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ACCADEMIA ROVIERETANA DI MUSICA ANTICA

studi e testi
sull' interpretazione della musica

1983
PRAXIS
Studi e Testi sull'interpretazione della musica

ANNUARIO DELL'ACCADEMIA ROVERETANA


DI MUSICA ANTICA

VoL. I, 1983

Redazione e Amministrazione
ACCADEMIA ROVERETAN,A DI MUSICA ANTICA
Via Tartarotti, 45 - ROVERETO (Trento)
C.C.P. 17382383

PRAXIS- VOL.I, 1983

Sommario

Presentazione pag. 5

ARTICOLI E SAGGI

M. TIELLA, L'Antico nella musica attuale .. .. pag. 7


C. CANEVARI, Cenni storici sull'uso degli strumenti ad ancia
doppia incapsulata. . . . 18
R. VETTORI, Lineamenti di una teoria del recupero storico -
musicale
I. Introduzione » 31
2. La coscienza storica e l'interpretazione della
musica del passato » 41
3. Problemi e prospettive del. recupero musicale » 59

GRUPPO DI STUDIO
DEL CONSERVATORIO
«VERDI» MILANO, La tecnica esecutiva degli strumenti a tastiera
e del liuto nelle fonti storiche

Introduzione . » 117
PARTE I La tecnica degli strumenti a tastiera » 119

PARTE II - La tecnica del liuto


PARTE III - «Pronuntia» ecaratteristiche tecnolo-
giche » 162
APPENDICE 1 Schede bibliografiche sulle fonti
siche relative alla tecnica clavicem-
balistiche
APPENDICE II - Tavole sinottiche delle forme
musicali della letteratura clavicem -
balistica e liutistica - 186.

219

APPENDICE III - Schede organologiche » 195

RECENSIONI

E. DURANTE - A. MARTELLOTTI, L'Arpa di Laura (M. Giuliani), p. 216

220
......

ROMANO VETTORI

LINEAMENTI DI UNA TEORIA


DEL RECUPERO STORICO-MUSICALE

1. INTRODUZIONE

1.1. Una prospettiva culturale

Prima di entrare nel merito dell'argomento è necessario chiarire


che l'oggetto del discorso che si intende svolgere è la «musica» in
un'accezione storica ed estetica onnicomprensiva e che l'accento
posto qui sulle opere e la vita musicale colta occidentale del rinasci-
mento e del barocco deriva da un interesse culturale più che da una
scelta estetizzante o dettata da una pretesa voga che avrebbe colto
d'improvviso le ultime generazioni, confuse in un peraltro non
meglio precisato fenomeno recessivo. Daltronde non è compito
nostro in questa sede operare dei distinguo tra attività musicologica
(pur in senso molto elastico e non polverosamente archivistico) e un
costume musicale, d'ascolto o d'esecuzione (o, come è accaduto in
questi ultimi decenni, di entrambi riassunti nelle medesime per-
sane), lavoro che presuppone un'impostazione diversa da quella qui
adottata. 1
Per il nostro assunto è infatti sufficiente (e non è poco) sottoline-
are come l'attività musicale di ogni specie, per il fatto di rappresen-
tare l'operare ed il pensare umano tramite strutture sonore, con
intenti comunicativi a vari livelli (compreso quello estetico) deve

1 Per una trattazione del problema della musica storica come categoria culturale del
nostro tempo si veda, in questo stesso volume, l'articolo di M. TIELLA, L'Antico nella musica
attuale.

31
venire considerata a pieno titolo e nel senso indicato come un bene
culturale. 2 E' probabile che di fronte ad una simile affermazione la
maggior parte delle persone interessate alla musica e che nei suoi
riguardi si ritengono culturalmente "impegnate" si senta offesa
nella propria dignità, umana o professionale, trattandosi di un
discorso apparentemente scontato quanto in linea di principio
imprescindibile. Ma la precisazione è veramente doverosa se dal-
l'alto delle intenzioni dichiarate, delle affermazioni teoriche e delle

2 La definizione di «bene culturale» è a tutt'oggi ancora piuttosto vaga. Dal dibattito


teorico che investe soprattutto importanti problemi museo grafici, urbanistici, conservativi e
di restauro, bibliografici e, naturalmente, anche organologici (ma anche qui, significativa-
mente, non musicali in senso generale) le varie redazioni della Carta del restauro e la
legislazione di tutela non solo italiana non hanno ancora tratto una indicazione organica e
coerente. Per l' organologia in particolare non esiste una normativa unanimamente accettata,
pur essendo costituita da tempo una apposita Commissione di studio. Il fatto è reso più grave
dalla mancanza di ogni concreto accenno al problema degli strumenti storici nel quadro
organico generale di tutela. Su questo argomento chi scrive ha svolto una ricerca che prende
brevemente in considerazione vari aspetti del fenomeno, da quello legislativo a quello più
ampiamente culturale, da quello organologico a quello bibliografico, didattico ed esecutivo
(Gli strumenti musicali storici, problemi di conservazione e restauro in rapporto al patrimonio
storico-artistico in Italia, dattiloscritto per «Scienza e tecnica del restauro», prof. Alessandro
Conti, Università di Bologna, D.A.M.S., a. acc. 1979-80).
Sembrano comunque utili, a questo scopo, e anche se non risolutive, le riflessioni sulla storia e
l'uso del concetto di «bene culturale» in A. EMILIANI, Una politica dei beni culturali, Torino,
Einaudi, 1974, pp. 25-65. In esse viene proposto un nuovo concetto raggiunto "per nega-
zione" di altri o tutt'al più "per estensione" dei concetti tradizionali, senza tuttavia giungere,
se non vagamente, a stabilire i limiti di quello nuovo. La delimitazione è affidata ad una
«società ed una cultura realmente democratiche» le quali, per il loro carattere di apertura (di
natura sociale e materialistica) darebbero la garanzia necessaria ad un vero «riconoscimento
delle caratteristiche di un bene artistico o di cultura» che appunto «non può defluire [ ... ] se
non da un più lato concetto di cultura» (pp. 54-55). Il valore di questa ricogniiione storica
sull'uso dei termini da parte della cultura occidentale, oltre a mostrare la loro stretta
connessione con la cultura stessa e le ideologie, sta nell'indicare la necessità di un supera-
mento. E' d'altronde accettabile un' emancipazione sia dalla concezione "monumentalistica"
e gerarchica, che da quella imprecisa e "mercantile" della'locuzione «cose d'arte e di storia»,
senza per questo disperdere in una "panartisticità" o un "panculturalismo" di tipo antropo-
logico la realtà storica e contemporanea. Si tratta invero di un concetto assai generalizzante,
che ad una coscienza storico-sociale fa seguire una «coscienza di possesso sociale quale sola
garanzia valida ad allontanare lo spettro della distruzione», coscienza che riporterebbe «le
cose accanto alle comunità che ebbero a produrle [... ], pur senza con questo venir meno alla
garanzia di una verifica scientifica e tecnica di rigore assoluto» (p. 55).
La prospettiva è infatti quella di una museificazione della realtà o se vogliamo di una
vivificazione della storia sul cui reale valore per la scienza e la cultura è impossibile avere
garanzie, nonostante l'impiego di tecniche tassonomiche e di conservazione altamente specia-
lizzate quali il progetto dell'Istituto per i Beni culturali dell'Emilia Romagna prevede.

32
argomentazioni (con enciclopedie, programmi, cartelloni, depliants
illustrativi di enti musicali e lirici alla mano) scendiamo a conside-
rare la prassi musicale organizzativa didattica, esecutiva o pudica-
mente musicologica (in senso distaccato ed asettico).
Qui allora (e per il pubblico della musica "antica", non meno
che per quello delle avanguardie, si tratta effettivamente di cose
scontate), troveremo spesso una sorta di uniformità, un accordo
tacito nell'intendere la musica come un fenomeno a parte, per il
quale la parola è insufficiente o inadatta, e la cui autonomia e
misteriosità (simboleggiata dalla produzione dell'epoca romantica)
determina una rigida opposizione di categorie: sacro/pr.ofano,
esperto/inesperto, genio/norma, interprete/pubblico ecc. Questo, a
ben guardare, è un supporto più o meno inconscio ereditato da una
visione della realtà tardo-romantica o, nella sua versione più attenta
ai valori della "Storia", dall'idealismo crociano, dal quale, fra
l'altro, e specialmente in Italia, sono derivate le norme comporta-
mentali che impongono, a t"!ltti i livelli, un riconoscimento del
carattere accessorio della materia sonora- e più in generale dell'a-
spetto sensibile delle opere, in favore dell' "idea" artistica espressa
dall'autore. Ciò, naturalmente, in maniera tanto più ingenua e
banale (sentimentalismo) quanto più ci si allontana dalla compe-
tenza "tecnica" di chi possiede o usa il linguaggio più "universale" e
"impalpabile" quale viene considerato appunto quello della
musica. Siamo certo consci che in molti operatori musicali l'aspetto
più -mistificante di questa concezione è riscattato da grandi abilità
esecutive e didattiche, oppure da sottili capacità critiche e di analisi
formale, come da non diffuse doti di pazienza e riverenza verso la
quantità di documenti e la vastità dei problemi semiografici. Ciò
non toglie che questa diffidenza verso la metafisica si risolva in un
ripiegarsi sugli aspetti particolari, della forma o sulle varianti esecu-
tive di un medesimo atteggiamento ihterpretativo, continuando in
questo modo a perpetuare il sistema generale di cui si dimentica il
potere misitificante o di cui si minimizzano le conseguenze, per
motivi legati alle proprie esperienze, personali od occulti.
Questo, obiettivamente, è il sostrato istituzionale di gran parte
della realtà musicale contemporanea, che ha interagito e interagisce
tuttora con la realtà psicologica di "profani" e non, di musicisti e
musicologi. In questi ambiti e con queste modalità si selezionano

33
aspiranti musicisti, si pratica la critica (non di rado ossequiosa le
regole del sistema anche quando mostra di essere in grado di discu-
terle), si organizza l'attività concertistica e quella de11'industria
discografica ed editoriale, per non dimenticare quella liutaria. Tutto
questo si inserisce in un sistema di economia ed industria culturale
che difficilmente permette pratiche non fondate sulle medesime basi
"ideologiche". Ultimamente abbiamo visto l'ingresso sulla scena
anche dei ministeri e degli assessorati alla cultura, i quali, per la loro
posizione eminente nei riguardi del sostegno politico e finanziario
non hanno fatto che rinforzare questo meccanismo di autoconferme
e legittimazioni.
Per quanto riguarda il punto di partenza di questo lavoro, che
concerne soprattutto le basi teoriche di un metodo filologico per la
ridefinizione e la "salvaguardia" dei beni musicali storici, è doveroso
richiamare l'attenzione soprattutto sulle conseguenze che tutto que-
sto ha per l'attività musicologica e la sua reale incidenza, vista com'è
e praticata soprattutto come un hortus conclusus. 3 Ma su questa via

3 Anche se le osservazioni non si riferiscono in particolare all'indifferenza della musicolo-


gia tradizionale per i problemi tecnico-interpretativi, non è inutile accennare alle ricorrenti
critiche rivolte in questi ultimi anni alla musicologia di stampo "archivistico" o filologico-
positivistico, come tale interessata molto spesso più a problemi "quantitativi" quali la
catalogazione, la riedizione .di una mole impressionante di antiche opere musicali, con la
conseguente mancanza d'interesse e di studi rivolti al significato più specificamente culturale
ed estetico delle singole opere o scuole stilistiche, generi compositivi ecc. Si veda ad esempio
R. DALMoNTE, Musicologia: ma quale? Unteriori considerazioni, in «Rivista Italiana di Musi-
cologia» XV (1980), pp. 264-268 e gli articoli nei numeri precedenti cui si riferisce. In esso si
prospetta un'attività musicologica fondata sull'interdisciplinarità di più campi, l'interesse per
i fatti contemporanei e la semiologia come metodologia garante sia delle opere che del
contesto storico in cui vengono a "significare".
Abbiamo voluto fare questo accenno perché troviamo interessante l'accento posto sulla
necessità di individuare il carattere significativo delle opere, in specialmodo antiche, che noi
qui proponiamo di raggiungere attraverso un recupero di tutte le componenti in cui si realizza
l'opera, quindi anche del momento esecutivo. Proprio per questo anche per noi il problema
non si risolve solamente con la riedizione del maggior numero possibile di opere antiche, pur
legittima ma non esaustiva se esse rimangono a non testimoniare del loro significato storico
ed artistico. Una preoccupazione analoga è quella che si ritrova neI campo della semiologia
gregoriana, la quale tende a distinguersi dalla tradizionale paleografia o semiografia grego-
riana, appunto per l'accento posto sul significato espressivo dei neumi in campo aperto,
paradossalmente più interessanti e indicativi della maturità e complessità del canto medievale
della stessa successiva notazione su tetragramma. Si veda in proposito E. CARD IN , Semiologia
gregoriana, Roma, Pontificio Istituto di Musica Sacra, 1968 e ID., Primo Anno di Canto
Gregoriano, Roma, Pontificio Istituto di Musica Sacra, 1970.

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non è il caso di continuare, dato che (anche se in particolare per la
musica contemporanea), il fenomeno è tracciato in modo assai più
articolato da Th.W.Adorno. 4
Osservazioni sul sistema che domina la vita musicale a parte,
veniamo ora a considerare le conseguenze più naturali che proven-
gono da una concezione della musica come bene culturale. Fra le
principali ricordiamo l'esigenza di definire degli strumenti metodo-
logici per una autentica e corretta conoscenza e valutazione del
passato musicale. Questa esigenza rappresenta il primo passo di
un' operazfone culturale nei riguardi di un patrimonio storico-
musicale che per il solo fatto di essere tale ha naturalmente subito un
processo di reinterpretazione disgregatrice dei connotati originari,
essendosi tale processo fondato su estetiche e conseguenti conce-
zioni esecutive-interpretative in varia misura divergenti da quelle
dei periodi in cui queste attività musicali erano sorte e avevano
assolto le loro funzioni. 5
Prima di passare a osservazioni sul metodo e le sue implicazioni
estetiche (che derivano perlopiù dalla doppia natura, storica ed
artistica, di gran parte delle opere musicali), vogliamo riaccennare
alla duplice via che, nella prospettiva fin qui esposta si trova di
fronte chi si occupa di musica nell'accostarsi alle opere storiche.
Intendiamo riferirci alla scelta culturale che porta con sé un ricco
complesso di problemi storici ed estetici (in senso immanente, cioè
strettamente commisurato all'opera), o diversamente, alla scelta di
gusto, avulsa dal dato culturale e come tale in balìa di meccanismi
individuali e collettivi, di "predilezioni" e "affinità" e relative pre-

4 Th. W. ADORNO, Introduzione alla sociologia della musica, Torino, Einaudi, 1971,
soprattutto ì1 cap. 8 «La vita musicale», pp. 146-168 e il cap. 9 «L'opinione pubblica e la
critica» pp. 169-187. Per il rapporto con la musica "antica" l'impostazione di Adorno,
paradossalmente, ma significativamente, non si discosta di molto dalla posizione tradizionale
da lui stesso criticata. Si veda in proposito quanto detto a nota 12 e nel testo cui si riferisce.
5 La musica come patrimonio storico soggetto a fruizione, pur dovendosi presentare alla
coscienza contemporanea in modo analogo ad altri beni, si differenzia sostanzialmente per la
sua natura dinamico-temporale, la quale comporta ovviamente problemi di esecuzione e
rispetto delle intenzioni che stanno alla sua origine. Poiché tali questioni sono l'oggetto
principale di questo lavoro si rimanda al seguito per ulteriori precisazioni e approfondimenti.
Ci limitiamo qui ad evidenziare come il processo disgregante dei significati originari sia
potenzialmente insito nella musica di ogni tempo e di ogni luogo.

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elusioni (misurate su modelli di inconsistenza storica). Quest'ultima
scelta, che attualmente rappresenta la sola via "ufficiale" consentita
e additata dall' establishement musicale contemporaneo, apre a tutta
una serie di problemi e campi di ricerca (da quello psicologico a
quello emotivo e psico-motorio) sopra ai quali fin dall'antichità si è
costruita la teoria dell'interpretazione musicale e in generale del
. fen·omeno «musica». Attraverso successivi raffinamenti e travesti-
menti idealistici di fenomeni essenzialmente psicofisici e soéio-
musicali (in senso trascendente l'opera) si è giunti poi a quella
concezi9ne estetica che, all'insegna come si diceva dell"'universa-
lità" del linguaggio musicale (qualità concessa però solo alla musica
d'arte) domina la prassi musicale del nostro tempo.6
A questo punto e a diversi livelli, ci sembra che lo stabilire un
rapporto, di analogia o di contatto, con le tendenze attuali della
museografia, della critica delle arti e della letteratura e le relative
attività filologiche di conservazione e restauro deva diventare l'atto
di adeguamento necessario di una vita musicale contemporanea
conscia del suo ruolo storico. Dal punto di vista della musicologia
(in tutti i suoi settori) e della filosofia della musica ciò si configura
come un dovere culturale; da quello della prassi (organizzativa e
didattico-esecutiva) almeno come un fatto di onestà, di stimolo a
più confidenziali contatti con la ricerca e in ogni caso come una
visione delle còse musicali semplicemente da postulare. 7 Il pro-

6 In base a tale presunta e livellante "universalità" del linguaggio musicale si cristallizza il


particolare sistema esecutivo-interpretativo riconosciuto per valido nell'espressività roman-
tica, estendendolo a tutto il repertorio storico, cercando tutt'al più di mitigarlo in varia
misura a seconda delle epoche ma ritenendolo fondamentalmente come l'unico possibile. Di
questo è dimostrazione il fatto che il patrimonio extra-romantico praticato è generalmente
limitato al periodo di più facile accostamento esecutivo e mentale e per il quale sono
utilizzabili strumenti musicali "affini" (ma ritenuti in realtà "uguali"), cioè quello del
Sei-Settecento. Si veda in proposito la falsificante discussione del termine «barocco» da un
punto di vista storiografico ma anche pratico-esecutivo ed organologico in M. MILA, L'equi-
voco della musica barocca, in «Nuova Rivista Musicale Italiana», n. 3 (1981).
7 Senza la pretesa di essere esaurienti indichiamo alcune opere che nei vari campi possono
fornire utili motivi di confronto. Per la museografia B. TOSCANO, Ripristino, restauro,
conservazione, in Il patrimonio storico artistico, Milano, Touring Club Italiano, 1979; ID.,
Collezionismo e mercato, in «Encic1opedia-Fischer Arte 2», pp. 106-123; A. EMILIANI, op. cito
Per i problemi riguardanti il restauro e la conservazione in particolare delle opere figurative:
U. BALDINI, Teoria del restauro e unità di metodologia, Firenze, Nardini, 1978; C. BRANDI,

36
blema delle conseguenze di un adeguamento di questo genere nel
considerare in generale l'attività di ricerca e di produzione musicale
dei nostri giorni, per quanto interessante, per il fatto di coinvolgere
molti aspetti della vita musicale, le istituzioni e le stesse attività
didattico-scientifiche, è alquanto complesso ed esula comunque dal
nostro assunto. 8

Teoria del restauro, Torino, Einaudi, 1977 (I ed. Roma, 1963); C. CESCHI, Teoria e storia del
restauro, Milano, 1971; A. CONTI, Storia del restauro e della conservazione delle opere d'arte,
Milano, Electa, 1973, (con saggio introduttivo di R. Longhi) .e importante bibliografia
sull'argomento); Carta del restauro 1972, in «Bollettino d'arte», Ministero della P.I., n° 2,
aprile-giugno 1972, Roma, Istituto poligrafico dello Stato; Norme per la redazione delle schede
di catalogo, i b i d . . .
L'attività filologica, in campo letterario assume valore d'antonomasia per l'intera ricerca
storica, e vanta perciò una storia antica ed illustre. La prima coscienza della necessità di
un'esatta ricostruzione critica di testi storico-letterari data dall'Umanesimo quattrocentesco,
con il profondo interesse per la cultura antica classica tramandata in maniera distorta dal
medioevo. Il movimento umanistico fu attivissimo anche in musica con la febbrile traduzione
dei testi teorici sulla musica dei greci classici ed ellenistici; cfr. F. A. GALLO, La conoscenza
della teoria greca, dispense del corso tenuto presso la '«Scuola di Perfezionamento in Musico-
logia» dell'Università di Bologna, a. acc. 1981-82.
La tradizione della filologia letteraria è continuata ininterrotta fino a noi, rimanendo tuttavia
legata ad una visione settoriale, strumentale, rispetto alla critica vera e propria, determinan-
dosi così anche in letteratura una,. dicotomia poco salutare per la considerazione delle opere
letterarie. Il processo di confronto e connessione fra le discipline dell'attività letteraria
(storica, filologica, critica e semiologica, ecc.) fra vari esempi ci pare rappresentato in modo
interessante da W. TH. ELWERT, La poesia lirica italiana del seicento, studio sullo stile barocco,
Firenze, Olschki, 1977. In esso si discute ampiamente e si porta ad una ampia revisione il
concetto di «barocco», dal punto di vista dei limiti storici coine da quello stilistico ed estetico.
Per un discorso di collegamento più preciso e di tipo semiologico fra suono e parola, musica e
lingua ed infine musica e poesia, si veda «Ricerche musicali» IV (1980) Istituto dì Discipline
della Musica (DAMS), Università di Bologna, interamente dedicato a questi rapporti, con
articoli tra gli altri di E. Fubini, W. Diirr, R. Dalmonte, e una guida bibliografica aggiornata
su questo argomento. Altro lavoro utilmente consultabile per un confronto fra metodo
filologico in musica e in letteratura, in prospettiva sernio logica è quello di G. SEGRE,
Semiotica filologica, Testo e modelli culturali, Torino, Einaudi, 1979.
8 E' evidente, alm~no in linea di principio, che una vera distinzione tra modo di concepire
il passato musicale e visione generale della musiea, anche come produzione contemporanea,
non è possibile. La tensione è tuttavia naturale nella ricerca e nel rinnovamento dei linguaggi
compositivi contemporanei, sui quali si possono trovare lucide riflessioni in H. POUSSEUR,
Musica, semantica; società, Milano, Bompiani, 1974; Th. W. ADORNO, Filosofia della musica
moderna, Torino, Einaudi, 1959; H. STUCKENSCHMIDT, La musica del XX secolo, Milano, Il
Saggiatore, 1969. ' .
I fermenti di rinnovamento che si notano nella didattica della composizione e in genere nella
didattica specialistica conservatoriale, ufficialmente ancorate ai programmi del 1930, e
l'ampio dibattito fiorente nel campo della pedagogia e della didattica musicale di base sono

37
1. 2. Metodologia, storia ed istanza estetica

Allo scopo di rendere chiara la prospettiva in cui si inserisce


l'esigenza di recupero dei beni musicali precisiamo che il nostro
modo di considerare le opere e in _-~nerale l'attività musicale che in
ogni periodo storico ne rappresl .. ~a il terreno di cultura ipotizza
forme o modi di formare sonori, dotati di una presenza strutturale 9 e
di significati a cui questa rimanda o che in qualche modo riflette e
coinvolge, secondo una intenzione critica di derivazione sernio lo-
gica.
È inoltre evidente che un discorso generale sulle forme sonore
storiche non può fondarsi sull'assenza di una particolare conce-
zione estetica, deve cioè legare le istanze di una metodologia, nel
caso semiologica, ad un universo di valori, di "costanti" che per-
mettano sempre di giustificare, di motivare dove si possa o si deva

una prova ulteriore del mutato atteggiamento nei confronti della cultura e della musica. Per i
primi si ricordano le esperienze attuate nei Licei musicali sperimentali annessi ai Conservatori
ed i Corsi Straordinari istituiti nei maggiori istituti musicali italiani, statali e comunali, che
prevedono fra l'altro anche l'insegnamento di alcuni strumenti antichi. Numerosi sono gli
interventi e le discussioni su tali esperienze, viste nel quadro di una riforma generale della
cultura musicale in Italia. Si rimanda a quanto pubblicato in particolare su vari numeri di
«Musica domani», organo ufficiale della S.I.E.M. (n° 4-5-32-41-43-44) e sulla «Nuova Riv.
Mus. italiana» n° 1 (1982).
Per quanto riguarda l'educazione musicale di base esiste un florilegio d'iniziative, ispirate ai
Nuovi Programmi della Scuola Media (1979) e frutto dell'assai più elastico approccio socio-
antropologico degli studiosi in campo pedagogico. Si rimanda ancora ai contributi pubblicati
in vari numeri di «Musica domani», in particolare ai numerosi articoli e ai volumi editi da G.
STEFANI, M. DE NATALE, M. DELLA CASA, C. DELFRATI.
A conclusione di questa nota, solamente indicativa di tale clima culturale, vorremmo tuttavia
sottolineare come l'argomento del patrimonio storico-musicale da tutti questi fermenti sia
toccato in misura tutto sommato irrilevante, come aspetto della cultura musicale acquisito
dalla tradizione e tutt'al più "usabile" strumentalmente nelle nuove tendenze. Ebbene, in
questo senso pensiamo che gli interessi che si sviluppano da una diffusa reazione alla
c-oncezione idealistica della musica non dovrebbero sottovalutare il valore intrinseco eforma-
tivo della storia, e i problemi autenticamente tecnici,. legislativi e conservativi imposti dai beni
musicali stessi.
9 Si assume qui il significato corrente di «struttura» derivato dalla linguistica saussuriana:
«totalità organizzata fatta di elementi solidali non potendo essere definiti che gli uni in
rapporto agli altri e in funzione del loro posto in questa totalità», cfr. PR. RIVIÈRE - L.
DANCHIN, Linguistica e nuova cultura, Roma, Astrolabio, 1972, p. 131 (glossario). Dalla
possibile impressione coercitiva e assolutizzante di questo concetto si deve peraltro rifuggire
in campo estetico, e specialmente in quello così "labile" delle strutture sonore.

38
supporre uno "specifico" artistico, anche attraverso la mutevolezza
delle idee storiche sulle caratteristiche e gli scopi dell' arte (estetiche
storiche), nonché delle concezioni e delle aspirazioni intorno alle
proprie opere dei musicisti stessi (poetiche storiche). Questa esi-
genza pensiamo infatti possa proficuamente aggiungersi a quella
più "neutrale" del recupero dei beni storico-culturali, anche se non
misconosciamo il loro valore eminentemente "documentario", che
ne fa l'oggetto esclusivo della tradizionale ricerca filologica.
Consapevoli della necessità di un'impostazione metodologica
che ponga in posizione eminente la ricerca filologica, il presente
lavoro presuppone e vuole fornire anche ulteriori implicazioni per
un discorso estetico. Il passo ulteriore cui si tende consiste proprio
nell'intersecare queste due esigenze, quella filologica (nel senso di
ricerca di documentilOnella loro interezza e nel loro pieno significato
e diritto di essere beni storico-culturali) e quella estetica, che nella
nostra accezione tanto più si sostanzia e riceve dignità quanto più
tiene conto dello spessore storico delle opere (quindi del loro recu-
pero). Con questo non si vogliono considerare degne di attenzione
solo quelle opere in cui lo specifico artistico è presente, ma solo in
quale senso si possa sottintendere «arte musicale» e parlare di
«ricerca storico-musicale», e perché potendo o volendo parlare di
«valore» estetico siponga come condizione necessaria un determi-
nato recupero delle strutture sonore. Quest'ultime infatti, oltre ad
essere beni culturali possono anche assumere una particolare qua-
lità di significante, non solo storico in senso generico, ma anche di
quel tipo di istanza presente spesso O talvolta nei beni stessi, cioè
quella dell'arte. ll

. 10 Sul significato qui dato al termine «documento» rimandiamo a quanto esposto in


seguito, al paragrafo 3.3.
Il Una concezione dell'arte che fosse normativa, cioè che da un'idea fondata metafisica-
mente di bellezza o di quant'altro si volesse ergere a scopo dell'arte passasse in modo
deduttivo a cercare dove, nelle opere artistiche di tutti i tempi e luoghi, questa idea si sia'
realizzata parzialmente e compiutamente, porterebbe (e spesso ha portato) inevitabilmente a
delle singolari statistiche e gerarchie d'importanza fra opere, autori e addirittura epoche, con
curiosi confronti storicisticamente insostenibili e la formulazione di categorie storico-critiche
improponibili ~me strumenti di valutazione estetica (esempio famoso l'accezione del ter-
mine «baro'fo\!. nella critica idealistica, carico di connotazioni negative come «artificiosità,>,
«ampollosità.,!, «retorica», «prolissità», da contrapporre ai nobili elementi che scaturiscono
dal.Romanticismo ottocentesco, col quale si identifica «poesia», «espressività», «sponta-

39
N ella nostra prospettiva quindi il recupero storico si pone come
un momento preliminare dal punto di vista metodologico, ma anche
come momento fondamentale (con tutte le implicazioni connesse a
questa enfatizzazione) da quello storico-estetico, quando fornisce le
strutture alle possibilità della conoscenza e dell'analisi.

neiÙ» , in una parola l'«arte» nel senso più vero e profondo del termine. Si vedano in
proposito W. TH. ELWERT, op. cito e le note 6 e 19 del nostro studio.
Una precisazione di questo genere non sarebbe necessaria, vista l'ampia revisione cui è stata
sottoposta l'estetica nella cultura contemporanea, se non si riconoscesse ancor oggi in ampie
fasce di pubblico conoscitore o appassionato d'arte una fruizione di tipo "normativo", sia
d'ascendenza tardo-romantica idealistica che marxistica, poco importa.
Certamente trovare una definizione di arte che non sia ideologicçz è inversamente proporzio-
nale al voler ridurre l'essenza dell'arte ad un principio unico cui tutte le opere artistiche
dovrebbero tendere; ciò non toglie che una definizione, per sua natura restringa il campo di
possibilità cui la stessa sua eventuale ampiezza definitoria ci indirizza. L'unica garanzia, a
questo punto, è la coscienza di questo limite, che come ogni coscienza può ridurre la
possibilità di equivoci o astrazioni fuorvianti e pericolose.
In questo senso troviamo una certa analogia fra alcune posizioni dell'estetica contemporanea
e le acquisizioni dell'attuale filosofia della scienza. Ad una metodologia aperta, infatti, si
richiama la definizione di «artisticità» in D. FORMAGGIO, che vede nell'accostarsi alla strut-
tura delle opere la via per definire le poetiche che ad esse presiedono e nella constatazione
dell'avvicendarsi di quest'ultime nella storia la necessità di ipotizzare un'«estetica come
metodologia dialettica» una «definizione del panorama delle idee ed opere artistiche attra-
verso la fondazione della sua mutevolezza» (cfr. ·U. Eco, La definizione dell'arte, Milano,
Mursia, 1968, pp. 143-144).
Un analogo punto critico d'.osservazione ci sembra venga raggiunto con il riconoscimento e le
relative conseguenze dei «paradigmi scientifici» in T.H. KUHN, La struttura delle rivoluzioni
scientifiche, Torino, Einaudi, 1978 (I ediz. Chigago, 1962), che, proprio nel campo dell'«o-
biettività» esclusiva della scienza, inducono l'autore ad affermare: 1) una specie distoricismo
scientifico: «Piuttosto che andare a cercare, nella scienza di un'epoca passata i contributi che
quella ha portato al nostro benessere attuale, essi (gli storici della scienza) si sforzano di
presentare l'integralità storica di quella scienza considerata nel suo tempo» (p. 21); 2) un
relativismo percettivo: «[ ... ] si ha il sospetto che la percezione stessa richiede qualcosa di simile
ad un paradigma. Ciò che uno vede dipende sia dci ciò a cui guarda, sia anche da ciò che la sua
precedente esperienza visivo-concettuale gli ha insegnato a vedere» (p. 141); 3) una problema-
ticità integralmente culturale: «Le ricerche attuali in alcuni settori della filosofia, della
psicologia, della linguistica e persino della storia dell'arte spingono tutte verso la conclusione
secondo cui il paradigma tradizionale, per qualche ragione, non funziona più» (p. 150); «Per
essere più precisi possiamo vederci costretti ad abbandonare la convinzione, esplicita o
implicita, che mutamenti di paradigmi portino gli scienziati, e coloro che ne seguono gli
ammaestramenti, sempre più vicino alla verìtà» (p. 204).

