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S ANTO M ARCIANO - P AOLA P ELLICANÓ

«...secondo il
mió cuore...»
(Ger 3,15)

un itinerario formativo, un cammino spirituale


Presentazione

Scrivere e pubblicare un libro, proporlo alia riflessione di


persone in cammino di formazione - nel caso concreto a
giovani avviati al sacerdozio - é una sfida e alio stesso tempo
un dono.
La sfida consiste nel fatto che le pagine scritte possono
rimanere carta stampata e talvolta rimangono carta spreca-
ta; ma possono, al contrario, diventare parola di vita, comu-
nicazione di stimoli e di valori. Perché un libro possa avere
questo secondo esito felice non sono determinanti la quan-
titá di pagine né il linguaggio letterario né, a mió avviso, la
novitá dell’argomento trattato. Peraltro sull’amore e sulla
sessualitá forse si é scritto anche troppo e le edicole sono
piene di parole vuote e illustrazioni commerciali sull’argo-
mento.
Che il libro diventi vita dipende anzitutto dal fatto che
nasce da un’ ESPERIENZA DI VITA, da una tensione profonda
dello spirito di chi lo ha scritto; deve supporre cioé una te-
stimonianza. Soltanto in questo caso diventa un dono.
Un dono, appunto, preparato con il desiderio di aiutare e
allietare il destinatario portando un segno della propria in-
terioritá.
Le pagine che ho il piacere di presentare - scritte dal sa-
cerdote Santo Marciano, rettore del seminario arcivescovile
«Pió XI» di Reggio Calabria, e da Paola Pellicano, medico,
specialista del Centro studi e ricerche per la regolazione na-
turale della fertilitá delFUniversitá Cattolica del Sacro Cuore
- sono intrise di vita vissuta nella meditazione dei messaggi
di Giovanni Paolo II, nelFapostolato e nel servi-

9
zio duplice alie famiglie e alie persone consacrate, in
parti- colare a coloro che Gesú ha chiamato «amici»
nell’ultima cena, e nell’assidua lettura dell’amore di Cristo,
sposo della Chiesa.
Come dono lo scritto é vestito di semplicitá, carico di si-
gnificad spirituali e concreti appelli di speranza, senza pre-
tese né contorsioni di pensiero, fatto piü per essere medita- to
e parlato che per entrare in una biblioteca.
La sessualitá umana é vista non soltanto nella dimensio-
ne biologica della corporeitá, che puré é trattata con com-
petenza medico-scientifica, ma soprattutto nell’ottica del
pensiero antropologico e teologico che agli autori deriva
dalla lettura assidua delFinsegnamento di Giovanni Paolo II,
di cui si ritrova Teco in ogni pagina.
Soprattutto mi sembra doveroso svelare un segreto lega-
me che s’intravede tra la visione dell’amore sponsale che si
orienta verso la famiglia e Pamore verginale che contrasse-
gna e sostiene la vita consacrata dei sacerdoti e dei religiosi
in genere. L’una dimensione di amore non pud fare a meno
dell’altra. In particolare 1’amore verginale alimenta e so-
stiene una forma vera di patemitá e matemitá spirituale nella
comunitá dei credenti a vantaggio di tutti; inoltre, costi-
tuisce un paradigma di trascendenza, ricco di soprannatura-
le valenza e di speranza per chi vive e talora soffre i limiti
dell’amore coniugale.
L’amore degli sposi ha bisogno, in altre parole, di quello
verginale per scoprire la comune origine nell’amore casto di
Cristo sposo della Chiesa. D’altro canto, colui che si consa-
cra al Signore Gesú e si dedica al sostegno spirituale e uma-
no delle famiglie deve sapere che il suo amore, anche per il
modo con cui vive l’affettivitá, non é senza effetto e senza
salutari aiuti per gli sposi e i genitori. Questa reciprocitá tra
amore verginale e coniugale é un segreto che va coito nel li-
bro e svelato ai futuri ministri cui il concilio Vaticano II ha
chiesto di essere amici, fratelli e padri dei fedeli.
C’é quanto basta per andaré oltre con il pensiero nella
contemplazione della sorgente da cui ogni amore nasce e per

10
calare questa energía nella quotidianitá delle scelte concrete
e negli stili di vita.
Nel libro non si trova traccia di vanitá letteraria né di
sentimentalismo romántico: la fede illumina sempre il di-
scorso sia quando esso descrive la biología umana, sia
quando presenta le scelte e gli orizzonti vocazionali; il tono
rimane concreto e lo sguardo positivo e francescano nella
trasparenza.
Sono personalmente consapevole, ricordando i diciotto
anni passati come educatore e superiore in un grande semi-
nario, che il discorso sull’amore umano e sugli orizzonti
deH’affettivitá é estremamente decisivo e importante per la
serenitá e validitá delle scelte del celibato e della vita di
consacrazione nel sacerdozio; sono altrettanto convinto che
non é facile trovare chi lo sappia proporre con chiarezza,
semplicitá e ricchezza, senza finzioni e senza retoriche.
Sentó il dovere di esprimere la gratitudine agli autori per
questo loro dono e per questa testimonianza, augurando per
il libro una larga diffusione fra i privilegiad destinatari e i
loro educatori.
+ ELIO SGRECCIA vicepresidente della Pontificia
Accademia per la Vita direttore del Centro di
Bioética dell’Universita Cattolica del Sacro Cuore,
Roma

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Premessa

Quest’opera non ha lo scopo di offrire qualcosa di origínale,


ma al contrario di fare Vinventario di cid che abbiamo
ricevuto dai grandi spiriti... Scriverei con scioltezza un
’opera chepensassi come una introduzione a un’altra, questa
si definitiva, la quale pero finirebbe col non essere mai
pubblicata.
(Jean Guitton)

Cari amici,
questa é una PREMESSA necessaria. Una premessa
alia lettura del libro, al cammino che faremo insieme e che
vuole essere la comunica/ione. o meglio la condivisio- ne di
un’esperienza vissuta.
Alcuni anni fa ci interrogavamo su come completare la
formazione umana dei nostri seminaristi, per aiutarli a essere
veri pastori. Come, in particolare, educarli a maturare
nelFaffettivitá: essere pastori, in fondo, significa avere il
cuore di Gesü, amare come luí.
La chiamata all’amore interpella YUMANITÁ dell’uomo. E
il sacerdote é voce di questa chiamata.
L’uomo di oggi pero ha bisogno di capire bene cosa si-
gnifichi amare. Ha bisogno di vivere l’amore vero. Anche se
non lo sa, egli cerca la veritá delFamore. Questo vale per
ogni uomo, per i giovani e, soprattutto, per la famiglia, luo-
go privilegiato nel quale 1’amore nasce e si dona. Questo
vale anche per noi.
Per essere VOCE di questa chiamata all’amore, che sgorga dal
cuore stesso di Gesú, dobbiamo imparare ad amare l’a-
more: l’amore vero. Giovanni Paolo II confida che da gio-
vane sacerdote ave va imparato ad amare l’amore umano:
percid ha deciso di servirlo1. E proprio le sue parole e i suoi
insegnamenti saranno una speciale guida per il nostro cam-
mino.
IMPARARE AD AMARE L’AMORE: questa é la strada che, pian
piano, si é tracciata per la formazione dei nostri seminaristi,
diventando un vero e proprio itinerario di educazione al-
l’affettivitá, alia sessualitá, alia vita.
11 cammino era iniziato senza un programma gia stabili-
to, ma con un grande desiderio nel cuore di raggiungere tale
meta: scoprire insieme la bellezza di essere persona umana,
creata uomo o donna, fatta per amare. Essere persona -
immagine di Dio - é la fondamentale vocazione.
Dentro la nostra umanitá, dunque, la strada di una chia-
mata all’amore. II nostro cammino si é snodato cosi: e cosí
ve lo proponíanlo.
Ecco perché questo libro, scritto per i seminaristi, puo
essere utile anche per altri: per i sacerdoti, i consacrati e co-
loro che si preparano alia vita religiosa; per gli sposi, i fi-
danzati, i giovani; per coloro che abbiano responsabilitá
educative. Infine, per ogni uomo che stia cercando di inter-
rogara sull’amore: anzi, forse, di lasciarsi interrogare dal-
l’Amore.

Qualche anno fa, pubblicando un opuscolo 2, avevamo gia


illustrato il programma dell’itinerario di formazione all’af-
fettivitá e alia sessualitá che si svolge presso il nostro semi-
nario, indicandone brevemente gli obiettivi e la metodología.
Sollecitati da piü parti a offrire una trattazione piü completa,
ci siamo proposti di mettere per iscritto i contenuti che
guidano la nostra espedenza: cosi é nato questo libro.
Esso é strutturato in DODICI UNITÁ. Ciascuna unitá affronta
un singolo TEMA, esposto in due capitoli. AU’inizio, una SE-

1 Cfr. Giovanni Paolo II, Vareare la soglia della speranza, Mondadori, Milano
1994, p. 138.
2 Seminario arcivescovile «Pió XI» Reggio Calabria, «Rimanete nel mió amo- re»
(Gv 15,9). Itinerario di formazione all’ajfettivitá e alia sessualitá per i seminaristi, Elle
Di Ci, Leumann (Torino) 1998.

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ZIONE INTRODUTTIVA, seguita dall’esplicitazione degli
OBIETTIVI, aiuta a entrare nello specifico della trattazione.
Al termine di ogni unitá, si trova una parte riservata alia
RIFLESSIONE e alia PREGHIERA. Non si tratta di un’appendice,
ma di un INDISPENSABILE COMPLEÍAMENTO. I nostri incontri
con i seminaristi, infatti, sono sempre strutturati in tre mo-
menti: fase espositiva del tema; dibattito; preghiera.
II nostro cammino é nato e cresciuto con la preghiera. E
anche questo libro.
Del resto, non si puo capire pienamente il mistero e la
bellezza dell’essere persone se non «in ginocchio», perché é
Dio che ci rivela a noi stessi. La CONTEMPLAZIONE é parte
della vocazione all’amore!
Questo libro, dunque, é fatto per camminare nell’amore.
Non si puo defínire percio un libro di studio o un «trattato»
di biologia, di psicologia, di teologia morale, di antropología,
di bioética... anche se in esso troverete tanti di questi
elementi.
Scrivere questo libro non é stato facile, ma é stato bello.
Perché, in ogni istante, abbiamo cercato di parlare con voi, di
parlare al vostro cuore.
Questo libro é, in fondo, un DIALOGO!
Vi accorgerete che alcuni concetti saranno piü volte ripe-
tuti, rielaborati, rimeditati; altri argomenti dovranno neces-
sariamente restare incompleti... come in un dialogo, ap-
punto. Un dialogo che, tra l’altro, si svolge nel tempo.
II senso che noi diamo a questo libro é spiegato molto
bene da un mistero di gioia che la Chiesa ci invita a cele-
brare: la Presentazione del Signore3.
Non vogliamo che donarvi, presentarvi ció che noi, per
primi, abbiamo ricevuto in dono: il VANGELO DELLA VITA E
DELL’AMORE. E il vangelo della vita é Gesú.
É di questo vangelo che l’uomo ha bisogno. Ma il vange-
lo della vita non puó arrivare al cuore dell’uomo se non at-
traverso il nostro cuore: quello dei pastori.
Siate preti cosi: preti della vita.
Gesü, presentato al tempio, compie le attese e le speran-
3
Cfr. Le 2,22-40.

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ze, la vocazione di un popolo. II Messia non é fácilmente
riconoscibile: é solo un Bambino. Ma é lui.
Anche il vangelo della vita, ne siamo certi, compie le at-
tese e le speranze che la nostra vocazione porta con sé. E
anche questo é un mistero di gioia. La gioia del vangelo
della vita é quella dell’offerta della vita e non eselude la
sofferenza, la fatica, la rinuncia.
Maria comprende che per amare deve soffrire. Gesü, di-
ventato «grande», si offrirá spontaneamente alia croce. L’a-
more é realmente DONO DI SÉ.
Quando comprenderemo nella nostra vita la veritá e la
grandezza di questo amore, non potremo che chiedere al Si-
gnore la grazia di saper amare come luí: con tutta la nostra
persona. Con il suo cuore. Questo significa consegnarsi fino
in fondo all’amore: questo significa essere pastori «se-
condo il suo cuore»4!
E questo é il senso del nostro cammino. Per compierlo, é a
Maria che ci affidiamo: a lei affidiamo voi e queste pagine.
Alia Madre del «FIAT», che é la Madonna del nostro se-
minario, presentiamo tutto e noi stessi: perché lei presentí
tutto al Padre.

Maria, tu hai amato la vita:


fin da quando, con il tuo «fiat»,
la sentisti sbocciare in te, nel tuo grembo.
Maria, tu hai amato VAmore:
con il tuo «fiat» lo hai fatto nascere
e lo hai sentito crescere in te, nel tuo grembo.
Con il tuo «fiat», Maria,
Vamore e la vita si sono incontrati,
si sono fusi in una sola Persona.
E nessuno potra mai separarli. Donad, Madre del
«fíat», di consegnare come te all’amore tutta la
riostra vita.
Perché ogni amore e ogni vita con il nostro «fiat»
ritrovino l’unitáperduta, lafedeltápossibile,
l’appartenenza teñera e forte al Padre che, per amore,
cifa vita; che, per amore, sifa vita.
4
Cfr. Ger 3,15.

16
Amen!

3
Cfr. Le 2,22-40.

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Introduzione

«Mi hai chiamato da sempre!»3.


Quante volte abbiamo ripetuto al nostro cuore questa
certezza che da corpo, cuore, voce; da concretezza e indu-
bitabilitá alia nostra vocazione. Certezza, cioé, che ha tal-
mente invaso la nostra vita da richiederci di donarla. Un se-
minarista vive di questa consapevolezza, che gli consente di
portare avanti con fiducia il discemimento e la matura- zione
vocazionale.
Pensiamoci bene: é il DA SEMPRE che genera il PER SEM-
PRE. II nostro nome, pronunciato da Dio, suscita nel cuore
l’eco di un’armonia che ci sembra di riconoscere, che quasi
ci richiama un’esperienza giá fatta. II «si» alia nostra chia-
mata non é che l’inevitabile approdo di un’esistenza che ri-
conosce neU’amore la sua origine e il suo fine, il suo senso e
la sua garanzia.
E l’amore, non c’é dubbio, é eterno4.
Ma l’amore eterno si incarna in un mistero, nell’único
mistero che lo rende presente, vivo, comunicabile: LA PER-
SONA UMANA. La vocazione, per sua essenza, si puó rivolge-
re solo alia persona ed é perció essenziale comprendere nel
profondo il nostro essere persone, per poter vivere la voca-
zione come un autentico mistero d’amore. L’amore, infatti,
esiste solo tra le persone e qualunque vocazione - che é
fondamentalmente una chiamata, un dialogo tra persone - é
sempre esperienza d’amore5.
Giá la parola AMORE ci coinvolge, ci sconvolge e ci inter-
pella, con la forza di quelle realtá che, decisamente, hanno il
primato nella nostra vita. Un amore nel quale, secondo le
parole di Gesú, siamo chiamati a «rimanere» 6: che quindi é
“grembo”, che ci contiene e ci genera, e avvolge tutte le fi-
bre del nostro essere. Non é forse questa consapevolezza che
esige e permette il dono della nostra vita?
Siamo chiamati a entrare IN noi; é, prima di tutto, un
3 Cfr. Rm 8,29-30.
4 Cfr. Ger 31,3.
5 Cfr. K. Wojtyla, Amore e responsabilítá, Marietti, Tormo 1978, pp. 242-243.
Cfr. inoltre Unitá M.
6 Cfr. Gv 15,9.

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CAMMINO INTERIORE quello che vogliamo intraprendere. Non
puo che essere cosi: é un cammino d’amore!
E questo itinerario ha, in realtá, un duplice obiettivo ma
un’unica strada: IMPARARE L’AMORE.
1. Imparare 1’amore vuol dire, prima di tutto, affrontare
un percorso personale di maturazione umana e affettiva: é la
finalitá piü propriamente EDUCATIVA del nostro itinerario.
Siamo chiamati a crescere nella consapevolezza della nostra
chiamata a essere persone; a riflettere sul significato e sul
valore della sessualitá umana, della NOSTRA sessualitá; a
sforzarci di scorgere in tali valori, nonostante le umane fra-
gilitá, un continuo e profondo appello a vivere in pienezza la
nostra vita e la vocazione alia santitá: a realizzare, cioé, la
vocazione all’amore attraverso la castitá del celibato.
2. Imparare 1’amore per essere, poi, evangelizzatori del-
1’amore: é una finalitá piü spiccatamente PASTORALE. II sa-
cerdote é ministro dell’amore e ministro della veritá. É al-
lora urgente che la nostra formazione ci consenta di cono-
scere la veritá sull’ amore umano e la sessualitá, sulla voca-
zione al matrimonio e alia famiglia. Ed é indispensabile che
tale conoscenza diventi quel vero annuncio del «vangelo
della vita»7 dal quale nessun prete, soprattutto ai nostri
giorni, puo tirarsi indietro.
Imparare 1’amore, dunque.
«L’amore non é cosa che si impari, e tuttavia non c’é cosa
che sia cosi necessario imparare» 8, scrive a tal proposito
Giovanni Paolo II, indicandoci la necessitá e, alio stesso
tempo, la delicata peculiaritá di un tale «apprendimento» che
non é técnico o puramente intellettivo. E piuttosto una
conoscenza ESPERIENZIALE e un’esperienza PERSONALE. Po-
tremmo dire che imparare 1’amore significherá - significa,
gia da oggi, per noi - innamorarci dell’amore e con esso - e
per suo mezzo - innamorarci della persona umana.
Amare 1’amore e la vita!
Questa la meta del nostro itinerario formativo, l’obiettivo
dei nostri futuri impegni pastorali. Nella certezza che la no-

7 Giovanni Paolo II, Lettera encíclica Evangelium vitae, 1; 2 (nota 2).


8 Id., Vareare la soglia della speranza, Mondadori, Milano 1994, p. 138.

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stra única meta é, e rimane, Dio, che É amore e vita.
Alcune parole di santa Teresa di Gesü Bambino riescono
forse a esprimere, in maniera straordinariamente semplice e
incisiva, il cuore di quel mistero nel quale siamo chiamati a
entrare e a introdurci con estrema naturalezza.
Scrive Teresa, quando ha ormai compreso come la sua
«vocazione» sia «l’amore»: «O Gesü, lo so, l’amore si paga
soltanto con 1’amore: perció ho cercato e ho trovato il modo
per calmare il mió cuore, rendendoti Amore per Amo- re...
Si, mió Amato, ecco come si consumera la mia vita!... Non
ho altro mezzo per provarti il mío amore che gettare fiori,
cioé non lasciare sfuggire nessun piccolo sacrificio, nessuno
sguardo, nessuna parola, approfittare di tutte le cose piü
piccole e farle per amoreL.Voglio soffrire per amore e anche
gioire per amore: cosi gettero fiori davanti al tuo trono; non
ne incontreró uno senza sfogliarlo per te! Poi gettando i miei
fiori cantero (come sarebbe possibile pian- gere nel fare
un’azione cosi gioiosa?), cantero, anche quando dovro
cogliere i miei fiori in mezzo alie spine, e il mió canto sará
tanto piü melodioso quanto piü le spine saranno lunghe e
pungenti»9.
Da questo brano possiamo trarre due elementi che in
qualche modo indirizzano la nostra riflessione. Santa Teresa
ci guida anzitutto a stabilire, anzi a riconoscere come vi sia
un rapporto strettissimo, un vincolo profondo, un lega- me
indissolubile tra AMORE e VITA. E proprio queste due parole
spiegano - lo vedremo bene - il significato della ses- sualitá
umana. «La mia vita - esclama la santa di Lisieux - si
consumera per amore!».
In questa offerta di sé é poi compreso ogni gesto e sguar-
do, i sacrifici e le gioie: tutto diventa canto di lode, tutto é
assorbito da questo binomio amore-vita. Due parole dunque
- amore e vita - che, proprio in quanto indissolubilmente le-
gate, trasmettono un’idea di pienezza, di TOTALITÁ.
«La mia vocazione é 1’amore!», grida santa Teresina: la
nostra vocazione é 1’ amore. «Un amore - potremmo quasi

9 Santa Teresa di Gesü Bambino, Manoseritto «B», in Opere complete, Librería


Editrice Vaticana, Ed. OCD, 1997, pp. 224-225.

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commentare con Giovanni Paolo II - che coinvolge l’intera
persona, nelle sue dimensioni e componenti fisiche, psichi-
che e spirituali, e che si esprime nel “significato sponsale”
del corpo umano, grazie al quale la persona dona se stessa
all’altra e la accoglie. Alia comprensione e alia realizzazio-
ne di questa “veritá” de 1Pamore umano tende l’educazione
sessuale rettamente intesa»10.
Da sacerdoti, saremo chiamati ad amare con «l’intera
persona», dunque nella totalitá.
La persona umana é un’unitá originalissima di corpo e
spirito, uno «spirito incamato»11. Potremmo provare a sche-
matizzame la struttura in quattro livelli.
1. BIOLOGICO. E il livello che appartiene alia persona qua-
le struttura giá data a essa, giá scritta in essa dal momento del
concepimento.
2. PSICOLOGICO. É il mondo delle emozioni, il carattere. É
un livello decisamente piü dinámico, certamente piü sensi-
bile - rispetto alia componente biologica - all’influenza di
fattori estemi.

10 Giovanni Paolo II, Esortazione apostólica Pastores dabo vobis, 44.


11 Congregazione per l’Educazione Cattolica, Orientamenti educativi sull’amo- re
umano, 21.

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3. MENTALE. É tutto ció che appartiene all’intelligenza
dell’uomo ma anche alia sua volontá, per cui la nostra intel-
ligenza umana si esprime e si distingue rispetto al mondo
animale.
4. SPIRITUALE-TRASCENDENTALE. E cid per cui la persona
umana é messa in comunione con tutto ció che é altro da sé,
ció che la trascende e la apre all’altro, aU’infinito, all’eter-
nitá, a Dio.
Queste componenti della natura umana non sono fra loro
separabili; non possono, cioé, venire distaccate senza che la
persona sperimenti una vera e propria frammentazione. Si
compenetrano in un’unitá originalissima, che impareremo a
conoscere come UNITÁ integrata10. La realtá biologica ap-
partiene persino al mondo vegetale; la dimensione psico-
emotiva é, in certa misura, presente anche negli animali. Ma
l’essenza spirituale, che é propria dell’uomo, ne perva- de e
ne impronta tutto l’essere.
«Spirito incarnato»! É cosi che dobbiamo guardare alia
persona umana: é cosi che dobbiamo leggere ir mistero della
sessualitá umana.
Per iniziare la nostra riflessione e intraprendere il nostro
cammino, dobbiamo dunque entrare nell’ottica della totali-
tá, nella TOTALITÁ DEL NOSTRO ESSERE PERSONE UMANE. E il
pre- supposto, questo, che puo consentirci di vivere la
vocazione in pienezza: perché questo nostro cammino -
semplice ma certamente essenziale - ci conduca a una tale
pienezza d’amore.

Obiettivi

Questa Unitá ci richiede di focalizzare l’inizio della vita


come prima e fondamentale vocazione della persona umana.
Parte integrante di tale vocazione é la chiamata a essere
uomo o donna e la chiamata alia feconditá, che significa
daré la vita. Si affronta una lettura di carattere biologico,
attraverso lo sviluppo di alcuni temi, proposti come appli-
cazione personale e come criterio per apprezzare il valore e
10
Cfr. Unitá B, Introduzione.

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la dignitá di ogni creatura umana:
- la conoscenza dei fondamentali aspetti biologici della
sessualitá umana;
- la riflessione sui significati che tale dinamismo biolo-
gico racchiude;
- la dignitá del corpo umano quale corpo «deH’uomo» e
«della donna»;
- la meraviglia dei processi legati alia procreazione;
- la bellezza della creatura femminile, custode della vita;
- il concepimento come inizio della vita umana;
- la vita nel grembo materno e il suo grande valore.
La dimensione biologica della sessualitá
umana: mistero di amore e vita

L’uomo: epifanía di eternitá


É attraverso il corpo che vogliamo ENTRARE nel mistero
della persona umana, nel nostro mistero. II corpo - afferma
Giovanni Paolo II - é «sacramento», in quanto «rivela l’uo-
mo» e rende visibile «il mistero invisibile nascosto in Dio
daH’etemitá»12. Ritomeremo in seguito sul profondo signi-
ficato di tale definizione. Ma, giá da ora, essa ci orienta a
ritrovare in noi uno «sguardo contemplativo» 13, che ci ri-
chiede e ci permette di guardare la dimensione biologica
dell’essere uomo e donna come rivelatrice di quei significa-
ti che la corporeitá é chiamata a coniugare, a custodire ed
esprimere: 1’amore e la vita.
É il DA SEMPRE - dicevamo prima - che genera il PER
SEMPRE. Non sarebbe possibile accogliere una chiamata e
rispondere a essa in maniera definitiva se non ci si sentisse
pensati, voluti, amati fin daH’etemitá. E non c’é dubbio che
questa entitá e qualitá d’amore, questa - appunto - ETERNITÁ
d’amore sia vera e concreta per ogni creatura umana.
12 Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó. Catechesi sull’amore umano, Cit-
tá Nuova, Roma 1985, pp. 60, 91.
13 Id., Lettera enciclica Evangelium vitae, 83.
Ma c’é un istante della vita dell’uomo, un momento della
vita eterna nel quale questo «da sempre» diventa reale, visi-
bile, incamato. É l’istante del CONCEPIMENTO DI UNA NUOVA
VITA: quando, attraverso la FECONDAZIONE, che é l’incontro
tra la cellula uovo e lo spermatozoo, viene al mondo una
nuova persona umana, única e irripetibile.
La cellula uovo e lo spermatozoo sono due cellule minu-
scole, quasi invisibili, denomínate GAMETI: l’unione di que-
ste due cellule, che se non si incontrassero sarebbero - come
tante cellule del nostro organismo - destínate a moriré, segna
l’inizio della realtá piü preziosa e insostituibile del-
1’universo: la persona umana, appunto.
Ogni vita, anche la nostra, é iniziata cosi: con il concepi-
mento. Vedremo successivamente come questo incontro
scateni un complesso evento biologico per il quale due cel-
lule diventano una sola, assolutamente nuova e única.
Per ora, ci basta quasi contemplare questo miracoloso
inizio di vita che segna il momento della creazione dell’ uo-
mo, Pistante in cui la nostra stessa vita é uscita dalle mani del
suo Signore: il vero INIZIO della nostra vocazione.
E proprio qui, dunque, che quel DA SEMPRE con cui Dio
ama ogni persona diviene vivente. II concepimento é EPIFA-
NÍA DI ETERNITÁL Etemitá di una vita - la vita dell’uomo, la
nostra stessa vita - che DA SEMPRE é nel cuore di Dio e che da
ora, e PER SEMPRE, non avrá fine.

Lo sviluppo puberale del ragazzo

La potenzialitá di daré la vita giunge a maturazione nel


ragazzo e nella ragazza nel periodo adolescenziale, in quel-
la fase fisiológica denominata PUBERTÁ.
NEÑ’APPARATO GENITALE MASCHILE inizia la produzione
degli spermatozoi. Lo SPERMATOZOO é una cellula a forma di
girino ed é composta da testa, corpo e coda. Nella testa sono
presentí le informazioni genetiche, racchiuse nei cosiddetti
CROMOSOMI, dei piccoli bastoncelli che contengono il Dna. II
messaggio genético contenuto nei cromosomi dello
10
Cfr. Unitá B, Introduzione.

27
spermatozoo, combi- nandosi poi a quello della cellula uovo,
imprimerá le caratteri- stiche genetiche alia nuova persona
umana. La coda é essen- ziale per daré agli spermatozoi la
motilitá, che é importante perché essi possano fuoriuscire
dalle vie genitali maschili e muoversi poi all’interno
dell’apparato genitale femminile.
É molto interessante sapere che ogni spermatozoo pos-
siede un messaggio genetico dimezzato (23 CROMOSOMI) ri-
spetto a quello di tutte le altre cellule dell’organismo (che ne
contengono 46), dal momento che dovrá appunto unirsi alia
cellula uovo. Inoltre il messaggio genetico é diverso per ogni
spermatozoo. La stessa cosa si verifica per la cellula uovo,
cosicché l’unicitá genetica della persona é giá, in un certo
senso, preannuneiata dall’assoluta diversitá dei ga- meti che
la generano14.
La produzione degli spermatozoi avviene nei TESTICOLI,
organi collocati in una specie di borsa di pelle detta SCROTO,
estemamente al corpo dell’uomo. L’ubicazione esterna dei
testicoli é motivata dal fatto che gli spermatozoi, per so-
pravvivere, necessitano di una temperatura inferiore rispet-
to alia temperatura corporea interna. Nella vita embrionale e
fetale, quando cioé il bambino si trova nel grembo materno, i
testicoli sono contenuti dentro l’addome. Perché la
maturazione del sistema riproduttivo sia completa e l’uomo
sia fertile, é pero essenziale che, prima della nascita, essi
compiano una DISCESA per collocarsi esternamente, all’in-
terno della borsa scrotale.
I testicoli sono formati da una serie fitta di tubi, i TUBULI
SEMINIFERI, aggrovigliati come un gomitolo e rivestiti inter-
namente da cellule dalle quali originano gli spermatozoi. Tra
i tubuli seminiferi si trovano altre cellule - le CELLULE IN-
TERSTÍZIALI O DI LEYDIG - che hanno la funzione di secernere
gli ORMONI SESSUALI MASEHILI (ANDROGENI).
Gli ORMONI sono, per definizione, dei messaggeri e cioé
sostanze chimiche secrete da alcune ghiandole dell’ organi-
smo direttamente nel sangue: attraverso esso, gli ormoni
14 Cfr. Langman, Embriología medica, Piccín, Padova 1978, pp. 3-7; De Ro- bertis,
Saes, De Robertis jr., Biología della cellula, Zanichelli, Bologna 1977, pp. 205-214.
Vedi in proposito nota n. 15.
possono raggiungere vari organi - i cosiddetti ORGANI-BER-
SAGLIO - sui quali esercitano le loro funzioni.
Gli ormoni androgeni, oltre ad avere un diretto effetto
sulla produzione di spermatozoi, sono anche responsabili
della strutturazione dei cosiddetti CARATTERI SESSUALI SECON-
DARI. II comparire della barba o il cambiamento del tono di
voce in un ragazzo in etá puberale sono, per esempio, feno-
meni di natura ormonale. Nell’adolescenza tutto il corpo del
ragazzo assume caratteristiche MASCHILI, a riprova del fatto
che la sessualitá non é - neppure per quanto riguarda la sfe-
ra biologica - riducibile esclusivamente alia genitalitá.
II regista di tutto il meccanismo della maturazione ses-
suale e della fertilitá, quindi potremmo dire L’ORGANO SES-
SUALE PIÜ IMPORTANTE, é il cervello. Le ghiandole
IPOTALAMO e IPOFISI, che si trovano in esso, producono
infatti alcuni particolari ormoni che servono ad avviare,
regolare ed eventualmente bloccare tutti gli altri meccanismi
ormonali del nostro corpo, compresi quelli della sfera
riproduttiva: gli ormoni ipotalamici e ipofisari regolano
dunque la secre- zione di androgeni da parte del testicolo e la
maturazione degli spermatozoi.
Gli spermatozoi, una volta maturi, possono fuoriuscire dal
testicolo attraverso una serie di canali: VEPIDIDIMO, posto al
di sopra del testicolo stesso, che funge quasi da ser- batoio
per il deposito degli spermatozoi; a esso segue il DOTTO
DEFERENTE, che va poi a sboccare nell’uretra.
L’ URETRA é composta da due porzioni, di cui una é
1’uretra prostatica; questa riceve nel suo tragitto un fluido
prodotto da tre ghiandole che si trovano lungo il suo
percorso: la PRÓSTATA e le due VESCICOLE SEMINALI. Tale
fluido, unendosi agli spermatozoi provenienti dal testicolo,
forma il LIQUIDO SEMINÓLE, il quale viene espulso attraverso
l’altra porzione dell’uretra che si trova all’intemo del PENE,
durante la co- siddetta eiaculazione.
L’ EIACULAZIONE o eliminazione del liquido seminale si
verifica in genere durante un atto sessuale ma puó anche av-
venire in maniera spontanea, ad esempio durante un parti-
colare fenomeno detto polluzione nottuma. É essenziale, a
10
Cfr. Unitá B, Introduzione.

29
questo punto, una precisazione che ci consenta di sfatare
quello che forse é un preconcetto diffuso. Non é assoluta-
mente necessario che l’uomo, per la sua buona salute, prov-
veda volontariamente all’eliminazione delle cellule sperma-
tiche, per esempio attraverso la masturbazione: il ciclo vítale
degli spermatozoi procede infatti naturalmente e in modo
continuo. Ció, tra l’altro, significa che, dalla pubertá alia
vecchiaia, l’uomo é fertile ogni giomo.

L’apparato riproduttivo della donna

Diversa é la situazione per quel che riguarda il sistema


riproduttivo femminile. Nella donna il processo della ferti-
litá si svolge aH’interno di un ciclo, un periodo cioé nel quale
si altemano - cíclicamente appunto - vari fenomeni, dei quali
il piü importante é il processo della maturazione della
CELLULA UOVO. Infatti, mentre la produzione degli sper-
matozoi é per l’uomo un processo continuo, nella donna un
intero ciclo porta in genere alia maturazione di una singóla
cellula uovo.
L’APPARATO GENITALE FEMMINILE, a differenza di quello
maschile, é collocato quasi completamente aH’intemo del
corpo della donna, nell’ addome: anche questo ha una sua
precisa motivazione fisiológica. In esso, precisamente dentro
il corpo dell’útero, dovrá rimanere ogni bambino durante
tutta la durata della gravidanza.
L’ÚTERO é un viscere cavo, cioé vuoto all’intemo, proprio
per questo ruolo che sará deputato a svolgere. II CORPO del-
1’útero, cioé la parte piü alta, é internamente rivestito da una
mucosa detta ENDOMETRIO, che costituisce una sorta di nido
dentro il quale il bambino scaverá una nicchia circa una
settimana dopo il concepimento.
II CONCEPIMENTO O FECONDAZIONE - cioé l’incontro tra la
cellula uovo e lo spermatozoo - avviene infatti nelle TUBE,
due canali che, quasi come due braccia, partono dal corpo
dell’utero e arrivano a ridosso delle ovaie.
Le OVAIE hanno, nella donna, un ruolo analogo a quello dei
testicoli nell’uomo: sono due, si trovano ai lati dell’ute- ro, e
in esse avviene sia la maturazione della cellula uovo sia la
produzione degli ORMONI SESSUALI FEMMINILI (ESTROGENI E
PROGESTERONE).
II corpo dell’utero continua, in basso, nel EOLIO
DELL’ÚTERO
O CERVICE UTERINA, un organo piuttosto piccolo ma molto
importante ai fini della fertilitá: il suo ruolo é infatti, come
ve- dremo meglio, quello di regolare l’ingresso degli
spermatozoi alFinterno delle vie genitali femminili.
II eolio dell’útero sbocca nella VAGINA, un canale che ter-
mina con i GENITALI ESTERNI.
La fisiología riproduttiva femminile ha un andamento piü
articolato rispetto a quella maschile ed é forse piü affasci-
nante, soprattutto in relazione al fatto che aiuta a compren-
dere meglio come il filo conduttore che regola tutti gli even-
ti biologici sia la possibilitá della trasmissione della vita.
Pos siamo davvero affermare che la chiamata alia fecon-
ditá é sapientemente e indelebilmente scritta giá nella strut-
tura física di ogni persona. E se é vero che tale chiamata si
realizza in modo diverso in ogni persona e in ogni vocazione,
é altrettanto vero che imparare a riconosceme le caratte-
ristiche é giá un modo di cogliere il significato e il valore di
quel disegno di vita che il Creatore affida all’uomo, per po-
terlo attuare secondo le sue modalitá e nel suo volere.
Le ovaie della donna possiedono, giá dalla loro formazio-
ne nella vita embrionale, il proprio patrimonio di piccolissi-
me cellule uovo, destínate a maturare durante la vita fertile,
che va dalla PUBERTÁ alia cosiddetta MENOPAUSA, quel perio-
do che segna la cessazione della fertilitá femminile.

Fisiología del ciclo mestruale

La maturazione periódica della cellula uovo é stimolata


dai messaggi ormonali provenienti - anche nella donna -
dalle ghiandole del sistema nervoso, chiamate IPOTALAMO e
IPOFISI. Anche nella fisiología femminile, dunque, il cervel-
10
Cfr. Unitá B, Introduzione.

31
lo funziona da regista e innesca, in questo caso, un proces- so
detto CICLO MESTRUALE. Gli eventi biologici di tale ciclo, se
guardati con attenzione e stupore, ci fanno comprendere
come alia creatura femminile sia affidato il compito di pre-
parare, accogliere e custodire la vita.
Durante la sua maturazione, la cellula uovo é attorniata da
altre piccole cellule: questo insieme é detto FOLLICOLO e
produce gli ORMONI ESTROGENI. Anche gli ormoni sessuali
femminili, come i maschili, raggiungono tanti organi bersa-
glio, conferendo particolari caratteristiche al corpo della
donna: nella ragazza, lo svilupparsi dei fianchi e del seno -
che facilitano rispettivamente il compito del parto e dell’al-
lattamento - ha, per esempio, una causa ormonale.
Ma gli ormoni, ciclo per ciclo, agiscono anche sull’appa-
rato genitale femminile. Gli estrogeni arrivano anzitutto
a\YENDOMETRIO, stimolandone l’ispessimento e facendo si
che esso si arricchisca di vasi sanguigni: preparándolo, cioé,
a ospitare il bambino qualora si instauri una gravidan- za.
Mentre, nell’ovaio, una cellula uovo si prepara ad accogliere
lo spermatozoo - giá prima, cioé, di sapere se la vita sia
iniziata - viene costruito un «nido» per il bambino.
Gli estrogeni raggiungono anche il EOLIO DELL’ÚTERO, sti-
molando la secrezione del cosiddetto MUCO CERVICALE, una
sostanza che ha tre importanti funzioni 15. II muco permette
YINGRESSO DEGLI SPERMATOZOI dentro l’utero: esso apre, per
le cellule spermatiche, delle vere e proprie strade, canali at-
traverso i quali gli spermatozoi possono nuotare e risalire
fino alie tube per poter incontrare la cellula uovo. II muco,
poi, provvede alia SOPRAVVIVENZA DEGLI SPERMATOZOI : li nu-
tre, li protegge e li lascia “riposare” all’interno del eolio
dell’utero, permettendo loro di sopravvivere anche fino a 3-
5 giomi, un tempo davvero eccezionale, considerato che la
vita propria degli spermatozoi sarebbe al massimo di poche
ore. II muco, inoltre, esercita una preziosa opera di SELEZIO-
NE, filtrando quegli spermatozoi anomali che sono sempre

15 Cfr. E. Odeblad, The cervix, the vagina and fertility in E. L. Billings, J. J.


Billings, M. Catarinich, Billings Atlas of the Ovulation Method, Advócate Press,
Melboume 1989, pp. 85-94.
presentí nell’eiaculato maschile e impedendo loro l’ingres-
so in útero: é un importante meccanismo di difesa del bam-
bino da eventuali malattie congenite.
Quando la cellula uovo é ormai matura, viene espulsa dal-
l’ovaio e captata dalla tuba: questo é 1’evento fondamentale
del ciclo, V OVULAZIONE. La sopravvivenza della cellula uovo
nella tuba é piuttosto breve, 6-12 ore, massimo 24: é solo
questo il tempo in cui lo spermatozoo puó raggiungerla.
Dopo 1’ovulazione, le cellule che circondavano la cellula
uovo rimangono nell’ovaio, formando qui un ammasso
giallognolo, detto CORPO LÚTEO, il quale continuerá a produr-
re ormoni: agli estrogeni, secreti ora in minore quantitá, si
aggiunge il PROGESTERONE, la cui azione caratterizza questo
periodo, che é la cosiddetta FASE POST-OVULATORIA DEL
CICLO. Se, nel frattempo, si verificasse il concepimento, sará
infatti il progesterone a sostenere e a proteggere le prime fasi
della gravidanza.
Dopo 1’ovulazione, il progesterone conclude la prepara-
zione deU’endometrio ai fini della gravidanza e agisce anche
sul eolio dell’utero, stimolando la secrezione di un tipo di
muco che rimane ora impenetrabile da parte degli sper-
matozoi. Si tratta di un vero e proprio TAPPO DI MUCO, che
impedisce l’accesso alia cavitá uterina sia alie cellule sper-
matiche sia a eventuali germi, proteggendo l’apparato geni-
tale femminile per tutta la durata della fase post-ovulatoria e,
nel caso ci sia il concepimento, per tutta la gravidanza.
Se il concepimento non si verifica, il ciclo si avvia alia sua
conclusione: entro un giomo dall’ovulazione, la cellula uovo
degenera; il corpo lúteo rimane nell’ovaio per circa due
settimane ma poi degenera anch’esso, causando una brusca
interruzione della secrezione ormonale che, a sua volta,
provoca lo sfaldamento deirendometrio. Questa é
precisamente la MESTRUAZIONE, una “perdita” di sangue e
tessuto endometriale: il sangue che avrebbe dovuto nutriré il
bambino e il nido che avrebbe dovuto accoglierlo. La me-
struazione é il segno che il progetto della gravidanza non si é
realizzato: essa, d’altra parte, segna l’inizio di un nuovo
ciclo, dunque costruisce nel corpo della donna una nuova

33
possibilitá perché ella possa portare a termine il compito di
daré la vita.
É davvero stupendo rendersi conto di come il ciclo porti
impresso in sé, in ogni piccolo particolare, IL GRANDE MES-
SAGGIO DELLA FECONDITÁ, un messaggio che é straordinaria-
mente evidente nella creatura femminile e, tra l’altro, fácil-
mente riconoscibile da parte della donna stessa.

Sessualitá e feconditá

C’é ancora un’altra riflessione. II mistero della vita, il suo


inizio nel corpo della donna avviene - lo abbiamo visto
- grazie all’ INCONTRO tra due cellule. Ma l’incontro tra la
cellula uovo e lo spermatozoo puo avvenire grazie all’in-
contro tra due persone: l’uomo e la donna. E un grande mi-
stero dentro un altro grande mistero. E il vincolo che unisce
questi due eventi non é certo privo di significato, ma é di
grande aiuto per meglio comprendere il valore della sessua-
litá e della stessa vita umana.
Essere uomo o donna significa essere persone: 1’essere
umano si caratterizza per questa sua appartenenza al mondo
maschile e femminile. La SESSUALITÁ non é dunque un sem-
plice attributo o una qualitá, ma significa, innanzitutto,
IDENTITÁ della persona. La sessualitá - potremmo dire - non
fa parte di cid che la persona HA, ma di ció che la persona É.
E dal momento che la persona é un’originale e saldissima
unitá di corpo, psiche, mente e spirito, anche la sessualitá
identifica la persona in tutte le sue dimensioni: non solo, ad
esempio, nella corporeitá.
L’incontro di cui parliamo non é dunque casuale o un
semplice contatto físico. É mistero di due persone e di due
storie, anch’esse diverse; di due vite che camminavano verso
qualcosa, alia ricerca di un significato: e l’hanno trovato
l’una negli occhi dell’altra. Se é vero che tutti gli eventi
biologici «lavorano» nel nostro corpo affinché sbocci la vita,
é altrettanto vero che tanti eventi, nella storia di due persone,
sembrano essere tra loro legati e appartenere a un di- segno e
a un cammino che porta all’amore.
L’incontro di due cellule genera la vita: l’incontro tra due
persone é generato dall’amore. Dunque é 1’amore che genera
la vita. Ma, d’altra parte, 1’amore non puó esistere senza la
vita.
Questi elementi, preziosi per il nostro approfondimento, ci
vengono quasi insegnati dalla biologia della sessualitá. Al
termine di questa riñessione ritroviamo dunque quelle due
parole che, fin dall’inizio, l’avevano indirizzata: AMORE E
VITA. Ecco i valori, i significati della sessualitá umana: quasi
un’armonia che fa da sottofondo ai meccanismi della
maturazione sessuale, ai vari eventi del ciclo mestruale, a
tutto il disegno della fertilitá.
Amore e vita. Significati inscindibili, valori inseparabili: e
questo é molto importante. Non sappiamo quale delle due
realtá abbia generato Pal tra; ma di certo sappiamo Chi ha
generato entrambe. E sappiamo che noi, nel nostro essere
uomo e donna, chiamati all’amore e alia vita, siamo SUA
IMMAGINE.
II dono della vita

Quando inizia la vita umana?

Quando tutte le condizioni sono favorevoli e tutto é pronto


nel ciclo femminile - cioé durante il periodo della fertilitá
all’incontro sessuale tra un uomo e una donna puo seguire la
nascita di una nuova persona umana. Gli spermatozoi
vengono depositati in vagina: alcuni sono súbito eliminati,
altri risalgono immediatamente verso le tu- be, altri ancora
rimángono nel eolio delF útero e vengono poi spinti verso
l’alto a ondate successive. Dal momento in cui la cellula
uovo é espulsa dall’ovaio, puo quindi avveni- re il miracolo
di quell’incontro che, all’inizio del nostro cammino, abbiamo

35
definito EPIFANÍA DI ETERNITÁ: la FECONDA- ZIONE, che é
l’inizio della vita.
Due cellule si incontrano e, prima di incontrarsi, quasi si
scelgono. Non conosciamo il perché di quella scelta, di
quella selezione spermatica che consente a una cellula spe-
cifica di essere proprio lei a fecondare 1’ ovulo. Sappiamo
peró che, non appena lo spermatozoo penetra all’interno della
cellula uovo, la nuova unitá che si é formata si chiude
ermeticamente, evitando il possibile ingresso di altre cellule
spermatiche.
É straordinario riflettere sul fatto che le caratteristiche
genetiche che la nuova persona avrá possono essere solo il
fratto dell’incontro di QUELLE due specifiche cellule, e non di
altro. Ogni cellula spermatica e ogni cellula uovo possie-
dono infatti un messaggio genetico diverso le une dalle altre
in seguito al processo di divisione che le genera, la meiosi, in
cui particolare importanza assume il Crossing- OVER, cioé la
fase di scambio16. Leggiamo in un libro di biología: «La
meiosi rappresenta il meccanismo che provvede alia
distribuzione delle unitá ereditarie (i geni), consenten- done
una libera ricombinazione dovuta al caso. II crossing- OVER
rende possibile l’associazione fra geni di cromosomi
differenti e la loro ricombinazione. Se questo fenomeno non
si avverasse, rimmutabilitá deí cromosomi porterebbe a un
arresto dell’evoluzione della specie, e la natura vi vente
perderebbe la sua caratteristica varietá» 17.
Provando a leggere diversamente tale testo, non ci é dif-
ficile individuare nel complesso meccanismo biologico che

16 Cfr. Langman, Embriología medica, Piccin, Padova 1978, pp. 3-7; De Ro- bertis,
Saes, De Robertis jr., Biología della cellula, Zanichelli, Bologna 1977, pp. 205-214. Da
notare che il crossing-over consiste in un processo che precede ¡inmediatamente la
divisione vera e propria del patrimonio genetico ed é caratteriz- zato da un complesso
scambio dei geni, cioé di segmenti cromosomici, che portera i cromosomi derivanti a
essere totalmente diversi da quelli delle cellule che li generano e, peraltro, diversi gli uni
dagli altri. Per questo si puo affermare che ogni cellula spermatica e ogni cellula uovo
possiedono un messaggio genetico origínale, che differenzia le une dalle altre.
17De Robertis, Saes, De Robertis jr, Biología della cellula, Zanichelli, Bologna
1977, pp. 212-213.
stiamo esaminando non tanto la garanzia dell’ “evoluzione
della specie” quanto la conferma dell’unicitá e irripetibilitá di
ogni persona umana; non tanto, inoltre, un asettico “caso”
che regola il ricombinarsi dei geni, quanto la sapiente e
amorevole mano del Creatore, che sceglie e plasma la sua
creatura, única e preziosa ai suoi occhi giá a partiré dalle
cellule che la generano.
Cambia, cosi, il criterio: e la biología della cellula sfocia
nella riflessione sulla vita umana.
II concepimento avviene in una delle due tube, nella parte
piü esterna, portando a un fenomeno biológicamente raro e
strano: la FUSIONE CELLULARE. La cellula uovo e lo sperma-
tozoo si fondono assieme e da essi deriva un’única cellula,
completamente nuova e diversa rispetto alie due cellule che
l’hanno generata. E lo ZIGOTE, prima cellula costitutiva della
persona, che ha scritte nel proprio códice genetico tutte le
caratterístiche del nuovo essere umano la cui vita é appena
iniziata, compresa l’identitá sessuale.
Ciascuno di noi, in ogni cellula del proprio organismo,
porta impresso nei 46 CROMOSOMI un messaggio genetico
idéntico. Si tratta esattamente dello stesso messaggio che ci
ha identificati, caratterizzati da quando la nostra vita era al
io stadio di zigote. Le uniche cellule che nell’organismo
possiedono un messaggio differente sono, come gia abbia-
mo visto, proprio la cellula uovo e lo spermatozoo.
II messaggio cromosomico ci consente di stabilire come,
gia dal suo inizio biologico, la nuova vita abbia una precisa
IDENTITÁ, appartenga chiaramente alia specie UMANA e sia
inoltre NUOVA, ÚNICA e AUTÓNOMA: a partiré dal proprio códi-
ce genetico, il bambino sará infatti in grado di svilupparsi
gradualmente e di costruire da sé tutto ció che gli é utile per
la sua sopravvivenza nell’utero prima e nella vita post-nata-
le £0i18.
E molto importante che qui si faccia una piccola rifles-
sione sul concetto di AUTONOMÍA. Dire che il nuovo essere
18 Cfr. A. Serra, R. Colombo, Identitá e statuto dell’embrione umano: il contributo
della biología, in Pontificia Academia Pro Vita, Identitá e statuto dell’embrione umano,
Librería Editrice Vaticana, Citta del Vaticano 1998, pp. 131-133.

37
umano é autonomo non significa asserire che non ha biso-
gno di nulla; sarebbe ridicólo basare il concetto di autonomía
su una presunta e assoluta autosufficienza dell’indivi- duo. É
chiaro che lo zigote, che súbito inizierá a moltiplica- re il
proprio corredo cellulare divenendo presto un EMBRIO- NE,
necessita di essere accolto nel corpo della madre, nutri- to,
protetto... Ma, a rifletterci bene, la vita di ogni essere umano
ha bisogno di precise condizioni per continuare: nutrimento,
condizioni climatiche ecc... La vita umana ha bisogno anche
di amore: senza sperimentare l’accoglienza, la creatura si
troverebbe persa e incapace di trovare in sé le stesse ragioni
per vivere.
La situazione del bimbo nel grembo materno non é del
tutto differente.
Dopo il concepimento e la formazione dello zigote, ini- zia
un processo rápido di MOLTIPLICAZIONE CELLULARE: potrem-
mo pensare che si tratti di cellule tutte uguali, ma in realtá
esse giá possiedono una certa specializzazione, dal momento
che andranno a formare parti precise del corpo del bambino e
delle altre stratture, quali ad esempio la placenta, di cui egli
ha bisogno per la sua vita intrauterina.
Si tratta, cioé, di un “organismo”, nel quale le varíe cellule
lavorano in sincronía e unitá, non potrebbero sopravvi- vere
isolatamente: un organismo che rimarrá uguale come forma,
pur cambiando la materia19.
Nell’arco di tempo di circa una settimana, il bambino
compie un tragitto di DISCESA all’interno della tuba, sospin-
to dal movimento delicato delle contrazioni della tuba stes-
sa: arriva cosi aU’endometrio, IMPIANTANDOSI in esso. Li,
nella nicchia che si scava, rimarrá ad accrescersi per tutta la
durata della gravidanza.
Una volta che il concepimento si é verificato, la situazio-

19 Cfr. ibicl., pp. 110-112.


ne ormonale della donna cambia immediatamente. L’ovula-
zione - e quindi la mestruazione - é bloccata; il muco cer-
vicale rimane, come un tappo, a chiudere l’ingresso all’útero,
proteggendo il bambino. Ció che conta, adesso, non é piü
favorire il concepimento, ma accogliere e proteggere la
nuova vita.

Vita umana e persona umana

Esiste, nell’ámbito medico, filosofico e persino teologi-


co, un vivace dibattito riguardante l’inizio della vita umana.
E tante problematiche - alcune delle quali esamineremo
successivamente20 - si possono instaurare proprio a motivo di
un’equivoca valutazione della dignitá del feto, dell’em-
brione, dello zigote... della dignitá dell’uomo.
Non é questa, certamente, la sede per dibattere
specifiche questioni di carattere biologico o
filosofico. Tuttavia é ne- cessario comprendere
ulteriormente come la conoscenza del processo di
sviluppo del quale abbiamo parlato sia sup- porto
dell’insegnamento della Chiesa in tema di rispetto
dell’embrione umano.
Abbiamo visto che la fecondazione inaugura la
presenza di una vita: nuova, única, geneticamente
umana.
II processo di sviluppo che é immediatamente
innescato dalla fecondazione mantiene un’importante
CONTINUITÁ: se, cioé, una di quelle fasi di sviluppo
venisse impedita, QUELLA vita sarebbe interrotta per
sempre. Questo processo di sviluppo possiede inoltre
una peculiare GRADUALITÁ: in essa é mantenuta
l’identitá, l’individualitá e l’unicitá che, dal con-
cepimento, caratterizza il nuovo essere umano 21.
20 Cfr. in particolare Unitá I, Riflessioni su aborto, contraccezione, sterilizza- zione,
fecondazione artificiale.
21 Cfr. A. Serra, R. Colombo, Identitá e statuto dell’embrione umano,
op. cit., pp. 143-146. Sul tema dell’identitá biologica deirembrione umano
cfr. anche: A. Serra, Lo stato biologico dell’embrione umano: quando inizia

39
L’istruzio- ne DONUM VITAE, pur non entrando nel
dibattito filosofico, afferma tuttavia con chiarezza
che «le conclusioni della scienza sull’embrione
umano forniscono un’indicazione preziosa per
discemere razionalmente una presenza perso-
1 nale fin da questo primo comparire di una vita
umana». E si
|, chiede: «Come un individuo umano non sarebbe una
perso-
! na umana?»22.
¡ La conclusione é illuminante e non lascia spazio a
dubbi
¡ di carattere filosofico o genetico. Anzi, proprio se in
qual-
¡ cuno qualche dubbio dovesse permanere, data l’ovvia
in-
¡ sufficienza dei dati sperimentali rispetto - ad esempio
- al
ia possibilitá di una “prova” dell’inizio dell’anima,
ció ob- ¡ bligherebbe maggiormente a un rispetto
assoluto di questa
f vita fin dal suo sbocciare 23. «L’essere umano va
rispettato e trattato come persona fin dal suo concepimento e,
perianto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere
i diritti della persona, tra i quali anzitutto il diritto inviolabile
di ogni essere umano innocente alia vita» 24.

La vita prima di nascere

Lo sviluppo della vita nel grembo materno é davvero un


mistero profondo e affascinante da contemplare. Súbito,
nell’embrione, comincia la formazione dei vari organi, e al-
l'«essere umano»?, in E. Sgreccia, R. Lucas Lucas (a cura di), Commento
interdisciplinare alia Evangelium vitae, Librería Editrice Vaticana, Cittá del
Vaticano 1997, pp. 571-597; E. Sgreccia, Manuale di bioética, Vita e
Pensiero, Milano 1999, vol. I, pp. 440-466.
22Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Donum vitae, I, 1.
23Cfr. E. Sgreccia, Manuale di bioética, p. 465.
24Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Donum Vitae 1,1.
cuni giá dai primi giorni iniziano a funzionare. II cuore del
bambino batte in maniera autónoma circa dal diciottesimo
giomo...
A due mesi dal concepimento, precisamente alia fine del-
l’ottava settimana di vita intrauterina, per il bambino, lungo
solo due o tre centimetri, é completata la formazione degli
organi: «l’embrione possiede, sia puré in miniatura, tutte le
strutture caratteristiche dell’uomo, con il sesso ben definito,
quali sono riconosciute al termine della gravidanza» 25.
La FASE EMBRIONALE é dunque finita: ora si chiama FETO.
Egli continuerá ad accrescersi; il suo dialogo con la madre,
che da súbito é presente per motivi ormonali e psicologici,
diventerá sempre piü evidente e profondo.
Infatti, man mano, che si sviluppa l’orecchio estemo e
interno, e cioé tra il terzo e quarto mese di vita intrauterina, il
bambino sará in grado di percepire e riconoscere i suoni che
pro- vengono dall’esterno e che gli sono ben trasmessi dal
liquido amniotico, nel quale é immerso e dal quale viene
protetto. Cosi le voci della madre e del padre, alcuni rumori
comuni e alcune musiche diventeranno familiari per la sua
stessa vita26.
íntanto, sempre attomo al quarto e quinto mese, anche la
madre sará in grado di percepire i movimenti fetali e, attra-
verso di essi, potra interpretare i messaggi del suo bambino,
per altri assolutamente incomprensibili. Madre e figlio si
scambiano emozioni, richieste, gioia, dolore, vita e affetto,
con la meraviglia única e silenziosa che é peculiaritá di ogni
dialogo d’amore.
Ecco, la donna é strutturata per questo disegno di vita, e
per questo é particolarmente consapevole di quella grande
dignitá dell’esistenza che ella porta, o che potrebbe portare,
dentro di sé. É vita non súbito evidente: germoglia nel se-
greto di un grembo. E la donna che vive, nella carne o nello
25 A. Serra, II neoconcepito alia luce degli attuali sviluppi della genética uma-
na, in A. Fiori, E. Sgreccia, L’aborto. Riflessioni di studiosi cattolici, Vita e Pensiero,
Milano 1975, p. 123.
26Cfr. E. Benassi, Aspettar cantando: la voce nella scena degli affettiprenata- li, in
Música e terapia. Quaderni italiani di musicoterapia, Boccassi, Alessandria 1997, vol.
V, n. 2, pp. 10-17.

41
spirito, la propria vocazione alia matemitá, puo forse com-
prenderla e comunicarla con le parole di una famosa
espressione di Antoine de Saint-Exupéry: «Ecco il mió se-
greto. É molto semplice: non si vede bene che col cuore.
L’essenziale é invisibile agli occhi» 27.

La dignitá dell’uomo: una profezia

Nell’enciclica EVANGELIUM VITAE Giovanni Paolo II ci in-


vita a contemplare il mistero della Visitazione 28 come una
rivelazione che si manifesta proprio a opera di due bimbi non
ancora nati. Gesü e Giovanni Battista sono due vite in-
visibili nel grembo delle loro madri, ma «nel loro incontro
inizia a operare la forza redentrice della presenza del Figlio
di Dio tra gli uomini»29.
Se é vero che Giovanni Battista é il profeta per eccellen-
za, dobbiamo ríconoscere che la forza della sua profezia
inizia proprio da quel «sussultare nel grembo» che é silen-
ziosa, invisibile ed efficace professione di fede nella vita.
La profezia dei bambini diventa poi profezia delle madri,
come leggiamo nelle parole di sant’Ambrogio riportate nel
medesimo brano della EVANGELIUM VITAE: «Essi, nel seno
delle loro madri, realizzano la grazia e il mistero della miseri-
cordia a profitto delle madri stesse: e queste, per un duplice
miracolo, profetizzano sotto l’ispirazione dei figli che porta-
no»30. Potremmo dire che - in un certo senso - i figli donano
alie madri la possibilitá di una piena comprensione della loro
identitá, della loro missione, che é loro affidata da Dio.
Non c’é dubbio che oggi ci sia grande bisogno di questa
profezia. C’é bisogno di profeti dell’identitá dell’uomo, della
sua missione, del mistero di Dio per l’umanitá. Ma tale
profezia, nel nostro mondo, esige una rilettura contemplativa

27 A. de Saint-Exupéry, II piccolo principe, Tascabiü Bompiani, Milano 1985, p.


98.
28Cfr. Le 1,39-56.
29Giovanni Paolo II, Lettera encíclica Evangelium vitae, 45.
30 Sant’Ambrogio, Expositio Evangelii secundum Lucam 11, 22-23, citato in
Evangelium vitae, 45.
e un’accoglienza stupita e incondizionata del grande mistero
della trasmissione della vita.
Al bimbo che dentro il grembo materno nuota nel liquido
amniotico, si succhia il dito, tira i calci alia madre ed esulta
di gioia nel sentire la sua voce, é oggi affidata ancora di piü
la grande profezia della dignitá e del valore della vita che, da
súbito, esige di essere accolta con amore - puó continuare,
1’abbiamo visto, solo a questa condizione - e che, gene- rata
dall’amore, lo suscita e lo fa crescere. E 1’amore é piü
grande anche della profezia31.
Tuttavia anche la nostra missione profetica di sacerdoti
non sará possibile se, attraverso l’accoglienza di ogni vita
umana, questa profezia non diventa nostra.
«II Figlio prediletto di Dio - scrive il Papa nella sua LET-
TERA AI BAMBINI - si presenta tra noi come un neonato; inter-
no a lui i bambini di ogni nazione della térra sentono su di sé
lo sguardo colmo d’ amore del Padre celeste e gioiscono
perché Dio li ama. L’uomo non puó vivere senza amore. Egli
é chiamato ad amare Dio e il prossimo, ma per amare
veramente deve avere la certezza che Dio gli vuole bene» 32.
II prete é chiamato ad annunciare questa splendida e in-
dubitabile veritá a ogni creatura umana: «Dio ti ama»; é co-
me se, noi per primi, dovessimo dirlo anche a ogni bambino
che da qualche istante ha cominciato la sua vita intrauterina.
Oggi il rifiuto della vita é un dramma che assume dimen-
sioni gigantesche: per questo, la difesa e la promozione della
vita umana é una delle sfide della nuova evangelizzazio- ne.
E ci obbliga a credere ferinamente e ad annunciare, con le
parole e con le opere, che alia fine la vittoria sará della vita 33.

La donna ci insegna ad amare la vita

In questo annuncio un ruolo speciale spetta alia donna, che

31Cfr. ICor 13,2.8.


32 Giovanni Paolo II, Lettera del Papa ai bambini nell’anno della famiglia, Li-
brería Editrice Vaticana, Cittá del Vaticano 1994, p. 15.
33Cfr. Ap 21,4; Giovanni Paolo II, Lettera encíclica Evangelium vitae, 105.

43
é chiamata in modo del tutto particolare a partecipare e,
quasi, a INSEGNARE la preziositá della potenzialitá procreati-
va. Tale comunicazione ha certamente un valore grande e
particolarissimo all’intemo della relazione coniugale. Ma
oggi anche noi siamo chiamati a fermarci un istante per
ASCOLTARE tale annuncio.
«Riconciliate gli uomini con la vita!». É quasi una PRE-
GHIERA quella che, nella EVANGELIUM VITAE, Giovanni Paolo
II rivolge alie donne: «Voi siete chiamate a testimoniare il
senso dell’amore autentico, di quel dono di sé e di quella ac-
coglienza dell’altro che si realizzano in modo specifico nella
relazione coniugale ma che devono essere 1’anima di ogni
altra relazione interpersonale. L’esperienza della matemitá
favorisce in voi una sensibilitá acuta per 1’altra persona e,
nel contempo, vi conferisce un compito particolare» 34.
Ed é bello che i seminaristi, uomini che stanno camminan-
do nel discernimento della loro vocazione al sacerdozio e
dunque alia castitá del celibato, si facciano “raccontare” dalla
creatura femminile il mistero della feconditá, dell’inizio della
vita, per meglio compréndeme il senso dell’accoglienza.
Dobbiamo dunque, al termine della nostra riflessione,
contemplare con stupore il mistero della maternitá: da un
lato, per comprendere piü a fondo la sorgente della nostra
vita; dall’altro, per guardare la bellezza vera della donna nel
piano del Creatore e per imparare da lei come anche noi
siamo chiamati a custodire la vita di ogni uomo.
La trasmissione della vita é fenomeno biologico che non
puo non affascinare e che, purché non lo si interpreti in ma-
niera riduttiva, puo aprire alia gratitudine. «Quanto i diversi
rami della scienza dicono su questo argomento é importante
ed utile, purché non si limitino a un’interpretazione
esclusivamente bio-fisiologica della donna e della matemi-
tá. Una simile immagine “ridotta” andrebbe di pari passo con
la concezione materialistica dell’uomo e del mondo... La
maternitá contiene in sé una speciale comunione col mistero
della vita, che matura nel seno della donna: la madre ammira

34Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium vitae, 99.


questo mistero, con singolare intuizione “comprende” quello
che sta avvenendo dentro di lei... L’uomo - sia puré con tutta
la partecipazione all’essere genitore - si trova sempre
“alFesterno” del processo della gravidanza e della nascita del
bambino, e deve per tanti aspetti imparare dalla madre la
propria “paternitá”»35.
Aver CONTEMPLATO cosi il mistero della vita, della mater-
nitá e della sessualitá sará, anche nel nostro sacerdozio, una
strada per comprendere come accogliere il dono della vita
consegnato alia paternitá del nostro essere pastori: un modo
di imparare a diventare PADRI.
In questo cammino, chiediamo l’aiuto della Madre di Dio,
la MADRE DELLA VITA. «Dio in lei, nel suo “FIAT” materno
(“avvenga di me”), dá inizio a una nuova alleanza con l’u-
manitá»36.
Per la rifles sione e la preghiera

1. Amare la vita

Saper comprendere la nostra chiamata, iniziata nel grembo


materno come chiamata alia vita, a una vita única e
irripetibi- le quasi “sfociata” da tutti gli eventi che l’hanno
preceduta.
Saper guardare cosi al mistero dell’esistenza di ogni per-
sona umana.

35 Id., Lettera apostólica Mulieris dignitatem, 18.


36sibid., 19.

45
2. Amare la corporeitá e la sessualitá

Rileggere nel nostro corpo, con uno “sguardo contempla-


tivo”, i meccanismi biologici dell’essere uomo e donna.
Entrare nella dimensione della bellezza del corpo.
Riempire la parola sessualitá - che é oggi un termine
particolarmente compromesso - dei suoi veri significati: 1’
amore e la vita.
Saper guardare alia donna come creatura che accoglie e
genera la vita, in ogni senso.

3. Amare l’amore

Cominciare a far nascere in noi un senso di rispetto e


ammirazione per il mistero dell’amore umano.
Cercare di intravedere nei segni biologici della sessualitá
una chiamata all’amore che spiega e interpella anche la ca-
stitá del celibato sacerdotale.
4. Amare Dio, nel mistero della Trinitá

- II Padre, creatore
- II Figlio, vita
- Lo Spirito, amore

E Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra


somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo,
sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i retti-
li che strisciano sulla térra». Dio creó l’uomo a sua immagine, a
immagine di Dio lo creó; maschio e femmina li creó. Dio li
benedisse e disse loro: «Siate fecondi, moltiplicatevi, riempite la
térra; soggiogatela e domínate sui pesci del mare e sugli uccelli
del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla térra». Poi Dio
disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che é su tutta
la térra e ogni albero in cui é il frutto, che produce seme: saranno
il vostro cibo. A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del
cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla térra e nei quali é alito
di vita, io do in cibo ogni erba verde». E cosi avvenne. Dio vide
quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona (Gn 1,26-31).

Dio crea in virtú della sua parola: «Sia!». É significativo che


questa parola di Dio, nel caso della creazione dell’uo- mo, sia
completata con queste altre parole: «Facciamo l’uo- mo a nostra
immagine, a nostra somiglianza» (Gn 1,26). Prima di creare l’uomo,
il Creatore QUASI RIENTRA IN SE STES- SO per cercarne il modello e
l’íspirazione nel mistero del suo essere che giá qui si manifesta in
qualche modo come il “noi” divino. Da questo mistero scaturisce,
per via di creazione, r essere umano (Giovanni Paolo II, LETTERA
ALIE FAMIGLIE, 6).

Nella Bibbia, l’uomo é rappresentato da un intimo lega- me tra la


creatura umana e il Creatore, tra l’uomo e il mistero, tra la finitezza e
la trascendenza. Ció porta a una di- stinzione tra la vita TOUT COURT
- che é sempre collegata al- l’azione creativa - e la vita umana...
L’uomo, nel racconto della Genesi (Gn 1,31) non é solo «qualcosa di
buono/bel- Io» (TOB), come le altre creature viventí, ma é «qualcosa
di molto buono/bello» (TOB-ME’OD); il Signore benedice gli animali
per renderli fecondi (Gn 1,22); quando arriva al- Tuomo e alia donna
egli «li benedisse e disse loro...»: essi sono non soltanto oggetti
dell’azione di Dio, ma anche suoi interlocutori (G. Ravasi, THE
WORK OF THE CREATOR IN HUMAN GENERATION: THE CONTRÍBUTION
OF THE BIBLICAL MESSAGE, in Pontificia Academia Pro Vita, HUMAN
GENOME, HUMAN PER- SON AND THE SOCIETY OF THE FUTURE, Librería
Editrice Vaticana, Cittá del Vaticano 1998, p. 414).

O Signore, nostro Dio, quanto é grande il tuo nome su tutta la


térra:
sopra i cieli si innalza la tua magnificenza.
Con la bocea dei bimbi e dei lattanti affermi la tua potenza contro i
tuoi avversari,
per ridurre al silenzio nemicí e ribelli.
Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu
hai fissate,
che cosa é l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché
te ne curi?
Eppure l’hai fatto poco meno degli angelí, di gloria e di onore
lo hai coronato:
gli hai dato potere sulle opere delle tue maní, tutto hai posto sotto i
suoi piedi;
tutti i greggi e gli armenti, tutte le bestie della campagna;
gli uccelli del cielo e i pesci del mare, che percorrono le vie del
mare.
O Signore, nostro Dio, quanto é grande il tuo nome su tutta la térra
(Salmo 8).

