuale », si scontravano. Se riuscivano a vin-
cere riducevano in schiavitu gli uomini, vietavano loro l’am-
plesso con le sorelle-mogli che rapivano.
Con l’aumentare del numero delle persone e delle migrazioni,
questi eventi sarebbero diventati piu frequenti, inducendo la
paura e quindi la necessita di riunirsi e trovare un’intesa fra
i clan, regolamentando cio che ormai era divenuto consuetu-
dine: il ratto delle donne e l’imposizione di tributi ai loro fra-
telli-mariti vinti.
Cosl piu orde (clan) familiari, originariamente endogamici, si
uniscono a formare una tribu, stabilendo reciprocamente la rinun-

63
cia ad avere rapporti sessuali con donne consanguinee (tabu del-
l’incesto), a favore di membri di altri gruppi (matrimonio eso-
gamico), unitamente all’impegno di prowedere ai bisogni eco-
nomici dello sposo (beni dotali).
Vediamo dunque come per Reich il sorgere della societa sia
un patto stabilito fra uomini, basato sulla ratifica e interiorizza-
zione della legge del piu forte e sulla oggettivazione dell’intera
umanita femminile e dei rapporti con essa.
Le donne sono il primo mezzo di scambio per la non-ostilita
fra clan, l’unico strumento per stabilire legami di pace: gli uomi
ni, i principali addetti alia guerra, riconoscono che la risoluzione
per la soprawivenza non sta tanto nelle armi e nella violenza,
quanto nei legami pacifici che si instaurano con lo scambio delle
donne.
« II gioco sapiente degli scambi consiste in un insieme, molto
complesso, di manovre, consce e inconsce, per ottenere assicu-
razioni e prevenire rischi, tanto sul terreno delle alleanze che su
quello delle rivalita ».* Questa alleanza converte gli estranei in
congiunti, gli awersari in potenziali compagni, ha cioe come
effetto il prodursi di un legame sociale.
« La relazione sociale di scambio che costituisce il matrimonio
non si stabilisce infatti tra un uomo e una donna, che debbono
e ricevono ciascuno qualche cosa; si stabilisce fra i due gruppi
di uomini, e la donna vi figura come uno degli oggetti di scam
bio ».2
« II simile, l’altro con cui si stabiliscono relazioni reciproche
e sempre per il maschio un individuo maschio. Lo scambio e un
sacrificio fra uomini. La sposa e un oggetto sacrificale ».
Sebbene Reich tenda a minimizzarne le conseguenze, il tabu
dell’incesto e stato il primo atto repressivo che la societa ha com-
piuto per salvare se stessa, cioe per creare alleanze attraverso
i legami di parentela che si instauravano fra le famiglie, e questa
proibizione e servita da modello a tutte le interdizioni che le
societa hanno stabilito nel corso della loro storia.
« Nel divieto dell’incesto si vieta di far coincidere in pieno il
legame naturale di parentela con il legame simbolico di impa-

64
rentamento dato dal matrimonio; si vieta dunque la coincidenza
fra i due assi: natura e cultura».4
Nel suo L e strutture e le m e n ta ri d e lla pa re n te la Levi-Strauss
si sofferma a considerare questo evento storico, fondamentale
per la storia dell’umanita in quanto in esso vede un anello di
transizione tra un ipotetico stadio naturale e la societa.
Come ogni fenomeno naturale ha il carattere dell’universalita;
d’altronde la variability del contenuto della prescrizione (esten-
sione del divieto) ne manifesta il carattere relativo e l’origine
culturale. E sempre la societa che stabilisce quali unioni sono
incestuose, ed e evidente che queste proibizioni si basano non
tanto sul pericolo di consanguineita quanto su delle norme.
Proibizione dell’incesto e relativa esogamia presentano carat-
teri assai diversi a seconda dei luoghi e delle popolazioni: un
legame che presso alcuni sarebbe punito come trasgressione, e
invece presso altri ammesso. La severita stessa del divieto e
variabile: presso gli abitanti delle isole Trobriande « l’incesto
con la madre e considerato un atto veramente orribile, ma, sia
attraverso il meccanismo a favore del quale funziona, sia per il
modo in cui e concepito, questo tabu differisce essenzialmente
da quello che incombe sul fratello e sulla sorella ».5
Se passassimo in rassegna i diversi modi in cui la proibizione
e applicata, le condanne e le sanzioni per i trasgressori, otter-
remmo una scala al cui culmine c’e la gravita delPunione fra
madre e figlio, e alia base quella fra padre e figlia (non infre-
quente anche nella nostra cronaca e la notizia che un padre ha
cercato di sedurre la figlia). £ dato desumere che la proibizione
dell’incesto non ha lo stesso rigore per gli uomini come per le
donne. Questa, come tutte le regole, finisce per sancire una diffe-
renza, ha un carattere discriminatorio e gerarchico che riflette
la situazione asimmetrica dell’uomo e della donna.
Anche l’obbligo all’esogamia e relativo; considerazioni di oppor
tunity guidano il comportamento; ed esistono percio unioni pre-
ferenziali: es. matrimonio fra cugini incrociati; e ancor oggi
unioni con individui appartenenti a una classe, una razza o un
gruppo estraneo sono considerati disdicevoli dalla societa.

3 65
Queste regole, dice Levi-Strauss, attinenti a manifestazioni che
riguardano la natura istintuale, animale dell’uomo, rappresen-
tano una invasione della cultura nel campo del naturale, hanno
un carattere sociale e presociale insieme.
II divieto di incesto e una regola di reciprocita e trova la sua
collocazione in quella struttura fondamentale della vita primitiva
che e lo s c am b io , « fatto sociale totale » (Mauss). Ciascun uomo
rinuncia ad accedere a un certo gruppo di donne e con cio stesso
le rende disponibili ad altri; i quali a loro volta avendo com-
piuto la stessa rinuncia ne rendono disponibili altre per lui.
Ma questo e possibile in quanto le donne, considerate proprieta
dei fratelli-mariti devono subire la regola dello « sposarsi fuori »
senza alcuna possibility di scelta da parte loro.
Levi-Strauss a un certo punto si lascia andare a supporre che
a priori avrebbero potuto anche essere gli uomini a essere scam-
biati. Ma cio non e, nemmeno in linea di principio, vero; solo
la circolazione delle donne, in quanto dotate di capacita pro-
creativa, serve a rafforzare il sociale; creando legami di sangue
i rapporti di parentela si intrecciano.
Infatti Levi-Strauss dice che le donne costituiscono in quanto
oggetti di scambio, il « bene per eccellenza » e soprattutto sono
« lo stim o lo n atu rale del solo istinto la cui soddisfazione possa
essere differita, e di conseguenza, il solo per cui, all’atto dello
scambio, grazie alia percezione della reciprocita, possa operarsi
quella trasformazione dallo stimolo al segno che, definendo in
tal modo il passaggio dalla natura alia cultura, pud svilupparsi
come istituzione ».
Nota l’antropologa Ida Magli nella sua riflessione sul signifi-
cato culturale delle strutture di parentela: « £ abbastanza sin-
tomatico dover cominciare a parlare della storia culturale della
donna riferendosi subito alia sua funzione sessuale, ma sembra
che tale storia cominci proprio di l i ».
« Sembra che nonostante tutto, alia radice prima della condi
zione della donna sia da riconoscersi una prevalenza della solle-
citazione sessuale del maschio ».
Ma fondare la societa sullo scambio delle donne significa porre

66
l’oggettivazione della donna, il suo essere istituita come « bene »,
«prodotto rarificato», come p resu pp osto del vivere umano e
sociale.
« Le donne non devono ricevere il loro uso sociale sulla base
della loro riproduzione naturale (...) la proibizione dell’incesto
ha innanzi tutto lo scopo di ’’congelare” le donne nel seno della
famiglia, affinche la ripartizione delle donne, o la competizione
per le donne, awenga nel gruppo e sotto il controllo del gruppo,
e non in regime privato ».9
L’assenza delle donne dal contratto sociale induce a considerare
la loro subordinazione come un fenomeno di natura, autorizzando
a considerarle come merci destinate a essere suddivise e fatte
circolare nel corpo sociale per soddisfare i bisogni espressi dagli
uomini.
Ma la « rarita » puo essere attribuita alle donne, definite in
quanto merci, « a condizione pero di assimilare, dal punto di
vista antropologico, la societa alia parentela, cosi come si assi-
mila, in economia, la societa al mercato ».10
Sia nel caso della parantela che in quello del mercato, prendere
la rarita come un dato significa isolarla dal contesto di fenomeni
sociali in relazione a cui si determina, senza comprendere che
essa e invece un « prodotto », cioe conseguenza dell’azione dei
gruppi, e non di quella che Levi-Strauss presenta come la « ten
denza naturale alia poligamia » insita negli uomini.
« Tutte le clausole negative della proibizione hanno una con-
tropartita. La proibizione equivale a un obbligo e la rinuncia
apre la strada a una rivendicazione ».n Ma una rivendicazione
di chi? A vantaggio di chi?
L’interdizione dell’incesto stabilisce chi ha il diritto di donare
e di ricevere, di chiedere e di offrire, enuncia le regole del gioco
e della comunicazione e stabilisce quali sono i contraenti.
Lo scambio delle donne produce legami sociali.
II compiersi di questo rituale, la sua capacita di definizione
culturale, implicano l’awenuta emergenza di un pensiero simbo-
lico, di un linguaggio comune che stabilisce una frattura con
la natura. « L’emergere del pensiero simbolico doveva esigere

67
che, come le parole, anche le donne fossero cose che vengono
scambiate ».12
Le donne costituiscono gli elementi lessicali originali del di-
scorso sociale; cooptate nella logica dei sostituti, dei valori, per
assurgere, nel clivaggio fra natura e cultura, a funzione di
« segno ».
II divieto d’incesto all’interno dell’associazione esogamica, espri-
me i termini della reciprocita: gli uomini sono stabiliti nella
loro posizione di contraenti, di autori dei legami sociali che,
responsabili del gruppo, ne assicurano la continuita; le donne,
oggetto dell’interdetto, entrano a far parte del « novero delle
prestazioni reciproche », escluse da ogni rapporto di reciprocita,
sono convertite in beni, emblemi della posizione dell’uomo, senza
possibilita di partecipare alio scambio sociale.
Questa reificazione e, a nostro modo di vedere, il problema
nodale. Su di essa ne Reich ne l’antropologia culturale in genere
sembrano essersi soffermati.
Ogni discorso sulla donna che tenti di giungere alle radici
della sua inferiorizzazione deve confrontarsi con questa questione,
piuttosto che fondarvi le proprie evidenze; e tenerne presenti le
conseguenze sul piano della definizione dei valori e delle strut-
ture psichiche.
La proibizione deH’incesto « da un lato corregge, in teoria,
10 squilibrio derivante dalla distribuzione della derrata, che si
suppone rara, rappresentata dalle donne: serve cioe da stru-
mento di una razionalita che si sostituisce alle volonta indivi-
duali mutevoli. Dall’altro consacra ed esprime la dissimmetria
sociale dei due sessi (...) Se la proibizione dell’incesto segna il
passaggio dalla natura alia cultura, si tratta di un passaggio
dallo stato in cui vi era equivalenza fra il mondo femminile e
11 maschile ad uno in cui quest’ultimo ha la precedenza sul primo,
attribuendo un segno positivo a tutto quanto include ed uno
negativo a tutto quanto ne rimane al di fuori. (...) Ha per effetto
uno sdoppiamento delle relazioni: di reciprocita sul modello
dell’esogamia, per gli uomini; di subordinazione, per le donne.
Dove la seconda e condizione della prima »-1

68
Fra natura e cultura

La divisione del lavoro fra i sessi si presenta come un dato


universale, rispetto al quale solo alcuni studiosi hanno tentato
di andare oltre la defini2ione di dato naturale.
E anche questi non spiegano in genere perche a una situazione
di dipendenza reciproca e cooperazione abbia fatto riscontro l’in-
staurarsi della donna come bene indispensabile, oggetto di scam-
bio invece che soggetto, e la sua esclusione dalla gestione della
societa e del potere.
A detta di tutti gli studiosi l’importanza del matrimonio e piu
economica che sessuale, in quanto, se per la soddisfazione dei
bisogni sessuali e prevista la possibilita di rapporti liberi fuori
della famiglia, per quanto riguarda gli altri bisogni essenziali
della soprawivenza (mangiare, abitare ecc.) Tunica possibilita
di soddisfacimento e nella cooperazione coniugale.
Per dimostrare cio, Levi-Strauss cita il caso del celibe che in
tutte le societa primitive affamato e malridotto, mena una vita
misera e infelice ed e visto con sospetto come un antisociale.
« Sarebbe rimasto digiuno se, di tanto in tanto, un parente non
gli avesse posto vicino un po’ di cibo ».14
A noi questo non sembra affatto « naturale », in quanto non
si capisce che cosa impedisse a una persona adulta di andare a
cercarsi il cibo di cui ha bisogno, anche senza una collaboratrice.
Evidentemente esiste una norma; un divieto agisce a impe-
dire alTindividuo di funzionare al di fuori della struttura prevista.
La societa si fonda sul matrimonio; la famiglia si fonda sulla
divisione del lavoro.
Chi e deviante metre in pericolo tutta Torganizzazione sociale,
quindi non deve poter esistere.

« L’uomo e la donna non solo non hanno la stessa specializza-


zione tecnica e percio dipendono Tuno dalTaltro per la fabbri-
cazione degli oggetti necessari ai compiti quotidiani, ma si dedi-
cano alia produzione di diversi tipi di viveri. La completezza
e la regolarita delTalimentazione ne dipendono »,15
Levi-Strauss fa derivare da questa situazione il fatto che le donne

69
costituiscono il « bene per eccellenza». Ed e in quanto bene
essenziale che il gruppo afferma su di esse, come sugli altri beni,
il diritto di controllo e di gestione. Senza questa gestione collet-
tiva — afferma Levi-Strauss — si verrebbero a creare squilibri
e privilegi all’interno dei gruppi consanguinei.
Questo spiegherebbe l’origine e la funzione della proibizione
dell’incesto, con la quale si « rifiuta di sanzionare l’ineguaglianza
naturale della distribuzione dei sessi in seno alia famiglia e sta-
bilisce la liberta di accesso alle donne del gruppo da parte di
tutti gli individui ».16
Cosi tutti gli uomini diventano uguali (tranne il capo con
diritto alia poligamia) nella competizione per tutte le donne.
« La proibizione dell’incesto sta contemporaneamente sulla
soglia della cultura e dentro la cultura, anzi e la cultura stessa».17
Ma questo equivale a presupporre e respingere nell’ambito
della « natura » la reificazione della donna, l’intera questione
della divisione del lavoro e della gerarchia.
Le caratteristiche che secondo Levi-Strauss fanno del divieto
d’incesto questa specie di elemento di transizione, a cavallo tra
natura e cultura sono: l’esser norma e avere contemporanea
mente carattere universale. Ma a buon diritto possiamo attribuire
questi stessi caratteri anche alia divisione del lavoro fra i sessi.
Essa e una regola: « fatto che non richiede dimostrazione » in
quanto il contenuto della prescrizione e variabile; ma questa
divisione « e sempre presente in qualsiasi gruppo sociale»,
quindi possiamo considerarla universale.
Percio ci sembra che eventualmente potrebbe essere questa la
categoria assunta come fondante la cultura e la societa.
In effetti nel posteriore saggio sulla famiglia contenuto in
Razza e storia, Levi-Strauss riprende in esame questo problema,
prospettando la possibilita che la divisione del lavoro tra i sessi
si sia determinata piu per ragioni di carattere culturale che na
turale.
Pero questo intervento della cultura e riconosciuto solo per cio
che riguarda il m o d o in cui i diversi compiti sono attribuiti
all’uno o all’altro dei due sessi, « irrilevante sul piano della ne-

70
cessita naturale »; mentre il fa tt o che la divisione esista e con-
siderato « misteriosamente necessario », cioe sottratto all’influen-
za di fattori culturali.
Da quale genere di considerazioni egli tragga questa miste-
riosa certezza non lo riusciamo a capire. Invece ci sembra che
anche questa « necessita » abbia luogo nella societa, proprio come
elemento di fondazione del matrimonio e della « cooperazione
coniugale ».
La divisione del lavoro fra i sessi e rigida: i compiti che sono
prescritti a un gruppo sono vietati all’altro. Per ciascun sesso
sono previsti costumi e comportamenti specifici, precisamente
differenziati per rinforzare la separazione.
« La divisione del lavoro si riduce a un espediente per istituire
uno stato di reciproca dipendenza fra i sessi»,18
Ma se questo e vero sul piano materiale, non e assolutamente
cio che e awenuto sul piano della definizione del rapporto
fra i sessi, dove si e istituita la unilaterale dipendenza di uno
dall’altro, al di fuori dalla reciprocity e dallo « scambio ».

La divisione sessuale del lavoro

Esaminando le societa arcaiche gli autori sono d’accordo nel-


l’attribuire un’importanza fondamentale alle attivita che venivano
svolte dalle donne.
La ricerca e la distribuzione del cibo hanno sempre rivestito
grande interesse nelle societa umane. Mentre fra i primati que-
ste attivita hanno ancora un carattere fondamentalmente indi
viduate, le collettivita umane si sono evolute stabilendo una col-
laborazione anche su questo piano.
Da questo punto di vista la storia umana puo essere distinta
in due periodi fondamentali: il periodo della raccolta del cibo
in cui la soprawivenza si basava su cio che la natura offriva,
piu o meno manipolato, e il periodo relativamente recente della
produzione del cibo che inizia con la scoperta dell’agricoltura
e dell’allevamento del bestiame.
Nell’epoca della raccolta del cibo pare universalmente acqui-
sito che la divisione del lavoro era relativamente semplice, anche
se molto netta e precisa.
Gli uomini spesso abbandonavano le abitazioni per lunghi
periodi per dedicarsi alia caccia; mentre le donne in compagnia
dei bambini si dedicavano alia raccolta di frutta, erbe e bacche
nei pressi dell’accampamento. Per aiutarsi in questo lavoro si
servivano di un bastoncino, utensile fondamentale e quasi appen-
dice indispensabile della donna primitiva. Con questo scavavano
le radici, rimuovevano il muschio e il fogliame in cerca di uova
di animali selvatici e si aiutavano nella caccia di bestiole che
era a loro riservata.
Pare certo che da questa attivita femminile si sia evoluta poi
l’agricoltura.
Intanto dedicandosi costantemente alia raccolta di vegetali, le
donne impararono a conoscerne le proprieta; e inoltre dovendo
passare molto del loro tempo a scavare la terra in cerca di tuberi
e radici, finivano per dissodarla e arricchirla rendendola piu
fertile. Col passare del tempo avranno imparato a estirpare le
erbacce e proteggere le piante piu desiderabili e inline anche
a seminare.
Anche l’addomesticamento degli animali pare che sia stato
iniziato dalle donne, le quali, abituate ad allevare i bambini,
non ebbero diflicolta ad adottare i cuccioli ritrovati senza aiuto.
Levi-Strauss descrivendo la vita degli Indiani Nambikwara nota
quanta tenerezza venga riservata a questi piccoli animali (scim-
mie, cani, galline ecc.) integrati a tutti gli effetti nella comunita
di donne e bambini (nemmeno la terminologia distingue esat-
tamente il cucciolo dal bimbo).
Ci sembra interessante rilevare che presso gli Indiani Nambik
wara l’amore per queste bestie non e affatto connesso a una
funzione utilitaria: infatti non vengono mangiate — ne usate
per altri scopi — neppure le uova delle galline, che sono alle-
vate esclusivamente per diletto, come compagne di gioco e pia-
cevole diversivo. (Gli animali di cui ancor oggi le donne amano
circondarsi nelle case hanno dunque un’origine tanto remota?).
Un argomento su cui si incontrano giudizi discordi da parte

72
degli studiosi e a chi fosse affidata la gestione della collettivita
e quale posto aH’interno di essa fosse assegnato a ciascuno dei
due sessi.
£ chiaro che data la diversita di attivita e dello spazio entro
cui si svolgevano, ogni individuo oltre che alia famiglia parte-
cipava per cosi dire a una comunita composta dagli altri membri
del suo sesso, e nel caso delle donne anche dai bambini.
Evelyn Reed ritiene che sia stata la collettivita delle donne,
piu stabile e su cui fondamentalmente gravitava il peso della
« casa », a inventare nuove tecniche e attivita artigianali. Pre-
parare e conservare il cibo era loro compito: cucinare impli-
cava la scoperta delle proprieta del calore, con cui si riuscivano
anche a essiccare sia i vegetali che gli animali; la conservazione
creava anche la necessita di recipienti, e granai e altri luoghi
adatti a proteggere le scorte dagli animali; tutto cio avrebbe sti-
molato la formazione di nuove capacita e l’invenzione di nuove
tecniche. Anche la concia delle pelli (il raschietto e un altro
utensile costantemente attribuito alle donne), l’intrecciare corde,
il costruire case e ripari, come il trasportare acqua e altri mate
rial^ erano attivita femminili.
Presso i nomadi Nambikwara quando l’accampamento si sposta
e la donna che « porta validamente la pesante gerla contenente
le prowiste e le ricchezze di tutta la famiglia e il fascio di
frecce, mentre il marito cammina in testa con l’arco e una o due
frecce, lo spiedo di legno o il bastone da scavo ».19 Oltre a cio
la donna porta in braccio anche i bambini e gli animali non
ancora in grado di camminare.
Secondo la Reed, nello svolgere tutte queste attivita le donne
si uniscono e collaborano elevando « il genere umano dal regno
animale ». Anche il linguaggio si sarebbe sviluppato dalla neces
sita di collaborazione e di denominare i vari oggetti e sostanze.
La fondazione e il consolidamento del collettivo umano e il
relativo superamento dell’individualismo animale deriverebbero
quindi, secondo questa studiosa, fondamentalmente dalle attivita
femminili, mentre la caccia avrebbe relegato l’uomo in un ruolo
di secondo piano. Le battute di caccia infatti lo tenevano lontano