40
2. LA COSCIENZA STORICA E L'INTERPRETAZIONE
. - DELLA MUSICA DEL PASSATO

2.1. Coscienza storica e musicologia

Senza dubbio il fatto che l'esigenza di un controllato recupero


esecutivo dei fatti musicali storici non sia apprezzabilmente sentita
nel campo didattico e in quellQ concertistico attuali è conseguenza
diretta dell'enormemente più diffuso tipo di scelta che abbiamo un
po' semplicisticamente chiamato di "gusto", ma la èui reale e
complessa natura, che va dai sostrati estetico-culturali ai mecca-
nismi messi in moto dall'industria e dalle istituzioni "storiche", ci
impone una rapida disamina delle sue caratteristiche principali. I2
2. I 1. Il fenomeno dell'esecuzione di musiche composte in epoche
precedenti alla propria è prerogativa degli ultimi centocinquan-
t'anni della storia musicale occidentale, ed è ragionevolmente da far
coincidere con lo svilupparsi di una coscienza storica nell'ambito
della musica, coscienza che nel quadro della cultura generale si è
venuta formando in ritardo rispetto ad altri campi (da quello della
politica a quello della letteratura o delle arti figurative e dello
spazio). Il motivo di tale ritardo può essere visto nelle caratteristiche

12 Si può facilmente istituire una connessione tra il momento formativo della cultura
musicale dell'individuo e la sua maturazione, distinta in attività concertistica, didattica e
produttiva (creativa). Il rapporto non è tuttavia univoco, ma circolare, interdipendente, ed è
ampiamente esposto alle influenze e ai mutamenti della vita musicale e i suoi vari livelli di
pubblico. Cfr. su questo punto le illuminanti analisi di TH. W. ADORNO, Introduzione... , cit.,
capitolo I «Tipi di comportamento musicale» e VIII ·«La vita musicale».
Ci sembra tuttavia opportuno discutere brevemente quanto il filosofo dice riguardo al
fenomeno da lui chiamato dell'«ascoltatore risentito», in cui sono palesemente riconoscibili
gli amatori (ma anche i «caparbi» e specializzati professionisti) di musica "antica". Non
crediamo infatti che in essi si devano vedere solo «coloro che si incapricciano della musica
pre-bachiana» o coloro che simpatizzano «con ordinamenti e collettività solo perché sono
tali», con «volti ottusamente settari, potenzialmente digrignanti» (p. 14).
In queste pagine infatti Adorno passa poi in rassegna tutte le caratteristiche principali che
distinguono, almeno in teoria, la filologia musicale (prassi esecutiva, opposizione al soggetti-
vismo romantico, storicismo) rovesciando però, oltreché sottovalutando i termini della
questione: «L'incapacità di costoro a un ascolto adeguato [quello «strutturalè», ma limitato
da Adorno alla musica romantica e moderna, n. d. r.] consiste nel fatto che vengono ignorati
interi settori musicali che invece sarebbe importante conoscere» (ibid.). Si veda in proposito
anche quanto detto a nota 4.

41
funzionali assai più· spiccate che tutta o gran parte della musica
pre-ottocentesca possedeva rispetto ad altre pratiche culturali ed
estetiche, caratteristiche che sono andate sfumando fino a scompa-
rire quasi interamente con l'affermarsi dell'estetica musicale
romantica, l'accentuarsi del momento creativo, l'assolutizzarsi
della figura del compositore e delle esigenze di originalità e diversifi-
cazione a livello macroformale delle singole opere. 13
Quella della perdita di funzionalità delle opere è il criterio che
nella storia musicale ci permette di fondare con maggior precisione
il momento di nascita della coscienza storica, come esigenza di
recupero anche esecutivo-uditivo delle opere antiche, le quali tolte
dal loro contesto assurgevano al rango di opere artistiche auto-
nome, con tutte le esigenze e le modalità esecutive che normalmente
alle opere contemporanee si attribuivano. Questo è cioè il momento
in cui per la prima volta si può parlare di un' effettiva esigenza di
recupero esecutivo della musica storica laddove fin dal Tinctoris e
via via fino al benemerito padre Martini di essa ci si limitava a
considerare le partiture al fine di istituire paragoni formali e teorici
con la produzione della propria epoca e con i propri atteggiamenti
estetici. 14

13 Sui livelli di analisi delle forme sonore ci si sofferme~à brevemente nel paragrafo 3.5.4.
14 Si veda su questo punto l'analisi che dell~ coscienza storico-musicale nel Rinascimento
fa F. BWME, IIRinascimento, Bologna, A.M.I.S., 1971, Quadrivium n° 2 (éstratto da: Renais-
sance, in «Die Musik in Geschichte und Gegenwart»), in particolare nel cap. II: «La coscienza
musicale del rinascimento». Il limite esecutivo per la musica del passato era all'incirca di
quarant'anni, proprio in forza di precise e coscienti idee estetiche e formali cui la musica
doveva corrispondere, rappresentando così una «nova ars» in cui si contemperavano i
concetti estetici rinascimentali espressi dalla «suavitas» e dalla «varietas» (pp. 16-30).
Il recupero, a scopo teorico-comparativo e non esecutivo, dei vari periodi della storia
musicale europea avvenne sempre sulla scorta di precise istanze culturali, così anche nell'Illu-
minismo, con le figure carismatiche e simboliche degli Enciclopedisti francesi e soprattutto,
per il grande merito di raccoglitore di testimonianze bibliografiche, di padre G.B. Martini. Si
veda in proposito E. FUBINI, L'estetica musicale dal Settecento a oggi, Torino, Einaudi, 1964,
pp. 15-72, in particolare il paragrafo «Estetica e storiografia» (pp. 59-64); ID., Gli enciclopedi-
sti e la musica, Torino, 1971; ID., Voltaire e Rousseau: musica e società nella Francia
illuminista, in AA.VV., Lezioni sull'Illuminismo, Milano, 1980, pp. 48-62. Sul significato e le
caratteristiche dell'opera storiografica e teorica martiniana si vedano A. PAUCHARD, Ein
italienischer Musiktheoretiker, Pater Giambattista Martini, Lugano, 1941; M. HUGLO, La
Musicologie au XVIIle siècle: Giambattista Martini et Martin Gerbert, in «Revue de Musicolo-
gie»,LIX (1973), pp. 106-118; V. ZACCARIA, Padre Giambattista Martini compositore musico-

42
Considerando perciò quali fonti storiche per la musicologia i
prodromi settecenteschi e non di tale coscienza 15 (che fra l'altro ci
hanno conservato e permesso di conoscere una quantità enorme di
musica stampata e manoscritta' di tutte le epoche precedenti) il
momento centrale ci appare quello in cui lo storicismo romantico si
appropria del passato per alimentare il suo credo estetico e cultu-
rale, fenomeno che si può simbolicamente vedere nella Bach-
Ren aissan ce. 16

logo e maestro, Padova, 1969, pp. 64-65; G. VECCHI, «Alcune memorie intorno alla musica
figurata» di Padre Giambattista Martini (dalla «Storia della musica» volume 4), in «Festschrift
F. Haberl», Regensburg, 1977, pp. 303-310.
15 Ricordiamo in particolar modo la cultura rinascimentale e l'Umanesimo, i quali
furono alla base delle idee, le ricerche e i tentativi di imitazione della musica greca antica di cui
ampiamente parlano e teorizzano i maggiori teorici e musicisti del Cinquecento; fra i tanti si
citano in particolare P. GAFFURIO, Theorica musicae, Milano, 1492;Practica musicae,Milano,
1496; N. VICENTINO, L'Antica musica ridotta alla moderna prattica, con la dichiaratione, et con
gli esempi de i tre generi... , Roma, 1555; G. ZARLINO, Istitutioni harmoniche, Venezia, 1558; V.
GALILEI, Dialogo della musica antica et della moderna, Firenze, 1581; Discorso intorno all'uso
dell'enharmonio et di chi fusse autore del cromatico, s.l. 1590-91; E. BOTTRIGARI, Il Patricio
overo dei Tetracordi armonici di Aristosseno, Bologna, 1593; Il Trimerone de' fondamenti
armonici overo lo essercitio musicale... ne' quali si ragiona de' tuoni antichi e moderni, e de'
caratteri diversi usati da' musici di tutt'i tempi, Bologna, Civico Museo Bibliografico Musicale,
ms. B 44 (ca. 1593-1599).
La bibliografia moderna sull'argomento è vastissima. Essenziali tuttavia rimangono: D.P.
WALKER, Musical Humanism in the 16th and early 17th Centuries, in «Music Review» II (1941)
e III (1942); ID., The Aims ofBaifs Académie, in «Journal ofRenaissance and Baroque Music»
I (1946); L. SCHRADE, La Reptésentation d'Edipo Tirannoau Teatro Olimpico (Vicence 1585),
Paris, 1960, con l'edizione delle musiche di A. Gabrieli composte per l'occasione; F. FANO, La
Camerata fiorentina. Vincenzo Galilei, Milano, 1934; N. PIRROTTA, Temperamenti e tendenze
della Camerata fiorentina, in «Le manifestazioni culturali dell'Accademia N azionale di S.
Cecilia», Roma, 1953, trad. ingl. in «Musical Quarterly» XL (1954); U. SESINI, Studi sull' Uma-
nesimo musicale; 1. Ercole Bottrigari, in «Convivium» 13, Bologna, 1941;M. TIELLA, La
ricostruzione dell'Archicembalo di Nicola Vicentino (1555), in «Strumenti e Musica» n~ 1 e 2,
Ancona, Berben, 1980; G. PANZERI, Problemi di musica greca nel Trimerone di E. Bottrigari,
Tesi di laurea, Milano, Università Cattolica del S. Cuore, a.acc. 1963-64.
16 In essa, come rileva C. DAHLHAUS, Fonda111:YJ.1.i di storiografia musicale, Fiesole,
Discanto, 1980, «l'idea della musica assoluta, senza scopr, si formò sulla base di opere che
solo per reinterpretazione furono sottoposte a una categoria antifunzionalista, il cui senso
profondo si dischiuse all'Ottocento proprio riguardo ad esse, alle opere che pur avevano
avuto una funzione» (1829, scoperta-riscoperta della Mathaus Passion ad opera di Mendels-
sohn) (p. 33).
Dobbiamo in realtà precisare che l'attenzione "esecutiva" per le opere del passato trovò nel
Romanticismo ottocentesco anche altri sbocchi, quali ad esempio il culto per la polifonia
cinquecentesca e per Palestrina in particolare, anzi per lo stile «alla Palestrina» che'attraverso

43
In questo senso la grande portate storica ed insieme limite
dell'idealismo ottocentesco fu quello di essersi fondato sulla storia,
ma al tempo stesso di averla negata nei suoi connotati fisici; cioè,
più precisamente, nell'averle negato attenzione sotto il profilo delle
consuetudini timbrico-esecutive.
A questo la reazione "scientista" del positivismo sembrò richia-
marsi con una vera e propria religione del dato oggettivo, ma qui si
entra in un nuovo ordine di problemi che scaturiscono dalla partico-
lare configurazione della vita musicale del secondo ottocento.
2.1.2. La scoperta della musica del passato infatti non significò vera
riesumazione storica anche perché il recupero avvenne da parte di
un mondo musicale articolato nei sempre più separati, e non comu-
nicanti campi della composizione, dell'esecuzione e dell'indagine
musicologica. 17 Il clima idealistico favorì anche quella graduale
radicalizzazione del rapporto compositore-interprete (e pubblico)
per cui si andò sempre più distinguendo nei campi dalla didattica e
delle applicazioni della teoria compositiva la preparazione e la
figura del musicista-creatore da quella del musicista-interprete,
mentre della responsabilità dei fatti storici, e solo di quelli cui veniva
riconosciuta una dignità artistica, venivano investiti i musicologi. 18

i teorici della composizione del Sei-Settecento giunse con la sua "purezza" ed il suo "equili-
brio" a rivestire dei significati extra-musicali nel fondamentale 'afflato mistico del romanti-
cismo e le sue propaggini nella musica sacra di fme séc. XIX, che vanno sotto il nome di
cecilianesimo. Nel nostro secolo, poi, lo stile palestrina ridiventò un'aspirazione tecnicistica
apparentemente neutrale per le scuole di composizione, che solo ultimamente sembrano
definitivamente smentite da una considerazione dei linguaggi compositivi nel loro pieno
significato storico-estetico anche, e soprattutto a livello didattico. Si veda, per il fenomeno
dello storicismo musicale nell'estetica del romanticismo R. DI BENEDETTO, L'Ottocento L in
«Storia della musica» voL 7, Società italiana di musicologia, Torino, EDT, 1982, pp. 20-24
con la copiosa bibliografia (p. 271). Si veda inoltre per un approccio generico al problema
storico-esecutivo cui si trovarono di fronte i romantici G. GRAZIOSI, Interpretazione musicale,
in «La musica, Enciclopedia storica», Torino, UTET, 1966, voI. II, pp. 774-776, par. 6 «La
problematica interpretativa ieri e oggi».
17 In questo senso è storicamente significativo come il culto per la storia musicale, o
meglio per certa storia musicale fosse perpetuato nel corso del XIX secolo da figure della vita
musicale sempre più specializzate che vanno da F. Mendelssohn, soprattutto compositore e
letterato romantico a H. Riemann, musicologo fra i fondatori della storiografia musicale
moderna. .
l R Certamente non è un caso che ancora nel primo ottocento i grandi musicisti fossero in
realtà tutti anche esperti strumentisti, così Beethoven, Chopin, Liszt, Paganini ecc., che

44
Se a questo specialismo separatista aggiungiamo la latente man-
canza di interesse per il sostrato acustico, originata dalla predile-
zione per l'aspetto tecnico-formale e dall'accentuazione dell'essen-
za spirituale dell'arte stessa 19 (non a caso in quest'epoca la musica,
cioè l'arte apparentemente meno fisica, fu in estetica posta al vertice
della g~rarchia)20 meglio si comprenderà come tutto il dibattito

provvedevano personalmente, e spesso con intenzione d'esclusiva, a diffondere le proprie


opere. Nasce d'altronde all'incirca a quest'epoca la figura istituzionale del Direttore d'orche-
stra nel senso moderno del termine. Cfr. G. GRAZIOSI, op. cito p. 769 e M. BRUNI, Direzione
d'orchestra, in «La musica, Enciclopedia storica», cit. VoI. II, p. 240. Per l'altro fenomeno,
quello della nascita degli interessi musicologici si possono ricordare a puro scopo indicativo
alcune delle prime pubblicazioni concepite con una scientificità moderna: G. BURNEY, A
generai History ofmusic, Londra, 1776-1789; J.N. FORKEL, Allgemeine Geschichte der Musik,
Lipsia, 1788-1801; AFr.J. THIBAUT, Uber Reinheit der Tonkust, Heidelberg, 1824; G. BAINI,
Memorie storico-critiche della vita e delle opere di Giovanni Pierluigi Palestrina, Roma, 1828;
AW. AMBROS, Geschichte der Musik, Breslavia-Lipsia, 1862-1878; H. RIEMANN, Handbuch
der Musikgeschichte, 1904-1913; F.J. FETIS, Histoire générale de la musique, Parigi, 1869-1876;
ID., Biographie universelle des musiciens et bibliographie genérale de la musique, Bruxelles,
1835-1844.
19 Esemplari sono ancor oggi alcuni studi di H. RIEMANN, Uber das musikalische H6ren,
Lipsia, 1874; ID., Wie hOren wir musik, Lipsia, 1888, il quale preferì comunque di gran lunga
studi storico-formali e paleografici fra i quali: Studien zur Geschichte der N otenschrift, Lipsia,·
1878; il già citato Handbuch; Geschichte der Musiktheorie im IX-XIX Jahrundert, Lipsia, 1898;
System der musikalischen Rithmik und Metrik, Lipsia, 1903.
Per quanto riguarda l'aspetto più generalmente espressivo ed estetico della musica storica
Riemann non si discostava invece dal generale clima romantico in cui dominavano le idee
dell'ùifinito e del sublime, rappresentando così in modo emblematico la sorte di una musicolo-
gia positivista che: «[... ] pur portando all'estetica notevoli elementi validi e nuovi, soprattutto
dal punto di vista metodologico, è rimasta largamente ancorata al pensiero romantico a cui
vorrebbe invece contrapporsi per il suo atteggiamento scientifico» (cfr. E. FUBINI, L'estetica
musicale dal Settecento a oggi, cit., pp. 152; sull'estetica del Riemann si veda alle pp. 153-154).
20 Tutta l'estetica romantica da Herder a Wackenroder, Hoffmann, Hegel, Schopenauer,
fino a Liszt e Wagner non deroga da questo principio che nasce dalla natura stessa della
musica, considerata il linguaggio universale per eccellenza. Riportiamo qui il pensiero del
musicista e letterato tedesco E.T.A Hoffmann (1776-1822) che ben riassume questa conce-
zione: «La musica è la più romantica di tutte le arti, si vorrebbe dire l'unica veramente
romantica, perché soltanto l'infinito è il suo tema [... ]. Soltanto uno spirito romantico può
entrare nel romantico, soltanto la mente poetica ed esaltata, che ha ricevuto la consacrazione
nel mezzo del tempio, può capire ciò che il consacrante esprime nella sua estasi ... » (da
Musikalische Novellen und Aufsiitze, Regensburg, trad. it. Firenze, 1931). Ci sembra utile
riportare anche il comniento a queste parole che si trova in E. FUBINI, op. cito p. 105: «[... ]
romanticismo ha in questo contesto un significato del tutto particolare, metastorico [ ... ] per
Hoffmann come per molti suoi còntemporanei "romanticismo" è una categoria universale
dell'arte. Tutta la grande musica del passato è romantica in quanto altamente espressiva: è
romantico Beethoven, ma sono romantici anche Mozart, Bach, Palestrina. Romantico è tutto .

45
conseguente all'esigenza naturale di sonorizzazione delle opere
musicali si possa riassumere sostanzialmente in un disquisire sulle
capacità e il grado di rappre~entazione del contenuto, dell'idea
dell'opera in sé da parte dell'esecutore.Questo punto basilare è stato
riaffermato anche dalla critica musicale di derivazione crociana che
salvo rare eccezioni è stata elemento dominante della cultura musi-
cale italiana per gran parte del nostro secolo. 21
2.1.3. Sull'altro versante della cultura europea, cioè quello più
fertile della scuola positivistica anglosassone, e più che nel sociolo-
gismo francese, troviamo un atteggiamento storicistico che affonda
le sue radici nelle consuetudini socio-musicali del primo ottocento,
quali ad esempio quella della società londinese «for Ancient music»,
nata dall'esigenza di celebrare e riascoltare musiche di Haendel,
Corelli, Geminiani22 ecc. Si è già visto del resto come la coscienza

ciò che attinge alle segrete fonti del proprio io, della natura che giunge al "regno dell'infi-
nito". La musica, rifiutando il soccorso del linguaggio e della parola, dei concetti, con un atto
di pura intuizione, giunge direttamente alla Realtà».
21 Il rapporto tra opera ed interprete si è acutizzato nell'ambito dell'idealismo quando
dalle soluzioni provvisorie e ancora confuse dell'estetica romantica (ancora probabilmente
insensibili alla separazione fra i due poli dell'arte che stava avvenendo per le ragioni già
accennate a nota 18) la critica musicale crociana, con maggiore, filosofico distacco, ha
formalizzato la questione su di un piano teorico. Si può anche interpretare fondatamente il
fenomeno da un punto di vista sociologico, e vedere la nascitii di quest'esigenza nel momento
in cui giungeva a piena maturazione e cristallizzazione il processo di specializzazione delle
figure del compositore e dell'interprete, accompagnato dal graduale affinarsi della coscienza
storica in musica (si veda ad esempio l'ampia portata degli studi storici e il tema della storia
nel pensiero dello stesso Croce).
Sintomatico è il fatto che tale urgenza non è stata avvertita in ugual misura dalla musicologia
positivista, che ha raffreddato la questione «accontentandosi di approfondire l'aspetto
tecnico-filologico del problema interpretativo» (cfr. E. FUBINI, L'estetica musicale... , op. cit.,
p. 216).
Tornando alla disputa in ambito crociano si ricorda che le due posizioni preminenti, quella
"meccanicistica" di A. Parente e quella "creativistica" di S. Pugliatti furono diversamente
mediate sulla «Rassegna musicale» tra gli anni '30 e '40 da G.M. Gatti, Bastianelli, Pizzetti,
Mila, Graziosi, Casella, Ballo, musicologi che pubblicarono numerosi saggi e studi sull'argo-
mento: G.M. GATTI, Dell'interpretazione musicale, in «Atti del Primo Congresso Internazio-
nale di Musica», Firenze, 1933; A. CASELLA, «Interpreti e celebri interpreti», in Il libro della
musica, Firenze, 1940; S. PUGLIATTI, L'interpretazione musicale, Messina, 1940; A. PARENTE,
La musica e le arti, Bari, 1946; A. DELLA CORTE, L'interpretazione musicale e gli interpreti,
Torino, 1951; G. GRAZIOSI, L'interpretazione musicale, Torino, 1952.
22 Cfr. G. PESTELLI, L'età di Mozart e di Beethoven, in «Storia dellamusica»cit., voI. 6,p.

46
r=

esecutiva storico-musicale sia un fenomeno essenzialmente della


cultura germanica, di cui quelle consuetudini furono i primi ele-
menti rivelatori. 23
Questa tendenza è a parer nostro spiegabile con la struttura-
zione stessa della vita musicale europea sullo scorcio del '700. È un
fatto che fuori del paese musicale per antonomasia~ quale era l'Ita-
lia,24 emulato da tutti e perciò stesso portato alla perpetuazione e
alla conseguente stenosi dei propri canoni musicali, compositivi e
ricettivi, vi era più spazio per le idee nuove sulla musica, un
richiamo di generi e forme artistiche scaturite dall'illuminismo.
prima e dal proto-romanticismo poi. Questa vicenda è rappresen-
tata in modo esemplare dall'evoluzione del teatro musicale italiano,
soggetto ai peggiori dettami delle mode e dalle ripercussioni-
reazioni della sua decadenza all'estero, dove di esso trionfavano e
facevano scuola gli elementi più fecondi per la cultura musicale 25 , e

132. Il fenomeno dei concerti con musiche d'autori storicamente lontani ebbe d'altronde
impulso sempre maggiore proprio nei paesi dove si affermava la pratica del concerto
sinfonico corale pubblico e le società di canto nelle quali si provvedeva anche ad insegnare la
musica. Si veda l'analisi generale e la bibliografia sul fenomeno in R. DI BENEDETIO, L'otto-
cento L cit., cap. 5 «Musikvereine, Musikfeste, Liedertafeln», pp. 45-51. In questo clima operò
anche K.F. Zelter, direttore della Singkademie di Berlino, primo maestro di composizione di
Mendelssohn, che favorì a quel tempo una prima riscoperta e rivalutazione delle opere
polifoniche italiane antiche, di Bach e di Haenqel. Probabilmente da queste esperienze
Mendelssohn fu influenzato nella sua formazione musicale e culturale, esperienze che lo
avviarono alla fama di "riesumatore" di Bach. Cfr. E. WERNER, voce Mendelsshon, in
«Enciclopedia della Musica», Milano, Rizzoli-Ricordi, 1972, voI. IV, pp. 172-177.
23 Per un'analisi delle varie scuole musicologiche dell'epoca cfr. E. FUBINI, L'estetica
musicale... , cit., cap. 3 «La reazione al romanticismo e il positivismo», pp. 131-155 e cap. 4
«La musicologia in Francia» pp. 156-182.
24 Il forte ascendente che possedeva e tuttora possiede l'Italia (per tradizione o meriti
reali) per tutti gli stranieri in qualche modo coinvolti nel fenomeno "musica", non ha certo
bisogno di essere documentato. La storia di questo topos socio-musicale inizia almeno con il
Rinascimento, nel quale l'Italia fu meta obbligata per tutti i musicisti europei, per diventare
successivamente uno dei poli della nota querelle fra antichi e moderni, fra teatro musicale
francese e italiano. Fiorente è la letteratura che documenta questa attrattiva, o comunque
l'esigenza di questa tappa geografico-culturale obbligata per la vita musicale occidentale,
della quale valore insieme scientifico e simbolico assume il noto volume di CH. BURNEY, The
Present State oJ Music in France and Ita/y, Londra, 1771 (trad. it. Viaggio musicale in Italia,
Torino,EDT, 1979)
25 Esemplare è il caso di G. Rossini, attratto significativamente dal mondo culturale
francese che stava per sostituirsi a quello italiano per la vitalità artistica e storica delle proprie
tendenze. Si veda in proposito L. ROGNONI, Rossini, Torino, Einaudi, 1977, pp. 193 sgg.

,47
dove più si attendeva alle peculiarità e alle prospettive della musica
pura strumentale. L'attenzione per le evoluzioni della storia musi-
cale fu una contropartita necessaria nel momento in cui venivano a
cadere i luoghi comuni e le certezze degli stilemi operistici ad effetto,
lo studio e il raffinamento delle soluzioni compositive attraverso
vari modelli tradizionali e storici diventava un atteggiamento reso
possibile dall'assenza di mode trascinatrici e dal prevalere dello
storicismo romantico. 26 Fu in questi paesi che si ebbero i maggiori
fermenti musicali densi di prospettive future, con la nascita della
nuova sensibilità, parallelamente aldeclinio graduale, ma defini-
tivo, della musica operistica italiana. Qui, come è noto, si impose la
nuova produzione del sinfonismo e del sonatismo romantici, e una
concezione del teatro musicale assai più articolata. 27
2.1. 4. E' ovvio che ancora in questi paesi tale storicismo, nel momento
successivo, cioè nell'età di fiducia nel progresso e nella scienza
positiva, si affinasse, si approfondisse mutuando anzi da quest'ul-
tima gli strumenti metodologici. Diventa perciò un'altra constata-
zione quella che, in forza di una storia culturale tipicamente
anglosassone, vede proprio e soprattutto in questi paesi il costituirsi

26 Abbiamo già avuto modoçli accennare a:lla coscienza del magistero del passato che si
formò nel primo Ottocento, i cui modelli furono soprattutto Bach, Mozart, Haendel e
Palestrina (v. nota 22).
27 Anche se il teatro e in genere lo spettacolo musicale di massa è la grande cifra
dell'Ottocento musicale, è altrettanto vero che è la produzione strumentale dell'area franco-
tedesca quella su cui si misurava e si misura il polso musicale dell'epoca, tant'è che con esso si
confrontava, qua:ndo non si nutriva, lo stesso linguaggio d'opera non italiano (si pensi ad es.
alla secolare semplificazione del "sinfonismo" di Wagner e del "be1cantismo" di Verdi)
dall'opera-totale di Bayereuth al grand-opéra francese. Cfr. F. D'AMICO, voce Opera, in
«Enciclopedia della musica», Milano, Rizzali-Ricordi, 1972, voI. IV, pp. 365-368.
Un'altra considerazione affine a questa, deriva dal riconoscere al teatro musicale, e partico-
larmente a quello italiano, una natura nazionale e borghese, quando non popolare o almeno
popolareggiante, natura che lo rendeva molto più esposto agli umori della cultura dell'epoca
e del pubblico, così da dare l'impressione di essere meno accostabile "musicalmente" e più
vivibile "spettacolarmente". Una prova di ciò viene, a parer nostro, anche dalla distinzione e
dalla differenza di comportamenti che si possono fare e notare nella ricezione attuale della
tradizione musicale, in genere rappresentata nel campo sinfonico-cameristico da un pubblico
abbastan~a preparato e compassato e da un insieme eterogeneo e diversamente motivato, al
solito molto informato sull'aspetto esteriore e cronachistico degli avvenimenti, facile agli
istrionismi e alle "beccate" in quello lirico.