Come afferma il Concilio, l’uomo «in térra é la sola creatura che


Iddio abbia voluto per se stessa» (GAUDIUM ET SPES, 24). La genesi
dell’uomo non risponde soltanto alie leggi della biología, bensi
direttamente alia VOLONTÁ CREATRI- CE DI DIO: é la volontá che
riguarda la genealogía dei figli e delle figlie delle famiglie umane.
Dio «ha voluto» l’uomo fin dal principio e Dio LO «VUOLE» IN OGNI
CONCEPIMENTO E NASCITA UMANA. Dio «vuole» l’uomo come un
essere simile a sé, come persona. Quest’uomo, ogni uomo é creato
«per se stesso»... «ESSERE UOMO» É LA SUA FONDAMENTALE VOCAZIO -
NE: essere uomo a misura del dono ricevuto. A misura di quel

48
«talento» che é l’umanitá stessa e, soltanto dopo, a misura degli altri
talenti. In questo senso Dio vuole ogni uomo «per se stesso». Nel
disegno di Dio, tuttavia, la vocazione della persona va oltre i confini
del tempo. Va incontro alia volontá del Padre, rivelata nel Verbo
incarnato: Dio vuole elargire all’uomo la partecipazione alia sua
stessa vita divina. Cristo dice: «lo sono venuto perché abbiano la vita
e 1’abbiano in abbondanza» (Gvl0,10) (Giovanni Paolo
II, Lettera alie famiglie, 9).
In quei giomi Maria si mise in viaggio verso la montagna c
raggiunse in fretta una cittá di Giuda. Entrata nella casa di
Zaccaria, salutó Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il sa- luto
di Maria, il bambino le sussultó nel grembo. Elisabetta fu piena di
Spirito Santo ed esclamó a gran voce: «Benedetta tu fra le donne,
e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del
mió Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto é
giunta ai miei orecchi, il bambino ha esulta- to di gioia nel mió
grembo. E beata colei che ha creduto nell’a- dempimento delle
parole del Signore».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore e il mió spirito esulta in
Dio, mió salvatore, perché ha guardato l’umiltá della sua
serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e Santo é il suo
nome:
di generazione in generazione la sua misericordia si stende
su quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i
superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti
dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli
affamati,
ha rimandato a mani vuote i ricchi. Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri
padri, ad Abramo e alia sua discendenza, per sempre» (Le 1,39-
55).
UNITÁ B

Affeítivitá e vocazione all’amore

49
Introduzione

Ci inoltriamo adesso nel tema della MATURAZIONE PSICO-


AFFETTIVA, nella realtá psicológica della persona e della ses-
sualitá umana, nel mondo dell’affettivitá, che é un aspetto
importantissimo in quanto si riferisce alia sfera dei senti-
menti, delle emozioni, delle passioni, che influenzano giá da
súbito anche lo sviluppo della nostra personalitá.
Forse la psiche umana é, ancora di piü rispetto alia biolo-
gia, un mistero da esplorare e ci aiuta ulteriormente a ri-
spondere a una domanda sostanziale: chi é l’uomo?
L’uomo e la donna sono tali non solo sul piano biologi-
co, anche se é proprio la biología che definisce e condizio-
na 1’essere uomo o donna: si tratta di un “modo” di stare al
mondo che potremmo definire come «stile di vita maschile
o femminile» e che, pur esprimendosi in particolari com-
portamenti o caratteristiche, é in realtá molto di piü 1.
Se é vero che il disegno di Dio é chiaramente SCRITTO nel
nostro corpo é, in ogni caso, altrettanto vero che anche la
realtá psicológica e affettiva ci rivela l’intenzione del Creato-
re. Conoscere il mondo dei sentimenti, dell’emotivitá, é im-
portante per leggere il progetto che Dio ha su ciascuno di noi
e per rispondergli meglio. Ma tale cammino ci é giá utile an-
che in vista del nostro impegno pastorale. Conoscere l’uomo
é necessario proprio per poterlo servire e per ahitarlo a cre-
scere, a essere quello che luí é per Dio, quello che secondo il
Signore egli deve realizzare: e per aiutarlo davvero a realiz-
zarsi per COME, secondo Dio, egli deve realizzarsi.
U UNITÁ DELLA PERSONA é il presupposto per affrontare nel
giusto modo anche gli aspetti psico-affettivi: per fare in mo-
do, cioé, che questa dimensione non acquisti un’importanza
esasperante. E quello di cui spesso si fa esperienza, specie ai
nostri giorni, dove una sorta di riduzionismo psicológico
porta a sopravvalutare determinati disturbi psichici della per-
sona o a esaltame la realtá emotiva nell’ámbito delle scelte
comportamentali. Non c’é dubbio che le problematiche lega-
te alia dimensione psicológica siano reali e, spesso, di grande
importanza. D’altra parte, pero, non bisogna dimenticare che
anche la dimensione psichica della persona va inscritta nella
sua stessa unitá fisico-psichico-spirituale. E fra queste tre di-
mensioni - il corpo, la psiche, lo spirito - che non sono sepá-
rate, ma si compenetrano in modo peculiare nella realtá del-
1’essere umano, c’é una continua interazione. C’é una sorta
di DIALOGO, un’influenza e anche una possibilitá di CRESCITA
che l’una puó operare nei confronti dell’altra.
Tanti problemi psicologici influiscono sulla dimensione
spirituale dell’uomo e anche su quella biologica: pensiamo,
per esempio, alie malattie psicosomatiche, che sono vere
malattie, anche se scatenate da un fattore psico-emotivo (lo
stress, l’ansia...). Pensiamo a come, in situazioni estreme di
gravi carenze affettive, in alcuni bambini si possano ve-
rificare forme di ritardo mentale o persino della crescita.
E altrettanto vero, pero, che ci puó essere un’influenza
positiva di una dimensione sull’altra: se io sto bene física-
mente é piü facile che sia di buonumore. Cosi la salute spi-
rituale, la forza della spiritualitá umana puó essere un so-
stegno prezioso nell’ affrontare il mondo della psiche, del-
l’emotivitá, dell’affettivitá. Dire questo significa avere una
speranza in piü. La risorsa che possiamo avere nel superare
alcuni problemi psichici non é solo la psicología.
II mondo affettivo ha poi grande importanza anche in re-
lazione alie SCELTE che la persona compie: infatti ció che
spesso in noi fa scattare una decisione é il cuore. Se una
realtá, una veritá, una necessitá,attrae non solo la ragione ma
il cuore, quindi raffettivitá, questo ci porta a decidere di
impegnarcí nei confronti di tale realtá. Forse sentiamo ri-
suonare in queste parole qualcosa di ció che il nostro cuore ha
provato dinanzi al chiarirsi del disegno della chiamata di
Oio e al delinearsi del coraggio della nostra risposta. Ten-
tando di descrivere ad altri tale inspiegabile dinamica, po-
tremmo utilizzare il verbo SENTIRE, che rende ragione di un
mistero intravisto e ascoltato col cuore: e di una decisione
sbocciata proprio li.
Tuttavia la persona umana é UN’ UNITÁ. Essa é capace di
compiere atti di diversa natura (di tipo físico, psichico, spiri-
tuale), ma é sempre la stessa persona a compiere atti di natu-
ra diversa. lo posso scrivere; posso sentire ció che scrivo e
aver meditato in profonditá ció che ho sentito e poi scritto.
Sono sempre io che ho compiuto questi tre atti attraverso
quelle diverse dimensioni della mia persona che in me si so-
no integrate: precisando ulteriormente il concetto, diciamo
che l’unitá della persona deve essere UNITÁ INTEGRATA37.
L’affettivitá pernea tutta la nostra persona, ma non deve
acquisire un’importanza esasperante, perció necessitá di es-
sere INTEGRATA nella persona: di essere, cioé, quasi
subordina- ta a quella che é l’essenza razionale, spirituale e
trascendente. Guidata dalla volontá, dalla libertá, dall’amore:
oggetto, perianto, dell’autodominio che caratterizza 1’agiré
umano38.
Parlando della dimensione psicológica della persona
umana, soprattutto di cid che riguarda la sua maturazione,
non dobbiamo poi dimenticare l’azione della grazia: non
possiamo avere dubbi su come vi sia «un’interdipendenza tra
crescita umana e spirituale»39.
Potremmo schematizzare l’evoluzione psichica - il per-
corso dall’infanzia alia maturitá - come un gradúale supe-
37 Cfr. Ibid,, pp. 9-11; vedi anche C. Caffarra, Etica generale della sessualitá,
Ares, Milano 1992, pp. 9-19.
38 Cfr. C. Caffarra, Etica generale della sessualitá, op. cit., pp. 15-17; cfr. inol- tre
Unitá D: L’atto umano, frutto di una scelta.
39 Commissione Episcopale per il Clero della Cei, Nota Linee comuni per la vita
dei nostri seminan, 20.

57
ramento di tante dipendenze. Questo particolare itinerario
imprime, in un certo senso, una direzione alia nostra affei-
tivitá: non annulla i sentimenti, ma certamente ci aiuta u
integrarli. Non siamo chiamati mai a eliminare nessuna parte
di noi stessi: né il corpo, né il cuore; ma siamo chiamati a
integrarci o meglio a offrirci a quel] ’ opera di inte- grazione
che - lo comprenderemo sempre piü a fondo - i I Signore
stesso compie in noi.
Potremmo affrontare questa nostra riflessione come
un’ulteriore tappa nel cammino verso la veritá dell’uomo. Ci
stiamo chiedendo chi é l’uomo, che cos’é il suo cuore. Ce lo
riveli Cristo Gesú, colui che «rivela pienamente l’uomo
all’uomo»40. Ce lo riveli il cuore dell’uomo Gesü.

Obiettivi

Questa Unitá intende daré risposta ad alcune domande


semplici e suggerire alcune essenziali riflessioni riguardo la
psicologia della sessualitá e l’affettivitá, sempre all’in- temo
della visione unitaria della persona umana.
- Che senso ha lo sviluppo psico-affettivo?
- Che direzione segue e indica?
- Quale VOCAZIONE manifesta alia persona?
- La conoscenza dell’evoluzione psico-affettiva illumina
la realtá dell’uomo in quanto persona e in quanto essere
sessuato, anche perché aiuta nella comprensione del senso
dell’ACQUISIZIONE DELL’IDENTITÁ SESSUALE.
- Lo sviluppo psichico puo essere considerato come un
CAMMINO che rivela alia persona il sua essere fatta per USCI-
RE DA SÉ.
- La VOCAZIONE AL DONO DI SÉ puo essere letta anche in
quel gradúale superamento delle dipendenze che segna il
passaggio dall’egoísmo infantile alia generativitá feconda,
propria di una vita adulta che sa donarsi.
- Viene particolarmente sottolineato quel rapporto tra
NATURA e GRAZIA che evidenzia il legame tra maturitá umana

40 Concilio Vaticano II, Costituzione pastorale Gaudium et spes, 22.

58
e spirituale.
Tappe dello sviluppo psicologico della
sessualitá umana

Essere accolto per sapere di esistere

Come lo sviluppo físico, che ci mostra la gradualitá e


1’armonía del progetto biologico della vita umana, anche
quello psichico ha una sua GRADUALITÁ, grazie alia quale si
struttura la personalitá dell’uomo, il suo mondo emotivo e
affettivo.
La prima esperienza che l’uomo puo vivere nel suo venire
al mondo é quella del SENTIRSI ACCOLTO. Qualunque
personalitá umana si comincia a plasmare proprio a partiré
da questa esperienza. E questa fase inizia giá nel grembo
materno. Abbiamo visto cosa comporti la crescita prenatale:
esiste uno spazio físico che un bimbo trova pronto dentro il
corpo della mamma, senza il quale - é chiaro - la vita non
pud esistere; ma non é soltanto un grembo biologico: é uno
spazio d’amo- re. «L’uomo non puo vivere senza amore» 41.
E la prima esperienza d’amore in assoluto che ogni persona
fa é il “si” alia propria vita, che gli permette di sperimentare
1’ esperienza della FIDUCIA, prima tappa maturativa della
nuova persona.

Stadi dello sviluppo psico-affettivo

Per schematizzare brevemente le varié tappe della matu-


razione psico-affettiva della personalitá umana, cerchere- mo
di seguire lo schema proposto da Erikson 42.
Tale schematizzazione risulta ancora interessante sul
41 Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Redemptor hominis, 10.
42 Cfr. E. H. Erikson, Childood and society, Norton, New York 1950. Cfr. in pro-
posito: L. S. Filíppi, Maturitá umana e celibato, La Scuola, Brescia 1970, pp. 35-53.
piano psicologico e, didatticamente, ci aiuta a vedere i vari
;\HIDI dello sviluppo psichico come tanti “gradini”: la pro-
üivssione da un gradino al successivo indica il SUPERAMENTO
dello stadio di sviluppo in questione. Se tale superamen-
10 :ion avviene, ci possiamo trovare dinanzi a fenomeni di
L¡\SAZIONE, cioé di blocco maturativo, o di REGRESSIONE alio
siadio di maturazione precedente. Le fasi maturative della
pcrsonalitá sono dunque caratterizzate da gradualitá e con-
sequenzialitá: é solo il superamento di uno stadio che con-
sente l’ingresso nello stadio successivo. Al superamento di
o'.:;ii fase maturativa corrisponde l’acquisizione di una co-
siddetta ATTITUDINE DI BASE, cioé di una caratteristica POSITI-
VA. Se il superamento non si verifica, si avrá invece l’ac-
quisizione di un’attitudine NEGATIVA.
Ivari stadi di sviluppo sono pertanto associati a cosid- detti
CONFLITTI tra 1’ attitudine positiva e negativa: maturazione
significa proprio superamento di tali conflitti.

Primo stadio (Primo armo di vita).


Conflitto: fiducia di base-sfiducia
La prima fase dello sviluppo psichico che - come abbiamo
visto - ha gia inizio nella vita prenatale, si concentra poi
particolarmente attomo al primo anno di vita. In questa fase
il bambino sperimenta 1’ accoglienza, soprattutto da parte
della madre. Egli vive di bisogni e quello maggiore é
11 cibo, la presenza della madre e il contatto físico con lei:
una fondamentale risposta é, percid, l’allattamento al seno.
Infatti, l’allattamento al seno ha la peculiaritá di fornire al
bambino energie enormi sul piano nutrizionale, mentre ga-
rantisce, in un certo senso, la continuazione di quel contatto
che ha unito per mesi la madre e il figlio. Spesso, quando le
madri non riescono ad allattare il proprio bambino per mo-
tivi organici, si consiglia loro di tenerlo comunque al seno,
per aiutare entrambi a non distaccarsi brutalmente: é il
bambino a sperimentare cosi la sicurezza di un’accoglienza
che poi saprá interiorizzare nella propria vita, riflettendola
sul mondo intero.

60
La SODDISFAZIONE DEI PROPRI BISOGNI, primo fra tutti il
cibo, é in questo momento il criterio che il bambino ha per
dire che lui é qualcuno, che esiste. I bisogni, se soddisfatti,
10aiutano a crescere in un’attitudine di AUTOSTIMA: questo
avviene attraverso un rapporto equilibrato e sano con i ge-
nitori, che rappresentano il mondo del bambino, e soprattutto
con la jmadre, che nei primi anni di vita si trova quasi a
“mediare” anche il rapporto tra padre e figlio.
La FIDUCIA DI BASE si sviluppa dunque in chi sperimenta
l’accoglienza e la risposta positiva ai propri bisogni. Al
contrario, se la prima fase di sviluppo non viene affrontata e
superata positivamente, sará predominante un atteggia-
mento di sfiducia, derivante dal fatto che il bambino non
trova soddisfatti quei bisogni con i quali si identifica.

Secondo stadio (1-3 anni).


Conflitto: autonomia-dubbiositá
La seconda fase di sviluppo inizia attomo a un anno di
vita e va avanti per circa due anni. II bambino inizia a cam-
minare, a toccare, a prendere e lasciare; comincia a eserci-
tare un contrallo sui suoi bisogni fisiologici (abbandona il
pannolino). Non si identifica piü solo con un bisogno, ma
con ció che egli é capace di FARE. Se questa fase é superata
positivamente, si sviluppa VAUTONOMÍA, perché il bimbo
impara a saper prendere e lasciare senza attaccarsi.
Questa fase esige da parte dei genitori pazienza ed equi-
librio educativo: essi devono fare attenzione a non porre
troppi divieti, perché questo suscita nel bambino il dubbio,
11timore, la timidezza eccessiva di chi ritiene di sbagliare in
tutto ció che fa. D’ altra parte, pero, il permissivismo ec-
cessivo puo generare 1’ egoísmo, atteggiamento di chi sa di
poter fare tutto ció che vuole.
Terzo stadio o stadio edipico (3-5 anni).
Conflitto: iniziativa-colpevolezza
Dai 3 ai 5 anni inizia la CONQUISTA DEGLI SPAZI'. si svilup-
pano le prime curiositá. anche sessuali, e quindi le prime
manipolazioni dei genitali da parte del bambino.
La soddisfazione delle curiositá e delle iniziative del
bambino va, entro certi limiti, incoraggiata con un atteggia-
mento educativo che aiuti anche a sdrammatizzare eventua-
li fallimenti. Infatti il superamento positivo di questa fase
porta l’attitudine di base DELV INIZIATIVA, che consente alia
persona di affrontare e superare positivamente tante diffi-
coltá e ostacoli.
Cid che ci interessa particolarmente é il legame che questa
fase ha con la prima acquisizione dell’identitá sessuale: é
quel fenomeno denominato da Freud COMPLESSO EDIPICO,
che porta il bambino a un attaccamento, quasi un innamora-
mento del genitore di sesso opposto. Ció provoca gelosia e
rivalitá, un vero e proprio CONFLITTO nei confronti del
genitore del proprio sesso. Per superare tale conflitto, il
bambino deve IDENTIFICARSI con esso. E lui il vero
“modello” da imitare: e l’identificazione con esso indirizzerá
il bambino verso un’iniziale appropriazione - sia puré
inconscia - della propria IDENTITÁ SESSUALE43.
In questa fase ha un’importanza fondamentale la perso-
nalitá e 1’ equilibrio affettivo dei genitori. E proprio il loro
amore profondo che li aiuta a indirizzare il figlio verso il
padre e la figlia verso la madre. Forse potremmo dire che
questo amore é quasi il modello che veramente il bambino
ricerca e desidera riprodurre in se stesso, legándolo al si-
gnificato della sessualitá.
Se i genitori non si amano profondamente e non si stima-
no vicendevolmente, se uno dei due manca o se la figura di
uno di essi - in particolare il padre - risulta troppo debole, i
modelli di riferimento potranno essere ritrovati in maniera

43 Cfr. S. Freud, Tre saggi sulla teoría della sessualitá, Mondadori, Milano 1962.

62
problemática e dunque l’identificazione sessuale potra ri-
sultare disturbata.

Quarto stadio o stadio di latenza (6-10 anni).


Conflitto: produttivitá-inferioritá
É VETA SCOLARE: il bambino affronta il mondo e ora é im-
portante che i gradini precedenti siano stati superati con
l’acquisizione delle attitudini di fiducia, autonomia e inizia- tiva.
Produttivitá significa IMPEGNO che genera un risultato: é la
capacita di portare a termine i compiti affidati. E la fase di
socializzazione del bambino che deve trovare incorag- giamento
da parte di genitori ed educatori. Dal punto di vista di sviluppo
della sessualitá, questa é definita FASE DI LATENZA perché tale
problemática sembra quiescente, senza novitá significative sul
piano affettivo, qualora gli stadi precedenti siano superati e
consolidati positivamente.

Quinto stadio o stadio puberale.


Conflitto: identitá-confusione dell’identitá
I fenomeni ormonali che caratterizzano lo sviluppo puberale
(l’etá in cui la pubertá si verifica é piuttosto oscillante: dai 12-13
anni fino ai 16-17 anni e oltre, soprattutto per i maschi)
influiscono nettamente sul sistema psichico. Dal punto di vista
biologico, la maturazione sessuale conduce a cambiamenti
significativi che possono talora scatenare una vera e propria
“tempesta psicológica” ma che in genere, anche piü
semplicemente, si accompagnano a una tipica crisi di fronte al
“nuovo” che si sperimenta.
II superamento della fase adolescenziale dipende anche dalle
precedenti: in particolare, per quanto riguarda l’acqui- sizione
dell’identitá sessuale, la fase edipica.
La consapevolezza di essere uomo e donna si propone, a
questo punto, in modo decisamente significativo. Per essa, é
fondamentale il ruolo giocato dalla corporeitá: il corpo si
trasforma e questo ha un’importanza decisiva nello scatena- re il
problema, ma anche nel facilítame la risoluzione, che é
certamente aiutata dalla conoscenza della corporeitá.
63
La percezione, la consapevolezza dell’identitá sessuale,
infatti, avviene fondamentalmente su due fronti. Possiamo dire
che io imparo a capire chi sono in quanto mi rapporto a me
stesso: la mia realtá biologica, il disegno della feconditá in essa
inscritto, il mió modo di ragionare, di pensare, di amare... E
VAUTOCONOSCENZA.
Tutto questo, d’altra parte, é impossibile da realizzarsi senza
lo sviluppo di una DIMENSIONE RELAZIONALE: io posso imparare
chi sono anche perché posso cogliere ció che mi differenzia
dall’altro. L’identitá sessuale non puó non na- scere anche dalla
consapevolezza dell’altro, del diverso da me. Cosi, il maschile
per il femminile e il femminile per il maschile sono due
esperienze che, proprio tramite la diffe- renza, confermano
1’identitá.
Nello stadio puberale vengono quasi a essere ridiscusse tutte
le precedenti fasi di sviluppo psichico. Per questo VA-
DOLESCENZA, mentre da un lato é fortemente problemática,
perché caratterizzata da una vera e propria crisi da parte del
ragazzo, d’altra parte é un periodo di grande potenzialitá e
dunque di speranza. C’é infatti una vera e propria apertura
- proprio in virtü di tale crisi - che permette che alcune di-
namiche, anche se vissute male precedentemente, possano essere
magari compénsate da determinad fattori quali, ad esempio, un
corretto intervento educativo o un clima favo- revole.
L’adolescenza, come ogni fase di cambiamento, é UN periodo
delicato e difficile in cui si possono peraltro instaurare nuove
problematiche: ma, proprio per questo, é momento di profonda
ricchezza.
Questa constatazione ci apre la strada a una RIFLESSIONE
EDUCATIVA E PASTORALE, che al momento é precoce ma che puré
non possiamo non sottolineare. L’adolescenza é momento
favorevole perché l’uomo si faccia domande profonde circa la
propria identitá; pertanto si presenta in termini educativi come
periodo prezioso e momento importante, specie nell’attuale
situazione socioculturale, ai fini di una riflessione approfondita e
critica sul significato della ses sualitá e dell’amore9.
All’inizio di questa nostra riflessione sulla psicología della
sessualitá ci siamo chiesti chi é l’uomo. La nostra ri- sposta non
é teórica: saper
9 Cfr. Unitá M. dire chi é l’uomo significa anche poter dire che

64
l’uomo é persona in quanto uomo e donna. La ricerca
dell’identitá profonda, anche della nostra come creatore di Dio,
non puo prescindere dalla consapevolezza e dall’accoglienza
dell’identitá sessuale.
La consapevolezza dell’identitá é dunque una ricerca, e a ogni
ricerca occorre daré delle risposte. Proviamo a chie- derci quali
risposte dia il nostro ambiente culturale, oggi, a chi ricerchi la
propria identitá sessuale: quali sono i modelJi che la societá
propone?
Vedremo come, nel período adolescenziale, possono ve-
rificara transitoriamente alcuni fenomeni (masturbazione.
attrazione omosessuale) spiegabili con la ricerca dell’iden- titá
legata alia scoperta di sé e dell’altro. Ma anche il supe- ramento
di tali comportamenti, per la fragüe psiche dell’a- dolescente in
crescita, puo essere reso veramente difficile da un contesto
culturale che proponga come “normali” tutti
i tipi di comportamento in campo sessuale.
Abbiamo precedentemente definito 1’unitá della persona
come un’unitá integrata. L’itinerario della crescita é dunque un
CAMMINO DI INTEGRAZIONE e, nella fase adolescenziale, la
CONSAPEVOLEZZA DI SÉ apre alia possibilitá di integrazione a
opera della volontá della stessa persona. Perché si abbia 1’in-
tegrazione é necessario dunque che si rafforzi la VOLONTÁ.

Sesto stadio.
Conflitto: intimitá-isolamento
É la fase della GIOVINEZZA, che porta alia piena maturitá.
La fase adolescenziale ha confini sfumati: se prima, in- fatti,
si interrompeva verso i 16-17 anni, adesso é prolun-

65
.Mta dallo stile di vita: dipendenza dalla famiglia e sistemi
¿Jucativi deresponsabilizzanti.
Se nelle fasi precedenti il giovane ha sviluppato la propria
identitá e la consapevolezza del proprio posto nella vita, ora
acquisisce la capacita di amare, di produrre, di pregare
donandosi e ricevendo il dono che sono gli altri.
In questa fase si sviluppa infatti YINTIMITÁ che é, in un certo
senso, piena accettazione di se stessi e anche capacita di star
bene con se stessi. Solo l’accoglienza di se stessi puo mettere in
relazione con gli altri. Intimitá non é isola- mento che, anzi, é
proprio il contrario dell’intimitá.
Intimitá é saper vivere gioiosamente con se stessi per svi-
luppare la relazionalitá. Ci appare piü chiara, forse, l’essen-
zialitá di quell’equilibrio che deriva dall’integrazione e dal
superamento delle dipendenze: intimitá é costruire noi stessi con
tutto ció che siamo, trovando a tutte le dimensioni della nostra
persona il giusto posto e valore. Ed é daré il giusto valore e
dignitá anche agli altri. Accogliere noi stessi, infatti, non
significa bastare a noi stessi, ma saper arrivare dentro di sé per
scoprire l’altro non come qualcosa di cui «ho bisogno»10, né di
cui posso «fare a meno», ma come QUALCUNO DA AMARE,
gratuitamente. Con l’intimitá, neU’intimitá, la persona scopre la
propria vocazione all’amore.

Settimo stadio.
Conflitto: generativitá-improduttivitá
LA. FASE ADULTA é il periodo della GENERAZIONE. Dall’acco-
glienza della propria identitá, e dalla capacitá di relazionar- la,
nasce la possibilitá del dono della vita. Non esiste possi- bilitá di
generazione, dunque di paternitá e maternitá in senso ampio,
senza una vera accettazione di sé e della propria identitá. E
l’integrazione, che ha reso la persona libera dall’istmto, dai
condizionamenti, dalle dipendenze, l’ha re- sa capace del dono
piü autentico e totale: il DONO DELLA VITA.

10
Cfr. Unitá B, II valore dell’altro: integrazione
dell’affettivitá.
La generativitá é esperienza che segna la patemitá-nia- temitá
dei coniugi, é la sfumatura di capacita di servi/io che
accompagna il lavoro umano; é l’approdo di quel dono di sé che
rende feconda la vocazione al sacerdozio e alia vita consacrata.

Ottavo stadio.
Conflitto: integritá-disperazione
Giunta all’etá matura, la persona raccoglie ció che ha se-
minato: n ELV INTE GRITA, in cui si bilanciano l’esperienza, la
gioia e la sofferenza che diventa autentica saggezza di vita,
o nella DISPERAZIONE di chi ha continuato a vivere egocéntri-
camente senza realizzarsi nel dono di sé.

Sviluppo psichico e cammino interiore

Gli elementi ora analizzati non servono soltanto a farci capire


il funzionamento della psiche umana o a evidenziare in noi
eventuali patologie. Certamente, dinanzi a uno sche- ma come
questo, possiamo correre il rischio di sentirá so- praffatti da
problemi di carattere psicologico. Non dobbia- mo pero
dimenticare che la nostra é la PSICHE DI UNA PERSONA. E, sullo
sviluppo psichico della persona, sulla sua identitá, sul suo
equilibrio, agisce la struttura corporea, la realtá spirituale della
persona stessa, la forza della GRAZIA DI DIO.
La persona, abbiamo detto, diventa matura man mano che
supera i suoi egoismi e le sue dipendenze. Se ci pensiamo bene,
questo superamento dell’egoismo é un cammino d’ AMORE, la
sconfitta delle dipendenze é un percorso verso la LIBERTA. Si
tratta anche di un CAMMINO SPIRITUALE.
Possiamo avvertire e sperimentare varíe deficienze nel-
l’itinerario verso la maturitá, ma dobbiamo credere pro-
fondamente di essere dentro questa dinamica d’amore e di
libertá. E anche qualora si riveli necessario un aiuto psicologico
per affrontare dinamiche piü distúrbate, é importante che tutto
ció si compia nella certezza dell’esistenza di un valore e di una
speranza piü grandi.
I ricordi e il passato possono spesso essere fonte di ango- sce

68
e di paure, di problemi reali dei quali, a volte, finiamo coa
rattribuire la colpa ad altri: potremmo, ad esempio, essere tentati
di enfatizzare errori educativi dei nostri genitori che hanno
provocato in noi alcuni atteggiamenti sbagliati... Ma, dinanzi a
questo, l’atteggiamento davvero fecondo é saper riconoscere e
perdonare: se stessi e gli altri, evitando che questa diventi una
scusa per non maturare.
A un certo punto della nostra vita e della maturazione umana
e affettiva dobbiamo saper cogliere, al di la delle insuffi- cienze
che sperimentiamo o che riconosciamo onestamente nel nostro
passato, la forza onnipotente dell’Amore, che ci chiama e
SCRIVE - cosi come nel nostro corpo - anche nella psiche e
nell’affettivitá la vocazione all’amore e alia liberta.
Tale certezza non si acquisisce una volta per tutte nella vita,
ma si rimette in discussione in ogni momento. E quasi impos-
sibile poter classificare una persona come perfetta oppure com-
pletamente compromessa sul piano psicologico, senza ricono-
scere in essa alcuna speranza e possibilitá di cambiamento.
Come ogni cammino, anche 1’itinerario della maturazione
psico-affettiva richiede dunque una grande PAZIENZA, soprattutto
con noi stessi. Un lavoro sulla nostra affettivitá non puo
prescindere da quella pazienza che ci fa valoriz- zare anche il
piü piccolo passo che compiamo.
Scrive san Francesco di Sales: «Sappiate che la virtü della
pazienza é quella che ci assicura la massima perfe- zione e che,
se é necessario praticarla con gli altri, é neces- sario praticarla
anche con se stessi. Coloro che aspirano al puro amor di Dio non
hanno tanto bisogno di pazienza con gli altri quanto piuttosto
con se stessi. Per arrivare alia per- fezione dobbiamo sopportare
la nostra imperfezione: dico sopportare con pazienza, e non giá
amare o accarezzare. L’umiltá si nutre di questa pazienza» 44.

44 San Francesco di Sales, Lettera alia Signorina Soutour, 1, in Tutte le lettere,


Paoline, Cinisello Balsamo 1967, p. 746.

69
UUMILTÁ necessaria alia pazienza non é un atteggiamen- to
rinunciatario, ma sopportazione profondamente attenta,
tenacemente impegnata, silenziosamente colma di speran- za e
di amore, di fiducia e di fede nello Spirito Santo. Pen- siamoci
bene: é solo 1’amore che motiva la pazienza, pero é solo la
pazienza che puo sostenere l’etemitá del l’amore.
Anche santa Caterina da Siena usa espressioni bellissime sulla
pazienza, intravedendo proprio il suo legame con la carita: «...
ella vince e non é mai vinta; non é sola ma é ao compagnata
dalla perseveranza; ella é il midollo della carita; é colei che
manifesta se la veste della carita sia una veste nuziale o no»45.
Possiamo guardare alia pazienza come a una delle risposte che
esprime docilita alia grazia. La pazienza, percio, deve essere
unita a un profondo desiderio di andaré verso 1’amore: il nostro
sforzo tende a una meta.

Psicología e venta sull’uomo

In questo senso, comprendiamo come lo sviluppo psichi- co


sia sempre aiutato da un riferimento morale preciso: la VENTA
sull’uomo e dell’uomo non ha, in questo senso, un’a- zione di
freno sullo sviluppo della psiche, ma é piuttosto una LUCE che
illumina questo cammino, rendendolo piü si- curo e percorribile.
Siamo forse al NÚCLEO di questa nostra riflessione. Se ci
mettiamo nell’ottica di guardare alia veritá come a una luce ecco
che, miracolosamente, il nostro sguardo suH’affettivitá si
illumina. Miracolosamente non significa mágicamente: il
miracolo é davvero il segno della presenza di Dio in noi
creature, che dobbiamo accoglierlo.
La forza della veritá ha un valore pedagogico-educativo
davvero insostituibile. E forse tante patologie psichiche de-
rivano proprio da un’incapacita e da una paura di comunicare la
veritá: da una mancanza di fede nella veritá. Se non
si é aiutati a credere che esiste una veritá che illumina la
persona e alia quale la persona tende, anche la ragione fini-
sce col perdere la motivazione della sua ricerca.
45 Santa Caterina da Siena, II Dialogo della Divina Prowidenza, Cantagalli, Siena 1994,
p. 194.

70
La veritá di cui parliamo non é realtá estrinseca, che li mita le
tendenze, le aspettative, i sentimenti della persona: é veritá
interiore, intima, costitutiva dell’essere umano e, proprio per
questo, illumina e rende possibile il cammino della maturazione
affettiva e umana46.
É esattamente la forza della veritá che conduce i nostri
passi nel superare le varié fasi dello sviluppo psichico. E, ,
insieme con la veritá, é 1’amore che ci prende per mano e ci
conduce. Altrimenti, la maturazione diventa uno sforzo so-
vrumano, che espone la persona esclusivamente al potere
dell’ambiente che ha avuto attorno e che ha potuto o meno
favorirne la maturazione. Certo, qualcuno di noi potrá ren-
dersi conto di essere stato aiutato da un ambiente favorevo-
le che ha permesso un cammino semplice. E, se é cosi, di
questo bisogna saper rendere grazie al Signore. Ma in ogni
caso in questo cammino ci sono State e ci saranno comun-
que le cadute, le fermate, le difficoltá. E solo l’amore e la
veritá ci faranno rialzare e continuare.
Concludendo, proponiamo un’interessante rilettura dello
schema dell’evoluzione psichica del soggetto, per esporre
quanto lo stesso Erikson ha illustrato, individuando nelle
attitudini di base positive il supporto per lo svilupparsi di
quelle VIRTÚ NATURALI necessarie all’uomo perché possa rag-
giungere la pienezza umana47:
1 - alia fiducia di base corrisponde la SPERANZA;
2 - al 1’autonomía la VOLONTÁ che ci fa liberi;
3 - all’iniziativa il PROPOSITO di cercare il bene;
4 - alia produttivitá la competenza;
5 - all’identitá la FEDELTÁ agli impegni;
6 - all’intimitá Vamore oblativo che é dono di sé;
7 - alia generativitá la sollecitudine e il servizio;
8 - all’integritá dell’etá matura la SAPIENZA che ama la vita.

46 Cfr. Unitá N.
47 Cfr. L. S. Filippi, Maturitá umana e celibato, op. cit., pp. 54-55.

71
Sessualitá e affettivitá

Maturitá umana e affettivitá

II cammino psicologico della persona ha dunque le sue tappe


che, pur essendo riferibili a delle etá piuttosto precise, possono
essere - in un certo senso - rimesse in discus- sione in caso di
difficoltá, problemi o riflessioni che si pre- sentassero anche piü
avanti.
La maturazione potrebbe sembrará un percorso idéalo: non si
puo non sperimentare la fragilitá e l’incompiutezza propria dello
stato di creature, di persone umane che tendo- no alia perfezione
ma non la raggiungono. Questo senso di incompiutezza non de
ve pero generare una sorta di rasse- gnazione, ma aprire al
dinamismo della speranza: il mondo affettivo incide
profondamente sulla nostra personalitá ma camminare significa
anche operare una vigilanza, proprio a motivo della forza che in
esso é racchiusa.
E essenziale, dunque, recuperare correttamente il significato
del mondo affettivo, per vivere in pieno la nostra chiamata. Non
facciamo fatica a immaginare la bellezza di un’affettivitá forte e
integrata se ci riferiamo alia persona di Gesü: é il suo mondo
affettivo, il suo modo di vivere 1’affettivitá che deve ispirare il
nostro equilibrio e la nostra re- lazionalitá. É qui che dobbiamo
cercare il nostro modo di vivere la donazione agli altri, 1’essere
per gli altri, il nostro stesso rapporto con Dio: senza dubbio,
infatti, 1’affettivitá vive anche nella preghiera, nella vita
spirituale.
L’affettivitá dunque non deve prevalere, ma dobbiamo
garantirle il suo posto nella nostra persona, perché la forza

72
che ne deriva possa contribuiré a illuminarci, a motivarci,
a riscaldarci il cuore in ogni scelta.
Chiediamoci: cos’é che motiva, in ultima analisi, le no-
stre scelte? Potremmo dire che é un’inclinazione dell’affet-
tivitá: questa fa muovere la volontá verso qualcosa che ci
sembra bene.
L’ingresso in seminario é stato certamente preceduto da
un discernimento attento, a tanti livelli. C’é pero stato cer-
tamente un momento nel quale il nostro «lo voglio» ha co-
nosciuto il moto interiore inspiegabile e indubitabile di una
risonanza affettiva che percepiva in questa scelta «qualcosa
di bello per me».

Scelte e motivazioni: dal bisogno al valore

Ogni scelta implica una MOTIVAZIONE. Abbiamo visto che


la persona é un’originale unitá fisico-psichico-mentale-spi-
rituale. Le motivazioni che muovono le scelte della persona
possono dunque essere fondamentalmente di tre tipi 15.
1. Motivazioni FISIOLOGICHE, tendenti alia riduzione di
un bisogno e alia soddisfazione di un impulso. Obbedi-
scono, in un certo senso, a quello che chiamiamo il PRIN-
CIPIO DEL PIACERE, esigendo la soddisfazione immediata di
un desiderio. Non dobbiamo considerare queste motivazioni
necessariamente come negative: a parte, infatti, le
soddisfazioni obbligate di alcuni bisogni quali la fame, la
sete ecc., possono esserci altre scelte che, pur non essen- do
di per sé cattive, devono tuttavia essere riconosciute nella
loro essenziale rispondenza al principio del piacere. Se io, ad
esempio, vedo una bella torta in una vetrina, la compro e la
mangio, questo puo non essere assolutamen- te un male (a
meno che io non sia affetto da diabete o non stia in un
periodo di digiuno quaresimale). L’azione, cioé, non é
sbagliata, ma la motivazione che la ispira ri-
sponde solo e únicamente alia soddisfazione del principio

15
Cfr. L. Ancona, La Psicoanalisi, La Scuola, Brescia 1980, pp. 174-177.

73
del piacere.
2. Motivazioni di tipo PSICO-FISIOLOGICO, tendenti a ri-
spondere al PRINCIPIO DELLA REALTÁ. Puo includersi in
questo la risposta a un bisogno finalizzato a un dovere da
cotupiere: ad esempio, cercare l’aiuto di una persona con
determínate caratteristiche per portare a termine un
determinato la- voro...
3. Motivazioni di tipo CONOSCITIVO-SPIRITUALE. Sono
delle motivazioni che muovono le nostre scelte senza che,
forse, riusciamo a daré a esse un perché. Sono motivazioni
che superano il piacere e il bisogno, e le scelte da esse mosse
non rappresentano una soddisfazione del bisogno, ma una
risposta a ció che viene intravisto come un bene oggettivo,
un valore. In questo caso é il valore in sé che muove La
scelta: non solo le grandi scelte della vita ma anche que lie
piccole scelte quotidiane nelle quali, pur di affermare un
valore, siamo in grado di superare i nostri semplici bisogni.
Anche la motivazione conoscitiva puo rientrare in questo
campo, in quanto facoltá puramente umana di conoscere la
realtá, non per possederla né per dominarla, ma semplice-
mente per comprendere piü a fondo la nostra umanitá. In
queste motivazioni trova dunque posto il valore in quanto
tale, che supera il bisogno e consente all’uomo una risposta
che non é piü ricerca di un BENE PER ME, ma affermazione di
quello che é un BENE IN SÉ.
Dunque: i BISOGNI e i VALORI. Nella valutazione delle scel-
te umane si tratta di un importante dualismo che, in alcune
particolari circostanze, puo diventare addirittura conflitto 48.
E chiaro che nel nostro vivere quotidiano veniamo mossi
sia da bisogni che da valori. E importante dunque che que-
sti livelli non si confondano nel momento in cui le nostre
scelte devono essere motívate da valori: non devono, in
questo caso, essere scelte compiute per un bisogno. La VIGI-
LANZA sull’affettivitá implica pertanto anche la capacita di

48 Cfr. Commissione Episcopale per il Clero della Cei, Nota Linee comuni per
la vita dei nostri Seminari, 13.

74
verificare onestamente le proprie motivazioni.

Sublimazione: una parola superata?

Nel cammino gradúale dal mondo dei bisogni a quello dei


valori, si colloca, a livello pratico, un’esperienza molto
concreta della persona: il processo della SUBLIMAZIONE, ter-
mine forse desueto nell’attuale clima educativo, ma certa-
mente ancora molto valido e spesso spontaneamente appli-
cato nell’esperienza umana. La sublimazione non é infatti -
come spesso erróneamente si crede - la rimozione di un bi-
sogno, ma é quella dinamica della maturitá che permette alia
persona di daré al proprio bisogno, o a quello che lei crede
tale, una risposta diversa, senza assolutamente eliminare il
bisogno stesso.
II filosofo Jean Guitton, con un’interessante riflessione in
proposito, ci ricorda come 1’amore umano sia «un’essen- za
votata aü’incompiutezza, che non puó conservare l’iden- titá
con se stessa se non cambiando forma, aspetto, natura. Tale
cambiamento, del resto, si produce in direzione verti- cale;
integra il passato e la carne in una realtá piü alta, va di soglia
in soglia, conserva ció che apparentemente distrug- ge,
facendolo partecipare a un’esistenza di un altro ordi- ne...
Infatti é proprio del mistero di ogni amore far salire fino a sé
i simboli che gli sono inferiori e assumerli nella propria luce.
II termine SUBLIMARE sarebbe il piü appropriato per
descrivere quest’azione, se esso non fosse stato sfigura- to
dall’uso che ne ha fatto il dottor Freud» 49.
La sublimazione é una FORZA, una grazia che porta con sé
il dinamismo dell’amore e conduce a esso.
La corretta sublimazione richiede dunque che il bisogno
sia messo in luce nella sua autenticitá, senza false e perico-
lose castrazioni. Ma necessita - e ció é una procedura squi-
sitamente umana - che si arrivi alia radice del bisogno stes-
49 J. Guitton, L’amore umano, Rusconi, Milano 1988, p. 18.

75
so, con il coraggio di non assolutizzarlo, per farlo progredi-
re verso 1’ amore.

II valore dell’altro: integrazione dell’affettivitá

La conoscenza del mondo affettivo si rivela importante


per autocomprenderci sul piano relazionale. Ma bisogna
considerare che l’affettivitá ha un grosso limite: quello di
riportare sempre l’attenzione alia nostra stessa persona.
Mentre, cioé, la dimensione affettiva ci orienta alia relazio-
nalitá e all’altro, ci porta, pero, a valutare tutto sulla base di
ció che la relazione, la situazione, Pal tro suscita in noi. Po-
tremmo diré che 1’ultima parola, nel campo delle emozioni e
dei sentimenti, spetta alie stesse emozioni, agli stessi sen-
timenti.
Per questo appare ancora piü evidente come sia necessa-
rio integrare l’affettivitá: se questa, infatti, diventa il criterio
único di valutazione per le scelte, il criterio sará sempre VIO,
ció che nell’io l’emozione suscita. Se la reazione emotiva a
una scelta (a una situazione, a una persona...) sará positiva,
la scelta (la situazione, la persona...) verrá ritenu- ta buona.
Viceversa, avverrá il contrario. L’emotivitá puo limitare
l’oblativitá e impedire, se esasperata e assolutizza- ta, che la
persona entri nella LÓGICA DEL DONO.
Questa dinamica é davvero da valutare nella nostra quo-
tidianitá: nelle relazioni umane ma anche nel cammino spi-
rituale. Se il nostro rapporto con Dio, se il criterio di valu-
tazione della preghiera e della fedeltá a lui di ven tas se la ri-
percussione emotiva che tutto ció suscita nella nostra vita,
ecco che, inevitabilmente, anche la stessa fede sfocerebbe in
un ripiegamento su noi stessi.
Potremmo dire che il mondo dei sentimenti fa parte del-
l’esperienza dell’amore ma non la esaurisce, cosi come la
sfera psichica fa parte della persona ma non la identifica
completamente.

76
Nel cammino della maturitá sessuale, un posto importante
occupa la dimensione della RELAZIONALITÁ, il rapporto con
“j’altro”.
L’altra persona non é mai la risposta a un bisogno: é
sempre un valore. Certamente, é un valore che poi finisce col
rispondere ai nostri bisogni piü veri, profondi, inespres- sí,
meno noti anche a noi stessi. Ma ció puó accadere solo se
l’altro é - e resta - un valore. A tale proposito, é pedagó-
gicamente utile far riflettere i giovani in crescita sull’im-
portanza della motivazione che muove la loro scelta, parti-
colarmente quando si tratta di impostare rapporti di amici-
zia, di simpatía, di fidanzamento, di scelta della persona per
un progetto coniugale. L’altro, possiamo dire, non é un BENE
PER ME ma é un BENE IN SÉ: é il punto che rende autentica
ogni relazione umana.

Sessualitá e relazionalitá

La relazione é comunicazione: per questo, la sessualitá


umana puo essere considerata come una sorta di LINGUAG-
GIO. E qualunque lingua necessita di essere appresa: ecco il
perché dell’educazione all’amore e alia sessualitá. Le parole
devono esprimere, in una lógica che consenta di essere
compresi, la veritá di un’essenza, di un pensiero che si é
chiamati a trasmettere.
Esiste un linguaggio di tipo físico, affettivo, spirituale:
l’integrazione della nostra persona permette quella COMU-
NIONE INTERIORE che ci consente di esprimere ció che noi
siamo attraverso il linguaggio; esso trova espressioni diverse
per ogni vocazione e per ogni persona: ma deve esprimere
sempre una TOTALITÁ.
II linguaggio dell’affettivitá deve tradurre la maturazione '
umana: e ha la necessitá di passare dal chiedere al donare, dal
principio del piacere a quello del valore. In questo cammino,
dobbiamo apprendere il nostro linguaggio e far si che esso
arrivi a esprimere non tanto cío che io voglio, quanto
ció che io sono, cío che muove le míe azioni e le mié scelte.

77
che orienta e riempie di significato la mía vita. II mió essere e
il mió agiré deve esprimere ció che sono cosi come, quando
parlo, devo chiedermi se realmente le mié parole comuni-
cano il mío pensiero. Cosi il linguaggio della sessualitá deve
essere espresso nell’attenzione alia veritá della persona.
Bisogna evitare che questo discorso dica parole senza
senso: ció puó avvenire qualora manchi la necessaria vigi-
lanza, oppure non si dia la necessaria importanza al pensiero
da esprimere.
La dimensione affettiva conferisce calore, entusiasmo a
quel linguaggio che é la sessualitá: ma un linguaggio non puó
essere espresso da calore ed entusiasmo se non ha un
contenuto.
VIGILANZA, CONTENUTO e APPRENDIMENTO: tre punti fonda-
mentali nella maturazione della persona sul piano affettivo. Se
in noi vive un atteggiamento di continua educazione al-
1’amore, saremo persuasi che 1’apprendimento di questo
linguaggio dell’amore, che riconosce possibilitá di errori come
per ogni lingua che si impara, traduce docilitá e spe- ranza di
apprendere sempre meglio la parola giusta.
IMPARARE AD AMARE é uno sforzo che tutti dobbiamo fare:
tutti abbiamo non solo il dovere, ma anche il diritto di far- lo.
Noi abbiamo il diritto di avere, nei nostri educatori, in-
stancabili educatori all’amore; abbiamo il dovere di essere, nel
nostro ministero, instancabili educatori all’amore. Non
bisogna stancarsi di rispondere a questa vocazione, cosi come
non ci si stanca di correggere il bambino che sbaglia la parola
che sta apprendendo. E per essere educatori d’amore bisogna
vivere d’amore, cosi come per insegnare corretta- mente un
linguaggio é importante saper parlare.
Se é vero che, come ci ricorda la PASTORES DABO VOBIS, «la
maturazione affettiva suppone la consapevolezza della
centralitá dell’amore nell’esperienza umana» 50, il linguaggio
con il quale noi - chiamati al sacerdozio - trasmettiamo il
valore della sessualitá deve rivelare lo STUPORE che tale
mistero suscita in noi.
La sessualitá, non lo dimentichiamo, esprime e identifica la
50 Giovanni Paolo II, Esortazione apostólica Pastores dabo vobis, 44.

78
totalitá e la pienezza della nostra umanitá: del nostro essere
uomo o donna in tutte le dimensioni della personalitá. E anche
l’affettivitá é fortemente conno tata e colorata dalle sfumature
del maschile e del femminile.
La parola SESSO, derivata dal latino SEPTUS (diviso), ci illu-
stra bene il concetto dell’unica natura umana, divisa in due
aspetti che tendono a ricomporsi nell’unitá. Questo processo
di ricomposizione presenta caratteristiche differenti nelle di-
verse vocazioni cui le persone sono chiamate, e conosce,
d’altra parte, un processo di gradualitá relazionale che parte da
una sorta di attrazione tra il maschile e il femminile, do- vuta a
un nativo ORIENTAMENTO dell’uno verso l’altra.
Nella persona umana anche questa attrazione si inserisce in
un cammino, che esprime il passaggio dal bisogno al valore,
dall’“attrazione” al “dono di sé”. Per percorrere questo
cammino c’é bisogno di una crescita nell’amore che aiuti a
entrare in relazione autentica con l’altro.

Attrazione e persona

II primo stadio che l’amore vive é, dunque, l’esperienza


dell’ATTRAZIONE: Nel rapporto uomo-donna, é motivata dalla
differenza e dalla tendenza sessuale che si arricchisce, pero, di
una conoscenza: un impegno, sia puré indiretto, che co-
involge la volontá e la libertá. L’attrazione é cioé alimenta- ta
anche dal desiderio di dirigersi, attraverso la propria co-
noscenza, verso l’altra persona19.
Non c’é dubbio che 1’attrazione faccia parte dell’amore, pur
non esaurendolo: qualunque amore nasce sempre da una certa
attrazione iniziale che viene esercitata sull’affetti- vitá. Anche
l’amicizia e la fede sperimentano questa fase.

19
Cfr. K. Wojtyla, Amore e responsabilitá, Marietti, Torino 1978, p. 65.

79
La ricchezza e il limite deU’attrazione risiedono proprio
nella forza della reazione affettiva che essa suscita e che ha
anche il potere di far intravedere nell’altra persona valori il-
lusori, proprio in quanto essa provoca qualcosa.
C’é una forte SOGGETTIVITÁ che caratterizza questa fase del
rapporto interpersonale, sulla quale bisogna fare attenzione a
non indugiare. L’attrazione, infatti, si compiace di se stessa,
facendo si che sia il sentimento a tener vivo l’intcresse verso
la persona. E per questo che, quando la reazione emotiva
passa, anche il valore al quale si faceva ri fen mentó
- la persona, appunto - tende a scomparire.
Certamente la nostra cultura spesso misura o interpreta
1’amore solo in base al sentimento: si ritiene, per esempio. che
1’ amore duri fino a che dura il sentimento. Questa valu-
tazione esalta la soggettivitá della persona, falsando i suoi
valori propri. II sentimento puo dunque, paradossalmente,
costituire un ostacolo alia comunione perché impedisce l’in-
contro vero tra le persone, l’incontro con la persona VERA.
E dunque necessario, pur non dimenticando e non elimi-
nando la dinamica affettiva dell’attrazione - che é una si-
tuazione iniziale - mantenere una continua tensione verso la
veritá della persona. Si tratta dunque di vivere sempre piü
l’attrazione VERSO LA PERSONA: non solo, cioé, verso i valori
che le si attribuiscono, ma verso i valori che possiede o,
meglio, verso il valore che lei é20.
E chiaro che l’attrazione nasce dalla percezione di una
qualche bellezza. Perché l’attrazione sia esperienza davvero
PERSONALE é necessario saper scorgere la bellezza INTEGRALE
e INTRÍNSECA che riguarda tutta la persona, non solo una parte
di essa, e che travalica i confini e i limiti di ció che noi stessi
possiamo cogliere e definire come bellezza, sfocian- do nel
mistero di quella bellezza che é la creatura umana, immagine
del suo Creatore.
Dal desiderio al dono di sé

Nasce poi l’esperienza del desiderio a motivo di un LIMITE,


di un bisogno, di una mancanza che l’uomo sperimenta in sé.
II desiderio, di per sé, non é cattivo: anche il desiderio di Dio
20
Cfr. ibid., p. 69.

80
nasce da un bisogno infinito di lui.
La sessualitá umana esprime in se stessa il bisogno della
complementaritá, che fa scattare il desiderio di quel bene di
cui si vive la mancanza. Si tratta dunque del desiderio di un
bene, che indichiamo come AMORE DI CONCUPISCENZA, non
solo come concupiscenza51. Si puó pero innestare, in questa
fase, il rischio dell’utilizzo della persona, considerata come
BENE PER ME, come semplice risposta a un bisogno. Se questa
fase non é superata, c’é perianto un pericolo per la crescita
nell’amore.
L’ amore di concupiscenza deve cioé diventare AMORE DI
BENEVOLENZA, che significa desiderare il bene della persona.
Riconoscere nell’altro un “bene per me” significa giá, in un
certo senso, riconoscere che l’altro é un bene: cosi, ció che
nasce come concupiscenza puó diventare benevolenza 52.
La benevolenza ci avvicina alia pura essenza dell’amore e,
se reale, si deve estendere a tutta l’esperienza, compene-
trándola, in un quotidiano porsi dinanzi all’altro. E in ogni
cosa, in ogni istante, in ogni situazione che io devo imparare a
volere il bene dell’altro, il bene per l’altro: non solo quando,
ad esempio, questo coincida con ció che io ritengo essere
bene.
Attraverso queste varié TAPPE maturative si va verso l’a-
more SPONSALE, un DONO DI SÉ particolarissimo. Donarsi é piü
che voler bene. L’amore sponsale é quell’amore per il quale
una persona puó donarsi a un’altra: all’uomo o a Dio 53.
Si tratta di una sorta di paradosso: la persona, di per sé, non
sarebbe “donabile”, non si donerebbe. II dono della persona si
verifica esclusivamente per una purissima e incf- fabile
ragione d’amore. «Chi avrá trovato la sua vita la perderá: chi
avrá perduto la sua vita per causa mia la trovera»54: é questo il
dinamismo del dono di sé fatto per amore.

Psicología e grazia

51Cfr. ibid., p. 70.


52Cfr. ibid., p. 73.
53Cfr. ibid., p. 87.
54Mt 10,39.

81
La maturitá é dunque un cammino, fatto di difficoltá e gioia
ma sempre in una dinamica d’amore. Sulla nostra natura c’é il
progetto originario del Creatore, che noi tanto spesso
oscuriamo; ma 1’esperienza della salvezza ci rivela ogni volta
un tassello di questo mosaico, di questo progetto d’amore.
Questa rivelazione avviene dentro di noi, nel Ja nostra realtá
biologica, psicológica, spirituale: nella nostra esperienza
quotidiana.
La GRAZIA puo agiré sulla natura cambiandone il limite:
nella sacra Scrittura, ad esempio, il limite della sterilitá é
superato dal dono della feconditá55. II disegno di Dio é un
progetto di vita: e si impone. Ma de ve essere accolto; per
questo la volontá é importante.
L’atto di consegna del nostro essere al Signore é un «si»
che non si limita ad aver accolto l’iniziale invito a entrare in
seminario ma che vuole essere gridato da tutta la nostra
persona quotidianamente e sempre piü pienamente. Ogni
qualvolta, allora, mi scopro capace di un piccolo passo nel
cammino della maturazione psicológica e affettiva, in questa
tappa riconosco l’intervento del Signore che mi sostiene e mi
trascina e scopro il mió «si», la mia disponibilitá che gli
permette di agiré in me, di lavorare in me e con me.
Dio ha compiuto cose grandi in Maria: in lei ha superato la
natura. Ma nulla sarebbe stato possibile senza l’«ecco- mi» e il
FIAT di Maria.
E bello dunque sottolineare il binomio GRAZIA-NATURA, del

55Cfr. Gn 21,1-7; ISam 1,1-20; Le 1,5-25; 2Re 4,8-17.

82
quale noi siamo realmente impastati. L’ agiré di Dio si ma-
nifesta a noi anche attraverso questo grande rispetto che lui
accorda alia natura della persona umana. Dio non ci forza mai.
Non potremmo essere persone libere se Dio stesso non fosse
libero e non rispettasse la nostra liberta, che deriva dal suo
essere liberta e dal suo rispettare profondamente ció che noi
siamo. E noi siamo ció che egli ci ha dato.
Non dobbiamo rischiare di cadere in uno sterile spiritua-
lismo: Dio compie meraviglie, é vero, ma solo se trova la
disponibilitá in noi. L’impegno, lo sforzo umano della volontá
e deH’intelligenza ci devono condurre proprio a questa
docilitá. La grazia si attacca dentro quel «si» che gridia- mo
con fiducia e con grande amore: «Eccomi, sono la serva del
Signore, si faccia di me secondo la tua parola» 26.
Per la riflessione e la preghiera

«Sessualitá é... Affettivitá é...»

Espressioni verbali traite da un ’esercitazione di


brainstorming con i seminaristi
Le frasi riportate sono State scritte in maniera spontanea,
anónima e immediata, su tre foglietti consegnati ai semina-
risti al termine di una riflessione sulla psicologia della ca-
stitá. Le frasi sono poi State riordinate in tre gruppi: SIGNIFI-
CATI; CONTENUTV, PROPOSTE OPERATIVE.
Le parole o le espressioni ripetute sono State eliminate. Ne é
stato tratto un interessante schema che riportiamo di seguito.

1. Significati
- Amare qualcuno
26 Cfr. Le 1,38.

83
- La sessualitá é espressivitá
- Custodire la vita
- Donazione completa di sé
- Dono per il mondo e l’umanitá
- Libertá piena e totale
- La sessualitá é responsabilitá
- Testimonianza di gioia
- Pieno possesso di sé
- Buona cosa
- Un dono di Dio
- Un regalo della natura
- Liberta
- Gioia
- Elevazione a Dio
- Cammino
- S celta libera
- Felicita per me e gli altri
- Dono completo di sé
- Realizzarsi pienamente in Cristo
- Amore sponsale, totale
- Armonia
- Consacrazione
- Dono da annunciare
- Una grazia
- Saper amare é saper vivere
-Vita
-Dono
- Umanitá

Contenuti
- Sessualitá come risposta a una chiamata all’amore
-La sessualitá é un potenziale per esprimere 1’amore al
fratello
-L’affettivitá é 1’amore che sceglie di donare o essere accolto
in una relazione interpersonale
- La sessualitá é espressione dell’amore che si concretiz- za
in un gesto

84
- L’affettivitá rende visibile la nostra interioritá
-La sessualitá e l’affettivitá sono tra i doni piü grandi che Dio
ci ha fatto. Non c’é cosa piü bella, per una coppia, che il dono
reciproco. Ma é lo stesso per il con- sacrato/la consacrata, che
fa dono di tutto se stesso al suo Creatore e vive la sessualitá
con Dio a servizio del prossimo.
- La sessualitá e l’affettivitá sono un dono da vivere bene
- L’affettivitá é il desiderio di entrare nella vita dell’altro
- La sessualitá é un trampolino di lancio
- Capire di essere persona, di essere per l’altro
- La vita sessuale é necessaria nell’identitá della persona
- Una componente fondamentale della mia persona, la
definisco come energia vitale
- Conoscere pienamente il proprio corpo per avere un
equilibrio
- La sessualitá é l’approdo dell’amore
- La sessualitá é l’atto di procreazione
- Un dono per il servizio degli altri
- Essere realizzati
- L’affettivitá é importante
- Sessualitá come momento in cui si fondono 1’amore e la
vita attraverso un atto d’amore e di donazione corporale
- L’affettivitá é un qualcosa che appartiene al livello
emotivo. La sessualitá é espressione di un amore autentico
e concreto
- Capacitá di esprimere se stessi e di comunicare
- L’affettivitá appartiene alia dimensione spirituale pro-
fonda della persona. La sessualitá é una scelta per amore
- Amare é tutto
- E il modo piü bello per dirti ti amo con tutto me stesso
- «La paglia vicina al fuoco brucia» (proverbio)
- La sessualitá é una cosa seria
-Un’energia che ha bisogno di essere ben orientata per
realizzare fini grandi
- La sessualitá é un dono di Dio: se la sai vivere ti rende-
rá libero, altrimenti sarai suo schiavo
- Apri il tuo cuore: comunica la tua sessualitá con gioia

85
3. Proposte operative
- La ragione e il cuore possono dominare la vita sessuale:
come armonizzare il ruolo della ragione e del cuore?
- Vorrei approfondire la vita sessuale sul piano dei senti-
menti
- Una formazione é necessaria per vivere bene la sessualitá
- Non aver paura: io saró con te...
Alcune riflessioni dei seminaristi

Un cammino di redenzione
II nostro cammino di maturazione umana va guardato coiné
una preparazione della natura ad accogliere la grazia: sempre
piü consapevolmente e pienamente.
Possiamo contemplarlo anche come un cammino di re-
denzione.
Alia base di tutto c’é, in noi, un’esperienza di disgrega-
zione che é imputabile all’antica colpa. Ecco che, allora, il
percorso verso l’integrazione diventa un modo di sperimen-
tare profondamente una corporeitá, una psiche, un’affettivi- tá
redente: una sessualitá redenta.
É l’esperienza di un Dio che libera, alia luce di quella veritá
che lui chiede all’uomo ma che scrive DENTRO l’uomo. Questo
contatto con il Signore ce lo fa scoprire come LIBERA- TORE: é
l’esperienza di Israele che lo conosce dapprima come colui
che riscatta il popolo e poi vive V INNAMORAMENTO,
l’abbandono in colui che ha creato tutto, e tutto per amore.
La redenzione viene cosi sperimentata su un piano persó-
nate e relazionale, in un’armonia con gli altri, con la natura,
con il creato.
Noi professiamo la nostra fede nel Figlio di Dio che ha
redento l’umanitá: dobbiamo credere, e credere fino in fondo,
che egli ha redento tutto di noi. Abbiamo detto che il nostro
cammino é superamento delle dipendenze: forse noi dobbiamo
superare tutte le nostre dipendenze per ritrovare la dipendenza
totale e única, quella da Dio. Come quel bambino che, nel
grembo della madre e poi appena nato, é totalmente
dipendente da lei, cosi noi: totalmente dipenden- ti da Dio

86
nella totalitá della nostra persona.

Un cammino di conversione
Dio é libertá; noi siamo sua immagine e dunque siamo li-
bertá anche noi: un progetto di libertá che é impresso in tut- te
le fibre del nostro essere, in un mistero di creazione, di
redenzione, d’amore.
Anche il valore della conoscenza della nostra personaliiü é
via che illumina la conoscenza di Dio. Questa convinzio- ne ci
aiuterá, da sacerdoti, a valorizzare la trasmissione tlj tale
conoscenza nei progetti educativi e pastorali. Tutto ció
richiederá certamente linguaggi e strumenti idonei ai vari
luoghi e alie varié situazioni: ma sempre nel tentativo di
aiutare ogni persona ad autocomprendersi non tanto sul piano
intellettivo, quanto neirintimitá del suo cuore, perché o in esso
che la persona sperimenta l’incontro con il suo Creatore.
Oggi, piü che mai, la persona ha bisogno di conoscere se
stessa e la propria bellezza (del corpo, della psiche...) per
comprendere che ha un valore grande e único. C’é solo una
via per instillare nella persona questa profonda convinzio- ne:
AMARE L’UOMO, il suo intrínseco valore, la sua grande di-
gnitá.
In questo senso, la conoscenza di sé ha grande impor- tanza
nel cammino di CONVERSIONE: la persona, contemplando la
propria veritá, capisce che questo progetto scrit- to in lei é via
che conduce all’amore e impara a rispettarlo e a rispettarsi.
Per penetrare questo cammino bisogna saper guardare a
ogni persona come a un DONO: e la persona stessa, nel suo
essere dono, vedrá il rivelarsi di colui dal quale tale dono, e
ogni dono, ha origine.
L’uomo non é del tutto incomprensibile a se stesso: c’é
qualcosa in noi che ci rivela chi siamo. Ogni uomo, dunque,
ha la possibilitá di conoscersi.
Tuttavia noi siamo cristiani, e sappiamo che questa rive-
lazione é stata completata e definita in Cristo: lui é la veritá
sull’uomo. Ha salvato tutto l’uomo, ma ha rivelato l’uo- mo
all’uomo. Ecco dunque che conoscere Gesú significa

87
conoscere se stessi: prendere coscienza del mistero che noi
siamo e del nostro peccato che é, essenzialmente, tutto ció che
sfigura l’immagine di Dio in noi.
U peccato non puo essere interpretato in chiave puramente
psicológica: é una realtá piü profonda. Ma alcuni degli
olementi su cui abbiamo riflettuto ci aiutano ad affrontarla con
pazienza, desiderio e fiducia, senza sottovalutare il peccato né
assolutizzare le dinamiche psicologiche: ció po- trebbe
significare costringere 1’uomo a rimanere schiavo deL suo
peccato.
É come se noi, dunque, vedessimo due vie: l’uomo e Ge- sü
Cristo. E queste due strade si sono incontrate. Lui, infat- ti, ci
rivela la veritá su noi stessi e suU’amore: l’amore é il
contenuto della veritá. Conoscere Gesü Cristo significa co-
noscere l’uomo e comprendere qual é il cammino che egli
deve fare per raggiungere la pienezza del suo essere e la sua
definitiva realizzazione. «Io sono la via...» (Gv 14,6), dice
Gesü: questo cammino é lui stesso.

Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu sai quando seggo e


quando mi alzo.
Penetri da lontano i miei pensieri, mi scruti quando cammino e
quando riposo.
Ti sono note tutte le mié vie.
La mia parola non é ancora sulla lingua e tu, Signore, giá la
conosci tutta.
Alie spalle e di fronte mi circondi e poni su di me la tua mano.
Stupenda per me la tua saggezza, troppo alta, e io non la
comprendo.
Sei tu che hai creato le mié viscere e mi hai tessuto nel seno di
mia madre.
Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio;
sono stupende le tue opere, tu mi conosci fino in fondo.
Scrutami, Dio, e conosci il mió cuore, provami e conosci i miei
pensieri:
vedi se percorro una via di menzogna e guidami sulla via della
vita (Salmo 139,1-6.13-14.23-24).

Secondo la Bibbia c’é, nell’uomo un intimo legame, una


compenetrazione tra fisicitá e interioritá. Ció ha a che fare con

88
una visione “simbólica” in senso stretto, che non op- pone
dualisticamente una corporeitá materiale, corran i hiic e
insignificante, a una spiritualitá trascendente e superiore. ma
che considera Tintero essere umano come oggeiio di creazione
e di gloria, come un vero «prodigio» (cfr. Salmo 139,14: la
radice NFL, che significa «miracolo», é usata due volte per
definire la creatura umana) (G. Ravasi, THE WORK OFTHE
CREATOR IN HUMAN GENERATION: THE CONTRIBUTION OFTHE
BIBLICAL MESSAGE, in Pontificia Academia Pro Vita, HUMAN
GENOME, HUMAN PERSON AND THE SOCIETY OF THE FUTURE,
Librería Editrice Vaticana, Cittá del Vaticano 1998, p. 414).

Nel sesto mese, 1’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una


cittá della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa
sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La
vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, dísse: «Ti saluto, o
piena di grazia, il Signore é con te». A queste parole ella rimase
turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L’ange
lo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia pres-
so Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alia luce e lo chiame-
rai Gesü. Sara grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Si gnore
Dio gli dará il trono di Davide suo padre e regnerá per sempre
sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrá fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come é possibile? Non co-
nosco uomo». Le rispóse Tángelo: «Lo Spirito Santo scenderá su
di te, su te stenderá la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui
che nascerá sará dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi:
anche Elisabetta, tua párente, nella sua vecchiaia, ha concepito un
figlio e questo é il sesto mese per lei, che tutti di- cevano sterile:
nulla é impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Eccomi, sono la
serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E
Tángelo partí da lei (Le 1,26-38).

Spesso si sente dire che bisogna guariré la psiche, libe- rarsi


della propria storia personale prima di cominciare a costruire
la vita spirituale: come se soltanto una persona in perfetta
forma psichica potesse crescere spiritualmente. In realtá
questa separazione dello psicologico e dello spirituale, o la
loro confusione, scaturisce da una visione che non

89
riesce a integrare il dolore e la sofferenza e a concepire
che nell’incontro con l’amore di Dio rivelato in Cristo e
nell’e- sperienza di esso, il limite puo diventare il veicolo:
ossia, anche una sofferenza psichica, un disturbo della
struttura personale, un fallimento puo diventare ricordo di
Dio, co- municazione di Dio, partecipazione alia sua Pasqua.
Non basta, dunque, prendere coscienza delle proprie
strutture e ferite psichiche (é necessario, ma non é ancor
questo che salva!): occorre simultáneamente impegnare la
persona nella sua totalitá per introdurla nella comunione
profonda con Gesü Cristo, buon Pastore, nella sottomissio-
ne di tutta la vita alio Spirito, in un atteggiamento filiale nei
confronti del Padre e in un attaccamento fiducioso alia
Chiesa. Tale integrale coinvolgimento con il mistero dell’a-
more di Dio, che diventa consegna di sé all’Altro, costitui-
sce il punto di profonda convergenza e di unitá fra psiche e
spirito: laddove, grazie a una raggiunta consapevolezza
(docibilitá) e a una libera adesione (docilitá), la sofferenza e
la morte di Cristo trovano la forza e il potere di scendere e di
visitare le zone piü recondite e tenebrose dell’animo umano
e di porvi il germe della risurrezione (Commissione
episcopale per il clero della Cei, LINEE COMUNI PER LA VITA
DEI NOSTRI SEMINARI, 22).
UNITÁ C
La dimensione spirituale della sessualitá
umana
Introduzione

Chi é l’uomo?, ci siamo chiesti precedentemente. Per ri-


spondere a questa domanda, abbiamo contémplate la nostra
corporeitá e scrutato il complesso mondo della psiche e del-
1’affettivitá.
Ora é tempo di scendere al CUORE. Si, vogliamo entrare
nella profonditá di ció che é scritto nel nostro cuore, supe-
rando e oltrepassando la realtá psicobiologica, senza peral-
tro escluderla. Ma vogliamo anche andaré al cuore del pro-
getto di Dio sull’uomo e la donna e sulla sessualitá umana:
sull’ amore.
II nostro cuore dinanzi al cuore di Dio. Che cosa ha Dio
nel cuore mentre crea l’uomo, ogni uomo? Che cosa affida a
esso di quella immagine che lui stesso trasmette? Che cosa
nasconde ed esprime il mistero dell’essere uomo e donna?
Non abbiamo che una strada per comprenderlo: VUOMO,
guardato alia luce della creazione.
II nostro itinerario giunge cosi a contemplare la bellezza,
la complessitá e la profonditá dell’amore umano, inteso co-
me amore fra l’uomo e la donna e anche come capacitá, de-
siderio, vocazione della persona ad amare.
Che cosa significa amare in modo umano? In modo - po-
tremmo dire, ricalcando giá un tratto del nostro cammino -
PIERIAMENTE UMANOL
Esaminando la sessualitá umana sotto il profilo biologico
e psico-emotivo, ci siamo resi chiaramente conto che en-
trambe queste dimensioni orientano alia necessitá di USCIRE
DA SÉ, di superare l’egoismo. Tutto, nel corpo e nella pVi-
che, ci orienta all’altro. Ma come? É la risposta a quesut
domanda che decide, in un certo senso, riguardo alia di-
mensione SPIRITUALE della sessualitá umana e solo umanu:
I’AMORE, cioé il DONO DI SÉ.
In questa tappa ci saranno d’aiuto le splendide Catechesi
sull’amore umano, che Giovanni Paolo II ha proposto ai fo-
deli all’inizio del suo pontificato 56 e che ci introducono riel
56 Cfr. Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó. Catechesi sull'amore umano,
Cittá Nuova, Roma 1985.
tema richiamandoci un episodio del vangelo di Matteo. Al-
cuni farisei chiesero a Gesü: «“É lecito a un uomo ripudiaiv
la propria moglie per qualsiasi motivo?”. Ed egli rispóse:
“Non avete letto che il Creatore da principio li creó ma-
schio e femmina e disse: ‘Per questo l’uomo lascerá suo pa-
dre e sua madre e si unirá a sua moglie e i due saranno una
carne sola’? Cosi che non sono piü due, ma una carne sola.
Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo sepa-
ri”. Gli obiettarono: “Perché allora Mosé ha ordinato di darle
l’atto di ripudio e di mandarla via?”. Rispóse loro Ge- sú:
“Per la durezza del vostro cuore Mosé vi ha permesso di
ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu cosi”» 57.
Ecco: per penetrare il mistero dell’amore umano, che tut-
ti ci riguarda e illumina, dobbiamo ritomare al «principio»:
diventa il criterio, il mistero nel quale e dal quale leggere
l’essenza dell’amore, dunque l’essenza e la veritá della per-
sona. II principio é il mistero della creazione. Andando a
esso, con la mente e col cuore, cerchiamo dunque di risalire
all’intenzione creatrice di Dio, della sua mano... del suo
cuore.

Obiettivi

- CONTEMPLARE il mistero della creazione dell’uomo e


della donna alia luce delle conoscenze giá acquisite circa la
dimensione psico-biologica della persona e della sessualitá
umana.
- Rileggere tali conoscenze e, soprattutto, la propria
identitá, corporeitá e sessualitá alia luce del mistero della
Creazione.
- Focalizzare il SIGNIFICATO SPONSALE DEL CORPO
UMANO, che rende ragione del dono di sé fatto per amore.
- Prospettare la PEDAGOGÍA DEL CORPO come “método” di
autoconoscenza e autoeducazione.

57 Mt 19,3-8.
II significato sponsale del corpo umano

A immagine di Dio...