73
dalla comunita, lo costringevano a lunghe ore di silenzio e di
appostamenti spesso infruttuosi, da cui ritornava sfinito e spesso
a mani vuote, costretto a far affidamento per ristorarsi sulle
prowiste procurate dalla moglie.
Da questa situazione E. Reed arriva a dedurre una specie di
leadership sociale delle donne in questo tipo di societa. Una
posizione preminente sarebbe loro riservata anche in relazione
alia loro capacita procreativa, prestigioso segno di predilezione
da parte della natura.
« II fatto decisivo per la specie umana fu che la maternita
implicava lavoro e fu proprio con la fusione della maternita e
del lavoro che fu fondato il primo sistema sociale.
Sono state le madri che per prime hanno iniziato a lavorare
e col lavoro e iniziato il cammino dell’umanita ».20
L’importanza preponderate del lavoro femminile e ampia-
mente testimoniata, e sarebbe quindi lecito aspettarsi che essa
venisse riconosciuta e ratificata da una preminenza sul piano
sociale e organizzativo. Ma sembra che per lo piu le cose siano
andate diversamente. (Del resto in tutte le epoche storiche il
prestigio e il potere sono stati legati a tutt’altro che alia utilita
sociale!).
Riprendendo l’esempio dei Nambikwara del Mato Grosso, Levi-
Strauss racconta: « La divisione sessuale del lavoro attribuisce
alia donna una funzione capitale, poiche la vita familiare poggia
in larga misura (forse nella piu larga) sulla raccolta e sulla
raccattatura femminili, benche quest’ultima rappresenti un tipo
inferiore di attivita. La vita ideale e intesa sul modello della
produzione agricola o della caccia. (...) Parallelamente la donna
e considerata come un b e n e ten ero e p rezioso, ma di secondo
ordine. II linguaggio che le e abituale la separa dagli uomini
e la unisce ai bambini (...); questa assimilazione si prolunga
anche nel pensiero metafisico e su questo ultimo piano, la discri-
minazione fra i sessi raggiunge proporzioni di cui gli atteggia-
menti psicologici sono soltanto un indizio irrisorio. £ buona
norma, fra gli uomini, parlare delle donne con una specie di
benevolenza impietosa e, nelle conversazioni fra gruppi sessuali,

74
rivolgersi loro con un’indulgenza un po’ canzonatoria. (...) I bam
bini non sanno, io so, le donne non sanno».21
Anche l’importanza della funzione procreativa femminile e,
contro ogni evidenza, minimizzata e sminuita per attribuirne
invece l’attivita fondamentale al maschio: « Pare che lo sperma
si coaguli nella matrice e formi progressivamente il bambino.
Solo l’uomo avrebbe funzione positiva mentre la donna sarebbe
ridotta a un semplice ricettacolo. Eppure la donna viene resa
responsabile della sterilita, sia che quest’ultima venga attri-
buita a una particolare condizione, sia che venga attribuita al-
l’eta »,22
Dalle decisioni riguardanti l’insieme del gruppo e dalla vita
sociale in genere, poi, le donne sono del tutto escluse: « Ogni
banda riconosce la direzione di un capo, costui comanda il grup
po, o piu esattamente l’insieme degli uomini adulti che sono i
suoi ’’compagni”; essi si incaricano di far rispettare le consegne
alle loro mogli ».*
Insomma da queste e da altre testimonianze vediamo come lo
status di esclusione e di inferiority della donna fosse gia stabilito "
presso questi popoli primitivi.
E ben vero che queste societa che ci ostiniamo a considerare
« primitive » sono pur tuttavia nostre contemporanee, e, seppur
molto diverse dalle nostre, risultato anch’esse di una lunga evo-
luzione. E quindi pretendere di assumerle a paradigma di uno
stato « selvaggio » dell’umanita e un’operazione arbitraria e che
comporta molti rischi.
E non meno vero, tuttavia, che e un’esigenza ineliminabile della
nostra coscienza e della nostra storia quella di interrogarci sulle
origini di certi comportamenti e istituti e cercare di compren-
derne le modalita di sviluppo e le motivazioni.
In questo tentativo di ricostruzione di un passato ormai perduto
possiamo rivolgerci anche ai ritrovamenti archeologici; ma essi,
malgrado i nuovi mezzi a disposizione per determinarne l’anti-
chita, assai poco riescono a dirci sulle tecniche e sulla organizza-
zione in cui venivano utilizzati.
Forse anche alia imprecisione delle fonti a cui siamo costretti

75
a fare riferimento si puo addebitare dunque la grande varieta
delle ipotesi sulle origini.
Una assai lontana da quella riferita della Reed e che attribuisce
a gruppi di maschi il merito esclusivo della spinta all’evoluzione
e quella di Serge Moscovici.
Secondo quest’autore, motore determinante di ogni trasforma-
zione biologica e sociale e stata la caccta. Essa e la grande ed
esclusiva generatrice di cpizlY hom o che si autodefinira sapien s;
« cinegetizzazione » e chiamato il suo processo di individuazione.
« Gli uomini sono divenuti tali preparandosi ad assolvere il loro
compito di cacciatori »,24
Nelle societa di affiliazione dei primati, i maschi in soprannu-
mero rispetto a quelli destinati alia riproduzione, vengono sospinti
ai margini della collettivita, dove vivono, isolati o in gruppi mo-
nosessuali, esclusi da molte delle forme di transizione regolare
con il gruppo centrale. Nella gerarchia occupano una posizione
subordinata; da cui deriva, oltre alio svantaggio nell’accesso
alle femmine, anche l’obbligo di tenersi lontani dalle localita
piu ricche di cibo.
Sarebbero proprio questi gruppi emarginati, meno integrati nei
comportamenti e nelle attivita del ciclo normale e quindi meno
specializzati, ad assumere piu facilmente « comportamenti inven-
tiv i».
Cio unito alia grande mobilita, alia necessita di trovare nuove
fonti di soprawivenza e di sfuggire le tensioni interne alia col
lettivita, li avrebbe sospinti ad abbandonare 1’esistenza arboricola
per esplorare nuove possibility nei territori contigui alia foresta.
Dalla raccolta di vegetali si passa a quella di animali; e 1’attivita
predatoria, prima complementare, diviene la fonte fondamentale
di soprawivenza. A questo corrisponde la progressiva avanzata
verso regioni piu fredde.
Col complicarsi delle abilita e delle trasformazioni si passa
dalla predazione alia caccia vera e propria, che richiede la coo-
perazione; essa si configurerebbe cioe come la prima forma di
produzione sociale.
« La socializzazione generale delle azioni e la loro articolazione

76
unitaria, procedono parallelamente a una continua attenzione
dedicata alle qualita intellettuali e fisiche dei partecipanti ».25
Le femmine intanto, dice Moscovici, perseverano nella dire-
zione tradizionale. (Come? dove? nella savana o sono rimaste
nella foresta?).
Questa non e semplicemente divisione del lavoro, ma l’instau-
rarsi di due diverse modalita di inserzione nel ciclo naturale,
« come avverrebbe nel caso di due specie affini ». « La distanza
che separa il cacciatore dalla sua compagna che raccoglie e perlu-
stra e paragonabile a quella che separa una specie umana da una
protoumana o non umana. La separazione fra i sessi delle risorse
e delle facolta rispettive indica la separazione tra due codici
della realta, due lingue diverse (...) Essa non stabilisce soltanto
una comunicazione difficile, bensi una incomunicabilita dure-
vole » ^
Uomo e donna sono definiti membri appartenenti a una diversa
« categoria naturale » nella quale si trovano inseriti fin dalla
nascita e a cui vengono assimilati attraverso una specifica ini-
ziazione.
« La riproduzione degli individui dotati delle loro tecniche e
dei loro eventuali artefatti e la riproduzione della relazione esi-
stente tra due gruppi, fra l’uomo e la donna, fra chi pratica la
caccia e chi la raccolta, essendo ciascuno situato all’interno del
sistema coerente che forma unitamente alle potenze materiali
rispettive, in considerazione della costituzione e del dinamismo
che hanno provocato la loro riunione distinta »T
Questa tesi, come del resto anche quelle altre che Elaine Mor
gan nel suo libro h e origin i d e lla donn a denomina ironicamente
« tarzaniane », sebbene per certi versi suggestiva e convincente
ci sembra troppo unilaterale, e dimostra quanto il suo autore
abbia trascurato le potenzialita di sviluppo e arricchimento
derivabili dalla raccolta, che la Reed altrettanto unilateralmente
ha messo in luce.
Secondo Moscovici la posizione eretta, la mano, il linguaggio,
la collaborazione hanno potuto emergere soltanto dall’esercizio
della predazione e della caccia.

77
Raccolta e perlustrazione sono viste in modo del tutto statico,
« attivita essenzialmente passive » (strana definizione, ma inequi-
vocabilmente simile alle attribuzioni del « femminile »...) che
non richiedono conoscenze o abilita, ne strumenti ne collabora-
zione.
Ad esse si contrappone la predazione che e invece «attiva»,
esige astuzia, capacita di previsione, forza e destrezza: « La pre
dazione offriva possibility piu grandi a condizioni di divenire i
piu abili predatori ».28
Ma anche la raccolta di vegetali offriva grandi possibility a
chi migliorava la propria tecnica e le proprie conoscenze. L’agri-
coltura ne e la prova. Anche per le piante « l’osservazione siste-
matica dei comportamenti» e cosa importante. E cosi la neces
sity di denominare e di scambiarsi le informazioni.
Insomma non mi sembra proprio che si possa essere cosi sicuri
come Moscovici che « il cervello umano e figlio della mano
deiruomo [maschio] e soprattutto figlio della caccia».29

L ’istituzione della parentela

A partire da un certo momento « la riproduzione diviene un’in-


venzione ».
Non sono del tutto convinta dell’esattezza e financo della pos
sibility di fare una simile affermazione. Essa sembra proporre
e ipostatizzare una separazione di « natura » e « cultura », che
divengono cosi realtd , momenti distinti della storia, invece che
categorie interpretative di nostra utilita. La « natura » non esiste
p rima o fu o r i della « cultura », la quale anch’essa fa parte della
natura umana. O scimmiesca se si tratta di scimmie.
Cosi sembrerebbe verosimile aspettarsi che prima di una « in-
venzione » ce ne sia stata un’altra, per quanto diversa e caratte-
rizzata da maggior meccanicita e un minor grado di comples-
sita simbolica. La tendenza a presupporre caos, disordine, e pura
assenza prima o fuori deirordinamento che si sta prendendo in
considerazione, e indice di una visione etnocentrica, statica e
non organica delle strutture della realta.

78
Per Moscovici questo momento di passaggio sembra essere
quello in cui la collettivita si organizza invece che in funzione
della raccolta, in funzione della cattura di selvaggina.
II nuovo « sistema uomo-materia» dapprima affiancatosi al-
l’antico, dice Moscovici, lo supera (come?). Questi sistemi dopo
essersi diversificati si concentrano, pur restando separati, all’in-
terno della stessa societa, permettendo cosl di moltiplicarne le
risorse e di attenuare le tensioni provocate dalla densita demo-
grafica.
Gia presso i primati superiori si puo osservare un’articolazione
sociale che rende necessari ruoli e atteggiamenti diversificati, a
cui corrispondono diversi sviluppi delle qualita biopsichiche.
La riproduzione sociale non si identifica tou t court con ripro-
duzione naturale. « Ciascun gruppo, per conservare e completare
lo spettro delle sue qualita particolari, e obbligato a riprodurle
separatamente ».30 Anche la separazione della caccia dalla rac
colta ha comportato che gli individui che a una di queste atti-
vita si dovevano dedicare venissero formati, socializzati diversa-
mente, in maniera adeguata ai futuri compiti. Se per la raccolta
la preparazione e molto rudimentale e rapida, al maschio che
dovra dedicarsi alia caccia e invece necessaria una lunga e com-
plessa iniziazione, con esercizi regolari per sviluppare le capacita
fisiche e mentali. A questa iniziazione viene introdotto da altri
uomini, in genere piu anziani (padri), che hanno interesse a
garantirsi la sua fiducia e collaborazione.
Moscovici vede la parentela, cioe il sistema di rapporti sociali
fondati sul matrimonio e sulla famiglia, come istituita in fun
zione dei rapporti che si vengono a creare con lo sviluppo della
caccia.
Abbiamo visto che la divisione tra caccia e raccolta trasforma
la distinzione dei sessi in differenza in relazione al mondo mate-
riale, differenza di forza lavoro e di rapporti sociali.
Secondo il Moscovici e proprio in questo rinsaldarsi dei rapporti
tra gli uomini (che costituisce una sorta di rovesciamento del
rapporto esistente tra i primati), nello svilupparsi dell’interesse
e dello scambio tra giovani e maschi adulti promosso dalla cine-
getizzazione, che si attua una rifondazione della unit& costitu-
tiva della societa.
II sorgere della prima forma di produzione sociale crea un biso-
gno di collaborazione fra i partecipanti a questa attivita che
deve venire garantito da varie forme di solidarieta e coesione:
come lo scambio delle donne produce legami di alleanza fra di-
versi clan, la famiglia fornisce un’occasione di rapporto e di
controllo sulle nuove generazioni. Con l’iniziazione il patto di
solidarieta fra i membri maschili del gruppo assume carattere
definitivo. « La famiglia non ha potuto comparire prima della
formazione della collettivita di cacciatori-raccoglitori».31
La stabilizzazione della coppia riproduttiva, corrisponde alia
nuova esigenza di instaurare qualcosa di analogo alia coppia nu-
cleare (madre-figlio) fra l’uomo e il ragazzo: « La paternita rap-
presenta la diffusione dell’autorita dei maschi entro un campo
che prima era appannaggio esclusivo del sesso femminile e il
mantenimento dei ragazzi, al pari delle ragazze, nel gruppo
riproduttivo, con la conseguenza che il padre viene ad arrogarsi
un diritto particolare su di essi ».32
Mentre l’unita madre-figli si forma immediatamente come pro-
lungamento di un rapporto biologico, il rapporto del padre con
il giovane per realizzarsi richiede la mediazione della madre; il
padre deve mantenersi vicino a lei per restare in contatto con
il figlio, ma al fine di far valere la sua alleanza con lui finisce per
negarla, escluderla, per introdurre il figlio in un universo dove
solo cio che si definisce come maschile ha luogo.
Per Moscovici dunque l’affiliazione si tramuta in parentela e
« alia discendenza materna si aggiunge o si sostituisce quella
paterna e la societa basata sulla parentela si pone immediata
mente come societa paterna ».33
A questo punto sembra necessaria una precisazione. Le societa
cosiddette arcaiche di cui abbiamo testimonianza sono tutte o
quasi basate sulla parentela. Pero in molte di esse il tramite
riconosciuto di questa parentela e solo la donna: nelle societa
matrilin eari infatti e solo il rapporto con la madre che definisce
la consanguineita e quindi l’appartenenza al clan, mentre la

80
partecipazione del padre alia procreazione non e riconosciuta.
Da questo pero non si puo dedurre, come spesso e stato fatto,
un privilegio o una preminenza sociale della donna, l’esistenza
cioe di un ma tria rc a to : anzi vedremo che anche in questa societa
esistono molte forme di discriminazione nei confronti del sesso
femminile e l’esercizio del potere e sempre dei maschi.
Quindi proprio l’esistenza di queste situazioni ci fa pensare
che non sia possibile identificare la parentela con la patrilinea-
rita e con l’affermazione del diritto del padre, o quanto meno di
quello biologico. Esistono infatti societa in cui il figlio divenuto
adolescente cade si sotto la giurisdizione di un uomo, ma questi
non e il marito della madre, in qualche modo estraneo, apparte-
nente a un altro clan, bensi suo fratello (zio del ragazzo) che ha
il potere su di lui e lo amministra come rappresentante degli
interessi del clan materno di cui entrera a far parte.
Nelle societa a discendenza matrilineare si verifica spesso che
l’attribuzione di valore sociale ai figli venga a creare una sorta
di competizione fra il clan materno e il nuovo nucleo familiare:
la funzione paterna del fratello della madre e quella ricono
sciuta al marito si trovano allora in conflitto. Cosi ad esempio
awiene nella societa trobriandese di cui tratteremo.
Quello che resta vero e che questi interessi e conflitti riguar-
dano comunque degli uomini e, quindi, sembra chiaro che la
famiglia corrisponde all’esigenza di stabilire un controllo sulla
attivita riproduttiva della donna, di sancirne le condizioni (il
matrimonio deve precedere la concezione dei figli), di impadro-
nirsi dei suoi frutti non appena siano divenuti autonomi: per
farne dei compagni se sono maschi o per barattarle se sono
femmine.
« Una volta instaurata la famiglia, il problema del maschio
si converte in problema del fanciullo il quale e discendente di
una madre e di un padre, entra nella vita attraverso la prima
e nella societa attraverso il secondo, si lega al padre per il tra-
mite della madre e si associa a lui rompendo con essa, speri-
menta incessantemente la presenza di uno dei suoi genitori come

81
un vicino e come un terzo termine di una relazione e mediatore
e vive, infine, questa relazione sotto il segno della violenza e la
violenza come prezzo della sua salvaguardia »
Nelle societa dei primati abbiamo gia notato l’obbligo al celi-
bato imposto ad alcuni membri del gruppo e il carattere gerar-
chico e discriminante dell’accoppiamento sessuale.
Abbiamo anche visto come questo crei delle tensioni e come
il bisogno di trovare una compagna e di divenire dominatori
possa essere una minaccia per l’armonia e il funzionamento del
gruppo, che viene risolta con l’allontanamento. Nel contesto
della caccia questa situazione pero presenta grossi svantaggi in
quanto l’emarginazione dei membri maschili priva della possi
bility di collaborazione con loro e, inoltre, costringe i maschi
corifei a esercitare una stretta sorveglianza senza potersi allon-
tanare. Si afferma dunque l’esigenza di abolire la segregazione;
per rimuovere il conflitto bisogna offrire a ciascun membro del
gruppo la possibility di entrare nel gruppo dei riproduttori.
« L’imperativo del matrimonio e indice di un rovesciamento
della tendenza evolutiva, che cancella la discriminazione perpe-
tuata nelle societa animali e rappresenta probabilmente una con-
quista dei maschi subordinati, una sowersione dell’ordine sussi-
stente presso le collettivita di animali».3S
« Peculiarity dei diritti e di diventare doveri» nota ancora
Moscovici: da qui rinterdizione pratica e morale del celibato
e il riconoscimento dato alia unione eterosessuale.
« Avere diritto di cittadinanza in una societa cosiddetta primi-
tiva, significa far valere i propri diritti all’unione coniugale, la
quale ha per funzione di abolire, a tempo debito, uno stato di
inferiority, di introdurre e mantenere l’eguaglianza laddove
sussisteva l’ineguaglianza ».36
Eguaglianza relativa e parziale, in quanto la posizione delle fem-
mine rimane immutata.
Sul fatto che la « rivoluzione matrimoniale sancisce un modo
di associazione degli uomini per il tramite delle donne e dei
fanciulli» pare che non sussistano dubbi.

82
Note
1 I. Magli, op. cit., p. 36.
2 Cl. Levi-Strauss, L e strutture e le m e n t a ri d e lla pa ren tela, Feltrinelli, Milano
1969, p. 78.
3 I. Magli, o p. cit., p. 45.
4 I b id., p. 36.
5 B. Malinowsky, L a vita sessuale tra i selvaggi, Feltrinelli, Milano 1968, p. 434.
6 Cl. Levi-Strauss, op. cit., pp. 113-114.
7 I. Magli, op. cit., p. 36.
8 I b id., p. 40.
9 Cl. Levi-Strauss, op. cit., p. 90.
10 S. Moscovici, op. cit., p. 216.
11 Cl. Levi-Strauss, op. cit., p. 98.
12 I b id., p. 653.
13 S. Moscovici, op. cit., p. 214.
14 Cl. Levi-Strauss, L a vita f amilia r e e s o c iale d e gli mdia n i N am b ik wa ra, Einaudi,
Torino 1970, p. 87.
15 I b id., p. 83.
16 Cl. Levi-Strauss, L e strutture ele m en ta ri d e lla paren tela, Feltrinelli, Milano
1969, p. 87.
17 I b id., p. 51.
18 Cl. Levi-Strauss, L a famiglia, in Razza e Storia, Einaudi, Torino 1967, n. 175.
19 Cl. Levi-Strauss, L a vita familia r e e s o ciale d e gli in dia n i N am b ik wa ra, cit.,
p. 85.
20 E. Reed, 11 mito d e ll ’i n f erioritd d e lla d onn a, in « Donne e bello », Anabasi,
Milano 1971, p. 31.
21 Cl. Levi-Strauss, op. cit., p. 83.
22 I b id., p. 89.
23 I b id., p. 123.
24 S. Moscovici, op. cit., p. 86.
25 I b id., p. 111.
26 I b id., p. 113.
27 I b id., p. 151.
28 I b id., p. 110.
29 I b id., p. 126.
30 I b id., p. 149.
31 I b id., p. 195.
32 I b id., p. 194.
33 Ib id.
34 I b id., p. 195.
35 I b id., p. 197.
36 I b id., p. 198.