48
della scienza musicologica, che in paesi come l'Italia contava stu-
diosi pure di rilievo particolare, ma che erano senza dubbio più
eccezioni che regola, per il fatto di essere in continuo riferimento
con gli ambienti accademici stranieri e costituire esempi alquanto
isolati nella vita musicale italiana;28
Sui caratteri di questa musicologia, intesa come scienza e
ricerca, e sulla situazione della cultura di quell'epoca ci siamo già
brevemente soffermati in un paragrafo precedente (v. 2.1.2.). Qui ci
interessa soprattutto sottolineare come tra questa branca dell'atti-
vità musicale'e quello della prassi (dall'organizzazione teatrale alle
società concertistiche, fino alle istituzioni didattiche quali scuole,
conservatori ed accademie) non vi sia stato un collegamento suffi-
cientement.e fecondo ed assiduo. Naturalmente, se per i paesi in cui
la musicologia era assente o presente in modo irrilevante, l'interesse
per la musica pre-bachiana si colorava di estetismo e naziona-
lismo,29 o asumeva valori propedeutici alla tecnica e all'arte musi-

28 Al di là di un generico interesse storico-letterario per la musica, la cultura italiana non


ha mai prodotto, fino a pochi decenni orsono una vera e propria scuola di musicologia, anche
se è altrettanto vero che qualunque ambiente di studi musicali, in questo senso, non può
definirsi autonomamente senza un debito di qualche tipo nei confronti della musicologia
tedesca (cfr. nota 30). Senza la pretesa di essere esaurienti ricordiamo alcuni studiosi italiani
che più si avvicinavano, per formazione o metodologia, alla Musikwissenschaft, a cavallo fra
'800 e '900: O. CHILESOTTI, (1848-1916), famoso per gli studi e le trascrizioni dell'antico
repertorio liutistico e chitarristico, fra i primi in questo campo; G. CESARI (1870-1934), che
studiò musicologia ad Amburgo e a Monaco, laureandosi con una tesi rimasta famosa sul
madrigale (Le origini del madrigale cinquecentesco, in «Rivista musicale italiana», 1912,
ristampa Forni, Bologna, 1976); G. GASPARI (1807-1881), bibliotecario e redattore del
Catalogo dell'attuale Civico Museo Bibliografico Musicale di Bologna; L. TORCHI (1858-
1920), autore di svariati studi sull'antica musica strumentale italiana e sul melodramma di
Verdi; A. UNTERSTEINER (1859-1918), autore di una fortunata Storia della musica e di studi
sull'antica musica violinistica; G. GASPERINI (1865-1942), fondatore fra l'altro della prima
Associazione d~i Musicologi Italiani (1908) e studioso dei problemi di notazione ed esecuzione
della musica rinascimentale.
29 Celebre ed autorevole esempio del clima che negli anni '21 dominava gli interessi per la
musica "antica" è la Raccolta Nazionale delle Musiche Italiane, Milano, Istituto Editoriale
Italiano, elaborata con criteri antistorici e diretta da G. D'Annunzio, F. Malipiero, G.
Perinello, I. Pizzetti e F.Balilla Pratella. Si vedano inoltre le mistificanti revisioni del
Parisotti, sullo scorcio del XIX secolo, tuttora usate nei corsi di canto dei conservatori italiani
(Arie Antiche, Milano, Ricordi, 1885-1900, 3 volI.).
Per avere degli esempi musicologicamente accettabili di trascrizione da parte di studiosi
italiani bisogna attendere l'opera omnia di C. Monteverdi, Universal Edition, 1926-1942 (16
voll.) e gli oltre 350 concerti e sonate di A. Vivaldi, «Istituto Italiano Antonio Vivaldi»
Milano, Ricordi, 1947-1968, ambedue a cura di G.F. Malipiero.

49
cale successiva e l'aspetto sonoro storico era ignorato, anzi non
riconosciuto come esigenza musicale reale dalla cultura dell'epoca,
il rivolgersi a quei medesimi repertorì da parte di ambienti culturali
forniti o influenzati da una ricerca più sofisticata, favorì la nascita di
una maggiore coscienza filologica anche presso chi la musica in
quegli ambienti non solo o non tanto la studiava sui testi, ma anche
o soprattutto la desiderava eseguire. 3o

2. 2. La filologia della prassi esecutiva

Attraverso gli assaggi storico-stilistici di E. Dannreuther, H.


Goldschmidt, H. Beyschlag, A. Schering e M. Kuhn, e per il canto
cristiano liturgico i contributi di J. Pothier, A. Mocquerau e altri,31
la filologia "esecutiva" si rivelava gradualmente come un'esigenza
non solo a livello interpretativo ma anche di recupero tout-court
delle opere storiche e culminava nel primo, sistematico trattato di
A. Dolmetsch. 32
N on è qui nostra intenzione esaminare in modo particolareg-
giato l'approccio al problema adottato via via dai singoli filologi, in
una rassegna critica della bibliografia sull'argomento, di per sè
vastissima e nei diversi casi utile a chi si pone il problema stesso e
vuole approfondirlo. E' tuttavia dalle osservazioni che in linea
generale si possono fare alla maggior parte degli studi, che pren-
dono le mosse le stesse argomentazioni e suggerimenti teorici espo-
sti in questa sede.
2.2.1. Fra le varie obiezioni che si possono muovere su dì un piano
propriamente critico e storico-estetico alla teoria tradizionale

30 V. F. BLUME. voce Musicologia, in «Enciclopedia della musica», op. cit., voI. IV, pp.
277-282, corredata da una vasta bibliografia.

31 J. POTHIER, Les mélodies grégoriennes, Tournai, 1880-1890; A. MOCQUERAU, Le nombre


musical grégorien, Tournai, 1908-1927; H. GOLDSCHMIDT, Die Italienische Gesangmethode
des 17. Jahrhundert, Breslau, 1890; ID., Die Lehre von der vocalen Ornamentik, Charlot-
tenburg, 1907; E. DANNREUTHER. Musical Ornamentation, 1893; M. KUHN. Die Verzierungs-
kunst in der Gesangs-Musik des 16.-17. Jahrhunderts, 1535-1650, Leipzig, 1902; A. BEYSCHLAG.
Die Ornamentik der Musik, Leipzig, 1908.
32 A. DOLMETSCH, The Interpretation oJ the Music oJ the XVIIth and XVIIlth Centuries
Revealed by Contemporary Evidence, London, Novello, 1915.

50
dell'Auffiihrunf?spraxis (secondo la denominazione data a questo
nuovo ramo della: musicologia da A. Schering nel suo contrIbuto
più conosciuto )33 una senza dubbio assume valore preminente e
simbolico della posizione che tale disciplina occupa nella vita musi-
cale del nostro secolo. Quale diretta conseguenza dei fenomeni
culturali descritti in precedenza la prassi esecutiva intesa come
momento di ricerca e accumulazione di dati e argomentazioni su
come dovrebbe essere eseguita la musica del passato si presenta
normalmente come poco più di un flatus vocis nei rapporti con la
"pratica" esecutiva che è ben altra cosa. Si configura infatti in modo
piuttosto macroscopico quella dicotomia fra musica, pratica musi-
cale da un lato e storia musicale, musicologia dall'altro che, in forza
dell'essenza dinamica passibile di varie esperienze e consuetudini
esecutive della prima relega la seconda alla funzione di un'arido e
vuoto esercizio accademico o poco più, secondo un destino comune
ad ogni attività non collegata o applicata direttamente al proprio
oggetto ·di ricerca.
La situazione balzerebbe immediatamente agli occhi di chi, in
buona fede, operasse un confronto fra le esecuzioni attuali di
musica antica da parte di gruppi specializzati (ma ancora troppo
grande è l'equivoco cui è sottoposta tutta la musica storica da parte
delle istituzioni e nella considerazione di gran parte degli amatori) e
uno qualunque dei contributi storici alla prassi esecutiva pubblicati
nel nostro secolo. Troveremo perlopiù una accentuata spropor-
zione fra le acquisizioni di quest'ultimi e l'impiego di atteggiamenti
compromessi con tutte o in partele pratiche interpretative correnti,
compreso l'uso di strumenti non del tutto adeguati, adottati sulla
base di motivazioni d'ordine pratico quali comodità esecutive e
tecnologiche, limiti di conoscenze specifiche, spesso travestite, il che
è peggio, da soluzioni estetiche e "interpretazioni" delle fonti: ciò
che le individua in verità per quello che in realtà sono (e altro non
potrebbero essere): pratiche ideologiche o qualunquistiche (mode).
Anche se il problema coinvolge come è naturale fenome:p.i a un
livello superiore risp.etto alle scelte dei singoli, in realtà vi è una
buona ragione per ritenere responsabili di ciò gli stessi musicisti non
meno di chi ha provveduto e ancora provvede a non sensibilizzare

33 A. SCHERlNG, Auffuhrungspraxis alter Musik, Leipzig, 1931.

51
l'ambiente dei pratici riguardo alle proprie acquisizioni teoriche o,
che è lo stesso, a non trarre le dovute conseguenze dalle ricerche.
Quest'ultime infatti, e nonostante si cerchi di presentarle in senso
contrario, forniscono elementi tali da farci intuire una realtà sonora
ben diversa da quella cui siamo abituati, e dalla nostra epoca
musicale e dalle stesse esecùzioni attuali di musiche antiche.
In linea generale si può dire perciò che il vero limite della
Auffiihrungspraxis non sta tanto nei contenuti, presi per sé stessi, e ai
quali tuttora e in futuro è naturale rivolgersi nell'attività di recu-
pero, bensì nel loro porsi come innocui e neutri dettami per una
pratica esecutiva inserita in un contesto di aspettative e meccanismi
culturali e musicali di tendenza diversa, quando non opposta. Sem-
pre all'interno di questa obiezione possiamo considerare la man-
canza di sintesi scientificamente corrette ma didatticamente efficaci
che possano consentire un impiego delle acquisizioni· teoriche in
sede pratica. .
E' altrettanto doveroso spostare la nostra attenzione su pro-
blemi d'ordine superiore e vedere anche nell'assenza di adeguate
strutture didattico-operative un'espressione di quella dicotomia fra
ricerca scientifica e pratica musicale cui si è accennato. Ci sembra
però che il collegamento auspicato dovrebbe superare la sfera della
"collaborazione" fra campi diversi e; pur concedendo ad ognuna
disciplina le sue peculiarità rispettivamente d'ordine teorico e pra~
tico, dovrebbe instaurarsi come forma mentis di un medesimo e
autenticamente integrale approccio al recupero della musica sto-
rica, con l'abbandono di quella radicalizzazione fra le competenze
della cultura e della tecnica, di lunga e per l'interpretazione musicale
rovinosa memoria. E' quindi abbastanza superfluo confrontare con
queste esigenze la reale situazione delle strutture ufficiali in cui
attualmente si insegna la storia, la pratica e la composizione della
musica, cosa del resto ampiamente affrontata nel dibattito contem-
poraneo sulla cultura musicale. 34 A noi basti evidenziare come
anche la dottrina tradizionale dell'Auf!iihrungspraxis si inserisca
storicamente in questa situazione, ma ciò anche per motivi intrin-
seci alla sua impostazione su cui è doveroso richiamare l'attenzione.

34 V. nota 8.

52
2.2.2 Ammesso da una parte che il tipo d'intervento sui resti del
passato musicale richiesto dalla ricerca filologica comporti un più o
meno radicale mutamento di atteggiamenti esecutivi e che tali atteg-
giamenti non vengano sufficientemente assunti per vari motivi dai
"prattici", noi ora vogliamo dall'altra considerare il caso altret-
tanto grave nel quale il filologo, per sua responsabilità, ideologica e
metodologica, raggiunge e organizza le proprie acquisizioni in
maniera tale da autolegittimare una sua preconfezionata convin-
zione storico-estetica, così da portare gli stessi rari esecutori muniti
di buona disponibilità alla lettura verso conclusioni fantasiose o,
più facilmente, di compromesso.
Effettivamente, oltre al discorso sulla precaria situazione dei
rapporti tra filologia, musicologia da una parte e vita musicale
dall'altra, che appare problema istituzionale e culturale globale, la
critica che qui si intende muovere a livello teorico sulle modalità di
recupero dei beni musicali ha soprattutto un obiettivo, per così dire,
"tecnico", riguarda cioè il modo di porsi il problema e la metodolo-
gia espositiva adottati normalmente dalla filologia della prassi ese-
cutiva, con le conseguenti ripercussioni sulle scelte operative
editoriali, esecutive e organo logiche. Ad un esame più attento l'im-
postazione dei problemi e la maniera di risolverli (normalmente
solo in ambito teorico) rivelano la loro origine "ideologica" nella
stessa misura in cui, in sede pratica, ideologico è sovente l'approccio
degli esecutori alle musiche antiche.
Scorrendo i testi dei pionieri dell'Auffuhrungspraxis, anche con
un semplice esame statistico, si può notare come l'attenzione fosse
centrata sulle necessità di recupero a livello melodico-armonico, con
ampie ricognizioni di trattati sulla diminuzione, gli abbellimenti, la
realizzazione del basso continuo, mentre ad altri parametri sonori
(anche solo quelli tradizionalmente intesi con i termini «timbro»,
«durata» (accenti e ritmo), «intensità» ecc., si riservavano più suc-
cinti capitoli muniti di citazioni originali ma concettualmente assai
indeterminati in rapporto ad un ipotetico significato storico. 35 In

35 E' ben vero che, storicamente parlando, agli occhi di questi autentici pionieri della
filologia esecutiva, l'aspetto più macroscopico che differenziava la musica dell'epoca
moderna da quella che essi intendevano recuperare consisteva proprio nella assoluta neces-
sità, in quest'ultima, delle integrazioni estemporanee al testo scritto, integrazioni, appunto, di

53
questa impostazione non è difficile riconoscere la preconcetta defi-
nizione della musica come "arte dei suoni", che ci è giunta fin nei
metodi di teoria dei conservatori odierni,36 definizione che si armo-
nizza con una concezione estetica tendente a derazionalizzare il più
possibile l'effetto del suono, privilegiando le altezze (orizzontal-
mente e verticalmente, simultaneamente e in successione) e rele-
gando il fenomeno globale della struttura sonora (comprese le
modalità del suono più di difficile apprezzamento e fissazione gra- .
fica come staccati, portati, crescendi e diminuendi, legati, vibrato, a
vari stadi) alle competenze del gusto esecutivo individuale.

carattere melodico-armonico.
Pur essendo consci dei meriti di questi studiosi, riteniamo comunque utile al nostro assunto
sottolineare come la filologia musicale del nostro secolo non si possa valutare in termini di
scienza dai risultati cumulativi, o solamente in parte, data la natura complessa dell'atteggia-
mento culturale che ad essa sovrintendeva allora come oggi.
Vorremmo ricordare in proposito una delle posizioni recenti nell'analogo campo della
semiologia gregoriana, la quale considera quasi più importante (naturalmente si tratta di un
paradosso) lo studio del significato espressivo dei neumi in campo aperto che non i problemi
delle concordanze e le restituzioni d'ordine semplicemente melodico (cfr. M.C. BILLECOCQ,I1
canto gregoriano (conferenza di apertura), in A.A.VV., Alle origini della musica occidentale,
canto gregonano, vlla e cultura dell'alto medioevo, Verona, A.M.I.S., 1981, pp. 7-10. Il testo'
raccoglie le conferenze e i materiali didattici del ciclo sulla «Storia del linguaggio musicale»
tenuto a Verona nel 1977). V. anche nota 3.
E' chiaro che in un contesto musicale diverso ciò acquista più un valore di analogia, che serve
però a dimostrare come tal une eccessive minuzio.Sità nello studio e nella pratica degli
abbellimenti (e più che nelle diminuzioni), e soprattutto quando essi rappresentano l'unico
problema affrontato nella prassi di restituzione, diventino oggigiornoperlomeno ridimensio-
nabili, se non addirittura da ritenersi esagerate, anche e proprio alla luce delle idee del
passato:
«Chi suona uno strumento a tastiera può essere un mediocre interprete anche se tecnicamente
abilissimo, esperto nell'esecuzione di trilli semplici e doppi, nella certezza della diteggiatura
[... ]. Chi è in grado di comunicare al cuore, parlando all'immaginazione, ha ben altre doti di
un semplice virtuoso che si limita a suonare le note giuste [... ]. Gli elementi dell'interpreta-
zione sono la forza e la delicatezza dei suoni, l'accento, lo scatto, il legato, il vibrato,
l'arpeggiato, le note tenute, il rallentando e accelerando. Chi non impiega questi elementi o li
usa a sproposito, interpreta male» (C. Ph. E. BACH, Versuch iiber die wahre Art das Clavier zu
spielen, Berlin, 1753, trad. itaI. a cura di G. Gentili Verona, col titolo Saggio dimetodo per la
tastiera, Milano, Curci, 1973, pp. 141-142)
36 Si vedano alcuni fra i più diffusi manuali di teoria musicale in usò nei nostri conserva-
tori: T. BRANCALEON, Metodo di teoria musicale, padova; G. Zanibon, 1964 (VI. ediz.), p. 1; N.
POLTRONIERI, Lezioni di Teoria Musicale, Roma, Centralmusic, s.a.: «I popoli che hanno
linguaggi diversi [... ] possono con la musica manifestare le loro sensazioni [... ]. Daciò risulta
che la musica è espressione universale al di sopra dei popoli [ ... ]. La musica è il risultato di
suoni variamente combinati fra loro secondo regole fisse, generalmente accettate e seguite»
(p. 7). V. anche nota 6.

54
Su questa strada anche la definizione di consuetudini e norme
esecutive a livelli formali superiori, quali lo stile esecutivo di parti-
colari generi e in particolari organici, nonché degli spazi acustici,
tutti elementi che coinvolgono più da vicino aspetti culturali e
pratiche sociali, come in questo senso pure l'individuazione delle
scuole e stili nazionali, mostrano il loro debito ad una prospettiva
estetica ottocentesca appena riveduta: rimane ancora operante il
concetto romantico di "opera" e la considerazione delle musiche
preromantiche nel rigido schema che assolutizza in modo univoco e
defunzionalizzato il processo opera-interprete-ascoltatore. I contri-_
buti di questi filologi (e non solo dei pionieri) non esaminavano in
maniera sufficientemente chiara e critica, neppure il problema tim-
brico, né inducevano a una scelta organologica o di emissione
vocale diversa da quella che non si ergesse sulle spalle "evolute"
della. liuteria e della tradizione vocale novecentesca, rimanendo
tuttalpiù all'interno di una esposizione termino logica scientifica-
mente incerta e dai fumosi significati reali. 37
L'obiezione rivolta ai primi trattati e in generale ai contributi
filologici di quest'epoca può essere sostanzialmente mossa anche
alla pubblicistica mano a mano più recente. In questa prospettiva il

37 Non sembri fuori luogo imputare proprio a questa rigidità di atteggiamento estetico la
titubanza metodologica (se non quella autenticamente psicologica e culturale) della filologia
esecutiva nello spogliare, almeno sulla carta, le interpretazioni musicali della veste timbrica e
stilistica ròmantica o tardo-ottocentesca.
Rimanèndo fermo il concetto fondamentale ottocentesco di opera d'arte musicale, da consi-
derare come valore estetico autonomo, individuale espressione del suo autore, la musica nata
in altri contesti, con altre modalità sonore e con funzioni extramusicali spesso prevalenti e ben
precise, veniva riesumata con un'attenzione specifica solo per gli elementi testuali (quelli,
appunto, normalmente codificabili con la notazione), o comunque riferibili al "documento"
lasciato dal musicista (visto innanzitutto come artista-creatore), quali ad esempio strumenti
da usarsi, tempo d'esecuzione, ìndicazioniparticolari dell'autore (e ipotizzando una curiosa
"freddèzza" o "indifferenza" nel caso, fra l'altro prevalente, in cui queste mancavano).
In questo modo un atteggiamento integralmente critico, neutrale e storicistico, che impedisse
di estendere il corrente .concetto. tecnico-esecutivo di «espressività» anche alla musica pre-
romantica e agli strumenti che per essa si andavano restaurando o ricostruendo non era
culturalmente assumibile. Si veda in proposito la fioritura del dilettantismo liutario, spesso
hobbistico,ma nel caso di Dolmetsch maturato fino a costituire una ditta specializzata nella
costruzione e ilcornmercio di "strumenti antichi", seguito poi da molti altri quali Neupert,
Moeck ecc. Ma a questo punto il fenomeno si profila soprattutto in una dimensione socio-
musicale e comportamentale del nostro tempo, sul quale ci siamo brevemepte soffermati in
apertura (v. anche nota l).

55
testo di T. Dart38 si mostra un poco più problematico, dando più
spazio ai problemi dell'agogica, del ritmo e agli aspetti melodico-
armonici nonché alla caratterizzazione degli stili nazionali. Una
maggiore sensibilità per il problema in generale, anche da un punto
di vista estetico-filosofico, è quello che esprime il Donington,39
nonostante il suo discorso sia profondamente carente nel sostenere
le indicazioni stilisti che e in generale interpretative con una visione
approfondita delle consuetudini sociali e culturali della storia musi-
cale, problema posto con sensibilit~ dallo stesso Schering in un'e-
poca ormai lontana. 4o Il lavoro del Donington costituisce uno dei
più recenti contributi, quantitativamente rilevante ed esemplare di
quel fondamentale pragmatismo della scuola anglosassone, "purifi-
catore" degli eccessi idealistici ma passibile di critica per la sua
vocazione agli schematismi e per la sua sostanziale ottica "tecnici-
stica", lontana dalle "contaminazioni" della storia, del gusto e della
cultura; per dirla semiologicamente, insensibile al piano del signifi-
cato e alle sue decisive ripercussioni sull'interpretazione terminolo-
gica, sulla determinazione degli atteggiamenti antropologici in
generale, storico-sociali, culturali e affettivi in particolare, di capi-
tale importanza nella riproduzione del significante musicale. 41

38 T. DART, The Interpretation ofmusic, London, Hutchinson, 1954 (rev. 1967). Essendo
dedicato soprattutto agli esecutori, il testo è articolato in modo chiaro e schematico, senza
appesantimenti di eccessive citazioni originali e trattazioni di problemi particolari. Rimane
tuttavia l'impressione, confortata dalla scarsa incisività che il testo ha mostrato sul piano
pratico, che ancora troppo sottintesi e non semplificati con precisione (se non ideologica-
mente disattesi e sottovalutati) siano gli aspetti fondamentali delle tecniche strumentali e
vocali, e il significato espressivo storico di cui essi dovrebbero essere portatori.
39 R. DONINGTON, The interpretation of early music, London, Faber & Faber, 1963 (rev.
1974).
40 A. SCHERING, op. cit.,«Die Frage der Abgrenzung der Zeitalter, der Nationen, der
Schulen, form - und Klangstilistiche Untersuchungen, Notations - und Instrumentenkunde,
Personal - und Oitsgeschichte, Volkerkunde, Soziologie, - alles dies spielt in den grossen
Kreis hinein, der unser Problem umschliesst» (p. 5).
41 In questo senso l'attività esecutiva, tradizionalmente considerata solo un momento
estetico che fornisce le possibilità di fruizione delle opere musicali, oppure come mero
accessorio, tecnico e spettacolare, assume piuttosto valore di animazione musicale e culturale.
Da un lato cercando in vari modi (indipendenti dalle modalità della struttura musicale) un
avvicinamento del pubblico all'opera (e non viceversa, come nella logica dello spettacolo);
dall'altro dando luogo ad una attività teorico-pratica conscia del carattere globale dell'espe-
rienza esecutiva, come momento in cui insieme si realizzano le strutture sonore e si porgono i
loro significati storici ed estetici, secondo una esperienza critica individuale.

56
Nell'opera del Donington, pur encomiabile per altri aspetti,
ancora maggiore diventa il rischio di tradurre le indicazioni filologi-
che in inadeguate soluzioni dicompromesso con le pratiche contem-
poranee,42 data la grande mole di citazioni, non tutte coerenti fra
loro e quindi, in quella "asetticità" d'impianto generale cui face-
vamo riferimento, di difficile comprensione se non addirittura
disarmanti.
A questa "legge della citazione", e l'osservazione può valere per
qualsiasi metodologia espositiva analoga, il filologo si richiama in
continuazione, proponendo inconsapevolmente all'esecutore una
duplice insidia: da una parte il rischio di suggerimenti motivati in
base a traduzioni di lingue antiche, francesi, tedesche e italiane,
passibili in quanto tali di imprecisioni e modificazioni concettuali;
dall'altra un'ardua rassegna di comportamenti musicali espressi
comunque verbalmente, e di cui difficile rimane la reale compren-
sione, mancando la predisposizione di un criticamente affidabile (e
documentabile) codice d'interpretazione.
Il rischio delle grandi trattazioni sistematiche sembra bilanciato
dal florilegio (spesso però meno accessibile e per le ragioni anzidette
didatticamente inservibile) dei contributi particolari e specifici, dif-
fusi tramite riviste e saggi di varia natura e angolazione, perciò
stesso a un tempo scientificamente più precisi e praticamente pro-
blematici. 43 Se volessimo tuttavia riassumere la posizione critica che

42 La diffidenza qui più volte manifestata nei riguardi delle pratiche esecutive contempo-
ranee risponde soprattutto ad un'esigenza di chiarezza e rigore nell'impostazione del pro-
blema. In realtà il flusso storico continuo delle conce?:ioni estetiche e conseguentemente
interpretativo-esecutive in campo musicale non permette schematismi e dicotomie radicali,
specialmente nel momento storico documentabile di passaggio a cavallo fra Sette e Otto-
cento. Ciò concerne soprattutto soluzioni singole, magari in qualche caso e in tutt'altro
contesto ancor oggi impiegate (v. ad esempio la messa di voce, le note "filate" o certo tipo di
"rubato") oppure viceversa elementi che, un tempo usati isolatamente, ora costituiscono uno
degli ingredienti principali del suono "espressivo" stesso (cavata).
E' appena il caso di ricordare che si considerano invece importanti la prospettiva generale e le
regole fondamentali di un determinato ambito stilistico, indagate in base a una considera":
zione strutturale del testo e alla nozione di "espressività" del contesto.
43 Per una bibliografia rimandiamo alle vaste sezioni, integrantesi a vicenda, in calce agli
articoli sulla prassi esecutiva dei due dizionari più importanti: H. HOFFMANN, voce Auffiih-
rungspraxis, in «Die Musik in Geschichte und Gegenwart», Kassel, 1949 e segg. (suppl.
Kassel, 1970 e segg.), pp. 784-810; H.M. BROWN-J. W. Mc KINNON, voce Performing practice,
in «New Grove Dictionnary», London, 1954 (suppl. 1961), pp. 371-393. Si veda inoltre M.
VINQUIST-N. ZASLAW, Performance Practice: a Bibliografy, in CMc 8 (1969), lO (1970), 12

57
emerge dalle osservazioni fatte potremmo distinguere il discorso a
più livelli: a) insufficiente formalizzazione del problema "suono"
nel senso globale dei suoi parametri e delle sue ulteriori struttura-
zioni; b) mancanza di adeguate indagini sul significato storico-
musicale e relative de-codifiche, in vista di una comprensione più
precisa delle terminologie impiegate nelle fonti storiche; c) scarsa
attenzione al problema organologico, e in generale alle prospettive
di una interdisciplinarietà, non solo in campo musicale; d) man-
canza di norme didattiche ed esemplificazioni approfondite che
traducano le acquisizioni della ricerca in significati e conseguenti
soluzioni tecniche reali, tali da poter confrontare la prassi con la
stessa teoria.
Come diretta conseguenza di questa situazione della tradizio-
nale filologia della prassi esecutiva possiamo definire quest'ultima
come ricerca di elementi esecutivo-:-interpretativi a livello terminolo-
gico e testuale, che si dimostra tuttavia insufficiente per una resa
sonora coerente con le premesse, in quanto tali elementi (quelli
"espressivi" in particolare) non sono definiti concettualmente, né
nell'aspetto qualitativo né in quello quantitativo, e perciò intraduci-
bili a livello di forme sonore significanti.
La situazione oggettiva che si viene a determinare nell'ambito
degli attuali interessi per la musica antica è di sostanziale compro-
messo culturale e musicale, teorico e pratico: da un Iato l'attività di
ricerca, in generale feconda ma tuttavia non sempre pronta a valu-
tare coerentemente le implicazioni dei risultati; dall'altro (anche
qualora studioso e musicista coincidano nella stessa persona) una
pratica di gusto derivante dall' assenza, dal vuoto dicodici storici cui
la teoria, oltre alla sensibilità culturale dei "prattici", dovrebbe

(suppl.) (1971), 15 (1973).


Per l'ultimo decennio si veda K. VELLEKOOP, Bibliografie van de in 1970-1980 verschenen
literatuur over uitvoeringspraktijk, in «Stimulus», Utrecht,Stichting voor Muziekhistorische
Uitvoerings-praktijk, n° l (1982), pp. 8-lO; ID. Bibliografie van de in 1981 verschenen litera-
tuur... , n° 2 (1982), pp. 59-62.
Ci rimane tuttavia perlomeno strano come un scientificamente pregevole, quanto corag-
gioso e "prattico" saggio come quello di L. ROVIGHI, Problemi di prassi esecutiva barocca negli
strumenti ad arco, in «Rivista Italiana di Musicologia» VIII, n° l (1973), pp. 38-112, sia
sfuggito al compilatore di questa rivista della peraltro diffusa e considerata scuola filologica
olandese.

58
provvedere, e al quale gli esecutori sopperiscono con l'adozione di
codici combinati e connaturati in varia misura alla formazione del
musicista contemporaneo.

3. PROBLEMI E PROSPETTIVE DEL RECUPERO MUSICALE

L'intento di tracciare una pur sommaria teoria per il recupero


dei fatti sonori che si sono svolti nella storia della musica, come si è
cercato di dimostrare, trova le sue ragioni in una serie di riflessioni
di carattere storico-culturale. Dopo un tale esame, che ci ha per-
messo di enucleare i principali obiettivi su cui porre l'attenzione, è
opportuno trattare il problema da un punto di vista più stretta-
mente metodologico.

3.1. Unità e peculiarità di metodologia in relazione ai beni artistici

E' fuori discussione che il fervore di ricerca teorica e storica e il


grado di riflessione critica sulle opere figurative, architettoniche e
letterarie ha acquisito da tempo quella dimensione generalmente
filologico-scientifica, divenuta ormai irrinunciabile per quanti a
queste attività si accostino professionalmente o con intenti seria-
mente culturali; abbiamo inoltre notato che questa dimensione è
carente nel campo della musica. Più precisamente si può affermare
che negli ambiti suaccennati si è sviluppata una disciplina di ricerca
che ha notevolmente affinato le armi della critica, ponendo le basi
per una corretta posizione nei riguardi delle opere artis-nche e-
letterarie o, quantomeno, problematizzandone i vari aspetti assai
più di quanto non abbiano fatto la filologia della prassi esecutiva,
l'organologia e la storiografia della musica nei confronti delle opere
musicali, per limiti intrinseci e illimitato grado d'importanza rico-
nosciutogli dalla vita musicale. Diremo anzi che le singole discipline
musicali, sempre in quanto studi e operazioni su una materia evane-
scente, si sono spesso comportate in maniera alquanto autonoma e
che, pur nella massima specializzazione nel proprio ambito, esse
portano con sé un handicap di settorialità che solo in apparenza non
mette in dubbio la legittimità delle ipotesi e delle realizzazioni

59
specifiche. Un'analisi dei poteri di controllo e di verifica di una
metodologia più aperta nel campo della musica è ancora irrealizza-
bile, ma già può essere intuibile se si guarda alle ricorrenti "sco-
perte" archeologiche e del restauro contemporanei che mutano
aspetti anche fondamentali della critica storico-artistica. 44

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44 In seguito a recenti "scoperte" nel campo del restauro pittorico, _si sono accese
questioni secondarie di critica storica e di estetica. Si ricordano gli autorevoli ed emblematici
casi del Cenacolo vinciano, a Milano, sottoposto ad un illuminante lavoro di pulitura e
conservazione, e della Primavera di Botticelli, restaurata assieme ad altre opere dal Centro del
Restauro di Firenze dir~tto da U. Baldini. Si veda sulla mostra di Firenze «Metodo e scienza:
operatività e ricerca del restauro», allestita per l'occasione, il testo omonimo di U. BALDINI,
Firenze, Sansoni, 1982 e l'articolo di L. COLONELLI,E. tornata Primavera, in «L'Europeo», 28
giugno 1982, pp. 96-101. Infine si accenna solamente alle analoghe dispute sorte in seguito
alla recente scoperta archeologica dei celebri Bronzi di Riace.