Per capire l’uomo nella sua corporeitá - l’uomo come


maschio e femmina - dobbiamo fare riferimento all’ESPE-
RIENZA: «.. .la nostra esperienza umana é, in questo caso, un
mezzo in qualche modo legittimo per l’interpretazione teo-
lógica, ed é, in un certo senso, un indispensabile punto di
riferimento, al quale dobbiamo richiamarci neU’interpreta-
zione del “principio”»58. Questa nostra esperienza deve di-
ventare via per entrare nel mistero della creazione, che a sua
volta deve essere luce per rileggere la nostra esperienza e le
nostre conoscenze.
Nel primo racconto della creazione del libro della Genesi,
l’uomo viene creato al termine di tutto l’universo, dopo tutti
gli altri esseri viventi. E se ne coglie súbito la differenza e la
particolaritá rispetto a essi: Tuomo é definito in base alia sua
relazione con Dio. É un rapporto speciale, da súbito
identificato come «immagine» e «somiglianza». «Sebbene
l’uomo sia cosi strettamente legato al mondo visibile, tutta-
via la narrazione biblica non parla della sua somiglianza col
resto delle creature, ma solamente con Dio (“Dio creó l’uo-
mo a sua immagine, a immagine di Dio lo creo...” Gn 1,27).
Nel ciclo dei sette giomi della creazione é evidente una
precisa gradualitá; l’uomo invece non viene creato se- condo
una naturale successione, ma il Creatore sembra arre- starsi
prima di chiamarlo all’esistenza, come se rientrasse in se
stesso per prendere una decisione: “Facciamo l’uomo a
nostra immagine, a nostra somiglianza..(Gn 1,26)» 59.
Nel cuore di Dio nasce una decisione: e il centro di questa
58 Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 42.
59 Ibid., p. 34.
scelta si puó quasi trovare nella contemplazione della
bellezza della creatura umana. «Quando mirai in me stesso la
mia creatura, mi innamorai di lei - rivela il Signore a santa
Caterina da Siena Mi piacque di crearla a mia immagine e
somiglianza, con molta provvidenza» 60.
Si: l’uomo non puó essere spiegato attraverso la somi-
glianza con le altre creature: il suo ESSERE viene DALYESSERE
del quale l’uomo porta in sé l’immagine.
Tuttavia l’uomo é anche un CORPO: questa veritá é súbito
richiamata dall’esplicita specificazione del testo biblico:
«.. .maschio e femmina li creó»61.
L’immagine di Dio é affidata all’uomo, al suo stesso esi-
stere: comprendiamo immeditatamente come quell’imma-
gine di sé che Dio ci trasmette esprime comunione e fecon-
ditá, amore e vita. É il “Noi” divino che si trasmette al ma-
schio e alia femmina affidando loro il compito - e il dono -
della procreazione62.

Autocoscienza e solitudine

II progetto creativo di Dio si rivela all’uomo, che ne


prende coscienza rendendosi conto di chi lui sia.
É l’esperienza descritta dal secondo racconto della crea-
zione63, che ha uno sfondo prevalente di tipo antropologico,
soggettivo: la reazione e la coscienza dell’uomo di fronte al
dono della vita che egli riceve. L’alito di vita, che Dio sof-
fia nelle narici dell’uomo, puó essere considerato (derivando
dall’ebraico NISHMAT) come la capacitá che l’uomo ha di
conoscersi e giudicarsi: la possibilitá di autocoscienza e di
introspezione, un costitutivo specifico dell’uomo 64.
60 Santa Caterina da Siena, II Dialogo della Divina Provvidenza, Cantagalli, Siena
1994, p. 295.
61 Gn 1,27.
62 Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera alie famiglie, 6.
63 Cfr. Gn 2.
64 Cfr. G. Ravasi, The work of the Creator in human generation: the contribu-
tion of the bíblica message, in Pontificia Academia Pro Vita (Edited by J. De Dios Vial
Correa, E. Sgreccia), Human genome, human person and the society of the future,
Librería Editrice Vaticana, Cittá del Vaticano 1998, p. 415.
La comprensione del mistero della persona sará, in un
certo senso, aU’incrocio tra due sfumature: la dimensione
SOGGETTIVA - che é l’autocomprensione da parte della perso-
na stessa - e quella OGGETTIVA, il suo essere immagine di
Dio. Potremmo dire: l’esperienza e la fede.
Súbito dopo la creazione65, l’uomo non é ancora definito
dal punto di vista sessuale: é YUOMO (in ebraico ADAM), che
solo dopo la creazione della donna verrá definito come MA-
SCHIO (ISH in relazione a ISHSHAH, cióBFEMMINÁ)66.
E la prima esperienza che l’uomo si trova a vivere é la
significativa tappa della SOLITUDINE ORIGINARIA.
L’uomo é solo dinanzi al suo Creatore: é, in un certo sen-
so, alia ricerca della propria identitá e vocazione. E giá
questa ricerca é una parziale risposta: solo l’uomo é capace
di porsi tale domanda di senso. «Solitudine infatti significa
anche soggettivitá dell’uomo, la quale si costituisce attra-
verso 1’autocoscienza. L’uomo é solo perché é “differente”
dal mondo visibile, dal mondo degli esseri viventi» 67.
La solitudine é esperienza particolarmente profonda: leg-
giamo attraverso essa la differenza tra l’uomo e gli altri es-
seri viventi, legata non solo all’autoconoscenza ma anche
alia possibilitá che l’uomo ha di dominare e custodire il
creato68. Infine, alia possibilitá della scelta tra il bene e il
male, deU’autodeterminazione, che solo all’uomo viene
concessa69: é il dono della libera volontá.
Solitudine e significato del corpo

Un punto fondamentale, nell’esperienza della solitudine


originaria, é il SIGNIFICATO DEL CORPO: é proprio attraverso
il suo essere corpo, peraltro simile agli altri esseri viventi,
che l’uomo si accorge di essere diverso. É un corpo, il suo,
che puó «coltivare la térra» 70, «soggiogarla»71: é un corpo

65 Cfr. Gn 2,7.
66 Cfr. Gn 2,18-23.
67 Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 46.
68 Cfr. Gn 2,15.
69 Cfr. Gn 2,16-17.
70 Gn 2,15.
71 Gn 1,28.
che ci appare in qualche modo diverso dagli altri, per ció che
l’uomo fa ed é. Egli, infatti, non trova un aiuto che sia SIMILE
a lui72.
Attraverso il corpo, l’uomo partecipa del mondo creato
ma, proprio attraverso il corpo, si rende conto della diffe-
renza rispetto agli altri. «L’uomo, sin dall’inizio, é nel mon-
do visibile quale corpo tra i corpi e scopre il senso della
propria corporeitá»73.
Ecco dunque che, nel mistero della creazione, il valore e il
significato del corpo ci appare quasi come CUORE dello
stesso mistero della persona umana. Siamo invitati a fare, di
questa riflessione, una contemplazione e insieme un’at-
tualizzazione: la comprensione del nostro essere persone, la
consapevolezza della nostra dignitá umana che ci vuole di-
versi rispetto a tutti gli altri esseri viventi, la ricerca della
nostra identitá dinanzi a Dio creatore passa attraverso la co-
scienza e la riscoperta del nostro corpo.
Dall’inizio del nostro cammino abbiamo desiderato posare
sul corpo umano quello «sguardo contemplativo» 74 che ci
consentisse di coglierne appieno la bellezza e la dignitá. Sap-
piamo che sul nostro corpo si é posato, e si posa ogni giomo,
lo sguardo di Dio che, chiamandoci alia vita, ci affida - e af-
fida al corpo - il grande compito di essere in qualche modo
«a sua immagine»75. In quella silenziosa SOLITUDINE
ORIGINARIA che vede la creatura dinanzi al Creatore, il corpo
non é un ostacolo ma LUOGO della rivelazione del misterioso
e splendi- do progetto divino. L’uomo si autocomprende
anche grazie al corpo: ed é cosi che entra in relazione con
Dio.
Vogliamo scorgere anche noi un invito concreto e tra-
scendente. Gli anni di seminario sono, in un certo senso.
momento di particolare solitudine: non é la solitudine origi-
naria, ma certamente una significativa ricerca della nostra
identitá, un’appassionata verifica della nostra vocazione, una

72 Cfr. Gn 2,20.
73 Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 50.
74 Id., Lettera encíclica Evangelium vitae, 83.
75Cfr. Gn 1,27.
fiduciosa certezza che ci vede sempre piü abbandonati solo
alia volontá amorosa del disegno del Signore.
La SCOPERTA DEL NOSTRO CORPO, della sua bellezza, del
suo valore, deve trovare spazio in questa crescita umana e
vo- cazionale: deve essere parte di quel sentirci chiamati per
nome che ci dona una precisa identitá e missione. Non puo
stupirci, allora, che il Papa ritenga la «coscienza del corpo
umano... e del suo significato... il problema centrale del-
1’antropología»76.

Uomo e donna: nasce la comunione

L’esperienza della solitudine originaria, sia puré nella sua


grande preziositá, si rivela tuttavia momento destinato a
essere superato: Dio stesso considera come questa, per
l’uomo, non sia cosa buona77. La solitudine é, in un certo
senso, un preludio a quel grande mistero che é la COMUNIO-
NE DELLE PERSONE: «l’uomo, nella sua originaria solitudine,
acquista una coscienza personale nel processo di “distinzio-
ne” da tutti gli esseri viventi ( ANIMALIA) e nello stesso tempo,
in questa solitudine, si apre verso un essere affine a lui e che
la Genesi (2,18 e 20) definisce quale “aiuto che gli é simile”.
Questa apertura decide dell’uomo-persona non me- no, anzi
forse ancor piü, della stessa “distinzione”» 78.
La creazione della donna costituisce una risposta alia so-
ltadme dell’uomo e gli indica ancor piü pienamente il sen- so
della sua umanitá: esistere in relazione CON qualcuno a lui
simile. Vivere, sperimentare un'esperienza di reciproci- tá,
per la quale é d’altra parte indispensabile la solitudine,
«ossia la soggettivitá e la consapevolezza del significato del
proprio corpo»79.
Non é dunque il possedere le cose o il dominare la térra la
risposta alia solitudine. L’uomo, per realizzare la propria

76Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 51.


77Cfr. Gn 2,18.
78Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., pp. 58-59.
79Ibid., p. 59.
umanitá, ha bisogno di altro.
Ed ecco, allora, dal torpore che lo avvolge, l’uomo rina-
sce come maschio e femmina. II «torpore» 80 di cui parla la
Genesi puo essere interpretato come un «ritomo al non es-
sere», una sorta di nuova creazione, ma anche come il tor-
pore di un sogno che quasi esprime il desiderio che l’uomo
ha di un essere simile a sé. In ogni caso, questo “sonno” te-
stimonia «l’esclusivitá dell’azione di Dio nell’opera della
creazione della donna»81. E forse, se ci pensiamo bene, puo
ricordarci il silenzioso mistero che avvolge l’inizio di ogni
vita umana.
II cántico che segue - «Questa volta essa é carne dalla mia
carne e osso dalle mié ossa» - esprime la gioia dell’uo- mo
che ha finalmente trovato chi sia «simile» a lui nella sua
stessa umanitá, nella sua stessa dignitá. E nella sua di-
versitá: «...la si chiamerá donna perché dall’uomo é stata
tolta»82.
La donna é DATA all’uomo, é DONO per l’uomo che, nella
contemplazione di questo dono, comprende piü in pienezza
la propria umanitá: «esistere come persona “accanto” a una
persona». Anzi, piü precisamente, esistere «“PER” la perso-
na»83. E la radice della comunione!
L’uomo comprende che il senso della propria vita non é il
dominio né il possesso, ma il DONARSI ALL’ALTRO, ACCO-
GLIENDOLO COME DONO. Ogni persona PER l’altra: é un
profondo mistero di reciprocitá e liberta.
Se é vero che la solitudine umana non é colmata da] pos-
sedere le cose, é altresi - e forse piü profondamente - vero
che tale solitudine non é superata qualora le persone siano
trattate come oggetti o noi stessi ci sentiamo USATI in un
rapporto interpersonale.
Ogni persona é portatrice di un’altissima dignitá, fin dal
primo istante della sua esistenza. L’uomo non é QUAICOSA
ma QUALCUNO, profondamente amato e voluto: un fine, mai

80Gn 2,21.
81Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., pp. 55-56.
82Gn 2,23.
83 Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 59.
un mezzo. La persona non deve essere USATA, ma solo AMA-
TA: non deve USARE l’altro, ma solo AMARLO.
Ogni attentato a questa veritá diventa una minaccia al-
l’intima veritá deü’uomo, alia sua realízzazione, che consiste
nel sapere di essere, e nel saper essere, DONO.
Alia luce del mistero della creazione, l’unitá originaria
dell’uomo e della donna insegna dunque una veritá fonda-
mentale, che in modo splendido e sintético viene spiegata dal
concilio: «L’uomo, il quale in térra é la sola creatura che
Iddio abbia voluto per se stessa, non puo ritrovarsi ple-
namente se non attraverso un dono sincero di sé» 84.

II significato sponsale del corpo

E, ancora una volta, il corpo é luogo di questa


fondamentale rivelazione: alia vista della donna l’uomo
riconosce nel corpo di lei ció che non aveva riconosciuto
negli altri esseri viventi, e cioé l’«umanitá». «L’ espressione
“carne della mia carne” ac- quista proprio questo significato:
il corpo rivela l’uomo. Questa formula concisa contiene giá
tutto ció che sulla struttura del corpo come organismo, sulla
sua vitalitá, sulla sua particolare fisiología sessuale ecc. potrá
mai dire la scienza umana»85.
L’uomo, dunque, che aveva preso coscienza di sé attra-
verso il corpo, per mezzo di esso si accorge dell’altro gra-
zie a quella diversitá tra i corpi - diversitá tra le persone - che
innesta nella differenza sessuale la chiamata alia reci-
procitá. É forte l’espressione che il Santo Padre usa a tal
proposito: «La teología del corpo, che sin dall’inizio é lega-
ta alia creazione dell’uomo a immagine di Dio, diventa, in
certo modo, teología del sesso, o piuttosto teología della
mascolinitá e femminilitá»86.
II corpo umano, conosciuto in quella fisiología sessuale
che esso comprende e - alio stesso tempo - supera, rivela
84Concilio Vaticano II, Costituzione pastorale Gaudium et spes, 24.
85Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 60.
86Ibidem.
quel mistero profondo di diversitá, recíprocitá e libertá che
appartengono al suo significato pienamente umano. La
femminilitá per la mascolinitá: la mascolinitá per la femmi-
nilitá.
II cuore di questa reciprocitá é il centro della stessa esi-
stenza umana: essere PER, essere DONOL
É questo il «núcleo» del senso del corpo umano, il signi-
ficato «“sponsale”, cioé la capacitá di esprimere l’amore:
quell’amore appunto nel quale l’uomo-persona diventa dono
e - mediante questo dono - attua il senso stesso del suo essere
ed esistere»87.
Siamo a un concetto fondamentale da comprendere e
contemplare: non si puó parlare di vocazione all’amore se
non si coglie la profonditá del SIGNIFICATO SPONSALE DEL
CORPO. L’amore infatti - ci ha ricordato la PASTORES DABO
VOBIS
- «coinvolge l’intera persona nelle sue dimensioni e com-
ponenti fisiche, psichiche e spirituali, e si esprime nel “si-
gnificato sponsale” del corpo umano, grazie al quale la per-
sona dona se stessa all’altra e la accoglie» 88. Comprendere-
mo sempre piü a fondo il senso di tale SPONSALITÁ, soprattut-
to conoscendo meglio 1’amore coniugale: ma giá da adesso
vogliamo assumerla pienamente nella peculiaritá della
chiamata al sacerdozio.
La vita e la vocazione della persona umana hanno un
orientamento sponsale che si radica nel suo essere UOMO o
DONNA e si attuano grazie alia LIBERTA. La sponsalitá decide
della totalitá del dono della vita che ci stiamo preparando a
fare e conferma l’uomo in quella peculiare libertá che ri-
guarda il corpo. Un corpo - potremmo dire - reso libero ri-
spetto alie sue proprie esigenze: capace, cosi, di donarsi an-
che PER il regno dei cieli89.

Segno e sacramento
87 Ibid., p. 77.
88 Id., Esortazione apostólica Pastores dabo vobis, 44.
89 Id., Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 80.
II corpo umano porta impressa in sé tale vocazione spon-
sale, all’amore e al libero dono di sé: é «testimone della
creazione come di un dono fondamentale, quindi testimone
dell’Amore come sorgente, da cui é nato questo stesso do-
nare»90. Testimone vivo, vero, visibile di un disegno d’a-
more che risplende nella creazione e che é custodito dalla
stessa umanitá della persona.
E proprio la sua visibilitá che rende il corpo un particola-
re e «primordiale sacramento» della persona, dell’Amore che
crea la vita. «II sacramento, come segno visibile, si co-
stituisce con l’uomo, in quanto “corpo”, mediante la sua
“visibile” mascolinitá e femminilitá. II corpo, infatti, e sol-
tanto esso, é capace di rendere visibile ció che é invisibile:
lo spirituale e il divino. Esso é creato per trasferire nella
realtá visibile del mondo il mistero nascosto dall’eternitá in
Dio, e cosi esseme segno»91.
Nella ricerca e nel discernimento vocazionale, siamo
giustamente invitati a porre particolare attenzione a quei SE-
GUÍ che si rivelano essere una conferma, un criterio, un’in-
dicazione del cammino da seguire per crescere neU’amore.
II progetto di Dio su ciascuno di noi passa dentro la nostra
piena umanitá, in quel nostro essere uomo e donna di

90Ibid., p. 75.
91Ibid., p. 91.
cui il corpo é chiamato a essere SEGNO per gli altri, senza
dubbio: ma prima di tutto per noi. Segno che ci conferma la
nostra chiamata ad amare, accogliendo e superando la soli-
tudine; segno che ci indica COME amare: in modo sponsale37.

Pedagogía del corpo

Man mano che la contemplazione del progetto di Dio


suH’uomo si approfondisce, ne percepiamo sempre piü la
bellezza. É un disegno armonico, fin nei suoi dettagli biolo-
gici, che si fa portatore di un mistero di comunione e di vita
destinato a realizzarsi nel dono di sé.
Non si fa fatica a SENTIRE lo splendore di tale disegno d’a-
more: in esso noi VEDIAMO ció che SIAMO.
II nostro itinerario si conferma sempre piü quale espe-
rienza che, portandoci a conoscere questo progetto, ci ri-
chiede soprattutto di riconoscerlo in noi o forse, piü preci-
samente, di RICONOSCERCI IN ESSO. Questo tipo di
conoscenza é, ancora, tutt’uno con la RICONOSCENZA: quando
la scienza trasmette la bellezza della persona umana, quando
la ragio- ne la approfondisce e il cuore la accoglie, resta solo
la lode per esprimere gratitudine al Creatore.
Francesco d’Assisi esprime il suo stupore e la sua grati-
tudine per il creato cantando il CÁNTICO DELLE CREATURE: la
nostra riconoscenza per il dono della vita, per l’umanitá
dell’esistenza, vive a questo punto l’esigenza di esprimersi in
un cántico DELLA CREATURA, di TUTTA la nostra creaturalitá,
che rende lode a Colui dal quale ha ricevuto e riceve tutto.
II progetto che stiamo contemplando allarga - ce ne ren-
diamo conto - gli spazi del nostro cuore su parole che, lette
nel contesto della cultura contemporánea, avrebbero un si-
gnificato estremamente riduttivo: corporeitá, sessualitá, af-
fettivitá... La Parola - non solo quella letta ma la Parola ví-
vente, che si fa carne in ciascuna persona - dá vita, real-
mente, a quelle che altrimenti sarebbero parole vuote, fini-
te, inadeguate a spiegare la pienezza della quale siamo as-
setati.
37
Cfr. Unitá M.

102
2
Questa scoperta ci stupisce, forse proprio per la sua sem-
plicitá; potremmo dire: «E proprio cosi; é proprio VERO!».
Riconoscendo il progetto di Dio in noi, viviamo sicura-
mente l’esperienza di una VERITÁ che ci chiama, della veritá
sul corpo e sulla sessualitá che illumina il nostro cammino e
le nostre scelte perché siano auténticamente libere e re-
sponsabili.
Ecco che «quell’antropología che puo essere denominata
TEOLOGÍA DEL CORPO... fonda poi il piü appropriato método
della PEDAGOGÍA DEL CORPO, cioé dell’educazione (anzi del-
l’autoeducazione) dell’uomo»92. «AUTOEDUCAZIONE»]
E tempo di interiorizzare quello che abbiamo conosciuto
come il SIGNIFICATO SPONSALE del corpo: é il momento di
chie- dersi se, e come, accogliere questa veritá e rispondere a
essa.
Tale pienezza e veritá é scritta nel nostro cuore 93: ed é
Cristo che ci aiuta a leggerla quando si rivolge al CUORE del-
l’uomo. II cuore sembra essere chiamato non solo a COM-
PRENDERE il significato sponsale del corpo ma, potremmo di-
re, a SCEGLIERLO. Si fa strada, a questo punto, una sorta di
SFUMATURA MORALE della nostra riflessione94.
«Avete inteso che fu detto: “Non commettere adulterio”.
Ma
io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha giá
commesso adulterio con lei nel suo cuore» 95. Sono note
queste parole di Gesú, questo suo «appello aü’uomo
interiore». Nel cuore, infatti, che é il centro della nostra
persona, della nostra vita e delle nostre decisioni, awiene
quella «percezione inte- riore dei valori da cui nasce il
dovere come espressione della coscienza, come risposta del
proprio IO personale»96 a una do- manda che si manifesta
anche attraverso il corpo.

92Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creo, op. cit., pp. 235-236.
93Cfr. Rm 2,15.
94Cfr. Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 117.
95Mt 5,27-28.
96Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creo, op. cit., pp. 114-115. 103
2
La redenzione del corpo

Liberta e amore

Al «principio» il cuore umano vive un’esperienza specia-


le di beatitudine che scaturisce da un’estrema liberta: quella
del dono. L’uomo e la donna, ci ricorda la Genesi, «erano
nudi, ma non ne provavano vergogna» 97. La nuditá era l’af-
fermazione della loro veritá integrale: usciti dalle mani del
Creatore, entrambi potevano vivere il mistero del reciproco
donarsi perché vivevano la piena libertá dell’autoposseder-
si. La libertá, cioé, dalle costrizioni e dai condizionamenti, i
quali costituiscono un limite che offusca la veritá della ses-
sualitá umana. La libertá dagli istinti che, se schiavizzano la
persona, la rendono incapace di donare se stessa.
Nella NUDITÁ ORIGINARIA gli occhi dell’uomo e della don-
na superano la realtá finita per rivivere il mistero della
creazione: entrambi sono, l’uno agli occhi dell’altra, quella
«cosa molto bella»98 che é l’opera di Dio.
La nuditá originaria non suscita vergogna: é libertá perché
si radica nella veritá del progetto di Dio; é felicitá perché si
innesta nel mistero dell’amore, che é puro donarsi. L’assenza
di vergogna é «condizionata dall’originaria inno- cenza» 99
dell’uomo.
Possiamo contemplare 1’originaria innocenza come pos-
sibilitá reale di vivere il dono di sé e accettare il dono del-
l’altro: é una fedeltá all’essenza del dono che si traduce
nellaPUREZZA DEL CUORE100.
II dono di sé é permesso dalla libertá: c’é un legame pro-
fondo tra la libertá e 1’amore. Non c’é amore dove non vi sia
97Gn 2,25.
98Cfr. Gn 1,31.
99Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creo, op. cit., p. .83.
104100 Cfr. ibid., pp. 83-85.
2
libertá: d’altra parte, non c’é vera libertá senza amore.
Pensiamoci bene: aneliamo profondamente alia libertá, ma
certamente desideriamo 1’amore piü della libertá: ció che
potrebbe sembrare una limitazione della liberta é, in realtá, la
sua realizzazione. Due sposi, dopo la na- scita del loro
bambino, sperimentano certamente una li- mitazione di un
certo tipo di libertá: ma vivono, libera- mente, un’esperienza
única di amore. «L’uomo desidera 1’amore piü della libertá:
la libertá é un mezzo, 1’amore un fine. Ma desidera l’amore
vero»101. La nostra libertá, dunque, che tende all’amore, si
realizza in esso e nella veritá di esso. Ricordiamo che Gesü
stesso ci ha detto: «...la veritá vi fará liberi» 102; e tale libertá
si riferisce anche alia sessualitá.
L’esperienza della nuditá originaria é per noi conferma del
collegamento che esiste tra VERITÁ, LIBERTÁ, AMORE, GIOIA:
un legame che essenzialmente ci permette di essere ció che
siamo, immagine e creature del Dio che si dona per un puro
mistero d’amore. Generata dall’amore, la libertá umana
scopre il proprio senso in questa quasi paradossale «dipen-
denza» da esso.
La libertá «é la libertá di una creatura, os sia una libertá
donata, da accogliere come un germe e da far maturare con
responsabilitá. E parte costitutiva di quell’immagine creatu-
rale, che fonda la dignitá della persona: in essa risuona la
vocazione originaria con cui il Creatore chiama l’uomo al
vero BENE, e ancora di piü, con la rivelazione di Cristo, a
entrare in amicizia con lui, partecipando alia stessa vita di-
vina. E insieme inalienabile autopossesso e apertura univer-
sale a ogni esistente, nell’uscita da sé verso la conoscenza e

101 K. Wojtyla, Amore e responsabilitá, Marietti, Torino 1978, p. 122.


102 Gv 8,32. 105
r amore dell’altro. La liberta si radica dunque nella veritá
dell’uomo ed é finalizzata alia comunione.
Ragione ed esperienza dicono non solo la debolezza della
libertá umana, ma anche il suo dramma. L’uomo scopre che la
sua libertá é misteriosamente inclinata a tradire questa apertura
al Vero e al Bene e che troppo spesso, di fatto, egli preferisce
scegliere beni finiti, limitati ed effimeri» 103.

II pudore

II cuore del dramma sta nel fatto che proprio la libertá u-


mana rende possibile il peccato, dopo il quale l’uomo speri-
menta vergogna per la propria nuditá 104, che non sembra piü
rispecchiare l’immagine di Dio.
Potremmo guardare al peccato come a una DISINTEGRAZIO-
NE dell’unitá della persona umana e una ROTTURA di alcuni le-
gami: quello tra la persona e la veritá del suo corpo; tra la
veritá e la libertá; tra la libertá e 1’amore. Alia lógica del dono,
si sostituisce quella del desiderio; alia libertá, genera- ta
dall’autodominio, il limite della CONCUPISCENZA che, da sola,
diventa un ostacolo alia comunione, in quanto tende a
soddisfare il BISOGNO sessuale del corpo. E il bisogno impe-
disce il dono105.
In questo contesto si fa 1’esperienza della vergogna e
dunque nasce il PUDORE, che si colloca a DIFESA del valore
della persona con la sua dignitá e inviolabilitá. II pudore, che
difende la persona minacciata dal diventare oggetto di
godimento, esprime la richiesta dell’uomo di daré e riceve- re
soltanto amore: «il pudore sessuale non é una fuga da- vanti
all’amore, ma, al contrario, é un mezzo per acceder- vi» 106.
Xante volte consideriamo quanto oggi sia scarso il cosid-
detto “senso del pudore”, non solo in termini sociologici e
generici. Non ci é difficile constatare come anche nelle no- stre

103 Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Veritatis splendor, 86.


104 Cfr. Gn 3,10.
105 Cfr. Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creo, op. cit., pp. 170; 180.
106 K. Wojtyla, Amore e responsabilitá, Marietti, Torino 1978, p. 166. Cfr. anche
Giovanni Paolo H, Uomo e donna lo creo, op. cit., pp. 129-131.

106
famiglie e comunitá si verifichi frequentemente quella
mancanza di delicatezza e di amore nel trattare 1’intimitá
sessuale della persona umana, che fácilmente si puo trovare
negli atteggiamenti, nel vestire, nel parlare di tanta gente
comune e, forse, fra molti di noi. Certamente, la cosiddetta
PERDITA DEL SENSO DEL PUDORE non puo non collegarsi a una
PERDITA DEL SENSO DEL VALORE del corpo, della sessualitá, del-
1’ amore: quindi, a una non consapevolezza del valore della
persona che, agendo senza pudore, quasi si ritiene oggetto
fruibile da se stessa.
L’educazione all’amore é, pertanto, anche educazione al
pudore: ma per farlo bisogna suscitare 1’amore per ció che si é,
per la bellezza e la veritá della sessualitá e della corporeitá. Si
tratta quasi di infondere il TIMORE spirituale, una silenziosa
custodia del grande dono affidatoci che possiede una forza
positiva. Anche il timore di Dio afferma un grande valore: c’é
la consapevolezza della sua grandezza, della sua veritá.
Dinanzi a Colui che é, viviamo quasi la paura di perdere questo
valore, di allontanarci da questa veritá, dall’Assoluto.
II cuore umano puo sperimentare il pudore perché vive il
«desiderio», dal quale il pudore stesso lo protegge. Questo
«desiderio» non va inteso, infatti, in senso psicologico, come
sentimento che deriva da una mancanza o da una necessitá, ma
come profondo e radicale allontanamento «dalla semplicitá
originaria e dalla pienezza dei valori che l’uomo e il mondo
posseggono “nelle dimensioni di Dio”» 107.

Redenzione e vocazione all’amore

A questo nostro cuore che, suo malgrado, sperimenta


continuamente il rifiuto del senso di Dio, Cristo si rivolge non
con un’accusa ma con un richiamo. É veramente una nuova
chiamata, viva ed efficace, pronunciata non solo con le sue
parole ma con la sua vita data per noi.
Tale nuova chiamata é infatti la realtá del MISTERO DELLA
REDENZIONE, la sua forza. E la «redenzione del corpo» 54. La

10754Ibid., p. 131.
Rm 3,24.

107
grazia della redenzione ci permette di “rivivere” la veritá e la
bellezza del mistero della creazione, nonostante le ferite della
fragilitá e della libertá umana.
Ogni tentativo di evangelizzazione puó muovere solo dalla
profonda consapevolezza delle possibilitá di ogni cuore umano.
E questo perché ogni persona - il suo cuore, il suo corpo - é
redenta dal Signore: con lui e in lui puó vive- re la nostalgia e
l’attesa di un «principio» che é pienezza di veritá dell’amore.
La redenzione é VOCAZIONE ALL’AMORE.
Si impone un’ ATTUALIZZAZIONE PERSONALE: oggi Cristo si
rivolge a ciascuno di noi per far emergere «quell’adulterio del
cuore» che ci impedisce di vivere la consapevolezza del
significato sponsale del nostro corpo, del valore della nostra
persona. Ma Gesü interpella ogni creatura per ricordar- ci che
lui ha dato la vita perché noi avessimo e vivessimo 1’amore.
Un seminarista non puó non crederlo, non puó non senti- re
la forza di tale affermazione. Le parole di Gesü nel discorso
della montagna sono chiare ed esigenti, traboccanti di speranza
e di attesa. Cristo, cioé, attende la nostra rispo- sta a questa sua
chiamata e invito - che é nel contempo un dono - alia PUREZZA
DEL CUORE.
Siamo sollecitati a un atteggiamento di discemimento e di
sapienza. Ci viene chiesto dal Signore di vegliare sui no- stri
atti, sui nostri moti interiori, sugli impulsi del nostro cuore,
riconoscendoli e chiamandoli per nome. Ci viene proposto di
crescere in un autopossesso e in un autodominio che ci aiuti a
vivere nell’amore, cioé nel dono disinte- ressato. Ci viene
chiesto di credere nelle nostre possibilitá di creature amate e
redente e di saper riconoscere quanto in noi sia mosso da
desideri finiti e quanto, invece, sia espres- sione di vero amore.
Ci viene chiesta una particolare sapienza e umiltá, che si
configura nella CONSAPEVOLEZZA di dover imparare ad amare:
«Se l’uomo vuole rispondere alia chiamata espressa in Mt
5,27-28, deve con perseveranza e coerenza imparare che cosa é
il significato del corpo, il significato della fem- minilitá e della
mascolinitá»108.

108 Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 199.

108
La purezza del cuore

La chiamata al sacerdozio, di cui in questi anni speri-


mentiamo la fatica del discemimento e 1’entusiasmo delJ’a-
desiqne, é dunque vocazione a una particolare PUREZZA DEL
CUORE che é, in un certo senso, una VIRTÚ: esprime infatti
un’attitudine di rispetto per la corporeitá e la sessualitá che si
traduce in scelte concrete, operate dalla nostra stessa volontá.
Ma tale purezza é, alio stesso tempo, un preziosissi- mo DONO
dello Spirito Santo che ci consente di vivere la di- gnitá del
nostro corpo. Esistono, cioé, «due dimensioni della purezza: la
dimensione morale, ossia la virtü, e la dimen- sione
carismatica, ossia il dono dello Spirito Santo» 109.
Nel nostro corpo, «tempio dello Spirito Santo» 110, risuona la
pienezza della chiamata all’amore, che é la chiamata alia
santitá. E un corpo che ci é stato donato nel mistero della
creazione e salvato nella luce della redenzione. Ed é stato
salvato in quanto Gesú é venuto nel nostro corpo umano, che
diviene «in Cristo Gesü, corpo di Dio-Uomo» 111.
Nel corpo, dunque, siamo chiamati a essere santi. Le parole
di Gesü ci indicano la purezza come strada possibile, attuabile:
via che ci conduce a scoprire, ad accogliere, a vivere il
significato sponsale e la dignitá del nostro corpo.

109 Ibid., p. 225.


110 ICor 6,19.
11154 Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 226.
Rm 3,24.

109
Percorso d’amore, che ci aiuta a superare gradualmente, ma
realmente, il limite del nostro egoísmo per aprirci al dono,
chiedendoci di vincere il ripiegamento su noi stessi per guardare
all’altro.
Invochiamolo, il dono della purezza! Quella purezza e
semplicitá del cuore che ci permetta, con la grazia di Dio, di
oltrepassare l’angusta tristezza del desiderio per aprirci
all’intima e libera gioia del dono della nostra vita. «Una cosa é,
infatti, I’appagamento delle passioni, altra la gioia che L’uomo
trova nel possedere piü pienamente se stesso, po- tendo in
questo modo diventare anche piü pienamente un vero dono per
un’altra persona. Le parole pronunziate da Cristo nel discorso
della montagna dirigono il cuore umano appunto verso una tale
gioia. A esse occorre affidare se stessi, i propri pensieri e le
proprie azioni, per trovare la gioia e per donarla agli altri» 59.
Per la riflessione e la preghiera

Allora il Signore Dio plasmó l’uomo con polvere del suolo e


soffió nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere
vívente (Gn 2,7).
Se lo spirito-RUAH é il principio vítale destínate a tutte le
cose viventi, esseri umani e animali (cfr. Qoelet 3,19), per
l’uomo Dio emette UNO specifico «NISHMAT di vita», una
specie di misterioso filo che unisce l’uomo solo a Lui (la
parola, nell’Antico Testamento, é riservata esclusivamente a
Dio e all’uomo) e che il Libro dei Proverbi poéticamente
definisce come «una fiaccola del Signore che scruta tutti i
segreti recessi del cuore» (Pr 20,27). Questa é, quindi, l’au-
tocoscienza, la coscienza morale, la capacita di introspezio- ne,
di auto-conoscenza e auto-giudizio che rende l’uomo un
meraviglioso UNICUM. Come il Salmo 8 dichiara con ammi-
&Ibid., p. 234.

110
razione: «lo hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di
onore lo hai coronato» (Salmo 8,6) (G. Ravasi, THE WORK OF
THE CREATOR IN HUMAN GENERATION: THE CONTRIBUTION OF
THE BIBLICAL MESSAGE, in Pontificia Academia Pro Vita,
HUMAN GENOME, HUMAN PERSON AND THE SOCIETY OF THE
FUTURE, Librería Editrice Vaticana, Cittá del Vaticano 1998, p.
415).
Poi il Signore Dio disse: «Non é bene che l’uomo sia solo: gli
voglio fare un aiuto che gli sia simile». Allora il Signore Dio
plasmó dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli
del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe
chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno
degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome.
Cosi l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del
cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma l’uomo non trovo un aiuto
che gli fosse simile. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore
sull’uomo, che si addormentó; gli tolse una delle costole e
rinchiuse la carne al suo posto. II Signore Dio plasmo con la
costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la con- dusse
alFuomo. Allora l’uomo disse: «Questa volta essa é car ne dalla
mia carne e osso dalle mié ossa. La si chiamerá donna perché
dall’uomo é stata tolta». Per questo l’uomo abbandone- rá suo
padre e sua madre e si unirá a sua moglie e i due saran no una sola
carne. Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua mo glie, ma non ne
provavano vergogna (Gn 2,18-25).

II corpo umano, orientato interiormente al dono “sincero”


della persona, rivela non soltanto la sua mascolinitá o
femminilitá sul piano físico, ma rivela anche un tale valore e
una tale bellezza da oltrepassare la dimensione semplice-
mente física della sessualitá. In questo modo si completa in un
certo senso la coscienza del significato sponsale del corpo,
collegato alia mascolinitá-femminilitá dell’uomo. Da una parte,
questo significato indica una particolare capacitá di esprimere
l’amore, in cui l’uomo diventa dono; dall’al- tra, gli
corrisponde la capacitá e la profonda disponibilitá
all’“affermazione della persona”, cioé, letteralmente, la ca-
pacitá di vivere il fatto che l’altro - la donna per l’uomo e
l’uomo per la donna - é, per mezzo del corpo, qualcuno voluto

111
dal Creatore “per se stesso”, cioé único e irripetibile; qualcuno
scelto dalFeterno Amore...
Un tale significato “sponsale” é anche “beatificante” e, come
tale, manifesta in definitiva tutta la realtá di quella donazione
di cui ci parlano le prime pagine del Libro della Genesi. La
loro lettura ci convince del fatto che la coscienza del
significato del corpo che ne deriva - in particolare del suo
“significato sponsale” - costituisce la componente
fondamentale dell’esistenza umana nel mondo.
Questo significato sponsale del corpo umano si puo capi- re
solo nel contesto della persona. II corpo ha un significato
sponsale perché l’uomo-persona, come dice il concilio, é una
creatura che Dio ha voluto per se stessa e che, simultá-
neamente, non puo ritrovarsi pienamente se non mediante il
dono di sé.
Se Cristo ha rivelato all’uomo e alia donna, al di sopra della
vocazione al matrimonio, un’altra vocazione - quella cioé di
rinunciare al matrimonio in vista del regno dei cieli -, con
questa vocazione ha messo in evidenza la medesima veritá
sulla persona umana. Se un uomo e una donna sono capaci di
fare dono di sé per il regno dei cieli, questo prova a sua volta (e
forse anche maggiormente) che c’é la libertá del dono nel
corpo umano. Vuol dire che questo corpo pos- siede un pieno
significato “sponsale” (Giovanni Paolo II, UOMO E DONNA LO
CREÓ. CATECHESI SULL’AMORE UMANO, Cittá Nuova, Roma
1985, pp. 79-80).

La mia vocazione: mistero d’amore sponsale

Testimonianza di un seminarista
Ogni battezzato, e in modo particolare ogni persona chia-
mata a una forma di speciale consacrazione al Signore, per-
cepisce la propria vicenda esistenziale come immersa in un
mistero d’amore, la cui profonditá lascia stupiti. Alie soglie
della mia ordinazione diaconale, nell’imminenza di abbrac-
ciare per sempre il sacro celibato, non posso non rendere grazie
al Signore per i miei educatori, i quali hanno seguito ogni

112
passo del mió cammino verso il sacerdozio nei cinque anni
della mia permanenza in seminario. Essi hanno curato in modo
particolare la mia formazione umana, sessuale e affettiva grazie
a uno specifico itinerario formativo, che ha delineato in modo
sempre piü nitido il mistero dell’amore sponsale a cui ogni
persona é chiamata per il fatto stesso di esistere.
Ho compreso, in questi anni, come la risposta a Cristo
esigesse non soltanto il dono della mia interioritá, della sfe- ra
psichico-spirituale, ma anche un coinvolgimento totale della
mia corporeitá: la donazione sponsale di tutta la mia persona
nella sua unitotalitá, ossia nell’unificazione armónica ed
equilibrata di tutte le sue componenti fisiche e spiri- tuali.
Tale percorso di unificazione del mió essere ha generato in
me la sensibilitá necessaria per cogliere 1’immenso valore
della corporeitá umana, la dimensione sponsale del corpo, le
ingenti riserve affettive sepolte nel cuore dell’uomo, la
feconditá spirituale scaturita da una sessualitá liberamen- te e
totalmente orientata a Dio, che trova il proprio significato nel
dono totale di sé a Cristo e ai fratelli.
Ho scoperto come, nel disegno creativo divino, la persona
sia “spirito incamato”, dove il corpo é chiamato a vivere, sia
puré nell’imperfezione creaturale e storica dell’oggi, la futura
gloria della risurrezione della carne. Una corporeitá voluta dal
Padre per essere oggetto della tenerezza divina e per divenire
strumento di relazione con Dio e con i fratelli.
La mia esperienza di fede mi insegna che senza la gioio- sa
consegna a Dio della mia corporeitá, senza l’orientamen- to
della mia sessualitá verso di lui, il carisma del celibato
rimarrebbe vuoto e infecondo.
II celibe per il regno dei cieli é un vergine chiamato a vivere
il mistero della sponsalitá mistica con Cristo e della patemitá
spirituale con i fratelli: consegnandosi liberamen- te all’amore,
“consente” al Signore di usare le proprie po- tenzialitá affettive
e sessuali perché egli realizzi il suo regno nella storia. Proprio
in tale consegna si compie integralmente la vocazione sponsale
della persona e della propria corporeitá.
La perfezione cristiana non puó prescindere dal corpo
umano: gli stessi sensi si rivelano preziose finestre attraverso le

113
quali sono in grado di penetrare nei meandri della mia dimora
interiore e nella sempre piü intima conoscenza di Dio. Solo
cosi si realizzano e trovano il proprio prolunga- mento nella
mia storia i misteri della creazione e dell’incar- nazione!
La mia corporeitá, ancora, mi consente addirittura di pe-
netrare realmente nel mistero pasquale di Cristo quando, at-
traverso la sofferenza física accolta e offerta, posso continuare
a «completare nella mia carne quello che manca ai patimenti di
Cristo».
II mió corpo, infine, si rivela quale dimora privilegiata nella
quale Gesü eucaristía continua a rendersi presente: luogo in cui
la sua carne penetra le míe fibre fisiche e spiri- tuali... in cui il
suo sangue continua a scorrere nelle míe vene... in cui il suo
cuore si trapianta pazientemente per gridare il suo amore per
me e per ogni fratello.
Unita a Cristo, trasfigurata dalla sua presenza feconda, ]a
mia corporeitá continuerá a narrare la sua misericordia: con le
mié mani, lui potra ancora raggiungere i fratelli; attraverso il
mió sorriso, sorriderá; attraverso il mió sguardo, continuerá a
fissare ogni uomo, liberándolo dalle mille schiavitú che lo
opprimono.
Fra qualche giorno saró ordinato diácono e mi consacre- ró
PER SEMPRE al Signore. Insieme al mió cuore, fard dono a lui
del mió corpo. Nel mistero del suo corpo a noi donato
nell’eucaristía, trovera la sua pienezza la vocazione sponsale
della mia persona e della mia corporeitá! Un corpo... una
persona che vivono l’incessante anelito a essere sempre piü
«pienamente abitati» da colui che, con il suo sacrificio sulla
croce, ha suscitato nel mió spirito l’esigenza di una donazione
totale, gioiosa, divina di tutto il mió essere. Per questo, con il
salmista, non posso che cantare: «Ti lodo perché mi hai fatto
come un prodigio!» (Bruno).
Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mió
Dio,
perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con
il manto della giustizia, come uno sposo che si cinge il diadema e
come una sposa che si adorna di gioielli.
Poiché come la térra produce la vegetazione e come un

114
giardino fa germogliare i semi, cosi il Signore Dio fará
germogliare la giustizia e la lode davanti a tutti i popoli.
Per amore di Sion non tacero, per amore di Gerusalemme non mi
daró pace
finché non sorga come stella la sua giustizia e la sua salvezza non
risplenda come lampada.
Allora i popoli vedranno la sua giustizia, tutti i re la tua gloria;
ti si chiamerá con un nome nuovo che la bocca del Signore
indicherá.
Sarai una magnifica corona nella mano del Signore,
un diadema regale nella palma del tuo Dio.
Nessuno ti chiamerá piü Abbandonata né la tua térra sará piü detta
Devastata,
ma tu sarai chiamata Mió compiacimento e la tua térra Sposata,
perché il Signore si compiacerá di te e la tua térra avrá uno • sposo.
Si, come un giovane sposa una vergine, cosi ti sposerá il tuo
Creatore;
come gioisce lo sposo per la sposa, cosi per te gioirá il tuo Dio (Is
61,10-62,5).
UNITÁ D
Persona e comportamento sessuale

115
Introduzione

La riflessione sulla sessualitá umana si approfondisce


prendendo in esame il comportamento sessuale. II cammino
sembra quasi farsi piü concreto, almeno perché mette in
discussione le nostre azioni. A compiere tale cammino ci
aiuta la Parola di Dio, una Parola semplice, che tante volte il
Signore ha ripetuto a tanti chiamati. E una Parola che non
puo non associarsi a ogni chiamata, alia scoperta di qualco-
sa che viene da Dio e che da lui é donata, e forse richiesta, a
noi.
«Non temere!»1.
Entrare in noi, andaré alia ricerca delle dinamiche relati-
ve all’agiré, soprattutto in campo sessuale, puo metterci in
una condizione di disagio. Ma non dobbiamo avere paura di
compiere quella che, sempre di piü, si rivela una scoperta
della nostra persona, dell’amore al quale siamo chiamati e
che é veramente “dentro” di noi: una scoperta della nostra
creaturalitá.
Siamo CREATUREL Senza questa consapevolezza, anche il
sentirci ñgli del Padre che ci ha creati potrebbe essere solo
qualcosa di DETTO che, pero, non ci coinvolge fino in fondo.
II nostro corpo, il nostro essere, tutta la nostra persona é
davvero «tempio»2. Sant’Agostino, parlando della costru-
zione del tempio e riferendosi ai materiali che lo compon-
gono, sottolinea come essi «non diventano casa di Dio se
1
Cfr. Le 1,30; Le 5,10; Mt 17,7; Mt 28,10; Gv 6,20.
2
Cfr. ICor 6,19.
non quando sono uniti insieme dalla carita. Questi legni e
queste pietre - dice infatti il santo se non aderissero tra loro
con un certo ordine, se non si connettessero armónicamente,
se, collegandosi a vicenda, in un certo modo, non si
“amassero”, nessuno entrerebbe in questa casa» 112.
Per affrontare le problematiche relative al comportamen-
to sessuale, dobbiamo ricordare quanto detto riguardo la
particolare “unitá integrata” che é la persona umana. Tale
unitá si realizza attomo a qualcosa, a un valore di fondo.
E ció che sant’Agostino ci suggerisce: le pietre del tem-
112 Sant’Agostino, Discorso 336, in Liturgia delle ore secondo il rito romano,
Librería Editrice Vaticana, Cittá del Vaticano 1992, vol. IV, p. 1499.
125
pio devono «amarsi». E ció che ricaviamo ricordando le
nostre passate riflessioni: quel qualcosa che puo permetter-
ci di creare unitá é Y AMORE. E questo ci aiuta a capire e
orientare il significato della sessualitá umana sia nella sua
dimensione personale di identitá della persona, sia nella sua
dimensione relazionale. Non c’é unitá vera dove non c’é
amore: ció é valido per la veritá del rapporto con l’altro, ma
anche per la soggettivitá, l’interioritá, l’equilibrio della per-
sona stessa: a motivo di quell’integrazione che é resa possi-
bile dall’autodominio e che poi si traduce nei comporta-
menti concretó.
Affrontando i problemi comportamentali ci chiediamo in
genere: cosa fare? In campo sessuale non é inusuale la do-
manda: si puo fare? Quale, dunque, il criterio di valutazio-
ne degli atti?
L’enciclica VERITATIS SPLENDOR ci aiuta ad approfondire il
senso di tale domanda, leggendola alia luce dell’esperienza
del giovane ricco il quale, avvicinandosi a Gesü per chiede-
re che cosa deve fare per ottenere la vita eterna, non fa solo
una domanda sulle rególe da osservare ma, soprattutto, pone
un quesito di pienezza di significato per la vita 113.
In ogni gesto, comportamento e scelta, noi siamo chiama-
ti a cercare il significato. E se la domanda é una domanda di
senso, la risposta potrá essere solo una RISPOSTA D’AMORE.
Nelle parole di Gesü, che dice: «Perché mi interroghi su
ció che é buono? Uno solo é buono», l’attenzione é infatti
spostata dal comportamento alia persona. La risposta al «che
cosa fare?» ci impegna a capire qual é il bene da fare ma,
prima di tutto, ci invita a scoprire «chi» é il bene, in un
rapporto da Persona a persona, percid in una relazione d’a-
more. «La vita morale - specifica la VERITATIS SPLENDOR - si
presenta come risposta dovuta alie iniziative gratuite che
l’amore di Dio moltiplica nei confronti dell’uomo. E una ri-
sposta d’amore»5. E, e deve essere, il nostro tentativo di ri-
spondere all’Amore.
Potremmo aggiungere che la risposta morale, oltre a
chiederci di capire quale sia il Bene e ad aiutarci a speri-
mentare chi sia il Bene, ci insegna a conoscere noi stessi
113 Cfr. Mt 19,16-22; Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Veritatis splendor, 7.

126
come persone dinanzi a questo Bene proprio attraverso i
nostri atti. C’é infatti un legame importante tra l’atto com-
piuto e la persona che lo compie: anche se l’uomo non puó
essere giudicato soltanto in base ai suoi atti, é tuttavia im-
portante capire che la crescita morale, spirituale e umana si
attua con il TRADURRE NELL’ATTO LA PERSONA. Ogni atto
concreto che siamo chiamati a compiere deve essere segno
vero di ció che la nostra persona É ed é chiamata a essere:
questo é il segreto della vita morale.

Obiettivi

Questa Unitá propone alcune riflessioni sui nostri ATTI, al


io scopo di valutare con maggiore profonditá le problemati-
che connesse ai comportamenti sessuali.
- Cosa significa agiré?
- Cosa implica 1’agiré umano e coinvolge di noi, della
nostra umanitá?
- Cosa ci fa decidere di compiere un’azione piuttosto che
un’altra?
- Come, e quanto, questa decisione - e l’atto che ne con-
segue - é chiamata a realizzare in qualche modo la nostra
libertá, umanitá, gioia e vocazione?

Si inizia inoltre una riflessione sull’aíto SESSUALE, esami-


nato sotto il profilo della sua dinamica psicofisica e del suo
significato. Tale riflessione verrá ripresa e completata nella
parte riguardante il matrimonio, do ve l’atto sessuale verrá
compreso nel suo único e pieno significato di ATTO
CONIUGALE.

5
Ibid, 10.

127
L’agiré umano

L’atto umano come epifanía

Puó essere utile iniziare la nostra riflessione rivolgendoci


a Dio con alcune parole che la Chiesa ci suggerisce: «Ispira
nella tua paterna bontá, o Signore, i pensieri e i propositi del
tuo popolo in preghiera, perché veda ció che deve fare e
abbia la forza di compiere ció che ha veduto» 114.
Agiré non significa soltanto VEDERE ció che devo fare, ca-
pire che cosa sia bene fare, ma vuol dire FARE ció che ho
compreso di do ver fare. Gli atti che noi compiamo hanno un
profondo valore.
Come persone, l’atto coinvolge tutto di noi: la nostra li-
bertá; dunque in esso si esprimono delle scelte precise.
L’atto non é qualcosa che ACCADE: é qualcosa che É COM-
PIUTO da QUALCUNO. Nel suo saggio PERSONA E ATTO, Karol
Wojtyla analizza con profonditá l’espressione «compiere
l’atto»: il verbo «compiere» possiede la stessa radice del-
l’aggettivo PIENO e del sostantivo PIENEZZA. « “Compiere”
vuol dire rendere pieno oppure condurre alia pienezza» 115.
Tante volte usiamo la parola PIENEZZA, soprattutto in rela-
zione all’esperienza spirituale: é interessante come questa
analisi ci richieda, quasi, una lettura spirituale dei nostri atti.
Ed é bello affrontare cosi il mistero dell’agiré umano:
tendere alia pienezza, un cammino specifico della persona.
Nell’atto, cioé, si dovrebbe leggere una pienezza che ap-
partiene precisamente alia persona che lo compie. Dietro un
atto c’é dunque una PERSONA che in esso si rivela e si
realizza.
L’atto, di per sé, passa: inizia e finisce. Ma dal momento
114 Orazione della I settimana del tempo ordinario, in Liturgia delle ore secondo
il rito romano, Librería Editrice Vaticana, Cittá del Vaticano 1989, III, p. 42.
115 K. Wojtyla, Persona e atto, Librería Editrice Vaticana, Cittá del Vaticano 1982,
p. 176.

128
che il suo compimento coinvolge la persona, la sua libertá, il
suo amore, esso lascia in lei un segno duraturo, che spes- so
rimane anche oltre la persona stessa.
Pensiamo all’atto con cui san Francesco abbraccia il leb-
broso: si tratta di un’azione semplice, che perd ha in sé una
pienezza di libertá, di volontá, d’amore tale da cambiare
completamente la vita della persona che lo ha compiuto.
Pensiamo all’atto che ha portato san Massimiliano Kolbe a
donare la vita in un campo di concentramento: é anch’esso
un SEMPLICE atto, ma che lo ha realizzato come persona e
che ancora oggi parla a noi e ci rivela il senso della sua vita.
Sono atti che hanno rivelato le persone, la loro specifica
vocazione: e le hanno rivelate anche a se stesse.
Ecco: nel mió atto io devo manifestare me stesso, i valori
in cui credo, le mié convinzioni, le mié certezze... la mia
fede. Nel mió atto MI DEVO MANIFESTARE. Posso compiere
dunque un atto libero nella misura in cui esso non é indi-
pendente, ma dipendente dalla mia veritá di persona, nel
senso che la realizza e la dice, dunque la manifesta.
Ritoma il legame tra veritá e libertá, proprio in quel mi-
stero dell’agiré umano per cui la libertá si concretizza come
forza che esprime la veritá della persona, la sua pienezza... la
sua bellezza.
II comportamento sessuale deve manifestare, attraverso gli
atti, la bellezza dell’essere uomo e donna, quindi della
sessualitá e della corporeitá umana, conducendo la persona a
viverla.
II corpo, sacramento della persona, possiede un SIGNIFICA-
TO SPONSALE: rivela che siamo DONO. Questa é la bellezza e
la veritá della sessualitá umana, il suo valore: ma una tale
veritá resta inespressa se non si compie, possiamo dire, nel-
l’atto. É il mistero della SCELTAL Finché essa non avviene, il
bene, la veritá, la bellezza, il valore restaño «in un certo
modo sulla soglia della persona»: sulla «soglia della co-
scienza»116.

5
Ibid, 10.
116 Ibid., p. 193.

129
L’atto umano: frutto di una scelta

La coscienza non é chiamata a creare il valore ma a rico-


noscerlo: cosi la persona puo scegliere.
In questa scelta rientra la dinamica importante della VO-
LONTÁ. Dietro l’opzione deve esserci sempre la domanda:
che cosa voglio? É chiaro che la volontá tende a un ogget-
to: io voglio qualcosa. Ma nelFestrinsecarsi di tale volontá,
io desidero ESSERE. La domanda precedente ne cela, cioé,
un’altra: chi voglio essere? L’atto, non lo dimentichiamo,
esprime la persona.
Io posso decidere di me stesso, scegliendo CHI VOGLIO ES-
SERE e dunque CHE COSA FARE per essere ció che voglio esse-
re. Ma posso farlo solo perché, in quanto persona, vivo l’e-
sperienza del 1 ’AUTOPOSSESSO e dell’AUTODOMINIO: «si puo
decidere solo di ció che si possiede, e puo decidere solo chi
possiede»117.
Solo la persona é in grado di scegliere, perché solo lei
possiede e domina se stessa: la VOLONTÁ si radica esattamen-
te su questi due pilastri. Solo la persona, dunque, puo AGIRÉ:
l’animale, ad esempio, puo soltanto FARE.
La VOLONTÁ non é pura estrinsecazione di un desiderio, di
un volere: dire «io voglio» non é lo stesso che dire «ho vo-
glia». Dire semplicemente «ho voglia», significa daré il so-
pravvento al desiderio, proprio a dispetto dell’autodominio e
della scelta118.
Dobbiamo approfondire, nella riflessione e nella preghie-
ra, il significato libero e liberante della nostra volontá. «Che
cosa voglio?», e cioé: «Chi voglio essere io, persona, uomo o
donna?».

117 Ibid., p. 132.


118 Cfr. ibid., p. 137.

130
Abbiamo riflettuto a lungo sul mistero del «principio»,
della creazione. É nella luce di questo mistero che va guar-
data ogni problemática legata alia sessualitá; e nella luce di
questa bellezza va inserito ogni umano tentativo di supera-
mento di sé, ogni atto nel quale la persona si realizza - po~
tremmo dire - nell’amore.

L’atto umano: atto d’amore

I nostri atti devono essere riflessi di quell’atto d’amore


con cui Dio, creandola, affida alia persona umana il suo ES-
SERE AMORE. Siamo segno di questo essere. Noi creature
umane, immagine e somiglianza di Dio, siamo SACRAMENTO
DELL’AMORE.
Potremmo trarre una conclusione tanto semplice quanto
profonda, che non puó non metterci in discussione: ogni atto
che noi compiamo deve essere un ATTO D’AMORE e realiz-
zarci nell’amore.
Ogni atto che noi compiamo deve essere segno, sacramen-
to d’amore. Anzi, SACRAMENTO DEL NOSTRO ESSERE
SACRAMENTO D’AMORE. Sembra un gioco di parole, ma vale
la pena di tar nostra questa affermazione. L’atto rende
concreto ed efficace il nostro essere sacramento d’amore: lo
rende OPERATIVO.
E questa la riñessione che ci é necessaria per valutare gli
atti, i comportamenti, anche le problematiche nell’ámbito
della sessualitá. Vedremo che il criterio non puó essere,
semplicemente, rimmaturitá o la patologia. In questo sen- so,
l’amore é davvero il criterio ultimo alia luce del quale la
persona deve poter analizzare i propri atti.
L’atto umano é buono nella misura in cui realizza questa
vocazione all’amore - a essere amore - propria di ogni per-
sona. Se non la realizza, l’atto non é buono. Ció non significa
che la persona che ha compiuto quell’atto non sia buo- na: il
giudizio é sugli atti, mai sulle persone. A maggior ra- gione,
potremmo affermare che possiamo valutare negativamente
un atto proprio alia luce del fatto che la persona é «buona», é
131
«bella»: e l’atto non é buono se non realizza questa bellezza.
Questa impostazione ci porta a un’attenzione e a una va-
lutazione degli atti umani - prima di tutto dei nostri - che non
é affatto MORALISTICA, ma che traduce lo sforzo di voler
rispondere in maniera sempre piü consapevole e matura alia
nostra vocazione all’amore. Ogni nostro «si», non di-
mentichiamolo, porta sempre a un’azione, é il preludio di un
atto che noi compiamo.
«L’uomo non puo vivere senza amore...»119: 1’amore ci
svela l’uomo; l’atto ci svela la persona nella sua veritá solo
se é un atto d’amore. In questo ci sveliamo a noi stessi:
vedendo che sappiamo compiere atti d’amore comprendiamo
di essere fatti dall’Amore e per 1’amore, di ESSERE AMORE, in
particolare proprio per quanto riguarda i comportamenti
sessuali.
Essere amore equivale a essere persona. La persona umana
non é “individuo”, non basta a se stessa, perché si realizza
solo nell’amore che, invece, deve bastare a se stesso: e
questo perché sa superare ogni limite che la stessa natura
umana pone, dalla sofferenza all’egoísmo e al piacere. Per-
ché «non atiende nulla in cambio», perché «tutto spera» 120.
Ogni atto, dunque, come «atto d’amore»! Puo sembrare
un’utopia. Tanto piü se applicata all’uomo contemporáneo,
soprattutto nell’ámbito dei comportamenti sessuali. Tanto piü
se ci misuriamo con i nostri limiti e la nostra fragilitá.
Puo sembrare un’utopia: ma non c’é altra cosa che possa
farci rimanere nella gioia. L’amore non é un’utopia: ma é
certo un MIRACOLO. E c’é solo una via perché questo prodigio
accada e risplenda nei nostri atti. É anche questa una
preghiera: «Ispira le nostre azioni, Signore, e accompagnale
con il tuo aiuto: perché ogni nostra attivitá abbia da te il suo
inizio e in te il suo compimento» 121.
Potremmo essere tentati di applicare tale preghiera solo ad
atti che ci sembrassero particolarmente significativi,

119 Giovanni Paolo II, Lettera encíclica Redemptor hominis, 10.


120 Cfr. ICor 13,5.7.
121 Orazione delle lodi mattutine, Lunedl della I settimana del tempo ordinario,
in Liturgia delle ore secondo il rito romano, Librería Editrice Vaticana, Cittá del
14
Cfr.1989,
Vaticano ICor 6,19.
p. 692.

132
grandiosi. Pensiamola applicata a ogni azione. Mettiamola in
relazione a noi e a ogni persona umana, anche quando ri-
flettiamo sul comportamento sessuale e sulle problematiche
della sessualitá.
Ogni nostro atto, Signore, abbia DA TE il suo inizio e IN TE
il suo compimento. Noi esercitiamo, negli atti, la nostra vo-
lontá: ma la sperimentiamo fragile ed essa rimane tale se non
si radica nella tua volontá. Possiamo agiré secondo la nostra
volontá grazie al nostro autopossesso: ma possiamo agiré
secondo la tua volontá solo se comprendiamo che ti
apparteniamo14 e se ci lasciamo possedere da te. Ogni nostro
atto, Signore, abbia da te il suo inizio e in te il suo
compimento. Solo cosi pud essere, e rimanere per sempre, un
ATTO D’AMORE. Amen!
L’atto sessuale

Consapevolezza e scelta

Anche l’atto sessuale deve essere frutto di una scelta


operata dalla volontá.
II compito della volontá, GUIDA della persona, si esplica
nell’agiré. La volontá agisce pero secondo un fine, un
obiettivo; non é una forza impersonale, automatica, che si
configurerebbe quasi come un ulteriore meccanismo. La
volontá, cioé, deve essere attratta da qualcosa che ci per-
metta di agiré liberamente, cioé facendo si che la volontá non
sia condizionata che da se stessa e non sia attratta se non dal
bene: noi, infatti, siamo creati per il bene e la cono- scenza
del bene puó attrarre la volontá.
Ogni regime totalitario, se ci riflettiamo, mira a limitare
l’informazione e la conoscenza, a qualunque livello: questo
é, ad esempio, un modo di limitare la libertá, di appiattire la
volontá umana in una sorta di interiore prigionia.
133
Certamente tutto ció non ha il potere di arrivare al núcleo
piü intimo della persona: la libertá interiore é conservata
anche in condizioni di schiavitü terribili. La vera e interiore
libertá umana non ha limiti, non é certo completamente at-
taccabile da parte dell’uomo stesso.
E vero pero che c’é una connessione profonda tra la CO-
NOSCENZA DEL BENE e la LIBERTÁ DELLA VOLONTÁ , cioé il suo
esercizio. Questa consapevolezza é utile a livello di riflés-
sione personale e a livello pastorale: non possiamo preten-
dere di educare alia libertá senza educare al bene.
Nella nostra cultura, potremmo ritrovare una serie di to-

talitarismi che rendono la volontá umana non libera, in


quanto ostacolano, distorcono o velano la conoscenza
del bene, in particolare proprio per quanto riguarda il
campo della sessualitá.

II fíne dell’atto sessuale

Per capire l’atto sessuale bisogna dunque


compréndeme il fine, conoscerne il bene: cosi la
volontá puo essere attrat- ta a compiere l’atto buono.
Se non si ha 1’esperienza e la conoscenza del bene, la
volontá non é libera122.
Andando dunque a chiederci quale sia il fine, cioé il
bene dell’atto sessuale, ricordiamo come esso abbia
una duplice finalitá: la procreazione e l’unione. Tali
significati sono evidenti riflettendo sulla dinamica
sessuale da ogni punto di vista: biologico, psicologico
e spirituale.
La procreazione é il fine piü evidente e in alcune
culture é assolutizzato. Nella Bibbia, la feconditá é
insieme un dono e un comando, il primo che Dio fa
14
122Cfr. ICor 6,19. N.
Cfr. Unitá

134
all’uomo e alia donna: ed é benedizione123.
Pero il bene della feconditá non spiega totalmente la
complessa realtá della sessualitá umana: nell’uomo, ad
esempio, avviene un fenomeno inusuale negli animali.
L’unione sessuale, cioé, puo presentarsi anche al di
fuori dei momenti fertili del ciclo femminile:
nell’anímale, invece, é 1’estro - cioé il periodo di
fertilitá - a provocare l’unione. Nell’uomo non é questo
determinismo biologico a far scat- tare la necessitá, il
bisogno dell’unione sessuale: esiste qualcosa di piü,
perché l’esercizio della sessualitá ha un significato che
non é solo la trasmissione della vita, ma crea anche uno
speciale legame tra l’uomo e la donna che vivo- no
quell’atto.
Dobbiamo allora comprendere cosa significhi, per le
creature umane, procreazione e unione. Giá parlare di
PRO-
CREAZIONE non significa riferirsi a un semplice fenomeno
biologico quale é, ad esempio, la RIPRODUZIONE: per l’uomo
e per la donna trasmettere la vita non significa continuare la
specie ma far venire al mondo una persona, anch’essa única,
irripetibile, libera; vuol dire prendere parte all’opera creatrice
di Dio. E tutto questo avviene e puo avvenire DENTRO l’atto
sessuale.
Cosi, parlare di UNIONE tra uomo e donna significa rispet-
tare la lógica del dono. L’unione tra l’uomo e la donna é - e
deve essere - una COMUNIONE.
Ecco chi é dunque la persona vista sotto il profilo della
sessualitá: immagine di Dio Creatore, di Dio comunione.
Dicendo che 1’ atto sessuale ha un duplice significato, «uni-
tivo e procreativo»17, ricordiamo che questa dimensione
dell’agiré umano deve rivelare una bellezza umana e, assie-
me, divina: VAMORE e la VITA.

123 Cfr. Gn 1,28.


135
Istinto sessuale e pulsione

La riflessione che sta sviluppandosi, pero, potrebbe sem-


brará teórica: potremmo, cioé, sentire una certa incon-
gruenza rispetto alia realtá che compare dinanzi ai nostri
occhi quando pensiamo all’atto sessuale, ritenendo che
questa visione della sessualitá umana sia bella ma ideale.
La sessualitá é infatti, per l’uomo, anche un 'ENERGÍA e,
come tale, necessitá di essere equilibrata e direzionata. Sul
piano psicobiologico si traduce in una sorta di PULSIONE
ISTINTUALE, che pero va nettamente differenziata dall’istinto.
Quest’ultimo, infatti, é una realtá non integrata, autodeter-
minata e a esso, per definizione, non si puo sfuggire: l’ani-
male ha 1’istinto di andaré verso la femmina e lo segue in
maniera predeterminata. L’istinto sessuale negli animali deve
essere necessariamente soddisfatto. La pulsione istintuale
umana, invece, puó essere integrata in un dinamismo che
coinvolga anche la volontá: ció vale, in realtá, per tutte le
nostre pulsioni, non solo quella sessuale. La MOTIVAZIONE é
essenziale nel compiere questo processo 124.
L’uomo ha necessitá di integrare le proprie pulsioni, e
questo puó avvenire con maggiore facilitá nella misura in cui
ne é consapevole: questa é la grandezza e la bellezza della
nostra umanitá. Integrare non é rimuovere, ma portare al giu-
sto fine, a compimento: e farlo in modo propriamente umano.
Per ció che abbiamo precedentemente meditato, com-
prendíanlo che integrazione vuol dire anche sublimazione.

Atto sessuale e condizionamenti culturali

Tuttavia viviamo in un mondo, in una societá, in una cul-


tura che influenzano decisamente in modo significativo i
comportamenti sessuali. Tale clima culturale, piü che ahitará
a orientare le nostre pulsioni, sembra disorientarle.
La cultura occidentale attuale, infatti, vive le conseguenze
della RIVOLUZIONE SESSUALE, fenomeno che potrebbe essere

14
Cfr. ICor
124 6,19. B, Scelte e motivazioni: dal bisogno al valore.
Cfr. Unitá

136
considerato come il risultato di «una serie di fratture» 125: la
rottura del legame tra sessualitá e matrimonio, tra sessualitá e
procreazione. La sessualitá umana, sganciata dai suoi si-
gnificati, finisce col rimanere come una mina vagante, che ha
come único riferimento o criterio di valutazione il piace- re e
il desiderio dell’individuo. La libertá sessuale é, in que-
st’ottica, la mancanza di condizionamenti e di legami.
Non stupisce che la libertá venga enfatizzata come libertá
DA, originando una visione della sessualitá come un in- sieme
di “diritti”: «diritti delle donne», «diritti sessuali», «diritti
riproduttivi». Una serie, anche piü ampia, di tali diritti é stata
proclamata dalle recenti Conferenze intemazio- nali
dell’Onu: Cairo 1994 e Pechino 1995126.

125 J. Ratzinger (a colloquio con V. Messori), Rapporto sulla fede, Ed. San Pao-
lo, Cinisello Balsamo 1985, pp. 84-86.
126 Cfr. E. Sgreccia, Manuale di bioética, op. cit., pp. 389-390; P. J. Elliot, La
137
L’operazione ideologico-culturale che fa da sfoxido alia
rivoluzione sessuale porta con sé un concetto CONSUMISTICO e
UTILITARISTICO della sessualitá, dunque della persona.
E una crisi profonda: vivendo una SESSUALITÁ DE-PERSONA-
LIZZATA, che cioé non é di tutta la persona, arriviamo a vive- re e a
concepire una persona DE-SESSUALIZZATA. Tanti proble- mi che ci
troveremo a esaminare affondano le radici proprio in questa
terribile realtá, che non é un semplice gioco di parole. Se la
sessualitá é de-personalizzata, la persona stessa non vi si riconosce
piü e quindi é, appunto, de-sessualizzata. Viene dunque meno non
solo 1’identitá della persona, ma la sua stessa vocazione all’amore:
1’amore ri- mane parola teórica se non si incama in una sorta di
UMA- NESIMO INTEGRALE. Parlare di vocazione all’amore senza pas-
sare per il mistero nativo della persona sarebbe un vano
spiritualismo.'
La distruzione dei significad della sessualitá, operata dalla
rottura dei legami che la esprimono, porta dunque a una
disintegrazione della persona, che finisce col non rico- noscersi
piü, in quanto puo essere solo uomo o donna.
Tanti comportamenti problematici, che traducono uno scarso
rispetto della persona nei confronti di se stessa e del- l’altro, non
sono che il frutto di questi passaggi. Recuperare il valore della
sessualitá significa anche ricostruire, pazien- temente e
coraggiosamente, i legami spezzati.

Fisiología dell’atto sessuale

La sessualitá possiede, certamente, anche una dimensio- ne di


GIOIA e di PIACERE, particolarmente significativo proprio in
riferimento all’atto sessuale.
Lo svolgimento fisiologico dell’atto sessuale é reso pos- sibile
da un meccanismo neurologico, un cosiddetto «arco

prospettiva etica nella Conferenza ONU di Pechino, in Medicina e morale, n. 6 (1995), pp.
1175-1182.
riflesso»: esso parte da uno stimolo che genera una certa
eccitazione neurologica. La risposta all’eccitazione porta a un
piacere físico che é poi destinato a esaurirsi. Varié com- ponenti,
anche a livello semplicemente biologico, differen- ziano l’atto
sessuale umano e anímale.
II rapporto sessuale nell’uomo prevede varíe FAS I. II primo
tempo é il PRELUDIO prossimo e remoto: tutto cío che crea una
138
situazione che puo sfociare in un rapporto, che lo facilita e
permette. Segue poi la fase dEW ECCITAZIONE e, in seguito, il
PLATEAU o desiderio avanzato, quasi irrefrenabile. Tale situazione
porta all’ ORGASMO, un particolare piacere físico genitale provocato
da contrazioni muscolari riflesse, involontarie e ritmiche, contro
líate dal sistema nervoso centrale. II rapporto si conclude con la
fase di RISOLUZIONE, caratterizzata da rilassamento e appagamento.
Di tutte queste varié fasi, nell’uomo la piü importante é la
prima. Nell’anímale questa fase é sostituita da una sorta di
corteggiamento che é una vera e propria rincorsa: é sempre
l’animale maschio che rincorre la femmina e in essa c’é una sorta
di difesa.
Nella situazione del corteggiamento umano, spesso si verifica
una certa difesa che la donna mette in atto, anche in-
consapevolmente, nel tentativo di adattare l’uomo ai suoi ritmi. E
cercare di daré all’uomo i tempi femminili significa fare in modo
che la donna non diventi, anche inconsape- volmente, un oggetto
rispetto all’eccitazione maschile. Nella donna, infatti, tutta la
dinamica dell’atto sessuale si svol- ge piü lentamente e necessitá di
una preparazione attenta e coinvolgente da parte dell’uomo.
L’uomo impara questa dinamica e cerca di svilupparla con
un’attenzione che rivela la cura e 1’amore reciproco, evitando di
limitarsi solo alia ricerca del piacere.
II PIACERE FÍSICO é parte integrante dell’atto sessuale: non ha
una connotazione negativa, anzi é proprio espressione di pienezza.
Tante patologie dell’atto sessuale, caratterizzate proprio da un
mancato raggiungimento del piacere, possono avere un’origine non
solo biologica ma anche psicologi- ca o possono, addirittura piü
frequentemente, riconoscere una causa piü profonda, ad esempio
un problema relaziona- le nella coppia.
É molto importante allora comprendere come la dimensione del
piacere che coinvolge la sessualitá umana sia chiamata a realizzarsi
non semplicemente in se stessa, ma nella GIOIA: quella pienezza
che scaturisce dal dono dell’a- more.
Collegandoci alia riflessione sull’ agiré umano, sottoli- neiamo
che la differenza tra felicitá e piacere ha a che ve- dere con la
differenza tra «l’uomo agisce» e «qualcosa ac- cade nell’uomo». E
1’agiré umano, anche in campo sessuale, é frutto della libertá
persónate, estrinsecazione concreta di questa potenzialitá propria
della persona. «Lo stato di felicitá rimane strutturalmente unito
all’esperienza dell’agiré, alia trascendenza della persona
21
nell’atto»
21 .
K. Wojtyla, Persona e atto, op. cit., pp. 202-203.