83
I ll
I Trobriandi: dimostrazione etnologica di alcune leggi
della sessuo-economia reichiana

L ’irru zion e d e lla m o rale sessu ale coercitiva fu da Reich compi-


lato sulla base di materiale clinico ed etnologico da lui stesso
raccolto fra il 1920 e il ’30 e sulla documentazione pubblicata
da Malinowsky nel 1930 in T h e S exu al L if e o f Savages in N orth-
W estern M elan esia (La vita sessuale dei selvaggi nella Melanesia
nord-occidentale).
Partito dallo studio e dalla cura delle nevrosi, Reich si e trovato
di fronte l’ipotesi freudiana che l’elemento centrale dell’eziologia
nevrotica risiede nel conflitto del bambino con i genitori, e so-
prattutto nel suo contenuto sessuale (complesso di Edipo).
Per approfondire la relazione fra questi elementi bisognava
quindi porsi il problema della famiglia e del suo rapporto con
la repressione sessuale e la societa.
Freud aveva assunto la repressione sessuale come necessita so
ciale, parte integrante e precondizione dello sviluppo della civilta.
Reich respinge questa formulazione, vedendo nella morale un
prodotto sociale, mutevole secondo il prevalere degli interessi
dei diversi settori della societa. In contrasto con quanti cercavano
di dimostrarne la perennita, la famiglia stessa gli appare come
una forma di organizzazione capace di trasformazioni, legata
alle vicende della storia.
In questo contesto va collocata la sua ricerca per approfondire,
anche attraverso lo studio etnologico, i nessi storici fra matri-
monio, societa, repressione sessuale, e il tentativo di spiegare in
base ad essi l’origine dei disturbi sessuali e delle nevrosi. Dal
tentativo di sciogliere il nodo di necessita fra societa-civilta e
repressione sessuale Reich e indotto ad arrampicarsi sugli spec-
chi del « passato » in cerca di un modello che dimostri l’esistenza
di soluzioni diverse.
Negli studi sulla popolazione delle isole Trobriand egli cerca
la possibility di « fornire la dimostrazione etn o lo gica di alcune
leggi di sessuo-economia » da lui individuate e quindi di affer-
mare che « una societa che non sia interessata alia repressione
sessuale... si trovera immune da miseria sessuale».1 In tale so
cieta la vita sessuale non sarebbe ordinata secondo norme etiche,
ma « si autoregola mediante Vappagam en to sessu ale d e lle pul-
si o n i ».
Spinto da motivi ideologici, Reich fa una descrizione, a nostro
awiso alquanto edulcorata, dei costumi sessuali dei Trobrian-
desi.
L’arcipelago delle isole Trobriand e situato a Nord della Nuova
Guinea, nella Melanesia del Nord-Ovest, e i suoi abitanti sono
stati resi famosi in tutto il mondo, fino a divenire quasi un proto-
tipo, dallo studio approfondito dei loro costumi e delle loro isti-
tuzioni compiuto da Malinowsky.
La loro e una societa matrilineare, cioe nella quale la discen-
denza e ogni relazione di parentela sono considerate solamente
in linea materna. E loro convinzione che sia solo la madre a
formare il corpo del figlio e che l’uomo non contribuisca in
alcun modo alia sua generazione.
Dal punto di vista economico la vita e basata sugli scambi fra
i prodotti agricoli forniti dalle popolazioni dell’interno e quelli
della pesca. La produzione e organizzata in modo comunitario
e cosi la distribuzione dei prodotti. « Troviamo dunque proprieta
collettiva, suddivisione del lavoro, collettivizzazione del lavoro
e distribuzione dei suoi frutti in corrispondenza al lavoro stesso:
2
e cioe il com u msm o prtmiUvo ».
• • • • •

Ai bambini e permesso avere rapporti liberi anche di corpo fra


loro, e soddisfare le reciproche curiosita senza suscitare riprova-
zione ne le tipiche ansie a noi note, negli adulti.
Con una sicurezza un po’ troppo frettolosa Reich afferma anche:
« Poiche la sessualita e libera, il divieto di incesto non puo essere
considerato come limitazione alia stessa »3 in quanto le possi
bilita di appagamento sessuale rimangono, al di fuori di una
ristretta cerchia di persone, amplissime.
Tuttavia nutriamo qualche dubbio sul fatto che, nella delicata
e precisa dinamica psichica, un evento importante come la rinun-
cia al primo oggetto di desiderio, la madre, poi seguita dal divieto

86
di ogni specie di intimita con le altre persone con cui vige un
legame naturale (padre, fratelli, sorelle) e affettivo, possa
passare senza traumi e conseguenze, non creare blocchi, e per-
mettere un integro sviluppo delle potenzialita del bambino verso
la liberta caratteriale, « che garantisce proprio un legame sociale
ben fondato sulla libido dei membri della societa stessa ».4
Anche nella vita sessuale dei giovani esiste una notevole liberta
di incontri. Per favorirli e assicurare una tranquilla intimita
esistono luoghi a loro riservati, bu ku matu la, che il gruppo mette
a loro disposizione, dimostrando cosi un atteggiamento positivo,
ben differente dall’atmosfera repressiva e peccaminosa che cir-
conda queste manifestazioni nella societa patriarcale.
In questa atmosfera di spontaneita i rapporti sono mobili e
mutevoli, e sebbene « il giovane desidererebbe mantenersi la
fedelta e l’inclinazione esclusiva dell’amata... tuttavia non si sente
tenuto a ricambiare la fedelta ».5
Con l’avanzare dell’eta le relazioni divengono piu durevoli e
profonde; prima del matrimonio e concesso alia coppia un pe-
riodo di prova. A questo punto le esigenze sessuali si incontrano
con ben determinati interessi di carattere economico, che richie-
dono che soprawenga una certa continuita di rapporto.
« La donna di fronte alia vita sessuale non ha una posizione
differente da quella deiruomo... ne ella gli e seconda per spirito
di iniziativa o per l’asserzione della propria personalita ».6
La libera vita sessuale che si svolge presso i Trobriandi serve
a Reich a dimostrare la correlazione fra organizzazione sociale,
sessuo-economia e nevrosi: dove l’educazione moralistica e ses-
suofobica che caratterizza l’ordinamento patriarcale non e pre
sente, la personality si espande positivamente in tutte le direzioni
della vita istintuale e sociale, le perversioni sono assenti e l’auto-
regolazione garantisce il raggiungimento deH’armonia.
E dunque evidente che le nevrosi sono una manifestazione di
ordine sociale patriarcale.
L’organizzazione dei Trobriandi e scelta ad esempio non solo
perche in essa si puo vedere in atto il tipo di societa matriarcale,
ma anche perche vi sono gia evidenti, seppure in nuce, elementi

87
di contraddizione che evolvendo daranno luogo alia societa divisa
in classi. Seguendone le vicende lo studioso potrebbe quindi
secondo Reich rendersi conto della « tanto misteriosa genesi della
morale sessuo-negativa ».

Organizzazione sociale dei Trobriandi


Priorita del matriarcato e origine dei beni dotali

E necessario avere presenti alcuni dati sulla organizzazione tro-


briandese per seguire le argomentazioni di Reich.
Abbiamo visto che la parentela si trasmette in linea materna.
I gruppi di parentela (clan) sono caratterizzati da un totem; fra
essi vige il tabu dell’incesto, non molto severo, che diviene piu
rigido fra i piu stretti consanguinei (sottoclan).
« II fratello della madre e reffettivo capo-famiglia », e colui
a cui spetta l’autorita sui figli, che dovra insegnare loro le arti
magiche e gli ideali del clan, si occupa di fornire i beni dotali
alle sorelle e di soddisfare i loro bisogni.
II marito sembra quindi svolgere sia nei confronti dei bambini
che della compagna una funzione di amico.
Nota Reich: « Esiste gia un interesse pronunciato da parte
dell’uomo; inoltre l’effettiva funzione del potere e collocata nella
figura dell’uomo, anche se deriva dalla linea materna. A questo
punto il primitivo matriarcato viene in conflitto con il patriar-
cato nascente».7 Numerosi sono i segni di questa linea di ten
denza : le collettivita dei villaggi hanno un capo fornito di molti
privilegi; la donna e « esclusa dall’esercizio del potere, dal pos
sesso dei terreni e da molti altri privilegi pubblici; ne deriva che
ella non detiene alcun posto nell’assemblea della tribu e non ha
voce in capitolo nei consigli pubblici che si occupano della
coltivazione dei terreni, della pesca e della caccia, delle spedi-
zioni d’oltremare, della guerra, del commercio rituale, delle festi-
vita e dei balli ».
Per analizzare piu da vicino il meccanismo dell’« infiltrazione
di un dominio patriarcale », Reich prende in considerazione la
consuetudine dei beni dotali e la posizione del capo-tribu.

88
Questo capo esercita le sue prerogative attraverso l’esercizio di
un potere economico. In cambio delle prestazioni che richiede
deve offrire feste, finanziare tutte le iniziative pubbliche e pro
curare cibo. D’altronde i tributi forniti dagli abitanti del suo
territorio sono assai esigui. Cio che costituisce la sua vera fonte
di reddito e il contributo di beni dotali dovutogli annualmente,
e che arriva ad essere assai cospicuo dato il suo diritto alia poli-
gamia. Nel diritto di scegliersi una moglie in ogni clan si esprime
e ratifica la prerogativa di dominio sul resto del gruppo, il quale
completa il suo atto di sottomissione accompagnando la transa-
zione con ricchi doni e tributi. Soltanto il capo ha diritto alia
poligamia, ed e quindi il solo in grado di accumulare ricchezze.
Reich evidenzia come nell’istituto matrimoniale, riconosciuto
come il meccanismo centrale dell’oppressione, si affermino per
la prima volta presso i Trobriandi rivendicazioni moralistiche
e istanze repressive che caratterizzano « l’incipiente mortifica-
zione sessuale». Ed e l’interesse economico dell’uomo che si
afferma e prevale con l’instaurarsi di questo istimto.
L’obbligo del tributo annuale consistente in prodotti alimen-
tari, dovuto al marito dalla famiglia della donna e « forse il
fattore piu importante esistente in tutto il complesso sociale
trobriandese. Su questo si basa — in conseguenza del suo privi-
legio di poligamia — l’autorita del capo-tribu e del suo patri-
monio ».9
« Ognuno nella scelta della compagna della vita, deve orien-
tarsi secondo le proprie necessita e la dote della futura moglie ».
II valore della moglie viene quindi misurato dalla forza lavo-
rativa dei suoi fratelli, dalla loro capacita produttiva, in quanto
una buona parte del loro patrimonio e destinata a passare al clan
dello sposo. D’altronde questi e a sua volta fratello e dovra
quindi a sua volta cedere una parte dei suoi beni, dando cosl
luogo a una circolazione dei prodotti da un clan all’altro: me-
diata e accompagnata dallo « spostamento » delle donne.
Ma cio che imprime a questo movimento circolare una direzione
unilaterale e il fatto che i clan sono ordinati secondo una gerar-
chia e che il capo-tribu, che appartiene sempre al clan supremo,

89
ha diritto alia poligamia. Questo permette la confluenza dei
beni in direzione di un solo clan e di una sola famiglia, quella
del capo. Ed e proprio in questo orientamento che Reich vede
« l’inizio della divisione in classi di oppressori ed oppressi».
Questa tendenza e perfezionata dal matrimonio incrociato fra
cugini, cioe tra il figlio del fratello e la figlia di sua sorella, unico
considerato « legittimo » fra le famiglie di rango.
Come si comprende analizzando il meccanismo della parentela
matrilineare, questo matrimonio rappresenta un espediente attra
verso il quale il capo, che gia in vita puo concedere dei privilegi
al proprio figlio, puo trasmetterglieli legittimamente e assicu-
rarli alia sua discendenza. Questo e il « prowedimento col quale
il patriarcato va continuamente consolidandosi ».n
(Gia da queste considerazioni possiamo quindi vedere come
l’« eredita» non nasce in conseguenza dell’acquisizione di un
dato biologico).
« Con lo spostamento della successione ereditaria che consegue
necessariamente a una simile evoluzione, e che trasmigra dalla
linea materna a quella paterna, il matriarcato si spegne e non
e piu possibile fermare l’andamento dello sviluppo della societa
che trascina verso il sistema del feudalesimo e dello schiavi-
smo ». 12
L’unica eccezione al libero svolgimento della vita amorosa in
questa societa sono i bambini destinati al matrimonio incrociato
fra cugini. Da essi si pretende la castita. « II fatto che nella societa
trobriandese, altrimenti sessualmente libera, il precetto della con-
tinenza infantile e giovanile si inserisca proprio laddove l’inte-
resse materiale e piu evidente, ossia nel matrimonio incrociato
fra cugini, palesa inconfutabilmente il retroscena economico del
richiamo alia continenza stessa e distrugge definitivamente la
retorica dell’esigenza culturale ».13
A questo punto Reich si domanda se lo sviluppo dell organiz-
zazione sociale individuato presso la societa trobriandese costi-
tuisca un caso particolare oppure se da essa sia possibile trarre
delle conclusioni generali sull’evoluzione della societa, e in par-

90
ticolare ipotizzare un modello di trasformazione del primitive
matriarcato in patriarcato e societa divisa in classi.
Pur riconoscendo l’estrema difficolta di documentare precisa-
mente simili ipotesi, egli passa in rassegna le varie alternative.
II punto di vista della priorita del matriarcato era gia stato
sostenuto da L. Morgan e da Bachofen, e sulla loro scia si era
inserito Engels con lo studio L ’origin e d e lla fam iglia d e lla pro-
prietd p rivata e d e llo stato.
La probability che il matriarcato abbia potuto svilupparsi da
un primordiale patriarcato e da Reich esclusa, in quanto egli
trova che cio che caratterizza il patriarcato (proprieta privata,
schiavitu delle donne, repressione sessuale) sia piu «moderno»,
piu vicino alle strutture della nostra societa rispetto a cio che e
proprio del matriarcato (democrazia del lavoro, liberta sessuale),
« piu vicino alio stato di natura ».
Anche il parallelismo delle due forme di organizzazione e da
Reich considerato improbabile, perche per spiegare un patriar
cato primigenio bisogna ricorrere a ipotesi complesse e poco
verosimili, come la forza del maschio, la gelosia e la eterna
lotta fra maschi, che escluderebbero la collaborazione. Inoltre
questa ipotesi, pretendendo di dare un fondamento biologico
all’oppressione della donna, serve da supporto a quell’ideologia
sessista che Reich vuole combattere.
Contro la presunta immobilita astorica della famiglia e l’eter-
nita dei suoi divieti, Reich ricerca l’origine dell’istituto dei beni
dotali che crea la dipendenza fra un clan e l’altro, e quella di
tutti dalla famiglia del capo-tribu.
Per comprendere la provenienza di questa istituzione dobbiamo
seguire l’autore nella costruzione di un’ipotesi che rende conto
dell’origine e dello sviluppo di una serie di caratteristiche della
societa arcaica; esempio la rinuncia del fratello all’amplesso con
la sorella, unitamente al dovere tributario nei confronti del ma
rito di lei.
Ci troviamo qui di fronte al modello di sviluppo dall’orda endo-
gamica alia tribu esogamica gia richiamato in altra parte. Ne
ricordiamo le tappe fondamentali da Reich stesso elencate:

91
« 1. Due branchi primitivi organizzati in sistema a diritto natu
rale e a democrazia lavorativa, con legami incestuosi, viventi
pacificamente a qualche distanza l’uno dall’altro.
2. Motivi economici o naturali (cambio del territorio di caccia)
li spingono al conflitto.
3. Gli uomini appartenenti a uno dei due branchi, che durante
la migrazione sono costretti a vivere in astin en za, aggrediscono
l’altro branco: vietato l’amplesso genitale al clan aggredito (ori-
gine estern a, in fondo di carattere e co n o mico , del divieto di ince-
sto). Imposizione dell’obbligo tributario ai precedenti mariti-
fratelli.
4. Rinuncia dei fratelli e annientamento reciproco. Catastrofe
p r im itiva : irruzione della strapotenza nella societa primitiva,
finora pacifica; paura reciproca, negli uomini, delle orde nemiche.
5. Ristabilimento della pace per mezzo di un’alleanza e rego-
lamentazione ’’contrattuale” delle condizioni preesistenti: Isti-
tu zion e d e i matrim on i s c am b iev o li ( esogamia) (...)•
6. Mantenimento del simbolo della vittoria di un clan nei con-
fronti dell’altro, sotto il profilo della gradu atoria di rango e d e l
com un e capotribu . Cio sara il primo impulso all’evoluzione del
diritto naturale, attraverso quello matriarcale, fino a giungere
al patriarcale ».14
« P a ce v erso Vinterno, vio len za verso Vesterno, questa e la
situazione che regnava nei tempi preistorici ».15
Lo scambio delle donne, cioe lmcrociarsi delle famiglie e delle
linee di parentela, dei legami di sangue insomma, sono l’unica
garanzia di pace, il modo di trasformare cio che e « esterno »
in «interno». Ma « le tracce della violenza rimasero — rico-
nosce Reich — sotto forma di graduatorie di rango all’interno
dei clan, e di tributo matrimoniale ».16
II matrimonio implica l’instaurarsi del divieto dell’incesto.
Reich analizza e confuta la spiegazione di questo tabu fornita
da Freud: senso di colpa dei figli per l’uccisione del progenitore
padre e capo del gruppo, questo sarebbe il peccato originale, il
delitto preistorico che ossessiona l’umanita e le cui tracce pro-
fonde si possono trovare analizzando la coscienza di ciascuno.

92
« La nostra versione invece spiega il divieto di cibarsi dell’ani-
male-totem e di vivere nell’incesto, considerando lo storico awe-
nimento della proibizione di cacciare l’animale caratteristico
della regione di caccia e di mangiarlo, nonche di possedere le
proprie donne: un divieto che non sorse all’interno della gens,
bensi fu imposto dall’esterno, da parte cioe di un gruppo vinci-
tore appartenente a un’altra orda».17
Esistono feste in cui questi divieti sono sospesi e si ristabilisce
per un periodo la primitiva liberta, quasi a tenerne viva la me-
moria.
Preoccupazione costante di Reich e mostrare come l’organizza-
zione familiare e stata continuamente soggetta a trasformazioni.
La teoria di Morgan-Engels, confermata dalla testimonianza di
Malinowsky, indica le tappe di questi mutamenti. Disconoscerla
vorrebbe dire secondo lui affermare l’originarieta del patriar-
cato e della sua forma familiare, sostenere cioe che « la morale
coercitiva esistette sempre ed e insita nella natura umana »18
e quindi non potra scomparire.