60
r

All'interno della scienza filologica, vista globalmente come


momento di ricerca e riconoscimento delle opere e delle attività
artistiche, si colloca la ulteriore fase pratica, di materiale intervento
e ricostituzione dell'unità, che esse possono aver perso, o di cui si è
persa memoria, per varie cause, quali il trascorrere del tempo e il
mutare degli atteggiamenti umani, il "funzionamento" delle opere
nella società e le stratificazioni culturali, artistiche ed urbanistiche.
A questa parte della filologia, assai meno appariscente in lettera-
tura45 e pochissimo praticata in campo drammaturgico,46 in ambito

45 Il motivo principale sta nell'essenza fondamentalmente (ma non unicamente) concet-


tuale dell'opera letteraria, che normalmente viene fruita con poca consapevolezza dei suoi
aspetti formali globali, lasciati spesso all'efficiacia descrittiva, ma fumosa e sfuggente dei
critici. La stessa storia letteraria è storia "per concetti", da cui la diffusa, ma spesso acritica
esigenza delle traduzioni delle opere nelle varie lingue diverse dall'originale, al -fine di
consentirne un'adeguata conoscenza e diffusione.
La forma e le sue interazioni col significato e con il concetto, pur fruite nella complessità
dell'immagine poetica e letteraria, vengono considerate sempre come associate, e strettamente
dipendenti dal contenuto concettuale, come tale raggiungibile anche con una traduzione dei
simboli linguistici originali in nuovi. Il problema filologicamente e semiologicamente non è
tuttavia semplice, in quanto ciò significa, in parte, svalutare iI significante, cioè la immagine
originale stessa dell'opera letteraria. Anche se non precisamente rivolta a tali questioni, ci
sembra interessante l'analisi dei problemi riguardanti la trascrizione e la traduzione dei testi
antichi in C. SEGRE, op. cit., pp. 64-70: «La trascrizione di un testo è un processo molto più
complicato di quanto a prima vista non appaia. In apparenza, si tratta di ripetere una
successione di significanti grafici, a volte usando lo stesso sistema grafico di partenza, a volte
un altro sistema. In realtà, l'intento sarebbe di riprodurre una immagine del testo, cioè del suo
esatto significato, in modo tale che questa immagine sia conservata intatta. Se cerchiamo di
rappresentare i processi messi in atto, troviamo che, per quanto si semplifichi, l'operazione è
delle più avventurose, soprattutto per l'intervento di operazioni mentali». Pensiamo a cosa
può accadere se, oltre ad una trascrizione grafica, si opera una traduzione integrale, da un
codice linguistico ad un altro, dalla ricezione mentale di un'immagine letteraria alla sua
riproduzione secondo altri codici, pur sempre verbali, ma appartenenti ad un'altra mentalità
col suo relativo sistema.
46 Non sembra essere un'aspirazione diffusa quella di una ricerca e soprattutto una
riproposta"esecutiva" integralmente filologica dei testi teatrali antichi e classici in genere. Un
tentativo teorico è quello di U. PANDOLFI, Storia universale del teatro drammatico, U.T.E.T.,
mentre ricerche sono da tempo in corso presso l'Istituto di Discipline dello Spettacolo presso
l'Università di Bologna. Per quanto riguarda veri e propri allestimenti e pratiche di recita-
zione, personalmente sono a conoscenza solo dell'attività svolta dal Téatre du Nombre d'Or de
Nantes.
Le ragioni di questo disinteresse sono probabilmente da mettere in non casùale rapporto con
quelle che determinano l'analoga situazione nel campo della musica e in generale delle forme
artistiche in cui il momento esecutivo-interpretativo assume un'importanza fondamentale e
una necessità assoluta e per il fatto di richiedere l'intervento attivo di una o più persone, con la
loro individualità di atteggiamento antropologico, storico ed estetico, di grande delicatezza in

61
plastico-figurativo si dà valore essenziale, quasi preminente sulla
teoria stessa, con quell'attività di grande raffinatezza tecnico-
scientifica intesa coi termini «conservazione» e «restauro».
Se per i· beni artistici e letterari' punto di partenza per ogni
indagine viene ritenuta l'opera e la storia delle opere, in linea
generale possiamo considerare le strutture sonore organizzate in
opere, in varie forme e consuetudini socio-culturali (generi), e la loro
storia, gli oggetti principali d'attenzione nel campo dei beni musi-
cali. Il posto che ancora e soprattutto oggi si deve riservare alla
filologia musicale è basilare, punto di partenza di qualsivoglia di-
scorso sulla musica di epoca storica, nei diversi rami della musicolo-
gia come in quello della didattica, campi ove eminentemente si
formano la coscienza musicale e le capacità di fruire, eseguendo,
recependo ed analizzando i messaggi sonori ed il loro valore;

3.2. Un principio filologico generale

L'assunto che poniamo come momento inderogabile di queste


osservazioni di metodo, ma che si rivela di pari importanza in
qualunque contesto di ricerca scientifica, (in quello della scienza
vera e propria come in quello storico-artistico), postula che l'evento

relazione ai valori delle opere. Tale momento, in questi casi, giunge perfino a mutare la
propria iniziale natura ermeneutica per assumere esso stesso il ruolo (ma solo quello) di
oggetto artistico. A voler essere sofisti, da un punto di vista epistemologico si potrebbe inferire
la stessa obiezione anche per le arti figurative e letterarie, per le quali parimenti esisterebbe un
"oggetto" da interpretare solo in virtù del fatto che vi è un soggetto che lo interpreta. Nessuno
d'altronde, empiricamente, vorrà negare almeno il valore di pura esistenza materiale ad un
quadro, una scultura o ad un testo letterario, alla loro stratificazione e tradizione nell'arco dei
secoli, che è storia anche della loro interpretazione. Abbiamo qui spostato l'accento sul terzo
polo della triade su cui si fonda la possibilità di conoscenza dell'opera artistica: produttore-
interprete-fruitore. I due ultimi poli tendono qui anzi a fondersi in un'azione sola di
interpretazione-fruizione: nessuna persona di capacità normali ha bisogno infatti del discorso
di un critico o di una esecuzione o spiegazione dell'opera da parte di un pittore o poeta per
osservare, recepire fisicamente un quadro o leggere, capire linguisticamente e grammatical-
mente una poesia, almeno nelle poetiche tradizionali. Accentuando questi due poli nel caso
della musica ci troviamo invece addirittura di fronte alla possibilità di tracciare una storia
della prassi esecutiva e della ricezione dell'opera musicale, cioè dei modi individuali e delle
norme funzionali con cui la musica è stata considerata e recepita sia dagli esecutori che dagli
ascoltatori, a livello sociale come a quello estetico e storico (sul problema della storia della
ricezione si veda in particolare C. DAHLHAUS, Fondamenti di storiografia musicale, Fiesole,
Discanto, 1980, pp. 187-205).

62
musicale47 sia definibile e quindi venga definito in maniera corretta
rispetto al suo produttore, dove per "maniera corretta" intendiamo
la considerazione della ragionevolmente supponibile dimensione
estetica e storica in cui l'evento stesso è stato prodotto ed ha agito. 48
Qualora si giunga ad una risposta in qualche modo positiva al
primo quesito, cioè quello della "definibilità" dell' evento musicale
storico, dobbiamo ritenere necessario procedere ad una sua "defini-
zione", nel senso sopradetto, e questo sia per esigenze critico-
estetiche che storiografiche. 49
E' sufficientemente dimostrabile infatti la possibilità che diver-
genze più o meno profonde nella definizione di singoli tratti della
fisionomia di un' opera o nella sua comprensione formale integrale
orientino in maniera diversissima un esercizio di critica, e come pure

47 Si usa qui il termine «evento» per non circoscrivere in maniera limitativa, esteticamente
e anti-storicamente, la realtà sonora, cosa che accadrebbe usando il più specifico termine
«opera», che crediamo più vantaggioso introdurre successivamente.
48 Si evidenzia in questo modo un ulteriore motivo per l'uso del termine «evento», il quale
permette così di legittimare l'importanza attribuita in questo lavoro alla globalità degli aspetti
in cui si attua la comunicazione sonora, in un determinato momento estetico e storico. Si veda
inoltre, in prospettiva semiologica, C. SEGRE, op. cit., p. 20: «La filologia aiuta dunque a
superare il soggettivismo e il solipsismo di certe posizioni moderne della critica e, ahimè, della
semiotica. La filologia rivendica la funzione dell'emittente, non come individuo isolato, ma
come membro di una comunità culturale, come espressione e interprete di un sistema di
codici».
49 La questione della definibilità della tradizione musicale, ed insieme delle sue possibilità
di ricerca e applicazione, venne affrontata da D.J. GROUT, On historical authenticity in the
performance of old music, in «Essays on Music in Honor of Archibald Thompson Davison by
his Associates», Cambridge, Mass., 1957, pp. 341-47. Ci troviamo peraltro qui di fronte,
ancora una volta, all'applicazione di categorie estetiche estranee alle epoche considerate «<Ad
ideaI performance is one that perfect1y realizes the composer's intentions»), senza accenni ad
un più ampio coinvolgimento delle pratiche sociali e culturali; troviamo una sfiducia nelle
acquisizioni della musicologia (« Whatever the tradition was, can we rediscover it?»), in quelle
dell'organologia e della prassi esecutiva «<Suppose, however, that we do find out the tradi-
tion, can we apply it?»). Grout conclude poi con la consueta accusa di illusi archeologi ai
filologi musicali, ritenendo impossibile e sbagliato "fissare" una volta per tutte la realtà
musicale storica, che è fatta per essere eseguita, e quindi compromettibile con le esigenze di
chi la fa (p. 346). Il limite di questa posizione ci sembra essere non tanto quello della sfiducia
nella riproducibilità di una realtà pretesa immutabile, che possiamo anche condividere, ma
nell'atteggiamento fondamentalmente scettico nei riguardi della ricerca scientifica,che dal
suo tempo ad oggi ha comunque conseguito risultati più apprezzabili di quanto la sua
impostazione non avrebbe permesso. E ciò, in tutti i campi sommariamente presi in conside-
razione dall'autore.
nel lavoro dello storico quest'eventualità possa fornire la materia
prima, la base, per contrastanti valutazioni di generi, autori e
periodi interi della storia musicale. Anche la storiografia, perciò, in
quanto disciplina che considera e studia vicende, opere e consuetu-
dini musicali di epoche trascorse e non sperimentabili direttamente,
necessita di documenti la cui approssimazione sia il più possibile
ridotta, ed anche in essa quindi il momento filologico di presa di
coscienza e conoscenza del proprio oggetto di ricerca assume un
ruolo centrale.
Allo stesso tempo crediamo che un simile approccio filologico
_sia di estrema importanza guardando al problema storico anche da
un'angolazione diversa, quella da cui, fra l'altro, normalmente si
guarda e si giudica proprio la musica pre-ottocentesca. Indirizzare
la definizione di opere musicali storiche nel senso di una ricerca e di
ricostruzione di un "qualcosa" di cui si possono considerare persi i
connotati originari, non significa infatti misconoscere che quell'o-
pera ha avuto un suo particolare tempo-vita50 per il quale ess-a, nelle
successive interpretazioni timbrico-esecutive può aver assunto un
nuovo, diverso significato e una nuova, diversa funzione. 51 La
necessità di una conoscenza delle opere allo stato fisico ed estetico in
cui nacquero d'altra parte rimane come abbiamo visto un dovere o,
meglio, un' "aspirazione" sia dello storico che del critico musicale, i
quali, negandolo, si precludono la stessa possibilità di considerare
ogni fenomeno della "storia" delle opere stesse (interpretazioni e
"letture" attuali comprese), mancando ne le premesse.
A questo punto dobbiamo anche far notare come questa filolo-
gia si ponga in maniera necessaria ed efficace proprio nel caso della
musica, e cioè in relazione a un atteggiamento formativo dell'uomo
che produce strutture con variabili, instabili e incontrollabili carat-
teristiche, che non permettono, come in altri campi, di ridurre, più o

50 Si fa riferimento ad una teoria del restauro delle opere d'arte di cui occorrerà parlare
più diffusamente in seguito, ma che nelle sue linee essenziali si può riassumere richiamando gli
stadi suggestivi in cui è suddivisa la vita dell'opera: bios (eros, o realtà come opera d'arte)
thanatos (distruzione) e <<restituzione» di eros, «nell'ambito dell'esistente che si esempla nel
finale atto di filologia critica (atto di restauro)>>. U. BALDINI, Teoria del restauro e unità di
metodologia, Firenze, Nardini, 1978, p. 9.
51 Cfr. nota 16.

64
meno notevolmente, il momento "interpretante" del mediatore e, di
conseguenza, del ricettore (esecutore e ascoltatore). La situazione
speciale della struttura sonora ci pone di fronte ad un "desiderio"
culturale ed estetico, che esalta la necessità di ricercarne l'aspetto
autentico, proprio e paradossalmente quando minore sembrerebbe
la sua distanza rispetto all'interprete, nel caso suo veicolo esclusivo
ed imprescindibile. Tutto questo si configura come un "qualcosa"
che ha la sua precisa autorità di documento, come prodotto di un
musicista in una particolare situazione esecutiva ed uditiva, aventi
modalità diverse e circoscritte dal momento, dall'epoca e le sue
aspettative culturali ed artistiche.
Come punto di arrivo di questa prima discussione dobbiamo
dichiarare l'oggetto di questa ricerca filologica più per necessità di
metodo che non come assunto ideologico-estetico. Ciò significa che
pur riconoscendo la precarietà di ogni decisione circa la possibilità
di definire o meno l'oggetto della ricerca musicale, in quanto lavoro
di ipotesi inverificabile rispetto ad una realtà perduta, cionondi-
meno si crede utile improntare la ricerca ad un oggettivismo, una
definizione-di-qualcosa, una concretezza di dati e loro interpreta-
zioni, quindi un oggettivismo ipotetico, al fine di consentire la chia-
rezza di . . procedimenti e intenzioni e la costruzione di modelli
fondati su dati probabili ma revocabili nel momento in cui la loro
inefficacia metodologica li rende inadeguati o non più sostenibili. 52
Gradualmente si va riconoscendo la strutturazione sonora come
risultato di una combinazione variegata a seconda delle situazioni e
le stratificazioni storiche composta: a) dal momento e dall'inten-
zione produttiva; b) dal tramite esecutivo non sempre coincidente
sia con le aspettative che con l'epoca di a); c) dal ruolo decisivo che il
clima stilistico e timbri co riveste per le qualità di a); d) l'altrettanto
decisiva posizione di b) nella applicazione o meno di c). L'azione
fondamentale che mette in moto il processo di comunicazione
musicale è quindi assai delicato nel caso in cui lo storico, il musici-

52 La legittimità dell'ipotesi, anche ispirata daun particolare programma ideologico, con


o senza il conforto di documenti, anzi problematizzando l'identità stessa dei documenti, è
ormai da tempo al centro delle discussioni in filosofia della scienza e nella pratica della ricerca
universitaria (cfr. nota Il e C. GINZBURG - A. PROSPERI, Giochi di pazienza, Torino, Einaudi,
1975, pp. 9-10).

65
sta, il musicologo e l'ascoltatore odierni ricercano quel "qualcosa"
proprio dei beni musicali storici, e il significato di cui sono porta-
tori. 53 Il mettere sullo stesso piano e in una prospettiva, temporal-
mente incrociata, globale e "pluriinterpretativa" tutti quegli
elementi, e l'interpretazione supplementare che scaturisce dalla loro
interazione indiscriminata contribuisce ad indebolire sia il valore
dell'evento musicale nei rapporti col proprio contesto culturale ed
estetico, sia il valore significativo delle strutture sonore in rapporto
alla storia e al presente. In questo caso la stessa funzione della
filologia verrebbe ad essere svuotata del suo significato 54 (fig. 1).

53 Notiamo le 'liscussione di C. DAHLHAUS, op. cit., p. 41, sul rapporto opera-storiografo


in musica: «Il concetto di opera, apparentemente la sostanza più salda della storia della
musica, si risolve e dissolve nella fonte, nel testo autentico, nell'intento del compositore e
nell'idea che lo storiografo ha del significato musicale del sostrato acustico che il testo annota,
o di cui prescrive la realizzazione». Interessante è l'analisi del problema in semiotica filolo-
gica: «Vi sono due soluzioni entrambe illusorie. La prima discende dalla fiducia del filologo di
poter dominare completamente codici di un'epoca così lontana. La seconda corrisponde ad
una sostituzione sic et simpliciter dei nostri codici a quelli in base ai quali il messaggio è stato
formulato [... ]. In realtà il nostro impegno verso il codice di partenza è affine a quello verso
l'originale [testo letterario n.d.r.]: codice e originale sono due limiti a cui dobbiamo tendere
con tutti i nostri sforzi, ma che difficilmente potremo toccare con le mani. Va aggiunto che
maneggiare perfettamente un codice non più in uso è tanto difficile quanto avere "compe-
tenza" in una lingua morta» (C. SEGRE, op. cit., p. 15).
Queste ultime parole di Segre ci portano a riconsiderare brevemente la questione dell'incono-
scibilità storica. L'impossibilità di una conoscenza oggettiva e quindi anche di una ricostru-
zione altrettanto oggettiva dei fatti musicali sembra scaturire da una supposta improbabilità
che i codici operanti storicamente tali siano ancor oggi, e che quindi ne sia impossibile un loro
corretto impiego. Pur apparendo incontestabile, ci sembra tuttavia possibile superare questo
scetticismo ricordando che «per quanto riguarda il passato, i giochi sono fatti, e noi possiamo
verificare, anche giudicare, ma non mutare. Le lacune della nostra ricostruzione sono
compensate dalla quasi immobilità delle situazioni [... ]. Inoltre [... ] la persistenza dei codici è
assai varia, sicché l'immagine di una frattura epistemica risulta assai forzata: molti dei codici
medievali sono ancora vigenti, altri conservano vigore da millenni. Qualche legame col
passato sussiste sempre» (Ibid. p. 21).
Ci preme comunque notare come la difficoltà della ricostruzione e della comprensione storica
non stia soltanto nella riappropriazione di codici non più vigenti, né solo in un corretto uso di
quelli ancora operanti, ma anche nella riattivazione di pratiche e significazioni risultanti dalla
combinazione ed organizzazione di quei codici (e tranne quelli perduti) in una dimensione
storica complessa e sostanzialmente "altra" rispetto a noi.
54 E' questa un'ingiustificata forzatura della considerazione estetica ed esecutiva delle
opere musicali, favorita dalla natura stessa di "eseguibilità", "cavalcabilità" del suono,
derivante dal fatto che ancora oggi si giudicano "fredde" e in definitiva depauperanti e non
necessarie le esecuzioni improntate al rispetto di sonorità e stili esecutivi storici. Si veda in
proposito anche quanto è alla nota 6 e quanto si legge, ancora, in C. SEGRE, op. cit., p. 17. «Il
filologo deve dunque addentrarsi fra le strutture dell'opera e cogliere i significati che esse

66
3.3. Per una rifondazione della filologia musicale

Un ulteriore, essenziale passo metodologico della filologia con-


siste nell'accentrare l'attenzione sul proprio oggetto di ricerca in
modo il più possibile critico ed esauriente. Fondamentalmente,
perciò, qualsiasi tipo di indagine filologica dovrebbe consistere in
una assunzione di dati storici i quali concorrono a determinare, ad
uno stadio più elaborato di ipotesi, dei documenti. Quest'ultimi, in
definitiva, sono il vero fine della critica delle fonti, in cui la differen-
ziazione fra "dato" e "documento" è giustificata dalla loro diversa
natura e la diversa funzione che essi svolgono nell'attività di ricerca:
i primi quella di base materiale ricavata dallo studio archivistico,
paleografico, iconografico museografico ecc.; i secondi quella di
risultato del processo di decodifica dei dati stessi, della loro organiz-
zazione e comparazione e infine della loro valutazione nel quadro
'-
dell'ipotesi storica.
Nell'indagine storico-musicale, che si è più sopra riconosciuta
come imprescindibile il momento essenziale dell'esecuzione delle
strutture sonore si colloca perciò senza dubbio allivello di ipoteti-
cità più alto, rappresentato dalla produzione di documenti sonori. 55

propongono. Egli farà tutto il possibile per attenuare qualsiasi fenomeno di "disturbo" nella
comprensione; egli dev'esser consapevole che gli riserva scoperte più esaltanti l'ascolto del
passaggio sempre vivo e emesso dalle strutture semiotiche di un'opera che non l'intervento
indiscreto delle sue aspirazioni di co-autore».
55 La distinzione tra dati e documenti è un artificio necessario particolarmente nella
ricerca musicale, essendo innegabilmente pIÙ complicato che !il altn campI il processo di
"ricostrU7ione" dei fenomeni: essi si concretarono infatti in eventi (strutture o opere musicali)
come risultato di una combinazione storicamente multiforme ma organica di innumerevoli
elementi, singolarmente indagabili ma ovviamente assai più difficilmente riorganizzabili con
pari relativa certezza nel momento di riesecuzione odierna.
L'impostazione filosofica e "storiografica" in senso letterario, limitativo di DAHLHAUS
rimane ancorata ad una scarsa considerazione del fatto acustico, che in musica è quantomeno
rischiosa. E' cosÌ che nella sostanzialmente legittima considerazione del valore dell'attività di
ricerca storica e dei suoi metodi, è peraltro necessario spostare le definizioni difatti (ipotetici)
e dati storici dal livello fondamentalmente indifferente al dato acustico a quello più complesso
(ma è qui appunto che si rivela necessaria la filologia musicale) descritto più sopra. Ma il
problema di Dahlahaus è un altro: «E se cerchiamo di chiarirci lo status logico di una
tradizione musicale intesa storiograficamente, ci sentiamo spinti senza volerlo a concludere
che le fonti di opere musicali siano "resti" cosÌ come lo sono trattati, lettere o ruderi di edifici:
relitti che non rappresentano già come tali i fatti storici cercati, ma sono semplici dati di fatto
da cui dedurre i fatti storici veri e propri». (C. DAHLHAUS, op. cit., p. 42). CosÌ egli giunge, in

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Connol.zioni emo- suoni della lingua
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Ilgnlflc.li possibili, che esso conliene come -venta
di InlonnuloM.

~~:~~~~ ~~~~o:e=~~C!,~~ii. Ii ri-


L==:.;=:.:.:::::==~ ____ ~--_· . . ·....--·...·_··_·····_···············...........
l'evenlu.le ricorso ai CodiCI di emissione verifica I codlc. del desllnl'
'MI ................................................_ .......... _ •••• _ ••••••••_ .................................- - .

fig. 1 SCHEMA DEL PROCESSO DI DECODIFICA DEL MESSAGGIO ESTETICO


(da U. Eco, La struttura assente, Milano, Bompiani, 1968, pp. 100-101)

68 69
Questo modo di intendere la filologia ci sembra in verità tale da
garantire la dignità di una disciplina come rispondente alle esigenze
del proprio oggetto di ricerca; nello stesso tempo ci sembra che una
simile articolazione dei procedimenti di recupero garantisca una più
efficace possibilità di conferma e critica delle acquisizioni e la
possibilità di fondare una ipotesi con maggiori probabilità di essere
legittima, senza tagli o modificazioni di elementi storici che non
siano quelli costituiti da dati di natura più "debole" nei confronti di
altri e alla luce dell'ipotesi complessiva organizzata nel docu-
mento. 56
Alla luce di quanto esposto il problema del metodo di ricerca in
campo storico-musicale si risolve nell'adottare un atteggiamento
che, pur continuando a richiamarsi alla «filologia», non deve esitare
a rifondarla se vuole essere coerente con gli stessi principi di una
filologia della musica, ampliandone gli orizzonti in una più larga
concezione di recupero sonoro, se i principi tradizionali rispondono
ad esigenze necessarie ma non sufficienti a caratterizzare un'opera-
zione culturale del tipo qui descritto.
Il concetto di ricerca filologica, come siè accennato a proposito
della tradizione di studi sulla prassi esecutiva, è a tuttoggi fermo ad
una vera trasposizione in campo musicale di un metodo approntato

realtà, a rovesciare l'assunto metodo logico di una storiografia tendente alla scientificità (p.
39-40), tenendo in massima considerazione l'essenza estetica delle opere e il valore o il posto
che esse possono assumere in una "storia" musicale di cui si rivendica l'autonomia: in una
parola, sia i «dati» che i «fatti» che fendano la teoria storiografica di Dahlhaus, vanno
ricondotti nell'area riservata ai dati del nostro discorso e si ritengono in tal modo più critiche e
utili (anche se solo ipotetiche) le formulazioni di documenti sonori (<<[ ... ] i fatti che lo
storiografo cerca, non stanno tanto negli eventi stessi, visibili o udibili, quanto nei motivi,
nelle tendenze da cui gli eventi sono scaturiti» p. 43).
56 Il rapporto dialettico tra documento sonoro integrale e i dati di varia natura forniti dalla
ricerca è un vantaggio metodologico evidente: la conferma e la chiarificazione dei dati stessi
può essere raggiunta proprio nel confronto con la pratica realizzante e vi~evers~, fer~.a
restando l'impostazione critica del lavoro, che deve sempre tendere alla masSIma dlspombl-
lità delle scelte, senza concessioni alla "praticità" delle soluzioni (su tale praticità, considerate
le notevoli differenze di mentalità, costumi e funzioni musicali che si possono avere tra epoca
ed epoca, il discorso è tutt'altro che scontato). In campo strettamente archivistico un esempio
di tale atteggiamento viene dato da L.F. TAGLIAVINI, Prassi esecutiva e metodo musicologico,
in «Atti del 9° Congresso LM.S., Salzburg, 1964», Kassel, Giegling, 1964, pp. 19-24. In esso si
evidenzia la necessità di una comparazione e di un'analisi più profonda dei documenti storici
(datl), una maggiore attenzione alla loro area geografica e temporale e alla effettiva incidenza
che essi potevano avere in campo pratico musicale.

70
soprattutto per le discipline letterarie, quindi per un oggetto di
ricerca avente caratteristiche sono in minima parte affini alle strut-
ture sonore. 57 Anche per la musica infatti è diffusa una più o meno
rigorosa critica delle fonti storiche in senso stretto, cioè resoconti,
cronache, libri mastri, trattati teorici, metodi didattici, e ciò non
appena la cultura moderna ne ha individuato l'esigenza, fondando
nuove discipline che oltre a quelle che studiano lo sviluppo storico
di forme, stili generi e personalità individuali dei musicisti, com-
prendono il modo di scrivere la musica (paleografia), i timbri stru-
mentali (organologia) e i modi d'esecuzione (prassi esecutiva) delle
varie epoche storiche.
Ciò non ha tuttavia impedito che i modi di questa ricerca fossero
mutuati essenzialmente dalla filologia letteraria, con la ipostatizza-
zio ne dei dati storici e dei testi musicali notati i quali, se nel corri-
spondente campo letterario sono di per sé il fine della ricerca e la
base della critica, nel caso della musica rappresentano solamente
una parte dei dati di partenza. Questi devono infatti essere sottopo-
sti ad una attribuzione di significati in base a codici ricercati nella
storia antropologica e culturale, e organizzati in ipotetiche forme
sonore significanti di una realtà storica e musicale. Tale momento di
codifica si può dire sia mancato in modo piuttosto evidente alla
filologia musicale tradizionale, se guardiamo ai risultati che essa ha
conseguito sulla pratica musicale; abbiamo infatti già accennato
alle conseguenze che tale apparente "neutralismo" nei confronti
della significazione dei dati comporta, risolvendosi in realtà nel
sostituire i codici che si possono e si devono investigare nella storia
con una più tranquilla, comoda e per la vita musicale meno proble-
matica applicazione delle norme comportamentali fornite dalla
formazione musicale e culturale contemporanea.
Un'altra conseguenza di questo solo apparente oggettivismo è la
specializzaziqne nei vari settori, salutare da un certo punto di vista,
ma senza dubbio rischiosa nel momento della codifica appunto, se
viene a mancare il rapporto con le altre componenti della realtà
storica investigata. È una constatazione, infatti, che oggi si tende a

57 Cfr. G. DEVOTO - G.C. OLI, voce filologia, in «Dizionario della lingua italiana»,
Firenze, Le Monnier, 1971: «1. La disciplina relativa alla ricostruzione e alla corretta
interpretazione dei documenti letterari di un ambiente culturale definito».