139
Rispetto al piacere l’esperienza della gioia ha una conno-
tazione piü duratura, piü profonda e piü coinvolgente in ter- mini
di dono di sé. E se é vero che c’é piü gioia nel daré che nel
ricevere, questo principio deve essere applicabile anche per una
coppia che vive la propria sessualitá con gra- tuitá e amore.
II bene dell’atto sessuale é dunque dato da quell’azione che
realizza sia la dimensione procreativa sia quella unitiva: due aspetti
che si possono realizzare in veritá e pienezza solo - lo vedremo
bene - all’interno del MATRIMONIO.

II comportamento sessuale: mistero da “costruire”

Se il comportamento sessuale deve esprimere la veritá intima


della persona, la risposta alia domanda morale non deve porsi sul
piano del FARE, ma dell’ ESSERE.
C’é qualcosa che permette alie «pietre» che - rifacendoci
all’espressione di sant’Agostino - costituiscono il «tempio»

140
di rimanere unite secondo l’ordine voluto da quell’Amore che
non siamo noi a generare. C’é qualcosa dentro di noi che ci
permette di accogliere questo amore come fattore unificante la
nostra persona e ci consente di esprimere questo amore attraverso
la volontá, negli atti, quindi anche nel comportamento sessuale.
E l’attitudine della DOCILITA, componente di una virtü im-
portante: la CASTITÁ. Non é tutto ció che si puo dire della ca- stitá,
ma é essenziale comprendere questa dimensione prima di
affrontare la discussione su alcune problematiche specifiche.
Una SFUMATURA della castitá, dunque, é quella docilita che ci
permette di accogliere 1’amore COME, FATTORE UNIFICANTE la no-
stra persona ed essere cosi disponibili alia volontá che é NATU-
RALMENTE orientata a realizzare in noi la chiamata all’amore.
Nel brano precedentemente citato, sant’Agostino ci ri- corda che
la costruzione di una casa richiede fatica: in se- guito la
dedicazione di questo tempio avverrá nella gioia.
II nostro cammino di crescita verso 1’integrazione e la
maturazione affettiva e sessuale é un percorso che non eselude la
fatica e la sofferenza, soprattutto quella che nasce dalla
consapevolezza della fragilitá, del limite, del peccato. E FATICAL
Ma, alia luce della nostra vocazione e, soprattutto, alia luce della
fedeltá di Dio, comprendiamo chia- ramente che «noi
faticheremmo invano se lui non costruis- se la casa» 22.
E profondamente vero: noi dobbiamo, in un certo senso,
SENTIRCI COSTRUITI. L’amore, abbiamo detto, é la forza che unifica
i vari dinamismi della nostra persona; ed é lui che costruisce. La
libertá umana non é altro che cercare di vive- re la docilitá a questo
progetto d’amore.
In questi anni il nostro cammino formativo ci richiede di
crescere nella docilitá, che si approfondisce sempre di piü per
giungere all’intimo núcleo dell’OBBEDIENZA, senza rimanere a un
livello esteriore o superficiale.
La vera maturazione affettiva e sessuale, 1’autentica cre- scita
nell’amore richiede questo tipo di docilita, di obbe- dienza al
progetto di Dio sul nostro essere uomo o donna.
É fatica che noi non facciamo e non faremo invano, pero, perché
é orientata alia gioia. Questa é la certezza che ci muove: e l’amore
di Dio ci costruisce, ci chiama, ci attira e guida in ogni istante le
nostre azioni, affinché ciascuna di esse possa essere un SEMPLICE e
puro atto d’amore!
22
Cfr. Salmo 127.

141
Per la rifles sione e la preghiera

Alcune domande dei seminaristi

D. La trasmissione della vita é una vocazione altissima: e


questa consapevolezza deve poter stupire e sconvolgere la vita di
due sposi, che sanno di essere davvero «liberi e responsabili
collaboratori di Dio Creatore» (Paolo VI, let- tera encíclica
Humanae vitae, 1). É lui che trasmette ad es- si la sua intenzione
creatrice alia quale essi devono imparare a rispondere.
Ánche nella vocazione alia verginitá consacrata, al celibato
sacerdotale esiste pero una dimensione di collaborazio- ne
all’opera creatrice di Dio: ció non si concretizza nella
trasmissione della vita física né soltanto in una patemitá spi-
rituale. Non sarebbe bello poter vedere noi stessi, prima di tutto,
come una collaborazione a quel progetto che Dio ha su di noi,
sulla nostra persona, dal momento della creazione?

R. Noi siamo opera della creazione, frutto di un progetto di Dio:


essere fedeli a questo progetto significa davvero far si che 1’opera
di Dio si realizzi secondo la sua intenzione creatrice. In questa
visione, l’affettivitá, la chiamata alia sponsalitá, la castitá... tutto
diventa segno, sacramento del progetto di Dio che noi siamo. E
questa é gia, di per sé, esperienza di feconditá.
La consapevolezza che la chiamata alia feconditá é scrit- ta in
ogni creatura deve stupire e interpellare anche la persona
consacrata: anch’essa é chiamata a realizzare questo mistero
d’amore.
Ció non avviene con la trasmissione della vita física, ma per un
indicibile mistero di sponsalitá tra la persona consa- crata e il suo
Dio. É importante sapere che la chiamata alia feconditá ha le stesse
CARATTERISTICHE FISICHE E PSICHICHE in ogni persona: i segni
biologici della sessualitá umana non cambiano nella persona
consacrata rispetto agli sposi. Biso- gna credere profondamente
che queste caratteristiche siano pienamente realizzate anche nella
verginitá.
142 E un mistero d’amore profondo, che é comprensibile
sólo nell’intimitá del dialogo dell’amore con Dio. É un mistero
personale in- serito in una storia d’amore del tutto personale: come
quella di due sposi che mai potranno e mai sapranno dire ad altri le
sfumature, le sofferenze e le gioie della loro vocazione alia
feconditá.
Dobbiamo comprendere la totalitá di questa vocazione che ci
interpella fino in fondo: chiamati alia feconditá, chia- mati alia
paternitá. La paternitá spirituale non é patemali- smo, cioé un
atteggiamento che non chiama in causa e non mette in discussione.
La paternitá é un’identitá personale, una vocazione: richiede
TUTTO. E questa paternitá feconda na- sce proprio dall’aver accolto
il progetto di Dio in noi, dall’a- verlo aiutato a realizzare in noi il
suo disegno creativo. Solo se “permettiamo” al Signore di essere
creatore IN noi, gli permetteremo di essere creatore ATTRAVERSO di
noi.

D. E molto bello iniziare a intravedere il senso del peccato


come perdita dell’armonía di questa meravigliosa “macchina”
che é la persona. Ed é importante, anche a questo fine,
sottolineare il ruolo della volontá. Oggi siamo mostri di
intelligenza, ma rischiamo di essere “handicap- pati” nella
volontá. «Studiare tanto ma scegliere poco»: potrebbe essere un
motto adatto ai giovani d’oggi.
Non sarebbe importante recuperare il valore della volontá
proprio nell’ámbito della sessualitá, e proprio pariendo dalla
povertá che si sperimenta in seguito a comportamenti sessuali
sbagliati?
R. La percezione della POVERTÁ va estremamente valoriz- zata.
Ciascuno di noi, nella propria storia, puo testimoniare la scoperta
dell’amore che ci viene incontro proprio in quella povertá che noi
sperimentiamo.
Tale riflessione é applicabile a ogni campo dell’esperienza
umana, non ultima la sfera sessuale. Se togliamo all’uomo questa
esperienza di percezione della propria povertá che é, prima di tutto,
povertá d’amore, gli evitiamo l’espe- rienza dell’amore.
II ruolo della volontá potrebbe essere quello di creare un legame
tra povertá e amore, di passare dalla povertá all’a- more attraverso
la responsabilitá. Nella nostra cultura é importante ricostruire il
senso di responsabilitá anche grazie a un’educazione della volontá.
L’uomo deve imparare che é responsabile delle proprie azioni,
dei propri comportamenti: e delle loro conseguenze. Educare a un
143
tale senso di responsabilitá dei propri atti, anche in campo sessuale,
significa rendere la persona capace di interrogarsi sul senso del
proprio agiré, e di darsi delle risposte.
E Y EDUCAZIONE MORALE, in questo senso, é la ricchezza di una
risposta d’amore che forse, e in genere, parte da una povertá, ma
dá modo alia persona di scoprirsi capace di vo- lere e di fare il
bene!

Se il Signore non costruisce la casa,


invano vifaticano i costruttori.
Se il Signore non custodisce la cittá,
invano veglia il custode.
Invano vi alzate di buon mattino, tardi andate a
riposare e mangiate pane di sudore: il Signore
ne dará ai suoi amici nel sonno.
Ecco, dono del Signore sono i figli, é sua
grazia ilfrutto del grembo.
Come frecce in mano a un eroe sono
i figli della giovinezza.

144
Beato l’uomo che ne hapiena lafaretra: non
resterá confuso quando verrá a trattare alia
porta con i propri nemici (Salmo 127).
...Quanto qui vediamo fatto materialmente nei muri, sia
fatto spiritualmente nelle anime; e ció che vediamo com-
piuto nelle pietre e nei legni, si compia nei vostri corpi per
opera della grazia di Dio.
Anzitutto perció ringraziamo il Signore nostro Dio, da cui
viene ogni buon regalo e ogni dono perfetto; rendiamo lode
alia sua bontá con tutto l’ardore del cuore, perché ha eccitato
1’animo dei suoi fedeli alia costrazione di questa casa di
orazione, ne ha stimolato 1’amore, ha prestato l’aiu- to; ha
ispirato a volere coloro che ancora non volevano, ha aiutato
gli sforzi della buona volontá perché passassero al- l’azione;
per questo é Dio stesso che ha cominciato e porta- to a
termine tutto questo, egli «che suscita» nei suoi «il volere e
1’operare secondo i suoi benevoli disegni» (Fil 2,13) (dai
DISCORSI di sant’Agostino vescovo, in LITURGIA DELLE ORE
SECONDO IL RITO ROMANO, Librería Editrice Vaticana, Cittá
del Vaticano 1992, vol. IV, p. 1500).
Non sapete che il vostro corpo é tempio dello Spirito
Santo che é in voi e che avete da Dio, e che non appartene-
te a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo.
Glorifícate dunque Dio nel vostro corpo! (ICor 6,19-20).
La piena scoperta della volontá non si riduce al solo mo-
mento del volere, alFesperienza vissuta «voglio»... Essa si
rivela non tanto come proprietá intrínseca all’atto compiuto
dalla persona, quanto come capacitá della persona di com-
piere atti, proprio perché essa possiede tale proprietá. Si puo
anche invertire questa relazione e dire che la persona si ma-
nifesta attraverso la volontá, e non solo la volontá attraverso
la persona e nella persona. Ogni atto conferma e a un tempo
concretizza questa relazione, in cui la volontá si rivela come
proprietá della persona e la persona come realtá che, riguar-
do al suo dinamismo, é costituita propriamente dalla volontá.

145
Definiremo questa relazione autodeterminazione...
Persona é cioé chi possiede se stesso e, nel contempo, chi
é posseduto solo ed esclusivamente da sé. (In un ordine di-
verso, in quanto creatura, la persona appartiene a Dio, tutta-
via questa appartenenza non annulla affatto, né offusca la
relazione intrínseca, essenziale alia persona, del possesso di
sé oppure dell’«appartenenza di sé»). I pensatori medievali
esprimevano ció nella proposizione PERSONA EST SUI IURIS.
II possesso di sé ossia 1’autopossesso, in quanto specifica
proprietá strutturale della persona, si manifesta e a un tempo
si conferma nell’azione per mezzo della volontá... «Voglio»
come autodeterminazione attuale presuppone struttu-
ralmente 1’autopossesso. Infatti si puo decidere solo di ció
che realmente si possiede e puo decidere soltanto chi pos-
siede. L’uomo decide di sé con la volontá perché possiede se
stesso...
All’autopossesso segue una seconda relazione che passa
nella stessa struttura dell’uomo in quanto persona, e nel
contempo é intimamente legata alia volontá. É la relazione
del dominio di sé ossia dell’autodominio, senza la quale non
si puo concepire né spiegare 1’autodeterminazione.
L’autodominio si puo anche esprimere come complessitá
specifica: persona, é da una parte, chi domina se stesso,
dall’altra, invece, chi essa stessa domina. Per autodominio
intendiamo qui qualcosa di diverso da ció che indica l’e-
spressione corrente «padronanza di sé». Quest’ultima si ri-
ferisce soltanto a una certa funzione del dinamismo proprio
della persona, riguarda una certa abilitá-virtú, oppure un in-
sieme di abilitá. Conviene allora piuttosto parlare di auto-
controllo. L’autodominio invece é qualcosa di piü essenziale,
inerente all’intima struttura della persona, che si distingue da
altre strutture e da altre entitá per il fatto che domina se
stessa. Bisogna quindi parlare piuttosto di «dominio di sé»,
anziché di «padronanza di sé» (K. Wojtyla, PERSONA E ATTO,
Librería Editrice Vaticana, Cittá del Vaticano 1982, pp. 131-
133).
UNITÁ E

146
Alcune problematiche del comportamento
sessuale
Introduzione

Giungiamo ora alia trattazione di alcune PROBLEMATICHE


della maturazione sessuale, dopo un cammino nel quale ci
siamo posti l’obiettivo di SPIEGARE il significato della ses-
sualitá umana pariendo dal valore della corporeitá.
Non si puo parlare dei problemi senza guardare ai valori: il
nostro cammino desidera sempre piü essere l’affermazio- ne,
la ricerca, la contemplazione di un valore. Da questo emerge,
quasi naturalmente, il problema, la difficoltá, il
comportamento o la dinamica che puo oscurarlo.
Le problematiche relative al comportamento sessuale
vanno guardate alia LUCE DELLA VERITÁ, che illumina ed evi-
denzia anche le zone d’ombra. Non lo dimentichiamo: il
servizio alia veritá é servizio all’uomo e cammino verso Dio.
Non tutti e non sempre possiamo riconoscere che la veritá é
Cristo: la fede é anche dono, e mistero. Ma sgan- ciare
l’uomo dalla sua veritá significa proporre un’antropología
priva di significato, vuota e inutile, che prima o poi ri- cade
nel relativismo e nel non senso.
Non bisogna temere di affrontare i problemi relativi alia
maturazione sessuale, riconoscendo la luce della veritá della
sessualitá umana. Questo ci aiuta a ritrovare il senso del-
1’essere persona: la persona desessualizzata, abbiamo detto, é
depersonalizzata; chi non é messo in condizioni di ricono-
scere e vivere la veritá della propria sessualitá non puo vivere
la sua stessa veritá di persona.
La SESSUALITÁ, che definisce l’appartenenza della persona
a una delle due espressioni dell’única natura umana, puó
anche essere considerata come una FORZA risultante dall’in-
terazione tra le varié componenti: biologica, psicológica,
mentale-razionale, spirituale-trascendentale. Su tutte é senza
dubbio significativa l’influenza ambiéntale: la cultura e
l’educazione sono elementi importanti riguardo i comporta-
menti e la stessa acquisizione dell’identitá sessuale 127. L’inte-
grazione di queste componenti si traduce nella struttura della
127 Cfr. A. Serra, Sessualitá: natura e cultura, in N. Galli (a cura di), L’educa-
zione sessuale nell’etá evolutiva, Vita e Pensiero, Milano 1994, p. 29.
personalitá dell’uomo, che si riflette nei comportamenti.
Sappiamo che il processo di maturazione sessuale ha una
partenza biologica: pur volendo assolutamente evitare l’e-
quivoco del “determinismo biologico”, che é una sorta di
assolutizzazione, dobbiamo pero riconoscere che la dimen-
sione biologica é la componente piü significativa nella
strutturazione di quella forza dinamica che é la sessualitá 128.
- Al momento del CONCEPIMENTO é stabilito nella persona
il SESSO GENETICO, identificato dalla coppia di cromosomi
XX o XY, propri rispettivamente della donna e dell’uomo,
che sono parte del messaggio genetico dei 46 cromosomi
dello zigote.
Icromosomi determinano la formazione delle OVAIE o dei
TESTICOLI (organi detti GONADI), che inizia a partiré dal
vente- simo giorno di vita intrauterina. Questo processo, che
ri- chiede circa due mesi per essere complétate, stabilisce il
SESSO GONADICO. Le ovaie o i testicoli, a partiré dal secondo
mese di vita intrauterina, avvieranno una produzione ORMO-
NALE di tipo rispettivamente femminile o maschile.
Tale secrezione, a sua volta, determina lo svilupparsi dei
GENITALI ESTERNI di carattere femminile o maschile: é il
SESSO FENOTIPICO. La maturazione dei genitali esterni, che
inizia quando le gonadi sono fórmate, va avanti per tutto il
resto della vita intrauterina e continua nelle prime settimane
dopo la nascita.
Gli ormoni prodotti durante la vita intrauterina sono re-
sponsabili del processo di SESSUALIZZAZIONE CEREBRALE, un
fenómeno che avviene prima della nascita ma che poi si ri-
pete alia pubertá. Gli emisferi cerebrali, le due porzioni nelle
quali é diviso il sistema nervoso centrale, sono infatti di-
versamente sviluppati nei due sessi. Nell’uomo, ad esempio,
é piü sviluppato l’emisfero destro, che regola le attivitá di
carattere físico; nella donna il sinistro, che regola il processo
del linguaggio. Queste differenze definiscono il SESSO
CEREBRALE.
La componente biologica é fondamentale nella struttura-

128 Cfr. ibid., pp. 50-52.


zione e nell’acquisizione dell’identitá sessuale e costituisce il
substrato per il SESSO PSICHICO, che poi aiuta la persona a
riconoscersi donna o uomo, ad acquisire la cosiddetta IDEN-
TITÁ DI GENERE, cioé il riconoscimento di sé come apparte-
nente a un dato sesso. Difetti genetici oppure ormonali, di
varia natura, possono portare a un’alterata maturazione ses-
suale, con vere e proprie patologie che vanno dalla sempli- ce
anomalía genetica fino a una sorta di divario tra sesso
genetico, gonadico, fenotipico, psichico 129. Queste situazioni
possono causare alia persona comprensibili squilibri di natura
psicológica.
Altrettanto importante, nell’acquisizione dell’identitá di
genere, si rivela pero il LIVELLO PSICO-SOCIOLOGICO: la
persona deve, in un certo senso, imparare a considerarsi
uomo o donna. E un vero e proprio processo di
APPRENDIMENTO che si avvia nei primi anni di sviluppo della
sessualitá, grazie soprattutto all’apporto educativo della
famiglia.
Obiettivi

La presente Unitá affronta una particolare LETTURA di alcu-


ne problematiche del comportamento sessuale. Non é certo
una trattazione esaustiva sul piano psicológico, pedagógico o
morale, ma una riflessione che cerca di collocare ogni
problema alia luce dell’itinerario di carattere antropologi- co-
esperienziale che stiamo percorrendo, nel tentativo di
rinsaldare la profonditá di quel legame che c’é tra la chiamata
alia sessualitá e la vocazione al sacerdozio.
- Yengono affrontati, in particolare, i temi della MASTUR-
BAZIONE e dell ’ OMOSESSUALITÁ, cercando di daré una valuta-
zione di entrambe le problematiche alia luce del progetto di

129 Cfr. ibid., pp. 41-44. Accenniamo soltanto, ad esempio, alia síndrome di Kli-
nefelter, che si presenta in soggetti maschi da un punto di vista fenotipico ma la cui
costituzione genetica, caratterizzata da un triplo cromosoma - XXY invece che XY -
blocca la maturazione dei testicoli e causa infertilita. Análogo problema si verifica nella
síndrome di Turner, che colpisce individui di sesso fenotipico femminile ed é provocata
da una deñcienza cromosomica - X invece che XX - che, anche in questo caso, blocca la
maturazione delle ovaie con conseguente in- fertilitá. Gli iníersessi sono invece
patologie piú gravi, caratterizzate da una di- screpanza tra sesso genetico, gonadico e
fenotipico.
Dio suir amore umano.
- II criterio usato é quello di rivolgersi, anzitutto, a per-
sone in cammino di crescita umana e vocazionale e, perianto,
a giovani chiamati sempre maggiormente alia sfida della
coerenza e della santitá. Come sempre, dunque, ci viene ri-
chiesta una VERIFICA PERSONÓLE in quanto seminaristi.
- Parliamo poi della masturbazione e dell’omosessualitá
nell’ottica dei futuri pastori di anime: con tutto l’amore che
puo muovere una ricerca finalizzata alia cura di ogni singóla
persona, se ne valuta il possibile RISVOLTO PASTORALE.
- La valutazione di tali problemi vuole essere serena ma
seria. Si vuole evitare ogni atteggiamento di giudizio ri-
guardo la persona ma, alio stesso tempo, raccogliere gli ele-
menti che danno speranza ai fini di un possibile SUPERA-
MENTO delle problematiche in discussione.
La masturbazione

Definizione e fattori causali

«Per MASTURBAZIONE si deve intendere l’eecitazione vo-


lontaria degli organi genitali, al fine di trame un piacere ve-
nereo»130. Questa problemática rientra nel concetto piü ampio
di AUTOEROTISMO, atteggiamento che implica una sorta di
concentrazione dell’energia erotico-sessuale della persona su
se stessa.
La masturbazione é un fenomeno molto diffuso e, per-
tanto, potremmo essere tentati di considerarlo semplice-
mente NÓRMALE. Sarebbe piü opportuno, perd, considerare la
masturbazione come FISIOLÓGICA in alcuni periodi della vita,
evitando di attribuire a questo comportamento un carattere di
normalitá che potrebbe portare a sottovalutarlo.
130 Catechismo della Chiesa Cattolica, Librería Editrice Vaticana, Citta del Vaticano
1992, 2352, p. 574.
Da un punto di vista storico, 1’atteggiamento educativo nei
confronti della masturbazione é decisamente variato: si é
passati da un rigorismo terrorista che si ripercuoteva sulla
persona, a un lassismo che rispecchia certamente il relativi-
smo etico dei nostri tempi. Sono entrambi atteggiamenti
esasperati, che non permettono una serena valutazione del
problema né delle sue cause, tantomeno delle possibili so-
luzioni.
Per capire piü a fondo la masturbazione, é importante in-
terrogarsi sulle circostanze che la generano. Potremmo infatti
definirla come un SINTOMO che in genere insorge, per la
prima volta, nel bambino di 3-4 anni durante la FASE EDIPICA,
la terza tappa dello sviluppo psico-affettivo. Sap- piamo
quanto questa fase sia importante per una prima ac-
quisizione dell’identitá sessuale, che avviene attraverso l’i-
dentificazione con il genitore del proprio sesso. Questo pe-
riodo della vita si caratterizza anche per un atteggiamento di
esplorazione del corpo che porta il bambino a una fre- quente
manipolazione degli organi genitali; in realtá, é improprio
definirla masturbazione, in quanto essa non si asso- cia a un
piacere genitale vero e proprio, ma é importante capire il
meccanismo che la provoca, perché si ripropoirá durante la
fase adolescenziale.
La PUBERTÁ, infatti, é caratterizzata da una variata situa-
zione ormonale e dall’acquisizione dei caratteri sessuali se-
condari, che portano a un vero e proprio cambiamento delle
caratteristiche fisiche, del corpo: ció provoca nell’adolescente
una sorta di TEMPESTA PSICOLÓGICA.
La crisi di fronte al nuovo che viene mette in discussione
quella prima identificazione di sé acquisita al termine della
fase edipica: é una chiara situazione di TRANSIZIONE, che ten-
de a evolvere per condurre il bambino e la bambina ad ap-
propriarsi definitivamente dell’identitá sessuale. Come nella
fase edipica, anche in quella puberale una certa manipo-
lazione degli organi puo essere normalmente inquadrata entro
i termini di ESPLORAZIONE del proprio corpo, che é adesso un
corpo “nuovo” da scoprire. Ma, in questa fase di sviluppo,
tale manipolazione si puo accompagnare all’eccitazione e
all’eiaculazione, arrivando quindi al piacere sessuale vero e
proprio.
Sappiamo, d’altra parte, che 1’eiaculazione puo verificar-
si anche in modo involontario, soprattutto in relazione al
fenomeno della POLLUZIONE NOTTURNA, in cui il ragazzo si ri-
trova a constatare una secrezione spontanea di liquido se-
minale al di lá di una sua iniziativa. Anche questo é un fe-
nomeno transitorio, ma va distinto dalla masturbazione pro-
prio per l’assenza di una provocazione volontaria dell’ecci-
tazione e dell’eiaculazione. La polluzione notturna non puo
dunque essere presa a parametro di valutazione per la ma-
sturbazione.
É importante sottolineare che l’evento della masturbazio-
ne, pur essendo comune (soprattutto nei maschi) e spiegabi-
le sul piano psicofisico, non deve verificarsi necessaria-
mente. Puo succedere che un adolescente non si incontri con
tale problemática e non é certamente il caso, qualora ció
accada, di considerare questa come anormalitá.
II fatto che la masturbazione sia caratteristica delle fasi
edipica e puberale - chiaramente destínate a un SUPERAMEN-
TO - ci aiuta a riflettere su come sia importante che tale fe-
nomeno, sia puré FISIOLOGICO nel suo insorgere, vada affron-
tato senza inutili drammi. Infatti puo accadere che il pro-
blema masturbatorio si FISSI nella persona, cioé si protragga
nell’etá adulta, a volte anche nonostante un rapporto coniu-
gale.
Le cause che la masturbazione riconosce non sono sol-
tanto da attribuire alio squilibrio psicofisico che la pubertá
provoca. Infatti la masturbazione puo essere anche il sinto-
mo di un DISAGIO: diventa cosi un comportamento compen-
satorio di paure, debolezze, insoddisfazioni, solitudini, dif-
ficoltá che il ragazzo vive. E come se quel piacere potesse
effettivamente compensare insuccessi o insicurezze che si
sperimentano in altri settori.
Se dunque la masturbazione é un sintomo, esso riconosce
una causa: puo essere segno di un disagio piü profondo, non
altrimenti identificabile. Per tali motivi, non ha senso
sottovalutare il problema.
Sicuramente significativo, nella genesi della masturba-
zione, é il CONDIZIONAMENTO AMBIÉNTALE. In fase adolescen-
ziale, tale abitudine puo essere vissuta dai ragazzi, anche
aH’intemo di un gruppo, come dimostrazione di virilitá; in-
fatti il ragazzo che non si sottoponesse a tale prova potreb- be
venire deriso o emarginato dai coetanei o, a volte, anche da
parenti e amici adulti.
Masturbazione e pornografía

Nel valutare il condizionamento ambiéntale non si puó non tener


conto del clima culturale nel quale oggi viviamo, che ha una grossa
influenza nel potenziare una certa stimo- lazione sessuale non solo
dei giovani, ma spesso anche degli adulti. E un clima nel quale tutti
siamo immersi e che dunque va adeguatamente preso in
considerazione: potremmo definirlo PORNOGRÁFICO.
Secondo la definizione del CATECHISMO DELLA CHIESA CAT-
TOLICA, «la pornografía consiste nel sottrarre all’intimitá dei partner
gli atti sessuali reali o simulati per esibirli delibera- tamente a terze
persone»5.
Oggi é molto difficile definire la pornografía sulla base di un
«comune senso del pudore»: il limite oltre il quale una realtá si puó
definire pornográfica é molto vago, spesso soggettivo. II termine
“pornografía” é composto da due parole greche: GRAFÓS (cioé lo
scrivere e tutto ció che a esso si collega, come i mezzi di
comunicazione, la parola, l’imma- gine...) e PORNÉIA (nella
definizione piü comune é la prosti- tuzione, cioé vendere il corpo).
Dal punto di vista storico, la pornografía ha súbito varié
evoluzioni: dai libri alia parola scritta, alie immagini su ri- viste e
video, all’uso di sofisticate tecniche visive e uditive multimediali,
che con varié modalitá possono coinvolgere l’utente in modo
sempre piü globale da un punto di vista “sensitivo” e che, tra l’altro,
si rendono sempre piü perico- losamente accessibili. Esistono poi
forme di pornografía piü occulta, che si presentano a volte piü
pericolose proprio per la capacita di influenzare chi ci si accosta e
che, pertan- to, possono fácilmente arrivare a turbarne l’intimitá.
II problema della pornografía andrebbe inquadrato, per ció che ci
interessa, su tre piani che indicano quasi il livello in cui la persona
puó essere colpita:
- il CONSUMATORE: chiunque, soprattutto a motivo dell’at-
tuale diffusione dei mezzi di comunicazione, puo usufruire di
immagini pomografiche, anche i ragazzi molto giovani e gli stessi
bambini. Non ci é certamente difficile comprendere quale immagine
di sé e dell’altro, quale idea della sessualitá e dell’amore possa
costruire la psiche di una persona in crescita che si confronti con
tale realtá;
- il FORNITORE e COLUI CHE PRESTA il proprio corpo a scopo
pornográfico;
- la SOCIETÁ: il problema ha presupposti di carattere eco- nomico
che diventano precise scelte politiche, giuridiche, sociali... E anche
5
Ibid., 2354, p. 575.
il cittadino non é sempre libero di fronte a un ambiente che quasi
156
costringe a SUBIRÉ la pornografía della pubblicitá e dello spettacolo.
É una situazione che crea davvero un clima pornográfico tale da
fomire continui stimoli a un’esaltazione della genitalitá, costituendo
dei presupposti che favoriscono la masturbazione.
Tuttavia il LEGAME che intercorre tra pornografía e masturbazione
é, piü in profonditá, caratterizzato da due elementó che accomunano
entrambe le esperienze in maniera significativa. Da un lato, la
PROFONDA SOLITUDINE che spesso le genera ma che certamente le
accompagna: non solitudine positiva ma un vero e proprio
ISOLAMENTO, concreto ostacolo alia comunicazione e alia
comunione. D’altra parte, la pornografía e la masturbazione si
collegano, sia puré in modo diverso, a una REIFICAZIONE di se stessi
ed eventualmente dell’altra persona. Quali che siano le cause di tali
compor- tamenti, resta infatti indubbio che il corpo sia un oggetto:
nella masturbazione, che si accompagna a una manipolazione di
esso; nella pornografía, che espone il corpo di qualcuno, ma tratta
anche la persona che riceve tale immagine in qualitá di oggetto sul
quale proiettare stimoli e desi- deri.
La persona non é dunque vista nell’ottica del dono: é chiusa alia
comunicazione e orientata a rimanere isolata nel proprio egoismo, a
non maturare. Se ricordiamo bene, anche la psicología ci insegna a
identificare la maturazione umana e sessuale come un gradúale
passaggio dall’egocentrismo all’allocentrismo, all’amore elettivo:
dall’attrazione, cioé, che riporta l’attenzione su se stessi, alia
scoperta del- l’altro, che diventa poi scelta della persona alia quale
do- narsi.
Facilitare l’egoismo significa dunque bloccare la crescita. II
SENSO DI COLPA, che spesso si associa a tali situazioni, non é
estraneo alia solitudine e al ripiegamento su se stessa che la persona
sperimenta; non ha un’accezione positiva, ma pud rappresentare un
prezioso campanello d’aliarme che rivela un disagio nascosto.

Un problema da affrontare

Non é mai opportuno, dunque, sottovalutare il problema della


masturbazione: lo possiamo dire con grande convin- zione proprio
perché sicuri che le cause che lo generano possano essere
spiegabili. Identificare le cause, e fare di tutto per rimuoverle, é un
Índice di reale e preziosa atten- zione alia persona, a tutto ció che -
in qualche modo - puo ferire la sua libertá, inducendola a
comportamenti che, pur sembrando liberi, riconoscono invece una
costrizione piü profonda. Anche Y IMMATURITÁ, di fatto, potrebbe 157
essere considerata in tal senso una sorta di schiavitú del ragazzo
che non venga aiutato nel cammino di crescita.
In quest’ottica si pone il problema della domanda sulle possibili
prospettive per il superamento della masturbazione, soprattutto
quando esso diventi piuttosto ripetitivo.
Chiaramente non é questa la sede per valutazioni di tipo
psicologico, tantomeno per individuare prospettive terapeu- tiche in
tal senso. Dobbiamo semplicemente interrogarci su quell’attenzione
umana e pastorale che puo rappresentare un piccolo ma concreto
aiuto.
La prospettiva pastorale passa dentro la nostra stessa vita. E
importante dunque, prima di tutto, interrogarci con auten- ticitá e
serenitá riguardo a questo problema e considerare come la nostra
scelta vocazionale non ci preservi automati-

158
camente da comportamenti sessuali errati. D’altra parte, oc- corre
aiutarci a non drammatizzare il problema masturbazione qualora
fosse, ancora o transitoriamente, presente in noi: ma ad affrontarlo
con coraggio, serenitá, coerenza, speran- za. E il primo modo per
farlo é manifestarlo con fiducia, perché questo fa parte del
cammino interiore: la nostra chiamata ci chiede davvero un
superamento di tali difficoltá.
É importante, per noi e per gli altri, tenere presente che la
persona umana ha un COMPITO serio da perseguire nella rea-
lizzazione della propria umanitá: quello ÁE\V INTE G RAZIO NE. La
genitalitá é parte della sessualitá, che é parte della persona. Leggere
il comportamento sessuale secondo un’ottica puramente genitale
significa tendere a disintegrare l’uomo.
La pulsione istintuale, che puó sembrare impeliente esi- genza,
puó avere un’altra risposta che non sia la soddisfa- zione immediata
del bisogno stesso. Se ci pensiamo bene, questa regola é valida per
ogni bisogno umano che non sia quello fisiologico: e l’esigenza
sessuale, abbiamo visto, non puó essere considerata una pura
necessitá fisiológica.
La SUBLIMAZIONE, come risposta da considerare un dinamismo
che nasce dall’ amore e a esso conduce6, ci aiuta a passare dal
bisogno al valore.
Perché, dunque, bisogna tendere a un superamento della
masturbazione? La risposta va inquadrata alia luce della
CENTRALITA DEL VALORE DELL’AMORE: per ogni persona, per ogni
vocazione. Dobbiamo allora chiederci: perché la masturbazione non
aiuta a realizzare 1’amore?
Ci sono almeno tre punti che aiutano a indirizzare la nostra rifles
sione:
- la masturbazione, abbiamo detto, é un’esperienza di profonda
solitudine, intesa quale reale ISOLAMENTO. Non pone la persona in
relazione e dunque la chiude all’amore;
- la masturbazione riconosce e genera l’incapacitá di fare dono
di sé perché la persona, divenendo OGGETTO per se stessa, non si
educa a riscoprire la propria preziositá;
- la masturbazione riconosce cause che possono essere anche
profondi PROBLEMI della persona. Affrontare tale problemática
nell’ottica di compréndeme le cause é, perianto, un segno di grande
amore verso l’individuo.

6
Cfr. Unitá B,
Sublimazione.
159
Approccio educativo e pastorale

Sulla scia di queste valutazioni, comprendiamo come sia


essenziale proporre un CAMMINO EDUCATIVO per aprire la strada
della persona al superamento di un problema che poi le consenta di
vivere il superamento di sé, dunque il dono di sé. Vogliamo, in
quest’ottica, individuare alcuni spunti educativi che ci possono
aprire una prospettiva di lavoro e di speranza.

1. L’educazione al bello
E una dimensione importante giá dall’etá infantile e ado-
lescenziale. É una modalitá di ricercare la bellezza nelle cose e di
proporla attraverso immagini, suoni, parole. É il tentativo di
presentare la BELLEZZA DELLA PERSONA, la sua armonía che leí stessa
sperimenta con maggiore facilitá se é aiu- tata dall’ambiente in cui
vive.
Anche 1’esperienza comunitaria del seminario puo essere una
scuola utile in tal senso. Ciascuno di noi, sviluppando l’attenzione e
la propria creativitá, puo contribuiré a far vivere in questo ambiente
la bellezza, che é da ricercare nel- rarmonia della persona; essa
quindi necessita anche di una cura di noi stessi, del nostro corpo,
che incami e testimoni 1’amore che ci sforziamo di portare alia
persona. Prima di tutto alia nostra.

2. L’educazione al vero
É in realtá la stessa cosa: il bello e il vero, infatti, si so-
vrappongono. E l’educazione all’AMORE PER LA VERITÁ. Anche qui,
non bisogna limitarsi a valutazioni di carattere teo- rico, ma alia
veritá di noi stessi. É veritá che impariamo dalla lettura della nostra
stessa persona, dall’insegnamento della Chiesa, dal rapporto con gli
altri, cercando di relazio- narci con una persona a motivo della sua
preziositá. Io scopro in me stesso e nell’altro la veritá di persona,
figlio di Dio.
Anche il seminario é luogo in cui impariamo questa veritá: non
solo per i nostri studi, ma anche grazie al rapporto con i compagni.
Quante volte, infatti, sono proprio le espe- rienze degli altri a
svelarci un mistero che riconosciamo essere nel cuore stesso di Dio!

3. L’ediicazione al servizio
La crescita nell’amore esige gesti concreti: e 1’amore al servizio
é una
160via pratica per superare l’egoismo, un aspet- to non marginale
nel problema della masturbazione. II servizio ci pone in un’ottica di
CRESCITA NELL’AMORE. E strada reale al superamento di molti
problemi, in quanto aiuta il superamento di sé, ed é una dimensione
essenziale per l’e- ducazione al presbiterato, a un’esistenza
sacerdotale spesa nella gratuitá e nell’attenzione agli ultimi.
Su questo punto é essenziale una verifica. Siamo invitati a
chiederci non solo se serviamo, ma a interrogará su quale sia la
qualitá del nostro servizio, particolarmente aH’interno della
comunitá del seminario: se ci si limita a rispondere, magari
malvolentieri, a un servizio ordinato dai superiori o se ci sia una
disponibilitá a un servizio spontaneo, generoso, gioioso. Non si puo
fare un discernimento completo della vocazione sacerdotale
prescindendo dalla crescita e dall’amore per il servizio.

4. L’educazione della volontá


II potere che ha la volontá umana va, ancora una volta,
sottolineato: é un pilastra dell’educazione, dell’evangeliz-

zazione, della catechesi. Oggi i giovani sono chiamati a ri-


scoprirsi capaci di VOLERE, non solo di DESIDERARE. Perché
non cerchiamo di leggere anche noi, nella volontá umana, un
riflesso fragile ma reale della volontá di Dio?

5. Uno sguardo difede


II superamento del problema della masturbazione esige
una crescita personale, ma non é estraneo alia stessa matu-
razione nella fede. Quale altra dimensione potrebbe daré alia
persona quell’ armonía di cui ella necessita per integrare
ogni dimensione della propria sessualitá alia luce del pro-
getto di Dio?
Quanto é importante saper tracciare anche ad adolescenti o
giovani, che vivano questo problema un cammino fatto di
semplice ma paziente e convinta ricerca della volontá di Dio
e di obbedienza a essa! Un itinerario nel quale valoriz- zare
la GRAZIA sacraméntale della riconciliazione e dell’eucaristía;
il sostegno sereno e convinto di una GUIDA SPIRITUALE', la
grande forza della PREGHIERA, fatta di richiesta fi- duciosa
d’aiuto e di contemplazione stupita del progetto di Dio sul
161
corpo, sulla persona, sull’amore.
La fede non é richiesta soltanto a chi vive la masturba-
zione, ma anche a chi deve essere di aiuto nel superamento
del problema. Una fede convinta che il Signore Gesü cam-
mina con ogni creatura che impara 1’amore e ad amare se
stessa come fatta dall’Amore: se non c’é tale fede, la ma-
sturbazione - come del resto ogni altro disordine del com-
portamento sessuale - non puó essere affrontata a un livello
pastorale.
Omosessualitá

Inquadramento e definizione

Sul processo di sviluppo della sessualitá umana puo in- staurarsi


qualche elemento di disturbo, provocando un disori- entamento che
puo essere alia base di comportamenti alterati. Sólitamente, i
disturbi del comportamento sessuale vengo- no schematizzati in tre
gruppi:
1. le DEVIAZIONI, nelle quali tutto l’oggetto dell’amore e del-
l’attenzione della persona é «spostato rispetto alia norma»;
2. le PERVERSIONI, nelle quali la persona si concentra su un oggetto
parziale che diventa fonte di attrazione sessuale: ne é un esempio
il feticismo;
3. le DISFUNZIONI, disturbi legati alio svolgimento dell’atto sessuale,
a partiré dalla fase del desiderio fino al completo svolgimento
dell’atto stesso.
V OMOSESSUALITÁ, come tale, appartiene al gruppo delle
DEVIAZIONI, in quanto l’interesse della persona é completamente
rivolto verso una persona dello stesso sesso.
La valutazione del carattere patologico della problemática
omosessuale é diversamente presa in considerazione dal-
1’esperienza di vari psicologi. Zuanazzi, ad esempio, pur non
considerando 1’omosessualitá una malattia in senso stretto, la
ritiene comunque una «variante anómala dell’o- rientamento
sessuale» e aggiunge un’interessante riflessione: «la constatazione
che l’esclusione del fine riproduttivo e il perseguimento del piacere
come fine a sé stante siano largamente condivisi da molti
comportamenti
162 eterosessuali,
non toglie validitá all’affermazione fatta, ma porta semmai ad
annoverare tra le “anomalie” anche questi comporta- menti» 131.
Secondo Gerard Van den Aardweg, l’omosessualitá é piuttosto
da considerarsi come una forma di nevrosi di una personalitá quasi
incentrata su se stessa: essa si estrinseca in una sorta di
«autocommiserazione» e si accompagna, in parte, a una certa paura
del sesso opposto132.
L’omosessualitá puo essere definita come «una particolare
condizione che caratterizza un dato soggetto, imprimen- dogli un
definito e persistente orientamento sessuale verso una persona dello
stesso sesso e, quindi, una forte attrazione e inclinazione verso la
stessa. A questo orientamento e attrazione puo seguire - e, in
generale, segue - un compor- tamento correlativo fino alie piü
intense e intime espressioni. Tuttavia, la gamma su cui si esprime
questo fenomeno é cosi notevolmente estesa, e lo spettro della
qualitá, intensitá e durata, tanto degli orientamenti quanto dei
comportamen- ti, é tanto vasto che ne rende difficile sia una
classificazio- ne comprensiva sia - soprattutto - un’analisi
approfondita a causa della pratica impossibilitá di avere campioni
omoge- nei»133.
L’omosessualitá va distinta da due fenomeni vicini ma distinti: il
TRAVESTITISMO, che appare piü come una forma di feticismo, e il
TRANSESSUALISMO, in cui é netta la convinzione di appartenere al
sesso opposto e che spesso si accompagna al desiderio di «cambiare
sesso»134.
Una prima difficoltá nello studio dell’omosessualitá si trova
proprio nel voler identificare le cause di tale problemática: l’assenza
di dati soddisfacenti e, d’altra parte, di un rapporto causa-effetto, ci
induce a parlare, piü che di cause, di FATTORI FAVORENTI, che
possono perianto rivelarsi utili ma non esaustivi nella comprensione
della genesi dell’omoses-
sualitá.

Fattori psicologici

Uno degli elementi piü significativi, che per lungo tempo é stato

131 G. Zuanazzi, La condizione omosessuale. Atteggiamenti strutturali e consi- derazioni


conclusive, in Antropología cristiana e omosessualitá, Quaderni de l'Osservatore Romano, Cittá
del Vaticano 1997, n. 38 pp. 64-65.
132 G. Van den Aardweg, Omosessualitá e speranza: terapia e guarigione nell’e-
sperienza di unopsicologo, Ares, Milano 1995, pp. 55-63.
133 A. Serra, Sessualitá: natura e cultura, op, cit., pp. 53-54.
134 G. Zuanazzi, La condizione omosessuale. Definizione e fattori causali, in Antropología
cristiana e omosessualitá, op. cit., p. 50. 163
considérate il principale fattore nella genesi dell’o- mosessualitá, é
un disturbo individuabile nella FASE EDIPICA dello sviluppo psichico
della persona. La non risoluzione del CONFLITTO IDENTITÁ-
CONFUSIONE non permette al bambino o alia bambina
un’identificazione con il genitore del proprio sesso. Tale processo,
facilitato da un figura paterna assente
o debole nonché da una madre troppo autoritaria, provoca la
REGRESSIONE alia fase del cosiddetto «narcisismo primario», cioé a
una sorta di esasperato «amore verso se stes- si» 135. L’attrazione
omosessuale che ne deriva viene quindi a rappresentare
Tinnamoramento identificativo della persona che, in realtá, cerca se
stessa nell’altro uguale a sé.
Anche se le teorie freudiane sono State, e sono tuttora, sottoposte
a continué critiche, é tuttavia difficile negare l’influenza di FATTORI
FAMILIARI nella genesi dell’omosessua- litá: un’influenza intesa non
solo come personalitá dei sin- goli genitori, ma anche come tipo di
relazione che li lega tra loro. É infatti importante il modo in cui un
genitore fa percepire l’altro al figlio, ne compensa l’influenza o
anche la stessa assenza. Al di lá di tutto, é comunque usuale trovare
un certo disturbo o una sofferenza nella relazione con il genitore del
proprio sesso in persone che vivano la problemática omosessuale136.
L’importanza della pubertá

La regressione alio stato narcisistico, che innesca la problemática


di tipo omosessuale, non ne é tuttavia la causa única: puo essere
considerata una PREMESSA, sia puré indispensable, la quale pero
necessita di alcune CONFERME che arrivano nel periodo
adolescenziale137. Al momento della pubertá, infatti, la
consapevolezza DELV IDENTITÁ DI GENERE si ma- nifesta anche
attraverso l’attrazione verso il sesso opposto.
La pubertá é il tempo in cui si deve verificare quasi un NUOVO
APPRENDIMENTO del linguaggio, splendido e complesso, della
sessualitá umana: se é presente qualche fattore di disturbo, é dunque
comprensibile che si manifesti proprio in questo periodo.
E molto importante ricordare che in fase adolescenziale puo
ritenersi fisiológica una TRANSITORIA attrattiva di tipo omosessuale,
la cui insorgenza puo inquadrarsi nell’ ámbito di un passeggero
INNAMORAMENTO IDENTIFICATIVO, che favori- sce la ricerca
dell’identitá sessuale e, in genere, non si ac- compagna a un
135 G. Cesan, M. L. Di Pietro, L’educazione della sessualitá, La Scuola, Bre- scia 1996, p.
48.
136■ 12 Cfr. G. Zuanazzi, La condizione omosessuale. Definizione e fattori causali, op. cit., p.
53.
164 Cfr. G. Cesari, M. L. Di Pietro, L’educazione della sessualitá, op. cit., p. 49.
137
comportamento consequenziale. Per scopri- re «chi sono» posso,
entro certi limiti, vivere l’attrazione per chi é UGUALE a me. II
problema si innesca quando 1’attrattiva omosessuale diventa
permanente.
E interessante chiedersi se, nell’etá adolescenziale, qualche causa
non precedentemente identificata possa determinare l’insorgere
dell’omosessualitá. Anche riguardo a questa ipotesi potremmo
registrare pareri discordanti da parte di diversi psicologi.
Certamente, pero, sappiamo che alcune circostanze particolari
possono giocare un ruolo determinante.
Pensiamo, ad esempio, alia reazione che gli adolescenti possono
sviluppare qualora subiscano una violenza sessuale o una sorta di
«iniziazione» da parte di adulti dello stesso sesso 138. D’altra parte,
alcuni giovani che vivano la fase di

138 Cfr. G. Zuanazzi, La condizione omosessuale. Definizione efattori causali, op. cit., p.
54. 165
confusione di identitá - che sarebbe destinata a evolvere
positivamente - se «etichettati» come OMOSESSUALI, possono
venire quasi spinti sulla via dell’omosessualitá 15.
La scoperta o il sospetto della propria DIVERSITÁ avviene in
genere, nel ragazzo, in varié fasi.
C’é, all’inizio, una presa di coscienza: la scoperta della
propria corporeitá e l’attrattiva verso il medesimo sesso so-
no, in genere, fattori scatenanti 1’ansia. II persistere di tale
situazione porta a una depressione, che puo mantenersi tale
1 sfociare nella ricerca di soggetti con la medesima tenden-
za: é la dimensione del GRUPPO che, peraltro, riflette inizial-
mente una tendenza di aggregazione típica dell’adolescente.
II problema emerge qualora il gruppo stesso si proponga
come luogo nel quale vivere alcune esperienze, quali ad
esempio la masturbazione, che, pur non legate a una situa-
zione omosessuale, possono tuttavia avere una ripercussio-
ne significativa sul ragazzo che si trovi a vivere tale condi-
zione. II gruppo diventa cosi una sorta di PROTEZIONE, fino
ad assumere una vera e propria forma di autodifesa con una
certa connotazione ideológica. Si puo, in questo senso, af-
fermare che il gruppo favorisce l’inclinazione, permettendo
al ragazzo di passare dalla conferma della sua TENDENZA
OMOSESSUALE alia possibilitá di manifestarla.
II pericolo del gruppo si accentua a motivo di quella sfu-
matura di aggressivitá, reattiva a uno stato di emarginazio-
ne reale o presunta, che caratterizza a volte la personalitá
omosessuale, rivelando un evidente stato di disagio esaspe-
rato a motivo della delusione che accompagna le fantasie e
2 sogni della persona, spesso successivo alia sua frustrazio-
ne per una prima esperienza sessuale molto deludente. II
disagio non é dunque principalmente dovuto all’emargina-
zione: puo essere una sensazione interiore e la persona ha
bisogno di acquisire tale consapevolezza.
L’esperienza della solitudine e della tristezza ha radici piü
profonde: attraverso 1’amore «per il proprio simile» viene a
mancare
15
lap.realizzazione
Cfr. ibid., 51. di quella completezza cui, per sua
stessa natura, é orientata la sessualitá della persona umana 139.
166
139 Cfr. G. Zuanazzi, La condizione omosessuale. Atteggiamenti strutturali e
considerazioni conclusive, op. cit., p. 62.
Un’origine biologica?

L’importanza della dimensione biologica della sessualitá é


ormai un dato per noi acquisito: ma il problema dei fattori
biologici legati all’omosessualitá crea una difficoltá relativa
ai pochi dati disponibili. Alcuni studi recenti, condotti su
gemelli, fratelli e parenti, nonché indagini genetiche su de-
termínate caratteristiche dei cromosomi 140, sembrano fomire
interessanti spunti sull’importanza del fattore biologico, an-
che se l’interazione con altri meccanismi non puo essere
ugualmente negata nella genesi dell’omosessualitá.
A tal proposito, un elemento che ulteriormente conferma il
peso del fattore biologico é costituito dall’importanza degli
ormoni nel processo di sessualizzazione cerebrale e del-
l’acquisizione dell’identitá di genere. Pur essendo ancora
scarsi i dati a disposizione e, di conseguenza, risultando
dubbia la loro interpretazione, i disordini ormonali verifica-
tisi in fase pre e post adolescenziale possono giocare un
ruolo non indifferente ai fini del corretto processo di ses-
sualizzazione cerebrale, fondamentale ai fini dell’acquisi-
zione dell’identitá di genere 141.

II fattore culturale

Ai nostri giorni, tuttavia, un esame della problemática


omosessuale non puo non porre attenzione aU’importanza
del fattore culturale. É vero, infatti, che il problema é sem-
pre esistito ma d’altra parte é ugualmente vero che oggi,
dopo la rivoluzione sessuale e la liberalizzazione del sesso, si
aggiungono altri elementi che possono influiré notevol-
mente anche sulla DIFFUSIONE della problemática
omosessuale e sulle modalitá con cui la si affronta.
Prima di tutto, occorre prendere in esame 1’atteggiamento
socialmente rivendicativo della «cultura GAY»142.
Vere e proprie aggregazioni proclamano il cosiddetto or-

140 Cfr. A. Serra, Sessualitá: natura e cultura, op. cit., pp. 58-59.
141 Cfr. ibid., p. 60.
142 D. Tettamanzi, L’omosessualitá nel contesto dell’antropología cristiana, in
Antropología cristiana e omosessualitá, op. cit., p. 16. 167
goglio omosessuale e, pariendo da una giustificazione del-
l’omosessualitá, si prefiggono di intervenire a livello socia-
le, politico e legislativo affinché lé unioni omosessuali sia-
no garantite da diritti analoghi alio stato coniugale. La stessa
cultura GAY é perd indubbiamente favorita da alcune si-
tuazioni che sono ormai divenute connaturali: la LEGGE SUL
DIVORZIO, che mina alia base la stabilitá e dunque la stessa
ragion d’essere del vincolo coniugale; la LEGGE
SULL’ABORTO, che ufficializza la rottura del legame tra la
sessualitá e la vita; la stessa CULTURA CONTRACCETTIVA, che
si pone a ostacolo tra la complementaritá e la feconditá del
dono reciproco tra le persone, proponendo una visione
sterilizzata del rapporto sessuale e dell’amore in genere.
Come ribadisce con forza 1’EVANGELIUM VITAE, per co-
struire una vera cultura della vita umana bisogna andaré alie
radici della vita stessa, cioé riscoprire il legame tra amo- re,
vita e sessualitá143.

Omosessualitá: struttura e comportamenti

Prima di procedere nella nostra riflessione, dobbiamo fare


una precisazione fondamentale. É importante distinguere la
STRUTTURA omosessuale e i COMPORTAMENTI di tipo omoses-
suale.
La struttura indica 1’omosessualitá reale della persona, che
si puo poi estrinsecare o meno in comportamenti orao-
sessuali; questi, d’ altra parte, non sempre ricoñoscono una
vera identitá omosessuale nella persona che li pratica. E
possibile, infatti, che comportamenti omosessuali - a motivo
dei fattori sopra elencati, soprattutto quello culturale - si
verifichino, ad esempio, in casi di opportunitá (pensiamo ad
alcuni ambienti del mondo dello spettacolo, dove questo
potrebbe essere un modo di far carriera); possano ricono-
scere una moda, dovuta anche a una stanchezza per la ses-
sualitá vissuta senza senso, in modo consumistico; siano i]
risultato di una reattivitá ad abusi subiti, non solo nella fase
dello sviluppo...
168
143 Cfr. Giovanni Paolo n, Lettera encíclica Evangelium vitae, 97.
L’insorgenza di comportamenti omosessuali puo avveni-
re anche in comunitá chiuse, i cui componenti vivano un
rapporto quasi esclusivo con persone del proprio sesso. Im-
portante, a tal fine, la valutazione di episodi che si verifica-
no nei collegi, nelle carceri.
E possibile che anche il seminario rappresenti un luogo in
cui tale problemática puo esplodere, se non come com-
portamento, quantomeno come possibile attrattiva o espe-
rienza di legami eccessivamente esclusivi o morbosi. Non é
mutile questa sottolineatura. Anche se 1’ ambiente del semi-
nario non vive piü la chiusura dei tempi passati, potrebbe
verificarsi che ci sia, da parte di qualcuno, la ricerca di un
particolare affetto, di un legame che potrebbe diventare pe-
ricoloso, forse anche a causa di quella solitudine che carat-
terizza questo tempo della vita di colui che si prepara a vi-
vere la particolare solitudine del sacerdozio.
Come sempre, se tale problemática si facesse strada, ri-
cordiamo che a nulla serve eluderla, celarla, rimuoverla. Puo
essere semplicemente, come abbiamo detto, il segno di quel
disorientamento affettivo che richiede di essere inseri- to
nella maturazione umana e spirituale. Puo essere, d’altra
parte, un Índice di qualche disagio piü profondo, che richiede
di essere valutato con fiducia, speranza, abbandono, per non
comprometiere il futuro di una vocazione e la felicita della
persona. In ogni caso, solo 1’apertura potrá consentiré al
vero problema di emergere e di essere affrontato, spesso
permettendo di sdrammatizzare ció che poteva sembrare un
ostacolo insormontabile. Dobbiamo aiutarci a non aver
paura: solo affrontando con fiducia e speranza la veritá dei
nostri problemi sapremo infondere fiducia e speranza, nella
ricerca della veritá, alie persone che ci saranno affidate.

La dimensione spirituale

Abbiamo ricordato che la persona umana é anche essen- za


spirituale, realtá trascendente; dunque anche la sessualitá.
Non si puo parlare adeguatamente della problemática
omosessuale senza tener conto di tale essenza spirituale della
169
persona.
Bisogna sempre partiré dalla convinzione che anche la
persona inserita nella dinamica omosessuale non ha mai
perso completamente la propria LIBERTÁ: questo la rende ca-
pace, se non di trasformare la propria struttura, certamente di
agiré sui propri comportamenti, per fare in modo che essi
diventino riflesso non tanto di ció che lei sente, quanto di ció
in cui ferinamente crede.
É certamente opportuno, in questi casi, individuare la
possibilitá di un supporto psicologico, che si proponga pero
di guidare il cammino verso la veritá e non di trovare vie
“altemative” sul piano morale.
É poi fondamentale, da ogni punto di vista (psicologico,
pedagógico, morale, canonico...), NON indicare mai un ma-
trimonio quale possibile soluzione a un comportamento
omosessuale.
D’altra parte é molto importante non incoraggiare asso-
lutamente comportamenti sessuali “liberi”, nella falsa spe-
ranza che possano fomire un “diversivo” alia persona: sa-
rebbe questo un tentativo inutile, oltre che una grave stru-
mentalizzazione, che non potrebbe daré altro risultato se non
quello di impoverire ulteriormente il significato della
sessualitá.
Uomo e donna: in questa misteriosa diversitá e unitá ri-
splende l’immagine di Dio e risiede la bellezza di quella
chiamata all’amore che interpella ogni creatura umana. II
cuore del problema pastorale dell’omosessualitá non sta nel
cercare nuove rególe comportamentali o, come spesso av-
viene, nel tentare di mitigare quelle giá esistenti. II centro
della questione é trovare la strada che realizza nella persona
il disegno di Dio sull’amore: solo in esso, e non in un com-
portamento apparentemente libero, la persona puó trovare la
sua vera felicita144.
Un’autentica pastorale della sessualitá e dell’amore deve
essere una pastorale di SPERANZA.

170
144 Cfr. Paolo VI, Lettera enciclica Humanae vitae, 31.
Cura pastorale della persona omosessuale

Un prezioso documento della Sacra Congregazione per la


Dottrina della Fede145 ci aiuta, proprio alia luce delle pre-
cedenti acquisizioni, ad affrontare il problema dell’omoses-
sualitá sul piano pastorale. Ne sottolineiamo alcuni passi
fondamentali, rileggendoli alia luce di quei valori che, per
noi, rappresentano alio stesso tempo uno strumento e un
obiettivo.

1. II valore della persona


La prima e importante attenzione é quella di non definire
mai la persona come «un omosessuale», cosi come non de-
finiamo nessuno come «un eterosessuale». Le tendenze o i
comportamenti non definiscono la persona, perché «ognuno
ha la sua identitá fondamentale: essere creatura e, per grazia,
figlio di Dio, erede della vita eterna» 146.
Se la persona é fondamentalmente creatura, é vero che ella
attinge la sua veritá fondamentale alia luce del mistero Jella
creazione147: c’é un profondo significato nell’essere u o m o e
donna, nella complementaritá e feconditá che, fin jal 1’inizio,
identifica l’essere umano e lo rende immagine \ ¡vente di
Dio.
La persona é CREATURA. La sacra Scrittura, in piü passi, ri-
pete una chiara condanna dell’omosessualitá. E san Paolo ci
aiuta a cogliere il senso profondo di tale condanna perché fa
scaturire il comportamento omosessuale148 dalla per- dita del
senso di Dio come creatore. La volontá di Dio, infatti, si
manifesta, e «le sue perfezioni invisibili possono essere
contémplate con l’intelletto nelle opere da lui compiu- ic,
come la sua eterna potenza e divinitá» 149. E ogni sovver-
ii mentó dell’ordine della natura creata puo in un certo sen-
150
s o essere interpretato come un peccato di IDOLATRÍA .

145 Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, La cura pastorale delle persone
omosessuali.
146 Ibid., 16.
147 Cfr. Ibid., 6.
148 Cfr. Rm 1,27.
149 Rm 1,20.
150 Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, La cura, pastorale delle persone
omosessuali, 6. 171
Tale affermazione é molto profonda, e dobbiamo porre
mía grande attenzione a non cadere in falsi e pericolosi mo-
ralismi. La condanna dell’omosessualitá non é una condanna
della persona che - lo sappiamo bene -, qualunque sia il suo
peccato, é sempre oggetto dell’amore di Dio: un amore
tenero e compassíonevole, salvifico e liberante. Un amore
che, con forza e dolcezza, con una perseveranza che é giun-
ta fino al dono della vita in Cristo, tende a restaurare in ogni
creatura quel progetto originario della creazione nel quale
dimora l’ereditá di gioia che é preparata per ciascuno di noi.
«Come accade per ogni altro disordine morale, l’attivitá
omosessuale impedisce la propria realizzazione e felicita
perché é contraria alia sapienza creatrice di Dio» 151. É per
questo che, senza qui inoltrarci in un discorso di colpevo-
lezza - la complessitá delle dinamiche psicobiologiche puo
cambiare notevolmente, fino quasi a renderla nulla, la valu-
tazione della colpevolezza della persona siamo consape- voli
di come sia profondamente ingiusto legittimare un
comportamento omosessuale della singóla persona che, giá
di per sé, si sa essere lesivo della sua dignitá.
E davvero profonda l’indicazione che il Documento ci
suggerisce per mantenere un atteggiamento di equilibrio
pastorale e di grande speranza: lo stesso che ci é richiesto in
una qualsiasi CONVERSIONE DAL MALE152.

2. II valore della croce


Nessuna persona é, infatti, completamente schiava del
peccato, qualunque esso sia. Questa é la nostra speranza, an-
che di fronte alia problemática omosessuale. La nostra spe-
ranza é il Dio creatore, che infonde nell’uomo una libertá
insperata e sorprendente; é lo Spirito Santo, che si incama in
ogni uomo come fonte e custode della sua capacita d’ amare;
é Gesü Cristo, morto e risorto per ricostruire la persona e la
sua vocazione a esprimere 1’amore in tutti i gesti della vita.
La persona che vive la problemática omosessuale e cerca
di seguire il suo Signore é perció chiamata, anzitutto, a ri-

151 Ibid., 1.
172
152 Cfr. ibid., 11.
conoscere il valore della croce 153 in un duplice senso: prima
di tutto, é chiamata a PORTARE tale croce, come il Signore
Gesü, nella condivisione di un'intima sofferenza, in un ab-
bandono a lui che é forse carico únicamente del suo amore.
Poi é invitata a SPERARE nel valore salvifico della croce di
Gesü, che trasforma dal di dentro le nostre debolezze fisi-
che, psichiche, mentali e spirituali, rendendoci sempre piü
simili a lui.
Ecco la vera speranza che noi possiamo daré alia persona
che vive il dramma dell’omosessualitá: la croce. Possiamo
essere testimoni di questa speranza se crediamo che ogni
croce non é una condanna, ma il principio della vita nuova;
possiamo esseme testimoni se siamo disposti a portare con la
persona questa croce, camminando insieme verso una si-
cura risurrezione.

3. II valore dell’amicizia
In questa luce, 1’amicizia acquista un profondo significato
pedagógico, pastorale, cristiano, perché é accoglienza della
persona, in una dinamica nella quale si ricerca únicamente il
suo bene e che sará tanto piü autentica quanto piü si cercherá
di superare il problema che la affligge.
L’utilitá dell’amicizia si evidenzia proprio per l’influsso
positivo di questa ACCOGLIENZA DI SÉ che la persona con pro-
blemática omosessuale sperimenta: un’accettazione di sé
che, peraltro, a volte é evidenziata come autentica carenza
proprio in queste situazioni. La vera amicizia aiuta inoltre la
persona a s viluppare 1 ’ OBLATIVITA, a dimenticare se stessa
e le proprie esigenze, a imparare a superarsi per donarsi al-
l’altro: é un grande aiuto per la crescita nell’amore.
Una considerazione particolare merita la valutazione del-
l’amicizia che lega la persona omosessuale al “partner”. Puó
essere di un certo aiuto potenziare questa realtá che, tra
l’altro, spesso induce in comportamenti omosessuali persone
semplicemente legate da un particolare affetto. Se dunque -
con la necessaria prudenza e con il dovuto sostegno - si cerca
di sviluppare soltanto il valore dell’amicizia, la ricerca del
vero bene dell’altro, la valorizzazione della sua bellezza,
153 Cfr. ibid., 12. 173
dignitá e veritá, si puó intravedere una possibilitá di
cammino che liberi le persone coinvolte dal comportamento
omosessuale attraverso la crescita di un vero e disin-
teressato amore reciproco. Certo, tale evenienza é piuttosto
difficile da proporre e richiede che le persone siano disposte
ad affrontare con determinazione un impegno di crescita,
forse lungo e difficile: pero le aiuterá senz’altro a matu- rare
nella veritá del dono di sé, nella coscienza della propria
chiamata alia sponsalitá e a liberarsi da comportamenti che
potevano semplicemente tradurre emotivitá, abitudine,
debolezza o ricerca di affetto.
4. 11 valore della castitá
Nel pensare alia cura pastorale del problema dell’omo-
sessualitá, é importante riscoprire 1’autentico valore della
castitá che, d’altra parte, OGNI CRISTIANO é chiamato a realiz-
zare31. La castitá, che anche la persona con tendenza omo-
sessuale é chiamata a vivere, non si puo interpretare ridutti-
vamente come assenza di attivitá genitale 32.
Come per ogni cristiano, la castitá é infatti un DONO, una
VOCAZIONE, alia quale la persona risponde solo se scopre
l’urgenza di proteggere il progetto originario del Creatore
sulla sessualitá e 1’amore.
Si tratta di un valore che deve essere testimoniato da tutti:
nel matrimonio, nel fidanzamento, nel sacerdozio, nella
vergi- nitá consacrata. La testimonianza rende VISIBILMENTE
POSSIBILE la realizzazione della castitá nei diversi stati di vita
e costitui- sce un prezioso aiuto per la persona che vive
1’omosessualitá.
Su questo valore si fonda la chiamata personale di Dio
amore: e la castitá, lo vedremo, é anche una virtü. II compor-
tamento casto, nella sua essenza piü intima, non si riduce a
un «no» ad alcuni gesti, ma esprime un «si» totale
all’Amore.
Oltre a tutte le iniziative di carattere pastorale, 1’aiuto
forse essenziale che il nostro sacerdozio pud daré alie situa-
zioni omosessuali é proprio la testimonianza di una castitá
vissuta quale scelta positiva d’ amore. Ció che in un presbí-
tero pud essere realizzato per grazia sacraméntale, in ogni
persona puo essere operato dalla grazia di Dio. Egli, nella
174
sua pedagogía d’amore, si puo servire anche di noi quali
strumenti che sanno dimostrare come la castitá non sia un
ripiego ma rappresenti una vera forza, una gioia autentica,
una beatitudine: la felicita della veritá.

5. II valore della catechesi


Comprendiamo 1'enorme aiuto che pud venire da una ca-
31
Cfr. ibid.
32
Cfr. Unitá L.
techesi precoce sull’amore umano, la sessualitá, la coniuga-
litá come presupposto irrinunciabile per capire a fondo il
valore della castitá, qualunque sia la vocazione della persona.
Anche chi sta vivendo la problemática omosessuale puo
dunque trarre luce da questo insegnamento 154.
II male intrínseco del comportamento omosessuale NON si
puo capire a fondo se non si comprende che ció che non si
realizza nell’unione omosessuale (la totalitá e veritá del dono
di sé, l’apertura alia vita) non si realizza neppure nelle altre
unioni sessuali non coniugali.
É importante che 1’esperienza della catechesi sia vissuta
all’interno della COMUNITÁ: la partecipazione alia vita eccle-
siale favorisce la crescita della persona e ne sviluppa quei
talenti che la definiscono nella sua unicitá, valorizzandola
nella peculiaritá del suo servizio, ridimensionandone spesso
altre problematiche.

6.11 cammino difede


La vera cura umana e pastorale della persona omosessuale
riflette dunque la necessitá di un cammino: la piü grande
caritá é quella di metterla in condizioni di compiere tale
percorso, spesso lungo e difficile, che non mostra risultati
immediati ed esige perseveranza.
É interessante 1’esperienza clinica dello psicologo Ge-
rard Van den Aardweg, che ha individúalo nella «conver-
sione religiosa» una possibile fonte di cambiamento per la

154 Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, La cura pastorale delle persone
omosessuali, 17. 175
persona che viva il problema omosessuale: l’esperienza di
fede «sembra scatenare le “risorse interne”: forza di volontá,
introspezione ed emozioni positive; esse fanno si che la
persona lotti realmente e le fomiscono la necessaria spinta
motivazionale per continuare»155.
É indispensabile che la persona, in questo cammino, sia
aiutata dalla guida spirituale, dalla preghiera, dalla grazia
sacraméntale. II Signore penetra nel cuore e lo cambia, ri-
velando il suo progetto e la sua volontá: mostra la veritá, anzi
si mostra come veritá che libera156. E lo fa con quell’a- more
che é, alia fine, piü forte di ogni déficit psicologico, di ogni
comportamento inconsapevole, di ogni peccato!
Siano, questa veritá e questo amore, 1’anima della nostra
preghiera e della paterna cura che, come «pastori secondo il
cuore di Dio»157, potremo donare a «persone le cui sofferen-
ze possono solo essere aggravate da dottrine errate e alle-
viate invece dalla parola di veritá» 158.
Per la riflessione e la preghiera

AU’une domande dei seminaristi

P. Ció che mi chiedo — e ció che chiederei a Dio se lo


(/ivssi di fronte - é: come mai, nell’ottica della creazione, un
fenomeno cosi importante, come é quello della maturazione
sessuale, avviene in una fase della vita cosi fragüe e delicata
come l ’adolescenza ? In questo periodo ci si stacca dai
propri genitori, dalle dipendenze e anche dalle sicurez- ze e
si é piü sensibili anche alie sollecitazioni esterne, am-

155 G. Van den Aardweg, Omosessualitá e speranza, op. cit., p. 150.


156 Cfr. Gv 8,32.
157 Cfr. Ger 3,15.
158 Congregazione per la Dottrina della Fede, La curo pastorale delle persone
176
omosessuali, 18.
bientali che, come abbiamo visto, hanno grande peso in
quella che sembra essere l’“esplosione” dell’energía ses-
suale. La sessualitá é un dono straordinario, immenso, im-
portantissimo: se vissuto male, puó pregiudicare il resto
della vita. Come mai un dono cosi grande é affidato a mani
cosi deboli ?
R. C’é sempre stata una discrepanza tra maturazione bio-
logica e maturitá umana. Questo divario, pero, é piü evidente
ai nostri giomi: i giovani d’oggi, a motivo di un’edu- cazione
deresponsabilizzante, sono bambini o adolescenti per un
periodo ben piü lungo di quello anagraficamente de- finito.
D’altra parte, la fragilitá tipica del periodo adole- scenziale é
motivata proprio dal delicatissimo sviluppo psi- cofisico
típico della maturazione sessuale.
Tuttavia c’é ancora un’altra riflessione che possiamo trarre
da questa bella domanda che, senza dubbio, ci obbli- ga ad
andaré nella profonditá della nostra meditazione.
La debolézza umana non é un ostacolo alio splendore
della gloria di Dio, alia potenza della creazione. Spesso di-
mentichiamo che anche l’uomo debole - e quale uomo non
lo é? - e ancora in via di maturazione é sempre una creatura
che vive dopo Cristo, un uomo redento. Certamente, ci
possiamo e ci dobbiamo porre il problema in chiave pasto-
rale: come spiegare la veritá sulla persona e sull’amore, a un
adolescente che vive concretamente il problema della
masturbazione? Possiamo interrogará dunque sulle meto-
dologie - e in parte ne abbiamo parlato - ma solo se sap-
piamo scorgere in questo interrogativo una conferma della
nostra fede che ci fa credere che ogni uomo, anche il ragaz-
zino, puo contare sulla forza della grazia per affrontare tut- te
le problematiche della vita. Anche per gestire il grosso carico
della maturazione sessuale e per affrontare l’even- tuale
problema della masturbazione.
Dobbiamo poi ricordare che il dono della sessualitá é, in
realtá, affidato a tutti, non solo all’adolescente: a ogni essere
umano, dal concepimento alia morte. Se ognuno di noi lo
vive nella pienezza del suo significato, anche l’adolescente
sará aiutato ad affrontare meglio quella forza apparentemen-
177
te indomabile che esplode in lui al momento della pubertá.
In questo senso ci aiuta la convinzione che la veritá é pa-
rola comprensibile ed esperienza attuabile da tutti. Come
faremmo a tentare di spiegare misteri íneffabili, come 1’eu-
caristía, a bambini ancora tanto piccoli? La veritá, anche
sulla sessualitá umana, é comprensibile alia persona perché é
DENTRO di lei.