Riconsiderazione critica della documentazione di Malinowsky

Le intenzioni di Reich sono certamente lodevoli: riportare il


discorso sulle istituzioni nella storia, andare a vedere a quali
interessi esse siano legate, affermarne e ricostruirne il divenire,
sono operazioni necessarie a battere il filisteismo conservatore
che vuole giustificarne la funzione per ribadirne la necessita e
inamovibilitk.
II suo scontro con Freud a questo proposito va anche molto
al di la di questi temi specifici e infatti gli costera l’espulsione
dalla Societa di Psicoanalisi, portandolo a legarsi con le forze
piu attive e progressiste del suo tempo.
« Noi dunque non rinneghiamo le scoperte analitiche, ma le
concepiamo in modo non biologico, bensi storico e ci proponiamo
di portarle ad una giusta relazione con la storia e la societa ».19
Questa presa di posizione metodologica e da noi condivisa. Tut-
tavia quello che e ora necessario e verificare piu da vicino come

93
Reich articola la costruzione della nuova disciplina che egli
definisce « sessuo-economia » e se la disamina della societa tro-
briandese su cui si basa sia effettivamente sufficientemente precisa
e approfondita e non invece profondamente inficiata dai suoi
interessi teorici.
Dico subito, per quello che riguarda la posizione della donna
nella societa trobriandese e la sua definizione, di non poter affatto
condividere i giudizi ottimistici su cui Reich fonda la sua teoria,
giudizi gia presenti in Malinowsky.
Abbiamo visto che la tesi centrale di tutta la teoria di Reich
e la presunzione di un’epoca matriarcale (accettata anche da
molta parte della cultura antropologica) in cui vige, oltre alia
democrazia del lavoro (basata certamente su una qualche divi-
sione « naturale »), la liberta sessuo-economica.
Ma andando a leggere il racconto di Malinowsky sulla vita
nelle Trobriand ed esaminando i personaggi femminili che pre-
senta, vi ho trovato una « strana » affinita con caratteristiche fin
troppo note della nostra e di altre societa, che difficilmente la-
sciano credere in una sostanziale diversita nella definizione del
sesso femminile.
Vediamone alcuni punti:
Nel tipo di famiglia cosidetta matriarcale « il padrone della
casa » e il tama (padre non biologico).
Quando il bimbo cresce, apprende che non appartiene alio
stesso clan del suo tama, ma a quello della madre. A questo
punto pero e al fratello della madre che egli deve fare riferi-
mento, al suo villaggio e alia sua autorita.
Malinowsky fa notare come questo doppio influsso, dell’amore
paterno e del principio matrilineare, crei tensioni e scontri nella
vita tribale e nei sentimenti dell’indigeno.
Ma quello che a noi importa sottolineare e che i poli di questa
tensione (affettiva e sociale, foriera di conflitti che minano ljir-
monia) sono soggetti maschili, laddove la donna, la madre, serve
solo a definire la direzione di determinate rapporti e interessi,
in cui pero la sua individuality non viene presa in considera-
zione. Anzi anch’essa deve far riferimento all’autorita del fra-

94
tello: « lei debba inchinarsi quando egli si awicina e obbedire
ai suoi comandi e considerarlo come il capo della famiglia ».20
« II potere e le funzioni che appartengono a una famiglia ven
gono in ogni generazione conferiti agli uomini anche se devono
essere trasmessi dalle donne ».21
« La donna non esercita mai i veri poteri... per la maggior parte
del tempo non ha che da bearsi di gloria riflessa ».22
Abbiamo gia detto che non ha diritto di partecipare alia vita
pubblica, riunioni tribali e decisioni che riguardano la vita comu-
nitaria. Tuttavia Malinowsky trova che « la donna svolge un ruolo
di grande influsso sulla comunita e che la sua condizione sociale
n on pud essere di inferiorita ».a
Per Malinowsky il fatto che i membri maschili di un clan con-
siderino se stessi piu « aristocratici» della parte femminile non
ha importanza, e evidentemente scontato, « esprime semplice-
mente la generale presunzione della superiorita maschile » 4 e
pertanto non ha bisogno di spiegazione.
II nostro studioso e veramente sicuro che presso questi « sel-
vaggi », uomini e donne « vivono insieme liberamente e in ter
mini di uguaglianza »25 e ci spiega anche come « L’influsso del
maschio e quello della femmina si equilibrano, l’uomo esercita
il potere mentre le donne ne determinano la distribuzione ».26
Questa distribuzione awiene secondo le linee di parentela, quindi
la donna la determina in quanto generatrice, cioe nell’esercizio
di una funzione biologica, ma totalmente al di fuori della sua
esistenza soggettiva.
Forse a un figlio dell’epoca vittoriana, dove alle donne non
veniva riconosciuta neppure questa funzione, questo poteva sem-
brare un equilibrio... Ma a noi richiama alia mente le conside-
razioni di Ida Magli sull’antropologia culturale e i suoi cultori:
« Ora e certo che in tutte le culture finora studiate dagli antro-
pologi il modello che ’’emerge” e quello maschile. (...) II fatto
che gli antropologi fossero di sesso maschile impediva loro di
porsi nell’atteggiamento mentale indispensabile per compren-
dere i valori culturali delle donne, sia di accostarsi direttamente
a questi valori » J 1

95
Malinowsky e Reich con la loro insensibilita alia tematica fem
minile confermano queste affermazioni. E difficilmente potrem-
mo aspettarci che fosse diversamente, visto che Malinowsky di-
chiara apertamente che l’indagine etnografica e stata condotta
con la collaborazione di informatori esclusivamente maschi, e
pur tuttavia sembra non sospettare che l’immagine che ne risulta
venga ad essere quella che gli uomini, e solo essi, si fanno della
propria societa.
Eppure egli e ben cosciente che maschi e femmine trobriandesi
partecipano di due culture diverse e per molti versi rigorosa-
mente separate. Anche fra i Trobriandi uomini esistono il timore
e la vergogna di sentirsi attribuire capacita femminili (ad esem-
pio: sei un bravo cuoco), e d’altro canto ciascun sesso e custode
di segreti e magie ad esso riservati.
C’e un’altra circostanza in cui ratteggiamento discriminatorio
dei Trobriandi verso le donne diviene particolarmente esplicito:
« Una vedova osserva sempre un periodo di lutto piu lungo di
un vedovo, una madre piu di un padre, una parente piu di una
parente appartenente alio stesso grado ».a
Durante il complicato cerimoniale che gli appartenenti al clan
della moglie sono tenuti a eseguire, « la vedova, che durante
tutto questo tempo non si e scostata dal marito, ne ha mangiato
o bevuto, e nemmeno ha smesso di piangere, non e ancora libera.
A questo punto deve entrare in una piccola gabbia, costruita
all’interno della sua casa, dove rimarra per mesi osservando i tabu
piu rigorosi. Non puo lasciare questo posto, puo parlare solo
bisbigliando, non deve toccare cibo ne bere con le proprie mani
ma aspettare che qualcuno la imbocchi, rimane rinchiusa all’o-
scuro, senza aria fresca ne luce, il suo corpo e tutto imbrattato
da spessi strati di fuliggine e di grasso e non verra lavato per
molto tempo... £ piu o meno sempre sotto il controllo e la sor-
veglianza continua dei parenti matrilineari del marito i quali
considerano il suo lutto e le sue relative privazioni cose dovute
loro ».29
La vedova dunque deve rinnegare ogni espressione vitale, umi-
liarsi, annichilirsi, quasi negare la sua soprawivenza al marito.

96
Malinowsky spiega che il significato di questa crudele usanza
ha origine nell’atteggiamento dei Trobriandi nei confronti del
legame matrimoniale che essi considerano artificiale e non degno
di fiducia: per questo il maggior sospetto di complicita all’assas-
sinio del defunto tramite magia nera pesa dunque sulla donna
e sui figli. Si aggiunge inoltre che mentre la stregoneria maschile
e riconosciuta e codificata « quasi come se si trattasse di un siste-
ma razionale » e ha carattere di professione atta a procurare
onori e denaro, la stregoneria femminile non viene esercitata
pubblicamente, e considerata molto pericolosa e legata a poteri
oscuri e temibili, e usanze sinistre. Si tramanda di madre in figlia,
con le caratteristiche tipiche (accoppiamento con demoni, meta-
morfismo, levitazione, potere terapeutico, ecc.) che si ritrovano
attribuite a questo tipo di negromanzia quasi universalmente.
Questo sospetto di essere la causa della morte del marito e un
dato ricorrente in molte culture arcaiche (Nambikwara ecc.),
dove a volte viene messo in relazione con la prerogativa di mani-
polare e cuocere i cibi (paura deirawelenamento).
Malinowsky interpreta la segregazione come una forma di osten-
tazione del dolore, al fine di esorcizzare i sospetti che inevitabil-
mente investono la vedova, che e rimasta pur sempre una stra-
niera.
Questa usanza me ne richiama un’altra, cronologicamente e
geograficamente lontana, eppure simile, di cui erano pure oggetto
delle donne sospettate di magia. Durante la secolare persecu-
zione delle streghe in Europa, alcune di esse quando non veni-
vano bruciate, venivano rinchiuse in angusti sotterranei detti
in pa ce e li erano costrette a rimanere lungo tempo.
Vivere per mesi in uno spazio «stretto e buio, buio pesto e tanto
piccolo che se tende le mani puo quasi toccare le pareti da ogni
parte... impregnato da un indescrivibile lezzo fatto di esalazioni
umane, di accumulata sporcizia personale, di cibo stantio e di
fumo »30 puo darsi che presso i Trobriandesi non assumesse carat
tere punitivo ed espiatorio, ma certamente questo non doveva
bastare ad affievolire l’obiettiva durezza della situazione.
Dal poco che ci e detto, la sorte del vedovo appare assai diversa,

4 97
se « le fanciulle, nelTevenienza di un lutto, consolano g li afflitti
vedovi con I’amplesso » . 31
L’unico genere di considerazioni che questa usanza induce nei
nostri studiosi, come anche quella che voleva che le fanciulle
del villaggio, dopo awenuto lo scambio delle merci, andassero
a visitare gli stranieri sulla spiaggia e dormissero con loro, ri-
guardano la grande liberta sessuale e la mancanza di gelosia.
Direi che Reich si dimostra ancora piu incosciente nell’inneg-
giare a questo genere di rapporti reificati, di cui considera super-
fluo dare una interpretazione, vista la constatazione che « cio
che interessa per il nostro argomento e solo la vita comunitaria,
ben ordinata nonostante l’assenza del moralismo sessuale ».32
Dato che la mancanza di repressione sessuale nella societa ma-
triarcale e il fulcro della tesi di Reich vogliamo prendere in esame
piu in particolare questo settore della vita per verificare la sua
ipotesi.
Quello che si desume dal racconto di Malinowsky e che i bam
bini conducono una vita piuttosto autonoma riuniti in gruppi di
coetanei, per lo piu dello stesso sesso. Infatti « i bambini a se-
conda dell’umore — e sembra uno dei piu abituali — disdegnano
la compagnia delle femmine e si divertono da soli».33
Dopo un primo tempo in cui il bambino forma una specie di
insieme con la madre, legato com’e da un rapporto intimo con
lei, sappiamo che se ne deve staccare, questa confidenza deve
venire meno e i suoi interessi sessuali devono essere rivolti fuori
della casa: « In questo modo il rapporto con la madre e i rap
porti sessuali vengono mantenuti distinti. (...) Le idee e i senti-
menti che ruotano attorno al sesso da una parte e attorno alia
tenerezza materna dall’altra, vengono differenziati in modo natu-
rale e semplice ».
Qualsiasi approccio tenero, « gentile, affettuoso e persino scher-
zoso con l’altro piccolo essere che si trova sempre in casa »35
verrebbe severamente rimproverato e punito.
Commenta Malinowsky: « Questo contagio emotivo, questa
percezione delle reazioni morali nell’ambiente sociale e forse,
in una comunita indigena, il fatto piu potente, attraverso il quale

98
le norme e i valori vengono imposti al carattere di un indivi-
duo ».36
Lo studioso si dimostra qui assai cosciente di trovarsi di fronte
a una precisa forma di ordinamento, con le sue norme e le sue
proibizioni, rinteriorizzazione delle quali contribuisce in maniera
determinante alia formazione della personality e al manteni-
mento della struttura del gruppo.
Non poco quindi ci stupisce trovare Reich, che ha dedicato una
parte dei suoi studi a comprendere come la struttura sociale si
rifletta e plasmi l’individuo, affermare che « tali restrizioni non
hanno alcuna importanza economico-didattica», e questo in
quanto esistono altri soggetti con cui e possibile la soddisfa-
zione della libido.
Anche la vita sociale del Trobriandese comincia con un
divieto e una repressione del desiderio verso le persone con
cui e stretto da legami naturali. Reich in una specie di consi-
derazione « quantitativa » della repressione sessuale, ritiene che
questo divieto non influisca, perche ci saranno altri numerosi
« oggetti » in grado di soddisfare il libero svolgimento della ses
sualita. Senza rendersi conto per6 che e proprio nella definizione
di questa sessualita che quel meccanismo entra in gioco: proprio
qui si attua la scissione dell’integrita individuale richiesta come
separazione tra risposta emotiva e sessuale. La madre, la prima
persona a cui il bambino reagisce emotivamente, gli chiede di
reprimere una parte di queste reazioni. L’individuo deve impa-
rare a distinguere tra « affettivita » e « sessualita », imparare che
non si puo rispondere all’altro in modo totale. Per ottenere l’a-
more della madre, per essere accettato in famiglia il bambino
deve compiere questa transazione, dare cio che e « buono », sop-
primere cio che e «cattivo». Questa e la repressione sessuale
imposta a ognuno nell’interesse dell’integrita familiare. Esiste un
legame strutturale fra il tabu dell’incesto, la famiglia e la ses
sualita nelle loro attuali forme specifiche. Base della nostra cul
tura e civilta, questo e il meccanismo fondamentale mediante il
quale si producono le strutture caratteriali e anche le relative
disfunzioni e turbe nevrotiche.

99
« L’astensione consapevole da ogni contatto piu stretto e una
dimostrazione della consapevolezza degli impulsi sessuali di
fronte alia sorella », dichiara Reich. II rapporto con la madre
e pressoche ignorato. Esaminando i nostri comportamenti e i no-
stri tabu e legittimo domandarsi se l’astensione sia automatica-
mente indice di consapevolezza e non piuttosto la semplice
interiorizzazione di un divieto sostenuta dal condizionamento
e dal senso di colpa.
Poco dopo, pur riconoscendo che anche la societa matriarcale
si riproduce in modo « ideologico », continua: « E come nella
societa autoritaria la repressione sessuale costituisce l’humus della
generale inibizione psichica, cosi nella societa matriarcale la
liberta sessuale e fondamento della liberta caratteriale, che ga-
rantisce proprio un legame sociale ben fondato sulla libido con
i membri della societa stessa ».37 Ma non di quella parte fonda-
mentale della societa che e la famiglia, pero.

Ma veniamo al nostro argomento specifico, la femminilita. Per


capire questo aspetto bisogna analizzare il tipo di ruolo sessuale
assegnato all’uomo, confrontarlo con quello della donna, e vedere
i modi del loro interagire.
Un dato che ci ha colpito molto e che ogni volta che si verifica
un libero incontro di carattere sessuale fra maschi e femmine, il
maschio offre dei regali alia sua partner.
Questo awiene gia nei primi incontri fra i bambini, i quali
« cercano strani animali, insetti o fiori e li regalano alle bam-
bine, dando cosi un tocco di puro riscatto estetico al loro prema-
turo erotismo».38 (Dunque c’e gia qualcosa da « riscattare »!).
Questa usanza ritroviamo durante 1’u latile, spedizione amorosa
presso un vicino villaggio, compiuta dai giovani (ricordo di
« spedizioni armate a scopo di corteggiamento »).
Ecco un passo della descrizione di Malinowsky: « Secondo il
costume, l’iniziativa di accoppiarsi dovrebbe partire dagli ospiti,
e ogni ragazza deve, per una ragione di etichetta, accettare qual
siasi offerta che le viene fatta. (...) Poi ogni ragazzo offre cerimo-
nialmente un piccolo dono alia ragazza che si e scelta: un pet-

100
tine, una collana, un bastoncino per il naso, una manciata di
noce di betel. Se la ragazza accetta il dono, accettera anche il
ragazzo come amante per quella notte »,39
L’etnologo stesso richiama l’attenzione su questa usanza in un
paragrafo significativamente intitolato « L’aspetto venale del-
l’amore ». « Questa usanza — egli dice — implica che il rap-
porto sessuale, persino la dove e presente un attaccamento reci-
proco, sia un servizio reso dalla donn a alVuom o. Come tale esso
deve essere ripagato secondo le regole della reciprocita o del
dare-e-prendere, che domina tutta la vita tribale. (...) La ricom-
pensa per i favori sessuali viene chiamata b u w a ... il regalo costi-
tuisce una parte essenziale della transazione »-40
Ma perche le relazioni sessuali sono considerate come servizi
resi dalla donna airuomo?
Acconsentendo all’unione proposta, la donna consente e rea-
lizza l’operazione di scambio fra uomini; essa e al di fuori di ogni
rapporto di reciprocita e non puo modificare la natura della tran
sazione.
Questo atteggiamento ne ricorda da vicino uno simile del nostro
costume: Tinferiorizzazione e l’effettiva dipendenza della donna
vengono celate e ribadite dalla tradizionale « cavalleria » e « ga-
lanteria» maschili, surrogate e sostituto del rispetto dovuto
all’individuo. Tuttora talvolta il corteggiatore fa oggetto la donna
oltre che della sua iniziativa sessuale, anche di offerte di regali
piu o meno simbolici.
Queste significative analogie ci inducono a verificare quale fosse
presso una societa « selvaggia», tanto diversa dalla nostra, il
senso dell’usanza.
Per Malinowsky la cosa e semplicemente un non-senso, « Con-
siderando la grande liberta delle donne e la loro uguaglianza
con gli uomini in tutte le faccende (...) considerando anche che
sono inclini al rapporto sessuale tanto quanto gli uomini».
Considerazioni che evidentemente egli non e affatto disposto
a rivedere, non foss’altro che per chiarire l’aporia.
La sua sicurezza e tale che non si perita di dichiarare con leg-
gerezza sorprendente in uno studioso della sua profondita, che

101
il costume e « qui come altrove arb itrario e in co eren te » quando
tratta il rapporto sessuale come « un servizio da parte delle donne
airuomo che gli uomini devono pagare » f 2
Eppure il parallelismo e talmente preciso che « l’entita e la
natura del dono varia a seconda del tipo di rapporto sessuale ».
La relazione fra i due elementi e tutt’altro che casuale e si man-
tiene anche all’interno del matrimonio, dove la disponibilita
al rapporto sessuale della moglie e ricompensata dal marito in
termini di cure e di attenzione, e — aggiungo io — di legaliz-
zazione che il marito da al figlio della sua sposa.
Questo e « il pagamento per i servizi sessuali della madre ».43

Uno degli elementi che inducono Malinowsky e Reich ad affer-


mare che la donna non ha in campo sessuale una posizione diversa
ne e seconda aH’uomo per spirito di iniziativa e liberta di auto-
affermazione e che aW ulatile, spedizione maschile, fa riscontro
il katuyausi, gita d’amore delle fanciulle negli altri villaggi.
Ma, confrontando le due usanze, le nostre conclusioni sono
diverse.
Gia la parola u la tile , che applicata ai maschi significa « avere
successo con le donne » « corteggiare» ecc., applicata a una
donna assume senso denigratorio, e precisamente di « donna che
desidera piu di quanto non venga desiderata », « impudente co
me un uomo ».
Evidentemente il desiderio, quando non e rispondente alia ri-
chiesta maschile, e, anche presso i Trobriandi, sconveniente e
deprecabile. Da molti passi e dato presumere che il pu d ore e
virtu assai apprezzata nella femmina trobriandese. E Yakalusa
era indicata al comune disprezzo per essere « accusata di awi-
cinarsi spontaneamente agli uomini ». Siccome prendeva lei 1ini
ziativa era chiamata « sgualdrina ». L’osservazione di Malinow
sky, ripresa e condivisa da Reich e che « la censura morale alia
quale si espongono queste donne e basata sulla vergogna che
inerisce Tinsuccesso erotico ».
Non cosi si interpreta 1’analogo biasimo che in tempi piu recenti
colpisce le donne « sfacciate ». Questo problema dell insuccesso

102
si pone soltanto per le donne. Infatti quale peggiore difetto per
una merce, per un oggetto di scambio, che Lesser poco desiderata
dal suo acquirente ideale?
Del resto di fronte al successo in amore troviamo lo stesso
atteggiamento. II successo troppo vistoso in amore non e ben
visto in nessuno dei due sessi; ma il tipo di riprovazione di cui
ciascuno e oggetto e del tutto diverso. La condotta maschile e
considerata « cattiva » in quanto nociva agli interessi degli altri
che pero lo invidiano. In una donna invece simile successo e con-
siderato « vergognoso ».
L’impiego di queste categorie ci fa sentire questo mondo molto
vicino al nostro, che Reich definisce autoritario-patriarcale.
Ma torniamo alia relazione di Malinowsky.
II giovane che compie la spedizione viene definito come « un
cacciatore di frodo dell’amore » e come tale deve procedere di
soppiatto. Infatti la sua iniziativa prevarica i diritti di altri: della
sua amante abituale e dei giovani dell’altro villaggio, i quali
« considerano le loro donne come la propria personalissima ri-
serva di caccia »,45
II linguaggio stesso di chi racconta suggerisce continuamente
roggettivazione e la prevaricazione implicita nel rapporto.
Osserviamo ora le fanciulle durante il katuyausi. Mentre i ra-
gazzi lungo la strada ostentano un comportamento rumoroso e
spavaldo, il contegno delle fanciulle « rimane decoroso per tutto
il viaggio ». Abbiamo gia visto che anche in questa situazione
la scelta e l’iniziativa dell’approccio sono privilegi del maschio.
Vediamo ora cosa succede se al ritorno le fanciulle non rie-
scono a passare inosservate: « Le colpevoli vengono insultate,
picchiate e... a volte addirittura violentate in pubblico dai loro
propri amanti. Alcuni ragazzi tengono ferma la ragazza, mentre
il legittim o p rop rietario f a uso d e lla sua p rerogativa come puni-
zione ».46
Malinowsky trova che questa e Tunica situazione in cui il Tro-
briando « manca di decoro ».
La sua ostinata ottusita puo forse farci capire quanto profon-
damente e radicata nel nostro costume e nella nostra mente una

103
situazione di perenne violenza contro la donna; al punto di non
riuscire a essere visib ile , cioe riconosciuta anche nelle sue mani-
festazioni piu clamorose.
Dell’essere femminile si parla come di colei che « soddisfa »
le esigenze sessuali; altre volte invece « le intralcia »; essa con-
sola i vedovi e « visita » gli stranieri... La sua soggettivita non
viene mai posta, con tragica, awilente coerenza, ne dal Tro-
briando ne dall’etnologo.