7l
mantenere distinta la ricerca interpretativa da quella organo logica,
quasi che la prima non potesse rappresentare quelle garanzie che
sono proprie dei reperti sottoposti a restauro, e che fra l'altro
l'esperienza dimostra essere "codificabili" in maniera altrettanto
variegata come nel caso della prassi esecutiva. 58
La separazione troppo netta degli obiettivi che avviene solita-
mente nel campo degli studi musicali, ha delle ovvie conseguenze
per la stessa impossibilità di confronto e verifica tra le ipotesi dei
vari settori, nei loro limiti spesso assai specializzati. Dnafi/ologia
della struttura sonora integrale, condotta cioè in modo tale da
riassumere in documenti le acquisizioni dell'organologia, della pale-
ografia e della prassi esecutiva, si mostra quindi come superamento
di un frazionamento in discipline "tecniche" (ma in realtà rischiosa-
mente esposte a codifiche inadeguate) ponendole in relazione con
dei significati culturali, di rappresentazione di una dimensione
umana, storica ed estetica. N ella produzione di documenti secondo
queste modalità si può cogliere inoltre più agevolmente il rapporto
dialettico tra la storia musicale e la cultura contemporanea.
Quest'ultima osservazione non deve essere fraintesa come una
concessione al compromesso, bensì come riferimento necessario ad
una maggiore sensibilità critica, che metta al riparo da mistifica-
zioni di qualsiasi natura, compresa quella archeologistica (vista

58 Si veda su questo punto, la discussione di M. TIELLA, Della copia e no, in <d quaderni
della Civica Scuola di Musica di Milano», n° 4-5, ottobre 1981, pp. 45-48. In essa si tende a
smitizzare sia la fiducia nella possibilità di "copiare" gli strumenti antichi, sia la convinzione
che attraverso tali «copie» avvenga la riappropriazione effettiva delle opere musicali del
passato. Confrontando infatti la situazione nella critica delle arti figurative e dell'architettura
Tiella sottolinea il diverso atteggiamento diffuso nel campo organologico: «Il restauro inteso
come progetto, il rifiuto della copia come mezzo di espressione sono parametri critici su cui
sembra non si sia disposti ad alcun predicibile ripensamento. Nella organologia, la maggiore
labilità di qualsiasi termine di riferimento oltre la semiotica musicale (il suono è un ricordo) fa
ancora perdurare l'ambizione a credere nell'appropriazione attraverso la «copia» [... ]. Il
problema quindi non è quello di fare (di come fare) la copia, ma di come farla legittimare per
tale, ovvero di far convergere concordemente sulla contraffazione i miti di quanti ambiscono
alla riappropriazione. Nella maggioranza dei casi sarà la moda o il gusto a rendere la
convergenza possibile; resta da vedere chi ha il potere a dare l'impulso iniziale e a risultarne
poi legittimato ad averlo fatto [... ]. Da ciò non si vuoI trarre la conclusione che non si
"devono" ricostruire gli strumenti "antichi"; si crede opportuno chiarire l'opinione di chi è
convinto che non si può "copiarli" né da un punto di vista rigorosamente tecnologico, né per
quanto riguarda le prerogative espressive» (p. 47).

72
T
I

come atteggiamento che tende a semplificare il complesso procedi-


mento di interpretazione dei dati della ricerca). È infatti ausplicabile
una più spiccata coscienza e un senso di maggiore apertura, disponi-
bilità e capacità di supporre affinità e differenze anche profonde tra
i diversi modi di concepire produzione, esecuzione-interpretazione
e ricezione della musica nella storia. 59 Da questo si ricava come sia
necessaria una riflessione più profonda anche sui motivi e la leggitti-
mità di una filologia musicale, che se da una parte non ci sembra
rivolta in modo sufficiente a fondare le basi reali per un recupero
globale, dall'altro non ci sembra nemmeno fornita di strumenti per
uscire da una impasse archeologistica propria di una disciplina non
sufficientemente sensibile ai problemi posti dal recupero storico e
dalla coscienza contemporanea del valore e dei limiti del recupero
stesso. Questo al di là di facili cedimenti alla inevitabilità della
reinterpretazione contemporanea per mancanza di possibili con-
fronti con la storia o per la mutata situazione estetica e ricettiva. 60
Per concludere possiamo riassumere quanto detto definendo
come adeguata filologia musicale la ricerca e l'assunzione critica di
dati e documenti sonori nel quadro complessivo di un processo di
ipotesi con cui lafi/ologia stessa interagisce,in un reciproco scambio
e confronto con la varie discipline di cultura storica. 61

:Il} Sul senso della storia e i concetti di appropriazione, estraneazione, oggettivazione nella
storiografia musicale e nella ricezione delle opere antiche si veda C. DAHLHAus, op. cit., pp. 65
sgg. «Storicismo e tradizione». Inoltre cfr. anche M. TIELLA, op. cito e ID., Problemi connessi
con il restauro degli strumenti musicali, in «Atti del seminario per la didattica del restauro
liutario», Premeno 1981, Scuola di liuteria antica e moderna del Comune di Milano, Rove-
reto, Longa, 1982, pp. 7-9. --
60 Su questo punto ci sembra che perfino uno studioso della levatura di Dahlaus sia
fondamentalmente convinto dell'impossibilità del recupero e quindi, ma qui gratuitamente,
anche della non rilevanza di un atteggiamento filologico integrale. Su di esso infatti il testo
musicologo tedesco, pur rivolto ai problemi di una teorizzazione del "fare" la storia musicale
(e quindi, bene o male, anche la storia delle strutture sonore che la rendono possibile) tace
quasi completamente.
61 Quest'idea più larga di ricerca, che si ponga il problema della realtà sonora storica fino
in fondo, pensata come rappresentazione strutturata di una dimensione umana integrale, non
può prescindere da un'impostazione interdisciplinare e da una coscienza della propria
valenza "scientifica" per le stesse altre discipline di cui si pone alla base in una relazione
peraltro dialettica. Il porre in continuo confronto ricerca delle fonti ed elaborazioni succes-
sive, nelle varie prospettive estetiche, sociologiche, teoriche, organo logiche ecc. dovrebbe con
ciò permettere un'impostazione più critica del recupero storico. Cfr. anche C. SEGRE, op. cit.,
pp. 6-17.

73
3.4. Musica e realtà sonora

Fin qui si sono individuate le tematiche generali e particolari


sollevate in linea di massima dal problema della musica storica visto
in relazione alla nostra coscienza contemporanea. Si espongono ora
delle osservazioni volte a specificare ulteriormente l'ambito nel
quale si considera opportuno muoversi per un motivato e critico
lavoro di recupero delle strutture sonore.
Inanzitutto, avendo intravisto delle particolarità che contraddi-
stinguono in modo piuttosto netto il fenomeno "musica" rispetto
ad altri fenomeni storico-artistici, nel momento in cui ci accingiamo
ad intervenire sui beni musicali allo scopo di conservarli recuperan-
doli62 dobbiamo riconoscere ed accettare come un fatto incontro-
vertibile lo specifico musicale, per il quale è doveroso presupporre
degli strumenti d'indagine adeguati,63 e prevedere, nell'operare in
analogia con i beni letterari e plastico-figurativi in genere, delle
soluzioni restaurative e conservative di natura alquanto diversa da

62 Il recupero critico come condizione necessaria di una "conservazione" della musica


storica (con tutte le limitazioni che si oppongono ad una aggettivazione del fenomeno sonoro
storico e alla sua cristallizzazione in una "restituzione" filologica) è operazione che in varia
misura differenzia il campo della ricerca storica-musicale dagli altri, e pone problemi di varia.
natura, sui quali in parte già ci si è soffermati e di cui si tratterà in seguito.
63 Un approccio vagamente strutturalistico, nella riesecuzione-interpretazione delle
musiche del passato, limitato solo agli aspetti musicali ricavabili dal testo scritto (melodia,
armonia, in parte l'organico e il genere), e in prospettiva assai neutrale per quanto concerne il
loro contesto estetico-espressivo (sul quale la tecnica esecutiva direbbe assai di più), si trova in
H. NATHAN, The Sense oJ History in Musical Interpretation, in «The Music Review», XIII,
1952, pp. 85-100.
Pur non essendo una disciplina di norma interessata ai problemi filologici (e in questa
prospettiva il presente lavoro si può considerare come un primo contributo) la semiologia
musicale ha da tempo attuato un adattamento della teoria semiotica al campo della comuni-
cazione sonora. Senza la pretesa di essere esaurienti si ricordano: F. NOSKE - J.J. NATTIEZ,
Discussions (II Symposium della International Musicological Society, Zagabria, 1974), in
«International Review ofthe Aestethic and Sociology ofMusic», VI, 1975,p. 94; G. STEFANI,
Progetto semiotico di una musicologia sistematica, ibid. V, 1974, p. 278; M. BARONI, Sulla
nozione di grammatica musicale, in «Rivista Italiana di Musicologia», XVI, n° 2 (1981), pp.
252-259.
In un campo più prossimo, per gli aspetti di contenuto, si trova un adattamento della teoria di
U. BALDINI, op. cit., alle necessità dell' organologia musicale, pur in forma assai generale, in S.
RENZI, Il restauro degli strumenti musicali, in «Cremona» n° 1, 1980, Rassegna trimestrale
della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Cremona, pp. 38-47.

74
quelle adottate in quest'ultimi. 64

64 Si può solo, accennare in questa sede, alle varie problematiche nascenti da questa
analogia la quale, per quanto forzata, si deve imporre almeno a livello di consapevolezza
critica, se non come primo passo verso la ricerca di una soluzione. Da un punto di vista paleo
-e semiografico l'attività di decodifica testuale è da tempo diffusa con la pubblicazione di
trascrizioni (fomite di apparati più o meno critici) e con riedizioni anastatiche; (esse tuttavia
rimangono ancora ai margini d'impiego nella didattica musicale). La tutela del patrimonio
bibliografico-musicale (quella, cioè, degli originali supporti materiali semiografici che, in
quanto tali, non sono propriamente le opere musicali, ma rappresentano tuttavia la loro ]l
nica e approssimativa possibilità di trasmissione al futuro) è fondamentalmente inserita nella
problematica più vasta della conservazione dei beni librari. Esiste a questo proposito un
notevole dibattito teorico sulle tecniche di catalogazione e schedatura, ma già da tempo sono
disponibili insostituibili strumenti di consultazione che di questo dibattito sono espressione
compiuta e variamente condivisa. Si citano i più conosciuti: R.L S.M (Repèrtoire Internatio-
nal de Sources Musicales), Kassel 1960 e sgg.; c: SARTORI, Bibliografia della musica strumen-
tale italiana stampata fino al 1700, Firenze, 1952 (II voI. di aggiunte e correzioni Firenze,
1968); E. VOGEL-A. EINSTEIN-F. LESURE-C. SARTORI, Bibliografia della musica italiana vocale
profana pubblicata dal 1500 al 1700, Roma,Staderini, 1977; H.M. BROWN, Instrumental Music
Printed before 1600, Cambridge, 1965. Questioni fondamentali, più generalmente ammini-
strative e culturali, riguardanti il patrimonio bibliografico-musicale in Italia sono evidenziate
in AA.VV., La musicologia ministeriale, in «Rivista Italiana di Musicologia» XII, n° 2 (1977),
pp. 171-182 e ID., Tutela del diritto di edizione e della proprietà pubblica del patrimonio
bibliografico, ibid., n° 2 (1978), pp. 345-350; Notiziario SIDM, ibid. XVIII, n° 2 (1982), pp.
359-363. Per l'organologia e gli strumenti storici conservati si vedano le note 2, 114 e 115 di
questo stesso lavoro.
Ulteriori e più complicati problemi si pongono, come già si è visto, non appena dal ristretto
ambito musicologico si passa a coinvolgere il mondo della didattica e della vita musicale in
genere (cfr. anche E. F ADINI, La revisione critica e il rinnovamento della didattica musicale nei
Conservatori, in «Musica Domani», n° 49, marzo 1983, pp. 69-71). Sussistono peraltro anche
problemi squisitamente filosofici (nonché, per contro, economico-sociali) allorché si prende
in esame la possibilità di godimento e fruizione delle opere musicali del passato, di fronte alla
loro impossibile museificazione e alla difficoltà di poter sancire una loro versione o ambito
esecutivo "corretti" (cfr. anche M. TrELLA, op. cit., nota 58) e ID. Problemi connessi... , op. cIt.,
pp. 13-14). Se per l'organologia la contraddizione epistemologica di non poter definire che
"falso" qualsiasi recupero anche scientifico, si può superare «sulla base di un diverso "modus
ponendi" autorizzato da strumenti sociali "legali" [... ] come ad esempio il parere di assem-
blee o comitati di esperti che riconoscano per validi i motivi di opportunità [... ]», appare
subito più problematico il ricorso a tali mezzi di controllo nel campo esecutivo, il quale
dovrebbe in tal modo essere "tutelato" nei programmi delle case discografiche, presso istituti
e conservatori, enti ed organizzazioni concertistiche. L'impossibilità e l'illegittimità estetico-
filosofica di "museificare" il recupero musicale storico, pur riconoscendovi il dovere di
tendere alla correttezza è d'altra parte un vantaggio metodologico: la situazione sempre
aleatoria in cui le strutture "divengono" sonore, permette infatti di non fissare univocamente
le soluzioni adottate, in armonia col procedere delle ipotesi nella ricerca teoridci (reversibilità
del recupero). Ciò non toglie, comunque, che una critica e in qualche modo "controllabile"
attività esecutiva, d'intento culturale, massimamente nei casi di ampia diffusione, concerti-
stica e discografica, sia auspicabile e perseguibile.

75
3.4.1. Aleatorietà della musica

In effetti abbiamo già notato come il veicolo della comunica-


zione musicale, cioè effettuato per mezzo di suoni organizzati in un
linguaggio (con intenti funzionali di vario tipo, estetici e non) si
presenti sostanzialmente affine a quello del linguaggio teatrale, in
cui la parola e l'azione si intersecano continuamente in forme
sonoro-spaziali (e concettuali) mai fissabili, di volta in volta, all'atto
di una loro riproposta da parte dell'elemento mediatore, nei mede-
simi significanti precisi ed incontrovertibili. Per una nozione di
. opera coerente con questi linguaggi è assolutamente insufficiente
parlare di "organismo fisico" autonomo, quale quello trasmesso da
una tela, una forma materale architettonica (pur nel suo contesto
urbanistico) o un testo scritto. 65
Questa è una costatazione che spinge a fondare la possibilità di
comunicazione del linguaggio teatrale o musicale storico solo a
patto di una considerazione globale, consuetudini esecutive e ricet-
tive comprese, unitamente ad intenzioni compositive e codici che
racchiudono nei simboli grafici dei significati timbrici, melodici,
armonici e concettuali. La situazione della musica e dello spettacolo
si fa ancora più difficile poiché queste forme espressive consistono
in strutture dinamiche, in divenire, senza il cui svolgersi di fronte a
noi non avrebbero la possibilità di essere nemmeno fruite e, di
conseguenza, nemmeno la possibilità di esistere, consistere. In que-
sto senso a proposito di esse è quindi legittimo parlare sì di un
"organismo", una struttura comunicativa, intesi come entità men-
tale, favorita dai sensi (acustico, visivo, intellettivo ecc.) in contem-
poraneità all'evento, e dai meccanismi psicologici del ricordo
(alquanto complessi e problematici) in tutti i momenti successivi

65 Già U. Eco in La struttura assente, Milano, Bompiani, 1968, notava in generale la


possibilità di indagare razionalmente più a fondo la strutturazione stessa del messaggio
estetico, oltre alla constatazione della sua "presenza" fisica (pp. 72-73), senza tuttavia
considerare il particolare problema "esecutivo" dei parametri sonori, limitandosi a darli per
scontati, come base materiale dell'opera musicale: «[ ... ] diremo che in un messaggio estetico
possiamo individuare i seguenti livelli di informazione: a) livello dei supporti fisici: nel
linguaggio verbale sono toni, inflessioni, emissioni fonetiche; nei linguaggi visivi sono colori,
fenomeni materici; in quello musicale sono timbri, frequenze, durate temporali ecc. [... ]» (p.
66).

76
T I

alla prima ricezione diretta, comprese le successive ricezioni, in cui


opera una memoria stratificata e composita delle precedenti. 66
In queste due fasi obbligate della ricezione musicale è possibile
notare dei punti di convergenza con la fruizione di altre occasioni
estetiche: anche in letteratura, pittura ecc. infatti, e sempre per
parlare di linguaggi tradizionali storici riconosciuti dalla critica,
possiamo parlare, con diverse modalità a seconda dei casi, di "entità
mentale", ma con una differenza sostanziale. In questi casi, in realtà
un dato fisico, in qualche modo autonomo rimane, e nel caso delle
"entità" storiche questo è tutelato dalla paleografia, la filologia, la
conservazione e il restauro: esso si presenta come un sostegno reale
ed oggettivo di grandissima importanza per l'interpretazione e la
valutazione, oltreché, naturalmente, per una corretta fruizione.
Va da sè che una struttura musicale "realizzata", cioè messa in
divenire con particolari modalità, comporta una ricezione altret-
tanto particolare e una conseguente valutazione storica ed estetica.
Vi è perciò una differenza sostanziale tra ricezione-interpretazione
musicale (o teatrale) e ricezione-i1!terpretazione di un'opera lettera-
ria o plastico-figurativa, in quanto la prima è un'interpretazione
sulla base di un' entità mentale mediata sempre e comunque da un
esecutore-interprete, le seconde costituiscono invece interpretazioni
sulla base di entità mentali dirette, nelle quali non è presente, se non
eventualmente a livello psicologico e culturale (critica) un'espe-
rienza diversa dalla nostra. 67

66 V. la discussione sulla teoria di J. DEWEY, sulla totalità nell'opera d'arte e la psicologia


transattiva in U. Eco, Opera aperta, Milano, Bompiani, 1962, pp. 68-69: «[ ... ] il processo di
conoscenza è appunto un processo di transazione, una faticosa contrattazione, e di fronte allo
stimolo originario il soggetto interviene convogliando nella percezione attuale la memoria
delle sue passate percezioni [... ] quella esperienza che non si limita così alla registrazione di
una Gestalt preesistente come autonoma configurazione del reale [... ] ma appare come il
risultato situazionale del nostro inerire processualmente al mondo [... ]»; inoltre v. anche più
avanti, pp. 130-151. Il problema in generale, è stato accennato anche' alla nota 11, ultimo
comma.
67 Si usa qui il termine «interpretazione» nell'accezione comune intendendo la come
ricezione-fruizione di un messaggio artistico, e non come avviene normalmente in musica,
esecuzione mediatrice di un'opera musicale.

77
3.4.2. Struttura del processo comunicativo musicale e nozione di
{{ opera".
Rivolgendoci ora a formalizzare il processo in cui si attua il
messaggio musicale possiamo dire che la struttura sonora "stru-
mento" e "fine" di comunicazione, si attua in effetti in un triplice
processo di relazione che si instaura fra un polo produttivo o for-
mante, un polo-tramite esecutivo-interpretativo e un polo ricettivo o
di ascolto, a sua volta interpretativo. (fig.2)
Ora, questo processo si mostra in tutta la sua evidenza come
schema base di tutte le interpretazioni possibili cui l'opera, che si
potrebbe identificare nella struttura originaria e con le relative
aspettative estetico-funzionali del primo polo, può individualmente
e storicamente venire sottoposta. Diremo anzi che, a rigore, l'opera
consiste non tanto o non solo nella struttura prodotta, ma in quanto
inesistente come "presenza" priva di riferimenti e significati, nel
processo comunicativo stesso in cui viene ad acquistare un senso.
Ciò anche nel caso in cui alla sua origine formante (cioè nella
poetica del musicista) non esistesse alcuna intenzione "comunica-
tiva" in senso stretto. 68

68 E' un fatto acquisito in estetica che la "comunicazione" del messaggio poetico tramite
l'opera, non è necessariamente intenzionale, ma tale rimane fondamentalmente per la "pre-
senza" stessa dell'oggetto artistico. Cfr. su questo la teoria dellaformatività di L. Parcyson,
analizzata ampiamente da U. Eco, La definizione dell' arte, op. cit., p. 28: «La forma comunica
solo se stessa, ma in se stessa è l'artista fattosi stile [... J. La persona forma nell'opera la sua
concreta esperienza, la sua vita interiore, la sua irripetibile spiritualità, la sua personale
reazione all'ambiente storico in cui vive, i suoi pensieri, costumi, sentimenti, ideali, credenze,
aspirazioni. Senza che con questo si intenda [... ] che l'artista narri se stesso nell'opera, egli vi si
palesa, vi si mostra come modo». In altra prospettiva cfr. anche E. OBERTI, Estetica, Teoria
dell'oggetto artistico come presenza evidenziata, Milano, Marzorati, 1962. In riferimento più
stretto alla musica, e aldilà dell'intenzionalità o meno dell'artista, per l'importanza accordata
ai codici cfr. M. BARONI, Problemi dellaforma e dell' analisi, dispensa dattiloscritta per il corso
monografico di Storia della musica, «Scuola di Perfezionamento in Musicologia», Università
di Bologna, a.a. 1982, p. 9: «[ ... ] in qualsiasi occasione la musica deve conservare una
pregnanza formale che il linguaggio può dimenticare; infatti mentre quest'ultimo comunica
per aggiunzioni di unità semantiche la musica non può affidare il suo potere di comunicazione
altro che all'esibizione delle proprie strutture nel loro complesso. Diremo allora che chi
produce musica intrattiene un dialogo non tanto con i propri destinatari, ma direttamente col
proprio linguaggio e col sistema di regole. Per contro, chi ascolta musica non riceve il
messaggio direttamente dal suo produttore, bensì dal suo prodotto. La conoscenza del
sistema delle regole o per meglio dire dei testi che lo rappresentano è lo strumento primario di
questa comunicazione indiretta».

78
---1
Drocessi mentali cd Erl t i t à me n t a l e Erl t i t à mp. n t a l p.
esperienze culturali interpre taz iune interprrtazione
dr.ll'autore.

in sede esecutiva
dalla concezione
estetica dell'epoca.

fig. 2 NATÙRA E FUNZIONAMENTO DELL'OPERA MUSICALE


Le doppie frecce indicano l'interazione fra i poli del processo. Nello schema non
--.)
\C vengono presi in considerazione i codici.
Il limite che in questo lavoro si cerca di definire per un critico ed
onesto recupero della musica storica alla nostra coscienza moderna,
limite che alla luce di quanto appena esposto potrebbe sembrare
assai labile per il potere decisivo attribuito al momento interpreta-
tivo (secondo e terzo polo), è al contrario richiesto dal principio
fondamentale dichiarato in precedenza, e in particolare allor-
quando si richiedeva la "definizione corretta" dell' evento musicale
nei riguardi del produttore. 69 Oltre al carattere di bene culturale cui
abbiamo accennato in apertura, è infatti doveroso rivendicare alle
strutture sonore il rispetto di determinati confini di "realizzazione",
imposti anzichè negati proprio da questa ambiguità del processo
comunicativo. Sembra logico infatti che il restituire alla struttura
sonora il suo-aspetto originale storico, significa riconoscerla come
portatrice di significati originari dei quali solo la mancanza di codici
adeguati ci impedisce la comprensione.
In verità, per essere precisi e coerenti con questa prospettiva
semiologica, si deve anche dire che il messaggio estetico non si
risolve in una comunicazione ordinaria, né a livello concettuale, né
di altro tipo (gestuale, cromatico, grafico, ecc.); esso infatti ha anche
una particolare caratteristica di "apertura" dovuta alla stessa ambi-
guità e autoriflessività del suo meccanismo comunicativo. 7o
Anche questa "apertura" si mostrerebbe perciò come la legit-
timazione di interpretazioni diverse, comprese quelle non contem-
poraneeall'epoca in cui l'opera musicale fu composta ed eseguita,
pena altrimenti la riduzione del messaggio estetico a comunicazione
ordinaria. Abbiamo tuttavia già chiarito corna la portata del mes-
saggio sia tanto più estetica quanto più il significante, la struttura, è
radicata nella sua storia originaria, in modo tale da essere rispon-
dente anche alla sua primaria dimensione umana e culturale, per cui
a maggior ragione un' opera è anche documento storico quanto più
la riconduciamo alle sue primitive condizioni di comunicazione,

69 Cfr. paragrafo 3.2


70 Specificazioni sulia natura particolare della comunicazione estetica si trovano in U.
Eco, Opera aperta, cit., p. 82 (<<Lo stimolo estetico»), p. 109 «<Significato e informazione nel
messaggio poetico»), p. 115 (<<Discorso poetico e informazione»), e ID., La struttura assente,
cit., pp. 61 e sgg. (<<Il messaggio estetico»), in particolare a p. 62: «Il messaggio a funzione
estetica è anzitutto strutturato in modo ambiguo rispetto a quel sistema di attese che è il
codice».

80
quando, cioè, possiamo ricostruire con la minima approssimazione.
possibile i tre momenti, o poli del processo. 71
Nel proseguire su questa strada diventa per il momento un'esi-
genza pratica distinguere nel modo più preciso possibile l'entità
sonora mentale che si attua nel processo interattivb fra produzione
ed esecuzione-interpretazione, la quale ha perciò la sua sede natu-
rale nell'esecutore al momento della messa in divenire, "in suono" e
(e in seguito nel ricordo della struttura), da quella che in seguito si
forma nel ricettore "passivo", nell'ascoltatore. Questo perchè, pur
riconoscendo che come processo storico l'opera dovrebbe essere
ricostruita anche nel momento ricettivo, è metodologicamente più
efficace isolare il più possibile ciò che può rappresentare un dato
autonomo, "fisico", vorremmo aggiungere, anche se, guardando al
fenomeno in analogia con l'oggetto della ricerca filologìca letteraria
e plastico-figurativa (restauro), gui ci troviamo evidentemente ad
un livello di autonomia, di fisicità qualitativamente più basso,
commista com'è l'entità mentale musicale di elementipsico-acustici
che come tali sono esposti alla mutevolezza storica ed individuale.
Nel nostro caso bisogna inoltre essere coscienti del fatto che quel
carattere di "apertura" che abbiamo riconosciuto al processo in
generale è proprio anche, e più in particolare, del processo interat-
tivo che intercorre fra il polo produttivo della struttura e quello
dell'esecutore-interprete, e quindi la realtà sonora storica (con la
relativa attività di recupero) si deve considerare in modo adeguata-
mente sottile e problematico.

71 Bisogna fare una precisàzione riguardo all'uso del termine «opera». Nel darvi un/r
significato assoluto, distinto qualitativamente da quello più prosaico (almeno così in C.
DALHAUS, op. cit.) indicato con «evento», troviamo il rischio di mistificare la produzione
musicale, come se la realtà sonora eseguita (presente proprio e solo negli "eventi") fosse un
accidente trascurabile e un dato accessorio (si veda per questo la discussione sull'idealismo
estetico p. 2 e note 20 e 21). Questa osservazione vale non solo per rivendicare dignità allo
studio della "materia" musicale (organologia e prassi esecutiva), enfatizzata proprio nell'
"evento", anzi, negli "eventi" storici stessi, ma anche per riguadagnare alle «opere» classiche
e romantiche (parlando storiograficamente, e non secondo classificazioni estetizzanti, per le
quali "classico" è anche Monteverdi) la loro giusta dimensione storica ed estetica, con
l'estensione anche ad esse di un discorso critico, di un'esigenza esecutiva filologica. Siamo
inoltre consci del fatto che l'uso prosaico del termine «evento» rischierebbe di polverizzare
ogni discorso estetico, se non vi si riconoscesse un valore più essenziale all'interno di una
concezione del messaggio estetico come processo interrattivo globale fra struttura, interpre-
tazione-ricezione e loro varianti. Cfr. anche note 47 e 48 e la seguente 72.

81
Quest'ultima si configura sempre più come ricerca di codici
propri che permettano una rappresentazione coerente della. struttura
pensata e delle varianti esecutive storicamente ed esteticamente
prossime. 72
N el parlare di "messa in divenire", a questo punto si impone un
chiarimento che elimini ogni confusione e dubbio, derivanti dalla
possibilità di adottare termini come «stile», «prassi» o, come si
tende a fare ancora spesso, «interpretazione» a proposito dell'esecu-
zione di musica storica. 73
Finora anche in questa sede si è parlato di "interpretazione"
poichè si riteneva più giusto giungere gradualmente ad una defini-
zio ne del fenomeno riguardante l'esecuzione della musica, cosÌ da
poterne comprendere meglio la sua natura, e in modo tale da poter
giustificare a posteriori una sostituzione dei termini normalmente
usati. Ci sembra infatti ora opportuno vedere questo fenomeno
esecutivo di messa in divenire delle forme sonore come momento di
individuazione ed impiego di un complesso .di norme esecutive, di
consuetudini riconosciute e trasmesse dai contemporaneialla produ-
zione della struttura (autori, esecutori ed ascoltatori) sulla base di
concezioni estetiche e funzioni socio-culturali; norme queste che si
può ben dire costituiscano come una specie di grammatica e sintassi
di un linguaggio esecutivo vero e proprio, una sorta di "idioma" o

72 Su questo punto esiste un'affinità con l'interpretazione (in senso generale) delle opere
artistiche proposta da L. Pareyson (cfr. Eco, La definizione dell'arte, cit.,pp. 26-:-31):«L'opera
è le reazioni interpretative che suscita e queste si attuano come ripercorrimento del processo
genetico interno (che èla risoluzione in stile del processogenetico"storicq"»>.
Il fatto che l' "evento" musicale, costituito dal inomento (oda più momenti)della ricezione
possa assumere una dignità che lo eleva dal rango prosaico in cui la dispersività del
"momento" lo pone, è in fondo unapieoccupazione legittima che benharisolto C. DALHAUS,
op. c/t.p. 7: «L' «opera» musicale che l'ascoltatore «ricompone,> nella fruizione, non è un
modo inadeguato fondato su astrazione, dell' «evento» musicale, ma una legittima forma di
esistenza della musica» .
. 73 Quasi tutti j contributi alla filologia della prassi eseciltivanon hanno finora messo
sufficientemente in evidenza la natura diversa del recupero esecutivo nella musica storica,
rìspetto a quella dell'interpretazione musicale. Quest'ultima consiste sia nelle modalità di
evidenziazione della struttura sonora presenti in potenza nella notazione, che in pratiche di
gusto. Ancora lo stesso Donington intitolava il suo trattato «Interpretation ofEarly Music», e
così Th. Dart (v; note 38 e 39). Inoltre si veda il testo del francese A GEOFFROy-DECHAUME, I
"segreti" della musica antica, studi sull'interpretazione della musica dei secoli xvi-XV/IL
Milano; Ricordi, 1973.

82
T
parlata,14 da non confondersi né con le sue varianti nell'impiego
individuale o nell'ambito di scuole nazionali e locali (queste sì
essendo in generale "interpretazioni" dettate dal gusto f5 né con la
nozione di «stile», inteso come linguaggio musicale a livello tecnico-
compositivo generale proprio di un dato periodo o di un dato
autore. 76

3.4.3. Apertura del processo estetico, "opera aperta" nella poetica


musicale rinascimentale e barocca e nel/' arte contemporanea.