D. Abbiamo visto che la masturbazione puo essere un


sintomo di una causa piü grave. Talvolta, pero, essa pud
essere vissuta all’unico scopo della ricerca di piacere: e ció
puo verificar si anche all’interno di un rapporto di cop- pia.
Che ruolo ha il piacere all’interno del rapporto sessuale?
Pensó sia importante capirlo meglio, visto che spesso gli si
da una valenza negativa. Potrebbe essere interpre- tato
come una gratificazione completa che la persona sente
qucindo compie qualcosa di bello, visto che il piacere físico,
all’interno del rapporto, é voluto da Dio?

R. Sappiamo come l’atto sessuale sia permesso, a livello


neurologico, da un cosiddetto arco riflesso, che provoca un
piacere sessuale a partiré da un’eccitazione nervosa.
II piacere físico - abbiamo detto - é parte integrante del-
l’atto sessuale: non ha una connotazione negativa, anzi, é
proprio espressione di pienezza. Ma l’esercizio della ses-
sualitá non mira esclusivamente al piacere: cerca quella
pienezza di gioia che scaturisce dal dono dell’amore.
Non é il verificar si del piacere a rendere sbagliato l’atto
della masturbazione: e la masturbazione che non da al pia-
cere la sua vera accezione.
Anche l’esperienza del piacere é, nell’atto sessuale, se-
gno e dono legato al dono della persona. La masturbazione
tronca tale dono, lo evita, non lo considera. E anche quando
l’atto masturbatorio avvenisse fra due coniugi, chiuderebbe
comunque alia totalitá del dono reciproco e alia potenzialitá
del dono della vita. Potremmo dire, in un certo senso, che
tale atto genera due solitudini, mirando non solo alia ricerca
del piacere per se stessi ma anche per l’altro. E come - in
qualche modo - pensare che all’altro basti il piacere e che
178
non attenda il dono della persona.
II piacere deve avere un’accezione positiva, ma non rea-
lizza e non esprime pienamente la persona.
Per i seminaristi é importante comprenderlo evitando su-
perficialitá e inutili demonizzazioni. E importante saper ca-
pire che la masturbazione non realizza la sponsalitá, né la
persona: i coniugi e, tantomeno, la nostra vocazione alia ca-
stitá del celibato sacerdotale.

D. Sembra che, nell’opinione pubblica e soprattutto nel-


Vambiente scientifico, ci sia una sorta di aspettativa ri-
guardo la conferma di una causa genetica dell’omosessua-
litá. Che risvolti culturalipotrebbe avere una tale scoperta?
R. Probabilmente questo tipo di impostazione va real-
mente inquadrata nell’ámbito culturale, nel senso che la
causa biologica sembrerebbe sottolineare maggiormente la
“non colpevolezza” della persona rispetto alia sua omoses-
sualitá.
Pero noi non abbiamo posto il problema in questi termi-
ni: non si tratta di stabilire se la persona sia o meno colpe-
vole del suo stato, ma che possa essere responsabile delle sue
azioni. Per questo, qualora ci sia un comportamento
omosessuale, é molto importante stabilirne la causa: po-
trebbe, come abbiamo visto, non trattarsi di una vera omo-
sessualitá.
Se venisse confermata una causa genetica, o comunque
biologica, questo potrebbe forse essere d’ aiuto proprio nel-
l’individuazione e nella cura dell’omosessualitá, ma non
basterebbe per non farla ritenere una realtá non nórmale.
II nostro compito non é sempre, lo sappiamo, quello di
riuscire a trovare le cause o le soluzioni di un problema, di
una sofferenza dell’uomo. Ma il nostro impegno puó e deve
essere sempre quello di aiutare la persona a vivere il suo
problema e la sua sofferenza, senza che questi ledano la sua
dignitá.
L’omosessualitá, ricordiamolo, non deve necessariamen-
te diventare comportamento omosessuale.

179
D. La gestione di un problema come quello dell’omoses-
sualitá puó causare grosse difficoltá a Una famiglia. Come
aiutare una famiglia cristiana ad accogliere e a sostenere
nella veritá un figlio che viva tale problemática?
R. E una domanda difficile e delicata, anche perché mol-
te possono essere le circostanze nelle quali una famiglia puó
venire a trovarsi. I genitori potrebbero, ad esempio, ri- cevere
dal figlio una conñdenza riguardo al suo stato; potrebbero
intuirlo e non póteme parlare; potrebbero, ancora, venirlo a
sapere da altri.
La complessitá del problema ci obbliga a riservare una
particolare cura a queste famiglie, la cui reazione dinanzi a
UNA situazione di omosessualitá potrebbe oscíllare da uno
spropositato senso di colpa a un’inutile condanna del figlio.
É importante aiutare la famiglia a mantenere o riscoprire la
propria vocazione di LUOGO DI ACCOGLIENZA e amore, posto
privilegiato nel quale l’individuo impara che il valore del
t,uo “essere persona” é superiore a qualunque limite e/o dif-
ficoltá. E importante che nessuno si senta giudicato o rifiu-
tato a motivo del proprio stato, soprattutto in famiglia.
La famiglia, pero, deve anche essere LUOGO DI VERITÁ: ac-
cogliere la persona non significa necessariamente condivi-
derne i comportamenti. La carita piü grande verso il figlio é
proprio quella di lottare contro le azioni che possono impe-
diré la sua realizzazione come persona.
Infine, é molto importante che la famiglia ritrovi la sua
vocazione a essere LUOGO DI PREVENZIONE. La castitá coniu-
gale é un grande dono, ma é anche una grossa responsabili-
tá educativa. Dobbiamo davvero aiutare gli sposi a com-
prendere quanto la loro identitá e il loro amore reciproco
siano preziosi affinché i figli apprendano correttamente il
valore dell’identitá sessuale e del vero amore (cfr. Unitá G).
Voi, fratelli, siete stati chiamati a libertá. Purché questa
libertá non divenga un pretesto per vivere secondo la
carne, ma mediante la carita siate a servizio gli uni degli
altri. Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo
precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso. Ma se vi
mordete e divorate a vi- cenda, guardate almeno di non
180
distruggervi del tutto gli uni gli altri!
Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non
sarete portati a soddisfare i desideri della carne; la carne ha
infatti de- síderi contrari alio Spirito e lo Spirito ha
desideri contrari alia carne; queste cose si oppongono a
vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste.
Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete piü
sotto la legge. Del resto le opere della carne sono ben note:
fomicazio- ne, impuritá, libertinaggio, idolatría,
stregonerie, inimicizie,

181
discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie,
ubria- chezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi
preavviso, come ho giá detto, che chi le compie non
erediterá il regno di Dio. II frutto dello Spirito invece é
amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontá, fedeltá,
mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’é legge.
Ora quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne
con le sue passioni e i suoi desideri. Se pertanto viviamo
dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito (Gal
5,13-25).

Che cosa deve fare dunque una persona omosessuale che


cerca di seguire il Signore? Sostanzialmente, queste persone
sono chiamate a realizzare la volontá di Dio nella loro vita,
unendo ogni sofferenza e difficoltá che possano speri-
mentare a motivo della loro condizione, al sacrificio della
croce del Signore. Per il credente, la croce é un sacrificio
fruttuoso, poiché da quella morte provengono la vita e la
redenzione. Anche se ogni invito a portare la croce o a in-
tendere in tal modo la sofferenza del cristiano sará prevedi-
bilmente deriso da qualcuno, si dovrebbe ricordare che que-
sta é la via della salvezza per tutti coloro che sono seguaci di
Cristo.
In realtá questo non é altro che l’insegnamento rivolto
dalPapostolo Paolo ai Galati, quando egli dice che lo Spirito
produce nella vita del fedele «amore, gioia, pace, pazienza,
benevolenza, bontá, fedeltá, mitezza e dominio di sé», e piü
oltre: «Non potete appartenere a Cristo senza crocifig- gere
la carne con i suoi desideri» (Gal 5,22.24).
Tuttavia fácilmente questo invito viene male interpretato,
se é considerato solo come un inutile sforzo di autorinnega-
mento. La croce é si un rinnegamento di sé, ma nell’abban-
dono alia volontá di quel Dio che dalla morte trae fuori la
vita e abilita coloro che pongono in lui la loro fiducia a pra-
ticare la virtü invece del vizio.
Si celebra veramente il mistero pasquale solo se si lascia
che esso permei il tessuto della vita quotidiana. Rifiutare il
sacrificio della propria volontá nell’obbedienza alia volontá
del Signore é di fatto porre ostacolo alia salvezza. Proprio
come la croce é il centro della manifestazione dell’amore
182
ivdentivo di Dio per noi in Gesü, cosi la conformitá del-
rautorinnegamento di uomini e donne omosessuali con il
sacrificio del Signore costituirá per loro una fonte di auto-
donazione che li salverá da una forma di vita che minaccia
continuamente di distruggerli.
Le persone omosessuali sono chiamate come gli altri cri-
stiani a vivere la castitá. Se si dedicano con assiduitá a
comprendere la natura della chiamata personaje di Dio nei
loro confronti, esse saranno in grado di celebrare piü fedel-
mente il sacramento della penítenza, e di ricevere la grazia
del Signore, in esso cosi generosamente offerta, per potersi
convertiré piü pienamente alia sua sequela (Congregazione
per la Dottrina della Fede, LA CURA PASTORALE DELLE
PERSONE OMOSESSUALI, 12).

Tutto quello che appare come SEGNO di maturitá e di cre-


scita o come SEGNO di immaturitá o di patologia rimanda
sempre ad altro: a quell’insieme complesso di motivazioni
che stanno all’origine dell’operare della persona nella sua
misteriosa interezza. I singoli SEGNI, in se stessi, attendono di
essere decifrati. Un buon discemimento non puó fermar- si a
essi, isolandoli dal contesto della personalitá. Ognuno di essi
puó essere meglio compreso se si cerca di collocarlo nel
quadro psicologico piü dinámico, nel quale risiedono le vere
motivazioni delle scelte e dell’agiré umano: motivazioni che,
spesso, non sono note al soggetto stesso nelle loro radici
profonde.
La medesima lógica vale anche per i segni o sintomi di
tipo sessuale, che possono riflettere motivazioni o bisogni
del soggetto molto diversi tra loro (Commissione episcopa-
le per il clero della CEI, LINEE COMUNI PER LA VITA DEI
NOSTRI SEMINARI, 12).

UNITÁ F DaU’“io” al “noi”

183
Introduzione

La nostra riflessione vuole adesso approfondire ulterior-


mente la dimensione RELAZIONALE della sessualitá, conside-
rando come quella vocazione ad amare di cui abbiamo tanto
parlato - e che la persona umana porta, in certo senso, scritta
dentro di sé - si traduce direttamente e concretamente nel
rapporto con l’altro.
Questo approfondimento non é certo cammino sprecato
per un seminarista che si sta preparando a essere immagine
viva e vera di quell’amore che ha abitato il cuore di Cristo.
La parola «amore» - sostiene Karol Wojtyla nel suo libro
AMORE E RESPONSABILITÁ - é piuttosto «ambigua» in quanto
assume, almeno in riferimento alia nostra cultura, significa-
ti di tipo biologico, psico-emotivo o ancora «cosmico», in
senso vagamente naturale159.
Tuttavia l’amore é un rapporto tra persone: l’analisi della
parola AMORE va dunque affrontata in chiave decisamente
PERSONALISTA. D’altra parte, pero, la riflessione sull’amore ci
é indispensabile per comprendere meglio la persona nella sua
interioritá.
«Spirito incamato»160, complessa e única integrazione di
realtá biologica, psicológica e spirituale, la persona é dotata
di una vita interiore única fra tutti gli esseri viventi. La vita
interiore é il luogo in cui germoglia la libera scelta, in cui si
esercita la volontá della persona. É la dimora del dialogo con
Dio e del vero e profondo colloquio con l’altro: potremmo
forse dire che rinterioritá comunica in maniera
paradossalmente efficace la veritá di noi stessi, perché su-
pera l’apparenza e giunge al mistero del cuore.
L’amore é qualcosa che esiste NELLE persone ma, d’altra
parte, esiste TRA le persone161. Per indicare la condizione di
due persone che si amano, la lingua italiana usa anche una
felice espressione: SI VOGLIONO BENE. Tale modo di dire puo
aiutarci a porre anzitutto attenzione al fatto che 1’amore
159 K. Wojtyla, Amore e responsabilitá, op. cit., p. 63.
160 Congregazione per l’Educazione Cattolica, Orientamenti educativi sull’amore
umano, 21.
161 Cfr. K. Wojtyla, Amore e responsabilitá, op. cit., p. 28.
possiede in sé sia la VOLONTÁ (dimensione soggettiva) sia il
BENE (dimensione oggettiva). La volontá della persona che
ama ci appare qui quasi impegnata a cercare e a realizzare il
vero bene dell’altro; a cercare e a trovare, nell’altro e con
l’altro, il vero Bene. L’amore, non c’é dubbio, richiede un
superamento deü’egoismo.
E per uscire da un egoismo tanto subdolo quanto difficile
da individuare, proprio perché spesso velato da un’emotiva
ricerca del bene, é necessario che 1’amore cresca, per poter
«riconoscere, al di fuori del bene puramente soggettivo, cioé
al di fuori del piacere, il bene oggettivo, che é anch’esso in
grado di uniré le persone, assumendo allora il caratte- re di
bene comune»162.
L’amore é dunque realtá dinamica, destinata a crescere e a
far crescere la persona, a condurla verso la relazione. In tal
senso, particolarmente preziosa per l’essere umano é l’e-
sperienza dell’AMICIZIA, dono che va particolarmente ap-
prezzato e coltivato nell’ámbito della formazione sacerdo-
tale.
«Amici»: cosi Gesü definisce «i suoi» 163, coloro ai quali
ha affidato l’incredibile missione di «essere lui» fra la gente.
Diventare prete significa anche mettersi alia scuola del-
1’amicizia e crescere in essa.

162 Ibidem.
163 Cfr. Gv 15,15.
Obiettivi

La presente Unitá mira ad approfondire la dimensione


ivlazionale della persona umana. In tal senso, si propone di:
- focalizzare la comprensione del PASSAGGIO DALL’“IO”
AL -IWI”, che caratterizza la gratuitá e la libertá di ogni rap-
pmto interpersonale;
- analizzare le caratteristiche Á&W AMICIZIA e le sue
TAPPE maturative, che permettono alia persona di crescere
nell’a- inure verso i fratelli e verso Dio;
- applicare tali riflessioni alia MATURAZIONE DEL
SACERDOTE, chiamato a essere «uomo di comunione» 164, e
sottolineare 1’importanza, in tal senso, della peculiare
esperienza di FRA- TERNITÁ costituita dalla vita comunitaria
del seminario.
L’amore di amicizia

Dall’“io” al “noi”

L’amore non é una realtá semplicemente individúale, ma


possiede un’essenza interpersonale: esiste, cioé, NELLE per-
sone ma anche TRA loro. Per questo la crescita nell’amore é
segnata dal passaggio dall’“io” al “noi”. Per esserci il “noi”
non basta la somma di due “io”: c’é necessitá di una sorta di
reciprocitá, l’oggettivitá e la specificitá di un legame che dia
vita a una speciale comunione e a una certa COMUNITÁ.
Certamente - e questa sottolineatura é particolarmente
bella e delicata - il carattere del legame tra due persone e la
qualitá di questa reciprocitá d’amore, vengono a essere ali-
mentad, nutriti anche da ció che entrambe vi infondono.
Potremmo dire che l’unicitá dell’amore rispecchia l’unicitá
delle persone che lo vivono e che porta, in parte, il loro no-
164 Giovanni Paolo II, Esortazione apostólica Pastores dabo vobis, 43.

193
me.
I due “io” trasmettono se stessi al nuovo “noi”, da loro
generato; non solo la forza origínale di un sentimento, ma la
grandezza di una vera libertá che vive lo sforzo di uscire da
sé, dai limiti che il sentimento impone.
Questa analisi ci pone dinanzi la necessitá di una seria
verifica vocazionale, soprattutto nel caso del discemimento
della chiamata al matrimonio, dov’é importante «verificare
quel che c’é IN ciascuna della persone co-creatrici dell’a-
more e, di conseguenza, anche quello che C’É TRA loro»7.
L’amore umano possiede questa grandezza ineffabile:
nasce nel cuore della persona ma non rimane in esso; si nutre
di ció che la persona sente e vive ma non é completamente
definito e misurato da tale esperienza. L’amore pre cede,
suscita, accompagna e supera ogni sentimento ricon- ducendo
verso la veritá ogni esuberanza sentimentale e ogni tristezza
che il sentimento perduto provoca.
La persona che ama comprende, come non mai, di essere
protagonista di ció che vive ma, quasi paradossalmente, di
non esseme artefice. Tanto piü l’uomo sa essere protagonista
quanto piü sa di non essere artefice dell’amore che vive c
non ritiene l’amore una sua creatura, ma si ritiene CREATUra
DELU AMORE.
L’amore é un dono: se anche questa affermazione ci sem-
brasse semplicistica, siamo invitati a penetrame ancora tutta
la portata. All’origine di ogni esperienza d’amore c’é
qualcosa di non programmato, di non manipolato, di non
costruito ma riconosciuto e accolto. Esattamente, il DONOL
É il dono della persona, di ció che lega alia persona e che,
alia fine, quasi si identifica con la persona stessa.

Nasce l’amicizia ■

Nella riflessione sui rapporti interpersonali, 1’amicizia oc-


cupa un posto importante. Essa, in genere, nasce dalla sim-
patía, una sorta di amore affettivo che ACCADE tra due perso-
ne: si trovano quasi a SENTIRE (PATHEIN) INSIEME (SYN). La
7
K. Wojtyla, Amore e responsabilitá, op. cit., p. 78.

194
simpatía non richiede l’esercizio della volontá, né una vera e
propria scelta, una decisione: ha una forte carica di soggetti-
vitá, che rappresenta insieme una ricchezza e un limite.
La simpatía diventa amicizia quando la volontá si sente
ormai chiamata a scegliere: va trasformata in amicizia ma,
nello stesso tempo, é la simpatía stessa che conferisce all’a-
micizia quel calore senza il quale non sarebbe pienamente
personale8.
C’é da affrontare una cammino maturativo, fatto di cono-
scenza e riflessione, che richiede tempo, pazienza e autodo-
minio perché la simpatía cresca nel diventare amicizia elet-
tiva, scelta e impegno della libertá e della volontá.
E un processo di autoeducazione ma, nello stesso tempo, é
un’importante caratteristica dell’educazione all’amore.
Bisogna educare ed educarsi alia vera amicizia, compren-
dendo che nel rapporto interpersonale non tutto puo essere
affidato al sentimento e alia simpatía.
L’amicizia compone in sé la soggettivitá e l’oggettivitá:
non puo nascere soltanto da una fredda decisione - ciascuno
lo sperimenta indubitabilmente - ma, per vivere, ha bisogno
che la nostra libera decisione di voler bene sia continua-
mente confermata. Molto spesso, nell’amore umano, si fa
Ferrare di fermarsi alio stadio della simpatía. «Stiamo bene
insieme»: puo sembrare una tappa soddisfacente, ma essa
porta, in certo senso, a stare insieme finché si «sta bene».
In questo senso, appare importante il CAMERATISMO, che
nasce dalla condivisione di alcuni impegni comuni: il lavo-
ro, lo studio... Puo essere anche per noi quell’esperienza
iniziale che ci fa trovare insieme in seminario, in classe o in
gruppo. II cameratismo differisce sia dalla simpatia - in
quanto non sboccia da essa - sia dall’amicizia, perché non
sempre o non súbito si accompagna a una scelta elettiva della
persona. E tuttavia una fase particolarmente preziosa, perché
permette di sperimentare la condivisione di un impegno, di
uno sforzo che sia oggettivo.
II cameratismo si rivela un’esperienza importante per
maturare nella dimensione OGGETTIVA dell’amore e si dimo-
stra particolarmente utile nella costruzione della comunitá,
8
Cfr. ibid., p. 81.

195
anche familiare: le persone capaci di vivere in gruppo san-
no fare della propria famiglia «un gruppo sólidamente unito
in cui regni una preziosa atmosfera di vita in comune» 9.
In seminario si sperimenta quotidianamente la necessitá di
confrontarsi con rapporti da costruire: e questo, lo vedre-
nio, rappresenta una vera e propria SCUOLA DI COMUNIONE.
pal cameratismo, vissuto da persone che si sforzano di cre-
scere nell’amore, certamente sbocceranno relazioni di ami-
cizia splendide e forti, che sono davvero 1’anima di una co-
munitá. Dalla condivisione puo nascere la comunione: é
bello e auspicabile che ció avvenga.

Caratteristiche dell’amicizia

«Non ogni amore é amicizia» 165. San Francesco di Sales, i]


cui carisma ha ben contribuito a illuminarlo, ci aiuta a
meditare su alcune caratteristiche di quello che lui defini-
sce, in modo interessante e profondo, «1’amore piü perico-
loso»: chiamato, cioé, a porre come proprio fondamento
l’indispensabile esigenza della «comunicazione» 166.

La reciprocitá
«SI puó amare senza essere riamati; in tal caso c’é amo- re,
ma non amicizia, perché 1’amicizia é un amore ricam- biato.
Se non é ricambiato non é amicizia»167.
La reciprocitá é quasi una risposta che l’amico dá all’ami-
co: l’unica possibile. E un impegno, scaturito spontanea-
mente dall’amore, per cui la persona cerca il bene dell’altro
il quale, a sua volta, cerca il bene deH’amico. É proprio que-
sto tipo di reciprocitá che conferisce all’amicizia la peculia-
re sicurezza di chi sa di essere custodito nella veritá, per
sempre: «l’amicizia, infatti, deve essere stabile, quasi un’im-

165 San Francesco di Sales, Filotea: introduzione alia vita devota, Paoline, Mi-
lano 1984, p. 180.
166 Ibidem.
167 Ibidem.
7
K. Wojtyla, Amore e responsabilitá, op. cit., p. 78.

196
magine dell’etemitá, e rimanere costante nell’affetto» 168.
La comunicazione
«Non basta che sia ricambiato 1’amore: le parti che si
amano devono saperlo. Se non lo sanno, avranno tutto l’a-
more che vogliono, ma non ci sará amicizia» 169.
Si diventa amici imparando questo speciale dialogo che
esprime la capacitá di metiere in comune. Bisogna sapersi
consegnare all’amico: saper fare dono della parola e del si-
lenzio. E tutto ció di venta piü facile man mano che all’af-
fetto si aggiunge la stima 170. Bisogna imparare a vivere lo
scambio come apertura che educa all’apertura del cuore. II
dialogo dell ’ amicizia, infatti, é intimo, personale ma non
provoca egoistiche chiusure. Crescere nell’amicizia significa
anche superare la gelosia: ció che un amico é deriva anche
dalle sue rélazioni con altri amici 171.

La veritá
«Coloro che si amano devono avere qualche bene in co-
mune a base della loro amicizia»172.
E un bene certamente intimo, ma che deve essere ogget-
tivo. La domanda «mi vuoi bene?» sembra coincidere, tra
due amici, con la richiesta: «hai a cuore la stessa veritá?» 173.
E ció che fa la veritá dell’amicizia é anche la veritá del bene
che insieme si cerca e del quale si intende fare reciproco
dono: «migliori saranno i beni, migliore sará 1’amicizia» 174.

I gradini delFamicizia

L’amicizia é chiamata a crescere: e a far crescere cosi i


protagonisti, coloro che l’hanno ricevuta in dono. La matu-
168 Aelredo di Rievaulx, L’amicizia spirituale, Paoline, Milano 1996, p. 163.
169 San Francesco di Sales, Filotea, op. cit., p. 180.
170 Cfr. ibid., p. 196.
171 Cfr. C. S. Lewis, I quattro amori: affetio, amicizia, eros, carita, Tascabili
Editori Associati, Milano 1993, p. 62.
172 San Francesco di Sales, Filotea, op. cit., p. 180.
173 C. S. Lewis, I quattro amori, op. cit., p. 66.
174 San Francesco di Sales, Filotea, op. cit., p. 181.
8
Cfr. ibid., p. 81.

197
razione nella vera amicizia riflette e aiuta la nostra matura-
/ione umana e affettiva, nonché la crescita nella fede.

La conoscenza e la scelta
La scelta dell’amico, anche se non é un momento pro-
grammato razionalmente, si estrinseca, gradualmente o im-
provvisamente, come una comunicazione speciale, intima,
nuova. Ma la scelta é quasi intrínsecamente collegata alia
comune decisione del bene che si desidera porre a fonda-
mento dell’amicizia stessa. E quando si mette alia base della
propria vita l’amore di Dio, é a esso che «bisogna ripor- tare
tutto ció che 1’amore o il sentimento suggeriscono, tutto
quello che un’ispirazione segretamente ci sussurra o un
amico propone apertamente»175.
La scelta é anche tempo di verifica: possiede il fascino
timoroso e il delicato desiderio di una vicendevole scoperta
che, pur essendo autentica, deve tuttavia rispettare e nutriré
la reciproca libertá. Per questo la decisione si nutre della
conoscenza che, superando la paura della diversitá, evita,
alio stesso tempo, pericolose idealizzazioni.

La prova e lafedeltá
La prova dell’amicizia puó essere utilmente interpretata
come impegno che nasce dalla scelta e, alio stesso tempo, la
conferma. É il tempo della tribolazione, della tentazione,
sólitamente dovuta all’amor proprio che genera sospetti,
gelosie, superficialitá. In questa fase puó sembrare inutile
impegnarsi in un’impresa che si considera fallimentare e che,
tuttavia, permane indispensabilmente costitutiva dell’i-
dentitá personale. Ognuno di noi é anche ció che 1’amico gli
dona: non bisogna dimenticarlo quando 1’amicizia vive il
tempo - umanamente comprensibile e inevitabile - della
desolazione.
Perseverare nell’impegno scelto, anche durante la soffe-
renza e l’incomprensione, é una prova che solo la vera ami-
175 Ibid., p. 163.
7
K. Wojtyla, Amore e responsabilitá, op. cit., p. 78.

198
cizia puo superare, in quanto essa attinge forza a quella ve-
ritá dell’amore di Dio che si é posta a immutabile fonda-
mento dell’amicizia stessa. La fedeltá é garanzia dell’ami-
cizia che, alio stesso tempo, permette di educare la persona
all’esigenza di una crescente fedeltá: «chi é fedele nel poco,
é fedele anche nel molto»176.

L’accoglienza e la riconoscenza
Talvolta capita di ascoltare o di esprimere il racconto del
primo incontro di un amico con questa espressione: «mi
sembrava di conoscerlo da sempre...». Accogliere, nelFa-
micizia, significa “riconoscere”.
L’amicizia é accogliente, perció si conferma esperienza
che aiuta la persona a superare gradualmente i limiti del
pregiudizio o del giudizio facile e la proietta verso la gra-
tuitá che sconfigge 1’egoísmo. Accogliere significa ricono-
scere la preziosa unicitá dell’amico che, nonostante la sua
umana debolezza e il suo limite, é contemplato come dono.
Cosi l’accoglienza diventa riconoscenza che si manifesta
verso 1’amico e verso ogni creatura e apre alia gratitudine
nei confronti di Dio, dal quale ogni dono proviene. E dunque
1’umano e il divino si fondono in un accordo che la re-
lazione di amicizia, con la sua reciprocitá e la sua gioia pa-
cificata, puo consentiré di vivere.

Un gradino verso Dio


L’amicizia possiede infatti il privilegio di quella pace che
deriva dalla libera scelta di aver ammesso alia propria inti-
mitá colui con il quale si diventa «un cuor solo e un’anima
sola»177. La pace deU’amicizia é una sorta di “riposo” che
l';inima raggiunge quando ha potuto intrecciare i tre amori
che la muovono: 1’amore di se stessi, degli altri, di Dio 178. E
questa esperienza, squisitamente umana e accessibile a tutte le

176 Le 16,10; cfr. Le 19,17.


177 At 4,32.
178 Cfr. Aelredo di Rievaulx, L’amicizia spirituale, op. cit., p. 45.
8
Cfr. ibid., p. 81.

199
creature, puo cosi diventare davvero un «gradino verso
pío»179, un’anticipazione della vita eterna: «é bello poter amare
sulla térra come si ama in cielo e volersi bene in questo
mondo come faremo eternamente nell’altro» 180.
Anche Gesü ha vissuto 1’amicizia: ci ha «chiamati amici»181
proprio perché ha desiderato trasmetterci ció che udiva dal
Padre, il mistero di Dio. L’ansia del nostro cuore, chiamato a
essere «secondo il suo»182, deve essere auténticamente quella
di poter daré all’amico, giá da og- gi, cío che abbiamo
ricevuto dal Signore, nella consapevolezza che egli ci é stato
affidato da Dio. «Erano tuoi e Ji hai dati a me» 183: é lo
splendido “potere” dell’amicizia che il pastore deve vivere e
la sua impegnativa responsa- bilitá.

La pazienza e la correzione fraterna

L’amicizia pero esige di essere coltivata: e tale “culto”


richiede e sviluppa la preziosa attitudine della PAZIENZA. «La
carita é paziente»184: perció l’amore di amicizia inscrive e
orienta la pazienza al rapporto con la VERITÁ, che il vero
amico rivela e aiuta a perseguire. E questo il fondamento di
quel particolare dono che anima 1’amicizia umana e cristia-
na: la correzione fraterna.
«L’amicizia ci obbliga a darci reciprocamente una mano
per liberarci da tutte le forme di imperfezione. E fuor di
dubbio che bisogna sopportare con dolcezza 1’amico nelle
sue imperfezioni, ma non incoraggiarlo in quelle, e ancor
meno, trasferirle in noi»185.
La correzione fraterna appare quasi come un ministero che
dobbiamo abituarci a esercitare gia dagli anni di seminario. É
un vero e proprio servizio che il Vangelo richiede: «Se il tuo

179 Ibid., p. 140.


180 San Francesco di Sales, Filotea, op. cit., p. 187.
181 Cfr. Gv 15,15.
182 Cfr. Ger 3,15.
183 Gv 17,6.
184 ICor 13,4.
185 San Francesco di Sales, Filotea, op. cit., p. 197.
7
K. Wojtyla, Amore e responsabilitá, op. cit., p. 78.

200
fratello commette una colpa, vai e ammoniscilo fra te e lui
solo; se ti ascolterá, avrai guadagnato il tuo fratello»186.
Per essere un reale servizio, pero, esso richiede alcune
condizioni.
Appare importante il senso di RESPONSABILITÁ: solo chi ha
cura del fratello riesce ad accorgersi dei suoi veri errori, a
coglierne le eventuali sofferenze, a sforzarsi di trovare per
lui le possibili soluzioni, a correre il rischio di una parola
che, pur essendo vera, puó tuttavia esporre al rifiuto chi la
pronuncia. La correzione fraterna, nell’amicizia e nella co-
munitá, deve essere aiutata da una sorta di “regola”, esplici-
ta o silenziosa, che aiuti a sconfiggere la rigidezza provoca-
ta dalla permalositá: é la legge della ricerca del bene. Se la
responsabilitá é il presupposto, il BENE é il contenuto.
D’altra parte, ogni persona richiede di essere aiutata se-
condo le proprie caratteristiche personali: pertanto
YASCOLTO, la DELICATEZZA e il SOSTEGNO sono le principali
modalitá con le quali la correzione fraterna sembra doversi
svolgere, perché evitano decisamente l’equivoco del
giudizio.
Per correggere il nostro fratello, dobbiamo poi essere
pronti a lasciarci correggere: un simile atteggiamento di
UMILTÁ ci porta a impegnarci in tale preziosa e difficile av-
ventura che, in fondo, non richiede che questo: amare e la-
sciarsi amare!
Amore, comunione e comunitá

Uomini di comunione

Alia luce di quanto il Papa afferma nella PASTORES DABO


VOBIS, il prete é - e deve essere - «uomo di comunione»;
inoltre «per chi é chiamato a essere responsabile di una co-
186
8
Mt 18,15.
Cfr. ibid., p. 81.

201
munitá e a essere “uomo di comunione” un elemento vera-
mente essenziale é la capacitá di relazione con gli altri» 187.
Questa capacitá matura e si esprime concretamente anche
nella vita del seminario, durante la quale siamo infatti
chiamati ad accogliere e costruire in modo del tutto specia-
le la FRATERNITÁ: é uno dei cardini della formazione sacerdo-
tale. Non ci viene richiesto solo un serio impegno nello stu-
dio o un’intensa vita di preghiera: siamo inseriti in una CO-
MUNITÁ nella quale accogliamo il dono - e il compito - del-
1’ amicizia.
Dobbiamo interrogarci su come viviamo la nostra AMICI-
ZIA - in particolare dentro la comunitá -, sul modo in cui ci
impegniamo a far crescere la simpatía verso 1’amicizia e
stiamo dinanzi all’altro, ai nostri compagni di seminario, ai
superiori: se cerchiamo di crescere nella benevolenza, nella
libertá di una volontá che sceglie, nella gratuitá. E su come
esercitiamo, ma prima di tutto accogliamo, la correzione
fraterna.
La vita del seminario é caratterizzata da una quotidianitá,
profonditá e necessaria autenticitá della vita di relazione che
ci indirizzano e richiedono di crescere secondo le linee che la
citata encíclica suggerisce, quando esorta afferman- do: «il
sacerdote non sia né arrogante né litigioso, ma sia affabile,
ospitale, sincero nelle parole e nel cuore, prudente e discreto,
generoso e disponibile al servizio, capace di of- frire
personalmente, e di suscitare in tutti, rapporti schietti e
fraterni, pronto a comprendere, perdonare e consolare» 188.
Suscitare tali relazioni significa - ed é bellissimo - GENERARE
FRATEMITÁ.
É un altro importante elemento che impreziosisce di mi-
steriosa feconditá il ministero sacerdotale; é il peculiare
programma di vita di quell’“uonio di comunione” che cia-
scuno di noi é chiamato a essere e a diventare.

Sponsalitá e fraternitá
187 Giovanni Paoio II, Esortazione apostólica, Pastores dabo vobis, 43.
188 Ibidem.
7
K. Wojtyla, Amore e responsabilitá, op. cit., p. 78.

202
La comunione «é oggi uno dei segni piü eloquenti e una
delle vie piü efficaci del messaggio evangélico» 189: se non si
costruisce la comunione non si puo arrivare al cuore del-
l’uomo. Pensiamoci bene: 1’essere umano é profondamente
sensibile all’amore. E, anche quando ascolta, lo fa perché
riesce a cogliere e ad accogliere in ció che sente un messag-
gio di amore e di veritá.
La capacitá di relazione va costruita non solo sui tentati-
vi psicologici di sviluppare le attitudini umane, ma sulla
garanzia di fedeltá che il dono della nostra vocazione, e
dunque della nostra vita, porta con sé.
II sacerdote puo essere uomo di comunione perché deve
essere uomo che ama donandosi completamente. Egli puo vi-
vere la fratemitá se tende a realizzare la propria sponsalitá
con Dio. Potremmo dire che la fratemitá sta alia sponsaütá
come la feconditá sta all’amore. La maturazione affettiva si
accompagna dunque alia capacitá di vivere una vera amicizia
che, d’altra parte, aiuta a formará all’amore, perché si radica
nei la gratuita e inserisce la persona - il sacerdote, il
semina- ,-Ma - in quell’esperienza di libertá che é il dono di
sé.
Per tali motivi, la maturazione affettiva e sessuale del se-
minarista viene certamente aiutata dalla vita comune e dalla
comunione che é - come ormai sappiamo bene - il CONTE-
IIUIO, il senso dell’affettivita e della sessualitá umana.
La maturazione affettiva é una dinamica personale: e lo
simo anche le problematiche della sessualitá. Ma, proprio in
quanto personali, sono DELLA PERSONA che vive inserita in
uiu comunitá.
Noi non siamo certamente chiamati a risolvere i proble-
iiii di maturazione umana e affettiva di chi ci sta accanto: mu
siamo invitati, in quanto comunitá, a creare quel clima
¿iflettuoso e a donare quel supplemento d’amore che ricordi
a mtti e a ciascuno come 1’amore sia la nostra
fondamentale \ocazione190.

189 Ibidem.
190 Id., cfr. Esortazione apostólica Familiaris consortio, 11.
8
Cfr. ibid., p. 81.

203
Affettivitá e vita comune

«Cristo dá alia persona due fondamentali certezze: di es-


sere stata infinitamente amata e di poter amare senza limi-
ti»191. Con questa bella affermazione, la Chiesa ci invita a
meditare sulla dinamica dell’amore umano che é essenziale
per la costruzione di una fratemitá religiosa; alcune di que-
ste considerazioni sono fácilmente applicabili alia nostra
esperienza di seminario.
É vero: la persona é stata infinitamente amata. Tante vol-
te lo abbiamo sottolineato, anche semplicemente riflettendo
sulla meraviglia dei meccanismi biologici che portano al
concepimento di un essere umano único e inipetibile. Ma
Cristo ci insegna ancora questa veritá in modo nuovo e
concreto, attraverso il mistero della sua croce.
II dono della sua vita, libero, totale, puro, ci insegna a es-
sere e a contemplara, ancora di piü, quali “oggetti” di un
amore che ci raggiunge, trasformandoci: da qui nasce la
certezza di poter amare senza limiti. E l’Amore che opera in
noi e ci fa LIBERI DI AMARE.
«La persona consacrata si libera progressivamente dal bi-
sogno di mettersi al centro di tutto e di possedere l’altro, e
dalla paura di donarsi ai fratelli; impara piuttosto ad amare
come Cristo l’ha amata, con quell’amore che ora é effuso nel
suo cuore e la rende capace di dimenticarsi e di donarsi come
ha fatto il suo Signore. In forza di quest’amore nasce la
comunitá come un insieme di persone libere e liberate dalla
croce di Cristo»192.
C’é dunque un legame reale, anche se a prima vista poco
evidente, tra la maturazione affettiva e sessuale e il valore
della vita comune. Quell’amore che - ricordiamolo - ci chie-
de di liberarci progressivamente dal bisogno e dal possesso
per fare della nostra vita un dono é proprio ció che ci consen-
te di condividere la quotidianitá della vita con i fratelli.
L’esperienza comunitaria é una grande ricchezza che ci

191 Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le societá di vita apostólica,
La vita fraterna in comunitá, 22.
7
192 Ibidem.
K. Wojtyla, Amore e responsabilitá, op. cit., p. 78.

204
viene offerta e, pertanto, é una grande responsabilitá che ci
viene affidata. Bisogna maturare nell’amore per costruire la
comunitá e viceversa.
Se é vero che dalla sponsalitá nasce la fratemitá, é altret-
tanto vero che LA FRATEMITÁ EDUCA ALIA SPONSALITÁ. Non di-
mentichiamo questa veritá anche quando avremo la respon-
sabilitá, spesso trascurata, di custodire la stessa fratemitá
presbiterale: essa, a sua volta, ci custodirá. E, in modo parti-
colare, proteggerá anche la nostra sponsalitá con il Signore c
la vera feconditá del nostro impegno missionario. «La co-
munione e 1’amicizia fra i presbiteri, mentre sostengono e
mantengono aperta ed equilibrata la scelta e la condizione del
celibato, sono anche il fondamento indispensabile a qua-
lunque collaborazione pastorale posta a servizio di una
Chiesa in missione, oltre il gruppo o la stessa parrocchia» 193.

193 Commissione episcopale per il Clero della Cei, Nota Linee comuni per la vita
dei8 nostri Seminan, 46.
Cfr. ibid., p. 81.

205
La comunitá é, perianto, un dono: per questo motivo non
possiamo credere «schola
[1 seminario: che la nostra
amoris»transitoria esperienza di vita in
seminario sia trascurabile. Non siamo stati messi assierne a
caso: la ricchezza e la specificitá della nostra esperienza
comunitaria ha un senso preciso e povvidenziale nel cam- mino di
ciascuno di noi. E ognuno puo e deve essere, per 1’al tro.
segno di questo provvidente amore di Dio che nel- I’al tro si
incama.
La comunitá é certamente gravata dai limiti e dalle debo-
lezze umane: ma puo e deve diventare una «SCHOLA AMORIS...
una scuola ove si impara ad amare Dio, ad amare i fratelli e ls
sorelle con cui si vive, ad amare l’umanitá bisognosa della
misericordia di Dio e della solidarietá fraterna» 194.
Ecco il senso ultimo della vita del seminario: SCHOLA
AMORIS L Ed é bello pensare che questa puo essere una scuola
d’amore, avendo tanto riflettuto sul valore e sul significato
dell’amore umano. Se impariamo a concepire e vivere cosi
questa comunitá, la maturitá affettiva sará raggiunta con
maggiore facilitá e spesso con silenziosa naturalezza.
In questa scuola dobbiamo, innanzitutto, imparare a DI-
VENTARE FRATELLI. Per questo é importante conoscersi, poter
comunicare in maniera ampia e profonda: ció non significa
necessariamente dover narrare le proprie vicende, ma ae-
quisire la capacitá di «condivisione dei beni dello spirito, una
condivisione della fede e nella fede, ove il vincolo di fratemitá
é tanto piü forte quanto piü centrale e vitale é ció che si mette
in comune»195.
Spesso in noi c’é il rischio di tendere alia ricerca e alia
valorizzazione di rapporti affettivi maggiormente all’ester- no:
questa possibilitá, presente in tante comunitá, puo portare con
sé il pericolo della disgregazione nonché di una mancata
testimonianza di caritá.
Possiamo sentire efficacemente rivolta anche a noi la se-
guente esortazione di Giovanni Paolo II: «La Chiesa affida alie
comunitá di vita consacrata il particolare compito di far
crescere la spiritualitá della comunione prima di tutto al
proprio interno e poi nella stessa comunitá ecclesiale e oltre i
suoi confini, aprendo o riaprendo costantemente il dialogo
della caritá, soprattutto dove il mondo di oggi é lacerato
dall’odio étnico o da follie omicide... Queste comunitá sono
206La
194 Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le societá di vita apostólica,
vita fraterna in comunitá, 25.
195 Ibid., 32.
luoghi di speranza e di scoperta delle beatitudini, luoghi nei
quali 1’amore, attingendo alia preghiera, sorgente della
comunione, é chiamato a diventare lógica di vita e fonte di
gioia»196.
«Far crescere la spiritualitá della comunione»: vivere non
soltanto l’uno accanto all’altro, ma l’uno PER l’altro. Perché
«la comunitá é il luogo dove avviene il quotidiano, paziente
passaggio dall’“io” al “noi”, dal mió impegno al- l’impegno
affidato alia comunitá, dalla ricerca delle “mié cose” alia
ricerca delle “cose di Cristo”»197.
E la strada nella quale procedere, sulla quale certamente
incrociamo anche i problemi della maturazione affettiva e
sessuale. E vero - e lo abbiamo visto - che tanti problemi
affondano le loro radici in un vissuto personale spesso
complesso, ma questa SCHOLA AMORIS deve essere per tutti
luogo di forza e di speranza.
II passaggio dall’¿o al NOI, di cui giá negli anni di seminario
sperimentiamo la fatica e la gioia, é motivo di crescita
nell’amore e ci sosterrá, una volta sacerdoti, nel contribuiré
alia costruzione di quelle comunitá che il Signore vorrá af-
fidarci. Ci aiuterá a esserne custodi e a essere, nella pienezza
del suo significato, «uomini di comunione».
Per la riflessione e la preghiera

Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché Vamore é da


/)/<>: chiunque ama é generato da Dio e conosce Dio. Chi in
ni ama non ha conosciuto Dio, perché Dio é amore. In questo
si é manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo
unigénito Figlio nel mondo, perché noi dvi'ssimo la vita per
lui. In questo sta l’amore: non siamo shiti noi ad amare Dio,
ma é lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come
vittima di espiazione per i no- Mri peccati. Carissimi, se Dio

196 Giovanni Paolo II, Esortazione apostólica Vita consecrata, 51. 207
197 Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le societá di vita apostólica, La
vita fraterna in comunitá, 39.
ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri.
Nessuno ha mai visto Dio; se <7 amiamo gli uni gli altri, Dio
rimane in noi e l’amore di lui éperfetto in noi (lGv 4,7-12).
Ora considera in breve in che modo 1’amicizia costitui- sce
un gradino che porta all’amore e alia conoscenza di Dio.
Nell’amicizia, invero, niente puo esserci di disonesto, niente
che sia finto o simulato, in essa tutto é santo, sponta- neo e
vero. Tutto questo é proprio puré della carita. La qua- litá
particolare dell’amicizia risplende nel fatto che fra coloro che
sono uniti nel vincolo dell’amicizia tutto é fonte di gioia, tutto
da una sensazione di sicurezza, di dolcezza, di soavitá. In
nome della carita perfetta noi amiamo molti che ci sono di
peso e ci fanno soffrire: ci occupiamo di loro in tutta onestá,
senza finzioni o simulazioni, ma con sinceritá e buona volontá,
e pero non li ammettiamo neU’intimitá della nostra amicizia.
Nell’amicizia, invece, si ricongiungo- no 1’onestá e la soavitá,
la veritá e la gioia, la dolcezza e la buona volontá, il
sentimento e l’azione. Tutte queste cose iniziano da Cristo,
mediante Cristo maturano, e in Cristo raggiungono la
perfezione. Non sembra dunque troppo impervio né innaturale
il cammino che, partendo dal Cristo che inspira in noi 1’amore
con cui amiamo 1’amico, sale verso il Cristo che ci offre se
stesso come amico da amare (Aelredo di Rievaulx, L’AMICIZIA
SPIRITUALE, Paoline, Milano 1996, p. 140).

Fin dal primo momento in cui mi avete parlato della vo- stra
anima, Dio mi ha suscitato un profondo amore per il vostro
spirito. Quando poi cominciaste a confessarmi i vo- stri piü
intimi segreti, si determino uno straordinario lega- me
d’affetto sempre piü profondo fra la mia anima e la vo- stra, al
punto che vi scrissi che Dio mi aveva donato a voi, credendo
che non si potesse aggiungere piü nulla all’affetto che provavo
nel mió spirito e, soprattutto, pregando Dio per voi. Ora
invece, mia cara figlia, si é aggiunto a queH’affetto un
qualcosa di nuovo che, mi sembra, non si puo definire; si puo
solo dire, pero, che mi suscita un’intensa dolcezza interiore
nell’augurarvi la perfezione dell’amore di Dio e le altre
benedizioni spirituali. No, non aggiungo neppure un briciolo
alia veritá; parlo dinanzi al Dio del mió cuore e del vostro.
Ciascun affetto ha una sua particolare differenza ri- spetto agli
208 quello che io provo per voi possiede il pre- gio, per cosi
altri;
dire, di consolarmi infinitamente e, in fin dei conti, mi é
estremamente proficuo. Prendete questa come una sacrosanta
veritá e non dubitatene mai (san Francesco di Sales, DALLA
LETTERA 234 ALIA BARONESSA DI CHANTAL).

Questo é il mió comandamento: che vi amiate gli uni gli


altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore piü grande di
questo: daré la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se
farete ció che io vi comando. Non vi chiamo piü ser- vi,
perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho
chiamato amici, perché tutto ció che ho udito dal Padre l’ho
fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma i o ho
scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate i'rutto e il
vostro frutto rimanga; perché tutto quello che Jiiederete al
Padre nel mió nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi
gli uni gli altri (Gv 15,12-17).
La formazione al dono generoso e gratuito di sé, favorito
;iiiche dalla forma comunitaria normalmente assunta dalla
pivparazione al sacerdozio, rappresenta una condizione irri-
niiiiciabile per chi é chiamato a farsi epifania e trasparenza del
Buon Pastore che da la vita (cfr. Gv 10,11.15). Sotto que- MO
aspetto la formazione spirituale possiede e deve sviluppa- iv la
sua intrínseca dimensione pastorale o caritativa, e puo mil
mente servirsi di una giusta, ossia forte e teñera, devozio- nc
al cuore di Cristo, come hanno sottolineato i padri del sínodo:
«Formare i futuri sacerdoti nella spiritualitá del cuore del
Signore implica condurre una vita che corrisponde all’a- niore
e aH’affetto di Cristo sacerdote e buon pastore: al suo amore
verso il Padre nello Spirito Santo, al suo amore verso vil i
uomini fino a donare nell’immolazione la sua vita».
¡1 sacerdote é dunque Y UOMO DELLA CARITA, ed é chiamato
¿i educare gli altri all’imitazione di Cristo e al comándame ato
nuovo dell’amore fraterno (cfr. Gv 15,12). Ma cid esige che
lui stesso si lasci continuamente educare dallo Spirito alia
caritá di Cristo. In tal senso la preparazione al sacerdozio non
puo non implicare una seria formazione alia caritá, in
particolare all’amore preferenziale per i «poveri» nei quali la
fede scopre la presenza di Gesü (cfr. Mt 25,40) e all’amore
misericordioso per i peccatori.
Nella prospettiva della caritá, che consiste nel dono di sé
per amore, trova il suo posto nella formazione spirituale del
futuro sacerdote, VEDUCAZIONE ALL’OBBEDIENZA, AL CELIBATO 209
E ALIA POVERTÁ (PASTORES DABO VOBIS, 49).
II Signore vi faccia crescere e abbondare nell’amore
vicen- devole e verso tutti, come anche noi lo siamo verso di
voi, per rendere saldi e irreprensibili i vostri cuori nella
santitá, davanti a Dio Padre nostro, al momento della venuta
del Signore nostro Gesú con tutti i suoi santi (lTs 3,12-13).
-------------------------------------------------------------------------------------- -

' :'í¡p
L’esperienza spirituale é «cristiforme»; cioé fa si che l’a-
more umano possa incamare in linguaggi e in forme concrete
la santa umanitá di Gesü, immagine visibile del Dio
invisibile. É il caso di un amore che non chiede il contrac-
cambio, che sa accettare il servizio in condizioni dimessc o
difficili, apparentemente poco fruttuose, che giunge al sa-
crificio senza lamento.
L’esperienza spirituale é «trasformante»: aiuta la persona
a conseguiré una trasformazione dell’oggetto del desiderio.
Ad esempio, quando il seminarista, da un semplice bisogno
di appartenenza a un gruppo o di identificazione con alcune
espressioni del ministero sacerdotale, comincia effettiva-
mente a sintonizzarsi con il modo di pensare, di agiré, di
sentire di Gesü; o dalla ricerca di un ruolo in comunitá, a cui
aspira per non rimanere isolato, approda a scegliere i tempi
di solitudine con il Signore come sorgente e condizione di
libertá e discemimento {LINEE COMUNI PER LA VITA DEI
NOSTRI SEMINARI, 22).

II seminario, una «comunitá»

«II Seminario si presenta si come un tempo e uno spazio;


ma si presenta soprattutto come una comunitá educativa in
cammino; é la comunitá promossa dal vescovo per offrire a
chi é chiamato dal Signore a servire come gli apostoli, la
possibilitá di rivivere 1’esperienza formativa che il Signore
ha riservato ai Dodicí» (PASTORES DABO VOBIS, 60).
Chissá quante volte l’ascolto della parola dei vangeli ci ha
portati a fermarci per pensare, immaginare, quasi cercare di
intravedere la vita quotidiana di coloro che hanno co-
nosciuto Gesü e gli stavano accanto. Forse ci é capitato di
pensare a loro con un po’ di benevola invidia, forse abbiamo
210 in noi il desiderio di “esserci”: forse ha prevalso il
sentito
senso di gratitudine, perché é anche grazie a loro che noi
possiamo essere Chiesa.
Ecco: i primi pastori di questa nostra Chiesa sono stati

211
lorniati direttamente da lui, dal Signore. Hanno vissuto con |
U i questa intimitá quotidiana, continua, totalizzante, prima ji
poter essere annunciatori della sua parola e della sua vita.
I:. secondo la bellissima definizione della PASTORES DABO ,
il seminario non é altro che questa splendida, impe rativa,
indispensabile esperienza di comunione col Signo- re che
precede ogni ministero e ogni servizio, ma che se- hik ií'l per
'

sempre la vita del sacerdote [...].


I. Siamo una «comunitá». E questo il nostro primo com-
pito. la nostra grande ricchezza. Una comunitá formata da
oji>\ ;mi tanto diversi fra loro ma che, per stare qui e prepa-
rará a servire Dio e i fratelli, hanno lasciato davvero tutto. I'na
'. omunitá fatta di superiori, educatori ai quali il Signo- re ha
riservato il grande compito non solo di fare ció che egli stesso
faceva con i suoi, ma anche di essere quello che Gesú era per
gli apostoli.
In questa comunitá, che é «ecclesiale» (cfr. PASTORES DABO
VOBIS, 61), cioé che é Chiesa, noi impariamo prima di tutto e
soprattutto il comandamento dell’amore. Impariamo a vivere
gli uni per gli altri e cioé a daré la vita: non puó es- serci
sacerdozio al di fuori di questa realtá.
impariamo a vivere in comunione con tutta la Chiesa, at-
traverso l’obbedienza al vescovo, al Papa. Attraverso l’a-
pertura delle nostre porte a tutta la comunitá, cristiana e non:
soprattutto ai giovani, che cercano un senso per la vita e che
spesso cercano luoghi do ve sia testimoniato 1’amore. Noi, per
loro e per tutti, vogliamo essere questo luogo: e a questo sono
finalizzate le iniziative di formazione e di spi- ritualitá che il
seminario spesso propone.
Impariamo qui, noi, a vivere quella profonda comunione
con Dio che é la preghiera. Cosa sarebbe un prete che non ha
imparato a pregare? I nostri seminaristi pregano ogni giomo,
con la liturgia delle ore, con l’adorazione eucaristica, con la
santa messa. Essi imparano non solo a pregare ma ad amare la
preghiera. Stare con Gesú, infatti, significa soprattutto pre-
gare: e, senza preghiera, sarebbe impossibile amare Dio e i
fratelli; sarebbe impossibile essere una comunitá.
2. Siamo una «comunitá educativa». Stare con Gesü di-
gnifica volerlo conoscere sempre meglio. É questa la ragione
profonda degli studi teologici, che occupano gran parte della
giomata.
Lo studio traduce il nostro desiderio di penetrare sempre piü
il mistero di Dio, realizza la nostra decisione di mettere
l’intelligenza a servizio della veritá. Lo studio é, per i sera i-
naristi, un compito impegnativo ma é anche un grande dono,
che consentirá loro di donare ai fratelli non le proprie
personali idee, ma la veritá di Dio e il suo mistero.
E se lo studio educa la ragione e l’intelligenza a cercare la
veritá, il cammino formativo del seminario educa i semi-
naristi ad accoglierla nella propria vita. Ad aprirsi, cioé, alia
veritá di quel progetto che Dio ha su ciascuno: dunque, a fare
la sua volontá. Questa é la radice della vocazione di ogni
persona: essere ció che Dio vuole, essere lui.
Attraverso gli incontri di formazione con noi superiori,
attraverso uno specifico itinerario di educazione all’amore e
alia sessualitá, attraverso lo stile di vita incentrato sul valore
dell’uomo e della sua dignitá, il nostro seminario riser- va una
particolare cura alia formazione umana dei futuri sa- cerdoti,
nella consapevolezza che il cuore dell’azione pastorale é la
caritá.
La Chiesa invita il prete a essere «uomo di comunione» (cfr.
PASTORES DABO VOBIS, 43): e questa comunitá cerca di educare
il cuore dell’uomo-sacerdote a un dono totale e gioioso della
propria vita. Grazie a quel mistero d’amore che é la castitá del
celibato sacerdotale, questo cuore umano é chiamato a dilatarsi
e a offrirsi, vivendo la pienezza gioio- sa di quell’amore che
ha abitato il cuore di Cristo Gesü.
3. Si. Noi siamo «una comunitá educativa in cammino». E
la direzione di questo cammino é proprio 1’amore del Signore
[...]. E lui, é il Signore che forma ancora oggi il cuore dei
pastori: é lui che ci dona «pastori secondo il suo cuore» (cfr.
Ger 3,15),[...].
E vero. In questo luogo viviamo con lui. In questo luogo,
impariamo a vivere per lui. Ma, in questo luogo, sperimen-
liamo che lui é non solo la nostra origine e la nostra meta: é ¡)
nostro stesso cammino. E siamo consapevoli che, se con-
linuiamo a procedere con i nostri passi, é soltanto perché lui, il
Dio della nostra vita, si é fatto e si fa, ogni giomo, <.via» (cfr.
Gv 14,6) (Santo Marciano, FORMATI DAL SIGNORE. LA STORIA E
LA VITA DEL NOSTRO SEMINARIO, in EUNTES ERGO, Periódico del
seminario arcivescovile Pió XI di Reggio Calabria, I [1999], n.
1, p. 1).
UNITÁ G
213
La famiglia: icona del dono di sé
Introduzione

«Da giovane sacerdote imparai ad amare 1’amore umano.


(puesto é uno dei temi fondamentali su cui concentrai il mió
sacerdozio, il mió ministero sul pulpito, nel confessionale e
anche attraverso la parola scritta. Se si ama 1’ amore umano,
nasce anche vivo il bisogno di impegnare tutte le forze a fa-
vore del “bell’amore”. Poiché l’amore é bello» 198.
Arriviamo, adesso, a contemplare la bellezza dell’amore
coniugale. La bellezza di quell’amore che nasce in un uo-
mo e una donna e li chiama a donarsi l’uno all’altra: a farsi
il dono reciproco di tutta la vita.
Dobbiamo comprendere che, come sacerdoti, non possia-
mo sottrarci all’impegno di scrutare la bellezza di questo
araore, di accoglieme quella luce che esso é chiamato a ri- \
clare, di servirlo nella veritá che gli appartiene. II «bell’a-
more», di cui il Papa parla, ci interpella innanzitutto chie-
dendoci di imparare ad amarlo.
Siamo invitati a penetrare la profonditá di questo nostro
aiteggiamento nei confronti dell’amore umano. Siamo, in un
certo senso, sollecitati a fare nostra questa esperienza che il
Santo Padre ci comunica.
Parlando dell’amore coniugale e del MATRIMONIO CRISTIA-
NO, ci rendiamo conto dell’impegno che, come sacerdoti, ci
c richiesto. Un impegno educativo e pastorale di vera evan-

198 Giovanni Paolo II, Vareare la soglia della speranza, Mondadori, Milano, p. 138.
gelizzazione. La famiglia é oggi una delle realtá umane e
cristiane piü esposte ai danni che la nostra cultura seco| u_
rizzata, edonista e individualista provoca. Non c'é tlunquo
alcun dubbio: come pastori, non possiamo davvero esimor-
ci dal porre un’adeguata attenzione, una cura particolare
privilegiata alia FAMIGLIA, cellula costitutiva della Chiesa
della societá.
La nostra riflessione viene confermata se considerianii
che ogni persona umana é, a diverso titolo, coinvolta nella
vita e nella vocazione della famiglia. Ciascuno di noi fe //.
GLIO, dunque proviene da una generazione umana che, per
sua essenza, é compito e dono affidato proprio ai coniugi.
E impossibile, perianto, non cogliere l’invito a «concen-
trare il nostro sacerdozio, il nostro ministero sul pulpim. nel
confessionale...» sul grande tema dell’amore umano che «la
famiglia riceve la missione di custodire, rivelare e
comunicare»199.
«Rivelare 1’amore»: ecco un punto sul quale dobbianiu
fermare seriamente la nostra attenzione. Ci viene richiesio.
cioé, di considerare la famiglia non solo come oggetto della
nostra futura azione pastorale, ma anche come una realtá
che, in qualche modo, ci RIVELA 1’amore e ci rende capaci di
conoscerlo e amarlo.
In veritá, nelle nostre precedenti riflessioni, abbiamo
spesso fatto riferimento all’amore umano. Ma non potrem-
mo capire a fondo il mistero delle NOZZE cui siamo chiamati
senza meditare e accogliere Fessenza delle nozze cui sono
chiamati gli sposi cristiani.
Per guardare alia famiglia e imparare da essa, 1’ abbiamo
pensata come un’icona: un’immagine che non solo rivela la
figura ma, nello stesso tempo, rende presente un significato.
Cosi la proponiamo: YICONA DEL DONO DI SÉ.
Dagli sposi noi seminaristi, futuri sacerdoti, vogliamo
imparare alcune particolari sfumature del dono: la totalitá e
la concretezza, la quotidianitá e la feconditá; la capacitá di
accorgerc¿ dell’altro e accoglierlo cosi com’é, soltanto per-

220
199 Id., Esortazione apostólica Familiaris consortio, .17.
■hc i-'- l‘a castitá e la paternitá. Vogliamo IMPARARE
VAMORE, ncr essere capaci di servirlo nella veritá: offrendo ai
coniu- ¡,¡ f aiuto concreto ma anche la testimonianza del
nostro fnoj0 ¿i rispondere all’Amore che ci ha sceltí con la
libertá lijoiosa di chi attende le nozze eteme.

Obivítivi

In questa Unitá viene offerta una riflessione sul matrimo-


nio cristiano, in particolare nell’ottica della sessualitá umana
che in questa vocazione si realizza e si esprime in ma- nicra
peculiare.
- 11 matrimonio é presentato come mistero che, innanzi-
tutto, RIVELA 1’amore. Tale riflessione ci aiuta, come
semina- risti, ad approfondire ulteriormente il significato
della sponsalitá alia quale anche noi siamo chiamati.
Abbiamo perianto definito 1’amore coniugale e familiare
come ICONA DEL DONO DI SÉ.
- Nella LUCE SACRAMÉNTALE vengono poi focalizzate le
caratteristiche proprie dell’amore coniugale, che lo rendono
diverso rispetto ad altre esperienze d’ amore.
- UESERCIZIO DELLA SESSUALITÁ all’interno del
matrimonio viene messo in relazione sia alie caratteristiche
dell’amore coniugale sia all’essenza sacraméntale, espressa
nella formula del consenso nuziale.
- Questa Unitá suggerisce perianto spunti di riflessione
che arricchiscono la verifica personale del seminarista sulla
propria chiamata all’amore, ma che si rivelano utili anche a
scopo CATECHETICO-PASTORALE.

221
II «grande mistero»

Una riflessione sul sacramento

Parlando del matrimonio cristiano, non possiamo che uti-


lizzare una parola che ci introduce nella profonditá di tale
realtá in tutta la sua pregnanza: «mistero»!
E questo il termine che ci é richiesto di penetrare: e la
parola di Dio ci guida in questa scoperta, in questo appro-
fondimento, in questa consapevolezza. Siamo, secondo
quanto san Paolo dice nella Lettera agli Efesini, dinanzi a un
«grande mistero»200.
L’amore umano, inserito nella sua vocazione al matrimo-
nio, supera i confini di ció che l’esperienza personale e la
relazione interpersonale - sia puré vissute in tutta la loro
profonditá - possono consentiré: ci appare destinatario e
protagonista di una piü grande apertura, di un’infinita tra-
scendenza.
C’é un mistero, addirittura un «grande mistero» che l’a-
more umano é chiamato a incamare e a rivelare. C’é un In-
visibile che deve diventare visibile. E «la visibilitá dell’In-
visibile non significa - se cosi si puo dire - una totale chia-
rezza del mistero. Esso, come oggetto della fede, rimane
velato anche attraverso ció in cui appunto si esprime e si at-
tua. La visibilitá dell’In visibile appartiene quindi all’ordine
dei “segni”, e il “segno” indica soltanto la realtá del mistero
ma non la svela»201.
Rendere visibile l’Invisibile. Essere «segno» vivo e vero
3
Ef 5,32.
4
Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creo, op. cit., p. 379.
di un Invisibile che in quel segno si rende presente,
200 Id., Esortazione apostólica Familiaris consortio, 17.
222
201Cfr. id., Lettera alie famiglie, 12.
operante, |uni¡nilS0: pur non rivelandosi completamente, non
perdendo h liberta e l’identitá del suo essere mistero
d’amore. Questo ^unifica «custodire, rivelare e comunicare
1’amore»5.
"¡I SCGNO SACRAMÉNTALE, che é segno visibile dell’amore,
ci aiula a comprendere la profonditá e la bellezza di una vo-
ca/ione destinata a rivelare il pensiero di Dio che si espri-
me nc!l’uomo e nella donna creati a sua immagine.
Non possiamo, dunque, comprendere del tutto il signifí-
calo o il valore della sessualitá umana senza far riferimento
al sacramento del matrimonio, senza la luce di tale mistero.
Ma nen possiamo, d’altra parte, capire questo sacramento
sen/a í'are riferimento alia persona umana e alia sessualitá,
>cn/a attingere luce a quel nostro essere CORPO che davvero
- lo comprendiamo meglio - si conferma essere sacramento
Jclla sponsalitá.

Sacramento del matrimonio e sacramentalitá del corpo

il matrimonio é sacramento che si contrae grazie alia li-


bela volontá degli sposi: sono loro i ministri e solo loro po-
isí ino pronunciare la formula di quel consenso che li rende
marito e moglie. Le parole sono segno delle persone che le
¡vonunciano, della loro identitá insostituibile, della loro
libera autodeterminazione... della scelta. Ma diventano via
efficace di tale attuazione sacraméntale solo quando il lin-
guaggio parlato diventa linguaggio del corpo: é la «consu-
mazione» del matrimonio, l’incamazione di una totalitá che
il patto coniugale é chiamato a esprimere, a prometiere, a
rendere definitiva6. Quando dunque pensiamo all’esercizio
della sessualitá nel matrimonio, non possiamo assoluta-
mente dimenticame l’essenza sacraméntale.
Gli sposi cristiani sono chiamati a essere segno visibile

223
di quell’amore che é in Dio, di quell’amore che é da D i n ' che
é Dio202. La loro profonda e impegnativa vocazione |j rende
davvero ICONA DELLA TRINITÁ. Questa essenza di amore
espressa dal segno informa e pervade tutta la vita e la per-
sona dei coniugi: e da queste traspare.
II sacramento del matrimonio é definito «sacramento pri-
mordiale»: un segno, cioé, che rivela e rende presente il mi-
stero dell’amore creativo, che sgorga direttamente da questo
amore e lo manifesta per primo. Nell’uomo e nella donna
creati, che sono «una sola carne» 203, il matrimonio si puo
definire «quale parte integrante e, in un certo senso, céntrale
del “sacramento della creazione”»204.
L’amore non é originato direttamente dagli sposi, ma da
loro accolto e scelto perché é dono di Dio, che dona all’uo-
mo la capacitá di amare. Una capacitá che non é puramente
ascética o psicológica, cioé solo virtü umana. Dice Gesü a
santa Caterina da Siena: «... come il vaso riempito alia fon-
te, quando si beve togliendolo dalla fonte si vuota, mentre
resta pieno se si beve lasciandolo alia fonte, cosi é dell’a-
more del prossimo, tanto spirituale che temporale: vuole es-
sere bevuto stando in me, senza alcuna riserva» 205. Amare é
davvero «rimanere nel suo amore»206!

L’amore redento

Sappiamo, pero, come 1’esperienza del peccato turbi la


purezza di quel «bell’amore» che il Padre affida all’uomo e
alia donna, che si rivela con l’autorivelazione della
persona207.
La concupiscenza, la lógica del desiderio si insinúa nella
comunione umana e 1’individuo vive la tentazione del pos-
l’uomo e la donna sperimentano perianto l’incapacitá
202 Cfr. lGv 4,8.
203 Gn 2,24.
204 Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 375.
205 Santa Caterina da Siena, II Dialogo della Divina Provvidenza, op. cit., Can-
tagalli, Siena 1994, p. 133.
206 Cfr. Gv 15,9.
224207 Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera alie famiglie, 20.
ji \ i\ere il SIGNIFICATO SPONSALE del corpo, il valore di quel-
l'aniore del quale erano, per natura e identitá, resi capaci.
Puirebbe ora coglierci una sorta di rassegnazione e di
seuraügiamento: soprattutto se guardiamo alie difficoltá, al
io dcíx)lezze, alie fragilitá della nostra umanitá, delle fami- ,.|
¡e che abbiamo attorno, forse anche delle nostre.
Tsiitavia proprio nel sacramento del matrimonio, il sacra-
niL-iiM della creazione si rivela gia nella sua salvifica essen-
N\ - j -reannunciata e realizzata - di segno e strumento della

ivJcuíione. II «grande mistero», di cui san Paolo ci parla, é


ule ■■ in riferimento a Cristo e alia Chiesa» 208, alia loro unio-
ne '•¡'■onsale. II matrimonio, quale sacramento della Chiesa,
ei ri el a Y AMORE REDENTO e salvifico che pervade e permette
a < J i -.posi di amarsi nella veritá: é la redenzione del corpo
che ü rende capaci di superare la concupiscenza del peccato e
ritrovare la possibilitá di vivere il significato sponsale, cioé di
donarsi l’uno all’altra nella veritá 209.
«Desidero che voi crediate e vi convinciate - scrive Gio-
vanni Paolo II ai giovani - che questo vostro umano “grande
mistero” ha il suo principio in Dio che é il creatore, che esso é
radicato in Cristo redentore il quale come lo sposo “ha dato se
stesso”, e a tutti gli sposi e le spose insegna a donarsi secondo
la piena misura della dignitá personale di ciascuno e di
ciascuna. Cristo ci insegna 1’amore sponsale»210.
L’amore sponsale di Cristo per la Chiesa illumina defini-
tivamente l’essenza e la bellezza del matrimonio e lo rende
sacramento di tale mistero indissolubile. Ma 1’ amore spon-
sale rende ragione - lo vedremo bene - della verginitá con-
sacrata, che chiama a vivere il SIGNIFICATO SPONSALE del cor-
po proprio come lo ha vissuto Gesú. Nel «grande mistero»
dunque in qualche modo tutti troviamo la risposta al senso e
al mistero del nostro essere, della nostra vocazione.

208 Ef 5,32.
209 Cfr. Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creo, op. cit., p. 390.
210 Id., Lettera ai giovani nell’Anno Santo della redenzione, 31 marzo 1985. 225
Sessualitá umana e amore coniugale

Amore coniugale e consenso nuziale

Ora potremmo chiederci quali sono le caratteristiche che


l’amore coniugale é chiamato a incarnare e riceve il privilegio
di manifestare, per esprimere questa esseñza sacraméntale,
farla vivere concretamente, crescere e risplendere nella sua
indubbia attualitá operativa.
L’ encíclica HUMANAE VITAE definisce in modo sintético ed
efficace questo amore, ricordandoci, prima di tutto, di
guardarlo alia luce della stessa sorgente della luce: esso, in-
fatti, «rivela la sua vera natura e nobiltá quando é considérate
nella sua sorgente suprema, Dio, che é Amore» 211. Ed é
interessante rileggere, grazie alie preziose definizioni che tale
enciclica ci offre, LA FORMULA DEL CONSENSO nuziale.
1. L’amore coniugale «é prima di tutto AMORE PIENAMENTE
UMANO, vale a dire nello stesso tempo sensibile e spirituale.
Non é quindi semplice trasporto di istinto e di sentimento, ma
anche e principalmente é atto della volontá libera» 212.
Da queste parole traspare la pienezza di un’umanitá che
vede legarsi assieme il sentimento e la volontá, la libertá e
l’impegno: la decisione consapevole, che é a un tempo scelta
della persona e del matrimonio, nella comprensione di quale
sia il suo significato. É questo, in fondo, ció che nel rito
nuziale il celebrante domanda ai ministri: «Siete ve- nuti a
contrarre matrimonio in piena libertá, senza alcuna cl1stiizione,
plenamente consapevoli del significato della u^ira decisione?».
2. V amore coniugale - continua Y HUMANAE VITAE - «é poi
amore TOTALE, vale a dire una forma tutta speciale di amicizia
personale in cui gli sposi generosamente condivi- jono ogni
cosa, senza indebite riserve o calcoli egoistici. t’hi ama
davvero il proprio consorte, non lo ama soltanto per líiianto
riceve da lui, ma per se stesso, lieto di poterlo ■irrkvhire del
dono di sé»213.
211 Paolo VI, Lettera enciclica Humanae vitae, 8.
226
212 Ibid., 9.
213 Ibidem.
[ ,;i totalitá di questo amore include la totalitá della persona
e della vita. É anche questa totalitá che rende 1’amore tra o|i
sposi un dono, non un transitorio “abbandonarsi psico-
ciiiniivo”. Questa totalitá é garanzia di gratuitá generosa ciic
ama l’altro per quello che egli veramente é, che non si lerna
neppure dinanzi alia delusione e alia sua fragilitá: ..Siete
disposti, nella nuova via del matrimonio, ad amarvi e onorarvi
l’un l’altro per tutta la vita?».
3. L’amore coniugale é anche «AMORE FECONDO, che non si
csaurisce nella comunione tra i coniugi, ma é destinato a
coutinuarsi, suscitando nuove vite» 214.
Ogni amore é fecondo, anche 1’amicizia: ma 1’amore spon-
sale possiede la delicata e splendida vocazione di trasmette- re
la vita física.
Quando rispondono «si» al celebrante che chiede: «Siete
disposti ad accogliere responsabilmente e con amore i figli
che Dio vorrá donarvi e a educarli secondo la legge di Cristo e
della sua Chiesa?», gli sposi riconoscono Dio come autore
della vita. Essi si riconoscono ministri ma non pa~ droni della
vita umana in tutto il suo disegno: e solo se essi accolgono
cosi il figlio lo educheranno realmente condu- cendolo
davvero a Dio, perché lo aiuteranno prima di tutto, e fin
dall’inizio della sua vita, a capire come lui sia dono del
Signore. Gli sposi si amano: e in virtü di questo amore sono
disposti ad amare la vita.