Credenze trobriandesi

Esistono per altro delle situazioni in cui si attribuisce l’inizia-


tiva sessuale alle donne. Entrambe quelle di cui ci parla Malinow-
sky sono mitiche, leggendarie, cioe non documentate diretta-
mente, ma racconti evocati nei discorsi dell’indigeno. La prima
di queste credenze si riferisce alia yausa.
Durante la sarchiatura, che le donne compiono insieme in un
giardino alia volta, esse godono del privilegio di compiere una
specie di assalto orgiastico nei confronti di uno straniero che si
awicinasse. L’uomo e preso, privato del perizoma simbolo della
sua dignita maschile, e con « la crudelta piu oscena » e ridotto
alia « piu sporca intimita ». II racconto di come egli venga bi-
strattato e usato a scopi lascivi provocava non poco compiaci-
mento negli informatori.
Malinowsky dice di non sapere se cio sia realmente mai awe-
nuto e lo considera « come un mito permanente, sostenuto da
un interesse vitale e da una forte credenza ».
L’altra leggenda analoga si riferisce alle abitanti dell’isola di
Kaytalugi. Quest’isola fantastica e abitata solo da innumerevoli
donne, bellissime, nude, insaziabili e molto crudeli.
Quando un uomo approda alia riva, esse gli vanno addosso
e lo costringono all’accoppiamento, e cosi fanno una dopo 1altra
instancabilmente fino a provocarne la morte. Questo racconto
ricorda da vicino il mito delle Amazzoni di cui si trovano tracce
nelle culture piu diverse.
Se queste narrazioni poco ci possono dire sui desideri femmi-

104

I
nili, sono tuttavia assai interessanti come testimonianza di cio
che viene loro attribuito dalla mentalita indigena e delle proie-
zioni di cui sono ricche.
In entrambe le situazioni abbiamo un gruppo esclusivamente
femminile. Ad esso viene attribuita un’aggressivita estrema, che
si esprime nel richiedere airuomo delle prestazioni sessuali este-
nuanti, caratterizzate da una connotazione dispregiativa e defini-
tivamente distruttiva.
In questi elementi ci sembra di sentire, quasi espressa figurati-
vamente, la paura profonda e oscura che l’uomo ha della donna,
specie quando e unita alle altre; e il relativo esorcismo.
La rappresentazione di questa paura configurandosi come ritor-
sione della violenza sessuale, con un capovolgimento di ruoli
riporta a una situazione nota e ricercata, e in questo modo riduce
il pericolo del diverso, il suo margine di originalita; e l’angoscia
dell’ignoto finisce per presentarsi in termini abbastanza rassicu-
ranti. Si ribadisce che l’unico mezzo di espressione che la donna
ha e il rapporto con l’uomo, e che il suo desiderio, come la sua
malvagita richiedono la di lui potenza.
Anzi l’impressione che si riceve e che questo mito sia una fin
troppo chiara proiezione del sogno di onnipotenza (sessuale)
maschile, l’espressione di un vagheggiamento, l’attribuzione alle
donne del proprio desiderio di possesso e di distruzione. D’al-
tronde la donna e un elemento drammatico della rappresenta
zione: infatti e proprio lei con la sua esistenza, con la sua pre-
senza anche muta e mutilata, con la sua diversita sessuata, a
togliere credibility, a uccidere questa pretesa di assoluto.

£ interessante anche raffrontare queste leggende con l’imma-


gine che il Trobriandese (naturalmente uomo, delle donne si
tace) ha della vita futura, oltre la morte.
La tuma e un « paradiso erotico ». Anche questa e un’isola
affollata di donne bellissime. Esse pero lavorano tutto il giorno;
fanno tutto loro. Di notte danzano e pensano a soddisfare i loro
compagni: « Le donne-spirito, benche appaiano incorporee a noi
mortali, hanno una capacita di fuoco e di passione sconosciuta

105
a noi che viviamo sulla terra. Si affollano intorno all’uomo, lo
accarezzano, lo trascinano con la forza e gli usano violenza ».48
E cosi questi spiriti, tutti dotati di grande bellezza dignita e capa-
cita, tutti «capi», trascorrono il tempo in perenni baccanali.
A parte la connotazione di generale ammirazione e deferenza
da cui si immaginano circondati, vediamo che la situazione pro-
spettata, seppure spogliata del carattere di pericolosita e paura,
non e affatto diversa da quella che si era immaginata come pro-
mossa dalle donne « attive ». Sembra che anche I’immagina-
zione dell’uomo del rapporto con le donne non riesca a uscire
da una direzione totalmente unidimensionale: paradiso e inferno
si identificano in un grande straordinario bordello. A tal punto
le strutture simboliche sono figlie della nostra storia.

Matrimonio e procreazione. La concezione pateriale

Non ci siamo trovati d’accordo con Reich nel giudizio che la


societa trobriandese e « autoregolata », in quanto abbiamo rav-
visato in molte sue manifestazioni l’imposizione di norme e giu-
dizi morali atti a regolamentare la vita dei suoi membri, e im-
porre comportamenti e istituzioni.
E se non esistono istituti specifici addetti al controllo del rispetto
delle regole, tuttavia possiamo dire che a garantire il perpetuarsi
dei costumi basta il co n tro llo sociale. L’interiorizzazione da parte
dei singoli dei valori fondamentali della societa e garante della
continuita e permette il funzionamento della vita comunitaria.
II punto dove anche Reich riconosce l’intervento repressivo e
l’affermarsi di una morale e Yistituto matrim on iale. In esso si
realizza il passaggio dalla libera scelta del partner, dettata da
interessi sessuali e dal libero intrecciarsi delle passioni, alia costri-
zione del legame matrimoniale, in cui prevalgono gli interessi
economici.
Reich e Malinowsky sono concordi nell’affermare che nell isti-
tuto matrimoniale gli interessi economici che si affermano sono
a tutto vantaggio del maschio-marito: « Alla celebrazione del

106
matrimonio consegue un considerevole tributo annuale, consi-
stente in prodotti alimentari pari a circa la meta del fabbisogno
della famiglia, effettuato dalla famiglia della donna al marito
di lei. (...) I servizi che un donna rende al marito sono evidente-
mente piacevoli (...) La donna invece non ha alcuna ragione eco
nomica che l’induca al matrimonio e ne attinge anche minori
comodita e considerazione sociale »,49 Infatti e su lei che pesa
la conduzione della casa, la preparazione e cottura dei cibi ecc.
Reich non condivide l’interpretazione di Malinowsky secondo
il quale la donna sarebbe « spinta verso il matrimonio piu dal-
l’affetto personale e dal desiderio di avere bambini ».50 Questi
tratti rappresentano per Reich l’ancoramento di questa istitu-
zione nella struttura caratteriale degli individui.
Ma, escluso per la donna il motivo di interesse, resta da doman-
darsi che cosa la induca a rinunciare a vivere secondo la propria
inclinazione personale.
Reich evita questo imbarazzante quesito.
Ma noi, alia luce delle considerazioni sulla vita prematrimo-
niale finora svolte, possiamo affermare che la donna entra nel
matrimonio preparatavi dalla sua socializzazione, dove poco o
nessuno spazio e stato concesso all’espressione dei suoi interessi
e della sua individuality, fino ad adattarla al ru olo su baltern o di
m ediatrice.
Se prima la societa richiedeva da lei la disponibilita a rapporti
sessuali vari e molteplici, 1’eta adulta impone l’ingresso in una
relazione stabile, in cui dipendenza e prestazioni di servigi sono
rivolti a un solo uomo: il marito.
Mentre un uomo e praticamente libero nella scelta, per la donna
ci deve essere il consenso della famiglia, visto che la decisione
e vincolante per una serie di importanti prestazioni. Prestazioni
che sono in primo piano anche nel motivare la scelta da parte
del marito. Alla sposa non resta dunque neppure lo spazio per
determinare la scelta di se come oggetto. Non solo non sceglie,
ma non e l’oggetto fondamentale della scelta.
La transazione awiene fra uomini e riguarda qualcosa che tra-
scende Tesistenza e l’universo femminile.

107
Anche nel momento deH’« unione» questi due mondi sono
e rimangono rigorosamente separati.
La persona a cui e demandata la contrattazione e il padre della
sposa, il quale, in quanto non consanguineo e libero dal divieto
di occuparsi della sua vita sessuale.
« La fecondita nelle ragazze nubili e disonorevole; la sterilita
nelle donne sposate e una sfortuna ».51
La capacita procreativa, caratteristica biologicamente determi-
nata nella donna, e filtrata attraverso valori culturali che le
attribuiscono connotazione positiva o negativa a seconda che
essa venga o no a confermare l’esistenza dell’istituto familiare.
« La famiglia che consiste di un marito, di una moglie e di bam
bini e un insieme standard deciso dalla legge tribale, nel quale
sono prestabilite anche le funzioni delle parti componenti. Per-
cio non e regolare se uno dei membri di questo gruppo manca »,52
Possiamo notare in contrasto con quanto e stato spesso affer-
mato, che da parte della societa la richiesta di legittimazione
dell’attivita procreativa tramite la figura paterna va disgiunta
dal riconoscimento della partecipazione deH’uomo alia genera-
zione. Prima che la paternita fisiologica si costituisse, il ruolo di
« modello padronale » era gia richiesto.
« 11 ru o lo s o c iale d e l pad re vien e stab ilito e defin ito senza alcun
ricon oscim en to d e lla sua natura fisio lo gica » .53 Esso anzi viene
rafforzato dal « dogma sociale » che ogni bambino rassomiglia al
padre. Questa somiglian za e affermata con forza, come legame
emotivo che unisce due persone; mentre qualsiasi somiglianza
con la madre o con un parente materno viene assolutamente
negata e farvi riferimento e considerata un’offesa imperdonabile.
« Cosi vediamo che e stato introdotto un legame fisico artificiale
tra il padre e i bambini, legame che in un punto importante
offusca il legame matrilineare ».
Significativa e la spiegazione offerta dai Trobriandesi: il tama
ha rapporti con la madre, le sta vicino e cosi facendo « coagula »
il viso del bambino, gli da l’impronta, lo « plasma ».
In questa « dottrina sociale concernente 1 influsso del padre sul
fisico del bambino »55 troviamo qualcosa di « classico », di carat-

108
teristico: i figli sono formati a immagin e e somiglian za del padre,
al di fuori di ogni partecipazione fisica. Anche Aristotele sarebbe
d’accordo: il padre da forma, la madre e la materia.
« Dando la forma, il padre differen zia (e in certo senso distin
gue, stacca) i figli dalla madre. Nello stesso tempo, discrimin a
i figli gli uni dagli altri, poiche paradossalmente la comune
somiglianza dei fratelli e delle sorelle con il padre (che costi-
tuisce quindi la loro fo r m a g en era te, il loro equivalente ideale),
secondo gli abitanti delle Trobriand, non implica alcuna somi
glianza dei figli tra lo ro .
Cosi il padre informa e la madre materializza, sia presso gli
abitanti delle Trobriand sia nel mito cristiano dell’immacolata
concezione.56 C’e una filiazione formale senza contributo fisiolo-
gico alia riproduzione, e c’e una filiazione materiale, solamente
fisiologica, che non impone la trasmissione di nessuna forma
o eidos » .57 E non ha alcun potere definitorio.
Fino a ieri anche la nostra legge assumeva, pur contro ogni
evidenza, che « padre » del bambino e il « marito della madre ».
Quello che continua a prevalere quindi e il vincolo sociale, anche
quando non venga a identificarsi con quello naturale.
« La congiunzione genesica, la fusione nella procreazione sareb
be quindi soltanto un’impressione. L’alleanza non una mesco-
lanza. Ci sarebbe sempre una duplice riproduzione; ci sarebbero
sempre, nello stesso tempo e divise, l’una e l’altra: l’una che
assicura una filiazione pateriale \ e l’altra, indeterminata e sot-
terranea, benche sensibile, sempre incavata e negativa come la
terra o la cera o il latte, la filiazione materiale ».58
Anche laddove, come presso i Trobriandi, la fisiologia sembra
escluderlo, la paternita rappresenta dunque l’ingerenza dell’auto-
rita maschile entro un ambito di attivita di pertinenza della
donna. « E come se gli animali corifei si fossero trasformati,
collettivamente o individualmente, in padri».59
II padre si immischia nella relazione tra la madre e la sua pro
genie, ed esercita un potere diretto sulla e nella coppia nucleare.
Possiamo pensare con Moscovici che il motivo che ha deter
minate il costituirsi della famiglia sia stata l’esigenza del ma-

109
schio di controllare la procreazione, per inserirsi nella coppia
nucleare (madre-figlio).
II carattere di padre inteso come « colui che si aggiunge » dal-
resterno alia coppia nucleare resterebbe visibile nella struttura
di una societa, come quella trobriandese, matrilineare, in cui il
padre non ha alcun legame di sangue coi figli ed e considerato
uno « straniero ».
Questo induce Moscovici a vedere nella filiazione matrilineare
una formazione storica di transizione tra le primitive societa
di affiliazione, dove la coppia riproduttiva e quella nucleare sono
separate, e la societa di parentela che fonde queste due coppie
in una famiglia in cui il padre ha funzione di dominatore. Egli
e portato a identificare immediatamente questa figura maschile
col padre biologico, arrivando ad affermare che « Alla discen-
denza materna si aggiunge o si sostituisce quella paterna e la
societa basata sulla parentela si pone immediatamente come
societa paterna ».60 Questo quindi verrebbe a implicare una diver
sity sostanziale delle societa in cui l’ignoranza della partecipa-
zione del maschio alia procreazione imponeva di calcolare la
parentela secondo la linea materna.
Ma a ben guardare questa posizione di intruso, questo discono-
scimento del ruolo fisiologico non riveste un significato essenziale.
La paternita non si e costituita a partire dalla funzione biolo-
gica di riproduzione, ma originariamente « come posizione, o
piuttosto interposizione ideologica, cioe come potere di un altro
genere di riproduzione ».61 Per i Trobriandi la parentela reale,
cioe identita di sostanza, « la stessa carne », si trasmette solo attra
verso la madre, ma la paternita sussiste come relazione pura-
mente sociale, cioe si articola su un altro registro, quello del
simbolico.
« Cosi, anziche essere un alternativa storica rispetto alia societa
di diritto paterno, la famiglia matrilineare ne e l’inizio; disegna
gia lo stampo e la piega, osiamo dire la matrice, di una differenza
di posto che potra svilupparsi in antagonismo. Infatti proprio
nella disimplicazione del padre da ogni tessuto fisiologico della
procreazione, proprio in questa particolare leggerezza del legame

110
biologico, e, d’altra parte, proprio nel rafforzamento della rela-
zione sociale, si costituira e si ingrandira la figura del pa te r e
il suo potere a mano a mano che la cultura progredisce ».62
Un’altra forma di « generazione pateriale » e costituita dall’isti-
tuto dell’iniziazion e. Essa si configura come cancellazione della
generazione « materiale » materna (morte) e ingresso nella vita
sociale, nel mondo del potere. £ una vera e propria rinascita,
l’inizio di una nuova vita caratterizzata dall’attribuzione di un
nuovo nome. Questo passaggio si compie ad opera degli « ini-
ziati», cioe i maschi adulti del gruppo riunitisi a formare un
« corpo » (sociale). La cerimonia si configura come elevazione
da un piano di insipienza e mancanza di significato, a un « sa-
pere » religioso, sociale e metafisico che costituisce la vera essenza
dell’essere.
Questo rituale decreta la fine di ogni comunicazione con il
mondo della famiglia di origine: d’ora in poi ogni contatto con
la parte femminile del gruppo e « contaminazione » e « perdita ».
II padre, la sua funzione nella famiglia, rappresenta una intro-
duzione e un’ingerenza di questo tipo di potere maschile nella
coppia riproduttiva; esso e conseguenza, non causa dell’esercizio
del potere nel gruppo sociale.
« La paternita ha ovunque valore di legge, tanto sul piano giu-
ridico come su quello morale; il matrimonio deve necessaria-
mente precedere la concezione dei figli e l’adozione supplisce —
in mancanza di cio — all’assenza di prole. (...) II padre crea
i figli e, socialmente parlando, senza padre non vi sono figli.
Reciprocamente sono essi che danno un significato alia coppia,
garantendo una finalita che le e stata assegnata ».
Questa « scissione d e lle rip ro d u zio n i» che detemina un’asim-
metria nei posti parentali, stabilendo una priorita del simbolico
e il maschio come portatore di « forma » e depositario dell’arche-
tipo, se trovera il suo sviluppo coerente nella societa detta patriar-
cale, fondando il p o te re d e l pad re come costitutivo per il gruppo,
e tuttavia gia ben visibile e attiva alio stato quasi puro, nella
societa a « diritto materno », dove da luogo alia parallela linea
di filiazione delle somiglianze.

Ill
Note

1 W. Reich, L ’irr u zio n e d e lla m o r ale sessuale coercitiva, Sugar, Milano 1972,
p. 34.
2 I b id., p. 74.
3 I b id., p. 38.
4 I b id., p. 41.
5 B. Malinowsky, op. cit., in Reich, op. cit., p. 42.
6 W . Reich, op. cit., p. 51.
7 I b id., p. 76.
8 B. Malinowsky, o p cit., in Reich, op. cit., p. 77.
9 I b id., p. 85.
10 I b id., p. 87.
11 W. Reich, op. cit., p. 94.
12 I b id., p. 98.
13 I b id., p. 108.
14 I b id., pp. 156-157.
15 I b id., p. 167.
16 I b id., pp. 167-168.
17 I b id., p. 181.
18 I b id., p. 184.
19 I b id., p. 179.
20 B. Malinowsky, op. cit., p. 99-
21 I b id., p. 40.
22 I b id., p. 45.
23 I b id., p. 40. II corsivo non e dell’autore.
24 I b id., p. 42.
23 I b id., p. 55.
26 I b id., p. 56.
27 I. Magli, op. cit., pp. 17-18.
28 B. Malinowsky, op. cit., p. 132.
29 I b id., p. 331.
30 I b id., p. 133.
31 W. Reich, op. cit., p. 47.
32 I b id., p. 53.
33 B. Malinowsky, op. cit., p. 62.
34 I b id., p. 400.
33 I b id., p. 398.
36 Ib id.
37 W. Reich, op. cit., p. 41.
38 B. Malinowsky, op. cit., p. 62.
39 I b id., p. 215.
49 I b id., p. 249.
4i I b id.

1:12
42 I b id. II corsivo non e dell’autore.
43 I b id., p. 250.
44 W. Reich, op. cit., p. 68.
45 B. Malinowsky, op. cit., p. 210.
46 I b id., p. 216.
47 I b id., p. 219.
48 I b id., p. 332.
49 I b id., pp. 78-79.
50 I b id., p. 79.
51 I b id., p. 163.
52 I b id., p. 165.
53 I b id. II corsivo non e dell’autore.
54 I b id., p. 169.
55 I b id.
56 Questa affermazione non e esatta, in quanto l’« immacolata concezione» nel
cristianesimo allude alia nascita della Madonna senza il peccato originale,
mentre qui il richiamo e evidentemente alia condizione di Maria, vergine e
madre.
57 J.J. Goux, op. cit., p. 75.
58 I b id., pp. 75-76.
59 S. Moscovici, op. cit., p. 194.
60 Ib id.
61 J.J. Goux, op. cit., p.. 74.
“ I b id.
63 S. Moscovici, op. cit., p. 194.