È venuto ora il momento di considerare più da vicino questa


"apertura" del processo comunicativo nel messaggio artistico e
nella musica storica in particolare. È già stato messo in evidenza
come /'apertura sia una caratteristica che distingue l'opera d'arte di
qualsiasi tendenza ed epoca dagli altri tipi di comunicazione, altri-
menti detti "ordinari", e ciò grazie all' ambiguità e all' autoriflessività

74 Gli antichi ebbero ben presente questo fatto, proprio in virtù del dettato estetico che
improntò tutta la storia del linguaggio musicale (dal punto di vista sia compositivo che
timbrico-esecutivo, in una visione organica della produzione sonora), come ricerca dell'imita-
zione della voce umana e della modulazione della parola in musica. In proposito si noti il
termine adottato storicamente anche per'l'articolazione timbrico-esecutiva «pronuntia», di
cui parla diffusamente M. TIELLA, La «pronuntia» degli strumenti rinascim en tali e barocchi, in
«Atti dell'Accademia Roveretana degli Agiati», a. 230 (1980), s. VI. v. 20 (A), 1981, pp.
147-l66, pubblicato anche in Heinrich Schutz e il suo tempo. Atti dellO Convegno Interna-
zionale di studi (Urbino, 29,.Jlluglio 1978), Roma, Società Italiana del Flauto Dolce, 1981.
Per l'imitazione della voce negli strumenti ad arco si veda L. ROVIGHI, Problemi di prassi
esecutiva barocca... , op. cit., pp. 45-77.
75 Parallelamente al mutare degli atteggiamenti estetici, si possono tracciare anche i
diversi atteggiamenti degli autori riguardo alla libertà concessa agli esecutori, ma certamente
il Romanticismo fu il momento che storicamente segnò la nascita del moderno problema
interpretativo. Anche se in situazione mutata, ancor oggi, in piena poetica di opera aperta, gli
influssi del clima romantico sulla teoria compositiva e l'interpretazione esecutiva sono
tutt'altro che trascurabili. Ma soprattutto nel campo esecutivo del repertorio tradizionale
(che è ancora il punto di riferimento della vita musicale, soprattutto didattica) il problema
interpretativo si risolve perlopiù in un libero "maneggiamento" delle strutture sonore (anche
se in maniera meno evidente per la sostanziale congruità di linguaggio esecutivo e linguaggio
compositivo del repertorio), condotto secondo un habitus musicale dettato o ispirato per solita
dal prestigio di grandi didatti o grandi interpreti. Questo è un rischio che mostra di correre
attualmente anche l'ambiente dei "prattici" della "musica antica".
76 Esso è riconoscibile anche con le indagini testuali non acustiche, ma è dubbio che esso
sia nato distinto e si distingua da una sua immagine sonora, realizzata in un determinato
linguaggio esecutivo.

83
delle proprie strutture significanti. n È altresì abbastanza diffusa la
consapevolezza dell'affinità che intercorre tra l'apertura eretta ad
intenzione, come programma poetico nell'arte contemporanea e
l'apertura "oggettiva" delle opere musicali prodotte antecedente-
mente all'epoca romantica, in particolare nel periodo rinascimen-
tale e barocco, apertura che, per la ricchezza di notizie e testi
musicali si può tranquillamente dare per scontata.
Questa affinità è comunque studiabile in modo esauriente e, ad
un dato momento, tale da mostrare anche un limite. E' molto
dubbio infatti che il musicista preromantico organizzasse le proprie
opere senza presupporre o immaginare una realizzazione in qualche
modo già codificata per la destinazione sociale, la funzione pratica
della sua musica e le consuetudini del linguaggio esecutivo; una
realizzazione che, pur nel tipico clima di indeterminatezza grafica
ed esecutiva, per la particolare concezione funzionalistica della
musica nel suo tempo era sicuro sarebbe avvenuta. Anzi, l'ambiva-
lenza e l'ambiguità, o per lo meno la promiscuità delle soluzioni
esecutive, che venivano enfatizzate persino sui frontespizi, erano
motivate proprio da una speranza e una disponibilità massima
(probabilmente sia d'origine estetica che commerciale) ad essere
codificate secondo gli usi del tempo, quali in particolare non era
specificazione necessaria, purché tale codifica avvenisse. 78 Ci sem-

n Sul concetto di "apertura" nelle opere l'arte, cfr. U. Eco, Opera aperta, cit., pp. 33-46 e
ID., La struttura assente, cit., pp. 77-81. Il semiologo distingue tra un'apertura di «primo
grado», tipica di ogni opera d'arte, e presente perciò anche nelle opere storiche, e di «secondo»
propria delle poetiche contemporanee, programmata e totale, la quale coinvolge le strutture
stesse dell'opera, offerte alla rielaborazione o invenzione personale dell'interprete-esecutore e
dell'ascoltatore.
78 E' sufficientemente nota questa professione esplicita di apertura, di disponibilità (anzi
necessità) all'integrazione personale delle strutture, timbriche dinamiche, melodiche ed
armoniche cui era chiamato dagli autori stessi ogni esecutore dell'opera musicale. A titolo
d'esempio riportiamo il pensiero di A. AGAZZARI, Del sonare sopra 'l basso con tutti li
stromenti E dell'uso loro nel Conserto, Siena, Falcini, 1607: «Li stromenti, che si meschiano
con le voci variatamente, non per altro, credo io, che per ornar, et abbellir, anzi condire detto
conserto, si meschiano: et allora convien in altra maniera adoperarli dal primo [modo di
adoperarli come «fondamento»]; [ ... ] hora deveno con varietà di bei contraponti, secondo la
qualità dello stromento fiorire, e render vaga la melodia [... ]. Devesi dunque, hora con botte, e
ripercosse dolci; ho con passaggio largo, et hora stretto, e raddoppiate, poi cò qualche
sbordonata, con belle gare e perfidie, repetendo, e cauando le medesime fughe in diuerse
corde, e luoghi: in somma con lunghi gruppi e trilli, et accenti à suo tempo, intrecciare le voci,

X4
bra, in questo, che la posizione dell'artista di quell'epoca (ammesso
che tale noi lo si possa definire o che tale autore stesso si sentisse) nei
confronti della propria attività e delle proprie opere sia diversa sia
da quella estremamente "morbosa" del genio romantico (su base
mistico-contemplativa), sia da quella "aperta" delle poetiche con-
temporanee (su base ~omunicativo-processuale, o interattiva).
Per questo possiamo dire che, se la realizzazione delle musiche di
quelle epoche anche per i contemporanei si risolveva in una parteci-
pazione "creativa" dell'opera nel suo continuo rinnovarsi fisico
(sempre diversa e altra rispetto al pensiero e all'immaginazione
dell'autore) tale creatività si svolgeva comunque nei limiti di quelle
consuetudini, di quei codici esecutivi di cui prima parlavamo e cui
gli autori stessi si richiamavano, additandoli ai propri «lettori».79

che dia vaghezza al conserto, e gusto, e diletto all'uditori [... ]. E quello che dichiamo delleuto,
come di strometo principale, vogliamo che s'inteda de gl'altri nel suo genere [... ]» (p. 8). Per la
musica vocale si rimanda alla citazione di Peri, nota 79.
Riguardo alla strumentazione e all'organico, si ricorda come la locuzione: «per ogni sorta de
instrumenti» si ritrovi praticamente in tutte o quasi le edizioni di musica vocale-strumentale
della fine del' 500 e gli inizi del' 600 (cfr. D. KAMPER, La musica strumentale nel Rinascimento,
Torino, E.R.I., 1976, ove si indagano i codici di comportamento estetico-sociale che abba-
stanza rigidamente presiedevano alle scelte in questo campo). Questa problematica non è
esclusiva del repertorio più antico, quasi fosse un aspetto di "imperfezione" accortamente
eliminato col "progredire" della tecnica e di ideali estetici. Essa si incontra infatti anche nel
barocco, e non in casi minori o isolati (cfr. la questione in Corelli: Quarta Tavola rotonda,
Problemi di prassi esecutiva, in «Studi Corelliani, atti del primo congresso internazionale,
Fusignano, 1968», Firenze, Olscki, 1972, pp. 113-125).
79 Cfr. G. FRESCOBALDI, «Avvertimenti» alI libro di Toccate e Partite (1615),Primo Libro
di Capricci (1624) e Fiori Musicali (1635), dove egli lasciava parte delle soluzioni esecutive
«[ ... ] al buon giudizio degli studiosi e al gusto dei sonatori»; G. CACCINI, Le nuove musiche,
Firenze, Marescotti, 1601: «Di maniera che, se questa è quella maggior parte della grazia nel
catare atta à poter muovere l'affetto dell'animo [... ] ne viene in conseguenza di nuovo, che
dagli scritti si impara altresì quella grazia più necessaria [... ] pur che dopo lo studio della
teorica, e regole dette, si poga in atto quella pratica per la quale in tutte le arti si diviene più
perfetto, ma particolarmente nella professione, e del perfetto cantore, e della perfetta canta-
trice»; ID., Nuove musiche e nuova maniera di scriverle, Firenze, 1614: «In quanto alla misura o
larghezza da osservarsi in dette arie, secondo che è maggiore la gravità da usarsi conforme agli
affetti delle parole, e altri movimenti della voce, più nell'una che nell'altra parte, io me ne
rimetto al giudizio del cantante et insieme al mio stampato discorso del 1601»; J. PERI, L'Euri-
dice, Firenze, Marescotti, 1600: «[ ... ] la quale [Vittoria Archilei] ha sempre fatte degne del
cantare suo le musiche mie, adornandole non pure di quei gruppi e di quei lunghi giri di voce
semplici e doppi che dalla vivezza dell'ingegno suo son ritrovati ad ogn'ora, più per ubbidire
all'uso de' nostri tempi, che perch'ella stimi consistere in essi la bellezza e la forza del nostro
cantare, ma anco di quelle vaghezze e leggiadrie che non si possono scrivere, e scrivendole non si
imparono dagli scritti» (i corsivi sono nostri).

·R5
/

Questo porre dei limiti alle possibilità esecutive degli antichi può
dare anche delle indicazioni di massima sul come intendere lafalsifi-
cazione o la mistificazione, in quanto procedimento "antistorico",
nel momento di recupero delle opere musicali storiche. Vale a dire
che non sempre ciò che un'opera t'fa e diventava nelle consuetudini
(codici) condivise da uneerto ambiente di autori ed esecutori si
ripeteva in circostanze diverse, come ad esempio nel caso in cui
un'opera musicale composta in Italia veniva eseguita con modalità
diverse ad esempio in Germania o in Francia. 80 E' ovvio che in
questo caso il livello di "falsità", nell'esecuzione odierna, è in stretta
dipendenza del tipo di rapporti cùlturali e disponibilità strutturali
dell'opera a sopportare linguaggi esecutivi diversi, fermo restando
che se di falsificazione si vuoI parlare essa diventa in tal caso di
constatazione "storica" e quindi, con la dovuta consapevolezza e
documentazione, proponibile. 81
Concludendo queste osservazioni sull' apertura del messaggio
storico-estetico in relazione alle opere musicali rinascimentali e
barocche, possiamo affermare che, in termini generali, il problema
del recupero musicale non consiste solo nell'individuare codici
interpretativo-esecutivi geograficamente prossimi alla fonte com-
positiva ma, consci del carattere "aperto" delle opere (nel senso
storico precisato) in una ricostruzione consapevole della pluralità dei

80
Anche se le differenze si possono misurare addirittura a livello regionale (v. ad es.
l'esecuzione del trillo fiorentino su una nota sola, in Caccini, cito e quella del trillo romano
testimoniato da E. DE CAVALIERI, Rappresentatione di Anima, et diCorpo, Roma, Muti, 1600,
su due partendo dalla nota reale), troviamo testimonianze di una più radicale diversità di stile
vocale e strumentale dei francesi e dei tedeschi nel Seicento in· M. MERSENNE, Harmonie
Universelle, Parigi, 1636-1637) e C. BERNHARD, Von der Singekunst, oderManiera, ì quali
costìtuiscono, con le loro tendenze ad evidenziare nella prassi italiana ciò che per gli italiani
era scontato; notevoli fonti storiche per lo stesso stile cacciniano e italiano in genere. Analogo
problema è quello rappresentato dal basso cifrato "per li coglioni" in Vivaldi e nelle edizioni
straniere di musica italiana nel Settecento (cfr. M. CASTELLANI, prefazione alle Sonate aflauto
solo di B. Marcello, Firenze, S.P.E.S.). Nella nostra attuale sÌtuazione di "extraeuropei" nel
mondo musicale barocco anche la storica querelle fra italiani e francesi può.chiatire recipro-
camente impattanti problemi di stile esecutivo e dipoetica compositiva dell'opera settecente-
sca, pur essendo ancora tutto da chiarire nei suoi influssi sulla musica il fenomeno culturale
del cosmopolitismo illuminista.
81 A tale scopo, altra esigenza sembra quella di uno studio sistematico e comparativo
dedicato ad una geografia del gusto e dei linguaggi esecutivi, direttamente collegato a quello di
cui a nota 56.

86
T

processi intercorrenti tra strutture, linguaggi esecutivi e ricezioni che


nella medesima epoca si potevano instaurare. Stabilire le circostanze
di queste possibilità può valere come criterio discriminante fra
versioni storiche "reali" e improbabili combinazioni mistificanti.

.Auucrtimenfi per l" pre(entc Rt!p: rfent ariane, à chi 'Vo/tjefarla recitar cantanJa.
I [ono polle le parole [enza mufica in vltimo, & co' i numeri con- Il Piacere con li due compagni, farà bene, che habbiano l1:romenti in
S
i- furmt3, quelli, cheionoallamuGca, acciò rendmo faciliri in ordi-
narla: & da dettìnumeri {j ;:ono[ceranno dllbme lo Scene, & II Fr[o-
mano Cuonando memre loro cantano,& li fuonino i loro Ritornelli. Vno
puorrà bauere vn Chirarone,l'altro vna Chirarina alla Spagnuola, e r al-
naggi,<he diranoHolo ~ & infieme. • • , tro vn Cimbaletro con [onagline alla Spagnuola, che facci poco romo-
Nel principio, auantl Il~allr~l[ela, [ara benefar.vna ~uGc~ pIen~ re,partcndoli poi mentre fuonaranno l'vlrimo rirornello.
con voci doppie, e quanma alLi di (lromenll: puorra [erUlr be~,ffim,,!.1 II Corpo quando dirà quelle parole, Siche hormai Alma mia; & quei
il madrigale numero 86. che dICe, O S'gnorfanto, & vero: 11 qual e che fegue,puotra leuarlÌ qualche omamemo vano,comeCollana d'oro,
Penna del Capello,od altre cofe.
àCeivoci. Il Mondo, & la Vita mondana, in particolare liano ve!liti richiffima-
Calandola tela lidue giouenetti, che haurannoà recitar' il Proe-
mio, faranno in Palco: & recitato che hauranno,. campa.riri il Tempo; mence:e qando faranno fpogliati,mollri quello gran pouerrà, c bruttez-
& gli Ilromenti, che hanno da accompagnare.' C~tantl, mettendo la I za fOlroa dmi ve(liri: quella mol1:ri il corpo di morte.
prim:l conConanza,aCperraranno che elfo ~h:, prmc,plO. . , . I Le Smfonie, & Ritornelli lì puotranno fonare con gran quantità di
11 Choro dourà l1:are n~1 Palco parce a ledere, e parte 10 pled, , rro. I !!;~~;~~:~~ vn Violino,chc [uoni i1foprano per l'apunto, farà buoniJIì-
curando fentir quello fi rappreCenta, erradtloro alle volte ~am?ia:
luoghi, & far mOliui ; & q~ando ~aurannu ~a onta,re , li lcmno In piedi Illine fi puotrà fare in due maniere,ò vero con vn ballo, ò fenza : non
per puorer fare li loro gelt!, e pOI :Itornare a luogh,loro : Et effend,? la Yolendouif~r ballo, lì dauri linire iI Otro co'l verfo, ch'è numero 9'.
mulica periI Choroà quamo vocl,1ì puotr~bbe,ch, vuklfe,raddopptar: raduppiando le voci, & illlOmenti quanto fi può; 11 verfo dice, H.ifpon-
le, camando hora quatrro,& alcullA volta mli.me, e1kndo il palco pero
capace di otto.
II .duno nel Ciel,Scettri, e Corcne.
Vulendo finire co'l ballu,!j Jafcierà di dire il derto verfo à otto:e co-
mincian-

minciandoli a cantare. Chiol1:ri altiffimi. e Acllad, li comin.ci il ballo in \1 Dario, & yn'altra la Corrente, che ne' Ritornelli vi vengono beniffimo,
Et Cc il palco non fulIe capace di ballare in quattro,almeno ballili in due:
'ùucrcnza, e continenza:e poi feguino altri paffi graui.con l'recciate; &
patTate da tutte le copie con grauità: nc'Rltornelii lì facci d~ quattro. '" detto ballo procurili che lia compol1:o dal miglior mallro, che li
che ballino eCquilitamente vnballo faltat<! con capri.ole, & CeDza canta- ritroui.
re: Et c06 Cegua il) tuttele l1:anze variando Cempre il ballo; c li quattro . Le (lanze del ballo 6anocanrate da tutti denrro,Be di fuori; & tutti gli
macllri,dll: b;illano,puotranno vuiarc, vna voltagagliar~.vn'altIa Ca 1 Ilromenci,çhc li può, li mettino ne' Ritornelli.

Auuertimenti particelari p". cbi c4ntllrÀ recitando: f.5' per cbifuonarà •

N E L L E parti per canme li trOuerà alle: voltè Ceritto auanti .1 brmente : & iIlimile anco s'intende delle note,che li {allentano col die-
. qualcbellot3 vna delle quattro lettere g.m. t. z. qualilignilicano fis X,che fola le regnate particolarmente li Collelltano, ancor che fia-
quello,chequà fotto l'er clfempio Carà pollo. no più note in vna i/klfa corda.
Linumeri piccplipoLUfopra le note del BalfocontinU:ltoper foona-.
re, 6gnilicano la Con[onanza, ò Dilfonailza dirai numero: come il 3'
terz~; il ... quarta: & c06 di mano in mano. .
. Q!!ando il diclis le è pol1:o auanti,ouero Cotto di yn numero,tal confo-
Daoza fNà [ullentata: & in tal modo il b molle fall fuo eIf'etto proprio,
Q!!ando il dielis pollo fopra le dette note, non è accompagnato con
numero,Comprc figninca Decima maggiore.
Aiculle Di1Tonanze,& due quinte fono fatte à polla.
n Ccgno 's' fignifica incoronata, I~ qual Cerue per pigliar fiato, '" dar"
vn poco di tempo Hare qualche motiuo.
Coli per chicanla,come per chi fuona farà auuerrimcnto,chc mai no'
li ttaIDuafam mi,ne 1iIiin fa,fcoon quando vi fon polli li fcgni l'artico.

87
3.5. Recupero storico

3.5.1. Conservazione e restauro dei beni musicali

N el teorizzare un metodo d'intervento sui beni musicali l'impo-


stare semiologicamente il problema ha fornito il vantaggio tutt'al-
tro che trascurabile di poter mettere in relazione strutture sonore e
dimensione storico-estetica, di parlare cioè di musica come valore
culturale ed umano cui essa, con la propria ed esclusiva "presenza",
ci rinvia nell'atto ricettivo. In secondo luogo il formalizzare in
questo modo la peculiarità del messaggio sonoro ci ha dato la
possibilità di isolare un dato che, quantunque non fissato né fissa-
bile univocamente, ci si presenta tuttavia in tutti i suoi contorni e le
sue esigenze per funzionare adeguatamente. L'opera, cioè, definita
nella sua essenza dialettica, come risultato di un'interazione fra
struttura ed esecuzione-interpretazione e come entità mentale a più
livelli (compositivo, esecutivo e ricettivo), si presenta come una
realtà psico-acustica, "fisica", analoga pur con tutte le sue peculia-
rità al dato sensibile in letteratura, arti plastiche e figurative ecc.
Essa in tal modo si presenta come un'entità sulla quale è legit-
timo e doveroso intervenire nel caso in cui non vi sia una sua
corretta fruizione o che essa venga in qualche m odo "disturbata".
Diremo, di più, che un intervento di recupero filologico è essen-
ziale per la sua "conservazione" come per la sua fruizione, in
quanto se per altri beni vi può essere il problema di una scelta fra
uno stadio conservativo ed uno restaurativo, di completamento, a
vantaggio di una lettura altrimenti impossibile dell'opera nel suo
pieno significato storico ed estetico,82 l'aspirazione ad una corretta

82 La natura "oggettiva" dell'attività sulle opere architettoniche e figurative permette al


restauratore di valutare le diverse possibilità che si presentano nel suo recupero; da un'opera-
zione puramente conservativa, che mantiene l'opera allo stadio di degrado cui è giunta, ad un
suo effettivo restauro, un completamento in prospettiva sia, in tal uni casi, autenticamente
"conservativa", sia di fruibilità estetica, a vantaggio di una possibilità di "lettura" «seguita,
scorrente, senza interruzioni gravi", per dirla con R. Longhi (cfr. A. CONTI, op. cit., p. 7). La
necessità di "contraffazione" viene tuttavia ulteriormente giustificata da U. BALDINI, op. cit.,
pp. 19-20: «Ove si volessero tuttavia documentare in modo visibile i limiti di questa "manu-
tenzione", si potrà fare uso di mezzi quali quello messo in atto inserendo, ad esempio, la
reintegrazione in una specie di contenitore che la distingua con la sua cornice dal resto del
contesto e che possa anche all'occorrenza essere rimosso senza alcun danno per l'opera». Sul
messa in divenire delle strutture sonore storiche, salvo casi partico-
lari,83 rappresenta insieme sia la risposta ad un dovere culturale
(recupero pur "aleatorio" di oggetti sonori)84 sia la possibilità pres-
soché esclusiva di entrarne in rapporto autenticamente conoscitivo
(fruizione delle opere musicali storiche). Vorremmo, in questo,
essere più tassativi, affermando che non vi può essere conoscenza di
un fenomeno musicale inteso come prodotto estetico e culturale se
non si provvede ad un suo recupero, rivolto ad un tempo sia alla
"conservazione" che al "restauro" delle opere,85 intesi rispettiva-
mente come ripetizione (o replica) e diffusione di un ipotetico pro-
cesso comunicativo sonoro e come completamento o ricostruzione di
una struttura sonora originaria alterata o resa monca dal tempo.86
Si evita in tal modo quell'archeologismo o estetismo alla rove-
scia che attribuisce un carattere eccessivamente limitativo al con-
cetto di restauro, intendendolo rigidamente come artistica "aggiunta"
(falsificante) o, per reazione, come semplice "conservazione" dello
statu quo, come impedimento di un ulteriore degrado (che in musica
problema creato alla "lettura" da una simile soluzione si sofferma anche C. BRANDI: «[ ... l
l'integrazione dovrà essere invisibile alla distanza a cui l'opera d'arte deve esser guardata ma
immediatamente riconoscibile [ ... ] non appena si venga ad una visione appena ravvicinata»
(op. cit., p. 17). Anche se le modalità tecniche d'un tale intervento sono divergenti da quelle
proposte da Brandi (v. più avanti sull' astrazione cromatica) BALDINI così continua: «N ascon-
dersi [... ] dietro il comodo "alibi" dell'intangibilità per correttezza critica è come affidarsi al
principio nessuna azione, nessun danno che è la più acritica delle attitudini e di conseguenza
la più negativa per l'esistenza dell'oggetto» (p. 20). E' facile istituire un analogo discorso in
musica, anche se si devono adattare i principi alle peculiarità delle strutture sonore, che ci
vengono dal passato come "oggetti" degradati, o, più ottimisticamente, come potenzialità
indifese dagli assalti delle consuetudini didattiche, estetiche, timbri che ed esecutive.
83 Ci si riferisce al caso di un'oggettiva impossibilità di eseguire compiutamente le
strutture, come quello di testi incompiuti o incompleti o mutili, di sttumenti organologica-
mente non indagati o sconosciuti, o di procedimenti .esecutivi incomprensibili nelle fonti
storiche. .
84 Si è già accennato alla illegittimità della "museificazione" in musica (v. nota 63); si
vedano inoltre a nota 98 le riflessioni sulla natura delle incisioni discografiche.
85 V. più avanti ulteriori precisazioni sul valore e il significato di questa operazione.
86 E' necessario qui sottolineare come la restituzione critica innanzitutto dei testi sia un
dovere più complesso di quello pur importante che ispira il mito purifièatore dell' Urtext
nell'editoria musicale specie anglosassone. Fatto questo primo passo è infatti logica conse-
guenza di una tensione verso la globalità del segno musicale quella di investire la nudità dello
scheletro melodico-armonico (spesso semplice canovaccio) sia dei problemi di integrazione
testuale che di quelli timbrico-espressivi, sia pensati sulle esigenze della singola opera, che
derivandoli da consuetudini più generali della pratica esecutiva coeva.
avrebbe la fatale conseguenza del silenzio). Si dimentica spesso
infatti il valore culturale e morale che può possedere un restauro
teso al recupero delle possibilità di "lettura" delle opere, ma attento
peraltro a non correre il rischio di forzature o manipolazioni della
struttura originaria su cui si innesta l' operazione. 87
La nostra impostazione si dimostra feconda inoltre per la ricerca
semiologica stessa, in quanto tenta di individuare un metodo di
controllo della struttura sonora, del significante, un'operazione
filologica imprescindibile per la determinazione di uno dei poli che
costituiscono il fondamento stesso della teoria semiologica, la cop-
pia significante/significato, o espressione/contenuto. 88
Pensiamo con ciò che non sia inutile ripetere un assunto rag-
giunto più volte, da angolazioni diverse e complementari, nel corso
di questo lavoro, e che ora possiamo esporre nei seguenti termini: il
momento fondamentale ed imprescindibile per il processo di rico-
noscimento e valutazione (fruizione) dei fenomeni musicali storici e
per una maggiore consapevolezza del loro valore in rapporto al
presente e alle relative istanze interpretativo-ricettive è costituito da
una ricerca filologica volta ad individuare e caratterizzare la realtà
psico-acustica delle strutture sonore in maniera precisa rispetto al
produttore e alle circostanze storiche coeve. 89.

87 Per quanto si limiti la possibilità reale ed oggettiva di conoscere la realtà sonora di


un'opera musicale, e il procedimento si complichi ulteriormente per il carattere "evane-
scente" della ricostruzione, ci sembra tuttavia legittimo affermare la possibilità di una ricerca
sui supporti psicofisici dell'esperienza sonora, e mediante un uso consapevole dei meccanismi
del gusto e delle aspettative psicologiche (da confrontare con le fonti storiche) tendere, col
recupero, «al riconoscimento dell'opera d'arte, nella sua consistenza fisica e nella sua duplice
polarità estetica e storica, in vista della sua trasmissione al futuro» (C. BRANDI, op. cit., p. 6);
v. inoltre più avanti, nota 95).
Per quanto riguarda il problema del coinvolgimento della psicologia dell'interprete-esecutore
cfr. ancora C. SEGRE, op. cit., p. 17, riportata alla nota 54.
88 Cfr. nota 45 e 62; inoltre C. SEGRE, op. cito p. 6: «Ma l'atteggiamento filologico può
anche salvare la semiotica dal narcisismo della parola, dall'ebbrezza di fughe senza ritorno».
89 Sottolineamo qui ancora una volta come, una volta riconosciuto mistificante il
considerare l'opera artistica come realtà fissa e immutabile (cui sostituiamo volentieri il
riconoscimento di una funzionalità comunicativa, prima del romanticismo coinvolta più
ampiamente in una dimensione di "uso" sociale e sostegno di una umanità rituale) il recupero
mira a ricostruire i processi storici in cui si dava l'opera, almeno fino allivello di esecuzione. In
questo modo lasciamo al momento ricettivo (quello dell'ascoltatore) la possibilità di un'ana-
lisi autonoma, da non ritenere necessariamente parte integrante del discorso filologicò
sull'opera (restauro).

90
3.5.2. Autenticità e contraffazione

Nel parlare di restauro o recupero in campo storico-estetico si


incorre in un annoso problema che nel caso della musica si accentua
e si complica ulteriormente per la sua riconosciuta natura dinamico-
temporale. Ci riferiamo cioè alla questione delfalso come categoria
che individua un procedimento opposto all'inveramento, vale a dire
un atto di "modifica" e/o "trasformazione" di una data entità,
prodotta in un suodetermrnato ambito di tempo e di luogo. Alla
luce dei concetti di "opera" e di "filologia" fin qui esposti non
dobbiamo in parte considerare il rischio di falsificazione come un
vero problema. Se accettiamo infatti che l'opera musicale possiede
una natura dinamica (come struttura che ha l'esigenza imprescindi-
bile di essere "eseguita", "svolta" ai fini di una fruizione, messa in
divenire, appunto pex: poter sussistere) e una natura dialettica (che
consiste cioè in un rapporto tra presenza-esecuzione delle strutture e
percezione delle stesse, con tutti i problemi individuati dallapsico-
logia della Gestalt e da quella transattiva,90 abbiamo perSconse-
guenza che nessuna esecuzione di opere musicali, a rigore, può
essere un "falso", essendo peculiare della musica consistere nella
riproduzione in infinite varianti di una medesima struttura. 91
Diciamo d'altro canto che', da un punto di vista fenomenolo-
gico, qualsiasi esecuzione di opera musicale storica è un falso, nel
senso che ~gnuna di esse le conferisce una nuova fisicità, una nuova

90 Abbiamo affrontato questi fenomeni ai paragrafi 3.4.1. e3:4.2., nelle note 65-66 e si
approfondiranno al paragrafo 3.5.4.
91 Ma il punto cruciale dell'intetoproblema filologico in musica sta proprio qui, nel
definire la soglia che divide 1'essenza e le potenzialità della struttura originale ("eseguita", cioè
offerta alle possibilità della ricezione acustica), da una sua "reinvenzione". E ciòco~tituisce
un'aspirazione culturale anche ammettendOne, anzi accettandO l'inevitabile interazioneJi"a
struttura originale e le nostre aspettative e competenze attuali, instaurando una produzione di
senso estetico analoga a quella che la struttura ebbe storicamente nella misurain cui possiamo
far funzionare "storicamente" i codici storici. Diversamente, Oulteriormente; l'apertura del
messaggio poetico si misura anche nel suo diverso funzionamento in epOche successive alla
produzione della struttura, in nuove produzkmi di senso estetico cheiimangono sempre e
comunque interpretazioni di un messaggio autonomo,e.non coinvolgono la sua natura
sensibile e il suo aspetto sOnoro cosÌ come il senso attuale di un'immagine pittorica non
coinvolge minimamente e non èomporta trasformazioni del sostrato cromatico, né di quello
grafico ..