214 Ibidem. 227


4. L’ amore coniugale é infine «AMORE FEDELE ED
ESCLUSIV,> fino alia morte. Cosi infatti lo concepiscono lo
sposo e la sposa nel giorno in cui assumono liberamente e in
piena consapevolezza l’impegno del vincolo
matrimoniale»215.
E la formula del consenso rende testimonianza di questa
fedeltá e di questa esclusivitá: «lo... prendo te... come mió
sposo/come mia sposa, e prometto di esserti fedele sempre,
nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di
amarti e onorarti tutti i giomi della mia vita».
In questa formula sono anzitutto pronunciati i nomi: é il
segno della persona che sceglie, dell’esclusivitá, caratteri-
stica peculiare dell’amore coniugale216.
In questa formula é promessa la fedeltá a una persona -
lo sposo/la sposa - ma anche a un progetto liberamenie
scelto, che é il matrimonio. Una fedeltá che non puó veniiv
meno non tanto per le capacita umane, quanto per 1’intrín-
seca e infinita fedeltá di quel mistero d’amore di cui gli sposi
diventano segno sacraméntale.
Chi é chiamato al matrimonio sceglie di donarsi all’altra
persona e quest’ultima mette la propria vita nelle mani del
consorte: la fedeltá é promessa a ogni condizione!
Questo é dunque 1’amore coniugale che gli sposi deside-
rano realizzare, che scelgono liberamente e nel quale impe-
gnano la loro libertá.

L’amore nuziale e l’esercizio della sessualitá

Alia luce di questo amore va compreso l’esercizio della


sessualitá nel matrimonio, dunque il suo stesso significato:
«al momento dell’atto coniugale, l’uomo e la donna sono
chiamati a confermare in modo responsabile il reciproco
dono che hanno fatto di sé nel patto matrimoniale» 217.
Gli sposi, che mediante il linguaggio del corpo esprimo- no
le proprie intenzioni, consentiranno al corpo di parlare ja
parte loro, cioé di esprimere il significato e il valore di q u a n t o
215 Ibidem.
216 Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera alie famiglie, 11.
217 Ibid., 12.
228
hanno pronunziato: 1 ’ amore vicendevole.
É una sorta di «profetismo del corpo»: l’uomo e la donna,
attraverso il corpo, devono diventare quasi profeti: parlare.
l’uno per l’altra, il linguaggio che esprime il progetto di Dio.
la sua intenzione, la sua veritá218. Vivendo profetica- mente
nella loro relazione coniugale la parola di Dio e la sua
volontá, potranno portarla anche agli altri: saranno davvero
PROFETI dell’Amore.
É per questo che l’atto coniugale, per mezzo del quale gli
sposi si donano reciprocamente e totalmente, deve poter
esprimere in pienezza il valore dell’amore coniugale: essere
atto D’AMORE CONIUGALE. E ció é valido non solo per il «pri-
mo atto» che gli sposi vivono, ma per ognuno di essi.
Alia luce delle riflessioni precedenti emerge dunque come
l’atto coniugale sia, innanzitutto, «pienamente umano»: non
deve attingere solo alia realtá istintivo-emotiva, ma ra
il icarsi sempre piü nella scelta operata dalla persona, nella
>,ua volontá libera. Pensando all’esercizio della sessualitá ci
nferiamo spesso alia spontaneitá, che non é sinonimo di
istintivitá. Anche la spontaneitá si misura sul valore della
persona, sulla sua capacitá di superare i limiti del puro desi-
derio per entrare nella lógica del dono: é spontaneitá della
persona umana. Potremmo forse dire che anche l’atto co-
niugale é - e deve essere - una scelta d’amore.
L’atto coniugale é poi un atto «totale», che esprime il le-
game di tutta una vita nella misura in cui coinvolge anche
I. :; totalitá presente della persona. La persona corpo, con la
sua sessualitá, con la sua potenziale fertilitá (lo vedremo
bene) é chiamata a donarsi e a essere accolta. Non si puo
cercare di «condividere ogni cosa» se non si mette in gioco
tutta la propria persona.
Ancora l’atto coniugale é «fecondo»: il progetto di Dio
sulla trasmissione della vita é mirabilmente affidato all’a-
more coniugale, e diventa concreto proprio attraverso di es-
so. Gli sposi devono comprendere in profonditá quanto
grandi siano il privilegio e la responsabilitá che ció com-
porta: staccare l’esercizio della sessualitá dalla procrea-
zione significa smarrire il significato dell’atto coniugale.
218 Id., Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 403.

229
Quante cosiddette «patologié dell’atto sessuale» possono
essere riportate a questa svalutazione!
Per questa strada, l’atto coniugale é «atto fedele». Fedele
all’altra persona, a ció che esso stesso é chiamato a incarna-
re: il grande mistero dell’amore nuziale.

L’atto sessuale é atto coniugale

L’atto coniugale é il luogo in cui si esprime YAPPARTE-


NENZA RECIPROCA di due persone che Dio stesso suggella
perché é a lui che, in realtá, gli sposi appartengono.
L’atto coniugale aiuta gli sposi a crescere nel reciproco
amore, a essere profezia l’uno per l’altra, nella misura in cui
essi si nutrono dell’amore di Dio e lo esprimono nei Joro atti.
L’atto coniugale é mistero di vita, luogo che racchiude,
per un imperscrutabile disegno del Creatore, 1’inizio della
vita umana, il primo incontro dell’uomo col suo Signore. Gli
sposi imparano, nel mistero della generazione, che sono
chiamati a «volere la nuova creatura umana come la vuole
il Creatore: “per se stessa”»25.
Per questo l’atto coniugale é espressione di sponsalitá:
perció ogni atto sessuale compiuto fuori del matrimonio
perde il suo grande senso. Perde - potremmo dire - il suo
«significato sponsale». L’ATTO SESSUALE é dunque, nel suo
único e piü profondo valore, ATTO CONIUGALE.
Dobbiamo gridare agli sposi questa veritá, consapevoli
che Cristo ci ha affidato il delicato e bellissimo compito di
difendere l’atto coniugale come realtá SACRA: anch’esso, in-
j-atti. deve poter essere «sacramento» che rivela un «miste-
ro». E questo dipende anche dal nostro annuncio.
É vero, «il razionalismo moderno non sopporta il miste- r0i
Non accetta il mistero dell’uomo, maschio e femmina, NÉ
vuole riconoscere che la piena veritá sull’uomo é stata
rivelata in Gesü Cristo. Non tollera, in modo particolare, il
- a r a n de mistero”, annunziato dalla Lettera agli Efesini, e lo
combatte in modo radicale» 219. Ma 1’amore degli sposi, dob-
biamo aveme fiducia, porta in sé la sete e la capacitá di po-
25
Id., Lettera alie famiglie,
219
9. Ibid,, 19.

230
icrlo vivere.

Castitá coniugale: rispetto per Popera di Dio

Nel matrimonio as sume grande valore la virtü della ca-


stitá, che permette ai coniugi di vivere nel mistero del «bel-
I'amore» incamando cioé, proprio attraverso le loro mani-
lestazioni affettive, il rispetto di ció che viene da Dio 220.
Nell’atto coniugale casto si esprime in modo concreto il
rispetto per 1’opera di Dio. Possiamo riconoscere tale ri-
spetto a tre livelli fondamentali.
1. II rispetto per 1’opera di Dio che é la PROPRIA PERSONA:
attraverso il superamento dell’orizzonte del desiderio, del-
i'egoismo, del sentimentalismo. «Virtü che favorisce la ma-
u>ritá della persona e la rende capace di rispettare il “signi-
t'icato sponsale” del corpo»: cosi VEVANGELIUM VITAE, ri-
prendendo la FAMILIARIS CONSORTIO, definisce la castitá221.
2. II rispetto per Topera di Dio che é L’ALTRO: la castitá
implica la «capacitá di dirigere sia la linea dell’eccitazione
\erso il suo corretto sviluppo, sia anche la linea dell’emo-
/ione stessa, orientándola verso l’approfondimento e l’in-
lensificazione interiore del suo carattere “puro” e, in certo
senso, “disinteressato”»222. Si tratta di una semplice ma pro

220 Id., Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 489.
221 Id., Lettera enciclica Evangelium vitae, 97; cfr. Giovanni Paolo II, Esorta- zione
apostólica Familiaris consortio, 37.
222 Id., Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 487.

231
fonda attenzione alia persona in cui rientrano tanti aspetti
della vita quotidiana dei coniugi: la loro accoglienza reci-
proca incondizionata, l’attesa dei tempi dell’altro, il rispetto
dell’altro nella sua veritá di creatura, il rispetto del corpo
quale sacramento dell’altro, il rispetto della vita... un rispetto
che é irrinunciabile condizione di fedeltá.
3. II rispetto per Topera di Dio che é VATTO CONIUGALE:
ció riassume e quasi ricapitola gli altri significati, in
particolare quelli “unitivo e procreativo”.
«I doni dello Spirito Santo, e in particolare il dono del ri-
spetto di ció che é sacro, sembrano avere qui un significato
fondamentale. Tale dono sostiene infatti e sviluppa nei co-
niugi una singolare sensibilitá a tutto ció che nella loro voca-
zione e convivenza porta il segno del mistero della creazione
e della redenzione: a tutto ció che é un riflesso creato della
sapienza e dell’amore di Dio. Perianto quel dono sembra ini-
ziare l’uomo e la donna in modo particolarmente profondo al
rispetto dei due significati inscindibili dell’atto coniugale, di
cui parla l’enciclica HUMANAE VITAE (n. 12) in rapporto al sa-
cramento del matrimonio. II rispetto dei due significati del-
l’atto coniugale puo svilupparsi pienamente solo in base a un
profondo riferimento alia dignitá personale di ció che nella
persona umana é intrínseco alia mascolinitá e femminili tá e
inscindibilmente in riferimento alia dignitá personale della
nuova vita, che puo sorgere dall’unione coniugale dell’uomo
e della donna. II dono del rispetto di quanto é creato da Dio
si esprime appunto in tale riferimento» 30.

Castitá coniugale e spiritualitá coniugale

La spiritualitá coniugale si costruisce, innanzitutto, come


docilitá e accoglienza dell’amore vero effuso nei cuori per
mezzo dello Spirito Santo 31: «questa creativa forza d’amore „
i unge ai cuori umani e, nello stesso tempo, ai corpi umani
nella loro soggettiva mascolinitá e femminilitá» 223. La casti-
ui é dunque parte della spiritualitá coniugale.
Si tratta di un cammino che, come tale, puó essere lento
223 Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 477.
1 faticoso, spedito ed entusiasmante, fatto di cadute ma an-
ulie di svolte impreviste... Un percorso di cui 1’Amore é
argente, forza motrice, fine ultimo.
Non dobbiamo mai dimenticare la potenza di tale Amore,
ne smettere di credervi profondamente e con determinazione.
Solo cosi aiuteremo gli sposi a credere veramente nel sacra-
mento che celebrano. Per esso, infatti, la grazia dell’amore di
[)io penetra ogni gesto della vita degli sposi ed elargisce loro
il dono e il compito della castitá. Ma anche questo é un dono
iln chiedere, da implorare, da cercare. Come e dove?
«II “bell’amore” - ecco la risposta - si impara soprattutto
pregando»224. Nella PREGHIERA al Dio dell’amore, nel ricorso
W\VEUCARISTÍA e alia RICONCILIAZIONE, gli sposi tengono
viva la grazia operante di quel sacramento nuziale che li
vede -eorroborati e quasi consacrati» 225, per camminare verso
la perfezione.

A' cune riflessioni pastorali

2 rapporti prematrimoniali
Come é possibile, oggi, educare i coniugi a vivere cosi la
propria sessualitá e il proprio amore coniugale?
La domanda indirizza la nostra attenzione pastorale verso
la PREPARAZIONE AL MATRIMONIO, che la Chiesa ci invita a
valorizzare con opportuni itinerari da proporre nelle fasi
«remota... prossima... immediata...» 226.
É proprio la comprensione del significato del matrimonio
e dell’atto coniugale che, aprendo il cuore e la mente dei
futuri sposi, li motiva a vivere il sacramento come único
LUOGO nel quale si realizza nella veritá il dono reciproco tra
due persone. Nell’esperienza giovanile e spesso avverti- ta
come problemática la domanda riguardo ai cosiddetti
rapporti prematrimoniali, che puo trovarsi a intralciare o a
rendere incoerente e superficiale la stessa esperienza di fede,
224 Id., Lettera alie famiglie, 20.
225 Paolo VI, Lettera encíclica Humanae vitae, 25.
226 Cfr. Giovanni Paolo II, Esortazione apostólica Familiaris consonio, 66; cfr.
Pontificio Consiglio per la Famiglia, Preparazione al sacramento del matrimonio, 21-
59.

233
a motivo di quello che viene riduttivamente percepito come
un «no» della Chiesa al riguardo.
E dunque importante per noi interrogarci su come tra-
smettere nella sua bellezza quello che, lungi dal dover essere
interpretato come divieto, é invece la strada da seguiré per
realizzare pienamente il progetto di Dio sul matrimonio.

II “carisma” delfidanzamento
Questo obiettivo esige, da un punto di vista pastorale, una
piena valorizzazione del significato e del cammino del
fidanzamento227.
Ci é facile, come seminaristi, comprendere la preziositá di
un tempo - quello della PREPARAZIONE - che, pur configu-
randosi principalmente come attesa, ha tuttavia in sé il
grande valore della COSTRUZIONE. Fra il tempo del fidanza-
mento e il matrimonio esiste lo stesso rapporto che c’é fra il
tempo del seminario e il sacerdozio.
Lo stile di vita del fidanzamento costruisce il matrimonio
non quale realtá futura e lontana ma come mistero che da
súbito é affidato a coloro che sono chiamati a custodirlo: i
fidanzati. Essi devono essere resi consapevoli di possedere
un vero e proprio CARISMA, un dono, un’identitá, di cui la
castitá prematrimoniale é parte costitutiva.
E un’attesa nella quale costruire e sviluppare - anche sul
piano psicologico e comportamentale - quegli elementi

227 Cfr. Conferenza Episcopale Italiana, Direttorio di Pastorale Familíare per la


Chiesa in Italia, Editare Fondazione di religione «Santi Francesco d’Assisi e Caterina
da Siena», Roma 1993, pp. 55-74.
234
senza i quali lo stesso rapporto coniugale sarebbe poi privo
Ji significato, sarebbe svilito della sua pienezza e del suo
valore: 1’ autodominio, il pudore, la tenerezza, il rispetto
Jell’altro e dell’amore... E le fondamenta che i fidanzati
porranno in questa fase del loro cammino costituiranno una
hase solida per il progetto di vita che chiama entrambi.
Questo significa «costruire sulla roccia» 37: costruire su Dio,
sul suo progetto. Costruire con lui.
In tal senso, lo sforzo pastorale del sacerdote deve mirare
a curare il tempo del fidanzamento essenzialmente come
/NEPARAZIONE al matrimonio. Essere fidanzati, cioé, significa
aver scelto il matrimonio e doversi preparare a esso. II
fidanzamento ha dunque un profondo valore umano, cri-
stiano, vocazionale: e le nostre comunitá sono chiamate a
riscoprirlo.

Scminaristi e sacerdoti “per” la famiglia


Ricordando questi anni di seminario, la fatica che li ha
caratterizzati, la cura che ci é stata riservata, 1’attenzione che
la Chiesa - incamata dai superiori - ha posto nel DI- M
ERNIMENTO della nostra vocazione, in particolare per quan-
lo riguarda il carisma del celibato, sapremo meglio ricono-
scere il valore del tempo del fidanzamento. E potremo tra-
süietterlo attraverso opportuni itinerari di catechesi, la pro-
posta di gruppi di condivisione, approfondimento e preghiera
e, soprattutto, la cura interiore delle anime. I fidanzati, per
prepararsi correttamente al matrimonio, per essere sostenuti
nella loro scelta e nelle loro fatiche - tra cui quella di
scegliere e vivere la castitá - hanno bisogno di sentire che il
prete PRENDE SUL SERIO la loro vocazione, ha fiducia nella
loro capacitá d’amare, valorizza la preparazione che loro
fanno. E condivide i loro sforzi. Questa attenzione diventa
poi, per il sacerdote, quasi uno STILE, un modo di stare
accanto agli sposi, alie famiglie.
Ai vescovi e ai presbiteri Giovanni Paolo II chiede proprio
di «sostenere la famiglia nelle sue difficoltá e sofferen- ze,
affiancandosi ai membri di essa, aiutandoli a vedere la loro
37
Cfr. Mt 7,24.

235
vita alia luce del Vangelo»228.
Sapremo farlo solo se impareremo a portare nel cuore del
nostro sacerdozio la famiglia e 1’ amore per essa, a porre nel
cuore della nostra verginitá il cuore del matrimonio; a far si
che il nostro celibato fecondi 1’amore coniugale degli sposi
che, a sua volta, da spessore e valore alia nostra verginitá 229.
II cuore di tutta l’azione pastorale nei confronti della fa-
miglia consiste nel vivere con fedeltá, pienezza e gioia la
CASTITÁ DEL CELIBATO SACERDOTALE. La PASTORES DABO
VOBIS ri- corda con efficacia che il sacerdote, «mentre
testimonierá il valore evangélico della verginitá, potra
sostenere gli sposi cristiani a vivere in pienezza il “grande
sacramento” dell’a- more di Cristo sposo per la Chiesa sua
sposa, cosi come la sua fedeltá nel celibato sará di aiuto per
la fedeltá degli sposi»230.
E possibile che la famiglia rinasca, che i giovani ritrovi-
no la bellezza e la veritá dell’amore nelle loro famiglie e
grazie a esse. E possibile vedere Dio-Trinitá dentro la fami-
glia, comunitá d’amore. Ed e possibile, cosi, una nuova so-
cietá, un mondo nuovo, una storia nuova.
E possibile! Dobbiamo crederlo e dimostrarlo, attraverso
la cura che riserviamo al mistero della famiglia, alia sua
promozione, alia sua difesa, alia sua preparazione. Una sol-
lecitudine che, come sempre, passa dentro la nostra stessa
vita: nella preparazione della nostra persona e della nostra
vocazione.
La crescita e la formazione di oggi, forse faticosa, ci ren-
derá davvero in grado di FARE la pastorale familiare. Di ES-
SERE, cioé, veri pastori per ogni famiglia umana, secondo
quanto la Chiesa indica proprio ai seminaristi. «II primo e
iiecessario presupposto per l’assistenza spirituale dei coniu- ,ij
cristiani e delle loro famiglie é la maturitá umana e cri stiana dei
presbiteri. Si richiede perianto che ambedue que- sti aspetti
della personalitá dei futuri sacerdoti siano atten- tamente
seguiti e curati sin dai primi anni della vita semina- ristica.

228 Giovanni Paolo II, Esortazione apostólica Familiaris consortio, 73.


229 Cfr. Seminario arcivescovile Pió XI, «Rimanete nel mió amore» (Gv 15,9):
itinerario di formazione all ’affettivita e alia sessualitá per i seminaristi, Elle Di Ci,
Leumann Torino 1998, p. 18.
230 Giovanni Paolo II, Esortazione apostólica Pastores dabo vobis, 50.
236
Occorre anzitutto che a essi risplenda in tutta la sua novitá e
bellezza il rapporto tra la chiamata alia verginitá e quella al
matrimonio, come due dimensioni dell’unica vocazione alia
santitá»231.
-----------------------------------------------------------------------
Per la riflessione e la preghiera

Si ate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo.


Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore;
il marito infatti é capo della moglie, come anche Cristo é
capo della Chiesa, lui che é il salvatore del suo corpo. E
come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, cosi anche le
mogli siano soggette ai loro mariti in tutto.
E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha
amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla
santa, purificándola per mezzo del lavacro dell’acqua
ac- compagnato dalla parola, al fine di far si comparire
davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né
ruga o al- cunché di simile, ma santa e immacolata. Cosi
anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il
proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se
stesso. Nessu- no mai infatti ha preso in odio la propria
carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con
la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per
questo l’uomo lascerá suo padre e sua madre e si unirá
alia sua donna e i duefor- meranno una carne sola.
Questo mistero é grande; lo dico in riferimento a Cristo
e alia Chiesa (Ef 5,21-32).

L’uomo, che da principio é maschio e femmina, deve


231 Congregazione per l’Educazione Cattolica, Direttive per la formazione dei
seminaristi circa i problemi relativi al matrimonio e alia famiglia, 31.

237
cercare il senso della sua esistenza e il senso della sua
umanitá giungendo fino al mistero della creazione
attraverso la realtá della redenzione. Ivi si trova anche la
risposta essenziale all’interrogativo sul significato del
corpo umano, sul significato della mascolinitá e
femminilitá della persona umana. L’unione di Cristo con
la Chiesa ci consente di intendere in
t| uale modo il significato sponsale del corpo si completa L-
iui il significato redentore, e ció nelle diverse strade della \ita
e nelle diverse situazioni: non soltanto nel matrimonio nella
«continenza» (ossia verginitá o celibato), ma anche, p L-r
esempio, nella multiforme sofferenza umana, anzi: nel- la
stessa nascita e morte dell’uomo. Attraverso il «grande
mistero», di cui tratta la Lettera agli Efesini, attraverso la
miova alleanza di Cristo con la Chiesa, il matrimonio viene
nuevamente inscritto in quel «sacramento dell’uomo» che
abbraccia l’universo, nel sacramento dell’uomo e del mon-
tlo. che grazie alie forze della «redenzione del corpo» si i
lindel la secondo 1’amore sponsale di Cristo e della Chiesa
lino alia misura del compimento definitivo nel regno del
l’adre.
!1 matrimonio come sacramento rimane una parte viva e \i\
ificante di questo processo salvifico (Giovanni Paolo II,
l <>mo e donna lo creó. Catechesi sull’amore umano, Cittá
Nuova, Roma 1985, p. 395).
Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alia
prova e gli chiesero: «É lecito a un uomo ripudiare la propria
moglie per un qualsiasi motivo?». Ed egli rispóse: «Non avete
letto che il Creatore da principio li creo maschio e femmina e
disse: “Per questo l’uomo lascerá suo padre e sua madre e si
unirá a sua moglie e i due saranno una carne sola?”. Cosi che
non sono piü due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio lia
congiunto, l’uomo non lo separi» (Mt 19,3-6).
Spesso passavo di qui.
Facevo questa strada tornando dal lavoro (la
mattina invece prendevo una scorciatoia).
Prima pero non badavo a questa bottega.
Ma da quando il nostro amore si é spezzato
238
piü di una volta mi sono fermata a guardare
le fedi d’oro
i simboli dell’amore umano e della fedeltá coniugale.
Ricordavo come, tempo prima, questo símbolo mi parlava
quando 1’amore era innegabile, quando era un inno
cantato con tutte le corde del cuore.
Poi le corde a poco a poco ammutolivano e nessuno
sapeva piü accordarle.
Io credevo che il colpevole fosse Stefano - non riuscivo a
trovare colpa dentro di me.
La vita si trasformava sempre di piü
nella pesante coesistenza di due
che occupavano sempre meno posto uno nell’altro.
Ora rimane solo 1’insieme dei do veri,
un insieme convenzionale e mutevole, sempre piü spoglio
del puro sapore dell’entusiasmo.
E cosi poco ci unisce, cosi poco.
Allora mi vennero in mente le fedi che ancora portiamo al
dito
io e lui.
Cosi una volta, tomando dal lavoro, e passando vicino
all’orefice, mi sono detta - si potrebbe vendere, perché no,
la mia fede (Stefano non se ne accorgerebbe, non esistevo
quasi piü per luí.
Forse mi tradiva - non so,
perché anch’io non mi occupavo piü della sua vita.
Mi era diventato indifferente.
Forse, dopo il lavoro, andava a giocare a carte, dalle
bevute tomava molto tardi, senza una parola, e se ne
gettava la una rispondevo col silenzio).
Quella volta decisi di entrare.
L’orefice guardo la vera, la soppesó a lungo sul palmo e
mi fissó neglí occhi. E poi decifró la data scritta dentro la
fede.
Mi guardó nuovamente negli occhi e la pose sulla
bilancia... Poi disse: «Questa fede non ha peso, la lancetta
sta sempre sullo zero e non posso ricavame nemmeno un
milligrammo d’oro.
Suo marito deve essere vivo - in tal caso

239
nessuna delle due fedi ha peso da sola
- pesano solo tutte e due insieme.
La mia bilancia d’orefice
ha questa particolaritá
che non pesa il metallo in sé
ma tutto l’essere umano e il suo destino».
Ripresi con vergogna l’anello e senza
una parola fuggii dal negozio
- pensó che lui mi abbia seguito con la sguardo
(Karol Wojtyla, LA BOTTEGA DELL’OREFICE, Librería
Editrice Vaticana, Cittá del Vaticano 1993, pp. 43-45).
Chiunque ascolta queste mié parole e le mette in pratica é
simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla
roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, sojfiarono i
venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde,
perché era fondata sopra la roccia. Chiunque ascolta
queste mié parole e non le mette in pratica, é simile a un
uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia.
Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, sojfiarono i venti e
si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua
rovinafu grande (Mt 7,24-27).

La vita in due: testimonianza di una giovane


coppia di sposi
«Grazie Signore, perché ci hai donato 1’amore
capace di cambiare la sostanza delle cose.
Quando un uomo e una donna diventano uno nel matrimonio
non appaiono piü come creature terrestri, ma sono
rimmagine stessa di Dio.

240
Cosi uni ti non hanno paura di niente.
Con la concordia, 1’amore e la pace 1’uomo e la donna sono i
padroni di tutte le bellezze del mondo, possono vivere tranquilli
protetti dal bene che si vogliono secondo quanto Dio ha stabilito.
Grazie, Signore, per 1’amore che ci hai regalato».

Su queste parole di san Giovanni Crisostomo, sulla base di questi


valori, abbiamo fondato la nostra vita di giovani fidanzati prima, e di
giovani sposi adesso.
Quando abbiamo scelto di sposarci, nove anni fa, sape- vamo gia
da allora che l’unione tra un uomo e una donna poteva racchiudere in
sé un grande e meraviglioso mistero: quello della procreazione.
E il dono piü bello che il Signore ci ha fatto: quello di renderci
partecipi della sua opera creatrice. Quando un uomo e una donna si
uniscono davanti a Dio diventano suoi collaboratori nella generazione
di una nuova vita; é una creazione che rispecchia appieno quella
originaria, nella quale il Signore ci ha fatti a sua immagine e
somiglianza.
Anch’essa, quindi, deve essere un puro atto di amore. É un ATTO,
perché si partecipa con l’intenzione di formare una nuova vita; é
PURO, cioé libero da ogni vincolo físico o psi- cologico; é AMORE,
quello autentico e indissolubile, che ci rende liben di vivere insieme
eternamente e che solo con il matrimonio abbiamo potuto conquistare.
Di fronte al meraviglioso mistero della procreazione ognuno di noi
puo scegliere due diverse strade: la prima consiste nel contemplare il
grande dono e conservarlo integro per tutta la vita; la seconda é quella
di tuffarcisi dentro con la gioia e la felicita di una vita in due aperta ad
altra vita.
Ambedue queste strade sono caratterizzate da una grande virtü che
oggi il mondo fa fatica solo a nominare: la CASTILÁ.
E la castitá di quanti si consacrano a Dio o di quanti sono chiamati
da lui a svolgere una particolare missione; é la castitá dei fidanzati
che attendono con fiducia di donarsi a vi- cenda: é la castitá degli
sposi che, mettendosi nelle mani del Signore, scelgono di vivere una
paternitá responsabile.
La nostra esperienza é stata quella di voler vivere a tutti i costí il
fidanzamento come un tempo di grazia.
Abbiamo imparato in questo lungo periodo, che il Signore ha voluto
metterci davanti, a conoscerci e a rispe ttarci, a crescere insieme e a
maturare la consapevolezza del sacramento del matrimonio.
Abbiamo imparato a formare UNA SOLA ANIMA, prima di formare un
solo corpo; abbiamo imparato a daré al rapporto di coppia il profondo
241
e autentico significato della procrea- /.ione: il fidanzamento lo
abbiamo vissuto in castitá. É stato difficile, certo, ma era Fuñica
strada che avevamo a dispo- sizione per fondare la nostra vita su
Colui che, per primo, si e innamorato di noi (Massimiliano e Paola).

UNITÁ H La trasmissione della vita


Jntroduzione

«Siete disposti ad accogliere responsabilmente e con


¡imore i figli che Dio vorrá donarvi?».
Quante volte, da sacerdoti, faremo questa domanda a co-
loro che desiderano unir si in matrimonio. Attenderemo, in
cjuei momenti, il loro «si», parte integrante di quel «si» a
Dio che li chiama a donarsi l’uno all’altra per tutta la vita. II
«si» all’amore coniugale é inscindibilmente unito al «si»
;iü’amore materno e paterno.
La chiamata a TRASMETTERE LA VITA é esclusiva del matri-
monio: una vocazione nella vocazione coniugale, una par-
íecipazione all’opera creatrice per mezzo della quale Dio
stesso elargisce la vita a una nuova creatura umana. La na-
tura di questa PARTECIPAZIONE ci viene indicata in maniera
splendida in una sintética ma pregnante espressione della
HUMANAE VITAE, la quale definisce gli sposi «liberi e re-
sponsabili collaboratori di Dio creatore» 1.
Sembra un paradosso, un’esagerazione: per creare, Dio, c
hiede l’aiuto e la «collaborazione» degli sposi. Lo stesso í.
reatore, anche quando si tratta di trasmettere la vita, usa i
criteri della chiamata, della VOCAZIONE. Egli mette, cioé, gli
sposi in condizioni di rispondergli, di scegliere: si parla in-
fatti di collaboratori «liberi e responsabili».
Dio dona agli sposi la possibilitá di pronunciare il proprio
«si» a un progetto che gli appartiene e che lui stesso intende
affidare loro come un compito ma, soprattutto, co- me un
grande dono.
«La generazione é la continuazione della creazione» 232. Y.
cosi il figlio, che per la creazione é ímmagine del Dio anui-
ré, diventa quasi, in un certo senso, immagine di quell V
more che lo ha generato, con il quale gli sposi si sono coiv
giunti in matrimonio e si sono uniti in quell’atto coniugale
che gli ha trasmesso la vita.
Insieme al dono della vita, che é - lo abbiamo piü volie
sottolineato - il primo e piü grande dono che possa essere
fatto a una creatura, Dio elargisce agli sposi, nel momento
della creazione del figlio, il dono della PATERNITÁ E
232 Giovanni Pao2o II, Lettera alie famiglie, 9.
MATERNITÁ: una partecipazione alia sua stessa única
paternitá.
C’é, lo confermiamo e lo comprendiamo sempre piü, un
profondo legame tra AMORE e VITA: una «connessione inscin-
dibile, che Dio ha voluto e che l’uomo non puo rompere di
sua iniziativa, tra i due significati dell’atto coniugale: il .si-
gnificato unitivo e il significato procreativo» 233. Tale afier-
mazione, nella sua chiarezza e profonditá, é alia base di uit-
to l’insegnamento della Chiesa sulla trasmissione della vita,
sulla PROCREAZIONE RESPONSABILE.
Saremo chiamati a preparare i fidanzati, a sostenere i co-
niugi e ad aiutarli a dire questo «SI» ALIA VITA. Saremo chia-
mati a evangelizzare questo «si»: significa «suscitare con-
vinzioni e offrire aiuti concreti per quanti vogliono vivere la
paternitá e la maternitá in modo veramente responsabile» 234.
Spesso ci si chiede come aiutare gli sposi a FARE I
GENITORI: prima aiutiamoli a ESSERE padre e madre.
Conoscere, amare e rispettare la fertilitá significa essere
consapevoli che la patemitá-matemitá é intrínseca
all’umanitá maschile e femminile: una consapevolezza che
si traduce nel modo in cui la coppia vive la propria
coniugalitá, anche nelle sue espressioni piü intime e
profonde.

233 Paolo VI, Lettera enciclica Humanae vitae, 12.


234 Giovanni Paolo II, Esortazione apostólica Familiaris consortio, 35.
Obiettivi

In questa Unitá si intende:


_ approfondire il significato della procreazione responsa-
bilc:
- comprendere perché la Chiesa insegna come la regola-
¿ioiv naturale della fertilitá sia la via concreta per realiz-
/arla:
- chiedersi a quali condizioni tale responsabilitá nella
procreazione si possa attuare. La nostra riflessione mira in-
f:iiti a sottolineare il profondo valore e l’ampia portata di
tale proposta che, lungi dall’essere “controllo delle nasci- t0".
\ alorizza la conoscenza e il rispetto per il progetto di Pin
sulla trasmissione della vita, che é scritto nel signifíca
lo de! corpo umano e nel mistero dell’amore coniugale. II
tema viene trattato in diversi aspetti:
a ¡ rCIENTÍFICO. Tenuto conto dei progressi della
medicina, clic l onsentono oggi di disporre di metodi
naturali attendi- hili cd efficaci sia per ricercare sia per
distanziare o evitare una gravidanza, si presentano questi
studi come una scienza a servizio della persona umana e del
vero amore coniugale;
b) UMANO. L’esperienza delle coppie che si accostano ai
metodi naturali dimostra quanto l’applicazione della cono-
scenza della fertilitá sia in realtá un vero e proprio stile di
vita;
c) ETICO. Si approfondisce il significato della procreazione
responsabile alia luce dell’insegnamento della Chiesa,
particolarmente esposto nell’enciclica HUMANAE VITAE, e in
continuitá con le precedenti riflessioni sul significato del-
l’amore e della sessualitá umana;
d) PASTORALE. La regolazione naturale della fertilitá é
esperienza squisitamente umana, proposta estensibile a tutti
che puó, pertanto, diventare un delicato e concreto stru-
mento di evangelizzazione, oggi particolarmente urgente.

249
Corporeitá, procreazione e regolazione
naturale della fertilitá

Feconditá umana e signifícate del corpo

Parlando del matrimonio, abbiamo visto come il consenso


nuziale si applichi e si confermi proprio nell’eserci/.iu della
sessualitá: il linguaggio parlato esprime la veritá del
sacramento, che poi sará il corpo stesso a dover rendere viva
e vera235.
La riflessione sulla procreazione umana pud scaturire da
un approfondimento del significato del corpo, della sua
sponsalitá, del suo essere sacramento. Quel corpo, che giá
abbiamo contemplato come sacramento della persona e del
mistero d’ amore di Dio 236, diventa quasi «sacramento del sa-
cramento» del matrimonio. Ed é - ce ne rendiamo conto -
una sacramentalitá che il corpo stesso puo e deve realizza-
re, ma a condizione di essere considérate tale dagli sposi,
cioé di essere rispettato.
Ancora una volta, dunque, il corpo di venta per noi rive-
latore di una veritá nascosta ma presente, che in esso e at-
traverso esso puo essere manifestata. E la veritá del progetto
di Dio sulla trasmissione della vita: in essa gli sposi ri-
trovano i criteri per attuare una procreazione auténticamente
RESPONSABILE.
Le leggi biologiche ci insegnano che la fertilitá non é
sempre presente nella persona umana237. In particolare, essa

matura nella fase adolescenziale e scompare con la


235 Id., Uomo e donna lo creo, op. cit., p. 467.
236 Cfr. Unitá C.
237 É opportuno, prima di affrontare la lettura di questa Unitá, rivedere il mecca-
nismo della fertilitá umana trattato nell’Unitá A.

250
vec- ’liiaia. C’é, inoltre, una significativa differenza
tra la fisiología maschile e femminile: come giá
sappiamo, la fertilitá ¿ continua nell’uomo, perché
relativa alia produzione quo- tiJiana degli
spermatozoi. Nella donna, invece, la fertilitá é
agente in alcune fasi della stessa vita riproduttiva -
quali la pruvidanza, l’allattamento, la menopausa,
particolari situa- /jnni di stress ecc. - e si presenta
solo per pochi giomi al- I'interno del ciclo mestruale,
esattamente nel periodo del- YOVULAZIONE.
Nella coppia la fertilitá assume quindi un disegno
particolare, che alterna periodi fertili e non fertili;
biológicamente diverso per ogni coppia, puo essere
CONOSCIUTO e RI- SPCITATO nelle diverse scelte
procreative che la coppia si trova a compiere.
í; questa la base della REGOLAZIONE NATURALE
DELLA FERTILITÁ, via che puo consentiré ai coniugi
una concreta attuazione di una procreazione
responsabile, possibile se tale scelta é inscrita in un
corretto orizzonte antropologico.
«¡ i concetto di regolazione moralmente retta della
fertilitá - suggerisce infatti una bella riflessione di
Giovanni Pao
lo 1! - non é altro che la rilettura del “linguaggio del
corpo” nella veritá. Gli stessi “ritmi naturali
immanenti alie funzio- ni »cnerative” appartengono
alia veritá oggettiva di quel lingi;aggio, che le
persone interessate dovrebbero rileggere nel suo
pieno contenuto oggettivo. Bisogna aver presente
che il “corpo parla” non soltanto con tutta l’estema
espres- sione della mascolinitá e femminilitá, ma
anche con tutte le strutture interne dell’organismo,
della reattivitá somatica e psicosomatica. Tutto ció
deve trovare il posto che gli spetta in quel
linguaggio, con cui dialogano i coniugi, come per-
sone chiamate alia comunione nell’“unione del
corpo”»8.

8
Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creo, op. cit., p.
473.
251
Cosa significa «regolazione naturale della fertilitá»?

Nel documento DIRETTIVE SULLA FORMAZIONE DEI SEMINARISÜ


CIRCA I PROBLEMI RELATIVI AL MATRIMONIO E ALIA FAMIGLIA - pre-
cisamente nella sezione relativa alia formazione pastorale - viene
evidenziata la necessitá di approfondire, tra gli arsui- menti «che
oggi in genere preoccupano maggiormente le f a miglie e richiedono
perianto un’attenzione speciale da pane del pastore d’anime» 238, il
«trattamento pastorale del problema della patemitá e matemitá
responsabile e della regola/io- ne delle nascite: come ovviare alia
contraccezione, alia pras- si abortista, come valutare l’attivitá dei
consultori famiiiari (la necessitá di informazioni precise e di un sano
discerni- mento); informazioni circa i centri di diffusione dei metodi
naturali, circa la loro attivitá e i relativi risultati: la fiducia nella
possibilitá di soluzioni positive del problema» 239.
In che cosa consiste, esattamente, la REGOLAZIONE NATURALE
DELLA FERTILITÁ e quali sono i metodi che consentono di ap-
plicarla? E importante rispondere a questa domanda per po- ter
esaminare il problema sul piano etico e pastorale.
I METODI NATURALI si basano sulla conoscenza che la donna puo
avere del proprio ciclo, potendo individuare all’interno di esso il
periodo fertile e le fasi di non fertilitá. Tale conoscenza mette la
coppia in condizioni di sapere quando un atto coniugale puo portare
all’instaurarsi di una gravi- danza e, di conseguenza, di decidere
riguardo al proprio comportamento sessuale: questo significa che la
conoscenza técnica richiede di essere applicata attraverso un appro-
priato “stile di vita”.
I metodi naturali, infatti, possono essere utilizzati dalla coppia sia
quando essa desideri ricercare una gravidanza sia quando, d’altra
parte, decida di rinviare un concepimento o debba evitarlo a tempo
indeterminato. In ogni caso, il loro uso presuppone lo svolgimento
di un atto sessuale •oiii pl et0, senza interferenze provocate da mezzi
contrac- ceiii'i di qualunque natura.
I metodi naturali sono un prezioso strumenío di cono- sccn/a: non
sono essi, infatti, a «regolare la fertilitá», ma perinettono appunto la
conoscenza di quel disegno di fertilitá che é, per natura, regolato
secondo un andamento periódico.
Sappiamo che l’evento fondamentale del ciclo femminile. per lo

238 Congrégazione per l’Educazione Cattolica, Direttive sulla formazione dei se-
239minaristi circa i problemi relativi al matrimonio e alia famiglia, 43.
meno ai fini della fertilitá, é il processo dell’ ovu- HIZIONE. La
cellula uovo matura nell’ovaio ed é successiva- mcnie espulsa e
captata dalla tuba, dove puó incontrare lo spermatozoo ed essere
fecondata240.
Perianto l’identificazione del periodo fertile femminile, dimc|üe
della fertilitá della coppia, é permessa dal ricono- sc i monto
dell’evento ovulatorio da parte della donna. I di- vcr>i metodi
naturali valorizzano, in tal senso, differenti se- iini o sintomi che,
accompagnando l’ovulazione, possono indicarla alia donna 241.
I. a diversitá dei sintomi e segni utilizzati rende ragione della
variabilitá dei metodi che vengono oggi proposti, frut-
lo anche dell’impegno di diversi studiosi a concentrare l’at-
ten/ione su un parametro di fertilitá piuttosto che un altro, nía che
deve sempre rispecchiare la fondamentale preoccu- pa/ione di
proporre alia coppia la fertilitá come dono pre- /ÍOM> da conoscere,
proteggere, amare. E, quindi, come precisa responsabilitá.
É proprio sulla base di questa convinzione che la regola- zione
naturale della fertilitá deve mantenere il suo orienta- mento
fondamentale a essere scienza per Tuomo, a servizio della sua
dignitá, della sua conoscenza e responsabilitá. Scienza A SERVIZIO
DELLA VITA, dunque assolutamente lontana dal concetto di “contrallo
delle nascite”.
II método del ritmo

L’ovulazione é in un rapporto di tempo costante con la


mestruazione successiva: ció significa che in ogni ciclo fcr- tile, nel
quale non si sia instaurata una gravidanza, la mo- struazione segue
di circa DUE SETTIMANE l’ovulazione. Quista fu la fondamentale
scoperta che, fatta negli anni Tronia separatamente dai due studiosi
Ogino e Knaus, portó all'o- laborazione di un primo método
naturale: il MÉTODO DEL RITMO.
Tale método porta all’identificazione della fase fertilo tl-ol ciclo
attraverso dei calcoli che, tenendo conto dei cicli piü corti e di quelli
piü lunghi degli ultimi sei o dodici mes i. permettono alia donna di
ipotizzare 1’ámbito dei giomi di possibile fertilitá.
La fase preovulatoria del ciclo, cioé il periodo che precede

240 Cfr. Unitá A.


241 Cfr. Centro studi e ricerche per la regolazione naturale della fertilitá, Uni- versitá
Cattolica del Sacro Cuore di Roma, Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia,
Pontificia Universitá Lateranense, La procreazione re~ sponsabile: fondamenti filosofici,
scientifici e teologici, Domograf, Roma 1992.

253
l’inizio della maturazione del follicolo, puo avere una durata
variabile che sará alia base della differente lunghez- za dei cicli
sperimentata dalle diverse donne, nonché dalla donna stessa in
differenti situazioni.
II método del ritmo, meglio noto come MÉTODO OGINO- KNAUS,
ha dato un’importante base scientifica alia regolazione naturale della
fertilitá, pur rivelando presto il suo limite biologico: quello di
basarsi su calcoli di probabilitá che non prevedono improvvise
varíazioni nei cicli e, di conseguenza, di essere difficilmente
applicabile in situazio- ni in cui i cicli siano irregolari o quando
l’ovulazione sia assente per lunghi periodi.

La temperatura basale

L’evento ovulatorio provoca, lo ricordiamo, Faumento del


PROGESTERONE, un ormone che ha il compito di preparare
l’endometrio all’annidamento dell’embrione. Tra i vari ef- fetti del
progesterone c’é quello di rialzare leggermente la temperatura
interna del corpo: la misurazione quotidiana di t-ilc temperatura puo
perianto indicare alia donna l’avvenu- Ui i)\ulazione.
Su questo principio si basa il MÉTODO DELLA TEMPERATURA ¡K/U/!E,
che permette l’identificazione della fase non fertile piisi-ovulatoria,
mediante lo studio di un gráfico che riporta un andamento
cosiddetto BIFÁSICO della curva térmica: una prima fase,
preovulatoria, seguita poi da un livello di temperatura che si innalza
di qualche décimo di grado e rimane pimiosto costante fino alia
mestruazione. E proprio questa hi (¿i'ácita a confermare alia donna
che l’ovulazione é avve- nuta.
11 gráfico della temperatura basale puo indicare soltanto i iiinnii
non fertili che seguono il verificarsi dell’ovulazione: linché questa
non avviene, non si avrá infatti il rialzo térmico e il gráfico non
permetterá di sapere se un dato giomo del ciclo sia fertile o meno.
II método della temperatura, che sí rivela certamente piu. preciso
del método del ritmo, mantiene comunque delle dif- fícoltá
applicative nelle situazioni in cui l’ovulazione non si verifica,
proprio a motivo del suo limitarsi all’identificazio- ne dell’infertilitá
post-ovulatoria.

254
sanguinamenti che possono accompagnarla, le modifica/i, v ni che il
eolio dell5útero subisce nel periodo ovuJatorio c che la donna puó
evidenziare mediante un’autopaipazinn c della cervice uterina, il
dolore al seno che a volte si asso c¡a all’ovulazione stessa ecc.
II MÉTODO CICLOTERMICO associa invece l’uso della temperatura
basale, che identifica l’infertilitá post-ovulatoria. ;i¡ calcoli del
método del ritmo, che definiscono rinferiilii;, preovulatoria.

II método Billings

Nel 1953, padre Maurice Catarinich, un sacerdote re- sponsabile


della pastorale familiare nella diócesi di Mel- bourne in Australia,
cómprese che, per guidare le coppie che desideravano attuare una
procreazione responsabile, era necessario elaborare un método
naturale piu preciso dell’tínico al momento disponibile, quello del
ritmo. Chiese aiuto pertanto a un medico, il dottor John Billings, per
poter trovare nella fisiología femminile quella risposta al problema
della regolazione della fertilitá che, secondo la sua tenace e
bellissima convinzione, il Creatore stesso doveva aver posto nel
corpo della donna.
Fu l’inizio di una scoperta importante sul piano scientifi- co: il
MÉTODO DELL’OVULAZIONE BILLINGS. Ma fu anche 1’inizio di una
splendida testimonianza che il dottor John Billings e sua moglie, la
dottoressa Evelyn Billings, offrono ancora a persone e famiglie di
tutto il mondo attraverso il loro pre- zioso servizio di studio e
insegnamento.
II método dell’ovulazione Billings permette alia donna di
identificare la fase fertile e le fasi non fertili del proprio ciclo
attraverso la percezione del «sintomo del muco».
II muco cervicale, prodotto dal eolio dell’utero, subisce infatti
tipiche variazioni in relazione ai cambiamenti ormo- nali del ciclo:
la sua secrezione é stimolata durante la maturazione del follicolo,
consentendo agli spermatozoi l’in-
nelle vie genitali femminili. Prima dell’inizio della niaiurazione
follicolare e dopo l’ovulazione, il muco costi- tuiscc invece un
tappo, che chiude il eolio uterino bloccan- do ringresso agli
spermatozoi242.
242 Cfr. Unita A e inoltre E. Odeblad, The cetyix, the vagina and fertility, in E. L. Billings,
J. J. Billings, M. Catarinich, Billings Atlas of the Ovulation Method, Advócate Press, Melboume
1989, pp. 85-94.
Per applicare il método non é certo necessario che la donna
conosca gli ormoni o gli studi che sul muco sono si al i l atti: é
invece estremamente naturale, per lei, accorger- si di questo muco,
soprattutto a motivo della típica SENSA- -JONE che la sua presenza o
la sua assenza provoca all’in- , Mvsv.> della vagina. Tale sensazione,
seguita quotidiana- nii'iii'-’ e unita eventualmente all’osservazione
visiva del muco stesso, permette alia donna di identificare
1’infertilitá pivp\ ulatoria, di determinare l’inizio della fase fertile in
(ipn¡ ..-icio, di seguire Faumento della potenziale fertilitá fino al suo
massimo, di accorgersi dell’ovulazione e di stabi- lire Finizio
dell’infertilitá post-ovulatoria243.
La fase non fertile post-ovulatoria ha, in ciascun ciclo, una durata
costante, di circa due settimane. Quella non fertile preovulatoria ha
invece una durata variabile, per le diverse donne e, anche per la
stessa donna, nei diversi cicli: in alcune circostanze (ad esempio
Fallattamento, lo stress, la premenopausa, la sospensione della
pillóla contraccetti- va) si puo prolungare anche per parecchi mesi o
per anni.
Date le sue caratteristiche, il método Billings puo essere usato in
cicli di diversa lunghezza, in cicli regolari o irrego- lari, e anche in
tutte quelle circostanze della vita riprodutti- va in cui la donna puo
sperimentare un blocco della stessa ovulazione. Non é infatti
importante il calcolo dei giomi, non é neppure indispensabile che si
verifichi 1’ovulazione: Fimportante é che la donna impari a
osservarsi per riconoscere quotidianamente i segni della fertilitá e
dell’infertilitá.
Questa conoscenza aiuterá sia la coppia che desideri di- stanziare
un concepimento o debba evitarlo del tutto. M;I |U coppia che ricerca
una gravidanza.
Per affrontare il problema dell’INFERTILITÁ, oggi puri¡-i>pp() in
significativo aumento, il método Billings é un aiuio pi V_ zioso: da
una parte, infatti, esso permette alia coppia di individuare il
momento piü fertile del ciclo, al fine di mirare con piü attenzione i
rapporti coniugali; d’altra parte, con- sente di studiare con piü
precisione lo stesso ciclo, per mirare eventuali analisi e terapie NON
secondo calcoli probahi- listici, ma in riferimento alia situazione
reale della donna.
La conoscenza di sé che il método Billings permette e inoltre un
243 Cfr. E. L. Billings, J. J. Billings, M. Catarinich, II método della ovulazione. Atlante, Ed.
San Paolo, Cinisello Balsamo 1986; A. Cappella, Secondo Natura. II método Billings, BBE, Torino
1985.

256
importante aiuto per la PREVENZIONE di malauie dell’apparato
riproduttivo, delle quali la donna che si cono- sce si puó accorgere
piü repentinamente, ed é uno strumen- to che aiuta la ragazza a
seguire il normalizzarsi dei cieli nel periodo dell’adolescenza. Non
ha ad esempio alcun sen- so, in casi di IRREGOLARITÁ MESTRUALE,
somministrare una pillóla contraccettiva per REGOLARIZZARE IL
CICLO: questa, come vedremo, non fará che bloccare quel processo
che si sia gradualmente avviando e che una fisiológica maturazione
puó forse rendere piü lento.
L’apprendimento della fertilitá, infine, é una splendida chiave per
una conoscenza piü intima, che aiuterá la stessa donna a
comprendere la bellezza e la preziositá della feconditá e del proprio
coipo: il valore educativo che ne deriva é grande, anche nella
delicata e preziosa fase dell’ADOLESCEN- ZA, in cui la ragazza deve
essere orientata a comprendere il senso della sessualitá e a
proteggere la propria dignitá con un comportamento responsabile.

I metodi naturali sono efficaci?

La domanda si pone ancora a seguito di una diffusa sfi- ducia,


spesso motivata da scarsa conoscenza e facilitata da una pubblicitá
nettamente contraria alia regolazione naturale della fertilitá: é pero
un quesito legittimo, anche qualora si soglia affrontare seriamente il
problema della procrea- /jone responsabile su un piano etico-
pastorale. Siamo in ■irado, cioé, di disporre di strumenti validi per
aiutare le coppie a seguiré quello che é l’insegnamento della Chiesa i
11 tema di procreazione umana?
Tutta la moderna letteratura scientifica ci rassicura: i me- uuli
naturali, se correttamente appresi e applicati, hanno un la>>,o di
sicurezza elevatissímo qualora siano usati per di- staiiziare una
gravidanza. Ma un tale dato, sia puré incorag- giante, non deve
limitare l’orizzonte della nostra riflessione e di quella da proporre
alie coppie che si accostano al cammino della regolazione naturale
della fertilitá.
«L’obiettivo primario di un qualsiasi método per la regolazione
della fertilitá - scrive John Billings - é quello di aiutare marito e
moglie a vivere felici fra di loro e con i loro figli, e farli crescere
nell’amore reciproco, in modo tale che la famiglia acquisti

257
stabilmente sicurezza e felicita»244.
II criterio con il quale guardare aH’efficacia dei metodi naturali
non é dunque assolutamente un criterio “contrac - cettivo”: ci
troviamo dinanzi a un’esperienza che é positiva non solo se
consente sicurezza nell'evitare il concepimento, ma se aiuta la
coppia anche a ricercare la gravidanza; e se, d'al tra parte, permette
ai coniugi di maturare nella libertá di scelta, nella serenitá del
rapporto coniugale, nella comune responsabilitá, nella crescita
dell’amore, nell’apertura alia vita. La chiave di tutto, da un punto di
vista concreto, é la CONOSCENZA DEL CICLO, dunque la
CONSAPEVOLEZZA DELLA FERTILITÁ che poi porta a scelte diverse nei
confronti della procreazione. Non dobbiamo supporre, infatti, che la
coppia impari a riconoscere la fertilitá solo alio scopo di evitare una
gravidanza!
Perianto, quando si parla di efficacia dei metodi naturali, é
necessario esplicitare alcune voci che rispecchino la scelta della
coppia e l’attendibilitá dei dati scientifici 245.
1. EFFICACIA DEL MÉTODO: viene valutata in base alia per-
centuale di gravidanze che si verificano quando il método sia
applicato correttamente, secondo le direttive per evitare il
concepimento.
2. EFFICACIA DELL’INSEGNAMENTO: si parla di «gravidanze
riferibili all’insegnamento» qualora non vengano rispettate le rególe
per evitare un concepimento a causa di un inse- gnamento
inadeguato o di scarsa attenzione da parte della coppia
nell’applicazione del método.
3. GRAVIDANZE «DA SCELTA CONSAPEVOLE» sono infine quel- le
che si verificano qualora la coppia scelga di avere un rapporto
coniugale in giorni riconosciuti come potenzial- mente fertili.
Queste gravidanze da un lato confermano la validitá del método e
delle rególe, dall’altro rappresentano
il valore della libertá di scelta che accompagna il método naturale,
metiendo la coppia in condizione di riflettere ogni giomo in modo
nuovo riguardo la procreazione.
Un importante studio condotto dall’Organizzazionc Mondiale
della Sanitá nei diversi continenti, su coppie pro- venienti da
differenti culture, religioni e grado di istruzio- ne, ha evidenziato
dati molto interessanti circa la sempliciiá e 1’efficacia del

244 J. J. Billings, II método dell'ovulazione, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo 1992, p. 136.
245 Cfr. ibid., pp. 138-139.

258
metodaBillings.
II 91 per cento delle coppie che si riferivano agli appositi Centri
per l’insegnamento dimostrava una comprensione eccellente o
buona del método giá dopo solo il primo ciclo di osservazione.
L’applicazione delle rególe per evitare la gravidanza dimostrava
inoltre un’efficacia pari al 97,8 per cento (solo il 2,2 per cento, cioé,
di «gravidanze riferibili al método») 17.
Un recente studio condotto in Italia conferma l’altissima efficacia
del método Billings usato per distanziare o evitare un concepimento
(99,8 per cento), mentre aggiunge l’inte- ressante valutazione
dell’aiuto che il método ha dato a un campione di coppie che
ricercavano la gravidanza, alcune
11
World Health Organization, A prospective multicentric trial of the ovulation method of
natural family plannins. II. The effectiveness phase, Fertility and Steri- lity 1981, 36,5, pp. 591-
598.
delle quali con un serio problema di ipofertilitá (41,74 per cento di
efficacia).
L’analisi globale dello stesso studio permette una riflessione
positiva sullo stile di vita che il método Billings pro- inuove: il 73,8
per cento delle coppie riferisce una SODDISFAZIONE BUONA O OTTIMA
per il método, che esprime una positiva esperienza di entrambi,
confermata dal tasso di conti- nuazione d’uso (92,4 per cento dopo
un periodo di sei anuí). In una discreta percentuale -11,6 per cento
di coppie che inizialmente intendevano evitare un concepimento - si
sono verifícate gravidanze dovute a rapporti avvenuti in L'iomi
riconosciuti come fertili: é un dato molto interessan- ic, che ci fa
seguire il maturare nella coppia di un atteggia- mento di apertura
alia vita246.
I metodi naturali sono efficaci? Ci sembra di poter dire che alcuni
uomini di scienza si sono impegnati a risponde- iv. con i loro studi e
la loro esperienza, a questa domanda e, con essa, all’appello che
Paolo VI raccoglieva giá dalla vo- cc del concilio: daré una base
scientificamente corretta alia regolazione naturale della fertilitá e
dimostrare cosi che non c’é contraddizione tra la LEGGE NATURALE,
la LEGGE DIVINA cía LEGGE DELL’ AMORE247.

246 Cfr. E. Giacchi, G. Pompa, H. De Ghantuz Cubbe, A. L. Astorri, C. Casta- gna, A.


Cappella, P. Pellicanó, La regolazione naturale della fertilitá: accettabili- tá, efficacia e
continuazione d’uso, in A. Cappella (a cura di), Scienza e cultura a servizio della vita, Domograf,
Roma 1998, pp. 47-57.
247 Cfr. Paolo VI, Lettera enciclica Humane vitae, 24; Concilio Vaticano II, Co- stituzione
pastorale Gaudium et spes, 51-52.

259
L’insegnamento dei metodi naturali: un
competente servizio all’amore e alia vita
Per essere appresi e appücati correttamente, i metodi natu- nili
vanno pero insegnati. Pertanto la nostra valutazione del- ¡‘efficacia,
ma anche la nostra riflessione etica, pedagógica, nustorale, non
sarebbe del tutto comprensibile se dimenticas- vmo di prendere in
considerazione YINSEGNANTE del método,

260
una persona o una coppia che ha il compito di aiutare la don- na a
leggere e interpretare il proprio quadro di fertilitá o sostenere i
coniugi nel tentativo di rispettarlo e amarlo.
Si tratta di una vera e propria figura professionale, pre pa rata a
svolgere il proprio compito tramite specifici corsi di formazione: é
un compito che, per la sua delicatezza, arriva a coinvolgere in
profonditá le scelte personali, configuran- dosi, sia puré in maniera
profondissima e spesso silenziosu. come convinta e tenace
TESTIMONIANZA DI VITA.
La competenza, la motivazione e lo spirito di servizio so nó
requisiti essenziali per poter trasmettere una scienza chc é, lo
comprendiamo sempre di piü, un particolare modo ti i vivere la
fertilitá, la sessualitá, 1’ amore coniugale. Avere e stimolare negli
altri un profondo amore per la feconditá e per la vita; saper
accogliere con gioia ogni gravidanza, anche quella che - a una
valutazione frettolosa e superficialc
- dovesse apparire “non desiderata”; comprendere come sia un
privilegio essere partecipi delle difficoltá e del cammino della
coppia in un settore cosi intimo, quindi essere capaci di evitare ogni
invadente ingerenza nel privato; desiderare davvero la gioia degli
sposi e saperia loro indicare, con la pazienza dell’insegnamento,
nella perseveranza in un cammino che a volte puó di ventare anche
difficile...
C’é solo una forza in grado di sostenere coloro che inse- gnano i
metodi naturali in un compito cosi impegnativo: V AMORE che si é
sperimentato e si desidera far sperimenta- re, che consente di non
arrendersi dinanzi a nessuna situa- zione, anche quella in cui
l’applicazione dei metodi naturali sembrasse apparentemente
impossibile: é infatti proprio in questi casi - chi insegna lo sa
benissimo - che 1’amore ha bisogno di essere ridestato anche
attraverso lo stile di vita proprio della regolazione naturale della
fertilitá. Quell’a- more che assicura assenza di giudizio ma fermezza
prepositiva, garantendo la vera compassione come «sensibilitá verso
i sentimenti e i desideri delle coppie» 20.

20
J. J. Billings, II método dell’ovulazione, op. cit., p.
45.
261
Procreazione responsabile: una riflessione
2

Responsabilitá di un dono

<• i J problema della natalitá, come ogni altro problema ri-


siiKirdante la vita umana, va considérate, al di la delle pro- sjvtuve
parziali - siano di ordine biologico o psicologico, demográfico o
sociologico -, nella luce di una visione intégrale dell’uomo e della
sua vocazione, non solo naturale e icrrcna, ma anche soprannaturale
ed eterna»21.
Quello che stiamo contemplando é un mistero che, alia fine,
trascende l’uomo e gli indica proprio la sua essenza trascendente: la
sua vocazione, che si realizza plenamente i n iiiia prospettiva di
etemitá.
Sappiamo come questo sia oggi uno dei temi piü dibattuti
noli'ámbito della cultura e della stessa morale cattolica: alen ni
teologi, infatti, propongono letture diverse rispetto al- I'magnamente
ufficiale del magistero della Chiesa e, d’al- ir-i parte, molti scienziati
anche cattolici affrontano il problema senza la necessaria
competenza e chiarezza, gettando nella confusione le coppie e gli
stessi pastori d’anime.
Ma l’insegnamento ecclesiale a riguardo é límpido e in-
coraggiante: ed é sostegno e conferma della bellissima esperienza
umana e interiore che tante coppie, credenti e non credenti, fanno
ogni giomo vivendo la regolazione naturale della fertilitá come
conoscenza, responsabilitá e stile di vita.
Nel 1968, in un’enciclica piü volte (e a ragione) definiui
«profetica» - la HUMANAE VITAE -, Paolo VI enunciava con chiarezza
i fondamenti etici della procreazione responsabi- le. Come il Papa
sembrava quasi CONFIDARE, la sicurezza che
lo sosteneva in tale pronunciamento - che, tra l’altro, vede- va
contraria la maggioranza dei componenti la commissio- ne di esperti
nominata per studiare il problema - gli venne «dopo mature
riflessioni e assidue preghiere»248.
Per noi pastori é importante comprendere come, senza un

248 Ibid., 6.

262
adeguato atteggiamento di preghiera, non potremmo penetrare la
profonditá dell’insegnamento dell’enciclica e ri- schieremmo di
limitarci a una valutazione LEGALISTA
2 o a una lettura NATURALISTA
del problema della trasmissione della vita.
La RESPONSABILITÁ nella procreazione umana va esaminata a vari
livelli dell’esperienza e della vita della coppia. Sappiamo come la
responsabilitá sia conseguenza di un agiré libero; tuttavia, é
caratterizzata da un contenuto - si é responsabili, cioé, di qualcosa -
e presuppone un riferimento: si é responsabili verso qualcuno. Giá lo
stesso fatto di parlare di responsabilitá evita quindi alia procreazione
il limite dell’individualismo.

Responsabilitá come conoscenza

«In rapporto ai processi biologici, patemitá responsabile significa


conoscenza e rispetto delle loro funzioni: l’intelli- genza scopre, nel
potere di daré la vita, leggi biologiche che fanno parte della natura
umana»249.
II primo livello di responsabilitá nella procreazione va orientato
alia «conoscenza» e al «rispetto» di quel LINGUAGGIO DEL CORPO
che, se attentamente letto e seguito, arriva a spiegare i meccanismi
biologici che regolano la trasmissione della vita umana.
I metodi naturali permettono ai coniugi di scoprirsi, in

prima persona, portatori di un tale disegno di vita: é


bello vedere con quanta meraviglia la coppia impara a
guardare ai meccanismi della propria fertilitá. Da
questa CONOSCENZA nasce la COSCIENZA che essa é
dono.
Non é difficile comprendere come la «conoscenza»
e il «rispetto» delle funzioni generative non sia
motivata da al- tro se non dalla conoscenza e dal
rispetto della persona umana. «La scelta dei ritmi
naturali - leggiamo, quasi a commento, nella
FAMILIARIS CONSORTIO - comporta 1’accettazione del
tempo della persona, cioé della donna, e con ció
21
Paolo VI, Lettera enciclica Humanae vitae,
249 7. Ibid., 10.

263
1’accettazione del dialogo, del rispetto reciproco,
della co- inune responsabilitá, del dominio di sé» 250.
L’esperienza delle coppie2 che utilizzano la
regolazione naturale della fertilitá conferma come il
RISPETTO RECIPROCO parta proprio da un sentirsi
completamente accolti, e arrivi a motivare la necessitá
del «dominio di SÉ».

Responsabilitá come unitá

«In rapporto alie tendenze dell’istinto e delle


passioni, la paternitá responsabile significa il
necessario dominio che la ragione e la volontá devono
esercitare su di esse»251.
VAUTODOMINIO é essenziale per superare
quell’egoismo che impedisce la vera comunione: e,
certamente, la coppia vive tale esperienza in molti
aspetti della relazione coniugale.
Qualora si abbia la necessitá di distanziare o evitare
una gravidanza, la regolazione naturale della fertilitá
richiede VASTINENZA dal rapporto coniugale nei
periodi fertili, in cui si manifesta l’accoglienza totale
dell’altra persona cosi co- m’é in quel momento
specifico. In una totalitá che, come abbiamo visto,
comprende anche la potenziale fertilitá. L’altro é
dono: vi vendo questa veritá, la LÓGICA DEL DONO
pervade sempre piü la comunione coniugale.
«In questo contesto la coppia fa 1’esperienza che la comunione
coniugale viene arricchita di quei valori di tene- rezza e di
affettivitá, i quali costituiscono 1’anima profonda della sessualitá
umana, anche nella sua dimensione fisica. In tal modo, la sessualitá
viene rispettata e promossa nella sua dimensione veramente e
pienamente umana, non mai invece “usata” come un “oggetto” che,
dissolvendo 1’unitá personale di anima e corpo, colpisce la stessa
creazione di Dio neU’intreccio piü intimo tra natura e persona» 252.
Ecco perché l’astinenza periódica non assume una valen- za
negativa: essa é, prima di tutto, l’espressione concreta di una
250 Giovanni Paolo II, Esortazione apostólica Familiaris consortio, 32.
251 Paolo VI, Lettera enciclica Humanae vitae, 10.
252 Giovanni Paolo II, Esortazione apostólica Familiaris consortio, 32.

264
responsabilitá procreativa CONDIVISA. «Questo modo di avvicinarsi
in due alia feconditá é estremamente importante. Le coppie
affrontano meglio l’astinenza che l’incertez-
2 za» 253. E poi esperienza
in cui la coppia puo lasciare spazio ad altre manifestazioni affettive,
non legate alia genitali tá, che sanno pero esprimere ugualmente il
reciproco amore e forse possono anche meglio PREPARARE un atto
coniugale che verrá poi vissuto nella pienezza e nella serenitá.
Scrive a tal proposito John Billings: «All’interno della coppia,
l’inclinazione al rapporto é determinata dal desiderio di ac- crescere
la felicitá del partner e il bene della famiglia. La li- mitazione
periódica del desiderio di gratificazione fisica non solo intensifica la
gioia del rapporto successivo, ma conf'erisce aH’atto un’espressione
piü autentica di amore disinteressato. Pur in presenza di un forte
desiderio sessuale, la generosa astinenza per il bene della persona
amata ha un effetto benefico sul matrimonio, in quanto preserva, raf-
forza e rende piü profondo 1’amore coniugale» 254. Un «effetto
benefico» che aiuta la coppia anche a sviluppare un’attitudine
fondamentale nel cammino di uso dei metodi naturali: la generositá
e 1’apertura verso la vita.
Paolo VI a questo si riferisce ricordandoci che «in rap- porto alie
condizioni fisiche, economiche, psicologiche e sociali, la patemitá
responsabile si esercita sia con la deli- berazione ponderata e
generosa di far crescere una famiglia numerosa, sia con la decisione,
presa per gravi motivi e nel rispetto della legge morale, di evitare
temporáneamente, o anche a tempo indeterminato, una nuova
nascita»29.
Tale sottolineatura ci conferma chiaramente che procreazione
responsabile non significa contrallo delle nascite. La responsabilitá
primaria, che rende poi ragione anche del ri- corso ai metodi
naturali, é quella di mantenere una generosa disponibilitá,
rinunciando a un figlio solo quando seri motivi lo richiedano.
Ma, d’altra parte, proprio i metodi naturali, se insegnati e usati
correttamente, educano a questo tipo di responsabilitá, come
1’esperienza di insegnamento dimostra. C’é un legame profondo tra
accoglienza della FERTILITÁ e della VITA: la coppia che impara a
vivere la fertilitá come dono saprá ac- cogliere come dono il
bambino, frutto di tale feconditá.
E vero: APERTURA ALIA VITA non significa necessariamente

253 E.21 L. Billings, A. Westmore, II método Billings, Mondadori, Milano 1983, p. 54.
Paolo VI, Lettera enciclica Humanae vitae,
254 7. J. J. Billings, 11 método dell’ovulazione, op. cit., pp. 21-22.

265
famiglia numerosa, ma é percezione di quel valore grande che il
figlio é in quanto persona generata dall’amore. Anche se ci possono
essere circostanze in cui si renda 2 necessario rinunciare a esso,
diventa una rinuncia alio stesso atto coniugale nei momenti di
fertilitá.
In questa visione anche Y INFERTILITÁ DI COPPIA, problema che
oggi ha una preoccupante diffusione, assume un significato del tutto
particolare. I metodi naturali, che aiutano la donna a studiare la
fertilitá e a ricercare la gravidanza uti- lizzando il momento piü
fertile del ciclo, devono pero ai litare la coppia a crescere nell’amore
e a donare quell’amore non necessariamente a un figlio preteso “a
tutti i costi”, ma talora anche a un bambino accolto attraverso scelte
di verse: adozione, affido, solidarietá... Un figlio a cui donare quel-
1’ amore di cui ci si scopre capaci anche attraverso le rinu tice255.

Responsabilitá come risposta alia volontá di Dio

C’é un’ultima considerazione del livello di responsabiliiá che


infine, illumina e riassume quanto finora detto. «Paternitá
responsabile - conclude infatti la HUMANAE VITAE - comporta ancora
e soprattutto un piü profondo rapporto al- l’ordine morale oggettivo
stabilito da Dio, e di cui la retía coscienza é fedele interprete» 256.
E VERSO DIO che si rivolge la responsabilitá dei coniugi. in quanto
é l’autore della vita, di quel progetto al quale gli sposi possono
partecipare con amore e responsabilitá, im- parando a «conformare il
loro agiré all’intenzione creatrice di Dio» 257.
Le «leggi biologiche che fanno parte della natura umana»258
possono essere considérate come quei SEGNI che la coppia scruta e
disceme per comprendere il progetto di Dio sul proprio compito di
daré la vita e per rispondere a questa vocazione in quel momento: é
ogni giomo, infatti, che essi dovranno rimettere in discussione
dinanzi al Signore la scelta che hanno fatto e decidere il proprio
comportamento sessuale anche in base a essa.
Ecco che la responsabilitá si configura davvero come «risposta» a
quella libertá ricevuta: la libertá di scelta. La risposta a Dio é sempre
un «si»: un «si alia vita», pensata con i suoi criteri, nel quale

255 Cfr. anche Unitá I.


256 Paolo VI, Lettera enciclica Humanae vitae, 10.
257 Ibidem.
258 Ibidem.

266
sentiamo riecheggiare l’eco di quel consenso nuziale che ha portato
gli sposi a scegliere di accogliere, «responsabilmente e con amore»,
i figli che sono dono di Dio. 2

21
Paolo VI, Lettera enciclica Humanae vitae,
7.
267
procreazione responsabile e castitá coniugale
«L’ encíclica HUMANAE VITAE ci consente di tracciare un
abbozzo della spiritualitá coniugale. Questo é il clima umano
e soprannaturale in cui - tenendo conto dell’ordine “bio-
logico” e, a un tempo, in base alia castitá sostenuta dal “cfo-
NUM PIETATIS” - si plasma l’interiore armonía del matrimo-
nio, nel rispetto di ció che 1’encíclica chiama “duplice si-
gnifícate dell’atto coniugale” (HV, 12). Questa armonía si-
gnifica che i coniugi convivono insieme nella interiore veritá
del “linguaggio del corpo”. L’encíclica HUMANAE VITAE
proclama inscindibile la connessione tra questa “veritá” e
1'amore»259.
La scelta della regolazione naturale della fertilitá, anche se
non sempre é motivata dalla castitá coniugale, crea pero
gradualmente, all’interno della coppia, una maturazione
della castitá coniugale che si esprime, come abbiamo visto,
neü’esercizio della sessualitá: é attraverso il rapporto co-
niugale, é «nel» rapporto coniugale che i coniugi imparano
ad amarsi in modo «pienamente umano», secondo «la vita
nello Spirito».
Ma anche il silenzio, che si concretizza come «continen-
za periódica», fa parte di questo linguaggio d’amore; é frut-
to di un’autoeducazione e - secondo YHUMANAE VITAE - di
una vera e propria «ascesi»260: e, ancora, «non sarebbe at-
tuabile senza l’aiuto di Dio, che sorregge e corrobora la
buona volontá degli uomini»261.
I frutti che derivano da tale stile di vita sono preziosi: so-
no frutti d’amore. La persona che si scopre capace di rinun-
ziare a se stessa, al proprio «desiderio sessuale», alia propria
emotivitá sentimentale, comprende di poterlo fare semplice-
mente per un puro motivo d’amore. Ella dimostra a se stessa
che il coniuge vale piü di ogni bisogno o di ogni ricerca di
benessere: vale a motivo del suo essere la «persona amata».
La persona che sa vivere, o che appena inizia a vivere
questo, si scopre pian piano capace d’amare: e questo amo-
re, che sempre piú penetra le sue scelte comportamentali,
avrá spazio sempre maggiore nella vita della persona stessa,
259 Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 493.
260 Paolo VI, Lettera encíclica Humanae vitae, 21.
261 Ibid., 20.
268
per divenire in modo sempre piú netto ed evidente norma,
guida e criterio dell’agiré. Nell’impregnare di questo amore
l’esercizio della sessualitá sta la peculiaritá e la forza della
castitá coniugale.
«Paternitá e maternitá responsabili significano spirituale
valutazione - conforme alia veritá - dell’atto coniugale nella
coscienza e nella volontá di entrambi i coniugi, che in questa
“manifestazione di affetto”, dopo aver considerato le
circostanze interiori ed esteme, in particolare quelle biolo-
giche, esprimono la loro matura disponibilitá alia paternitá e
maternitá»262.
«Spirituale valutazione dell’atto coniugale». L’atto co-
niugale, vissuto nella veritá, diventa luogo della spiritualitá,
di incontro con il Signore, di comunione umana e sopran-
naturale che non puo non indicare e guidare il cammino
verso V eternitá e la santitá.