113
IV
Passaggio dal matriarcato al patriarcato

Nel tentativo di spiegare il passaggio dal matriarcato al patriar


cato Reich insiste sul meccanismo dei beni dotali che sancisce
il contrasto di interessi tra clan materno e clan paterno. Abbiamo
visto che il conflitto si realizza fra il rappresentante dell’autorita
secondo la successione in linea materna, cioe il fratello della mo-
glie, e il marito, destinatario della donazione; e — per la suc
cessione al potere — tra i figli della sorella e gli appartenenti
al clan paterno. La gerarchia di rango fra clan e i privilegi del
capo-tribu rappresentano, sebbene in forma primitiva, uno stru-
mento di accumulazione della ricchezza che tende a individuare
un contrasto fra due classi, di cui una s’impoverisce sempre piu,
il clan materno, mentre l’altra si arricchisce.
« I rapporti di produzione instauratisi fra i clan materni e quelli
paterni contengono gia ideologicamente il germe dellodio tra
oppressori e oppressi ».!
Si puo ipotizzare anche che la nascita di molte figlie femmine
all'interno dello stesso clan fosse malvista in quanto portava
all’accumularsi dei tributi sui fratelli, i quali pertanto non riu-
scivano a fornire beni dotali in quantita consistente, ne arrivavano
a ristabilire un equilibrio con i beni ricevuti in qualita di mariti.
Reich cita l’affermazione di Engels che l’origine di ogni divi
sione di classe sta nel « contrasto uomo-donna », rilevando che
la donna fa parte del clan oppresso, l’uomo di quello oppressore.
Ma identificare quella che Reich descrive come la contraddi-
zione fra matriarcato e patriarcato nascente con « lo sviluppo
dell’antagonismo tra uomo e donna »2 ci sembra inesatto. II con
flitto ha come interpreti soggetti maschili, il marito e il fratello
della moglie; possiamo configurare i loro interessi come interessi
di clan, in cui la donna e implicata solo nella dimensione ogget-
tiva di mediatrice della discendenza. In nessun caso essa e depo-
sitaria del potere.
Quello che Reich chiama « matriarcato » in nessun modo rap-
presenta il diritto d e lla madre. Essa, come i bambini e i beni,

115
fa parte della proprieta che e oggetto della contesa; in un caso
come nell’altro si tratta per lei di identificarsi con interessi sui
quali non avra capacita decisionale ne potere di gestione. £ quindi
errato affermare che sono i beni dotali che « mettono in moto
tutti quei processi che rendono schiava la donna »3, anche se e
vero che sono proprio essi che « abbandonano la sua famiglia,
la gens in linea materna, al potere del capo ».4
Reich e portato a stabilire questa analogia fra la sua conclu-
sione e quella di Engels dalla sua incapacita di vedere la donna
come individuo specifico: come nella storia essa non e riuscita
a trovare modo di evidenziare la sua singolarita, staccandosi dal
gruppo con cui e assimilata, cosi viene anche qui assunta in una
identificazione con gli interessi del clan senza spazio per l’esi-
stenza soggettiva.
Ben altre ci sembrano invece le implicazioni dell’affermazione
di Engels, che sebbene non sempre sviluppate coerentemente
nel corso della sua esposizione sul divenire della famiglia (Ori-
gin e d e lla fam iglia, d e lla p ro p rieta privata, d e llo stato), sem
brano riferirsi a un’oscura coscienza che il matrimonio porti il
segno di un conflitto atavico precedente e prototipo di tutti i
conflitti seguenti: « il primo contrasto di classe... la prima op-
pressione classista »5 e Toppressione del sesso femminile da
parte di quello maschile, espressa dall’« esclusivo prepotere del-
Tuomo ».
Vedremo in che senso e possibile intendere questa affermazione.
Prima di proseguire ci sembra pero necessario tentare un ulte-
riore approfondimento sui termini di questo conflitto.
I vocaboli che Reich impiega per descrivere la situazione
sono in un certo senso impropri: egli parla di un clan materno
e di un clan paterno. Ma nella societa matrilineare i clan sono
tutti materni, quindi il clan del padre sarebbe quello della sua
famiglia di origine, cioe il clan di sua madre. Nel clan, composto
di uomini e donne, le donne sono transatrici di proprieta e inte
ressi, i cui effettivi destinatari sono sempre figure maschili.
Nell’acquisizione dei beni dotali beneficiario e il marito della
sposa, il quale a sua volta dovra passare una parte di questo bene-

116
ficio all’uomo che avra sposato sua sorella. Quindi egli, nei con
fronts del suo clan, si trova nella posizione di debitore; il diritto
materno gli chiede di rinunciare a parte di cio che ha acquisito
a favore di un uomo che non e neppure consanguineo.
Possiamo facilmente presumere che questo contrasto di inte
ressi tenda ad allentare i legami del marito con il suo clan d’ori-
gine a favore invece dei nuovi che favoriscono il suo interesse
e che, malgrado la legge, egli individua come la sua famiglia.
II termine usato da Reich « clan paterno » non significa quindi
clan di appartenenza del padre, ma propriamente la sua fami
glia di coppia, che a livello giuridico non ha ancora un pieno
riconoscimento.
« La sostituzione della linea materna con quella paterna, che
potrebbe sembrare un puro fatto giuridico e sovrastrutturale, e,
di fatto, la rovina del clan, e l’affermarsi della famiglia.
II dichiarare i figli del padre crea una alternativa al clan; ma
questa alternativa e una p erson a, che sara il capo individuante
una nuova formazione sociale ».7
Questa tendenza ad attribuirsi i beni che dovrebbero essere del
clan forma quella che Marx chiama p rop rietd sp ec iale, cioe l’in-
sieme di quei beni che servono al sostentamento della famiglia.
Nel costituirsi di questa proprieta notiamo un’importante dissi-
metria: mentre essa non e in contraddizione col rapporto madre-
clan, anzi ne e alimentata, abbiamo visto che crea un conflitto
nel rapporto marito-clan.
« La coppia e un’immanenza, per le donne; per l’uomo e una
trascendenza e, quindi, un patto altam en te individuante. II movi-
mento d’uscita dal clan crea infatti una contraddizione per il
maschio, tra proprieta comune e speciale, crea contraddizione
tra l’interesse generale e quello particolare ».8
II processo individuante della donna non e mai awenuto: essa
passa dall’assimilazione con il clan d’origine a quella con la
« famiglia di coppia » senza contrasto, e quindi senza riuscire
a enuclearsi, distaccandosi dalla identificazione con l’altro.
II processo individuante deH’uomo rispetto al clan coincide con

117
l’affermarsi della famiglia nucleare e il nascere della proprieta
privata.
Engels, e Reich con lui, colgono in questo divenire il momento
cruciale della « scon fitta su l pia n o storico un iversale d e l sesso
fe m m in ile ».9
Abbiamo visto che questo e insostenibile. Per la donna e i suoi
figli si tratta semplicemente di passare dalla tutela di zii e fra-
telli a quella del marito, da elemento di una proprieta comune,
a « proprieta speciale ».
La polemica sul matriarcato costituisce una specie di mito d e lle
origin i, una narrazione mitica che vive di una sua « verita » a
cui sembrano non essere necessarie prove storiche. Anche la rei-
terata associazione fra Dea Madre e dominio femminile non rap-
presenta una verita storica. Questo mito contiene tuttavia in se
una « verita» psicologica e culturale che « per l’inestricabile
interazione che esiste fra inconscio e cultura ha impedito agli
antropologi di accorgersi quanto fossero fantasiose e irreali le
loro descrizioni del Regno delle Donne ».10

La « collettivita sessuale »

Per verificare ulteriormente quanto veniamo dicendo, ci sembra


utile ritornare all’ipotesi reichiana sulle origini.
Nel periodo in cui uomini e donne vivevano nel bran co primi-
tivo prima del formarsi della tribu, vigeva un « sistema di comu-
nismo primitivo e di incesto ».
Basandosi su di un mito sull’origine dei clan, Reich fa sua l’ipo-
tesi di un’epoca precedente al divieto di incesto, in cui fratelli
e sorelle vivevano insieme felicemente: lei e addetta alia ri-
produzione, mentre lui si occupa di proteggere e rifornire la
sorella.
In questo oleografico quadretto possiamo gia evidenziare la
presenza dei ben noti ruoli sessuali. Inoltre il sistema di incesto
e concepito solo nella sua dimensione di rapporto tra fratelli e
sorelle, mentre non e preso in considerazione quello, colpito da
un ben piu grave tabu, fra la madre e il figlio.

118
I maschi di questo branco comunitario erano cacciatori. Le
lunghe assenze a cui erano costretti erano occasione di incontri
con altri branchi; la fame e Tastinenza sessuale spingevano ad
aggredirli per appropriarsi del bottino e rapire le donne alio
scopo di avere rapporti sessuali con loro.
« Simili catastrofi dovettero succedersi con sempre maggiore
frequenza, cosicche il ratto delle donne e l’imposizione di tri-
buti a danno dei loro fratelli-mariti poterono diventare addirit-
tura una consuetudine
E questi usi risalgono a prima che si profilasse quello che viene
riconosciuto da Reich come « il contrasto classista tra uomo e
donna » che sarebbe invece da collocare al momento del matri-
monio coatto e monogamico. Reich definisce questo stadio « col-
lettivita sessuale ». Apprendiamo dunque che essa e basata sulla
competizione tra maschi e sul rapimento e sulla violenza, cioe
sull’appropriazione delle donne per costringerle a fornire pre-
stazioni sessuali. E questo molto tempo prima che nella societa
si creassero le istituzioni e affiorassero le condizioni per l’instau-
rarsi del cosiddetto autoritarism o patriarcale.
Reich non coglie questi rapporti come conflittuali, parla di
« assenza dell’antisocialita sessuale (violenza, delitti sessuali
ecc. ) » . 2 « Gli interessi degli individui erano essenzialmente di-
retti alia genitalita e genitalmente s o ddis fa tt i»,13
Non sappiamo se Reich presuma che questi « individui» fos-
sero anche di sesso femminile, e quale tipo di soddisfazione fosse
eventualmente riservata alia donna-preda delle scorribande di
cacciatori. Sarebbe un po’ come ipotizzare la « soddisfazione»
delle piu moderne vittime degli stupri e delle incursioni dei
soldati (cio che del resto e stato e viene fatto).
II nostro autore sostiene che con l’aumentare dei beni di pro
duzione si verifica un decadere della cultura sessuo-economica,
parallelamente alia « progressiva restrizion e e rep ression e d e lla
lib erta g en itale » , 14 per il prevalere degli interessi economici di
classe.
Gli interessi di una parte dell’umanita maschile hanno richiesto
che la cultura diventasse sessuofobica, che la gioventu venisse

119
privata della liberta sessuale e che il ruolo sessuale che era stato
attribuito alia donna come partner venisse ulteriormente limi-
tato. L’evoluzione del patriarcato e stata restrittiva anche nei
confronti del modello sessuale stabilito. La « morale sessuale
coercitiva » esige la repressione della genitalita maschile.
Ma la donna a questo punto era gia oggetto della attivita ses
suale; non ne possedeva una propria di cui esser privata. Essa
e oppressa non in quanto repressa dall’autoritarismo patriarcale
che non le permette di esercitare liberamente un’attivita sessuale
secondo il tradizionale modello procreativo che Reich riconfer-
ma; ma e oppressa in quanto colonizzata dal modello fallocen-
trico che definisce i termini della complementarita ed esige la
rinuncia all’espressione della sua sessualita e alia scoperta di se
come soggetto.
L’identificare nella repressione sessuale e nella liberazione da
questa la via di salvezza non fa che accentuare il consumo delle
donne come « segni»: « l’ultima spes di una cultura che intra-
vede, senza saperlo, nel massimo scambio delle donne il mezzo
indispensabile per rafforzare le radici simboliche su cui e co-
struita ».1S
L’aver imposto alia donna la coincidenza fra meccanismo della
riproduzione e meccanismo del piacere come un dato di fatto
della sua fisiologia « e stato un gesto di violenza culturale che
non ha riscontro in nessiin altro tipo di colonizzazione » .6
L’uomo richiama la donna al legame con se stesso, alia com
plementarita come alia sua vera essenza, lasciandola testimone
passiva delle sue interpretazioni del mondo. Essa deve rimanere
la sede di ogni mito materno, ricettacolo, cavita. In questo imma-
ginario sessuale essa non e altro che un supporto piu o meno
compiacente della messa in atto dei fantasmi deiruomo. « La
passivita non e l’essenza della femminilita, ma l’effetto di una
oppressione che la rende inoperante nel mondo » .7
La complementarita, che riguarda l’uomo e la donna nel mo-
mento della riproduzione e diventata ideologia, e l’illusione di
una destinazione reciproca e stata il pretesto di una unilaterale

120
schiavitu: « L’altro sesso e soltanto il complemento indispensa-
bile dell’unico sesso »,18
Possiamo dire che quello che viene indicato come rawento
del patriarcato piu che segnare una trasformazione nella condi-
zione femminile e significativo soprattutto di un momento di
transizione nella condizione maschile, segna l’acutizzarsi dello
sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
La filosofia culturale di Freud sostiene che la repressione ses
suale e necessaria per la costruzione della « civilta ». Reich con-
testa a Freud che questa repressione sia un fattore di progresso
per la societa, e ribatte che e solo la base della psicologia di
massa di una determinata civilta, cioe quella patriarcale e auto-
ritaria. Egli afferma che non l’attivita culturale in se, bensi sol
tanto le forme attuali di questa attivita richiedono cio; e basta
essere disposti ad andare incontro a una modificazione dell’ordi-
namento sociale per poter eliminare la miseria e l’infelicita di
mold.
Egli ha riconosciuto che esiste nella societa autoritario-patriar-
cale un comportamento sadomasochista, e ha respinto il com-
portamento fallico delluomo come fascista. Pero individuandone
la causa nella repressione sessuale, come alternativa propone la
disinibizione del pene egemone (Fallo), che viene cosi investito
di una improbabile possibility di rinnovamento.
Come sappiamo, nella sua visione l’origine di questa situazione
si colloca a un certo punto dello sviluppo socio-culturale, e pre-
cisamente al nascere del patriarcato e all’inizio della divisione in
classi della societa, quando gli interessi sessuali di tutti comin-
ciano a entrare al servizio degli interessi di profitto economico
di una minoranza e la famiglia monogamica impone una limi-
tazione della liberta sessuale.
Ma noi sosteniamo che la categoria della repressione, adottata
da Reich insieme alia piu recente cultura per spiegare le disfun-
zioni in cui si svolge il rapporto fra i sessi, e un nuovo schermo
da cui viene celato il dramma dell’oppressione delle donne.
« L’ideologia della repressione ha creato una falsa aspettativa
all’umanita attraverso una falsa diagnosi. Si e pensato che esi-

121
steva un passato di spontaneita da recuperare. (...) Ma la donna,
che proviene dall’oppressione storicamente protrattasi nei mil-
lenni, non ha alcun paradiso perduto alle spalle e osservando
tutti i gradini del passaggio dall’animalita all’umanita li vede
dominati dal maschio e dalla sua genitalita. Essa e opp ressa dal
m o d e llo sessu ale, n on e rep ressa p e rc h e non risp on d e al m o d ello
sessu ale. »19
Nell’ultima parte della Irru zion e d e lla m o rale sessu ale coercitiva
Reich fa cenno alia sostanziale unita di repressione attraverso le
classi, senza trascurare un’analisi delle differenze che le diverse
condizioni economiche provocano su questo piano; tuttavia mai
un cenno e dedicato alle eventuali diversita dei due sessi. Spesso
riferisce le rispettive percentuali di disturbi della potenza orga-
stica (60 % uomini, 80-90 % donne), ma mai si sofferma a
interpretare questo dato, a interrogate questa differenza.
Malgrado parli di patriarcato, l’analisi reichiana finisce per
mettere sullo stesso piano la repressione e lo sfruttamento dei
due sessi. Nello svolgersi del discorso, ogni specificita si perde
e, come sempre in questi casi, il punto di riferimento costante
finisce per essere f « uomo », cioe l’elemento maschile, reso cam-
pione universale della societa.
« Noi affermiamo che 1’impasse rimane finche non si regre-
disce al di la del ’’peccato originale”, del parricidio edipico (che
condanna l’uomo alia scissione fra sesso e socialita) e non lo si
considera piu ’’originale”, ma prodotto di un ’’peccato” piu antico
che Freud n on a n alizza : la sottomissione e il possesso della donna
da parte dell’uomo. Per Freud questo atto e n atu rale, e quindi,
la storia umana comincia per lui dal parricidio; noi invece cre-
diamo che quell’atto sia storico e che quindi segni — prima
contraddizione — l’individuo e la storia. Se c’e opposizione anta-
gonista tra istinti e societa, e perche c’e un rapporto antagonista
tra uomo e donna. La rivoluzione sessuale e la liberazione della
donna ».
Ne Reich ne Marcuse l’hanno capito. Dalla loro prospettiva
di liberazione sembra che l’uomo e la donna siano spinti a lottare
dagli stessi motivi e abbiano un identico cammino da percorrere.

122
Essi non mettono in questione il dominio del padre (Fallo), ne
considerano la mancanza di simmetria delle persone che inter-
vengono nel rapporto.
Reich ha negato che la sessualita sia antisociale in se, ma non
ha portato fino in fondo la sua critica materialistica della repres
sione, ricadendo cosi in una ideologia intersessista.
L’uscita dalla dialettica servo-padrone, dalYimpasse delle alter
native patriarcali, l’« imprevisto nel mondo» non e la rivolu-
zione sessuale maschile, ma la rottura del modello genitale pro-
creativo.

Note
1 W. Reich, op. cit., p. 99.
2 F. Engels, L ’o r igi n e d e lla f amiglia d e lla p r o p rie td privata e d e ll o stato, in
Reich, op. cit., p. 188.
3 W. Reich, op. cit., p. 129.
4 I b id., p. 129.
5 F. Engels, op. cit., in Reich, op. cit., p. 188.
6 I b id., p. 189.
7 Aa. Vv., L a coscienza di sfruttata, Mazzotta, Milano 1972, p. 87.
8 I b id., p. 85.
9 F. Engels, op. cit., p. 84.
10 I. Magli, Matriarcato e p o t e r e d e ll e d o nn e, Feltrinelli, Milano 1978, p. 32.
11 W. Reich, op. cit., p. 190.
12 I b id., p. 189-
13 I b id., p. 191.
14 Ib id., p. 190.
15 I. Magli, P otenza d e lla pa r o la e silen zio d e lla d onn a, in « D W F » , 1976,
n. 2, p. 20, Bulzoni, Roma.
16 C Lonzi, La donn a vagin ale e la d onn a clitorid ea, Scritti di Rivolta femmi-
nile, Milano 1971, p. 3.
17 Ibid., p. 52.
18 L. Irigaray, Questo sesso c h e n on e c h e uno, in « Vel », Il g o dim en to e la legg e ,
Marsilio, Padova 1975, p. 171.
19 C. Lonzi, op. cit., pp. 37-38.
20 Aa. Vv., L a coscienza di sfruttata, cit, p. 216.

123
V
Rapporti fra strattura caratteriale e ordinamento sociale

Malgrado gli studiosi non lo abbiano saputo cogliere coerente-


mente, appare chiaro il significato della colon izzazion e della
specie femminile, il perche del veto imposto alia donna di ogni
espressione originate, al di fnori dal ruolo subordinato attribui-
tole violentemente dal maschio cacciatore.
II destino vaginale della donna e segnato.
Le conseguenze sono quelle che conosciamo. La donna « pas-
siva », complementare, ricettiva, la Grande Madre e il risultato
dell’adattamento psico-sociale al modello fallocentrico, all’impo-
sizione della cultura fallocratica che ha obbligato la donna all’i-
dentificazione con l’oppressore, definendola in base alia sua
funzionalita all’uomo.
Anche in Reich manca la coscienza della crisi fra un sesso colo-
nizzante e uno colonizzato. Si occupa della donna solo in quanto
complementare all’uomo, il quale e pero il solo, l’unico vero
protagonista.
Egli finisce per riconfermare l’ideologia freudiana dell’orgasmo
vaginale, concedendo un valore privilegiato all’orgasmo simul-
taneo nel coito, come realizzazione ideale dell’universale riflesso
orgonotico. In lui coesistono una coscienza nuova della funzione
fondamentale e autonoma del piacere e del riflesso orgasmico
(contrazione-espansione; carica-scarica sono i movimenti fonda-
mentali della materia vivente) e un totale ancoramento della
sessualita al modello procreativo, che implica il rifiuto patriar-
cale della clitoride.
« Nella cosmogonia reichiana non c’e collocazione per l’unico
organo la cui funzione e puramente ed esclusivamente il pia
cere ».*
Nella A nalisi d e l carattere e nella P sicologia di massa d e l fasci-
sm o Reich illustra il modo in cui i comportamenti imposti ten-
dono a trasformarsi in norma e a venire interiorizzati dall’indi-
viduo, fino a costituirne la struttura caratteriale in tima e ad anco-

125
rarsi nella struttura muscolare, costituendo la caratteristica « co
razza ».
« Se il compito della sociologia e dell’economia e quello di
studiare la produzione sociale di ideologic, il compito della psico-
analisi e quello di comprendere la riproduzione delle ideologic
negli uomini. La psicoanalisi deve studiare le influenze esercitate
sull’apparato delle pulsioni sia dalla semplice esistenza materiale
(nutrimento, alloggio, abbigliamento, processo lavorativo), cioe
dal modo di vivere, e dal soddisfacimento dei bisogni, che dalle
cosiddette strutture sociali, e cioe dalla morale dalle leggi e dalle
istituzioni, e deve afferrare, nel modo piu completo possibile,
tutti quei processi intermedi che trasformano la ’’base materiale”
in ’’sovrastruttura ideologica” ».2
Sempre presente e in Reich il rifiuto di quelle concezioni psico-
analitiche che interpretano la cultura e la storia della societa
umana in base alle pulsioni, anziche comprendere che sono
innanzitutto i rapporti sociali a influire sui bisogni umani modi-
ficandoli. L’uomo e in primo luogo « oggetto » dei propri bisogni
e dell’ordinamento sociale che ne regola il soddisfacimento.
Nel corso della sua ricerca egli evidenzia che a determinati
orientamenti sociali sono associate determinate strutture umane
medie, e, in altre parole, che ogni ordinamento sociale crea quei
caratteri di cui ha bisogno per esistere.
« I piu noti caratteriologi di oggi cercano di comprendere il
mondo in base ai ’’valori” e al ’’carattere” anziche far derivare
il carattere e determinati valori dal processo sociale ».
Reich si rifa all’analisi di classe marxiana che vede la societa
divisa tra coloro che sono costretti a vendere la loro forza-lavoro
e proprietari dei mezzi di produzione. La classe dominante, inte-
ressata al mantenimento di un certo ordinamento sociale, difende
la propria posizione attraverso delle ideologic.
Ogni ordinamento contribuisce a formare certe strutture psi-
chiche che, per cosi dire, ne sono il riflesso; produce una certa
organizzazione dell’apparato pulsionale, fondata su una economia
libidica che ne viene a costituire l’ancoramento sul piano emo
zionale.