91
materializzazione, che per di più, nel nostro momento storico, è
diversa ed "altra" rispetto alle esecuzioni storiche che essa ebbe.
Esistono in verità dei limiti a questo processo di falsificazione,
che sono determinati dalla misura in cui questa nuova fisicità,
nuova ed "altra" da un punto di vista strettamente oggettivo ed
ontologico (quindi, in questa prospettiva, sempre "falsa") riproduce
le strutture e i processi significativi dell'entità psico-acustica storica.
E' opportuno, per continuare il nostro discorso sulla autenticità
e la contraffazione nel recupero, che il significato reale del processo
di ricostruzione-riproduzione della realtà sonora storica venga inse-
rito in questa più ampia problematica, la quale ne chiarisce fino in
fondo la natura stessa, di ipotesi materializzata di una realtà caduca
e non-ripetibile, non ri-costruibile come materia e come immagine. 92 •

3.5.3. Lacuna musicale storica e restauro «per astrazione»


N ella teoria e nella pratica del restauro pittorico si è messo a
punto un sistema di trattamento della lacuna (inteso come assun-
zione di una sostanza materiale di solo e puro supporto all'imma-
gin è estetica) che non lede l'autenticità della realtà fisica dell'opera

92 Anche per la musica possiamo dire, con Brandi che «è una pretesa, un'indimostrabile
pretesa quella di poter risalire ad un supposto aspetto originario di cui la sola testimonianza
valida sarebbe l'opera allorchéfu compiuta, ossia senza il trapasso del tempo, ossia un'assur-
dità storica» (cit., p. 101). Nella musica, inoltre, a differenza delle altre arti, il trapasso nel
tempo, anche a breve termine, toglie, a rigore, ogni traccia sonora che non sia un labile ricordo
nell'ascoltatore o, nel nostro secolo, una più o meno fedele riproduzione.
Come si vedrà più avanti (cfr. nota 98), questa inevitabilità del «trapasso del tempo»
nell'opera d'arte cui si riferisce il Brandi, porterebbe a sancire la legittimità di qualsiasi
modalità d'esecuzione di un'opera musicale storica, la quale in ogni caso avrebbe su di sè i
segni stessi di tale "passaggio" attraverso i secoli. Tuttavia già in un'esecuzione filologica (la
cui necessità e i cui limiti sono stati già chiariti) lo scorrere del tempo lascia inevitabilmente
delle tracce nell'immagine sonora. Queste si possono trovare innanzitutto, e fin troppo
semplicemente, nella natura interamente rievocativa della nuova esperienza sonora (astra-
zione di primo tipo); in secondo luogo nel carattere progettuale delle proposte esecutive
(astrazione di secondo tipo); infine nella difficoltà di "maneggiamento" di codici non più in uso
o che normalmente sono impiegati in un contesto diverso. Vedi paragrafo 3.5.3.
Tutto questo, in una filologia integralmente sonora, rappresenta per la fruizione un handicap
comunque preferibile alla re invenzione o ad una acritica riesecuzione della musica storica,
ottenute tramite convenzioni esecutive affatto estranee o non consapevolmente indagate ed
assunte.

92
T

con inserimenti che "imitano" pur in maniera perfetta la parte


mancante (tradizionalmente raggiunta per analogia), e ciò tramite il
metodo detto «per astrazione». Esso ha per scopo la neutralità fisica
ed estetica dell'aggiunta e la sua riconoscibilità, ma al tempo stesso
la godibilità, la fruibilità dell'immagine estetica altrimenti turbata
dal degrado di parti cromatiche. 93 •
Ora, nel caso della musica si è già notato come la "realtà" fisica
storica delle opere musicali sia un dato evanescente e irrevocabile,
da un punto di vista strettamente fenomenologico. Ciò non ci esime
tuttavia dal riconoscere alle strutture sonore in generale una dimen-
sione "oggettiva" su cui poggia la possibilità di essere comunica-
zione estetica della stessa musica. Sul se e sul come questa poi
"funzioni" in realtà ai giorni nostri non è compito di una teoria del
recupero quale qui si delinea stabilire, anche perché se nessuno
mette in dubbio la possibilità di "dire" e "rappresentare" qualcosa
delle opere figurative antiche nel loro stato e strutturazione originali
non si vede una ragione abbastanza plausibile perché ciò non possa
avvenire anche di fronte ad opere musicali eseguite con pari onestà
culturale. 94
Nella nostra ricerca di questo stato fisico delle opere musicali,
della loro dimensione acustica ovvero (linguisticamente parlando)
della loro base articolatoria e fonetica, siamo giunti a stabilire come
livello ultimo di oggettività possibile l'entità psico-acustica che si
forma nell'esecutore grazie all'interazione che avviene fra la sua
cultura, le sue aspettative affettivo-cognitive e i dati fisici, sensoriali,
empiricamente misurabili, costituiti dai supporti timbrici e
linguistico-esecutivi in cui si realizza ciò che egli assume della

93 Il mezzo tecnico è quello della «selezione cromatica» e la ricomposizione astratta del


colore tramite l'affiancamento (giustapposizione) in varia densità e direzione (ductus a
seconda del contesto in cui si trova la lacuna) di sottili tratti di colore. In tale modo si ottiene:
a) una lettura scorrevole dell'opera; b) in alterazione del delicato rapporto fra l'originalità
della materia e il tempo-vita dell'opera (degrado o successive modificazioni della realtà fisica
ed estetica); c) riconoscibilità dell'atto di restauro. Tutto ciò secondo una metodologia che
«ad altro non deve mirare, come risultato di un atto critico e non già di un'affermazione di
gusto, che a chiarificare ed esaltare la realtà senza modificarla» (cfr. U. BALDINI, op. cit., p.
28).
94 Cfr. nota 91.
partitura musicale superstite. 95
Bene, se su tutto questo si deve operare per un'attività di recu-
pero, appare chiaro che l'analogia con le metodologie del restauro
pittorico ci porta a formulare due livelli di astrazione:
1) in conseguenza della "irriproducibilità" della realtà sonora
come dato psico-acustico storico tutta l'attività di ricerca e la conse-
guente realizzazione pratica, la messa in divenire delle strutture
sonore si configurano come un'astrazione totale o di primo tipo

95 Il porsi in relazione con i problemi del restauro porta a delle feconde convergenze. Fra i
massimi teorici italiani C. Brandi ha il merito di aver sancito il carattere, critico e progettuale
dell'intervento sui beni artistici e di avere affermato l'importanza del momento teorico, di
studio storico-filologico nell'atto di restauro. Oltre la citazione alla nota 87 giova riportare
anche il seguente passo: «[ ... ] definendo il restauro come il momento metodologico del
riconoscimento dell'opera d'arte come tale, veniamo a riconoscerlo in quel momento del
processo critico in cui solo può fondare la sua legittimità, al di fuori del quale qualsiasi
intervento sull'opera d'arte è arbitrario e ingiustificabile; inoltre togliamo per sempre il \ ;

restauro dall' empirismo dei procedimenti e lo integriamo alla storia, come coscienza critica e !
scientifica del momento in cui l'intervento di restauro si produce» (C. BRANDI, op. cit., p. 55)
inoltre, sempre in proposito, cfr. qui il paragrafo 3.3. e nota 61.
La focalizzazione del problema in campo plastico-figurativo così raggiunta ci pare interes-
sante per l'analogia con quello di recupero musicale qui trattato, pur dovendo ripetere che
tale convergenza è teorica e limitata dalle peculiarità che la musica, specie storica, presenta
(come materia sonora e modo di porsi, funzionale e dinamico-temporale, secondo quanto si è
detto a nota 65 e 87 e nel testo cui essa si riferisce): «La consistenza fisica dell'opera deve
necessariamente avere la precedenza, perché rappresenta il luogo stesso della manifestazione
dell'immagine, assicura la trasmissione dell'immagine al futuro, ne garantisce quindi la
recezione nella coscienza umana [ ... ]. Donde si chiarisce il primo assioma: si restaura solo la
materia dell' opera d'arte» (ibid. p. 7).
Queste intuizioni, apparentemente ovvie, appaiono in tutta la loro importanza se estese al
campo letterario e dimostrano come da esse anche una filologia semiologica possa trarre
vantaggio (v. nota 45 e più avanti nota 102): «Lafisicità può essere minima, eppure sempre
sussiste, anche dove virtualmente scompare. Si obbietterà, ad esempio, che una poesia, se
letta con gli occhi e non ad alta voce, non ha bisogno di mezzi fisici, in quanto la scrittura è
solo un espediente convenzionale per indicare certi suoni, sicché, in teoria, si dovrebbe poter
attualizzare come poesia anche una serie di segni di cui si ignora la pronunzia e solo si conosce
il significato. Ma sarebbe un cavillo [... ]. L'esigenza del suono sussiste, e il suono, anche se
non proferito, vive nell'immagine della lingua nella sua totalità che ogni parlante possiede»
(ibid., p. 24).
Le conseguenze di una tale prospettiva in musica sono faèilmente immaginabili se si considera
che l'immagine fornita dalle strutture musicali è ,esclusivamente vibrazione sonora. Vale la
pena di concludere l'autorevole pensiero di Brandi: «In questo senso [ ... ] codesta considera-
zione non sarà puramente storica, ma si integrerà indispensabilmente al giudizio che diamo
dell'opera, e lo illuminerà in modo non certo superfluo o marginale, così' come non è
marginale o superfluo conoscere le variazioni e le fluttuazioni di significato subite dalle parole
nei secoli» (p. 25). Cfr. qui i paragrafi 3.1, 3.2 e 3.3.

94

l
rispetto all'opera storica, con la quale le esecuzioni odierne no.
hanno che uno sbiadito rapporto possibile di "rievocazione" e
"verosimiglianza" ;
2) all'interno del modello teorico raggiungibile, qualificato
quindi come astrazione totale si stabilisce una gerarchia di "cer-
tezze", di valori ed elementi documentabili, al fondo della quale,
laddove sussistono lacune e problemi non risolvibili, in parte o del
tutto, con i documenti, è necessaria un' astrazione di secondo tipo (e
qui abbiamo la vera analogia con il restauro figurativo), che consi-
ste nell'adozione di tecniche e procedimenti a vari livelli dei parame-
tri sonori, criticamente scelti e motivati. Essi consistono giocoforza,
in soluzioni raggiunte per analogia, in base a criteri di opposizione,
somiglianza o altro, nei riguardi delle "certezze" di più alto livello. 96
Quindi, per terminare questo parziale confronto con la proble-
matica del restauro figurativo possiamo senz'altro affidare anche al
recupero musicale storico una consegna di correttezza nei riguardi
della struttura sonora e dei processi comunicativi storici, da attuare
tramite la consapevolezza dell'esistenza e dell'esigenza d'impiegare
dei codici attraverso cui si ricostruisce l'opera musicale ma, a diffe-
renza di quanto accade nel campo plastico-figurativo, anche tramite
una coscienza altrettanto viva della sostanziale "irrealtà" storica di
questa nuova esperienza sonora. Essa si presenta come "riempi-
mento" Ca vari livelli di sostenibilità) di una globale lacuna musicale
storica, intesa come "assenza" nel nostro tempo di strutture tempo-
rali del passato. 97 Questo del resto è il destino di ogni operazione che

96 In linea generale, qualsiasi· attività esecutivo-interpretativa tradizionale, specie di


fronte ad opere storiche, consiste nell'estendere per analogia anche ad altri luoghi della
struttura l'applicazione di particolari associazioni fra determinati elementi o soluzioni e
determinati aspetti della struttura musicale stessa, associazioni operate secondo una partico-
lare concezione di "stile", che si ritiene adatta ad un autore o ad un'epoca musicale; ciò senza
coinvolgere necessariamente l'aspetto fisico della immagine integrale storica di tali opere.
Più precisamente la semiologia indica nella ricostruzione dell'immagine estetica nelle arti
figurative un processo analogico con le stesse strutture dell'opera rimaste, strutture la cui
globalità, in musica,. è scopo principale di questo lavoro coinvolgere e precisare: «[... ] il
restauratore, così come il critico (così come l'esecutore rispetto alla partitura musicale) è
esattamente colui che ritrova la legge che governa quell'opera, il suo idioletto, il diagramma
strutturale che presiede a tutte le sue parti» (D. Eco, La struttura assente, cit., p. 68).
97 La coscienza, così raggiunta, dell'effettivo valore di questa operazione di recupero, e
sempre a patto che essa venga adeguatamente riconosciuta ed evidenziata, già di per sè
costituisce l'atto critico che assomma in sè sia il valore di un'indagine scientifica sia l'esigenza

95
abbia per oggetto il suono e la sua effimera e manipolabile organiz-
zazione in strutture durante l'atto esecutivo, con la sua essenza
dinamica e caduca, quella cioè del tempo che le so stanzia di sè e
della sua irrevocabilità. 98

di riconoscibilità dell'intervento attuato. In musica tale atto critico si presenta ovviamente


come una proposta integrale di rievocazione e di riempimento della lacuna sonora storica. Va
da sè che la lacuna può essere parziale nei campi più specifici dell'attività direcupero, come in
paleografia ed organologia (ed in quest'ultima nella parte tecnologica e non in quella dei
risultati sonori).
98 In minor misura, la stessa consistenza materiale, di supporto al dato estetico in pittura,
subisce nel tempo modificazioni chimico-fisiche che generano un problema di non piccolo
momento nella stessa critica artistica e per i teorici del restauro. Si veda in proposito la famosa
cleaning controversy, ovvero il problema della conservazione delle patine antiche, in C.
BRANDI, op. cit., pp. 89-121 e i vari articoli apparsi in «The Burlington Magazine», Londra,
1949-1963. Nella controversia campeggia la questione del tempo-vita dell'opera d'arte, in
quanto oggetto che vive nella storia e che su di sè può, deve o non deve (a seconda del
prevalere dell'istanza storica od esteticà), conservare tracce di modificazioni, adattamenti
ecc. (per la discussione di questo problema in musica si veda il paragrafo 3.2. e la precisazione
a nota 92).
Un'altra serie di considerazioni, che riguardano più da vicino l'irrevocabilità della realtà
sonora storica è quella originata dal fenomeno della riproduzione (meccanica, elettrica o
elettronica) delle vibrazioni sonore, evento tecnologico di incalcolabile portata storica, per le
ripercussioni estetiche, comportamentali, ricettive e didattiche che esso ha avuto in modo
sempre più massiccio dal suo primo apparire fino ad oggi. La prima questione, di non
pacifiche conseguenze estetiche, è quella posta dalla cristallizzazione di esecuzioni musicali in
registrazioni magnetiche e della loro successiva moltiplicazione nelle copie discografiche.
Anche se la natura peculiare delle opere musicali non consente di considerare la copia
discografica di un'esecuzione musicale alla stessa stregua delle copie riconosciute come atto
falsificante in campo figurativo, è pur vero che il grado di correttezza dell'incisione originaria,
così capillarmente diffuso dall'industria attraverso la copia discografica costituisce di per sè
un problema sia culturale che estetico. Sotto questo punto di vista infatti possiamo dire con
Brandi che «l'esecutore agisce nel campo di una civiltà attuale e dunque nell'ambito d'una
cultura storicamente determinata fin nella moda e nelle predilezionio e sia che esegua una
copia per documento o per contraffazione, sarà sempre mosso a documentare come a
contraffarre quello che le predilezioni o la moda del momento soprattutto apprezzano o
ricercano nell'opera [... ]» e che la diffusione di musica secondo leggi di natura commerciale,
sia nel caso della musica come patrimonio storico, che in quella di autori viventi può
rappresentare un rischio (C. BRANDI, op. cito p. 67, inoltre cfr. nota 64 ultimo comma). Una
seconda questione deriva dal guardare alla riproduzione sonora sotto il profilo più stretta-
mente fisico, per il quale essa rappresenta indubbiamente un impoverimento dell'esperienza
sonora reale, consistendo in una traduzione ed una fissazione pretestuosa della complessa
realtà dinamica dei parametri sonori. Si tratta obiettivamente di vibrazioni diverse, "altre"
rispetto a quelle delle fonti originali per cui esse sono state pensate, e ciò qualunque sia il
grado di "fedeltà" (hi-fi) rispetto alla realtà ottenuto nella riproduzione (in un'apparente e
graduale, ma irraggiungibile convergenza fra i piani della realtà e della sua riproduzione). Il
fenomeno è più o meno verificabile acusticamente, ma lo è in maniera indubitabile nel

96
3.5.4. Parametri sonori come elementi psicoacustici oggetto del!' a-
zione di recupero
Se ammettiamo come valido anche per la musica il principio del
restauro accennato in precedenza, secondo il quale oggetto di inter-
vento è solo il dato fisico sensibile, e fatte le dovute precisazioni in
merito a tale ammissione dobbiamo perciò procedere ad indivi-
duare un metodo di controllo se non dei complicati meccanismi
percettivi di chi mette-in-divenire (o di chi considera tali realizza-
zioni in sede musicologico-critica) almeno di quel complesso dr
materiali sonori su cui in gran parte si fondano o con cui comunque
interagiscono i fenomeni percettivi stessi.
Si è già accennato infatti alla natura del dato "autonomo" delle
opere musicali, che in realtà è psico-acustica, particolarmente nel-
l'occasione in cui cercavamo di giustificare l'importanza da noi
rivendicata al sostrato materiale acustico in una percezione e una
.fruizione interessate ai significati fondamentali insiti nelle strutture
sonore. In quell' occasione si cercava anche di indagare le differenze
che facevano dell'esperienza percettiva, esecutiva ed estetica musi-
cali, un fenomeno in parte diverso nei confronti di altri fenomeni
artistici. Questo proprio in virtù del riconoscimento della natura
dinamico-temporale della forma sonora e della sua percezione,
legata in misura eminente alle esperienze culturali e ai mezzi acustici
impiegati dal mediatore esecutivo nonché ad altrettanto complessi
problemi derivanti dalle personali capacità di concentrazione e, una
volta finita l'esperienza diretta del suono,99 di ricordo del fenomeno
sonoro stesso da parte del ricettore.
I presupposti per una consiçlerazione corretta della struttura in
tutte le sue parti "fisiche" in sede di analisi e studio e per una sua
corretta caratterizzazione linguistico-esecutiva in sede di realizza-

momento tecnologico (ed estetico) di missaggio ed elaborazione dei segnali acustici nella sala
di regia. Da questa impasse estetica ed acustico-percettiva (estraniante anche dal lato della
funzionalità in un contesto, importante per gran parte del repertorio pre-ottocentesco in cui
la musica per lo più non costituiva un fenomeno di "contemplazione") può uscire solo certa
produzione elettronica contemporanea, quel tipo di òpera musicale ottenuta tramite procedi-
menti compositivi assumenti come materiali acustici i risultati stessi delle apparecchiature
impiegate, usati e fissati come dato fisico nell'integrità originaria dei suoi parametri.
99 V. paragrafo 3.1-2-3.

97
zione sonora ci vengono da un tipo di analisi del significante musi-
cale l'aspetto più interessante del quale sta proprio nella sua
attenzione alla globalità del processo comunicativo in musica. Nel
suo complesso il procedimento di analisi cui si fa riferimento, e nel
quale si riconoscono tre livelli o stratificazioni del processo stesso, si
può riassumere nel seguente modo: 100
a) suono e sua percezione (problemi acustici, psicologici, organizzazione in
campo sinestesico delle frequenze e in generale
dei parametri fisico-acustici della vibrazione
sonora)
b) percezione e coscienza di una valenza linguistica delle strutture sonore a
livello microformale (istituzione di codici musicali ed extra-musicali,
quali funzioni socio-culturali, ideologie, cultura
generale di una data epoca) articolazione del
sistema musicale, scale, timbri, dinamiche,
durate, intensità 101
c) linguaggio musicale storico e sua organizzazione in macroforme (stili,
generi, forme in senso musicologico e analitico
tradizionale, quali ad esempio sonata, sinfonia,
minuetto, canzone, madrigale, ecc).
Va subito detto che il processo di individuazione e ricostruzione
del dato sensibile per i nostri scopi è ampiamente rappresentato,
naturalmente, da osservazioni ai \çlue livelli più "bassi", cioè a) e

100 Riassumiamo la teoria della percezione sonora e della forma musicale descritta in M.
BARONI, Problemi della forma. e dell' analisi, dt. Ci sembra utile riportare anche alcune
indicazioni bibliografiche date al riguardo: R. ARNHEIM, Arte e percezione visiva, Milano,
Feltrinelli, 1981; M. BARONI, Suoni e significati, Firenze, Guaraldi, 1978; M. IMBERTY, Signifi-
cation and meaning in music, CRSM, Montreal, 1976; O.E. LASKE, Music memoryand tought,
University Microfilm, Ann Arbor, 1977; J.G: ROEDERER, Introduction to the Phisics and
Psycophisics of Music, Engl. University Press, London, 1973.
101 Troviamo un utile specchio riassuntivo degli elementi caratteristici di questo livello
nella «Morfologia dei sistemi» descritta da G. STEFANI, Introduzione alla semiotica della
musica, Palermo, Sellerio, 1976, pp. 26-30, ove si defmisconò i parametri tradizionali (altezze,
durate, intensità, timbri) come «categorie culturali filtrate attraverso la percezione e organiz-
zate secondo convenzioni cognitive: sono aspetti morfologici di un discorso~). Si vedranno più
avanti ulteriori implicazioni di questa impostazione; che risponde ad una più approfondita
considerazione degli aspetti fisici del suono, anche secondo lefunzioni che essi sostengono
nella struttura.

98
b ).102
Questo metodo di analisi, senza entrare indettagli eccessivi per i
nostri intenti, ci permette in effettidi(considerare i suoni e le strutture
in cui essi si organizzano a significare, storicamente o attualmente (a
seconda delle modalità della loro messa in divenire) in maniera
globale, cioè attenta a tutti i me.ccanisÌni culturali ed estetici in cui si
dà, o meglio si "promette" il messaggio musicale.
Come si stabiliscono infatti dei processi psicologici che trasfor-
mano delle variazioni di frequenza in "altezze" (secondo un proce-
dimento sinestesico di scambio, o attribuzione di qualità fra campi
percettivi diversi, nel caSo quello acustico e quello spaziale) così
anche altre caratteristiche del suono non tradizionalmente rien-
tranti della quadruplice schematizzazione conservatoriale dei para-
metri sonori in «altezza-intensità-timbro-durata» vengono percepi-
ti dalla· nostra mente e organizzati sinestesicamente, perlopiù
secondo codici appartenenti all' esperienza sensoriale. 103 In questo
modo anche quegli aspetti del suono e quelle qualità delle strutture
che ci suggeriscono delle immagini "concrete", cui diamo degli
aggettivi fantasiosi o forzatamente imprecisi, o su cui misuriamo le
caratteristiche fondamentali e il valore estetico delle esecuzioni di
opere e anche il linguaggio di grandi autori (immagini di cui la
critica e la musicologia ben può giustificare e a volte ha conosciuto
l'importanza "formale") vanno a costituire alcuni degli elementi
fondamentali di quella multiforme e sfaccettata entità psico-
acustica che rappresenta uno dei momenti basilari del processo

102 Usando un'espressione figurata si potrebbe dire che il particolare modo di realizzare la
struttura costituisce il "collante" il fattore di coesione che rende possibili e solidali gli
elementi ai vari livelli e i livelli stessi fra loro. In altre parole, senza presupporre qualsiasi
linguaggio esecutivo non si può in realtà parlare di percezione sonora e sistemi linguistici che
tramite astratte definizioni, prescindendo dall'aspetto fenomenico dell'immagine acustica.
103 Cfr. M. BARONI, Problemi dellaforma... , cit., p. 4: «Anche questi fenomeni, timbro,
modalità d'attacco e tenuta del suono, dinamica, a somiglianza di quelli di spazio e movi-
mento, sono il frutto della trasformazione percettiva di avvenimenti psicologici. La tradi-
zione non li ha mai degnati se non in tempi recenti di particolare attenzione. Noi cercheremo
di riscattàrli da questa posizione di inferiorità e in omaggio alla visualità e tattilità a cui la loro
natura sembra indirizzarli li definiremo globalmente come "materiali sonori"».

99
estetico storico. 104
Come si sarà ormai previsto il nostro discorso, partendo da
questo tipo di considerazione e di analisi della struttura permette
ancora una volta di attribuire un valore di premessa fondamentale
alla restituzione corretta del dato sonoro nei riguardi del produttore
e le circostanze coeve, a quelle prassi esecutive le quali normalmente
sono lasciate al flusso libero delle consuetudini storiche ma non
ritenute sufficientemente o esplicitamente importanti per la storia e
l'estetica musicali, da noi già precisate col termine di linguaggi
esecutivi. Una messa in divenire delle opere che tenga in massima
considerazione questi elementi sonori "sfuggenti" alla notazione
testuale e all'analisi tradizionale, e che paradossalmente abbiamo
trovato essere formalmente (ma anche esteticamente e storica-
mente) importanti al pari (se non di più) delle idee-di-opera che
sopra di essi ci costruisce la nostra esperienza culturale e la nostra
sensibilità, può senza dubbio ritenersi più appropriata ai principi di
recupero di cui qui si danno delle linee per noi fondamentali ed

104 Per chiarire la ripetuta allusione alla «significazione» del messaggio sonoro, va
precisato che la sua funzione non si esaurisce, anzi nemmeno principalmente si risolve, nel
rappresentare qualcosa, nel "riferirsi" a qualcosa al di fuori della musica per volontà
dell'artista che l'ha prodotto. Si deve cioè ricordare che il carattere di referenzialità è comune
a qualsiasi struttura (vista come sistema di segnI), la quale può esprimersi attraverso varie
funzioni oltre a quella referenziale (tipica del linguaggio verbale). Si riassumono brevemente
le funzioni che anche la musica può assolvere (rimandiamo al testo di G. STEFANI, Introdu-
zione, cit., pp. 21-23, per ulteriori approfondimenti):
a) fàtica (o di contatto);
b) emotiva (espressione emozionale della soggettività);
c) conativa (pressione psicologica sul destinatario);
d) metalinguistica (ostensione del proprio codice);
e) poetica (elaborazione fine a se stessa, come oggetto, evento o ricerca).
La funzione poetica sembra la più connaturata alla comunicazione musicale, e ciò può far
riflettere anche sull'apparente limitatezza dell' "Autonomia" della struttura musicale pre-
romantica; non ci deve eccessivamente preoccupare, quindi, la pretesa "reinterpretazione"
della musica antica come messaggio estetico autonomo, qUando si sia coscienti e rispettosi
della dimensione globale in cui le opere antiche si davano, nessuna "funzionalità" esclusa a
priori (anzi, per una corretta esecuzione del messaggio è bene considerare attentamente tali
funzioni nelle loro ripercussioni sull'aspetto acustico della struttura). Scrive Stefani: «Nella
musica questa funzione [poetica n. d. r.] è privilegiata e dominante come la funzione referen-
ziale lo è per il linguaggio verbale. L'opera od operazione musicale possiede infatti in alto
grado le caratteristiche del messaggio poetico che sono l'ambiguità e l'autoriflessività; e tanto
più le possiede quanto più è complessa [... ]» (p. 22).

100
irrinunciabili.
Quest'esigenza di globalità nell'analisi, se può apparire plU
essènziale per la produzione musicale che va dal secolo XIX in poi,
avendo quest'ultima investito di valore compositivo progressiva-
mente tutti gli aspetti del suono, meno lo può sembrare per quei
pensieri compositivi e quelle poetiche musicali che, come quelle del
rinascimento e dell' epoca barocca Ce non solo quelle), ponevano "in
forma" esclusivamente altezze e durate. Questa, in effetti, è la
ragione per cui, a differenza di quanto accade nelle opere contempo-
ranee, tutta la musica tradizionale appare "eseguibile" e perlopiù
ugualmente "espressiva" anche senza il ricorso a sonorità e tecniche
esecutive diverse da quelle attuali, e ciò indipendentemente dalle
prescrizioni del testo.
Ma la rivalutazione dei linguaggi esecutivi, come risposta a
questo problema, nasce da almeno due considerazioni importanti.
Innanzitutto il fatto che i "materiali sonori" Cdipendenti tutti, o
quasi, dal momento esecutivo) non rivestissero un valore composi-
tivo riconosciuto dalla poetica antica si può giustificare con la
situazione affatto diversa del rapporto autore-esecutore. Tale rap-
porto si presenta gradualmente più esclusivo e coercitivo durante
1'800, periodo nel quale si codificarono nella notazione quegli ele-
menti che non si riteneva necessario precisare nella situazione prece-
dente, non perché meno importanti, bensÌ per essere essi stessi più
codificati e appropriabili in sede esecutiva. A ciò non fu certo
estranea anche la consegna obbligata e qualificante di "originalità",
di novità tecnico-formali che il romanticismo, come esaltazione'
della libertà creativa dell'artista, diede all'opera d'arte. Cionono-
stante si può anche riconoscere che, a livello di pensiero formante,
prima dell'800 Ce per taluni parametri sonori, anche in quel secolo)
era la "composizione" di altezze e durate ad assolvere la funzione
portante della struttura sonora; ma certo non si può dire che,
considerando quest'ultima nel suo valore di significante, gli altri
parametri costituiscano dei complementi trascurabili. Essi, vice-
versa, rappresentano tratti connotativie in taluni casi denotativi che,
qualora misconosciuti, non lasciano la struttura indifferente ed
integra sotto il profilo acustico ed estetico.
Su quest'ultima constatazione si innesta la seconda considera-
zione, da vedersi più nel contesto dei problemi del recupero storico

101
che non in quelli dell'analisi musicale. Non esiste infatti, crediamo,
alcun critico o restauratore d'arte disposto, nella lettura o nella
conservazione di un'opera, a considerare la sua unità estetica come
passibile di gerarchie d'importanza negli elementi che ne costitui-
scono l'immagine, quale che ne sia, nella poetica e nella tecnica del
pittore o dell'architetto, il loro interno ordine di priorità~ Analoga-
mente, quindi, nell'esecuzione musicale non si mostra opportuno
soprassedere a talune modalità dei parametri sonori per il fatto (pur
degno di analisi e significato storico) che essi sono venuti a rivestire
importanza "compositiva" solo in un recente passato. Ciò è acca-
duto perché la storia della composizione musicale, e per non pochi
secoli, ha codificato direttamente, attraverso il compositore, solo
alcuni aspetti della realtà acustica, e demandato ad altre compo-
nenti socio-culturali la formalizzazione degli altri (pratica liutaria,
consuetudini e "maniere" esecutive, funzioni socio,-musicali), in un
organico rapporto complementare, raramente conflittuale. Il signi-
ficato più profondo del recupero musicale storico si presenta cosÌ
come il riconoscimento di una progressiva dissociazione fra le varie
componenti della vita musicale, una radicalizzazione delle compe-
tenze e in definitiva, una specie di alienazione del pensiero musicale,
che oggi, paradossalmente, ricerca la sua unità e la sua dimensione
umana. attraverso un cammino di libèrazione dai codici. Per quanto
strano possa sembrare, il recupero alla nostra coscienza dei fatti
musicali storici si può attuare solo proprio attraverso una ricompo-
sizione a ritroso dell'aporia, un riallacciamento dei codici storici ai
reticoli acustici suggeriti dai testi.