Amore e responsabilitá: solo per coppie “speciali”?

E importante meditare su come lo stile di vita proprio


della regolazione naturale della fertilitá permetta di vivere in
sintonia con Dio creatore e amore. La coppia cresce e impara
sempre piü a incarnare quell’amore da cui é genera- ta e
chiamata, perché ne comprende e ne vive la NATURA. «II
carattere “virtuoso” dell’atteggiamento che si esprime nella
“naturale” regolazione della fertilitá é determinato non tanto
dalla fedeltá a una impersonale “legge naturale” quanto al
Creatore-Persona, sorgente e Signore dell’ordine che si
manifesta in tale legge»263.
La naturalita non é pensabile senza l’autore della natura:
ina proprio tale naturalita rende i metodi naturali compren-
sibil! e vivibili da TUTTI, indipendentemente dalle convinzio-
ni religiose o dalla maturitá di fede.
É una sottolineatura profonda. Ció che nasce dalle maní
del Creatore riguarda tutto l’uomo, ogni uomo: é l’uomo. E
anche quando la persona non lo riconosca, vivendo questo
262 Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 492.
263 Ibid., p. 471.

269
mistero vive DENTRO il progetto di Dio.
L’esperienza di insegnamento dei metodi naturali confer-
ma come il loro uso non sia riservato a «coppie speciali»,
proprio per la loro diffusione in tutte le culture, le religioni,
gli ambienti, tra coppie che provengano da qualsiasi espe-
rienza o manifestino qualsiasi motivazione per 1’apprendi-
mento del método. Inoltre li fa individuare come un’auten-
tica e concreta strada di evangelizzazione ed esperienza di
conversione.
L’osservanza della legge divina puó essere inconsapevolé
ma é sempre possibile, perché é pienezza di umanitá. La
legge divina sulla trasmissione della vita «manifesta il si-
gnificato pieno dell’amore coniugale, lo salvaguarda e lo
sospinge verso la sua perfezione veramente umana» 264.
Tutta la nostra futura azione pastorale dovrá radicarsi
fortemente in questa convinzione, da cui deriverá 1’eficacia
dei nostri discorsi, delle nostre proposte. Essa ci aiuterá a
rispondere a quella vocazione di pastori che ci chiede di
aiutare gli uomini a intravedere, nel senso e nel significato di
quanto vivono, una strada che puó condurli a Dio.
«Preoccupazione pastorale - ci ricorda infatti Giovanni
Paolo II - significa ricerca del vero bene dell’uomo, promo-
zione dei valori impressi da Dio nella sua persona; significa
cioé attuazione di quella “regola di comprensione” che mira
alia scoperta sempre piü chiara del disegno di Dio sull’amore
umano, nella certezza che l’unico e vero bene della persona
umana consiste nell’attuazione di questo disegno divino» 265.
Alome riflessioni pastoral!

Ma come trasmettere agli sposi, ai fidanzati, ai giovani | a


ricchezza di questi contenuti? É la domanda pastorale. Pro-
poníanlo, in risposta, alcune brevi considerazioni.
1. L’OBBEDIENZA ALIA VERITÁ, che oggi caratterizza il no-
stro vivere da seminaristi e domani caratterizzerá il nostro
ministero sacerdotale, é - lo diciamo con forza - la prima
responsabilitá pastorale: la prima metodología per l’impo-
stazione di una corretta pastorale della trasmissione della
264 Concilio Vaticano II, Costituzione pastorale Gaudium eí spes, 50.
265 Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 461.

270
vita. «Di singolare importanza in questo campo - ci esorla
infatti la FAMILIARIS CONSORTIO - é l’unitá dei giudizi morali
e pastorali dei sacerdoti»266.
E una tale obbedienza, non c’é dubbio, scaturisce dal
rapporto personale con la veritá. Se é vero, infatti, che il
linguaggio del corpo parla agli sposi, rivelando a essi la vo-
lontá e il progetto di Dio, é altrettanto vero che il Signore
avvia con ciascuno di noi un dialogo.
Questo cammino compiuto insieme ci ha abituati ad
ascoltare il linguaggio del corpo e a obbedirvi. Ogni itine-
rario formativo, da proporre alie coppie di fidanzati e sposi
che si preparano a rispondere alia vocazione a daré la vita,
deve metterli in grado di vivere un’esperienza del genere.
2. A questo scopo sará molto importante la nostra stessa
OPERA DI PREDICAZIONE: le omelie, gli incontri di catechesi,
gli itinerari di preparazione prossima e remota al matrimonio
diventano luoghi nei quali innestare l’annuncio dell’etica
della sessualitá e dell’amore nella parola di Dio e incar- nare
questa nelle vicende concrete degli uomini.
E utile, in circostanze particolari, proporre nelle catechesi
e nelle stesse omelie i testi di alcuni documenti pontifici e
magisteriali, che proprio dal sacerdote potranno essere
trasmessi con il linguaggio adatto, con profonda fedeltá alia
Parola, con opportuni riferimenti concreti, con ferma carita
pastorale. «II vostro primo compito - afferma con chiarezza
paolo VI - é di esporre senza ambiguitá l’insegnamento della
Chiesa sul matrimonio... Non sminuire in nulla la sa- lutare
dottrina di Cristo é eminente forma di caritá verso le
anime»267.
Particolari ITINERARI DI CATECHESI dovranno poi essere
sup- portati dalla presenza di esperti nel campo della
regolazio- ne naturale della fertilitá, in grado di completare il
tessuto etico-motivazionale con alcune notizie técnico-
scientifiche indispensabili, additando una concreta
possibilitá di solu- /ione.
3. LA CONFESSIONE E LA DIREZIONE SPIRITUALE

266 Id., Esortazione apostólica Familiaris consortio, 34.


267 Paolo VI, Lettera encíclica Humanae vitae, 28, 29.

271
rappresentano, in un certo senso, il culmine dell’annuncio. E
li che esso diventa realmente proclamazione pasquale,
possibilitá di con- versione, «bella notizia»: il vangelo della
vita.
Non dimentichiamo mai, nel nostro rapporto con le per-
sone, che «la rivelazione del Vangelo-della vita ci é data co-
me bene da comunicare a tutti: perché tutti gli uomini siano
in comunione con noi e con la Trinitá (cfr. lGv 1,3)» 268.
«Bene da comunicare a tutti»: questa espressione ci ob-
bliga e, alio stesso tempo, ci incoraggia. Qualora avessimo
dinanzi persone o coppie particolarmente problematiche, si-
tuazioni che sembrano senza speranza, ricordiamo come lo
stile di vita proprio dei metodi naturali sia un preziosissimo
patrimonio di crescita umana e cristiana nell’amore. Con fi-
ducia proponiamo a tutti la regolazione naturale della ferti-
litá: sappiamo che puo rappresentare una riscoperta della
propria dignitá umana, un cammino di conoscenza e rispetto
reciproco, un itinerario verso Dio. E vedremo miracoli.
4. «Questa pastorale della confessione sará tanto piü effi-
cace se unita a un’incessante e capillare catechesi sulla vo-
cazione cristiana all’amore coniugale e sulle sue dimensio-
ni di gioia e di esigenza, di grazia e di impegno personale, e
si istituiranno consultori e centri ai quali il confessore potrá
agevolmente inviare il penitente per avere adeguate cono-
scenze circa i metodi naturali»269.
Compito del sacerdote, infatti, non é quello di insegnare i
metodi naturali, ma di motivare e sostenere le coppie all’uso.
Per farlo e svolgere bene il nostro ministero pastorale, ci é
dunque indispensabile un collegamento con gli OPERATORI
DEL SETTORE. «Un gruppo sempre piü numeroso di esperti,
medici ed educatori, veri apostoli laici, per i quali la
valorizzazione della dignitá del matrimonio e della famiglia
é diventata un compito importante della loro vita»: cosi il
Papa definisce coloro che concretamente si impegnano nello
studio, nella diffusione e nell’insegnamento dei metodi
naturali. E si chie- de: «che cosa potrebbero fare senza di
268 Giovanni Paolo II, Lettera encíclica Evangelium vitae, 101.
269 Pontificio Consiglio per la Famiglia, Vademecum per i confessori su alcuni
temi di morale attinenti alia vita coniugale, 17.

272
loro i sacerdoti, i ve- scovi e persino lo stesso successore di
Pietro?»270.
Da quanto abbiamo finora detto ci rendiamo conto che la
regolazione naturale della fertilitá richiede in chi la insegna
un’adeguata preparazione tecnico-scientifica e una forte
motivazione umana ed etica. Essa si configura in certo sen-
so come un vero e proprio apostolato: a volte un «apostola-
to del simile da parte del simile» 271.
E essenziale saper scegliere nelle nostre comunitá persone
che si preparino a insegnare i metodi naturali, svolgendo tale
servizio con competenza, serietá, amore. L’incoraggia-
mento e il sostegno che da parte nostra puó venir dato a tali
operatori rivela l’attenzione che, nel ministero, riserviamo
alia famiglia, all’amore coniugale, alia vita umana. E ancora
la stupenda enciclica EVANGELIUM VITAE a incoraggiarci in
tal senso: «alie sorgenti della vita, i centri per i metodi na-
turali di regolazione della fertilitá vanno promossi come un
valido aiuto per la patemitá e matemitá responsabili, nella
quale ogni persona, a cominciare dal figlio, é riconosciuta e
rispettata per se stessa e ogni scelta é animata e guidata dal
criterio del dono sincero di sé»272.
Per la riflessione e la preghiera

Beato l’uomo che teme il Signore e cammina nelle sue


vie.
Vivrai del lavoro delle tue mani, sarai felice e godrai
d’ogni bene.
La tua sposa come vite feconda nell’intimitá della tua
casa; i tuoi figli come virgulti d’ulivo intorao alia tua

270 Giovanni Paolo II, Lettera alie famiglie, 12.


271 Paolo VI, Lettera enciclica Humanae vitae, 26.
272 Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium vitae, 88.

273
mensa.
Cosi sará benedetto l’uomo che teme il Signore. Ti
benedica il Signore da Sion!
Possa tu vedere la prosperitá di Gerusalemme per tutti i
giomi della tua vita.
Possa tu vedere i figli dei tuoi figli!
Pace su Israele! (Salmo 128).

«Vita e benedizione sulla casa che teme il Signore»

Carissimi fratelli, carissimi sposi, nella festa che la Chiesa


oggi ci invita a celebrare vorrei meditare su tre realtá, tre
parole che ricaviamo dal Salmo 128, e che vi invito
davvero a coniugare e contemplare: DIO, VITA, FAMIGLIA.
Per la famiglia, ci ha suggerito infatti la Parola, la vita é
benedizione di Dio.
La famiglia é a servizio della vita, proprio in quanto é icona
di Dio, di un Dio-comunione, di un Dio-famiglia. E Dio é
Signore della famiglia e nella famiglia solo in quanto la
famiglia vive il suo progetto d’amore sulla vita e per la vita.

La fondamentale vocazione dell’uomo é partecipare alia


vita e all’amore di Dio Padre. E questo é umanamente pos-
sibile nella famiglia e per la famiglia.
Per questo, vorrei con voi contemplare il vostro amore
nuziale non solo come qualcosa che vi unisce profonda-
mente, ma come il mistero che vi inserisce nel cuore stesso
di Dio: un cuore colmo d’amore.
Pensateci. Non é forse 1’amore che fa della famiglia
1’immagine del Dio-Trinitá?
Non é forse 1’amore che vi permette di obbedire a
quello che é il «comando» di Dio: siate fecondi,
moltiplicatevi, ri- empite la térra e sottomettetela...? Non é
forse l’amore che vi fa vivere tale comandamento come un
dono? Sappiate che questo é un disegno grande, che si

274
realizza quando l’uomo e la donna si uniscono
intimamente per il servizio della vita. E a voi, in quel
momento, viene concesso il privilegio di partecipare dello
stesso amore di Dio: del suo amore creatore, con la nascita
dei vostri figli; del suo amore redentore, con la loro
educazione e la crescita. Non dimen- ticatelo: l’educazione
sará efficace e l’autoritá credibile so
lo se al di sopra di tutto c’é la caritá.
L’amore non é solo un fatto umano ma divino: é dono,
non lo avete creato voi. L’amore é grazia: da soli, non
sare- ste capaci di tanto amore. Accogliete sempre questa
grazia e custoditela con una vita santa.
Credo ci sia un grande segreto, una strada infallibile per
custodire questo grande tesoro: é laPREGHIERAL Non
stanca- tevi di pregare e non vi stancherete di amare.
Capirete un giomo, se giá non lo avete capito, che
preghiera e amore sono due parole con lo stesso
significato.
Qualcuno ha detto che «l’agonia della famiglia é Fago-
nia del cristianesimo». Io aggiungerei che Fagonia della
famiglia é Fagonia della vita, di ogni vita, di tutta la vita: é
Fagonia del Cristo stesso, che é la vita. Non permettete
questa agonia!
Gesü é la vita, é il principio vítale: tutto é stato fatto per
mezzo di lui. Noi non possiamo fare a meno di lui. Perché
osiiá Ia vita non é amata? Perché si continua a escludere jalla
vita colui che é il Signore stesso della vita.
•<Che la vita non muoia piü»: vorrei gridarlo con voi! Sia
questa la nostra preghiera perché, d’altra parte, questa é la
nostra certezza: la vita non puó moriré perché Dio non puó
moriré.
Ancora oggi le tenebre non accolgono la vita, la rifiuta-
no: perció c’é bisogno di TESTIMONI. Si, credo che il mondo
abbia bisogno di tanti Giovanni Battista che suggellino
questa veritá: la vita é Gesü. Credo che il mondo abbia bi-
sogno di tanti Giovanni Battista che promuovano la vita,
dimostrando che l’impossibile diventa possibile: perché il
Verbo si é fatto carne.

275
Vivete anche voi la vostra storia d’amore da INCARNATI, e
cosi saprete daré la vita: come il Figlio di Dio, che dalla
grotta di Betlemme é salito al Calvario.
La conversione del cuore e la santitá della vita, segnate
dalia croce e dalla speranza nella risurrezione, fanno della
famiglia il segno di una novitá: quella dell’amore. II mondo
non conosce questa novitá, la rifiuta: e questa é la prova che
ne ha immenso bisogno.
Non abbiate paura di essere i testimoni di questa novitá:
il vostro amore vincerá ogni rifiuto, ogni male. E vincerá la
morte. Contemplo cosi questo amore. E lo benedico!
Amen
(da un’omelia per la festa della Sacra Famiglia).

Diletti figli sacerdoti, che per vocazione siete i consiglie-


ri e le guide spirituali delle singóle persone e delle famiglie,
ci rivolgiamo ora a voi con fiducia. II vostro primo compito
- specialmente per quelli che insegnano la teologia morale
- é di esporre senza ambiguitá l’insegnamento della Chiesa
sul matrimonio. Siate i primi a daré, nell’esercizio del vostro
ministero, l’esempio di un leale ossequio, interno ed esterno,
al magistero della Chiesa [...].
Non sminuire in nulla la salutare dottrina di Cristo é emi-
nente forma di caritá verso le anime. Ma ció deve sempre

276
accompagnarsi con la pazienza e la bontá di cui il Signore
stesso ha dato l’esempio nel trattare con gli uomini. Venuto
non per giudicare, ma per salvare, egli fu certo intransigente
con il male, ma misericordioso verso le persone.
Nelle loro difficoltá i coniugi ritrovino sempre, nella parola
e nel cuore del sacerdote, l’eco della voce e dell’anuiré del
Redentore.
Paríate poi con fiducia, diletti figli, ben convinti che lo
Spirito di Dio mentre assiste il magistero nel proporre la
dottrina, illumina internamente il cuore dei fedeli, invitan- doli
a daré il loro assenso. Insegnate agli sposi la necessaria via
della preghiera, preparateli a ricorrere spesso e con fede ai
sacramenti dell’eucaristía e della penitenza, senza mai la-
sciarsi sconfortare dalla loro debolezza (Paolo VI, Lettera
enciclica HUMANAE VITAE, 28 e 29).
UNITÁ I

L’eclissi del valore della vita


Introduzione

«Se non si vuole esporre all’arbitrio degli uomini la mis-


sione di generare la vita, si devono necessariamente ricono-
>cere limiti invalicabili alia possibilitá di dominio dell’uomo
>ul proprio corpo e sulle sue funzioni; limiti che a nessun
uomo, sia privato, sia rivestito di autoritá, é lecito
infrangere»273.
La PROFEZIA di Paolo VI nella HUMANAE VITAE anticipava
giá, in maniera sorprendentemente realista, le conseguenze
cui avrebbe potuto condurre la scelta contraccettiva: quella
mentalitá “anti-vita” che si instaura qualora ci si riconosca
■<arbitri» e non «ministri» delle sorgenti della vita
umana274.
II pericolo, cioé, sembrava quello di far diventare la ge-
nsrazione della vita una realtá manipolabile, una sorta di
oggetto di dominio dell’uomo su se stesso che rappresenta
1‘esatto contrario dell’autodominio, cioé della capacitá che
esige padronanza di sé e obbedienza alia propria dignitá.
Tale pericoloso potere dell’uomo su se stesso avrebbe
potuto diventare - sembrava avvertirci Paolo VI - un peri-
coloso dominio dell’uomo sull’uomo: realtá che, purtroppo,
sembra ormai diffusa nel quotidiano della vita familiare,
vociale, politica.
Viviamo in un’época nella quale il valore della vita sem-
bra subiré una sorta di «eclissi» 275, che riguarda in modo del
tutto particolare, anzi RADICALE, la vita al suo sorgere e al
suo sbocciare, la sessualitá umana e la sua capacitá genera-
tiva. Riguarda la vocazione all’amore di ogni creatura. «So
lo un amore vero sa custodire la vita», afferma renciclica
EVANGELIUM VITAE276. Solo un amore che sappia custodire la
vita, dunque, é amore vero.
Dobbiamo allora entrare nell’esame di fenomeni sempre
piü diffusi nel costume dei nostri giomi: aborto, contracce-
zione, fecondazione artificiale... tutte realtá che, sia puré in
273 Paolo VI, Lettera enciclica Humanae vitae, 17.
274 Ibid., 13.
275 Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium vitae, 11.
276Ibid., 97.

279
modo diverso, raggiungono e toccano il mistero della vita
alie sue sorgenti.
Vedremo come il valore della vita subisca, in tutte queste
forme, letteralmente una «eclissi»: dalla vita DIRETTAMENTE
RIFIUTATA E UCCISA con 1’aborto, alia vita ELIMINATA COME
POSSIBILITÁ nelle varié tecniche di contraccezione e
sterilizza- zione, o MANIPOLATA attraverso la fecondazione
artificiale.
Ed é soprattutto l’esistenza di chi non si ribella che puo
essere «eclissata»: la vita innocente e debole. Ci interessa
particolarmente esaminare in questa analisi la vita del bam-
bino non nato. Ció che piü allarma e preoccupa é che questa
specifica eclissi si consuma proprio in quell’ambiente umano
e cristiano che é invece per natura e per vocazione chiamato
a essere «santuario della vita»277: la famiglia.
C’é súbito da precisare, pero, che tante scelte compiute in
tale ámbito non sono sempre completamente consapevo- li:
pensiamo a quanto, ad esempio, la decisione della con-
traccezione, della fecondazione artificiale e talvolta dello
stesso aborto sia incoraggiata da altri e sostenuta da una
reale disinformazione.
Per tale motivo, la chiarificazione di alcuni dettagli sulle
suddette tematiche, anche di carattere tecnico-scientifico, si
rivela molto utile, soprattutto ai fini della guida spirituale. Ci
é necessaria una comprensione piü profonda dell’inse-
gnamento della Chiesa, insieme a una lettura piü consape-
volé e obiettiva del contesto culturale e sociale nel quale
siamo immersi, in cui i nostri ragazzi crescono e i nostri
giovani si preparano al matrimonio. É il contesto nel quale
noi, chiamati alia vita e alia vocazione sacerdotale, ci tro-
viamo ad annunciare il vangelo della vita.
Nell’esaminare tali problematiche non possiamo dimen-
licare che «ogni minaccia alia dignitá e alia vita dell’uomo
non puó non ripercuotersi nel cuore stesso della Chiesa, non
puó non toccarla al centro della propria fede nell’incar-
nazione redentrice del Figlio di Dio» 6.
É perció al VERBO INCARNATO che dobbiamo ricondurre
277 Id., Lettera encíclica Centesimus annus, 39,
ogni ferita e ogni tradimento dell’umanitá autentica. Egli ci
iiiuterá a considerare con opportuna prudenza e serena giu-
stizia tutte le tematiche che stiamo per approfondire, af-
frontandole poi sul piano pastorale e spirituale con quella
caritá che con pazienza, dolcezza e fermezza desidera pro-
fondamente liberare ogni uomo da tutto ció che ostacola il
.suo essere a immagine di Dio.

Obiettivi

La presente Unitá inquadra alcune problematiche relative a


contraccezione, sterilizzazione, aborto e fecondazione ar-
iLficiale nel quadro di una radicale CULTURA “ANTI-VITA”.
- La descrizione delle tecniche di CONTRACCEZIONE E
STERILIZZAZIONE mira a evidenziare l’effetto di distruzione
che es- se esercitano sul meccanismo della fertilitá, sul
rapporto coniugale e sulla stessa vita dell’embrione di
ventando, in i|uest’ ultimo caso, meccanismi abortivi.
- Le tecniche di FECONDAZIONE ARTIFICÍALE sono poi
esami- nate nella loro essenza di separazione tra atto
coniugale e potenzialitá procreativa, mettendo in luce la
manipolazione del processo generativo che arriva fino alia
manipolazione degli embrioni e alia loro soppressione.
- La riflessione suIVABORTO mira a presentame Fesseru-,
di attentato alia vita umana, ma anche a sottolineare la pro-
fonda disgregazione che esso provoca nelF esperten/a <J C|- F
amore coniugale e nella stessa identitá della donna.
- La riflessione su questi temi é inquadrata nei termini di
una DERESPONSABILIZZAZIONE, che produce gravi
conseguen/e sulla vita e sulla dignitá della persona,
sull’amore coniugale, sulla stessa esperienza di fede.

6
Id., Lettera enciclica Evangelium vitae,
3.
281
Manipolazioni del processo generativo

l, e tecniche antiprocreative

Se proviamo a ripercorrere il meccanismo della fertilitá


umana, non possiamo non ricordare come esso - passo do-
po passo - sveli una nuova sfumatura, collegata sempre con
un fenomeno precedente che rende possibile la trasmissione
ildla vita278.
Uno sguardo panorámico alie varié tecniche di CONTRAC-
CCZIONE, STERILIZZAZIONE e ABORTO ci permette invece di
cociere - anche qui, in un certo senso, progressivamente - un
meccanismo sempre piü mirante a eliminare e a distruggere
il meccanismo della fertilitá in tutte le sue componenti. Non
importa se in modo transitorio o definitivo, se con possibili
conseguenze sulla pienezza dell’atto coniugale o sulla salute
della donna o della coppia; non importa, infine, se attraverso
la distruzione delFembrione, l’eliminazione del figlio.
Un NO alia vita: a tutti i costi. Un’«eclissi» del valore della
vita che potrá portare a un’eclissi della potenzialitá, del
senso e della possibilitá della vita: fino a un’eclissi della vita
stessa.
La dizione TECNICHE ANTIPROCREATIVE indirizza il campo
della nostra riflessione verso un’ampia gamma di mezzi oggi
utilizzati al fine di evitare l’instaurarsi o il procedere della
gravidanza. Lo schema che di seguito presentiamo, infat- ti,
non é limitato ai contraccettivi - cioé a quei mezzi che
evitano il concepimento - ma include i vari meccanismi che
ostacolano, a diverso livello, il processo procreativo: dal
blocco della fertilitá fino alia soppressione della vita.
I meccanismi biologici con i quali queste tecniche inter-

278 Rileggere in Unitá A la fisiología della riproduzione e le note sull’inizio della


vita.
feriscono si possono fondamentalmente riunire in tre gruppi
principali:
1. MECCANISMO CONTRACCETTIVO: impedimento
dell’incon- tro tra la cellula uovo e lo spermatozoo;
2. MECCANISMO DI STERILIZZAZIONE: blocco della fertilitá
temporáneo o definitivo;
3. MECCANISMO ABORTIVO: eliminazione dell’embrione
prima o dopo 1’annidamento in útero.

1. Le tecniche che impediscono l’incontro tra la cellula


uovo e lo spermatozoo sono denomínate MEZZI DI BARRIERA.
- II COITO INTERROTTO é, fra queste, una técnica molto
diffu- sa e consiste neU’interrompere l’atto sessuale prima
che av~ venga l’eiaculazione: il liquido seminale non viene
cosí de- posto nella vagina della donna. Talvolta é
erróneamente ri- tenuto un método naturale ma, non
rispettando la natura propria dell’atto coniugale, non ne
consente il naturale svolgimento.
- II CONDOM O PROFILATTICO é un cappuccio di gomma
con
il quale si ricopre il pene durante il rapporto sessuale, per
evitare l’ingresso degli spermatozoi in vagina: anch'esso
altera notevolmente lo svolgimento del rapporto. La diffu-
sione di tale mezzo contraccettivo ha avuto un notevole au-
mento negli ultimi anni, anche a motivo di una presunta
prevenzione che il profilattico potrebbe esercitare nei con-
fronti delle malattie sessualmente trasmesse, l’Aids in par-
ticolare. II tema é particolarmente serio: infatti, pur otte-
nendo una riduzione del rischio di contagio grazie al profi-
lattico, tale protezione non é tuttavia assoluta. La permeabi-
litá al virus Hiv (agente che trasmette l’Aids) é infatti resa
possibile da particolari PORI propri del materiale (lattice) che
compone il CONDOM, che permettono, tra l’altro, anche
11 passaggio degli spermatozoi. Esaminato come contraccet-
(¡vo, il profilattico dimostra un limite biologico che va dal
12 al 21 per cento279. Anche il virus Hiv, il cui diámetro é in-
fcriore a quello della testa dello spermatozoo, riesce a pas-
279
6
Cfr. The Medical Letter on Drugs and Therapeutics, a. XXIV (1995), p. 21.
Id., Lettera enciclica Evangelium vitae,
3.
283
sare attraverso i suddetti pon, con una conseguente possibi-
litá di trasmissione della malattia che va dal 10-15 per cen-
280
iii al 20-30 per cento . Sul piano scientifico, dunque, non si
puo classificare il profilattico come un mezzo di PREVENZIO-
NE dell’Aids, semmai come una PARZIALE PROTEZIONE.
D’altra parte, non si pud negare che il concetto di
prevenzione della trasmissione sessuale di una malattia cosi
drammatica dove necessariamente passare attraverso il
comportamento sessuale: la diffusione deH’epidemia é
infatti resa possibile da rapporti sessuali precoci e promiscui
e l’enfatizzazione ilcll’efficacia del CONDOM - unita a una
pubblicitá che ne propugna l’uso, specie tra i giovani - non
fa che incorag- üiare ulteriormente la promiscuitá sessuale.
La castitá pre- matrimoniale e la fedeltá coniugale sono
certamente i mez- A piü efficaci per una vera prevenzione,
ma anche per una ci irretta maturazione della sessualitá e per
una crescita nel- l‘amore. La prevenzione piü autentica é
l’educazione intégrale della persona.
- Tra i contraccettivi di barriera rimangono da menziona-
iv alcune tecniche applicate all’organismo femminile, tra cui
il DIAFRAMMA - un disco di gomma che, alcune ore prima di
un rapporto, viene applicato dalla donna stessa nella \ ivgina
- e i CAPPUCCI CERVICALI, che vanno invece posizio- n:.ti al
eolio dell’utero. Tali mezzi sono in genere associati all’uso
dei cosiddetti SPERMICIDI (CREME, PASTE, SCHIUME, TA-
VOLETTE, CANDELETTE...) che, anch’essi posti in vagina,
eserci- lano una distruzione chimica degli spermatozoi,
potenzian- t¡v > 1’efficacia contraccettiva dei mezzi di
barriera.
2. I mezzi con meccanismo sterilizzante agiscono atiru-
verso un blocco di uno dei fattori della fertilitá. Sí traitu Ji
un blocco che puo essere definitivo ( STERILIZZAZIONE
CHIMR- GICA) o temporáneo (CONTRACCEZIONE ORMONALE).
- Nonostante tale classificazione, la sterilizzazione dii-
rurgica é chiaramente distinta dalla contraccezione in senso
stretto. Comprende tecniche che possono agiré sull’appaia-

280 Cfr. J. Suadeau, Le sexe sur et le préservatifface au défi du SIDA, in Medicina e


morale, n. 4 (1997), pp. 689-726.
to genitale maschile e su quello femminile, interrompemlo
- attraverso un vero e proprio intervento di “taglio” - le \ i e
che consentono il nórmale percorso dei gameti. Nell’iinirui
la VASECTOMIA, operata attraverso un taglio dei DOTTI DCFC-
RENTI (che, lo ricordiamo, collegano l’epididimo all’uro ira e
costituiscono un canale di deflusso degli spermatozoi). la si
che il liquido seminale eliminato con l’eiaculazione sia privo
di spermatozoi. Nella donna la FIMBRIECTOMIA (meglio
conosciuta come LEGATURA DELLE TUBE) impedisce
l’incontro tra la cellula uovo e lo spermatozoo, che
normalmente av- viene proprio all’interno della tuba.
La problemática che si associa alia sterilizzazione chirur-
gica é notevole non solo da un punto di vista medico, ma
anche per i suoi risvolti psicologici e giuridici. Pur essendo
propagandate come reversibili, tali tecniche sono infatti
spesso definitive. Se, dunque, il desiderio rispetto a una
gravidanza dovesse mutare, la persona potrebbe ritrovarsi
impossibilitata al concepimento. Inoltre la persona speri-
menta spesso un senso di MUTILAZIONE, che crea forti
conflit- ti psicologici rispetto alia stessa identitá sessuale e
dunque alia serenitá umana. Proprio il concetto di
mutilazione, che la sterilizzazione chirurgica rappresenta,
suscita anche si- gnificativi quesiti sul piano legale. In Italia,
ad esempio, la sterilizzazione é in genere operata nel corso
di altri inter- venti chirurgici (generalmente durante un
taglio cesáreo), data l’assenza di una giustificazione
terapéutica per essa.
- Al blocco temporáneo della fertilitá é finalizzata la
CONTRACCEZIONE ORMONALE, ma essa non esplica solo
questa funzione. Si tratta di ormoni sintetici che vengono
sommi- nistrati alia donna attraverso diverse VIE:

6
Id., Lettera enciclica Evangelium vitae,
3.
285
a) la PILLÓLA, che la donna assume quotidianamente;
b) ia cosiddetta contraccezione LONG-ACTING (ad azione
pcolungata) in cui gli ormoni vengono somministrati attra-
v t.rSo iniezioni-deposito, impianti sottocutanei, anelli vagi-
nali e sono rilasciati lentamente.
Gli ormoni sintetici sono ESTROGENI E PROGESTERONE che,
presentí in differente percentuale nei diversi preparati, sono
Josati in modo da sopprimere gli ormoni naturali, Moceando
il meccanismo fisiologico della fertilitá a vari livelli:
a) blocco dell’ovulazione;
b) blocco della produzione del muco cervicale che, a
causa del progesterone, viene mantenuto sempre come un
tappo a chiudere il eolio dell’útero;
c) blocco della motilitá tubarica e della crescita dell’en-
Jnmetrio: tale meccanismo, dovuto anch’esso prevalente-
mente al progesterone, é alia base dell’effetto abortivo che i
amtraccettivi ormonali possiedono qualora - non venendo
hloccata 1’ovulazione o la secrezione di muco cervicale - si
dovesse verificare un concepimento. In tal caso, 1’embrione
non potrebbe essere traspórtate verso la cavitá uterina, per-
ché la tuba é impossibilitata a muoversi; d’altra parte, pur
arrivandoci, troverebbe un endometrio che non é cresciuto,
una “casa” che non si é preparata ad accoglierlo. Per que sto,
verrebbe espulso provocando un aborto, sia puré in fase
p¡.;coce.

3. La contraccezione ormonale esplica dunque anche un


elviaro effetto abortivo: esso é quasi esclusivo nel caso delle
siimministrazioni LONG-ACTING ma é presente anche nella
pil- loia, soprattutto quella a basso dosaggio di estrogeni
(MINI- PILLÓLA). La comprensione e la spiegazione del
possibile MECCANISMO ABORTIVO DEI CONTRACCETTIVI
ORMONALI281 é molto importante, dato l’elevato uso che tante
coppie fanno della PILLÓLA in particolare che, tra l’altro, non

281 Cfr. M. L. Di Pietro, R. Minacori, Sull’abortivitá della pillóla estroprogesti-


2 e di altri «contraccettivi», in Medicina e morale, n. 5(1996), pp. 863-900; B.
Bavle, L’activité antinidatoire des contraceptifs oraux, in Contraception Fertility
Sicrility, n. 22(6) (1994), pp. 391-395.

286
risparmia alia donna neppure importanti effetti collaterali sia
sulla salute sia sulla fertilitá successiva. Pur trattandosi,
infatti, di un mec- canismo reversibile, per molte donne, alia
sospensione della pillóla, si verifica un serio problema di
difficoltá nel concepimento, che puo durare per mesi, anni o
talvolta protrar- si in maniera definitiva. Anche da un punto
di vista psicológico non va trascurato un senso di rifiuto che
a volte le donne riferiscono e che puo rendere problemático
lo stesso rapporto sessuale, tenuto anche conto che la
riduzione del desiderio sessuale é proprio uno degli effetti
collaterali che la pillóla provoca.
- La cosiddetta PILLÓLA DEL GIORNO DOPO ha invece,
quando agisce, un effetto esclusivamente abortivo. Si tratta
di una dose di ormoni, molto piü elevata rispetto alia pillóla,
che viene assunta in seguito a un rapporto sessuale che si
sospetta essere stato fecondante (in genere entro 72 ore). Gli
ormoni assunti provocano una distruzione dell’endo- metrio,
cosicché, se si verificasse un concepimento, l’em- brione
verrebbe eliminato. Questa técnica viene spesso classificata
come «contraccezione d’emergenza»: é fonda- mentale
capire che non si tratta di contraccezione ma di aborto.
- Un meccanismo abbastanza diffuso é poi la SPIRALE O
DISPOSITIVO INTRAUTERINO (IUD). Consiste in un dispositivo
di plastica o di metallo che puo essere MEDICATO, cioé
contene- re ormoni o altre sostanze, e che viene inserito dal
ginecólogo, all’interno dell’utero. La presenza di questo
corpo estraneo, unitamente alie sostanze in esso contenute,
causa un’alterazione della crescita dell’endometrio e,
pertanto, esercita un EFFETTO ABORTIVO qualora si verifichi
un concepimento.
- Un gruppo sempre piú numeroso di sostanze chimiche,
che esplicano effetto abortivo, sta trovando últimamente
spazio neU’industria farmacéutica. Tra queste, la piú famosa
é al momento la RU 486, detta anche PILLÓLA DEL MESE DO-
PO
11 , che agisce attraverso un meccanismo di blocco del
Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium vitae,
pro-
58. .xesíerone, l’ormone che nelle prime settimane protegge
la gravidanza e ne consente la prosecuzione. Tale blocco 287
provoca un’emorragia che puo essere anche imponente, con
conseguente eliminazione deU’embrione. La forte emorra-
.ria puo costituire un serio pericolo per la salute della donna
e, per tale motivo, la Ru 486 é generalmente somministrata
in ambiente ospedaliero. La diffusione domiciliare, possibile
giá in alcune nazioni, desta pertanto enormi preoccupa- zioni
e solleva grosse problematiche sul piano sanitario e morale.
- Di questo gruppo fanno parte anche i VACCINI ANTI HCG,
vere e proprie forme di vaccinazione contro un ormone pro-
dotto dalla placenta. Essendo un vaccino viene sommini-
strato preventivamente, come tutti gli altri, per cui si trova
ad agiré se si verifica una gravidanza, provocando in quel
caso un aborto. Non puo non farci riflettere il considerare
che la mentalitá “anti-vita” é arrivata fino al punto di ideare
dei vaccini: la gravidanza sta realmente diventando una pa-
tología! E questo modo di considerarla si riversa sul modo di
considerare i figli.

Una riflessione sull’aborto procurato

«Fra tutti i delitti che l’uomo puo compiere contro la vita,


1’aborto procurato presenta caratteristiche che lo rendo- no
particolarmente grave e deprecabile» 11: con un tono de- ciso,
Giovanni Paolo II indirizza anche 1’attenzione dei pa- stori
verso un «delitto» che, nella coscienza contemporánea, sta
smarrendo la sua gravitá, rischiando di rimanere celato
dietro giochi di parole e di venire inglobato in abitu- dini che
lo fanno diventare una prassi. «L’ aborto procurato
- continua infatti Y EVANGELIUM VITAE - é l’uccisione delibe-
rata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano
nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tra il con-
cepimento e la nascita»282.
Non ci é difficile cogliere 1’enorme gravita dell’aborto se
ci rifacciamo a quanto appreso circa la meraviglia dei mcc-
canismi che caratterizzano 1’inizio della vita umana 283.
Certamente il problema dell’aborto possiede molteplici

282 Ibidem.
283 Cfr. Unitá A, Quando inizia la vita umana?\ Vita umana e persona umana.
288
sfaccettature: se ne puo parlare da un punto di vista storico.
sociologico, giuridico, teologico-morale, culturale, psicoló-
gico, biologico, medico, bioetico ecc.284.
Le tecniche utilizzate per giungere alia soppressione del
bambino nel grembo materno sono molteplici e stanno di-
ventando sempre piü accessibili, volutamente celate. Non
deve stupire questo approdo a una mentalitá “anti-vita” che,
purtroppo, sembra destinata ad andaré avanti: il procedere
delle ricerche mediche verso sofistícate tecniche abortive;
gli interventi sugli embrioni richiesti dalla fecondazione ar-
tificíale; la legislazione italiana attuale (Legge 194/78) che,
avendo dichiarato la liceitá dell’«interruzione volontaria di
gravidanza», continua a educare le nuove generazioni a
considerare NÓRMALE tale procedura...
Pur non sembrando questa l’intenzione sul piano giuridi-
co, non c’é dubbio che l’aborto sia oggi purtroppo divenuto
da una parte un mezzo di CONTROLLO DELLE NASCITE,
dall’altra una sorta di POTENZIALITÁ SELETTIVA attraverso
quello che, nella dizione comune, viene spesso classificato
come ABORTO TERAPÉUTICO ed é invece un vero e proprio
ABORTO EUGENETICO: l’eliminazione precoce dell’embrione
o del feto che si scopre essere possibile portatore di una
malattia, di un handicap. Ció é reso possibile anche grazie a
varié tecniche di DIAGNOSI PRENATALE che la medicina ha
messo a punto in questi ultimi anni: amniocentesi, prelievo
dei villi corisa- linali, cordocentesi... Procedure che, come
ogni técnica diagnostica, potrebbero e dovrebbero rivelarsi
utili, ad esempio, ai fini di una possibile terapia del feto per
alcune

11
Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium vitae,
58.
289
284 Cfr. E. Sgreccia, Manuale di bioética, op. cit.,, vol. I, pp. 437-439.
pau,logie ma molto spesso finiscono, purtroppo, col diven- uuv
un’anticamera dell’aborto.
In continuitá con le precedenti riflessioni sulla dignitá Jella
persona umana, 1’aborto ci appare profondamente lesivo di quel
diritto fondamentale alia vita che appartiene a ogni uomo, il quale
porta in sé rimmagine del suo Creatore. Perció la condanna
dell’aborto diretto non lascia spazio a dubbi: «nessuna
circostanza, nessuna finalitá, nessuna legge al mondo potrá mai
rendere lecito un atto che é intrínsecamente illecito, perché
contrario alia legge di Dio, scritta nel cuore di ogni uomo,
riconoscibile dalla ragione stessa, e proclamata dalla Chiesa» 15.

Cos’é la fecondazione artificíale?

Negli ultimi anni la ricerca medico-scientifica ha, in un certo


senso, spostato l’orizzonte applicativo rispetto a un problema che
si impone seriamente nella coppia: VINFERTILI- TÁ. Per superare
tale patología, invece di incrementare lo studio clínico, ad
esempio sulle possibili cause, la si affron- ta sempre piú
frequentemente spostando i termini del problema, cioé cercando
di riprodurre in laboratorio quanto av- viene in natura: la genesi
di una nuova vita.
Alcuni chiarimenti e distinzioni possono aiutarci a com-
prendere meglio e valutare, almeno in parte, alcune proble-
inatiche che le tecniche di fecondazione artificiale suscitano.
- Rispetto alia provenienza dei gameti (cellula uovo e
spermatozoo) distinguiamo fecondazione OMOLOGA O ETERO-
LOGA. La fecondazione é detta OMOLOGA nel caso in cui en-
irambi i gameti provengano dai due possibili genitori. E invece
ETEROLOGA quando almeno uno dei due gameti proviene da una
persona estranea alia coppia, il cosiddetto DONATORE.
- Bisogna poi distinguere: la FECONDAZIONE IN VITRO CON
CMBRYO-TRANSFER (la famosa Fivet) nella quale, in seguito al
prelievo dei gameti, la fecondazione viene operata in laboratorio
e, successivamente, l’embrione viene trasferito nel- l’utero;
VINSEMINAZIONE ARTIFICIALE (LA), nella quale la fecondazione
avviene dentro il corpo della donna, tramite il trasferimento,
operato da un medico, del liquido seminale precedentemente
15
prelevato
Giovannidall’uomo.
Paolo II, Lettera enciclica Evangelium vitae,
62.
- Altra nota técnica é la GIFT (GAMETE INTRA FALLOPPIÜN
TRANSFER), nella quale la cellula uovo e lo spermatozoo 290 ven-
gono entrambi posti separatamente ma simultáneamente nella
tuba, dove eventualmente avverrá la fecondazione.
Queste importanti distinzioni ci consentono di chiarire alcune
idee fondamentali, anche se molte altre tecniche, ormai in
maniera sempre nuova, vengono proposte e pubblicizzate.
Le diverse tecniche riconoscono procedure differenti e, tra
l’altro, sarebbero da riservarsi a circostanze particolari, nelle
quali sia ben evidenziata la possibile causa dell’infer- tilitá e
questa non abbia altra soluzione. Ma, in realtá, nep- pure questo
si verifica.
- L’ INSEMINAZIONE ARTIFICIALE sarebbe da limitarsi a casi in
cui é alterato lo svolgimento del rapporto sessuale (impotenza
maschile, malformazioni della vagina...) o per particolari
patologie del liquido seminale; la forma eterologa sarebbe invece
“indicata” in casi di impossibilitá di produr- re i gameti da parte
dell’uomo o della donna. La percentua- le di riuscita di tali
tecniche varia nei diversi studi, ma si aggira attomo al 25 per
cento per la forma omologa e va dal 10 al 20 per cento nella
forma eterologa: l’uso del seme congelato potrebbe, in
quest’ultimo caso, rappresentare un fattore di ridotta fertilitá 16.
- L’efficacia della GIFT é invece del 20-27 per cento ma la
técnica presenta un’elevata percentuale di aborti: solo i 2/3 delle
gravidanze iniziate giungono a termine ed é d’altra parte
impossibile dimostrare se vi siano altri concepi- menti che non
riescono ad andaré avanti17.
- Nella FIVET la fecondazione avviene, appunto, IN VITRO, in
laboratorio. Attraverso delle sostanze ormonali, viene provócala
nella donna un’ovulazione múltipla; le cellule ut>vo sono
prelevate chirurgicamente e poste in un “terreno di coltura”, al
quale viene poi aggiunta un’elevata percen- uu'ile di spermatozoi.
Una volta avvenuta la fecondazione, alcuni degli EMBRIONI
ottenuti vengono trasferiti all’intemo dell’útero: altri possono
essere congelati ed eventualmente uiilizzati per altri tentativi di
impianto o, a volte, usati per il triste scopo della sperimentazione.
La valutazione dell’effi- eacia della Fivet é piuttosto
problemática: nel 90 per cento dei casi avviene la fecondazione,
mentre la percentuale di ¿ravidanze che giungono a termine é del
6-7 per cento: per Ljuesto motivo, la perdita di embrioni é
elevatissima (93-94 per cento). E, anche se alcuni studi calcolano
la percentuale di riuscita considerando esclusivamente gli
embrioni im- piantati e non quelli fecondati, questa percentuale
rimane
18
eomunque
Cfr. ibid., p. 532. bassa (14-20 per cento) 18; tuttavia resta il pro-
blema di aver fecondato volutamente delle vite umane che >iiii é
noto non avranno possibilitá di vivere! 291
Pur nella sua brevitá, lo schema finora percorso dovreb- bo
averci dato qualche spunto di riflessione per comprendere come
l’eclissi del valore della vita, dell’amore, della di- grútá della
persona umana, leghi profondamente tutte que- sie tecniche che,
sia puré con metodologie e fini di ver si, prcsuppongono ed
esigono una manipolazione del processo della procreazione
umana.

16
Cfr. E. Sgreccia, Manuale di bioética, op. cit., p. 513.
17
Cfr. ibid., p. 523.

292
La cultura della morte

Un’esperienza deresponsabilizzante

«La feconditá - recita un bellissimo passaggio della L-'A-


MILIARIS CONSORTIO - é il frutto e il segno dell’amore coniu- gale,
la testimonianza viva della piena donazione reciproca degli
sposi»19.
Per riflettere opportunamente sulle problematiche deri- vanti
da tutte le tecniche presentate, che raggiungono il cuore della vita
e dell’esperienza coniugale, potremmo partiré da un dato
importante: la DERESPONSABILIZZAZIONE.
La maturazione umana é anche un gradúale cammino di
responsabilizzazione. Cosi la crescita di un rapporto tni persone,
in particolare quello d’amore, vede l’intersecarsi o il maturare di
tante responsabilitá che contribuiscono a far superare l’egoismo
delle persone e anche un possibile “egoismo a due”, pericoloso
ostacolo del vero amore.
La responsabilitá nell’amore nasce dalla percezione che la
persona amata ci é stata AFFIDATA. La responsabilitá nel- 1’amore
coniugale é dunque rivolta sia alia persona del co- niuge sia alia
persona del figlio, la cui esistenza, anche se non sempre presente,
va tuttavia prevista o quantomeno considerata nell’ámbito della
realtá coniugale e dello stesso esercizio della sessualitá.
E forse ormai evidente che le tecniche contraccettive,
sterilizzanti, abortive e le stesse metodologie di fecondazione
artificiale possiedono e provocano una perdita di respon- sabilitá: da
un lato, della responsabilitá procreativa; dall’al- iro. di quella
relazionale-coniugale.
La deresponsabilizzazione nasce sempre da un RIFIUTO: si
tratta, in questo caso, del rifiuto della feconditá, che non viene piü
considerata come parte integrante della persona mnana, come bene
da accogliere con amore e, appunto, re sponsabilitá. L’eliminazione
della responsabilitá é, alio mcsso tempo, frutto e causa
dell’eliminazione di quel valore del quale si deve essere
responsabili:
19 laPaolo
Giovanni procreazione.
II, Esortazione apostólica Familiaris consortio,
Cosi28.VHUMANAE VITAE, dichiarandola illecita, definisce la
contraccezione
293 «ogni azione che, o in previsione dell’atto
coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue
conseguenze naturali si proponga, come scopo o come mez- zo,
di rendere impossibile la procreazione» 285. Tale definizio- ne
potrebbe essere tradotta cosi: «compiere un atto ma rifiu- tarne le
conseguenze». É una lógica nettamente diversa da quella che
dovrebbe sostenere il compimento di un atto 286.
Alia luce di quanto acquisito riguardo i meccanismi d’ a- zione
e la lógica contraccettiva, possiamo perianto tentare di
individúame alcuni risvolti lesivi e deresponsabilizzanti a vari
livelli.

Deresponsabilizzazione e atto coniugale

Piü volte abbiamo riflettuto sulla sessualitá come linguaggio,


sull’atto coniugale come espressione di una veritá d’amore, che é
piü grande dell’atto stesso e che esprime la totalitá del dono di sé
e 1’apertura alia vita.
«Al linguaggio nativo che esprime la reciproca donazio- ne
totale dei coniugi, la contraccezione impone un linguaggio
oggettivamente contraddITTORÍO, quello cioé del non donarsi
all’altro in totalitá: ne deriva non soltanto il positivo rifiuto
dell’apertura alia vita, ma anche una falsificazione dell’interiore
veritá dell’amore coniugale, chiamato a donarsi in totalitá
personale»287.
Ecco che dal gesto coniugale emerge, sia puré in maniera
inconsapevole e forse non voluta, la deresponsabilizza/ione nei
confronti dell’altra persona: é come se il coniuge, eioe. non
avesse il diritto a ricevere il dono dell’altro in total iú c il dovere
di essere, per l’altro, dono in totalitá.
A livello pratico, potremmo accorgerci che la derespon-
sabilizzazione si instaura gia a motivo della SEPARAZIONE e della
DELEGA che la contraccezione «maschile» o «femminile»
richiede, insieme alia responsabilitá deputata al mezzo
contraccettivo.
Paolo VI esprime il suo fondato timore che «l’uomo, abi-
tuandosi all’uso delle pratiche anticoncezionali, finisca per
perdere il rispetto della donna e, senza piü curarsi del suo
equilibrio físico e psicologico, arrivi a considerarla come
semplice strumento di godimento egoístico e non piü come la sua
compagna, rispettata e amata»: ecco che puó venire aperta «una
via larga e facile all’infedeltá coniugale e al- I’abbassamento
generale della moralitá»288.

285 Paolo VI, Lettera enciclica Humanae vitae, 14.


294
286 Cfr. Unitá D, 1. L’agiré umano.
287 Giovanni Paolo II, Esortazione apostólica Familiañs consortio, 32.
288 Paolo VI, Lettera enciclica Humanae vitae, 17.
Tali affermazioni potrebbero risultare esagerate. Ma come non
ammettere, ad esempio, che il mito del «sesso si curo» - che
implica la possibilitá di esercitare la sessualiiá senza quello che
viene considérate il “rischio” di una gravidanza o della
trasmissione di una malattia - possa influen- zare, quasi
sollecitandole, relazioni sessuali piü promiscué e meno
stabilmente legate? E come, d’altra parte, non ri- flettere sul fatto
che l’infedeltá coniugale, che certo ricono- sce varié cause,
germoglia piü fácilmente laddove vi sia un’incapacitá a dire di no
ai propri desideri - anche in campo sessuale - per amore di una
persona?
La rottura del legame tra amore e vita svuota 1’amore dei suoi
significati e della sua pienezza.

295
La mentalitá contraccettiva puo essere cosi lesiva nei confrontó
dell’amore coniugale in quanto lo é nei confrontó Je [la persona
umana.
Nonperesponsabilizzazione e dignitá
si puo donare la fertilitá se nondella
la sipersona
vive come un Joño. E
il rifiuto della feconditá e della sessualitá umana nella pienezza
del suo significato crea una frattura dentro la persona e la sua
stessa identitá: soprattutto l’identitá sessuale.
Potremmo dire che la rottura del legame tra amore e vita
genera lo spezzarsi di quella sorta di collegamento interno che
garantisce alia persona la sua armonia, la sua integra- zione e
integritá: o forse é generato da questa. La contraccezione é
dunque realtá DISINTEGRANTE.
«Le pratiche contraccettive - ci illumina Y EVANGELIUM VITAE -
affondano le radici in una mentalitá edonistica e de-
responsabilizzante nei confrontó della sessualitá e suppon- gono
un concetto egoistico di libertá che vede nella pro- creazione un
ostacolo al dispiegarsi della propria personalitá»289.
É breve il passo perché il rifiuto della feconditá e della
procreazione diventi rigetto della propria vocazione alia pa-
temitá-matemitá e della vita.

Deresponsabilizzazione nel rapporto con


la vita del figlio
«La vita che potrebbe scaturire daü’incontro sessuale -
continua il documento - diventa cosi il nemico da evitare
assolutamente e 1’aborto l’unica possibile risposta risoluti- va di
fronte a una contraccezione fallita» 290.
Anche la lógica clinica e farmacéutica si sta sempre piü
indirizzando a perfezionare mezzi chimici, meccanici o chi-
rurgici che abbiano sempre maggiore efficacia e comodita per
evitare una gravidanza: sia col prevenire un concepí- mento, sia
con un’azione che si verifichi a concepinienio avvenuto. La storia
della ricerca indirizzata in tal sen mi quasi ricalca quel passaggio
che, anche questa volta in modo forse inconsapevole, puo
fácilmente avvenire nellY.spe- rienza della coppia.
II rifiuto della vita, che la contraccezione instaura come
FORMA MENTÍS, é letteralmente RADICALE: raggiunge le radici
stesse di quell’esistenza che viene rifiutata, arrivando ull’amore
che la genera. 29
Non possiamo illuderci di svolgere una vera azione 6 in-
289 Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium vitae, 13.
290 Ibidem.
formativa e preventiva nei confronti dell’aborto procurato fino a
che non avremo conosciuto e contrastato 1’insidia “anti-vita” che
ogni forma di contraccezione, non solo quella abortiva, porta con
sé. «Aborto e contraccezione, pur con diversa natura e peso
morale, sono in intima relazione. come frutti di una medesima
pianta»291.
L’esclusione della fertilitá porta con sé l’esclusione del figlio
dalForizzonte del pensiero della coppia: non é forse questa
deresponsabilizzazione il problema fondamentale che 1’aborto
nasconde?
«L’aborto procurato e l’uccisione deliberata e diretta, co-
munque venga attuata, di un essere umano nella fase inizia- le
della sua esistenza, compresa tra il concepimento e la na- scita».
Un essere umano, quindi, «innocente... debole... totalmente
affidato alia protezione e alie cure di colei che lo porta in
grembo. Eppure, tal volta, é proprio lei, la mamma. a decideme e
a chiedeme la soppressione e persino a procurarla»292.
Un essere umano «totalmente affidato»: tale é il bimbo nel
grembo materno. Una vita affidata a un’altra vita, a un’altra
libertá: a un’altra responsabilitá.
Tuttavia 1’aborto é anche UN'INTIMA DISGREGAZIONE DELL’A-
FFIORC, tra l’uomo e la donna, che viene orientato a distrug-
gersi, perché se ne distrugge il frutto. Inoltre é una negazio- ne di
quella chiamata a daré la vita che interpella ogni crea- tura
umana. Particolarmente colpita é la donna che, rifiu- tando il
proprio essere madre, nega un’identitá che ormai le appartiene,
quindi RIFIUTA SE STESSA.
V aborto, dunque, sopprime la vita ma anche la matemi- lá,
dunque l’identitá e la vocazione della donna. Di conse- ouenza,
sopprime l’identitá e la vocazione dell’uomo, non- ehé la
chiamata alia responsabilitá di tutti coloro che, a diverso titolo,
sono coinvolti nel custodire e proteggere la vita umana, QUELLA
specifica vita. Pensiamo a quale molo importante giochino i
familiari, gli amici, i medici... Pensia- mo al molo del sacerdote.

1íeresponsabilizzazione e fecondazione artificíale

Anche «le varié tecniche di riproduzione artificiale, che


sembrerebbero porsi a servizio della vita e che sono prati- eate
non poche
28
Ibid.,volte con questa intenzione, in realtá aprono la porta a
nuovi 14.
attentati contro la vita»28. Tra le varié pro- Mematiche
legate alia fecondazione artificiale, ne sottoli- neiamo alcune 297in
291 Ibidem.
292Ibid, 58.
particolare.
1. LA PERDITA DI EMBRIONI é la valutazione piü seria che
riguarda la FECONDAZIONE IN VITRO ed é dovuta al fatto che -
come é stato illustrato - vengono fecondati un numero ele- \ ato di
embrioni per avere maggiori probabilitá che qualche gravidanza
possa continuare. Quanto sarebbe importan- ¡e far riflettere
preventivamente le coppie che desiderano un bambino sul fatto
che proprio la técnica che perseguono
1all’origine della distruzione di tanti altri bambini, che sono
anch’essi loro figli!
2. II PROBLEMA DEL DONATORE nella fecondazione o insemi-
nazione ETEROLOGA introduce addirittura una terza perst )n i
estranea alia coppia, nel processo della trasmissione dolía vita. E
seria la ripercussione sull’equilibrio psicológico (Ji entrambi,
sull’intima essenza della fedeltá coniugale non- ché sullo stesso
concetto di patemitá-maternitá che, tra ]‘a¡_ tro, anche lo stesso
bambino si trova a dover “subiré”,
3. LA MENTALITÁ DEL “FIGLIO A TUTTI I COSTI” immette poi |a
coppia in una lógica di possesso, spesso disorientandola rispetto
alia maturazione di quell’amore che essi desidorano donare a un
figlio.
4. LA ROTTURA DEL LEGAME TRA UNIONE E PROCREAZIONE,
quasi specularmente a quanto avviene con la contraccezione, ai-
tenta al valore e al significato dell’atto coniugale e de]In stesso
amore tra gli sposi. Questi ultimi due aspetti ci polígono dinanzi
non tanto l’eclissi del valore della vita come tale, quanto piuttosto
YECLISSI DEL VALORE DELL’AMORE, di quel significato che lo
stesso amore possiede nel donare la vita.
La vita umana che sboccia - potremmo chiederci - puo fare a
meno dell’amore? Non sia, questa, una domanda retorica o
sentimentale, ma uno spunto per riflettere ulteriormente
sull’opportunitá di prospettare una crescita nell’amo- re anche a
coloro che vivono il sofferto problema dell’in- fertilitá di coppia.
Se proviamo a invertire i termini del problema, ci accor- giamo
infatti che la ricerca legittima di un figlio a cui daré amore puo
avere autentica risposta proprio in quell’amore che apre il cuore
all’accoglienza della vita. L’amore é dono di sé: ed é per questo
che, se viene donato a coloro che giá si trovano in situazioni di
solitudine e difficoltá - pensiamo all’esperienza dell’adozione,
dell’affidamento o di altre forme di solidarietá -, é segno e
sostegno di una coppia che cresce nella gratuitá del dono di sé.
Tali considerazioni non vogliono assolutamente rivelare una
sorta
298 di insensibilitá per la grave sofferenza dell’infer- tilitá
coniugale. Anzi, forse proprio per questo ci rendiamo conto di un
dato molto importante, che non viene abbastan- za sottolineato: la
sofferenza delle coppie che, sottoponen-

28
Ibid.,
14.
299
a interventi di fecondazione artificiale, vivono in maniera
drammatica 1’esperienza della manipolazione; il problema
economico (questi interventi hanno infatti costi mol- [O clevati);
la frequenza elevata del fallimento, il piü delle \olie unita a una
non conoscenza riguardo alia causa della propria sterilitá. La
coppia, anche quella che desidera un fi- ¿lio, ha prima di tutto il
legittimo diritto di ricevere la conoscenza della propria fertilitá,
la diagnosi e la cura per il problema che eventualmente si
evidenzia. Invece sempre piü spesso la fecondazione artificiale
diventa una delle prime “soluzioni” prospettate alia coppia con
difficoltá nel concepimento.

La deresponsabilizzazione proiettata a un
livello sociopolitico
Le problematiche di cui stiamo parlando si presentano dunque
intimamente collegate, al punto da non riuscire quasi a cogliere
quali siano i limiti che le separano.
Qualora il legame tra amore e vita, tra sessualitá e procreazione
venga infranto, in questo vareo aperto si puo inseriré una forza -
sia essa interna o estranea alia coppia e alia famiglia - che pud
attentare pericolosamente sia alia vita umana che alio stesso
vincolo fedele e prezioso dell’a- more coniugale.
Paolo VI aveva in tal senso giá ammonito la Chiesa e la societá
sul pericolo che, per l’instaurarsi di una mentalitá contraccettiva,
la responsabilitá coniugale avrebbe súbito in rapporto alie
possibili decisioni dei pubblici poteri. «Si ri- fletta anche - egli
esortava - all’arma pericolosa che si ver- rebbe a mettere cosi tra
le mani di autoritá pubbliche incu- ranti delle esigenze morali:
chi potrá rimproverare a un go- vemo di applicare alia soluzione
dei problemi della colletti- vitá ció che fosse riconosciuto lecito
ai coniugi per la soluzione di un problema familiare? Chi
impedirá ai govemanti di favorire e persino imporre ai loro
popoli, se lo ritenesse-

ro necessario, il método di contraccezione da essi giiulicaio piü


efficace?»293.
Se un governo puó stabilire il numero di figli peí-
oi.n¡ famiglia o puó autorizzare le nazioni ricche a subordinare
300
293 Paolo VI, Lettera enciclica Humanae vitae, 17.
aiuti economici per i Paesi in via di sviluppo aH’obbliün della
diffusione dei contraccettivi, vuol dire che siamo di- nanzi a
una sorta di “colonialismo biologico” profonda- mente legato
alia contraccezione: il contrallo delle nascite diventa «contrallo
della popolazione»294.
Non é raro, ad esempio, ascoltare l’esperienza di rnissio- nari
che raccontano come, in alcuni luoghi dell’Africa, sia quasi
impossibile procurarsi un antibiótico ma sia facilísimo reperire
la pillóla estroprogestinica!
Se non poniamo la dovuta attenzione, anche noi potrem- mo
essere preoccupati dallo spettro dell’ESPLOSIONE DEMOGRÁFICA,
senza considerare come invece il problema dei Paesi poveri
non sia la ricchezza di bambini, ma la caren/a di quegli aiuti
economici che le nazioni industrializzaic preferiscono non
elargire.
Dobbiamo realmente vigilare per non lasciarci sottomei- tere
da quella LÓGICA ANTI-VITA che ci obbliga a considerare quasi
come un “favore” la coercizione nell’ámbito procrea- tivo per i
«poveri», a disperto di un generoso atteggiamento di
condivisione nonché di una reale promozione della conoscenza
e della responsabilitá umana.
E inoltre importante non trascurare il fenomeno del CALO
DELLE NASCITE, che in alcune nazioni sta assumendo dimen-
sioni davvero preoccupanti, configurandosi realmente come
una «seconda rivoluzione demográfica»295.
L’esame completo di una tale problemática sarebbe certo
molto ampio e particolareggiato. Ma alcune riflessioni ci
aiutano a guardare con spirito maggiormente critico anche ijuelle
leggi civili che, in veritá soprattutto presso i popoli
industrializzati, si confermano sempre piú ostili all’identitá c
all’unitá della famiglia. É infatti proprio la famiglia a scomparire dietro
il preteso riconoscimento di altri tipi di unione, spesso conosciute
come “unioni di fatto” che non assicurano una stabilitá, ma
pretendono di godere degli stessi diritti riservati alia famiglia,
cellula costitutiva della xocietá civile.
Tra questi, il «diritto al figlio», cristallizzatosi attraverso la
possibilitá della fecondazione artificiale, diventa disponi- hile per
persone di uno stesso sesso o per persone solé, a ri- prova di
come 1’origine della vita umana sia sempre piü estranea alio
stesso orizzonte della famiglia.
L’unione senza
Paolol’impegno, vitae, IL DOVERE : non cl
32
Giovanni II, Lettera enciclica Evangelium
IL DIRITTO SENZA
21.
294 Cfr. in proposito: Pontificio Consiglio per la Famiglia, Evoluzioni demogra-
301
fiche: dimensioni etiche e pastorali, 24-37; M. Schooyans, L'avortment: Enjeux politiques,
Longueuil, Quebec 1990; E. Sgreccia, Manuale di bioética, op. cit., pp. 390-394.
295 Pontificio Consiglio per la Famiglia, Evoluzioni demografiche: dimensioni etiche e
pastorali, 8.
é facile riconoscere in queste dinamiche i frutti della de-
ivsponsabilizzazione, che diventano poi norma del vivere?
Dove arriverá, in tale direzione, la profezia della HUMANAE
VITAE?

Deresponsabilizzazione ed esperienza di fede

Al cuore di tutto questo dramma, che stiamo solo super-


ficialmente sfiorando, resta quell’«eclissi del valore della ' ita»
che si collega inevitabilmente a un’eclissi del senso di í )io.
«Smarrendo il senso di Dio, si tende a smarrire anche i] senso
dell’uomo, della sua dignitá e della sua vita; a sua volta, la
sistemática violazione della legge morale, specie nella grave
materia del rispetto della vita umana e della sua ilignitá, produce
una sorta di progressivo oscuramento della capacitá di percepire
la presenza vivificante e salvante di : >io»32.
Ecco: distruggere il progetto divino, soprattutto quello
sull’uomo e sull’ amore, significa, in un certo senso, rendere
Dio meno “visibile”, volersi sostituire a lui. É il peccato delle
origini, che ritoma a farci perdere il senso della nostra dignitá. E,
laddove sia perduto il rispetto per l’uomo viven- te, é smarrito il
rispetto per Dio, Signore della vita.
Questo ragionamento potrebbe sembrarci esagerato se rife- rito
alia contraccezione. Ma le parole della HUMANAE VITAE ci aiutano
ancora a capire la profonditá di un’insidia che puo bloccare la
crescita della persona umana nell’amore e nella santitá: «un atto
di amore reciproco, che pregiudichi la dispo- nibilitá a trasmettere
la vita che Dio creatore, secondo partico- lari leggi vi ha
immesso, é in contraddizione con il disegno co- stitutivo del
coniuge e con il volere dell’autore della vita» 296.
Alia fine di questa riflessione é necessario ritrovare proprio «il
volere dell’autore della vita»: la VOLONTÁ DI DIO. Quale spazio
danno a essa i coniugi che scelgono la contraccezione, che
decidono per la sterilizzazione, eliminano il bambino attraverso
1’ aborto, affidano alia fecondazione artificiale il desiderio di un
figlio? Quale posto occupa il disegno di Dio creatore, di Dio
amore, di Dio vita?
E importante per noi capire come sia necessario, per ogni
uomo, rispondere a tale domanda dinanzi al suo Signore. É una
domanda che i seminaristi devono porsi, soprattutto dopo aver
meglio compreso alcuni dati scientifici che illu- strano le vere
dimensioni del problema. É un interrogativo che dobbiamo
302 a porre a tutti i fedeli, particolar- mente alie famiglie. E
abituarci
296 Paolo VI, Lettera enciclica Humanae vitae, 13.
dobbiamo aiutarli a trovare una risposta concreta, anche
attraverso una maggiore informazio- ne in questo delicato settore.
Non smettiamo di porre, a noi stessi e agli altri, tale do-
manda, nella sua chiarezza e nella dolcezza della prospetti- va
che possiamo offrire: perché le nostre coscienze e le nostre
famiglie, inquiétate da essa, possano trovare la forza di giungere a
quella pace e felicitá che viene soltanto dal vive- re il progetto del
Signore297.
Non smettiamo di presentare, a noi stessi e agli altri, tale

32
Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium vitae,
21.
303

297 Cfr. ibid., 31.


tjuesito, quando parleremo con i nostri giovani dell’amore e
della sessualitá, e ogni volta che prepareremo i futuri sposi a daré
il proprio libero consenso a quello splendido interrogativo che, a
nome della Chiesa tutta, rivolgeremo loro: «Siete disposti ad
accogliere, responsabilmente e con amo- ve, i figli che Dio vorrá
donarvi?».

In difesa della vita

II quesito diventa, ancora una volta, SOLLECITAZIONE PASTO-


RALE, e di nuovo ci rimanda al ministero del sacerdote.
Forse, dopo questa riflessione, intravediamo maggior- niente la
necessitá di un nostro impegno in DIFESA DELLA VITA. SON si tratta
- lo comprendiamo - di indire scenografiche crociate, ma di
trasmettere al cuore di ogni uomo che ci sará ;iffidato il SENSO DI
RESPONSABILITÁ VERSO LA VITA DELFRATELLO.
11 primo omicidio della storia viene inquadrato dalla
EVANGELIUM VITAE nell’ottica di una «deresponsabilizzazione
dell’uomo verso il suo simile» 298. «Non lo so»: Caino, (Jopo aver
ucciso Abele, cosi risponde al Signore che gli chiede dove questi
sia. E aggiunge: «Sono forse io il guar- diano di mió fratello?» 299.
«Si, ogni uomo é “guardiano di suo fratello”, perché Dio affida
l’uomo all’uomo»300.
Un vero approccio pastorale rispetto alie problematiche sinora
trattate non puo limitarsi alia denuncia: richiede che la persona
sia resa consapevole delle proprie responsabilitá \ erso la vita e
che sia sostenuta nel viverle con impegno.
A livello pratico, possiamo sottolineare:
1. l’importanza di INSTILLARE IL SENSO DI RESPONSABILITÁ, i|
uindi VEDUCAZIONE. Si tratta di formare al valore della ses-
»ualitá e della fertilitá sin dalla fase adolescenziale e di educare
gli sposi a vivere una procreazione responsabile at- ¡raverso la
regolazione naturale della fertilitá.
Nell’ottica educativa propria del sacerdote, emerge. i r¡1 l’altro,
la necessitá di una RESPONSABILIZZAZIONE PERSONAL? DEGLI
OPERATORI del settore sanitario, politico, educativo ecc., perché
percepiscano la propria responsabilitá nei eon- fronti della vita
umana e abbiano il coraggio di compiLTe scelte a servizio della vita,
anche se tali decisioni richic- dessero un’obiezione della
coscienza a leggi ingiuste o p (>. tessero comprometiere la
possibilitá di una camera económicamente o professionalmente

298 Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium vitae, 8.


2993« Gn 4,9.
300 Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium vitae, 19.
lusingante. L’obiezione di coscienza, in questi casi - ad esempio
nei confronti della legge sull’aborto - non é solo una possibilitá,
ma divenia addirittura un obbligo, per il dovere di non
cooperazionc al male38.
2. II dovere di SUPPORTARE IL SENSO DI RESPONSABILITÁ: e il
SOSTEGNO CONCRETO delle persone in difficoltá, perché que si o
non si trovino a dover compiere scelte “anti-vita” a causa della
solitudine, della paura, delle difficoltá economiche... Ció
impegna il sacerdote in prima persona, con l’aiuto pre- zioso di
persone o strutture che operano a SERVIZIO DELLA VITA e che
realmente svolgono questo compito con il dovuio rispetto della
dignitá della persona umana.
3. C’é una SPERANZA che deve sostenerci in questa pastúrale:
non é possibile che una persona sia completamente co- stretta
dalle circostanze a compiere il male. La giustizia di Dio, la sua
misericordia, la sua bontá, non potranno non delineare una
possibile soluzione. La fede ci obbliga sempre a cercare una
strada che sia secondo veritá e ci richiede di percorrerla insieme
con l’uomo.
Questo significa «servire il Vangelo della vita» 39.