126
Questo processo e molto profondo e si verifica in ogni individuo
di una determinata societa, producendo la trasformazione dell’esi-
stenza sociale in struttura psichica e quindi anche in ideologic.
« (...) la struttura sociale ed economica della societa influenza
la formazione del carattere dei suoi membri non in modo diretto,
ma in modo molto complicato: la struttura socio-economica della
societa crea determinate forme di famiglia, ma queste forme di
famiglia non solo presuppongono determinate forme di vita ses
suale, ma le producono anche influenzando la vita pulsionale
dei bambini e degli adolescenti, cosa da cui nascono mutati atteg-
giamenti e modi di reazione ».4
La famiglia, primo e piu importante luogo di riproduzione del-
l’ordinamento sociale, crea le strutture caratteriali adatte ad assor-
bire le successive influenze dell’ordine autoritario.
Cosi lo stato autoritario ha un interesse immenso nella famiglia
coatta: « essa e diven tata la sua fa bb r ic a strutturale e id eo lo -
gica ».5
Questo processo si compie fondamentalmente durante i primi
anni di vita. Reich vede nella inibizione della naturale sessualita
del bambino il principale strumento della sottomissione all’auto-
rita che lo rende docile, ubbidiente, timido e « buono », pronto
a rinunciare al suo piacere per diventare un fedele suddito del-
l’ordine costituito.
« La struttura dell’uomo nel senso della sottomissione ad una
autorita awiene (...) fondamentalmente attraverso l’ancoramento
dell’inibizione sessuale e della paura negli elementi viventi degli
impulsi sessuali».6
Lo stato autoritario e rappresentato in ogni famiglia dal padre
che, se nella vita « sociale » deve subire il comando dei supe-
riori, nell’ambito « privato» invece esercita in prima persona
il potere su tutti i membri della famiglia. II ruolo politico del
padre finisce quindi per ricreare nel microcosmo familiare l’or-
dine gerarchico che regge tutta la societa, con la duplice fun-
zione di fornire all’uomo con un’illusione di potere, una com-
pensazione alle umiliazioni subite nella vita pubblica, e di pre-
parare una nuova generazione di sudditi.

127
L’ordine gerarchico e la conservazione della istituzione fami-
liare si reggono sulla dipendenza economica ed emotiva della
moglie e dei figli dal marito e dal padre.
Questa dipendenza puo venire tollerata da individui oppressi
solo a condizione che venga ostacolata la coscienza della loro
individuality sessuale. La moglie non puo apparire come essere
sessuale; la sua identificazione puo awenire solo nell’afferma-
zione della sua funzione materna: « L’affermazione e il ricono-
scimento della donna, come essere sessuale, significherebbe il
crollo di tutta l’ideologia autoritaria ».7

Paterialismo e concezione (della materia)

Questi processi, oltre all’ambito in cui Reich li applica, sono


anche utili a renderci ragione della presenza e della persistenza
del carattere fe m m in ile attraverso ogni fase della storia e a farci
comprendere che esso non e per questo necessariamente legato
a una ineluttabilita biologica, come la cultura maschile cerca di
far credere.
Reich ha individuato una corrispondenza fra la struttura della
societa che definisce autoritaria-patriarcale e il carattere sado-
masochista che le corrisponde (ricordiamo il film di Liliana Ca-
vani P o rtiere di n o tte).
Ma noi abbiamo gia visto come questa definizione sia imprecisa
per lo meno nell’uso che Reich ne fa, in quanto a nostro awiso
l’autoritarismo patriarcale non e a tutt’oggi una fas e della storia
dell’umanita, bensi la connotazione che la caratterizza e ne ha
garantito la continuita.
« Ogni discorso sulla donna che tenti di giungere alle radici
prime della sua posizione di dipendenza, rifacendosi alia sua ’’na
tura” psicologica e fisiologica, esclude quello che invece e un
dato inequivocabile e che si determina all’inizio stesso della cul
tura: l’organizzazione sociale del gruppo si effettua attraverso
la circolazione delle donne, ed e su questa prima necessita orga-
nizzativa che si strutturano i valori e i comportamenti, e quindi
anche le forme psicologiche ».

128
I processi su cui l’organizzazione sociale si basa funzionano me-
diante l’uso e lo scambio del corpo sessuato delle donne.
Dalle origini fino a noi la nostra cultura e societa sono fondate
sullo scambio delle donne. Non c’e stata alcuna evoluzione su
questo punto. Senza cio ricadremmo nel «caos sessuale indifferen-
ziato », nella presunta « anarchia del mondo animale ».
Quello che garantisce il passaggio all’ordine culturale e sociale
e il divieto di incesto.
Ogni scambio che organizza la societa e affare di uomini: le
donne, le merci, il denaro possono passare esclusivamente da un
maschio all’altro.
Nel discorso lacaniano «il fenomeno edipico e la realizzazione
di una trasformazione radicale e universale dell’essere umano ».9
Interiorizzando la legge awiene l’accesso all’ordine simbolico
della famiglia che consente all’individuo di sapere chi e e quale
e la sua giusta posizione, assegnando al soggetto la sua indivi
duality, la sua soggettivita: il Nome del Padre.
Cosi si realizza l’awento del Regno della Cultura e dell’Ordine.
Al di la di questo, prima, sotto, secondo Lacan come per Levy-
Strauss, sta la Natura, vista come luogo della promiscuita e del
caos. II bambino che non si stacca dalla madre e incapace di « cir-
coscrivere la propria personality, di collocare se stesso e gli altri
al ’ giusto posto” ». Naturalmente non si ipotizza nemmeno la
possibility di definizione in proprio di quale e il « giusto » posto,
o delle modalita e delle vicende di questo « distacco ». E anche
se queste sono le forme in cui sembra compiersi nella nostra
natura-cultura, cioe nella nostra storia, il processo di individua-
zione quale l’evoluzione della specie lo ha decretato, perche non
supporre che oltre questa legge ci possa essere un’altra legge,
un’altra cultura, un altro rapporto con la madre e con se stessi,
invece che « una mancanza », uno « zero assoluto », un « nulla »?
La paura del vuoto, lo spettro del disordine sono anche, da che
mondo e mondo, cio che ha impedito airuomo e alia donna di
affrontare la crisi di un reale cambiamento. Le donne, che sono
il nulla (vuoto), questa mancanza di individuazione, esprimono

5 129
oggi la consapevolezza che revoluzione, la loro esistenza stessa,
comportano e richiedono il correre questo rischio.
II supporto ideologico di questo ordinamento sociale e Timpero
del sim ile , il riconoscimento esclusivo in un gioco speculate in cui
l’etero-sessualita diventa un alibi al progredire dei rapporti tra
uomini. All’esogamia corrisponde una en d o gamia cu ltu rale che
esclude la partecipazione dell’Altro.
Al valore del rapporto di riproduzione naturale, materiale, ma-
terno, si sostituisce il valore del rapporto di identificazione padre-
figlio. Sul piano del significante l’uomo genera l’uomo come suo
simile, e da qui da inizio alia Storia.
« II processo di g estazion e in tracu ltu rale e di nutrizione signifi
cante regge il ruolo ideale del padre (come madre sociale), inse
parable dal suo potere ».10
Questa e quella che Goux ha chiamato « ideologia paterialistica
della concezione». Al modo sessuato e organico della riprodu
zione dei corpi mediante la procreazione, si sovrappone un altro
tipo di riproduzione, sociale, ideologica: la concezione pateriale,
procreazione spirituale senza macchia materialistica.
Per entrare nel regno dello spirito il bambino deve ricevere
il battesimo dall’uomo-sacerdote; rinnegando la sua origine car-
nale potra rinascere a « nuova vita ». Le societa patriarcali non
considerano compiutamente nato un uomo finche egli, mediante
un atto di rinascita ad opera di un maschio, non perda l’impronta
dell’origine femminile. Questo e il senso delle cerimonie di ini-
ziazione, che a volte comportano anche il simbolico disfacimento
della generazione compiuta dalla donna.
Esiste dunque una « duplice riproduzione che apre la questione
di una lotta, di un antagonismo, e, di fatto, di un’egemonia ”pa-
terna” che non si sovrappone in un secondo tempo alia differenza
dei sessi n e lla Storia, ma che determina come dominio paterno (il
quale supera di molto ogni figura parentale) un certo m o d o di
storicitd. In questo modo secolare e tuttavia transitorio di ripro
duzione, di storicitd, in questo modo paterialistico, viene prodotta
una certa posizione di conoscenza, ossia un certo rapporto del

130
soggetto umano con la natura e con la ma teria, che ha un senso
di sesso e di classe ».n
La divisione che attraversa la storia del pensiero tra materialisti
e spiritualisti, tra coloro che pongono la materia come elemento
primordiale e coloro che affermano invece l’idea, testimonia la
lotta tra due tendenze fondamentali, e puo essere ricompresa
tenendo presente la « corrispondenza arcaica » tra i due poli della
scissione del simbolico e la duality parentale.
Tutta la capacita organizzatrice e informatrice immanente alia
« natura » viene tolta alia madre e negata, per essere attribuita
a una intelligenza separata, a una ragione informatrice « logos
spermaticos » che la lascia esistere soltanto nella sua negativita
di ricettacolo passivo, di materia bruta, ridotta al ruolo di sem-
plice matrice, di mater.
La rivendicazione maschile accompagnata dalla denegazione
della funzione generatrice della donna e un tema ricorrente:
« La madre non e generatrice di quel che si dice figlio suo, bensi
soltanto la depositaria tutelare del seme appena piantato e desti-
nato a germogliare. Genitore e colui che la cavalca. Essa invece,
estranea, preserva il seme dell’estraneo ». Cosi Eschilo fa parlare
Apollo nelle Eum enidi.
E puo esistere un padre anche senza madre: Zeus generando
Atena dalla sua testa contende alle donne il terreno della pro-
creazione, Dionisio partorisce dalla coscia, Afrodite nasce dal
fallo di Urano e Prometeo plasma l’uomo con acqua e argilla.
« La nozione idealistica della materia e sostenuta soltanto dal-
l’introduzione di un pensiero ridotto, scisso, di questa. (...) E in-
somma la scissione del simbolico tra le forme e la materia, scis
sione pero rafforzata, fissata, ipostatizzata mediante la differenza
sessuata delle figure parentali (che simbolizzano arcaicamente
questa scissione), quella che rende impensabile la continuity gene-
tica fra la produttivita della natura e il pensiero ».
L’operazione paterialistica e dunque quella di staccare il senso
dalla materia, sviluppando l’opposizione fra materia e valore.
Da Platone a Hegel « questo furto, questa sublimazione della
potenza genitrice naturale » fa trionfare una istanza logocratica,

131
che attribuendo priorita all ’eid os, modello, forma invariante, sta
bilisce una gerarchia e pone come sua controparte una materia
«castrata», passiva, ricettacolo mancante e difettoso, che desi-
dera la forma « come la femmina ha desiderio del maschio »
(Aristotele).
Questa materia-madre inattiva, negativa, ritroviamo rappresen-
tata in tutti i tempi nelle piu varie concezioni della concezione:
da quella degli indiani Nambikwara, ai Pilaga, agli Arapesh della
Nuova Guinea senza soluzione di continuita fino al cristiane-
simo, e l’uomo che svolge la funzione positiva, formatrice, e lo
sperma che trasmette Vhomunculus, il modello.
E abbiamo gia avuto modo di notare come questa interposi-
zione ideologica del potere del padre non si stabilisca a partire
e in corrispondenza della funzione biologica di riproduzione, ma
indipendentemente da essa, come intervento di un altro genere
di riproduzione, puramente sociale (cfr. Trobriandesi).

L'assunzione fallocentrica della donna: femminilita

II monopolio della violenza dell’uomo nei confronti della donna


come essere umano ed essere sessuale si e affermato e continua
attraverso le istituzioni e l’attribuzione di un carattere che e il
prodotto di un’attivita che non le appartiene, che di volta in volta
le ha preso dato proibito assegnato permesso qualcosa.
II carattere e il risultato dell’adattamento psico-sociale dell’in-
dividuo a un determinato ordinamento socio-economico, il rime-
dio individuale che permette in una societa globalmente malata,
di sopportare il male, aggravandolo e rendendo ciascuno com
plice del sistema.
La donna non fa eccezione. Ha fatto propri, cercando di adat-
tarvisi, gli ideali e i valori, seppur contraddittori, che le sono
stati imposti da un maschio a sua volta vittima di un’ideologia
che lo obbliga a incarnare la parte del mach o dominatore.
II corpo della donna e materia e segno, « funzione » della cul-
tura, istituito nel suo status di m erce.
Come madre incarna il valore « naturale ».

132
La natura riproduttrice deve subire l’appropriazione da parte
dell’uomo, la trasformazione secondo criteri maschili, lo « snatu-
ramento » delle sue qualita materiali nel/per la prevalenza del
rapporti fra uomini.
La madre, strumento riproduttore marchiato col Nome del
Padre, sara fuori dallo scambio.
II tabu dell’incesto stabilisce l’interdetto della natura naturans
negli scambi fra uomini. La madre non puo circolare come merce,
essendo esclusivamente « valore d’uso ».
D’altra parte le sorelle costituiscono il « valore di scambio ».
II corpo naturale e abolito per assurgere a funzione rappresen-
tativa, « segno » dell’alleanza tra maschi su cui si fonda l’ordine
sociale.
In questa assunzione a valore di scambio, in questo processo
di astrazione, si stabilisce un’equivalenza fra donne, definite in
base a un modello esterno, l’oro il fallo, che le rende uguali e
separate da questa uguaglianza.
II matrimonio stabilisce il passaggio dal valore di scambio al
valore d’uso. La verginita stabilisce e difende la separazione.
La rottura dell’imene sancisce il passaggio.
La prostituta, valore d’uso che viene scambiato, completa la
panoramica.
Madre, vergine, prostituta sono i ruoli sociali imposti alle
donne.
Come si vede i caratteri della femminilita che conosciamo sono
perfettamente coerenti e funzionali alia societa che li produce,
ogni loro elemento trova una precisa rispondenza nella struttura
socio-economica, atta a illustrarne la natura e l’origine.
Questa societa trova il suo fondamento nel matrimonio esoga-
mico e ha organizzato la sua possibility di sussistenza sulla base
della famiglia e della subordinazione della vita della donna.
Lacan dice: « L’essere umano e e jfe tto non causa del signifi-
cante ». Laddove il significante e costituito dalla storia, dalla cul
tura, dal linguaggio, da tutto il sistema di simboli in cui il sog-
getto deve integrarsi, a cui deve con-formarsi per esistere.
Noi « entriamo » nel mondo attraverso la parola. Questa pa-

133
rola, lo g o s, « organo della coscienza », « intermediario tra l’uomo
e il mondo», e una parola paterna. Per avere luogo esige la
separazione dalla madre: l’accesso al « Nome del Padre » com-
porta la rimozione del « Desiderio della Madre ».
La Legge del Padre e glorificazione del Fallo, supporto onni-
presente della nostra cultura u(o)mana.
« L’esistenza di un padre simbolico non dipende dal legame che
unisce coito e parto (...) II padre e presente unicamente per la
propria legge che e Parola ed e solo nella misura in cui la sua
parola e riconosciuta dalla madre che essa prende valore di
legge.
Infatti soltanto la madre da al padre una funzione privilegiata
e non il vissuto reale della relazione con lui e ancor meno il rico
noscimento del suo ruolo nella procreazione ».13 La parola e
attributo maschile. Ma soltanto il femminile ne garantisce la
validita, le conferisce potere reale.
La madre, grazie alia sua comunione col figlio puo farsi me-
diatrice e interprete di significati e di segni, puo trasmettere il
linguaggio, e facendolo ne riconferma e riconosce la normativita.
La parola e « atto », azione, emanazione di se, scambio. Abbiamo
visto come lo stabilirsi di questa comunicazione sociale si verifichi
originariamente attraverso lo scambio delle donne. II sacrificio
e il dono reciproco delle sorelle. La donna e la p rima pa ro la che
gli uomini scambiano, garanzia e verita di ogni transazione suc-
cessiva. E il linguaggio comune, contenuto fondante di tutte le
parole e della struttura simbolica della comunicazione culturale
in se, in quanto il suo « valore », il suo « significato », sono per-
cepiti immediatamente da tutti i maschi, « riserva d’oro » su cui
viene garantita reciprocamente fra i gruppi la « sostanza » della
loro parola.
« Non e difficile adesso comprendere perche, in qualsiasi epoca,
in qualsiasi societa, il nemico sia del tutto realmente vinto solo
quando il vincitore si sia impossessato delle sue donne; egli in
fatti non puo piu fare patti, non pu6 piu contrattare la pace; la
sua ”resa” e una resa totale perche non possiede piu, concreta-

134
mente e simbolicamente, un valore di scambio: le sue donne
appartengono al nemico ».14
Nell’esercizio di questa funzione la donna diventa dunque me-
diatrice di significati e di poteri dal cui uso e essa stessa esclusa.
Perche la parola sia potente essa deve rimanerne «oggetto», altri-
menti tutta la costruzione simbolico-sociale crolla, ogni possi
bility di scambio si vanifica. L’immagine della confusione delle
lingue e quella della corruzione sessuale sono simboli del caos
distruttore: « Babele e Babilonia, owiamente immagini femmi
nili, hanno rappresentato sempre l’identico spettro della fine del
mondo, perche laddove si sconvolge l’ordine dello scambio delle
donne si sconvolge anche l’ordine del discorso e di qualsiasi
patto sociale ».15
II mondo e stato creato dalla parola di Dio. II lo g o s si e fatto
carne. II figlio e creato dalla parola del padre. La donna (Madre)
e un tramite muto.
Se la donna, che e parola, usasse questa prerogativa potente
verrebbe ad assumere la stessa potenza di Dio. Solo Lui infatti
e parola che parla, Verbo creatore. II significante e il significato
verrebbero a coincidere. La parola e piu potente della realty,
infatti la stabilisce: la parola uccide la cosa ed e questa la con-
dizione del simbolo.
E nel rinnovarsi del sacrificio che si attua il passaggio dalla
Natura alia Cultura. In cambio di questo « dono » il figlio riceve
il Nome-del-Padre, garante dell’ingresso nell’ordine simbolico
della famiglia.
Aderendo al mondo culturale espresso dall’uomo la madre vei-
cola questo passaggio. La famiglia, primo luogo di socializzazione
di ogni nuovo essere, nel suo funzionamento e nella organizza-
zione esprime e incarna questi rapporti. La donna ne e stata
fatta addirittura la custode, la depositaria, la mediatrice per eccel-
lenza.
Per garantire « riconoscimento » alia sua prole partecipa al
sacrificio. II suo sacrificio e sacrificio di se, della propria sogget-
tivita e della capacita espressiva di significati e valori propri. La
comunicazione di questa mutilazione fa parte del messaggio, che

135
per la figlia rimarra pauroso specchio di un muto e solitario
annichilimento.
Complementarita, accettazione passiva dell’attivita degli uo-
mini, disinteresse per il piacere, pudore, emotivita, ricettivita,
seduzione, irrazionalita, rinuncia sono le determinazioni di un
modo di storicita paterialistico fallocentrico, le «doti» che costi-
tuiscono l’adattamento del mito dell’Altro all’autocoscienza cul-
turale dell’uomo.

Dall’identificazione all’identita

Dal divieto dell’incesto all’iniziazione c’e una linea continua.


I processi culturali son tracciati assumendo il maschile come
«referente». («Riferire: ascrivere, riportare qualcosa a un
inizio, un’origine, un principio ». Zingarelli, D izion ario d e lla lin
g u a italian a). II che implica: separazione dal corpo della madre,
interdetto di abbandonarsi al s u q / proprio corpo, per individuarsi
come essere, entita separata.
In seguito il figlio deve assumere un’identita sessuata. Per di-
ventare un « maschio » deve staccarsi ulteriormente dalla ma-
trice, madre, ma anche ambiente d’origine, culla, luogo di cre-
scita.
A questo punto viene esclusa ogni possibilita di comunicazione,
di scambio con l’universo femminile identificato con la madre,
matrix. Lasciare il passato, il femminile, senza voltarsi indietro,
senza residui o rimpianti, e il prezzo da pagare per essere am-
messi nel regno del padre, per avere il fallo. Essere, cioe esser
considerato dai tuoi pari, i soli in grado di esercitare il potere
della definizione, un uomo adulto e responsabile, in grado di eser
citare il potere, e il potere del sapere. Cosi si compie il processo
di socializzazione dell’individuo maschio, che viene a prendere
il suo posto centrale nel mondo ordinato del sistema simbolico-
pratico della vita del gruppo. L’iniziazione, nelle sue varianti
storiche, rappresenta l’ingresso nel mondo della produzione spe-
cificatamente maschile, l’assunzione di quei compiti sociali, reli-
giosi e politici, riservati alia parte maschile deU’umanita.