3.5.5. Modelli teorici di probabilità storica


E' abbastanza chiaro che si va riconoscendo un dualismo irridu-
cibile fra una realtà storica ontologicamente perduta, e perciò empi-
ricamente inverificabile, e possibili, ma culturalmente auspicabili ed
efficaci modelli teorici di tale realtà. Si entra perciò in un nuovo e
diverso ordine di problemi, particolarmente filosofici ed epistemo-
logici, riguardanti essenzialmente i modi e lepossibilità di verifica di
questi modelli. A questo punto noi crediamo opportuno sottoline-
are il valore "scientifico" della filologia rriusicale che si sta deline-
ando, contribuendo con ciò a legittimare i modelli che ne possono

102
scaturire e cercando comunque di fondare un criterio di discrimina-
zione nei giudizi di validità su un'operazione di recupero. Tali
giudizi, in linea generale dovrebbero fondarsi su scelte o modelli,
appunto, teorico-pratici culturalmente motivati e non qualunquisti-
camente archeologistici o rinunciatari.
Si badi comunque che parlare di "irrealtà" storica è molto
diverso dal dire "improbabilità" storica. La verificabilità della
conoscenza storica non è infatti solo un problema storiografico
musicale, ma riguarda un contenzioso storiografico ed epistemolo-
gico che, come abbiamo già osservato in apertura, se ci chiarisce alla
coscienza la situazione del nostro rapporto con la storia e il tempo,
non per questo ci esime da un interesse per la sto~ia stessa e per le
opere artistiche del passato, e da una onestà o "moralità" con cui
dobbiamo cercare di guardare agli uomini che organizzandole
attraverso. di esse si espressero. 105
A ben guardarla, la questione sta proprio nell'opportunità, nella
legittimità o meno di una scelta culturale e metodologica, quella,
ancora una volta, che impone, studia e mette in relazione le strutture
sonore con i produttori e le circostanze storiche coeve (nel caso della
musica rinascimentale e barocca, come si è visto, elementi stretta-
mente interdipendenti assai più che in altre epoche).
All'interno di un modello teorico, quindi ipotetico, la ricerca
raggiunge viva via delle acquisizioni in merito a realizzazioni
sonore, tecnologie organologiche, considerazioni stilistiche, for-

105 I problemi filosofici posti dall'attività storiografica sono affrontati in modo assai
circostanziato in C. DAHLHAUS, op. cit., pp. 3-21, dove si prendono in considerazione le
diverse metodologie storiografiche e i rispettivi limiti, in' particolare per quanto riguarda la
coscienza storica e la possibilità stessa di "scrivere" la storia (cfr. cap. I «Perdita della
storia?»). Riguardo, in generale, all'interesse dell'uomo per i fatti storici, in prospettiva
filologica, e notata l'impossibilità di un confronto oggettivo (progressivamente sempre più
labile dalle arti, alla letteratura fino alla musica) sembra comunque difficile sottrarsi ad un
atteggiamento critico-razionale, privo di slanci fideistici, che rivaluta, in luogo della fiducia
positivista, un vigile atteggiamento morale. Dopo aver riconosciuto il carattere critico
dell'attività di recupero, che non si colloca "fuori" della storia, il Brandi, in op. cito così
prosegue: «[ ... ] il comportamento dell'individuo che riconosce l'opera d'arte come tale [nella
sua consistenza fisica e nella sua duplice polarità storica ed estetica n.d.r.] impersona
istantaneamente la coscienza universale a cui è demandato il compito di conservare e
trasmettere l'opera d'arte al futuro [... ]. Questo compito che il riconoscimento dell'opera
.d'arte impone a chi la riconosce come tale, si pone come imperativo categorico al pari di
quello morale [... ]» (p. 54).

103
mali ed estetiche, le quali sono verificabili in rapporto al modello e
da chi tale modello ha accettato. Tale accettazione è un fatto
complesso che coinvolge la formazione culturale e la sensibilità
estetica, ma che non dovrebbe tuttavia poggiare su abitudini, proce-
dimenti e aspettative di car.attere acustico-percettivo e tecnico-
esecutivo adottati da e per .fenomeni storicamente più recenti o
contemporanei, o perlomeno tale posizione non dovrebbe essere
assunta come criterio base o in misura eminente. 106
Si vede perciò come il grado di consenso attorno ad una ipotesi
storico-musicale non ne garantisca automaticamente la sostenibi-
lità. Anche la "improbabilità" delle realizza;zjoni sonore, quindi,
non è cosa da' giudicarsi sulla scorta di impressioni o concessioni
alla "musicalità" o simili, qualità tanto fumose quanto storicizza-
bili. La verifica di quanto la ricerca filologica impone all'attenzione
di chi si dedica al recupero avviene sempre non sulla base di una
"realtà storica" postulata bensÌ su quella scaturita da un modello l
:
teorico reso duttile e modificabile dalla critica e dall'analisi filo-
\

semiologica dei documenti, tese al raggiungimento di una probabi-


lità storica; 107 .

3.6. Momenti e indirizzi generali dell'azione· di recupero


Individuato quel complesso agglomerato sonoro che noi perce-
piamo come un'entità fatta di "altezze", durate, timbri e "materiali

106 Si vedano l'accenno a queste esigenze ed alcune occasioni storiche che tali esigenze
richiedono in M. TIELLA, La pronuntia... , cit:, note 23 e 49, ove si auspica «un'ampia
disponibilità a rivedere, anche radicalmente, i criteri interpretativi correnti, e la disponibilità
a sperimentare la struttura degli strumenti cromatico-enarmonici in senso espressivo».
107 La natura della musica ci mette nella posizione paradossalmente interessante ma
anche svantaggiosa, di poter recepire, osservare da vicino e "svolgere" la struttura giun~a a
noi in una situazione di per sè astratta e potenziale, e di investirla di potere significante per ciò
che a noi è più confacente, per cultura e concezioni estetiche ("strumentalità" della musica). Il
momento esecutivo, in realtà, assomiglia ad una specie di "lente" selettiva, che definisce
meglio talune parti dell'immagine dell'opera o le deforma gradualmente fino a farle perdere i
propri contorni, e farle acquistare nuove forme e significati, interessanti magari, ma fanta-
. siosi, e in una concezione tesa alrecupero storico dell'opera, non prioritario In questo modo,
qui, si cerca una giustificazione all'apparente svalutazione dell'apporto personale dell'inter-
prete-esecutore, che in altre prospettive (non filologiche) è investito di ben più problematici
rapporti con l' "essenza" dell'opera d'arte stessa (cfr. qui paro 2.1.2 e nota 21).

104
sonori" fra essi ricordiamo principalmente modalità d'attacco e di
tenuta del suono, vibrati, staccati, appoggiati, articolazioni ad inten-
sità e accentuazione pianificata o diversificata, dinamica ed ago-
gica. 108 Possiamo quindi schematizzare le vie attraverso le quali
costruire i nostri modelli storici e cercare un'esecuzione corretta
delle strutture nei riguardi dei loro autori e delle consuetudini
storiche ad essi prossime (livello a-b): 109
l) TESTO (partiture, notazione - semiografia - paleografia)
2) TIMBRO (emissione vocale, strumenti musicali - organolo-
gia e fisiologia dell' organo vocale)
3) LINGUA GGIO
ESECUTIVO (integrazioni testuali, modalità dei parametri
sonori dipendenti dalla prassi esecutiva).
E' abbastanza intuitivo che questa articolazione di obiettivi
costituisce solo un artificio metodologico per consentirci di esporre
i vari problemi e razionalizzare il più possibile un'operazione di
recupero assai complessa e di natura fondamentalmente globale. E'
naturale infatti che i vari problemi di ricostruzione, ad esempio, del
testo di fronte alle lacune oggettive delle partiture, alloro carattere
di canovaccio e alle dimenticanze o imprecisioni di autori e stampa-
. tori, coinvolgono spesso gli altri settori del recupero e devono
ricorrere ad acquisizioni di prassi e di stile, cosÌ come molte que-
stioni interpretativo-esecutive devono agganciarsi alle premesse
organologiche (ad es. misure e sonorità degli strumenti) e viceversa.
La natura di questa esposizione è inoltre indicativa e generica,
mirante a stabilire solo delle linee di tendenza coerenti con la
discussione teorica che costituisce il tema centrale di questo lavoro
(fig. 3).

108 Per una visione più organica di questi parametri nel contesto esecutivo si veda più
avanti al par. 3.6.3.
109 Questa articolazione si trova, più o meno dichiarata o presupposta, praticamente in
tutti i contributi riguardanti la esecuzione della musica storica. Essa è rimasta tuttavia ad un
·livello di genericità e dichiarazione di principio che non permette di chiarire fino in fondo la
natura pratica dell'intervento; si ha quasi l'impressione che la musicologia si preoccupi di non
sconfinare al di fuori delle proprie competenze (didattiche strumentali, vocali e consuetudini
liutarie). Si vedano per questo i lavori sull'interpretazione citati in precedenza (in particolare
note 31-32-33-38-39-43).

105
r
linguaggio filologia linguaggio
ese cutivo 1II1II della prassi esecutiva esecutivo

I. paleografia--_ Testo'

•• organologia

ESECUZIONE
Modello Realtà
teorico ESECUZIONE---+.. sonora
PRODUZIONE

1II1II storia della ricezione - - - - - - - - - - -.....

fig. 3 REALTÀ SONORA E RECUPERO DELLA MUSICA STORICA


Si noti come nello schema la ricezione svolga un ruolo secondario, per la sua relativa
importanza nel processo di ricostruzione dei documenti sonori. Si può inoltre sottoline-
are come tale processo non segua le medesime tappe del processo storico. In partico-
lare, il momento esecutivo attuale si ponefra l'individuazione dei codici e la nuova realtà
sonora, mostrando così il suo valore eminentemente culturale, non accessorio e non
connaturato, come nel caso dell'esecuzione storica, alle aspettative della propria epoca.
3.6.1. Per i problemi del testo è abbastanza ovvio accennare sola-
mente alla disciplina paleografica, che costituisce il primo passo
della musicologia moderna verso la riappropriazione del passato
musicale, ancora oggi ritenuto largamente il piùimportante. Di
questo imprescindibile livello di recupero, che si qualifica come
momento filologico in senso stretto, come semantica delle notazioni
che sono il solo supporto, l'unico veicolo delle strutture sonore
attraverso la storia, si ricordano in particolare le questioni connesse
con l'uso delle alterazioni, gli abbellimenti e le diminuzioni, le indica-
zioni di tempo, i criteri da seguire nelle trascrizioni in rapporto agli
utenti (trascrizioni diplomatiche o "pratiche")IIO l'uso dei toni
ecclesiastici o di teorie particolari in rapporto alla tonalità
moderna. Il 1 Essi rappresentano solo in parte l'oggetto della filolo-
gia tradizionale, per il fatto di coinvolgere anche una concezione
estetica e musicale che non permette di risolvere tutto o gran parte
del problema "testo" con la riesumazione dei simboli grafici, come
accade nella alquanto più circostanziata codificazione scritta della

110 La notevole mole di testi originali in ristampa anastatica, se fornisce da tempo agli
studiosi la possibilità di svolgere comodamente e più celermente gran parte delle proprie
ricerche, da qualche anno si è sviluppata anche più direttamente come strumento d'uso
pratico presso gli esecutori della musica antica. Ci limitiamo qui a sottolineare come tale
utilizzo del patrimonio, praticamente allo stato di fonte originale, presenti ugualmente
complessi problemi di decodifica a vari livelli, e quindi come esso non garantisca automatica-
mente un recupero critico.
111 La riconsiderazione dei sistemi musicali pre-tonali è recente, se si eccettuano studi
teorici non direttamente volti a stabilire i nessi fra la teoria generale della modalità, la pratica
compositiva e l'espressività stessa della civiltà musicale medievale e rinascimentale (e per certi
aspetti anche barocca); né diffuso risulta l'interesse per un'individuazione storica della
modalità rinascimentale rispetto a quella antica e medievale, soprattutto nelle sue applica-
zioni pratiche. Fra i più importanti studi troviamo W. ApEL, Accidentien und Tonalitiit in den
musikdenkmiilern des 15. und 16. Jahrhunderts, Strassburg, 1937. Un approccio più completo
al problema si trova però solo in B. MEIER, Die Tonarten der klassischen Vokalpoliphonie,
Utrecht, Oostoek, Scheltema & Holkema, 1974. Una decisa rivalutazione della ricerca
rinascimentale sugli antichi modi greci ai fini espressivi, sia di rilevanza estetica che pratico-
esecutiva, è quella che ha portato alla ricostruzione dell'Archicembalo di N. Vicentino,
descritta in M. TIELLA, La ricostruzione dell'archicembalo di Nicola Vicentino (1555), in
«Strumenti e Musica» no 1-2 Ancona, Berben, 1980; ID., Progetti storici di strumenti a tast(era
con corde pizzicate, in «Liuteria», III, n° 7, Cremona, 1983. Infine per un coinvolgimento del
testo e dello stile esecutivo con la modalità rinascimentale nell'espressività del primo '600 si
veda N. ANFuso-A. GIANUARIO, La problematica delle alterazioni nelle "Nuove Musiche" di
Giulio Caccini, a cura del «Centro Studi Rinascimento Musicale», Nuova Metodologia, II,
Firenze, Otos, 1970.

107
musica romantica. Ad essi nel nostro caso si deve fare riferimento
come base di partenza per ogni discorso di recU:pero, come valore
intrinseco di documenti e come immagine grafica di entità sonore
storiche "assenti-" nel nostro tempo. Nel momento in cui vogliamo
considerare come culturalmente ed L~tctlcamente "interessanti" e
degne di "conservazione" queste entità potenziali dobbiamo gioco-
forza passare a considerare problemi di

3.6.2. Timbro ed emissione. Si pensa naturalmente soprattutto


all'organologia con tutto il suo complesso di problemi museogra-
fici, conservativi e di restauro, di rapporti pubblico-privato (in
quanto molti reperti antichi sono tuttora proprietà privata o ven-
gono manomessi e usati in maniera non confacente alla loro natura
di beni storico-culturali), problemi che evidenziano in modo esem-
plare, ancor più della musica storica stessa, la tensione esistente tra
storia e presente, l'importanza che per tutta la cultura moderna
assumono i beni storici e le relative attività d'amministrazione e
fruizione.
Al di là di aspetti legislativi e tecnico-operativi, fondamentali
rimangono le questioni riguardanti il recupero delle sonorità stesse,
la cultura organologica e la sensibilità storica degli operatori (liutai,
organariecc.), non di rado ancorati alla vecchia tradizione che li
individua prima come "artisti" e poi come artigiani al servizio della
musica. 112
Anche se questi problemi sono in realtà interdipendenti, è facile
immaginare però come da una sensibilizzazione nei confronti della
storia e della cultura musicali possa realizzarsi più facilmente una
pianificazione degli interventi almeno a livello conservativo, con la
relativa formazione dì personale specializzato e la riforma dei musei
che conservano in parte o soprattutto strumenti musicali, tutte
attività ancor' oggi largamente carenti o operanti con difficoltà,

112 Pur dovendo riconoscere la peculiarità dell'attività liutaria, che oltre a consistere
nella costruzione di particolari generatori di suono, è una creazione' di manufatti d'artigia..:
nato (che possono quindi rivestire un valore storico-estetico) gli attuali concorsi di liuteria
, sono nati esi caratterizzano soprattutto per l'importanza accordata a quest'ultimo aspetto,
prescindendo perlopiù da considerazioni acustiche.

108
specialmente in Italia. l13
Un'altra considerazione che si deve fare parlando di timbro è
quella circa l'uso e il significato delle "copie" di strumenti storici
che, per l'inevitabilità e la vastità del fenomeno, rappresenta una
discussione non pacifica, ancora aperta e non priva di
fraintendimenti. 114
Di questi aspetti tecnici della ricerca organologica c'è da dire del
resto qui che non è possibile discutere adeguatamente, essendo
l'organologia una disciplina altamente specializzata, dotata di occa-
sioni d'incontro e di organi d'informazione e di studio (riviste e
frequenti convegni), i quali garantiscono, almeno in via generale, un
sufficiente scambio di esperienze e di teorie in una scientificità
d'impostazione. 115
Cionondimeno, coerenti con l'indirizzo dato a questo studio,
vogliamo pensare che taluni problemi dell'organologia rientrano a
pieno titolo nelle osservazioni fatte in questa sede. Intendiamo
riferirei in particolare a questioni generali di restauro, ma anche
all'ottica semiologica che individua il "suono" come significante e
non come vibrazione neutra ed astratta, come segno di una realtà
storica da decodificare sia in vista della ricerca filologica che per la
fruizione culturale dei beni musicali.
In quest'ottica, se il suono e la struttura di cui esso è base
diventano "portatori" di significati, una corretta impostazione di
recupero deve imporre all'attenzione di organologi e musicisti due
livelli di "suono":
a) suono come prodotto di una sorgente di vibrazioni (strumento o apparato
vocale);
b) suono come risultanza della somma di a) con la risonanza ambientale, e
come tale strettamente connesso con le funzioni storiche delle esecuzioni
musicali (chiese, sale e dimensioni architettoniche, piazze e strutture

113 Si veda l'analisi della situazione in M. TIELLA, I musei degli strumenti musicali storici,
relazione dattiloscritta al Congresso sui Conservatori, Milano, 1980.
114 V. nota 58.
115 Ricordiamo soprattutto gli studi pubblicati in «The Galpin Society Journal», Lon-
dra, 1948 sgg. Una ricca bibliografia organologica è inoltre pubblièata in V. GAI, Gli
strumenti musicali della corte medicea e il museo del Conservatorio "Luigi Cherubini" di
Firenze, Firenze, "Licosa, 1969, pp. 255-271.

109
spaziali).116
Crediamo che la considerazione di questa duplicità del feno-
meno "suono" possa fornire spunti metodologici e tecnologici sia
per l'organologia che per la prassi (timbro, intensità, modalità
d'attacco e d'estinzione, risonanze strutturali ed echi degli ambienti,
agogica).
Il fattore timbri co diventa in particolare di emissione nel canto e
nella tecnica vocale. Anche qui, come per altri elementi delrecupero
musicale, la natura "storica" dell'impostazione vocale, tanto artifi-
ciosa quanto più indirizzata al raggiungimento di una determinata
espressività, non può prescindere da un'attenta ricerca archivistica e
segnatamente termino logica, su trattati e croriache, fonti indirette
ma uniche della realtà sonora storica codificata verbalmente; Que-
sta ricerca è resa ancor più problematica dalla fitta confusione

116 E' evidente che una definizione di suono "puro" (livello a) è, nel caso degli strumenti
tradizionali una semplice astrazione, poiché in condizioni normali di esperienza acustica (cioè
non controllata in ambiente anacustico) qualsiasi vibrazione esiste proprio in quanto "tra-
smessa" attraverso uno spazio acustico come tale determinato da innumerevoli fattori. La
distinzione, empirica s~ vogliamo, fra suono come vibrazione generata dallo strumento
musicale e suono come risultante dalla somma del timbro strumentale con la sua risonanza
nell'ambiente risponde soprattutto ad un'esigenza di razionalizzazione, di stimolo ad una
considerazione critica della timbrica storica nella globalità di funzioni delle strutture sonore.
Del resto già da tempo la musicologia ha operato un confronto fra musica e spazi acustici,
limitato peraltro a stabilire analogie strutturali e condizionamenti storici oppure a mettere in
evidenza un rapporto organico fra stile compositivo e rispondenza acustico-ambientale. Si
vedano per questo rispettivamente W. MALINOWSKY, La tecnica musicale della scuola vene':'
ziana ~ l'architettura sacra, in "Rivista Italiana di Musicologia", VIII, n° 1 (1973), pp. 24-37;
F; WINCKEL, Rekonstruktion historischer Klangstile unter dem Gesichtpunkt von Architektur
und Raumakustik, K61n, 1958; K. BLAUKOPF, Raumakustische Probleme de Musiksoziologie, in
«Die Musikforschung», XIV n° 3 (1962); G.NONES, L'età del Gregoriano in rapporto alla
spazialità architettonica coeva, in AA.VV., Alle origini della musica occidentale, A.M.I.s.
Verona, 1981, pp. 55-69; T. DART, op. cit., pp. 56-58 (<<Acoustical surroundings»). Quest'ul-
timo in partieolare sembra sfiorare anche una più attenta considerazione della risonanza nel
suo valore storico, pur di elemento comprimario ma pur sempre influente sulla percezione
acustica delle strutture: «Our own age has grown very insensitive to nuances of this kind, but
there is plent1y of written evidence [ ... ] to show that they were taken very seriously in early
times» (p. 57). Continuando in termini anche mimo rigorosi si ricordano le. analoghe preoccu-
pazioni riguardanti la trasmissione dell'immagine estetica nelle arti figurative: «Un'altra
concezione erronea della materia dell'opera d'arte limita questa alla consistenza materiale di
cui risulta l'opera ~tessa· [~.;] potranno essere assunti come mezzi fisici di trasmissione
dell'immagine anche altri elementi intermedi tra l'opera e il riguardante. In primissimo luogo
si pongono allora la qualità dell'atmosfera e della luce» (C. BRANDI, op. cit., p. 12).

110
originata dall'uso di termini uguali per indicare fenomeni diversi e
diverse definizioni con uguale significato. La ricerca dei significati
dei termini usati dagli antichi è ancora più necessaria poiché i
trattati e le scuole moderne usano ancora termini storici per indicare
fenomeni tecnico-vocali· affatto diversi o non necessariamente
coincidenti. )
L'accenno fatto più sopra all'inesistenza di qualsiasi reperto
anche solo frammentario o potenziale, come nel caso dei timbri
strumentali, per l'emissione vocale (che si presenta quindi natural-
mente come una lacuna totale) ci porta pertanto alla convinzione
che l'antica strada additata per il raggiungimento dell'espressività
strumentale, cioè l'imitazione della voce, deva essere parzialmente,
e nostro malgrado, percorsa all'incontrario.
Questa è una posizione che può rivelarsi scomoda e altamente
ipotetica, sia perché poggia su elementi di per sè solo probabili
(restauri strumentali), sia per l'empiricità e la rigidità delle moderne
scuole o prassi vocali individuali; da ultimo per la difficile distin-
zione che, nella viva tecnica vocale, si può fare fra educazione
all' emissione e linguaggio esecutivo, organicamente e fisiologica-
mente connessi.
3.6.3. Riguardo ai linguaggi esecutivi è da dire che manca tuttora un
approccio sistematico agli aspetti che in qualunque scrittura musi-
cale sono sottintesi o espressi solo potenzialmente, e in generale si
possono definire aspetti "sfuggenti" della struttura, quelli tradizio-
nalmente lasciati alle consuetudini, le didattiche storiche e le deci-
sioni personali (quest'ultime difficilmente codificabili). La
convinzione che fatto un peraltro inverificabile tirocinio, spesso
insufficiente, sui trattati' o presso qualche riconosciuto "grande"
esecutore attuale di musiche antiche ci si deva poi affidare alla
propria musicalità e alla propria sensibilità non ci pare una posi-
zione seria e cosciente dei complessi fenomeni di sedimentazione e
stratificazione culturale sia dei testi stessi che di qualsiasi forma-
zione musicale individuale. E qui, ancora più che nel caso del testo e
del timHro, l'aspettativa psicologica creata dalla sensibilità tardo-
romantica e la proiezione del suo "perfezionismo metafisico" nelle
odierne incisioni discografiche giocano un ruolo decisivo e discrimi-
nante per la formazione, la teorizzazione e l'impiego di un determi-
nato modello di comportamento esecutivo, comprese le sue

III
legittime varianti di gusto.
Molti fondamentali problemi si oppongono ad una sincera pro-
posta di modelli del linguaggio esecutivo storico, e tali problemi
costituiscono normalmente il banco di prova per l'accettazione o
meno di un'esecuzione di musica antica nel novero della "vera"
musica e i suoi templi. A questo riguardo è bene richiamare l'atten-
zione anzitutto su:
a) la precarietà delle condizioni didattiche o comunque pratico-esecutive
in cui musicisti esclusi nei loro interessi dalle istituzioni ufficiali si
trovano a dover operare, e particolarmente in Italia;
b) il difficile rapporto fra ambienti, clima e caratteristiche organologiche
degli strumenti restaurati o ricostruiti secondo principi storicamente
affidabili;
c) il mutato clima culturale ed estetico e i relativi divergenti interessi nei
riguardi della struttura; a questo proposito si ricorda come l'estetica
musicale pre-romantica, specialmente a cavallo fra '5 e '600 ponesse
maggiore attenzione a elementi musicali quali l'attacco del suono, la
variazione dinamica di tipo "micrometrico", l'interpolazione libera
dell'esecutore, e no a quello dell'intonazione intesa moderna-
mente. 117
Una ricerca linguistico-esecutiva, in ogni caso, dovrebbe tenere
presenti almeno i seguenti fattori, attraverso i quali la struttura
sonora viene ad essere significante:
1) aspetti strutturali e grammatico-sin tattici, non sempre sufficientemente
indagabili nel testo critico restituto dalla paleografia. Essi si distinguono
a loro'volta in aspetti melodici, armonici e ritmici (si possono apprezzare
principalmente come portamento, legato, staccato, vibrato, glissando e in
tutta una serie di soluzioni esecutive che sono oggetto di una possibile
ricerca storica, oltreché naturalmente nell'impiego di interventi macro-
scopici come la diminuzione e gli abbellimentI);
2) aspetti agogici. Anch'essi sono studiabili solo nel momento della messa
in divenire della struttura e concernono le indicazioni di tempo, l'anda-
tura e le velocità d'esecuzione, con le loro varianti (accelerandi, .rubati,

117 Si pensi ad esempio alle inclinazioni tardo-rinascimentali verso i tre generi greci,
enarmonico compreso (cfr. Nota lO 1), e alle pratiche vocali del primo '600, che tendono, con
la «messa di voce crescente et di et di tuono», gli «accenti», varie «anticipationi» «cercar
delle note» e «scivoli di voce» ad uno sfruttamento assai più intensivo del continuum sonoro,
non limitandolo al codice scalare discreto (cfr. note 79-80).

112
rallentandi ecc.);
3) aspetti dinamici e intensivo-accentuativi. Anche qui testo e timbro da soli
non rendono quasi mai ragione delle varie possibilità di messa-in-suono:
in questo senso si dovranno considerare attentamente crescendi e dimi- .
nuendi, cavata, messa di voce, sforzandi, articolazione differenziata in
intensità e/o in durata; 118 .
4) riflessi dell' estetica-:-musicale sul linguaggio esecutivo, in particolare per
quanto riguarda il rapporto suono-parola e relative scelte tecnico-
esecutive.

Accanto alle difficoltà cui prima si faceva riferimento e che sono


da mettere in relazione più che altro con la situazione della vita
musicale, esistono tuttavia anche quei problemi intrinseci alla
ricerca filologica stessa cui si era accennato in un paragrafo prece-
dente e sui quali vogliamo brevemente ritornare, alla luce delle
considerazioni fin qui fatte.
E' ancora impossibile infatti, allo stadio attuaJe delle ricerche
uno studio comparato delle terminologie e dei trattati, nonché una
loro caratterizzazIone a seconda delle aree c:ulturali e specifIca-
mente pratico-musicali. Manca ancora un più fecondo rapporto con
gli studi rivolti agli aspetti del significato, 11 9 che' potrebbero, se non

Il ~ Fra le divergenze che si trovano nella storia esecutiva di q~esti parametri ricordiamo
soprattutto quella fra le antiche articolazioni ritmico-intensive di tipo micrometrico, e il
moderno concetto di "linea melodica" la cui massima espressività si ottiene col sostenta-
mento dinamico e sul quale si innestano ampi crescendi e diminuendi. Tali articolazioni
derivano dall'applicazione di singole tecniche ai vari tipi di strumento musicale: per le tastiere
si tratta di diteggiature particolari (che si oppongono all'omogeneità e all'uguaglianza
ritmico-intensiva della diteggiatura moderna); negli strumenti a fiato ciò si ottiene mediante
l'impiego delle lingue e negli strumenti ad arco dell' arcata differenziata. Tutte queste tecniche
partono dai conceSti di nota «buona» e «cattiva» e contrastano perlopiù con la sostentazione
del suono e delle sue ulteriori organizzazioni in incisi e frasi, per mezzo della cavata negli archi .
e del condizionante uso del diaframma negli strumenti. a fiato e nella vocalità lirica. Si vedano
per alcuni di questi riferimenti gli importanti ed originali studi di M. CASTELLANI-E.
DURANTE, Del portar della lingua negli instrumenti di fiato. Per una corretta interpretazione
delle sillabe articolatorie nella trattatistica dei secco XVI-XVIII, Firenze, S.P.E.S., 1979; inoltre
L. ROVIGHI, Problemi di prassi esecutiva barocca... , cit.; H. KELLER,PhrasierungundArtikula-
tion, Kassel, 1955; A. DOLMETSCH, The interpretation... , cit., pp. 364-418 (Cap. VI «Position
and fingering»).
119 Notevoli appaiono la documentazione e lo studio proposti per l'epoca barocca da G.

113
rìsolvere, aimeno indirizzare verso delle scelte operative, motivate
. da una maggiore probabilità storica. Così l'uso e la misura di
determinati materiali sonori come il vibrato, la messa di voce, le
diminuzioni, gli abbellimenti e la loro esecuzione potrebbero essere
se non codificati univocamente (esiste sempre all'interno di un
linguaggio lo spazio per il gusto esecutivo) perlomeno indicati nella
loro area semantica, qualitativamente e quantitativamente, anche
grazie a rapporti analogici con le soluzioni figurative, del gesto e
della parola, nelle espressioni artistiche teatrali e poetiche di una
medesima area storica ed estetica.

STEFANI, Musica barocca, poetica e ideologia, Milano, Bompiani, 1974 e ID., Musica e
religione nell'Italia barocca, Palermo, Flaccovio, 1975. Per le interessanti discussioni sui
problemi ricettivi della musica storica sembra utile segnalare anche la recensione dei testi
sopracitati in «Rivista Italiana di Musicologia», XII, n° 2 (1977), pp. 330-339 (M. Baroni).

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