136
La donna, il femminile, rimane nell’ombra, e lo sfondo immo
bile su cui si svolge questo awenimento drammatico. II residuo,
il resto, cio che rimane quando i soggetti attivi, gli uomini, si
sono staccati. (L’immagine evoca uno di quei piccoli villaggi
del Sud, colpiti dalla necessita di emigrazione).
La figlia trova nella madre questa rinuncia alia scoperta ed
espressione di se che si accompagna alia identificazione col pa
dre, all’adesione alia sua proposta di identita. Questa abdica-
zione e non coscienza della madre allontanano la figlia e la con-
segnano al padre richiedendole quel gesto di sottomissione che
fornisce a lei, a sua volta, un’identita riflessa.
Per la donna Tunica identita possibile e quella di matrice, di
interlocutrice strumentale, e quindi fittizia, nel dialogo delluomo
con la specie. A ben guardare ogni aspetto della sua vita e della
sua figura sociale sono derivati da cio: madre, moglie, sorella
da scambiare. La donna non e entrata, come soggetto, nel regno
della cultura. L’uomo ne ha fatto un suo feudo esclusivo, il luogo
della sua esistenza specifica e del suo riconoscimento. Essa rap-
presenta il non essere, il negativo, Tindeterminato, lo sfondo da
cui bisogna staccarsi per raggiungere il ruolo di protagonista;
la tenebra che bisogna lasciare per entrare nel Regno della Luce.
Questo e il femminile che l’uomo ha cercato perennemente di
esorcizzare, di dominare e addomesticare, dentro e fuori di se,
senza mai riuscirci del tutto, senza mai poter effettivamente ripo-
sare, profondamente, sui suoi allori, pagati a cosi caro prezzo.
Senza poter far tacere Tinquietudine lasciata dall’abbandono e il
senso di un tradimento.
Nei rituali di iniziazione, nei vari ambiti del mondo e della
cultura maschile, sono ben visibili le tracce di questa ansia. Gli
uomini si sono fatti in quattro a produrre ogni sorta di versi e
drammatizzazioni per spaventare, per credere, e soprattutto far
credere alle donne, che fra loro, con loro c’e la presenza di qual-
che speciale spirito protettore; pericoloso e feroce verso l’esterno.
Non si e mai smesso insomma di cercar di fornire segni e prove
di una speciale predilezione metafisica.
Viene da domandarsi quanto, ieri come oggi, le donne abbiano

137
effettivamente creduto a questa incredibile pantomima, quanto sia
effettivamente dovuto alia loro capacita di controllo il fatto che
non abbiano abbandonato il loro posto.
La considerazione deiruomo e delle sue « pompe » che si trova
nell’universo femminile non e delle piu compiacenti. Spesso,
almeno laddove essa non sia completamente stremata dalla paura
o dalla identificazione con l’altro, troviamo nella donna, in qual-
che piega nascosta del suo animo, una diversa consapevolezza,
un senso di incredulita e sfiducia nel mondo maschile, nella sua
sete di assoluto. I suoi entusiasmi guerreschi le sembrano peri-
colosi giochi di bambino, a cui assiste con orrore o complicita
o riprovazione ma fondamentalmente con distacco. A volte finge
di partecipare; sa che il crederci fa parte del gioco, e non osa
esprimere veramente il suo animo.
La donna in fondo conosce il suo potere, il bisogno che il ma-
schio ha di lei, le sue forme di dipendenza e di debolezza. Non
lo rivela apertamente, spesso neppure a se stessa perche lo teme,
sa che e un potere colpito da ostracismo, proibito, temuto. Forse
anche lei non se ne fida del tutto: indottrinata dalla diffidenza
deH’uomo, teme di incontrare dentro di se la Strega. Tuttavia
credo che non perda mai totalmente il contatto con questa parte
di se. A volte non riesce a esprimerla positivamente. Diventa
astio, risentimento, malcelato disprezzo. A volte desiderio di ven
detta per una vita da cui si sente delusa e tradita. Puo subentrare
anche un senso di rassegnazione, di sconfitta profonda magari;
malgrado le « soddisfazioni» e i « successi » assicurati dal ruolo.
Ma, per quanto domata e sottomessa, questa parte sua interna,
questa muta consapevolezza non muore totalmente nella donna,
non rinuncia a lasciare una traccia di se. Talvolta la sua indivi
duality soffocata si puo rifugiare nelle abitudini piu bizzarre e
disturbanti, meno comprensibili e piu disprezzate da chi e « ra-
gionevole ».
La sua mortificazione puo anche diventare mortifiera, datrice
di morte. Come ci si puo aspettare che un essere costretto alia
rinuncia della propria individuality, o per lo meno alia realiz-
zazione mediata e clandestina, all’adattamento e trasmissione di

138
valori autodenigratori, possa essere un gioioso messaggero di
vita? Ne del resto e questo che la societa chiede alia donna nei
confronti dei suoi figli. Anzi deve farne persone allevate nel
timor di Dio, cioe timorose dell’autorita, dello sconosciuto, pronte
a subire la dipendenza dalla gerarchia, abituate all’impotenza e
alia rinuncia al senso di se. « Non dicono cio che pensano per-
che pensano cio che dicono gli altri ».16
Questo e un meccanismo di controllo che ha tenuto uomini e
donne, e ogni singolo individuo, separato e avulso da se e dagli
altri. E l’origine di infiniti e immancabili sensi di colpa, che
con continui richiami al « dovere», stabilito sempre prima,
altrove, sopra di te, finiscono per soffocare ogni possibile slancio
individuale e ogni originalita. Ha perpetuato il sospetto e la
diffidenza, la paura di se e dell’altro, del diverso. La minaccia
e di scoprire qualcosa che non rientri nell’ordine costituito, che
possa venir giudicato anomalo, e farci rigettare come devianti
e pericolosi.
« La mancata rispondenza produce su chi la subisce 1’effetto
di non esistere, di essere un errore vivente »,17
E meglio perdersi che morire o restare soli. E allora la spe-
ranza di salvarsi si realizza nell’identificarsi, nel cercare di far
coincidere la propria forma con quella del modello. La risposta
gia data previene la domanda che non osiamo formulare, anzi
determina i modi di questa domanda. Nell’ideologia troviamo
una garanzia reciproca di soprawivenza.
Una delle regole del gioco, una delle condizioni richieste e la
complicita al silenzio. Cioe il non rivelarne la consapevolezza.
Magari si puo anche ribellarsi ad alcune regole, ma non ribel-
larsi al gioco in se stesso. Non posso comunicare ai miei compa-
gni di strada che conosco la loro maschera e la mia. C’e pericolo
che si infranga, che qualcuno diventi curioso di vedere cosa
c’e dietro.
Cio che permette questa finzione, il ripetersi di questa « funzio
ne » e proprio la separazion e. Separazione all’insegna della quale
entriamo nel mondo del significante, ai confini del quale si aggi-
rano feroci i mastini della Psicosi. Separazione dalla madre,

139
dall’altra donna, dall’altro sesso, dall’altra parte di se. L’identifi-
cazione riposa sul mancato riconoscimento dell’altro, sulla nega
zione, sull’esclusione. E owiamente sul dominio incontrastato
della paura, come origine e risultante di questo movimento
(pseudo-movimento) circolare.
L’egemone garantisce la sua soggettivita, la sua esistenza in
quanto tale, privando l’Altro del linguaggio che gli e proprio,
della sua capacita di riflettersi, di pensarsi, degli strumenti per
riconoscersi. A questo punto l’Altro per pensarsi deve ricorrere
a un linguaggio non suo, entrare nella Cultura estranea, in quel-
l’universo simbolico, adottare quel sistema di « valori ». Ma pro
prio in questo altro sistema trova la definizione di se come non-
valore, come assenza, la giustificazione della sua inferiorita.
II suo essere come essere colon izzato. Si guarda in uno specchio
che gli restituisce un’immagine di oggetto. In questa operazione
garantisce all’egemone la sua soggettivita e si perde. Preso in
un meccanismo in cui la sua attivita si risolve in una forma di
riflessio n e, si trova disarmato; si consegna all’altro come schiavo
confermandogli l’identita di padrone.
Questa azione lascia dietro di se un senso di vuoto, di « per-
dita », che alimenta il bisogno di riconoscimento. E cosi il cer-
chio si chiude. Questo e l’lmpero del Simile, del Medesimo.

II femminismo ha posto il problema dell’identita della donna.


Che si tratti di un individuo, di un gruppo, di una specie, l’iden-
tita possibile e una sola: q u e llo ch e siam o.
II trovarla, il prendere contatto, e il risultato di un processo di
« immersione ». Non di estrapolazione di qualcosa. £ la totalita,
non una parte di essa. II soggetto, non l’oggetto del suo discorso.
Non quello che vorremmo essere piu di cio che non vorremmo
essere. Ogni separazione da-di questa totalita e una mutilazione,
castrante, mortificante e mistificante. Portatrice di debolezza e
di falsa coscienza. II riflettersi in immagini svia la ricerca della
verita. Non si tratta di costruire altri modelli, valori a cui ade-
guarsi. Si tratta di riconoscerci come siamo. Fra noi e dentro di
noi. Se siamo specchio riflettiam oci. Riflettiamo l’immagine che

140
di volta in volta emerge, invece di quella consigliataci, imposta
o che crediamo « migliore ». Evidentemente anche dentro di noi
ci sono valori imposti. Non nascondiamoli, anzi tiriamoli fuori,
conosciamoli, esploriamone la natura.

La parola maschile e lo g o s, legge, ha acquistato valore norma-


tivo. Ratificato dal silenzio della donna. Se le donne rompono
questo silenzio esiste una parola diversa, che e possibilita di affer-
mare, dire senza piu la pretesa e la credenza dell’assoluto. Dove
vive il Diverso finisce il regno dell’Assoluto. Questo che l’uomo
teme come l’awento della distruzione, puo rappresentare invece
l’uscita da una logica unidimensionale, terroristica e definitoria
ormai senza sbocchi, che gia cosi grandi possibilita espressive
ha soffocato.
Non si tratta di disfarsi di qualche cosa di sbagliato, ma di
« scoprire » chi siamo, di ascoltarci e sentirci, vederci. Rompendo
la soggezione a schemi e definizioni pre o post-scritti.
« L’identita scaturisce da questa radicale rinuncia a una Do*
manda e percio a una Risposta: frantuma la domanda in una
miriade di espressioni di coscienza »,18
Nel corso di questa operazione anche le differenze emergono,
si vedono. Non c e bisogno ne di giudicarle ne di negarle. Prese
ancora una volta dalla paura di esserne inghiottite o schiacciate.
Possiamo forse provare a convivere consapevolmente con il di
verso, interrogandolo e dialogando.
« Le disparita tra gli esseri dipendono da disparita di ricono-
scimento e di ascolto. Ci si inferiorizza, si sparisce se non si trova
spazio per il proprio essere e la sua manifestazione ».19
L’esperienza della molteplicita, della divisione sta anche den
tro, non solo fuori di noi. Vivendola ed esplorandola possiamo
forse scoprire in essa una possibilita di espansione.
Rinunciare a specchiarsi, a identificarsi attraverso « Altro»
(storia, individuo, tradizione, valori) significa anche smettere di
riflettere il valore dominante, di permettere il costruirsi della sua
immagine (immaginazione, dominazione) attraverso di noi; signi
fica scuotere quella « preesistenza di verita che va sotto il nome

141
di cultura »20 per acquisire la consapevolezza della « peculiarita »
della situazione vissuta.
Cercare la propria identita vuol dire anche rinunciare all’ugua-
glianza, all’ideologia dell’uguaglianza. Individuarsi invece che
identificarsi. Cioe cercare questa identificazione (di se) nella spe-
cificazione. Specificita. Che significa assumere la propria condi-
zione, unicita, come prospettiva, ottica, punto di vista nel/del
mondo.
Elemire Zolla intitola il primo capitolo del suo libro L e m era-
viglie d e lla n a tu ra : « La natura e le qualita, owero specialita »
e cita H. de Balzac « ... i piu bei geni umani partono dalle tene-
bre dell’Astrazione (regno dell’uguaglianza) per giungere ai lumi
della Specialita. [Resta da vedere se veramente partono da I L .] .
Specialita: species, vista, speculazione, il vedere tutto e di colpo;
speculum, specchio, mezzo per apprezzare le cose rawisandole
nella loro interezza ».

Jung ha indagato le caratteristiche differenze dell’individuo


maschile e femminile. Ha individuato alcuni caratteri costanti
e ne ha circoscritto le dinamiche e le rispettive relazioni.
Maschio e femmina sono, a un certo livello, irriducibilmente
diversi sul piano fisico. Non si puo escludere quindi che questa
diversita si esprima in qualche modo anche a livello psichico in
ciascun essere, e senza dubbio alcune delle indicazioni di Jung
a questo proposito appaiono esatte. Bisogna tuttavia essere con-
sapevoli del rischio che questa ricerca e questo genere di esposi-
zioni comportano. Se e vero che esistono caratteristiche cui si
possono attribuire qualita maschili e femminili, non e necessaria-
mente vero che siamo in grado di tracciarne in maniera chiara
l’andamento, che i loro rapporti siano costanti e che si lascino
classificare in nitide tabelle e simmetriche corrispondenze. Tal-
volta la complessita delle interrelazioni ci sfugge e il desiderio
di racchiuderle in un sistema regolare e ordinato, con ogni cosa
al posto che ci sembra « giusto », finisce per togliere verita alle
osservazioni, rinchiudendole in una costruzione rigida che tende
ad avere connotazione di normativita.

142
Una volta accettata la legittimita, il diritto all’esistenza, cioe
l’attualita e utilita di entrambi i poli, potremo forse lasciare
spazio al libero gioco degli elementi maschili e femminili. Solo
cosi verremo a conoscere i tratti e le tendenze, i pericoli e van-
taggi in ogni situazione data. Da quella che e stata finora una
delle piu grosse fonti di tensione e di conflitto per la specie, pub
forse emergere allora una possibilita di integrazione, fonte di
varieta e foriera di quella capacita creativa necessaria oggi ad
affrontare i problemi del mondo.
Bisogna rinunciare al sogno di palingenesi di Reich: la donna
non ha alle spalle alcun passato mitico a cui riferirsi, nessun
paradiso perduto da riconquistare.
La fuga all’indietro, recupero di un passato piu o meno « sto-
rico » da riconquistare, e una reazione al senso di vuoto, di priva-
zione. Pericolosa nella misura in cui — cercando n e ll’zeri —
rinunciamo di fatto all’ora.
Quando si affronta il tema della discriminazione sessuale, ab-
biamo constatato la presenza di un atteggiamento mentale molto
frequente in studiosi e femministe: si parte dalla supposizione
di una fase storica in cui esisteva uguaglianza e armonia tra i
sessi, e si va poi a cercare di costruire ipotesi su quale sia stato
l’evento straordinario che ha provocato la « catastrofe» che
ha condotto alio stato di conflitto e divisione che noi conosciamo.
E naturalmente le cause individuate sono le piu diverse secondo
le inclinazioni dell’autore. II passaggio e attribuito all’awento
della proprieta privata, oppure alia scoperta della partecipazione
del maschio alia funzione riproduttiva ecc. Ogni volta a questo
si accompagna una « descrizione » della vita e organizzazione
sociale precedente la « catastrofe ». Abbiamo visto cosa Reich
e, per esempio, E. Reed dicono in proposito.
Insomma sembra che si possa assumere la separazione e la
differenza soltanto partendo da una unione e da un’uguaglianza,
per quanto ipotetiche e proiettate nel passato.
Questo atteggiamento oltre che portare a perdersi in un vespaio
di ipotesi e awenimenti piii o meno clamorosi, appare anche
assai poco scientifico.

143
Se ben possiamo comprendere la sete di « giustizia » che muove
questi studiosi e il desiderio di ristabilire un equilibrio fra le
due parti dell’umanita, non sembra certo che cid possa autoriz-
zare a questo genere di operazioni proiettive, che portandoci
lontano dalla verita, non contribuiscono certo ad aiutare la
causa invocata.
Non dobbiamo dimenticare che il concetto di uguaglianza e in
qualche modo frutto di un’operazione ideologica. Se e servito e
serve a ispirare tante « giuste » cause non sembra tuttavia esser
do che, andando a vedere, ritroviamo in natura. Appare quindi
quanto mai idealistico e inesatto attribuire la divisione e la diffe-
renza agli eventi provocati dalla civilta dell’uomo, riservando
unione e pace alle fasi « precedenti» dell’umanita.
Nella natura, nella societa animali, in vari gradi e misure secon-
do le specie, sono presenti forme di organizzazione che preve-
dono ruoli e funzioni diverse per i loro membri. Alcuni di que
sti anche con una chiara connotazione gerarchica.
« La societa patriarcale riproduce i privilegi che le comunita
dei mammiferi hanno decretato all’aggressivita del maschio. E’
vero che l’harem e un bisogno del cavallo come di molti altri
animali, ma il bisogno delle giumente non e quello di essere
dominate in massa dallo Stallone. Tant’e vero che per radunarle
e possederle quest’ultimo fa leva sulla violenza e loro si ribel-
lano disperatamente. Solo quando sono state morse a sangue in
lunghi combattimenti, sconfitte, accettano il ruolo ».21
Quello che entra e si sviluppa nella societa umana in maniera
unica e l’attribuzione di un significato culturale, cioe simbolico,
a queste differenze. Esse acquistano allora nell’ideologia un aspet-
to piu complesso: si costruiscono delle teorie, delle immagini che
oltre a perpetuarli, « spieghino » e giustifichino questi comporta-
menti differenziati, di volta in volta li associno a valori atti a
conferire connotazioni positive o negative.
Riusciremo forse meglio a renderci conto delle rispettive posi-
zioni del sesso femminile e maschile nella specie umana se, in
vece di partire da fantasiose speculazioni sul « passato », osser-
viamo come si configura e organizza il rapporto fra i sessi oggi,

144
nella nostra come in altre specie. Conoscendo e confrontando
le differenze con altre societa animali, saremo forse aiutati a
immaginare i possibili percorsi dell’evoluzione da quelle alia
nostra forma di organizzazione.
E potremmo anche essere indotti a considerare la differen za con
meno scandalo o disprezzo, cioe sotto un altro punto di vista,
quello della necessity della diversificazione, dell’articolazione
delle qualita e delle funzioni, come condizioni della soprawi
venza e dello sviluppo di ogni organismo. (L’apologo di Mene-
nio Agrippa raccontava...). E questo non gia per vedere le so
cieta come un insieme rigido di gerarchie, ma anzi per imparare
a individuare nuove linee di sviluppo, nuove soluzioni e possibili
forme del viver sociale.

Note
1 C. Lonzi, op. cit., p. 38.
2 W. Reich, A n alisi d e l carattere, Sugar, Milano 1973, p. 17.
3 I b id., p. 16.
4 I b id., p. 20.
5 W. Reich, P sicologia di massa d e l fascism o , Sugar, Milano 1971, p. 62.
6 I b id., pp. 62-63.
7 I b id., p. 138.
8 I. Magli, op. cit., p. 39-
9 A. Rifflet-Lemaire, In tro d u zio n e a J a c q u e s Lacan, Astrolabio, Roma 1972,
p. 111.
10 J.J. Goux, op. cit., p. 80.
u I b id., p. 72.
12 I b id., pp. 83-84.
13 J. Lacan, in Rifflet-Lemaire, In trod u zion e a Lacan, Astrolabio, Roma 1972,
p.116.
14 I. Magli, Potenza d e lla pa r o la e sile n zio d e lla donn a, in « DWF », n. 2, p. 15.
15 I b id., p. 1 9 .
ifi Marta Lonzi, D iritti d e lla mia soggettivita, in L a presen za d e ll ’u o m o n e l
fe mmin ism o , Rivolta Femminile, Milano 1978, p. 21.
I7 Carla Lonzi, Mito d e lla p ro p osta culturale, ibid., p. 148.
1* I b id.
19 Ibid., p. 150.
20 Marta Lonzi, op. cit., p. 12.
21 Carla Lonzi, L a donn a vaginale e la donn a clitoridea, Rivolta Femminile,
Milano 1971, p. 21.

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150
Indice

Premessa, 7

Introduzione, 9

I valori della femminilita, 17


I
II mondo si divide in due, 1 9; L ’altro del medesimo, 2 8 ; A m ore £ dedi-
zione, 3 0 ; L ’effetto della frusta, 36.
II
U na cultura « n atu rale» , 3 9 ; Dalla parte della natura, 4 2 ; Mitolo-
gica, 47.

Le origini, 53
I
La famiglia fra struttura e sovrastruttura, 5 5 ; La donna, condizione
originaria della produzione, 58.
II
II m atrim onio esogamico e il divieto di incesto, 6 3 ; Fra natura e cultura,
6 9 ; La divisione sessuale del lavoro, 7 1 ; L ’istituzione della parentela, 78.
III
I T robriand i: dimostrazione etnologica di alcune leggi della sessuo-
economia reichiana, 8 5 ; Organizzazione sociale dei Trobriandi. Priorita
del m atriarcato e origine dei beni dotali, 8 8 ; Riconsiderazione critica
della documentazione di Malinowsky, 9 3 ; Credenze trobriandesi, 10 4 ;
M atrim onio e procreazione. La concezione pateriale, 106.
IV
Passaggio dal m atriarcato al patriarcato, 1 15 ; La « collettivita sessuale » ,
118.
V
R apporti fra struttura caratteriale e ordinamento sociale, 125; Pate-
rialismo e concezione (della m ateria), 128; L’assunzione fallocentrica
della donna: femminilita, 132; Dall’identificazione all’identita, 136.

Appendice, 146

Bibliografia, 148

151
Finito di stampare
nel dicembre 1978
dalle A rti Grafiche Ubezzi & Dones
per conto di Vangelista editore in Milano

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