II servizio alia vita: una storia di caritá

In tale prospettiva, il compito di difendere e custodire la vita di


ogni uomo diventa un comandamento; 1’esperienza jella Chiesa
incoraggia e propone la valorizzazione di alcu- iie particolari
stratture di servizio che abbiano uno scopo di , ()stegno e di
educazione, perché la vita umana sia concrc- {;imente difesa e
promossa.
«II servizio della carita nei riguardi della vita deve es sere
profondamente unitario: non puó tollerare unilatera- Jismi e
discriminazioni, perché la vita umana é sacra e iuviolabile in ogni
sua fase e situazione; essa é un bene iudivisibile. Si tratta dunque
di prendersi cura di tutta la vita e della vita di tutti. Anzi, ancor
piü profondamente, si tratta di andaré fino alie radici stesse
dell’amore e della vita.
Proprio partendo da un amore profondo per ogni uomo e
donna, si é sviluppata lungo i secoli una straordinaria storia di
carita, che ha introdotto nella vita ecclesiale e civile numeróse
stratture di servizio alia vita»301.
Una storia di carita: ancora una volta, la vita si conferma essere
legata all’amore, unita a esso, che la genera.
305
301 Ibidem.
Ci sono molte stratture da valorizzare come concretizza- /ione
di questa storia di carita, in particolare nei confronti della vita
nascente. I CENTRI PER I METODI NATURALI DI REGOLAZIONE DELLA
FERTILITÁ, che si collocano proprio «alie sorgenti della vita»; i
CONSULTORI MATRIMONIAN E FAMILIARI, che so- s'engono e
accompagnano «ogni famiglia nella sua missio- nc di “santuario
della vita”»; i CENTRI DI AIUTO ALIA VITA o i ERNTRI DI
ACCOGLIENZA DELLA VITA. Ma tutto questo, per essere j.ituato,
«richiede una continua promozione di vocazioni al ■■crvizio, in
particolare tra i giovani; implica la realizzazio- ne di progetti e
iniziative concrete, stabili ed evangélicamente ispirate»302.
Per tale motivo, é importante promuovere e incoraggiare ■íclle
persone una vera e propria disponibilitá a operare a favore del
vangelo della vita. II servizio alia vita é, nella Chiesa, una
VOCAZIONE e un APOSTOLATO, un segno di fede, ■-.peranza e
amore. Perché «la Chiesa sta dalla parte della vi

302 Ibid., 88.


ta: e in ciascuna vita umana sa scoprire lo splendore di quel
“si”, di quell’“amen”, che é Cristo stesso. Al “no” che invade e
affligge il mondo, contrappone questo vivente “sV\ di- fendendo
in tal modo l’uomo e il mondo da quantí insidia- no e mortificano
la vita»42.
Per la riflessione e la preghiera

In una convivenza ordinata e feconda va posto come fon-


dumento il principio che ogni essere umano é PERSONA, cioé una
natura dotata di intelligenza e di volontá libera; e quin- di é
soggetto di diritti e di doveri che scaturiscono immediatamente e
simultáneamente dalla sua stessa natura: diritti c doveri che sono
perció universali, inviolabili, inalienabili.
Che se poi si considera la dignitá della persona umana alia luce
della rivelazione divina, allora essa apparirá in- comparabilmente
piü grande, poiché gli uomini sono stati redenti dal sangue di
Gesü Cristo, e con la grazia sono di- venuti figli e amici di Dio e
costituiti eredi della gloria eterna (Giovanni XXIII, Lettera
enciclica PACERN IN TERRIS, 5).
Se i tu che hai creato le mié viscere e mi hai
tessuto nel seno di mia madre.
Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio;
sono stupende le tue opere, tu mi conosci fino in
fondo.
Non ti erano nascoste le mié ossa
quando venivo formato nel segreto,
intessuto nelle profonditá della
térra.
Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi e
tutto era scritto nel tuo libro; i miei giomi
erano fissati, quando ancora non ne esisteva
uno.
Quanto profondi per me i tuoi pensieri, quanto
grande il loro numero o Dio; se li conto sono piü
della sabbia, se li credo finiti, con te sono ancora
(SalmoId.,
42
139).
Esortazíone apostólica Familiaris consortio,
30.
Un pensiero speciale vorrei riservare a voi, donne che avete
fatto 307
ricorso all’aborto. La Chiesa sa quanti condi/¡ (í- namenti
possono aver influito sulla vostra decisione, e non dubita che in
molti casi si é trattato di una decisione soffer- ta, forse
drammatica. Probabilmente la ferita nel vostro animo non si é
ancora rimarginata. In realtá, quanto é avvenu- to é stato e rimane
profondamente ingiusto. Non lasciatevi prendere, perd, dallo
scoraggiamento e non abbandonate la speranza. Sappiate
comprendere, piuttosto, cid che si é ve- rificato e interprétatelo
nella sua veritá. Se ancora non l’a- vete fatto, apritevi con umiltá
e fiducia al pentimento: il Padre di ogni misericordia vi aspetta
per offrirvi il suo perdono e la sua pace nel sacramento della
riconciliazione. Vi ac- corgerete che nulla é perduto e potrete
chiedere perdono anche al vostro bambino, che ora vive nel
Signore. Aiutate dal consiglio e dalla vicinanza di persone amiche
e compe- tenti, potrete essere con la vostra sofferta testimonianza
tra
i piü eloquenti difensori del diritto di tutti alia vita. Attraverso il
vostro impegno per la vita, coronato eventualmente dalla nascita
di nuove creature ed esercitato con 1’ accoglienza e 1’attenzione
verso chi é piü bisognoso di vicinanza, sarete artefici di un nuovo
modo di guardare alia vita dell’uomo (Giovanni Paolo II, Lettera
encíclica EVANGELIUM VITAE, 99).
Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vesti-
ta di solé, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una, co-
rona di dodici stelle. Era incinta e gridava per le doglie e il
travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo:
un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle te-
ste sette diademi; la sua coda trascinava giú un terzo delle
stelle del cielo e le precipitava sulla térra. II drago si pose da-
vanti alia donna che stava per partorire per divorare il bambi-
no appena nato. Essa partori un figlio maschio, destinato a
governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e il figlio fu sú-
bito rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece
fuggi nel deserto, ove Dio le aveva preparato un rifugio perché
vifosse nutrita per milleduecentosessanta giorni.

308
Scoppió quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi
angelí combattevano contro il drago. II drago combatteva
insieme con i suoi angelí, ma non prevalsero e non ci fu piú
posto per essi in cielo. II grande drago, il serpente antico,
colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la
térra, fu precipitato sulla térra e con lui furono precipitati
anche i suoi angelí. Allora udii una gran voce nel cielo che
diceva:
«Ora si é compiuta la salvezza,
la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo
Cristo, poiché é stato precipitato l’accusatore dei nostrí
fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno
e notte.
Ma essi lo hanno vinto per mezzo del sangue delVAgnello
e grazie alia testimonianza del loro martirio; poiché
hanno disprezzato la vita fino a moriré.
Esultate, dunque, o cieli, e voi che abítate in essi.
Ma guai a voi, térra e mare, perché il diavolo é
precipitato sopra di voi
pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo»
(Ap 12,1-12).

É urgente una grande preghiera per la vita, che attraversi il


mondo intero. Con iniziative straordinarie e nella preghiera
abituale, da ogni comunitá cristiana, da ogni gruppo
o associazione, da ogni famiglia e dal cuore di ogni creden- te.
si elevi una supplica appassionata a Dio, creatore e amante
dellá vita. Gesü stesso ci ha mostrato col suo esempio che
preghiera e digiuno sono le armi principali e piü ef- ficaci
contro le forze del male (cfr. Mt 4,1-11) e ha insegna- to ai suoi
discepoli che alcuni demoni non si scacciano se non in questo
modo (cfr. Me 9,29). Ritroviamo, dunque, l’umiltá e il
coraggio di pregare e digiunare, per ottenere che la forza che
viene dall’alto faccia crollare i muri di in- ganni e di
menzogne, che nascondono agli occhi di tanti nostri fratelli e
sorelle la natura perversa di comportamenti e leggi ostili alia
vita, e apra i loro cuori a propositi e inten- ti ispirati alia civiltá
della vita e dell’amore (Giovanni Pao
lo II, Lettera enciclica EVANGELIUM VITAE, 100).

309
O Maria,
aurora del mondo nuovo
Madre dei viventi,
affidiamo a te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato
di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui é reso difficile vivere,
di uomini e donne vittime di disumana violenza,
di anziani e malati uccisi dall’indifferenza
o da una presunta pietá.
Fa ’ che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare
con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il
Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo
come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine
in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo
con tenada operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontá,
la civiltá della veritá e dell’amore,
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita
(Giovanni Paolo II, EVANGELIUM VITAE).
UNITÁ L La castitá: mistero d’amore

310
Introduzione

«Nella verginitá e nel celibato la castitá mantiene il suo


significato originario, quello cioé di una sessualitá umana
vissuta come autentica manifestazione e prezioso servizio
all’ amore di comunione e di donazione interpersonale. Que-
sto significato sussiste pienamente nella verginitá che rea-
lizza, pur nella rinuncia al matrimonio, il “significato spon-
sale'’ del corpo mediante una comunione e una donazione
personale a Gesú Cristo e alia sua Chiesa che prefigurano e
anticipano la comunione e la donazione perfette e definitive
dell’aldilá»303.
Le parole della PASTORES DABO VOBIS ci obbligano a sof-
fermarci ancora sul profondo significato della sessualitá
umana quale mistero di comunione, di dono. E lo fanno alia
luce di quella chiamata che vogliamo accogliere come un
grande CARISMA del sacerdozio: la castitá del celibato.
«Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» 304: le parole
di Gesü ci fanno penetrare nella contemplazione di una
BEATITUDINE, nell’accoglienza di un dono, nell’incoraggia-
mento di un invito fatto al nostro «cuore».
E possibile - sembra risuonare cosi, tale invito - vivere
davvero quella beatitudine originaria dell’amore, della li-
bertá del dono di sé, della veritá del proprio corpo e del suo
significato sponsale. É possibile viverla in ogni umana
esperienza d’amore e, attraverso essa, penetrare piü intima-
mente e da vicino 1’esperienza di Dio... «vederlo».

Obiettivi

Nella presente Unitá si vuole far scaturire la «necessitá»


della castitá dalle precedenti riflessioni sulla sessualitá e
1’amore e sul significato sponsale del corpo. II dono della
castitá viene proposto come specifico carisma della vergini-
tá consacrata e del sacerdozio.
303 Giovanni Paolo II, Esortazione apostólica Pastores dabo vobis, 29.
304 Mt 5,8.
- La castitá é contemplata come quella FORZA che realizza
1’amore, in ogni vocazione.
- La castitá consacrata realizza la persona umana, la sua
sessualitá e affettivitá.
- La castitá VERGINALE aiuta i coniugi a mantenere uno
sguardo spirituale ed escatologico anche sull’esercizio della
sessualitá e, pertanto, puo PROTEGGERE anche 1’amore
umano e coniugale.
- La castitá é messa in rapporto necessario e gioioso con
la vocazione al sacerdozio e con la PASTORALITÁ.
Castitá: virtü e dono

La forza della castitá

Nella tradizione della Chiesa la castitá é proposta e addi-


tata quale virtü. II termine porta con sé una reale forza: tale é
la VIRTUS. Essa fa parte della virtü della TEMPERANZA, ma
possiede delle speciali sfumature305.
La FAMILIARIS CONSORTIO definisce la castitá «energia spi-
rituale»: forza, dunque, ma dello spirito e nello Spirito.
Questa particolare energia «sa difendere l’amore dai peri-
coli dell’egoísmo e dell’aggressivitá e sa promuoverlo verso
la sua piena realizzazione» 306. La virtü della castitá é la forza
dell’amore.
Tutta la riflessione sull’amore ci conduce a comprendere
l’esigenza, la «necessitá» della castitá, del suo significato,
del valore verso il quale essa tende: l’amore, appunto. La
comprensione autentica della castitá ci rimanda pertanto al-
l'esperienza dell’amore. «Autentica manifestazione e pre-

305 Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2341, p. 572; R. Cessario, Le virtü,
JacaBook, Milano 1994, p. 197.
306 Giovanni Paolo II, Esortazione apostólica Familiaris consortio, 33.
zioso servizio aH’amore...»307: sulla scia di tale definizione,
possiamo individuare due termini che ci aiutano ad appro-
fondire il significato della castitá.
Castitá come trasparenza:
«autentica manifestazione dell’amore»

Quando parliamo della beatitudine della purezza, é auto-


mático pensare a una certa limpidezza propria del cuore
dello sguardo, di tutta la persona. Tale trasparenza non o
ovviamente, fine a se stessa, ma permette realmente la MA-
NIFESTAZIONE dell’amore.
Per essere trasparenza d’amore, é essenziale che la castitá
sia trasparenza della persona, del suo valore. Manifesta-
zione - leggiamo ancora - autentica: la trasparenza fa si che
ció che viene a manifestarsi sia autentico, VERO. La tra-
sparenza é garanzia di veritá, non solo di sinceritá.
«I “puri di cuore” - ci ricorda il CATECHISMO DELLA
CHIESA CATTOLICA - sono coloro che hanno accordato la
propria i 11- telligenza e la propria volontá alie esigenze della
santitá di Dio, in tre ambiti soprattutto: la caritá, la castitá o
rettitudine sessuale, l’amore alia veritá e l’ortodossia della
fede. C’é un legame tra la purezza del cuore, del corpo e
della fede»308.
Potremmo provare a ripetere il concetto in questi ternii-
ni: la trasparenza é manifestazione del vero; la castitá é epi-
fanía della veritá che la persona é e che vive: epifanía del-
1’Amore.

Castitá come umiltá: «prezioso servizio all’amore»

La castitá vive solo in quanto SERVA di un bene piú gran-


de: 1’amore. In tal senso la castitá possiede un’essenza di
quell’umiltá che «é il giusto atteggiamento nei confronti di
una grandezza vera»309, quel «prezioso servizio» che la

307 Id., Esortazione apostólica Pastores dabo vobis, 29.


308 Catechismo della Chiesa Cattolica, 2518, p. 608.
309 K. Wojtyla, Amore e responsabilitá, op. cit., p. 159.
castitá rende alia persona e all’amore, manifestandone la
bellezza.
Sappiamo quanto complesse siano le dinamiche che re-
golano 1’identitá sessuale, la maturazione affettiva, lo stesso
esercizio della sessualitá. Sono dinamiche che, per non restare
sganciate dal mistero della persona, devono essere ¡ntegrate
in essa e trovare attraverso di lei la possibilitá di indirizzarsi
verso ció cui é orientata: il superamento di sé e I'apertura
all’altro.
Tuttavia la persona non puo agiré cosi se non é attirata e
motivata dall’ amore: la corporeitá, lasciata a se stessa,
pienderebbe presto come legge la pulsione istintuale, facen
dola quasi divenire norma di atti, di comportamenti e scelte.
Cosi le dinamiche psico-affettive, se prívate del loro
riferimento al valore della persona, assumerebbero quale
criterio e movente esclusivamente il «sentire» dell’uomo e
Ui chiuderebbero nella ricerca compiaciuta del proprio be-
ncssere psicologico310.
L’umiltá della castitá permette al corpo e alia psiche di IN-
CHINARSI di fronte al bene dell’amore, della cui bellezza la
persona é chiamata a essere manifestazione, sacramento. E
proprio in questo subordinarsi, in questa umiltá, anche il
curpo trova in modo mirabile la propria dignitá di essere ci
>rpo UMANO, della persona. Solo la persona sa amare e, tra-
mite 1’umiltá della castitá, la sessualitá diventa orientata non
;il piacere, ma alia vera felicita che si compie nell’amore.

l/i castitá per un’armonia

C’é, in questa visione della castitá come «trasparenza» e •


umiltá», la percezione di una certa armonia, di una sorta i !
¡ equilibrio che rende il comportamento sessuale veramente
libero, cioé non puramente assoggettato agli istinti o alie
c.nozioni. É l’armonia dell’«integrazione»: «la castitá
esprime la positiva integrazione della sessualitá nella perso-

310 Cfr. Unitá B, Introduzione.


ga e conseguentemente 1’unitá interiore dell’uomo nel suo
ensere corporeo e spirituale»311.
Se una grande orchestra deve eseguire uno splendido

311 Catechismo della Chiesa Cattolica, 2337, p. 571.


brano, é necessario che ogni strumentista sia fedele alia
propria partitura, non si discosti da essa anche se quesia. ui-
lora, dovesse sembrare strana o inconcludente, se presen-
tasse inaspettate difficoltá. Da quella docilita - fatta di prc-
cisione, pazienza, fiducia che ciascuno infonde nell\>s C-
cuzione della propria parte nella sinfonia, dipende l’auieiui-
citá e l’armonia della sinfonia stessa.
Cosi, nell’uomo, quella DOCILITA umile che é la castita
permette ai diversi dinamismi (fisici, psicologici. mental i.
spirituali) della sessualitá umana di integrarsi e di equili-
brarsi, per realizzare la trasparenza di un’armonia: quella
dell’amore312. Non é dunque la docilita il fine di quello sfor-
zo, di quella pazienza, di quella tenada: lo scopo é l’amore.
Nel comportamento casto, il corpo, la psiche, lo spiriio
della persona umana non sono annullati o isolati, ma inte-
grad e resi capaci di vivere una melodia che, da soli, non
potrebbero mai eseguire. Cosi possono suonare un brano nel
modo migliore cioé fedele all’intenzione e all’ispirazio- ne
dell’autore.

Castitá e bellezza

Chi é l’autore della melodia di cui la sessualitá umana é


chiamata a essere fedele trasparenza? Chi é la sorgente di
quell’amore che siamo chiamati a far vivere e a vivere?
Abbiamo detto che la castitá é trasparenza della persona.
Sappiamo che la persona é immagine di Dio. La castitá ci fa
dunque TRASPARENTI DI DIO, ci fa SOMIGLIARE a lui, quasi
come un bambino che porta nel proprio volto i segni della
somiglianza con il padre o con la madre...
Di questo si accorge soprattutto chi ci guarda. La persona
casta é trasparente della bellezza che il Creatore ha asse-
gnato alia persona umana e che atiende di essere manifesta-
ta. La bellezza, infatti, é fatta per essere guardata, vista.
La castitá nasce dalla percezione della BELLEZZA, dalla cer-
tezza della nostra bellezza di creature, dalla contemplazione

312 Cfr. C. Caffarra, Etica generale della sessualitá, Ares, Milano 1992, pp. 55-
66; Perché la castitá? Come rispondere alVadolescente, in A. Cappella (a cura di), In
cammino verso la liberta. Proposta di un’educazione all’amore per adole- scenti e
giovani, Domograf, Roma 1990, pp. 65-93.
della bellezza di Dio e dal desiderio di renderla visibile.
E questa bellezza dell’immagine di Dio, che risplende at-
traverso di noi e in noi, é la SANTITÁ.

Alcuni elementi della castitá

Andando al concreto della nostra esperienza umana, pos-


siamo allora individuare alcuni elementi sui quali abbiamo in
parte giá riflettuto per comprendere come costituiscano
sfumature della castitá.

L’ autodominio
C’é, anzitutto, 1’autodominio. Sappiamo giá come questo
non sia un concetto puramente psicologico, ma riguardi
l’intrinseca essenza dell’uomo, per la quale egli ha la po-
tenzialitá di essere SOGGETTO delle proprie azioni e scelte,
senza divenire da esse - in un certo senso - «trascinato». Tale
autodominio si traduce, specie in questo campo, in una sorta
di AUTOPOSSESSO da parte della persona, che le dá la
possibilitá di essere libera rispetto agli istinti e alie passio-
ni, creando i presupposti per il dono di sé.
La riflessione sull’autodominio ci consente di compren-
dere quanto, in realtá, la volontá umana sia coinvolta nella
maturazione della castitá. Ogni scelta guidata dall’autodo-
minio puo sembrare, all’inizio, una rinuncia; di fatto lo é.
Ma, man mano che 1’esperienza dell’amore trova modo -
grazie anche all’autodominio - di essere veramente vissuta
dalla persona, la rinuncia perde la sua importanza, cessa di
presentarsi come ostacolo, per divenire automatica conse-
guenza di una scelta d’ amore.
II pudore alimenta la castitá in quanto aiuta a salvaguar-
dare il valore della persona e dell’amore.
Esso nasce infatti dalla vergogna generata dal peccato, la
quale tende a custodire la persona, per risparmiarla e pre-
servarla solo per un progetto d’amore. La vergogna che ge-
nera il pudore sará “superata” solo nel rapporto pieno e vero
dell’amore
11
Cfr. Salmo sponsale, dove la grazia sacraméntale dona
all’uomo
110. e alia donna la possibilitá e la gioia reden ti va del
rivivere,
318 quasi in pienezza, l’armonia e l’innocenza origina-
ria della creazione.

La tenerezza
La castitá é poi vissuta anche nella tenerezza. É chiaru che
la stessa tenerezza, che é la manifestazione visiva e concreta
di un particolare rapporto affettivo, va misurata e
- potremmo dire - vissuta in maniera casta. D’ altra parte e
importante comprendere quanto la tenerezza auténticamente
vissuta aiuti la castitá, in quanto esprime semplicemenio
un’attenzione all’altro, una condivisione con l’altro, perche
sa valorizzare le realtá piü semplici: uno sguardo, un gesto,
una delicatezza concreta... II Signore stesso é tenerezza 313,
che ci aiuta e ci insegna la misura dei gesti con i quali ma-
nifestiamo all’altro l’affetto, la simpatía, l’amicizia, l’amo-
re. La tenerezza non é dunque superflua, soprattutto nell’a-
more coniugale.
iradursi come CONTINENZA SESSUALE in alcuni stati di vita o
in a [cune circostanze.
Pensiamo alia castitá di du EFIDANZATI, che esprime, nel-
l’attesa e ne! silenzio, la grandezza dell’amore sponsale che
si preparano a vivere nella veritá.
Pensiamo all’attesa e al silenzio che i CONIUGI si trovano a
vivere in tante circostanze: anche quando, non potendo
accogliere il dono di una nuova vita, rispettano cosi il valore
della feconditá, preparandosi a vivere il rapporto coniu- gale
nella sua pienezza in un altro momento.
Pensiamo all’attesa e al silenzio della castitá con cui la
PERSONA CONSACRATA vive la totalitá del dono di sé a Cristo
e alia Chiesa, aspettando cosi la definitiva manifestazione
deH’amore sponsale cui tutte le creature sono chiamate.
Ogni linguaggio vive anche di silenzi: e la continenza,
ncila castitá, non é che l’eloquente e fecondo SILENZIO del
LINGUAGGIO dell’amore.

313 silenzio
La castitá é poi atiesa, silenzio, continenza: e, come tale, é
un’altissima espressione d’amore.
Puo sembrare paradossale, ma l’attesa puo esserci solo se si
é consapevoli della grandezza di ció che si attende, e puo
319
L’«amen»
In questa visione della persona e dell’amore, la castitá non
puó dunque identificarsi con una rinuncia, con una ne-
gazione. Non é un «no»: é un «si»!
Un «si» al progetto di Dio sull’amore, dunque una rispo-
sta realmente vocazionale. Un «si» trasparente, che rivela il
volto di Dio e gli permette di essere volto del nostro amore.
In questo senso, la castitá é un’esperienza e un’esigenza
profondamente spirituale e dunque umana: é il nostro «si», il
nostro «amen» di creature che consente a Dio di amare in
noi, con noi, per noi, di essere con il suo progetto di amore e
di vita il Principio unificatore della nostra sessualitá, della
nostra persona.
Cosi ogni apparente rinuncia, ogni scelta, ogni azione
potrá essere una nota dell’armoniosa melodia che la nostra
bellezza é chiamata a realizzare e che ci conduce alia beati-
tudine della visione e della manifestazione del volto di Dio.
«Ai “puri di cuore” é promesso che vedranno Dio faccia

11
Cfr. Salmo
110.
320
a faccia e che saranno simili a lui. La purezza del cuore é
la condizione preliminare per la visione. Fin d’ora essa ci
per- mette di vedere secondo Dio, di accogliere l’altro come
un “prossimo”; ci consente di percepire il corpo umano, il
nostro e quello del prossimo, come un tempio dello Spiriio
Santo, una manifestazione della bellezza divina» 314.
Vedere SECONDO Dio per vedere Dio: ecco il senso e la
promessa dell’ AMENL
Castitá e verginitá

In nome dell’amore
«É proprio del cuore umano accettare esigenze, perfino
difficili, in nome dell’amore per un ideale e soprattutto in
uome dell’amore verso la persona (1’amore, infatti, é per
essenza orientato verso la persona). E percio in quella chia-
mata alia “continenza per il regno dei cieli”, prima gli stessi
discepoli e poi tutta la viva tradizione della Chiesa scopri-
ranno presto 1’amore che si riferisce a Cristo stesso come
Sposo della Chiesa, sposo delle anime, alie quali egli ha
donato se stesso sino alia fine, nel mistero della Pasqua e
dell’ eucaristía.
In tal modo la continenza “per il regno dei cieli”, la scel-
¡a della verginitá o del celibato per tutta la vita, é divenuta
nell’esperienza dei discepoli e dei seguaci di Cristo l’atto di
una risposta particolare all’amore dello Sposo divino, e per-
cio ha acquisito il significato di un atto di amore sponsale:
cioé di una donazione sponsale di sé, al fine di ricambiare in
modo particolare l’amore sponsale del Redentore; una
donazione di sé intesa come rinuncia, ma fatta soprattutto per
amore»315.
La verginitá consacrata ha, in un certo senso, le sfumatu-
re proprie di una scelta PARADOSSALE: é realizzazione di una
sponsalitá nella rinuncia, che diventa in realtá un pieno dono;
314 Catechismo della Chiesa Cattolica, 2519, p. 609.
315 Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., pp; 313-314.
é un dono che si fa nell’oggi ma si realizza nella vita futura...
Si: c’é un profondo e misterioso paradosso che si percepisce
volendo provare a definire la radice della vocazione alia
castitá verginale o alia castitá del celibato. É il paradosso
dell’amore, che rende difficile spiegare ció che non tutti
possono capire, «ma solo coloro ai quali é stato concesso» 316.

“Per” il regno: una radice sponsale


C’é un PER che caratterizza tale vocazione. É il PER che
definisce il SIGNIFICATO SPONSALE del corpo non soltanto nel-
la luce della creazione, ma soprattutto nella speranza della
vita futura: non solo uno sguardo al «principio» ma anche
alia «fine».
La luce della risurrezione317, anche della risurrezione dei
corpi, illumina infatti una scelta che resterebbe comunque
incomprensibile senza il riferimento al mistero della crea-
zione.
Ritomiamo, con la nostra riflessione, a quella «solitudine
originaria» che vede l’uomo solo dinanzi al suo Creatore 318.
La solitudine é all’origine dell’esistenza, ma é anche il fine
della vita di ogni creatura umana: una perfetta solitudine di-
nanzi a Dio.
Ma Dio stesso trae fuori l’uomo da quella originaria soli-
tudine319, prospettandogli completamente il senso della sua
umanitá: dalla solitudine alia COMUNIONE.
Sulla scia di tutta la tradizione cristiana, possiamo essere
certi che la piena realizzazione escatologica deH’umanitá
sará l’unione totale con il Signore, che é misteriosa solitudine
dinanzi a Dio ma in una perfetta comunione con lui.
La solitudine CON Dio, cui tutti siamo chiamati, é dunque
il fine beatificante della nostra esistenza, in cui godremo per
sempre della visione del suo volto. Per alcuni essa si

316 Mt 19,11.
3175 Cfr. Mt 22,30; Me 12,25.
318 Cfr. Unitá C.
319
322 Cfr. Gn 2,18.
realizza qui in térra in maniera particolarissima, quasi con
una sorta di anticipazione: la solitudine PER Dio.
É questa l’essenza della verginitá consacrata: non sacra-
mento di un mistero che si rivela, come nel matrimonio, ma
segno di un mistero che si realizzerá. L’attesa di un compi-
mento intrisa di speranza e che, giá di per sé, é in qualche
modo certezza anticipante. Questa attesa e questa certezza
presuppongono, d’altra parte, un «principio».
Perció non si puó comprendere la verginitá senza il ma-
trimonio, senza penetrare il mistero della creazione, della
sessualitá e il significato sponsale del corpo umano. Perché si
finirebbe per interpretare come solitudine di isolamento
quella che é - e che deve essere - una SOLITUDINE DI COMU-
NIONE.
II segno distintivo della verginitá consacrata é infatti, pri-
ma di tutto, ció che potrebbe apparire una restrittiva rinuncia,
un «no». Rinuncia, cioé, al matrimonio e a tutto ció che a
esso é collegato: l’esercizio della sessualitá, la trasmissio- ne
della vita, il vivere in prima persona una realtá che rende
storicamente e concretamente attuabile l’esperienza di una
speciale comunione. Ma é rinuncia a vivere nell’oggi ció che
si compirá pienamente nel domani.
La vocazione alia verginitá consacrata si colloca, in un
cer- to senso, a metá strada tra il «principio» e la «fine». E
quasi un’attualizzazione di quella pienezza del significato
sponsale del corpo e della persona umana che si é rivelata
nella creazione e si compirá con la GLORIFICAZIONE DEL
CORPO320.
C’é una profonda dimensione di LIBERTA che vive in que-
sto mistero. Coloro che «si sono fatti eunuchi per il regno dei
cieli»321 sono guidati e mossi da una scelta libera, con- ferma
che il significato sponsale del corpo, con la sua fem-
minilitá-mascolinitá, é il DONO, non il possesso.
La libertá pero, lo ricordiamo, é di per sé orientata e fina-
lizzata all’amore: in quel PER il regno dei cieli é racchiuso
dunque tutto il mistero d’amore che ispira e sorregge tale
vocazione.
Solo l’amore, l’amore per una PERSONA, é in grado di su-
scitare l’impegno di tutta una vita rendendo capaci di atten-
320 Cfr. Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 295.
321 Mt 19,12.
323
dere per un’esistenza intera. La risposta alia vocazione alia
verginitá consacrata o al celibato sacerdotale sta tutta in
questo MISTERO D’AMOREL
Bisogna allora chiedersi, con molta concretezza: la castitá
della vita consacrata e del celibato sacerdotale realizza
davvero la persona e la sessualitá umana? Come puo avve-
nire sul piano biologico e psicologico? E come, infine, la
castitá realizza la sponsalitá dell’amore?

Castitá consacrata e realizzazione della dimensione


biologica della sessualitá umana
II corpo, dono per l’uomo fin dal momento della creazio-
ne, sacramento di quell’amore che ci ha fatti e che attende di
essere rivelato, diventa LUOGO in cui rispondere con pie-
nezza alia totalitá dello stesso amore sponsale di Cristo, che
nel suo corpo si é donato fino alia fine. Sottoposto alie leg-
gi della natura sessuale, é, d’altra parte, integrato nello spi-
rito, cioé a servizio del primato dell’amore esclusivo cui
Cristo stesso ci chiama: quell’amore pienamente personale
che siamo chiamati a dargli.
II corpo vive di questa risposta, come tutta la persona. É
splendido comprendere come il corpo non vada dimenticato
nella vocazione alia verginitá, ma sia chiamato a partecipare
in modo essenziale. Pensiamoci bene: é proprio il corpo a
diventare luogo in cui il «si» si attualizza e si incama, at-
traverso la libera RINUNCIA a vivere nel corpo l’esercizio
della sessualitá. II corpo partecipa anch’esso, e in modo
speciale, alia CONSACRAZIONE. Per vivere la rinuncia nel cor-
po, non possiamo rinunciare al corpo!
Nel corpo vive e traluce una speciale trascendenza, una
chiamata eterna: corpo creato, redento, destinato alia vita
senza fine e alia pienezza. Pur portando i segni dell’umana
fragilitá, il nostro corpo di creature consacrate al Signore
deve essere una conferma completa di questa veritá.
La vocazione alia verginitá é dunque anch’essa testimo-
nianza della bellezza e della dignitá del corpo umano e della
sessualitá umana: della sponsalitá.
É interessante interrogarci giá da seminaristi su come
trattare il nostro corpo, mantenendo nei suoi riguardi l’at-
324
teggiamento di chi cura qualcosa che ha ricevuto in dono e
che sta preparandosi a donare. Qualcosa che poi é qualcuno:
un dono che é tutt’uno con l’offerta della vita.
Se é vero che il corpo é per noi segno che ci rivela il no-
stro essere FATTI PER VAMORE, é altrettanto vero che la nostra
specifica chiamata all’amore si riversa e si trasmette anche
sul corpo. II nostro corpo dovrebbe quasi rendere VISIBILE la
nostra chiamata, il modo in cui noi stessi abbiamo accolto la
vocazione alia castitá.

Castitá consacrata e realizzazione della dimensione


psicológica della sessualitá umana e dell’affettivitá
Nelle precedenti riflessioni sulla maturazione umana e
affettiva, ci siamo riferiti al passaggio dal BISOGNO al
VALORE come criterio di crescita: alia radice della scelta di
vivere un valore, piuttosto che limitarsi al bisogno, c’é in
genere una motivazione di tipo «spirituale» che muove la
volontá20. Nelle scelte comportamentali in ámbito sessuale
questo passaggio é favorito dalla SUBLIMAZIONE, esperienza
per la quale l’uomo non elimina i bisogni, ma é portato dalla
motivazione stessa a raggiungeme la radice per daré una ri-
sposta che si qualifichi come risposta d’amore.
La castitá é, in questo senso, la concreta espressione di un
superamento dei bisogni, di una motivazione d’amore che
porta la persona a scegliere di donarsi totalmente. Cin
presuppone che, anche sul piano psicologico, la sessualitá
non sia considerata come un vuoto da colmare - pensiero che
si tradurrebbe in una serie di bisogni cui dover rispon- dere -
ma come una preziosa POTENZIALITÁ di tutta la persona, la
quale sa riconoscere il proprio bisogno e trasformarlo.
La chiamata all’ amore si realizza in modo particolare an-
che nella VITA AFFETTIVA della persona consacrata. A un
primo sguardo, cogliamo anche qui piú fácilmente i segni di
una rinuncia a quella reciprocitá ed esclusivitá caratteristiche
dell’ amore coniugale. Un amore che, nonostante tutte le sue
difficoltá, é carico di una speciale unicitá personaje, di
delicatezza e tenerezza. Grazie a una crescita nell’attenzio-
ne all’altro e nelFoblativitá, in esso trovano infatti rispos ta
20 Cfr. Unita
B.
325
anche quei desideri che sgorgano dall’essenza dell’attrazio-
ne tra maschile e femminile, tra due diversitá che, nella ri-
cerca del completarsi vicendevole, riscoprono la gioia e una
misteriosa ricchezza.
La chiamata alia verginitá e al celibato implica la rinuncia
a questo amore esclusivo in nome di un amore universale.
TUTTE le creature sono il termine dell’attenzione e della cura
della persona consacrata. Senza timore, possiamo dire che
questa é la radice della “pastoralitá” autentica, del cuore.
Tuttavia il mondo affettivo della persona chiamata alia
verginitá o al celibato non deve essere dimenticato. Anzi, la
serenitá, 1’equilibrio e il calore con cui la persona consacrata
vive i propri affetti sono garanzia e sostegno della stessa
castitá.
La solitudine della verginitá - lo abbiamo visto - é un
mistero di comunione con Dio: ed é lui che colma i desideri,
le attrazioni, le attese, il bisogno di delicatezza e tenerezza...
rispondendo cosi a quell’esigenza di esclusivitá che, sia puré
nella chiamata a un amore universale, permane de- cisamente
nel cuore umano.
Forse comprendiamo come la nostra sia un ’ ESCLUSIVITÁ
CON CRISTO: perché é SPONSALITÁ CON LUI, che pero esprime
questa esclusivitá d’amore sponsale in modo diverso e par-

326
ticolare con ciascuno. E tutto questo il consacrato lo com-
prende benissimo.
Nell’amore tra due sposi emerge, tra gli altri, l’importan-
te sforzo di imparare a riconoscere l’affetto dell’altro, il suo
modo di voler bene e di dimostrarlo. La crescita nell’amore
si indirizza, cosi, verso il superamento delle rigide aspetta-
tive per aprirsi alia vera accoglienza.
Ed ecco che qualcosa di simile accade nella verginitá
consacrata, nel sacerdozio: lo Sposo ama e io devo imparare
a riconoscere il SUO modo di amare... MEL E devo saper
scorgere i segni della sua tenerezza anche in ogni affetto
umano che lui stesso mi dona e che sono invitato a vivere in
pienezza, anche se non nella totalitá ed esclusivitá. Questa
totalitá ed esclusivitá sono infatti riservate al Signore: é il
fondamentale SIGILLO della nostra appartenenza a lui.

Castitá e sponsalitá nella vita consacrata

Dunque la verginitá realizza completamente la chiamata


all’amore, come nel matrimonio, dando spazio a un PER che
orienta al dono di sé. Quel PER, che fa diventare l’uomo e la
donna «una sola carne» nel matrimonio, realizza nella rinun-
cia alie nozze, il dono di sé a Cristo PER il regno dei cieli.
«La continenza per il regno di Dio si attua puré in rap-
porto alia mascolinitá o femminilitá propria della persona
che fa tale scelta; si attua in base alia piena coscienza di quel
significato sponsale che la mascolinitá e la femminilitá
contengono in sé. Se tale scelta si attuasse per via di un
qualche artificioso “prescindere” da questa reale ricchezza di
ogni soggetto umano, essa non risponderebbe in modo
appropriato e adeguato al contenuto delle parole di Cristo in
Mt 19,11-12»21.
La sponsalitá della vita consacrata é dunque APPARTENENZA
libera, totale e definitiva al Dio sposo: al di fuori di que-

sta dimensione sponsale non comprenderemmo il cuore


21
Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., p.
della317.
nostra chiamata. E per questo che la comprensione e
327
l’accettazione della SESSUALITÁ si conferma come
elemento essenziale per vivere la castitá consacrata.
Anche la castitá della verginitá e del sacerdozio si com-
pone di tutti gli elementi sui quali abbiamo giá riflettuto:
l’armonia, la trasparenza, l’umiltá, la bellezza,
1’autodominio, il pudore, la tenerezza... Ma soprattutto é
l’attesa importante, la continenza: il silenzio.
La continenza perfetta e perpetua per il regno dei cieli
é PIENEZZA DELL’ATIESA che si esprime nel corpo e che,
per suo mezzo, esprime la propria sessualitá in una
chiamata ad amare secondo quella modalitá che Dio
sposo richiede, permette e mostra in Gesú.
La rinuncia paradossale é TÚNICA esperienza d’amore
possibile per chi si senta chiamato, invaso, posseduto
nella propria totalitá dall’amore di Dio: tale INVASIONE
coinvolge la corporeitá, i sentimenti, i gesti e trasforma
tutto, per gra- zia, in una straordinaria esperienza
d’amore.
Cosi gli elementi propri della castitá sono vissuti nel
mistero di quella speciale INTIMITÁ con il Signore che solo
l’a- more squisitamente personale sa spiegare.
La pienezza dell’attesa, vissuta nel corpo, é PROFEZIA
del regno: anche nella verginitá, come nel matrimonio, il
corpo mantiene tutto il suo valore profetico, il suo
compito di parlare con il linguaggio del Creatore 22. E il
linguaggio della verginitá é il SILENZIOL

La castitá consacrata “custode” delFamore umano

É 1’amore sponsale di Dio, con la sua potenza, il vero


protagonista e la vera forza motrice della castitá perfetta e
perpetua che siamo chiamati a vivere e a testimoniare.
Una testimonianza gioiosa, che ha anche il grande
compito di cu-
stodire e proteggere l’amore umano. «La pratica gioiosa del-
la castitá perfetta» - leggiamo nell’esortazione apostolice
VITA CONSECRATA - é «testimonianza della potenza di Dio
nei- la fragilitá della condizione umana», «offerta a ogni
persona
- ai giovani, ai fidanzati, ai coniugi, alie famiglie cristiane -

22
Cfr. Unitá
H.
328
per mostrare che la forza dell’amore di Dio puo operare
grandi cose proprio dentro le vicende dell’amore umano» 322.
Ció pud accadere grazie alie due fondamentali modalitá con
cui viviamo nella carne - cioé nella continenza fisico-geni-
tale - la nostra sponsalitá con Cristo: il silenzio e 1’attesa.
1. II SILENZIO presuppone la parola, la genera, sa farle spa-
zio. Se non ci fosse la parola non ci sarebbe neppure il si-
lenzio. Se la parola non avesse una veritá da esprimere, il
silenzio non avrebbe ragione di esistere. Si! Puo amare il
silenzio solo chi SENTE e COMPRENDE nel profondo il valore
della parola.
Ma quale parola é chiamato a esprimere quel silenzio che
identifica e caratterizza la castitá della vita consacrata?
Certamente quella parola che Dio ha scritto nella corporeitá e
nella sessualitá umana, in quel mistero di amore e di vita che
si manifesta sulla térra in modo pieno esclusivámente
nell’amore coniugale.
É per questo che 1’amore per il nostro silenzio, cioé per il
nostro modo di vivere la castitá, cresce nella misura in cui
cresce la conoscenza di questa parola sulla veritá dell’amo-
re umano: il senso e la forza della castitá consacrata é anche,
in un certo senso, la CONTEMPLAZIONE dell’amore coniugale.
E il desiderio di farlo vivere.
«Perché l’uomo possa essere pienamente consapevole di
ció che sceglie (la continenza per il regno), deve essere an-
che pienamente consapevole di ció a cui rinuncia... Tale ri-
nuncia é, a un tempo, una particolare forma di affermazione
di quel valore, da cui la persona non sposata si astiene co-
erentemente, seguendo il consiglio evangélico» 323.

322 Giovanni Paolo II, Esortazione apostólica Vita consecrata, 88.


323 Id., Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 318.
329
2. Se il silenzio rende vivo un presente, VATIESA, pero
suggerisce un “oltre”. Anche 1’atiesa, dunque, custodisce e
protegge 1’amore, perché sa indicargli la sua prospettiva. la sua
chiamata aH’eternitá.
L’attesa della verginitá e del celibato é mistero che getta luce
su quell’anelito profondo dell’amore umano, un desi- derio di
PIENEZZA che riposa solo IN DIO e che solo nell’in- contro CON
LUI trovera una definitivitá e una luce umana- mente
inimmaginabili.
Se dunque il silenzio lascia spazio alia parola di Dio, sor-
gente dell’amore, l’attesa proietta l’esistenza verso la visione di
Dio, fine e pienezza dell’amore.
«La continenza serve indirettamente a porre in rilievo ció che
nella vocazione coniugale é perenne e piü profonda- mente
personale, ció che nelle dimensioni della temporalitá (e insieme
nella prospettiva dell’“altro mondo”) corrispon- de alia dignitá
del dono personale, collegato al significato sponsale del corpo
nella sua mascolinitá o femminilitá» 25.

Castitá, cuore dell’“essere pastore”

Potremmo dire, in conclusione, che il silenzio e l’attesa


lasciano parlare la veritá dell’amore: il suo principio, il suo
presente, il suo futuro di etemitá. Per questo la castitá cu-
stodisce e difende 1’amore e, concretamente, la castitá della
verginitá e del celibato protegge cosi 1’amore umano, il valore
del matrimonio.
Alia radice dei nostri sforzi di annunciare il vangelo della
vita, all’inizio di ogni nostra metodología pastorale ritor- na
dunque l’esigenza di vivere con gioia piena la castitá: la sua
attesa, il suo silenzio.
Questo silenzio PARLA. Ed e una parola che si traduce in
quella «pastoralitá del cuore» che ci é possibile grazie al-
l’intimitá esclusiva del nostro essere «soli» con Dio; «soli» per
Dio e per la sua Chiesa.
Solo questa parola, cioé la feconditá del silenzio, ci rende
auténticamente padri: la patemitá del sacerdote é pater- nitá
spirituale perché proviene dallo Spirito Santo, che fe- conda la
sua verginitá «per il regno dei cieli» 26.

25
Ibid, p.
319.
330
C’é - ci ricorda la PASTORES DABO VOBIS - un legame pro-
fondo tra «il celibato e l’ordinazione sacra, che configura il
sacerdote a Gesü Cristo capo e sposo della Chiesa. La Chiesa,
come sposa di Gesü Cristo, vuole essere amata dal sacerdote nel
modo totale ed esclusivo con cui Gesü Cristo capo e sposo l’ha
amata. II celibato sacerdotale, allora, é dono di sé in e con
Cristo alia sua Chiesa ed esprime il servizio del sacerdote alia
Chiesa in e con íl Signore»27.
Questo mistero d’amore apparterrá al nostro sacerdozio.
Costruiamolo giá da oggi: scegliamo di crescere nella castitá
nella fatica e nella ricerca, nella gioia inesprimibile e contagiosa
di chi vive il SEGRETO di essere scelto dall’amore. E con 1 ’
amore risponde!

26/te/.,p. 301.
27
Id., Esortazione apostólica Pastores dabo vobis, 29.

331
Per la riflessione e la preghiera

Gli dissero i discepoli: «Se questa é la condizione dell’uomo


rispetto alia donna, non conviene sposarsi». Egli rispóse loro:
«Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali é stato
concesso. Vi sono infatti eunuchi che sono nati cosi dal ventre
della madre, ve ne sono alcuni che sono sta- ti resi eunuchi
dagli uomini, e ve ne sono altri che si sono fatti eunuchi per il
regno dei cieli. Chi puo capire, capisca» (Mt 19,10-12).

La preghiera dell’ANGELUS, cari fratelli e sorelle, ci ricorda


che il nostro Salvatore é nato da una Vergine. La verginitá di
Maria, richiesta dal mistero dell’incamazione, prelude all’e-
sistenza verginale di Cristo. Non é senza un disegno divino che
sia stata una vergine a preparare Gesü alia sua missione
sacerdotale, missione che doveva compiersi nel celibato.
Qui si trova la prima origine di quella scelta di vita a cui,
secondo la disciplina della Chiesa latina, sono chiamati i
sacerdoti [...].
Nel Vangelo Cristo non ha esitato a chiedere a coloro che
sceglieva come apostoli di lasciare tutto per seguirlo. Lasciare
tutto significa anche rinunciare a formarsi una propria famiglia.
Meglio di chiunque altro, Gesü sapeva che tale rinuncia
richiede molta generositá, perché suppone il dono totale di sé.
Padrone assoluto della vita umana, egli ha invitato i suoi
apostoli a impegnarsi in un tale dono, perché ne vedeva tutta la
feconditá.
E vero che il celibato consacrato richiede una grazia speciale,
perché é un ideale che supera le forze della natura umana e
sacrifica alcune delle sue inclinazioni. Ma il Signore, che ha
guidato la sua Chiesa nella scelta di questa via, non mancherá
di concedere tale grazia a coloro che egli chiama al sacerdozio.
Mediante un simile dono dall’alto, essi saranno in grado di

332
assumere un tale impegno e di re- starvi fedeli per tutta la vita.
Occorre, pero, preparare i giovani che entrano in seminario a
comprendere piü chiaramente i motivi e le esigenze di tale
scelta, accogliendo nella preghiera la grazia che viene loro
offerta. Essi saranno puré avvertiti circa i pericoli ai quali
possono essere esposti e circa l’umile prudenza che devono
usare nel loro comportamento. Soprattutto, essi do- vranno
essere rafforzati nella convinzione che il celibato é
essenzialmente un amore piú grande verso Cristo e verso il
prossimo, e che é destinato a sostenere la santitá e la fedeltá
degli sposi cristiani (Giovanni Paolo II, ANGELUS DEL 19
AGOSTOL990, in Diego Coletti, II DONO DI ESSERE PRETI, Editri-
ce Ancora, Milano 1990, pp. 104-105).
Sei giorni dopo, Gesü prese con sé Pietro, Giacomo e
Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto
monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brilló come
il solé e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco
apparvero loro Mosé ed Elia, che conversavano con lui. Pietro
prese allora la parola e disse a Gesü: «Signore, é bello per noi
restare qui; se vuoi, faro tre tende, una per te, una per Mosé e
una per Elia». Egli stava ancora parlando quando una nuvola
luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che
diceva: «Questi é il Figlio mió prediletto, nel quale mi sono
compiaciuto. Ascoltatelo». AU’udire ció, i discepoli caddero
con lafaccia a térra e f u - rono presi da grande timore. Ma
Gesü si avvicinó e, tocca- tili, disse: «Alzatevi e non temete».
Sollevando gli occhi non videro piü nessuno, se non Gesü solo
(Mt 17,1-8).
La bellezza di cui parlo non é la bellezza seducente, che
allontana dalla vera meta cui tende il nostro cuore inquieto:

333
Per la riflessione e la preghiera

Gli dissero i discepoli: «Se questa é la condizione dcl-


l’uomo rispetto alia donna, non conviene sposarsi». EgU
rispóse loro: «Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai
quali é stato concesso. Vi sono infatti eunuchi che sono ntni
cosi dal ventre della madre, ve ne sono alcuni che sono sui- ti
resi eunuchi dagli uomini, e ve ne sono altri che si sonó fatti
eunuchi per il regno dei cieli. Chi puó capire, capisca- (Mt
19,10-12).

La preghiera dÉÜ.’ANGELUS, cari fratelli e sorelle, ci ricorda


che il nostro Salvatore é nato da una Vergine. La verginitá di
María, richiesta dal mistero dell’incamazione, prelude all’e-
sistenza verginale di Cristo. Non é senza un disegno divino che
sia stata una vergine a preparare Gesü alia sua missione
sacerdotale, missione che doveva compiersi nel celibato.
Qui si trova la prima origine di quella scelta di vita a cui.
secondo la disciplina della Chiesa latina, sono chiamati i
sacerdoti [...].
Nel Yangelo Cristo non ha esitato a chiedere a coloro che
sceglieva come apostoli di lasciare tutto per seguirlo. La- sciare
tutto significa anche rinunciare a formarsi una propria famiglia.
Meglio di chiunque altro, Gesü sapeva che tale rinuncia
richiede molta generositá, perché suppone il dono totale di sé.
Padrone assoluto della vita umana, egli ha invitato i suoi
apostoli a impegnarsi in un tale dono, perché ne vedeva tutta la
feconditá.
E vero che il celibato consacrato richiede una grazia spe-
ciale, perché é un ideale che supera le forze della natura uinana
e sacrifica alcune delle sue inclinazioni. Ma il Si- .> nore, che
ha guidato la sua Chiesa nella scelta di questa via, non
mancherá di concedere tale grazia a coloro che egli Jiiama al

338
sacerdozio. Mediante un simile dono dall’alto, ^si saranno in
grado di assumere un tale impegno e di re- siarvi fedeli per tutta
la vita.
Occorre, pero, preparare i giovani che entrano in seminario .a
comprendere piü chiaramente i motivi e le esigenze di taie
scelta, accogliendo nella preghiera la grazia che viene lf.ro
offerta. Essi saranno puré avvertiti circa i pericoli ai quali
possono essere esposti e circa l’umile prudenza che ilcvono
usare nel loro comportamento. Soprattutto, essi do- \ ranno
essere rafforzati nella convinzione che il celibato é
essenzialmente un amore piü grande verso Cristo e verso il
prossimo, e che é destinato a sostenere la santitá e la fedeltá
degli sposi cristiani (Giovanni Paolo II, ANGELUS DEL 19
AGOSTOL990, in Diego Coletti, II DONO DI ESSERE PRETI, Editri-
ce Ancora, Milano 1990, pp. 104-105).

Sei giorni dopo, Gesú prese con sé Pietro, Giacomo e


Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto
monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brilló come
il solé e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco
apparvero loro Mosé ed Elia, che conversavano con lui. Pietro
prese allora la parola e disse a Gesú: «Signore, é bello per noi
restare qui; se vuoi, faro tre tende, una per te, una per Mosé e
una per Elia». Egli stava ancora parlando quando una nuvola
luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che
diceva: «Questi é il Figlio mió prediletto, nel quale mi sono
compiaciuto. Ascoltatelo». All’udire cid, i discepoli caddero
con lafaccia a térra e f u - rono presi da grande timore. Ma
Gesú si avvicinó e, tocca- tili, disse: «Alzatevi e non temete».
Sollevando gli occhi non videro piü nessuno, se non Gesú solo
(Mt 17,1-8).

La bellezza di cui parlo non é la bellezza seducente, che


allontana dalla vera meta cui tende il nostro cuore inquieto: é
invece la «bellezza tanto antica e tanto nuova», che Ago- stino
confessa come oggetto del suo amore purificato dalla
conversione, la bellezza di Dio; é la bellezza che caratteriz- za
il Pastore che ci guida con fermezza e tenerezza sulle vie di
Dio, che é detto dal Vangelo di Giovanni «il pastore bello, che
da la vita per le sue pecore» (Gv 10,11). É la bellezza cui fa

339
riferimento san Francesco nelle lodi del Dio altis- simo quando
invoca l’Etemo dicendo: «Tu sei bellezza». É la bellezza di cui
recentemente ha scritto il Papa nella LETTERA AGLI ARTISTI
affermando: «Nel rilevare che quanto aveva creato era cosa
buona, Dio vide anche che era cosa bella... La bellezza é, in un
certo senso, espressione visibile del bene, come il bene é la
condizione metafísica della bellezza» (n. 3). E la bellezza di
fronte alia quale «1’animo avverte una certa nobile elevazione
al di sopra della semplice predi- sposizione al piacere sensibile»
(Immanuel Kant, CRITICA DEL GIUDIZIO, § 59). Non si tratta
quindi di una proprietá sol- tanto fórmale ed esteriore, ma di
quel momento dell’essere cui alludono termini come gloria (la
parola biblica che meglio dice la bellezza di Dio in quanto
manifestata a noi), splendore, fascino: é ció che suscita
attrazione gioiosa, sorpresa gradita, dedizione férvida,
innamoramento, entusiasmo; é ció che 1’amore scopre nella
persona amata, quella persona che intuisce come degna del
dono di sé, per la quale si é pronti a uscire da noi stessi e
giocarsi con scioltezza [...]. Bisogna irradiare la bellezza di ció
che é vero e giusto nella vita, perché solo questa bellezza
rapisce veramente i cuori e li rivolge a Dio (Cario Maria
Martini, QUALE BELLEZZA SALVERÁ IL MONDO? Lettera pastorale
1999-2000, Centro Ambrosiano, Milano 1999, pp. 11-13).

Lo Spirito Santo, prima della nascita di Gesü, detto questa


preghiera profetica: «Attirami, noi correremo» (Ct 1,4).
Cos’é dunque chiedere di essere attirati, se non unirsi in
modo intimo all’oggetto che avvince il cuore? Se il fuoco e il
ferro avessero intelligenza e quest’ultimo dicesse all’al- tro:
«Attirami», dimostrerebbe che desidera identificarsi col
I'uoco in modo che questo lo penetri e lo impregni con la sua
sostanza bruciante e sembri formare una cosa sola con lui.
Madre amata, ecco la mia preghiera: chiedo a Gesü di attirarmi
nelle fiamme del suo amore, di unirmi cosi stretta- mente a lui,
che egli viva e agisca in me. Sentó che quanto piü il fuoco
dell’amore infiammerá il mió cuore, quanto piü jiro:
«Attirami», tanto piü le anime che si avvicineranno a me
(povero piccolo rottame di ferro inutile, se mi allonta- nassi dal
braciere divino) correranno rápidamente all’efflu- vio dei
profumi del loro Amato, perché un’anima infiam- mata d’amore
340
non puó restare inattiva (santa Teresa di Gesü Bambino, STORIA
DI UN’ANIMA\ Man C 338, in OPERE COMPLETE, Librería Editrice
Vaticana, Edizioni OCD 1997, pp. 277-278).
E necessario che la vita consacrata presentí al mondo di oggi
esempi di una castitá vissuta da uomini e donne che dimostrano
equilibrio, dominio di sé, intraprendenza, matu- ¡itá psicológica
e affettiva. Grazie a questa testimonianza, viene offerto all’
amore umano un sicuro punto di riíeri- mento, che la persona
consacrata attinge dalla contempla- /ione dell’amore trinitario,
rivelatoci in Cristo. Proprio perché immersa in questo mistero,
essa si sente capace di un amore radicale e universale, che le dá
la forza della padro- nanza di sé e della disciplina necessarie per
non cadere nella schiavitü dei sensi e degli istinti. La castitá
consacrata appare cosi come esperienza di gioia e di libertá.
Illuminata dalla fede nel Signore risorto e dalFattesa dei cieli
nuovi e della térra nuova (cfr. Ap 21,1), essa offre preziosi
stimoli anche per l’educazione alia castitá doverosa anche in
altri stati di vita. (Giovanni Paolo II, Esortazione apostólica
VITA CONSECRATA, 88).

341
«Dio disse: non é cosa buona che l’uomo sia solo»
(cfr. Gn 2,18)

Verginitá e comunione: testimonianza di una monaca be-


nedettina
Nella bellissima narrazione della creazione della donna, Dio
parla come riflettendo tra sé per esprimere che la solitudine
dell’uomo é cosa non buona: decide di fare qualcosa per rime-
diare a questo stato di isolamento che, come la narrazione bí-
blica descrive chiaramente, non puo essere colmato né dal la-
voro né dal solo riferimento a Dio. Dio crea la donna e, di
fronte a essa, l’uomo parla, anzi esplode in un vero e proprio
inno di giubilo. II suo primo discorso é costituito da parole di
innocenza, di ammirazione e di gratitudine: l’uomo passa dal-
l’indifferenza anónima dell’esistenza sohtaria, dall’isolamento
e dalla confusione, al desiderio della comunione, alia relazione
nella reciproca liberta. La creazione della donna appare la rela-
zione única capace di far si che l’uomo si identifichi come tale.
L’itinerario della vocazione monastica proprio della regola di
san Benedetto mi ha in un certo senso obbligata a considerare
che la chiamata “prima” consiste nell’essere in quella “rao-
dalita umana” che Dio ha voluto: per questo, la ricerca di Dio
va operata in una COMUNIONE con i fratelli, che rompe gli spazi
del nostro isolamento e ci riporta alia gioia della reciprocitá.
Paradossalmente, per molti (vedi lo stesso san Benedetto a
Subiaco) la vita monastica inizia come solitudine, nel deserto, e
prosegue in una scelta di “celibato” (moñaco deriva dal greco
MONACHOS, che significa solo), di non sposato, che
sembrerebbe esattamente riprodurre quella condizione iniziale
espressa da Dio come non buona. Ma, proprio in questo
paradosso, é Dio che ha l’iniziativa di tutto e la vocazione
stessa, da chiamata come “dono”, diventa una “responsabilitá”
libera di comunione e amore.
Tra i due estremi c’é tutto il cammino di CONVERSIO MO-
RUM (cfr. REGOLA DI SAN BENEDETTO, c. 58), di CONVERSIONE:
dall’isolamento, appunto, e dalla lontananza al bene della
comunione e della festa.
Ancora oggi, e forse piú di ieri, una scelta di «verginitá» |i)er
il regno, come dice Gesü, é una vera pietra di inciampo. E
infatti una realtá che é “fuori” dall’ordine naturale della

342
creazione: é una realtá nuova che solo Gesü ha riempito di
significato. É dono, di cui fa esperienza per primo chi é
chiamato ma che, come tale, é per l’utilitá di tutti. E stru- inento
di annuncio del regno di Dio, perché il mondo passa c il tempo
si é fatto breve; di annuncio della centralitá di Cristo, che si ama
di amore personale nel dialogo continuo della preghiera e della
lettura assidua della sua Parola.
Entrando in monastero, con alie spalle una tradizione
imilenaria che a volte ha perso di vista il vero senso del
"recinto” operando spesso grosse idealizzazioni mistiche, con
1’aiuto delle mié sorelle e madri di comunitá é stato ne-
cessario operare una vera conversione: non possiamo rinun-
ciare alia nostra natura di donne, diventando una “cosa neutra”,
ma occorre, fin nella realtá e nel simbolo del nostro corpo,
rispondere alia vocazione di amore che Dio ha pro- nunciato.
Dalla sequela di Cristo che chiama il suo operaio, dal mo-
naco che nella sua solitudine risponde «eccomi»... alia meta
finale del regno di Dio tra gli uomini: ecco la parabola av-
venturosa che ci troviamo a vivere. Nel contesto del mondo ili
oggi, in pieno anno di grazia, é urgente piü che mai dire ¡inche
nel SILENZIO DEL CELIBATO la buona novella che la nostra
solitudine - cosa non buona - e il nostro inferno é stato or- ¡nai
raggiunto da Cristo, disceso agli inferí il sabato santo per farci
pronunciare ancora la parola di risurrezione, di vita, di
reciprocitá, di comunione: la parola di Adamo al risve- glio
dopo la creazione della donna. Ed é lui, il nuovo Adamo nato
dal grembo della nuova Eva, che ha ormai riempito la nostra
vita di donne che vivono insieme per il suo amore.
Ecco la mia chiamata, la mia vita, la mia conversione: entrare
nella SOLITUDINE del monastero per una VOCAZIONE ALIA
COMUNIONE e alia pienezza con Dio, la sola che possa
soddisfare i desideri piú profondi del cuore umano.
(suor Maria Gabriella)
UNITÁ M

II vangelo della vita il y angelo della vocazione

343
[ntroduzione

«L’uomo é re e signore non solo delle cose, ma anche e


anzitutto di se stesso e, in un certo senso, della vita che gli é
donata e che egli puó trasmettere mediante 1’opera gene-
ratrice compiuta nell’amore e nel rispetto del disegno di Dio.
La sua, tuttavia, non é una signoria assoluta, ma mini-
steriale; é riflesso reale della signoria única e infinita di Dio.
Per questo l’uomo deve viverla con sapienza e amore,
partecipando alia sapienza e all’ amore incommensurabili di
Dio»324.
AH’inizio delle nostre riflessioni, abbiamo concentrato
l’attenzione e la meditazione sul DA SEMPRE, scorgendo in
esso un invito a riscoprire la nostra vita terrena quale epifa-
nía di un disegno eterno, incomprensibile ma reale, senza
tempo ma consegnato al tempo325.
Un «da sempre» - dicevamo - che, se compreso nella sua
pienezza e bellezza, nel suo valore del nostro essere único e
insostituibile progetto di Dio, puo e deve diventare PER
SEMPRE: dono di vita.
É ora il momento di riscoprire l’urgenza, la chiamata e la
gioia dell’annuncio. É importante riflettere sulle strade che
fanno della nostra vocazione e al suo interno un contributo al
sorgere di quella nuova cultura che oggi la Chiesa non cessa
di sollecitare: la CULTURA DELLA VITA.

324 Giovanni Paolo II, Lettera encíclica Evangelium vitae, 52.


325 Cfr. Unitá A, Introduzione.
É il momento, potremmo dire, di comprendere come an-
nunciare il profondo legame che esiste tra il DA SEMPRE e il
PER SEMPRE: quel legame, cioé, che fa del vangelo della vita
una pietra miliare e insostituibile, almeno oggi, della PASTO-
RALE VOCAZIONALE.
La vocazione ha un’importante e imprescindibile essenza
relazionale non solo in quanto porta verso l’altro, ma proprio
in quanto nasce da un dialogo, da un rapporto tra l’uomo e
Dio. «La parola “vocazione” (dal latino “ VOCARE” -
“chiamare”) significa etimológicamente richiamo di una
persona da parte di un’altra e dovere di rispondervi» 326.
La risposta vocazionale esprime 1’orientamento di tutta la
vita: da un lato si radica nel riconoscimento della propria
identitá, cui é legata una specifica missione; dall’altro si
esprime con una scelta, che concretizza il desiderio di voler
realizzare tale identitá e fare dono di se stessi. Permessa
dalla libertá, la risposta vocazionale si configura come scelta
d’amore: un amore conosciuto e ascoltato, cercato e rag-
giunto attraverso l’impegno di tutta la vita. «La vocazione é
sempre l’orientamento principale dell’amore umano. Implica
non soltanto 1’amore ma il dono di sé fatto per amore» 327.
Libertá e amore légano dunque il DA SEMPRE - la libertá e
1’amore di Dio - al PER SEMPRE - la libertá e 1’amore del-
l’uomo -, unendo fra loro due persone che, in un certo sen-
so, “si scelgono”.
Alia radice del mistero splendido di ogni vocazione, dun-
que, c’é un’essenza relazionale che scaturisce da un’essen-
za personale. Alie sorgenti del vangelo della vocazione c’é
un legame intrínseco tra 1’«essere» e 1’«essere chiamato»
tra «persona» e vocazione»328. Un legame che diventa, oggi,
annuncio imprescindibile della pastorale vocazionale. «Di
qui deve partiré e qui deve approdare il cammino della nuo-
va evangelizzazione, per evangelizzare la vita e il significa-
to della vita, l’esigenza di libertá e di soggettivitá, il senso

326 K. Wojtyla, Amore e responsabilitá, op. cit., p. 243.


327 Ibidem.
328 S. Marciano, La pastorale vocazionale trova il suo senso pieno nel servire la
348 in Vocazioni, n. 4 (1999), p. 62.
persona,
del proprio essere al mondo e di relazionarsi con gli altri» 329.
Accorgersi del dono della vita per saper fare dono della
propria vita.
C’é, nel ministero sacerdotale, uno spazio da riscoprire
come ámbito in cui si esercita quella «signoria ministeria-
le» che é affidata a ogni uomo dal Signore della vita. Tale
signoria non é esercitata da noi, come per gli sposi, nella
trasmissione della vita fisica, ma é da esercitare, in primo
luogo, verso la nostra stessa esistenza e poi nella custodia di
quella dei fratelli, dei figli che il nostro ministero sará
chiamato a generare alia fede.

Obiettivi

La presente Unitá affronta prevalentemente una riflessione


PASTORALE che mira a inserire i seminaristi nell’ottica del-
[’EVANGELIZZAZIONE dell’amore e della vita in un orizzonte
v'ocazionale. Viene pertanto proposta una riflessione sulla
cultura della vocazione legata alia cultura della vita, e sug-
geriti alcuni criteri perché tale proposta diventi pastorale
applicata:
- negli itinerari delle comunitá parrocchiali;
- nelle strutture di pastorale vocazionale;
- nelle iniziative proposte dal seminario ai giovani e nella
stessa testimonianza di vita dei seminaristi.
Cultura vocazionale e cultura della vita

La vita come vocazione

La «signoria ministeriale» nei confronti della vita, pero, é

329 Pontificia Opera per le Vocazioni Ecclesiastiche, Nuove vocazioni per una
nuova Europa, 12a. 349
propria di ogni creatura umana che - come recita il passo
citato della EVANGELIUM VITAE - «deve viverla con sapienza
e amore»7.
Lo sforzo pastorale che ci viene richiesto é dunque quel-
10 di rendere gli uomini d’oggi - i giovani in particolare
- SAPIENTI riguardo al grande dono dell’esistenza, per far cre-
scere dentro di loro V AMORE per la vita. I nostri giovani de-
vono imparare a guardare alia vita come alia prima e fonda-
mentale VOCAZIONE.
La vita é concretizzazione di un desiderio di colui che ci
ha voluti: «Prima di formarti nel grembo materno, ti cono-
scevo, prima che tu uscissi alia luce ti avevo consacrato» 8.
Con ogni uomo Dio vive questo mistero: e ogni creatura ha
11 diritto di saperlo.
Ogni scelta umana, soprattutto quella vocazionale, non
puó che partiré dalla riscoperta della centralita della persona:
ogni valore puó diventare assoluto solo se relativizzato a
essa.
Le nostre comunitá cristiane, gli uomini del nostro tempo,
i nostri giovani in particolare, hanno bisogno di reimpa- rare
chi sia la persona umana. E lo scopriranno piü fácilmente se
conosceranno quel meraviglioso meccanismo che

genera la vita e, fin dal suo sorgere nel


concepimento, la fa essere única e
irripetibile immagine di Dio. La
conoscenza accresce quel senso del
mistero dinanzi alia vita alia cui perdita é
da attribuire, almeno in parte, l’odiema
crisi vocazionale330.
Nel nostro annuncio evangélico la vita
deveGiovanni
7 trovare unII,posto
Paolo Lettera privilegiato. É vero:
enciclica Evangelium vitae, 78.
«Gesü
8
Ger 1,5. é 1’único Vangelo: noi non

330 Cfr. P. Pellicanó, Cultura vocazionale e cultura della


350 vita, in Vocazioni, cit., p. 73.
abbiamo altro da dire e da testimoniare».
Ma «é proprio 1’annuncio di Gesü a
essere annuncio della vita. Egli, infatti, é
il “Verbo della vita”. In lui “la vita si é
fatta visibile” (lGv 1,2): anzi lui stesso é
“la vita eterna che era presso il Padre e si
é resa visibile tra noi”. Questa stessa vita,
gra- zie al dono dello Spirito, é stata
comunicata all’uomo»331.
L’ annuncio del vangelo della vita ha
davvero il suo centro in Gesü: quella vita
che lui é e ci ha donato. L’Uomo- Dio
rivela a ogni uomo non solo la sua grande
e piena dignitá, ma la sua potenzialitá
enorme di fare della propria esistenza un
dono.
Quella che noi definiamo CRISI
VOCAZIONALE é in fondo da ricondurre,
almeno in parte, a una crisi del senso della
vita: «la penuria delle vocazioni - le
vocazioni al plurale - é soprattutto assenza
di coscienza vocazionale della vita - la
vocazione al singolare»332.
Come puo l’uomo scorgere in sé i segni
di una vocazione se, prima di tutto, non
comprende la portata della propria
chiamata alia vita, a essere persona
umana? Solo l’uomo si puo porre il
problema e la domanda vocazionale: e lo
fa proprio perché é alia ricerca di un senso
da daré alia propria vita.
Nella cultura di morte che oggi ci
invade, i giovani han- no bisogno di
capire a fondo che la vita coniugale,
sacerdotale, religiosa é, prima di tutto,
331 Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium vitae, 81.
332 Pontificia Opera per le Vocazioni
Ecclesiastiche, Nuove vocazioni per una nuova Europa, 13b. 351
VITA che riceviamo dalle maní del
Creatore e che a lui restituiamo.

7
Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium vitae, 78.
8
Ger 1,5.

352
La vita di fede, infatti, proclama e alio stesso tempo esi- ge la vita fisica:
quella vita nella carne che, «in veritá, non é realtá “ultima”, ma “penúltima”; é
comunque realtá sacra»333.
Gli uomini e i giovani di oggi hanno bisogno di essere immersi nella corrente
di questa splendida professione di fede. Hanno bisogno di amare la vita per
donarla e di donarla per servirla.
E per questo che «annunciare, celebrare e servire il vangelo della vita»334
significa, anche per noi, essere in un certo senso MINISTRI della vita umana e
della sua dignitá: é il cuore di ogni apostolato, di ogni vocazione.

Educazione sessuale e pastorale vocazionale

La sezione introduttiva della PASTORES DABO VOBIS prende in esame il


contesto nel quale si trovano oggi a sbocciare e a maturare le vocazioni, in
particolare quella sacerdotale. Due fattori sembrano incidere «in modo
particolarmente negativo sull’educazione dei giovani e sulla loro disponibi- litá
a ogni vocazione religiosa: la disgregazione della realtá familiare e
l’oscuramento o il travisamento del vero senso della sessualitá umana» 335. Sono
fenomeni che condiziona- no la crescita umana e cristiana e quindi la
disponibilitá a fare una scelta d’amore radicale e definitiva.
C’é dunque una sorta di sfumatura evangélica che atiende di essere
privilegiata per rendere i giovani capaci di ac- corgersi di quell’amore che
spesso apprendono con difficoltá dalle proprie famiglie e dagli altri modelli
educativi e culturali dai quali imparano.
11 «vangelo della caritá»336 attende di essere loro annun- ciato con nuove e
incisive strade, che consentano davvero di assicurare «l’evangelizzazione di
tutta l’esperienza gio- vanile... anche la fondamentale esigenza dell’amore
umano
- ci dicono i vescovi italiani - ha bisogno di essere purifica- ta dalle sue
chiusure e deviazioni egoistiche, spesso legate a una incomprensione
superficiale e distorta della sessualitá. In tal modo i giovani potranno
sperimentare nella propria vita che il vangelo della carita accoglie, purifica e
porta a insospettata pienezza ogni spinta verso il vero, il buono e il bello (cfr.
Fil 4,8) e rende capaci di amare veramente» 16.
É un chiaro invito a privilegiare l’educazione alia sessualitá e all’ amore
quale parte integrante della pastorale giova- nile, del vangelo della carita di cui
un’applicazione pratica é il vangelo della vita, servizio della dignitá dell’uomo
e della sua veritá17.
333 Giovanni Paolo II, Lettera encíclica Evangelium vitae, 2.
334 Ibid., 78.
335 Id., Esortazione apostólica Pastores dabo vobis, 7.
336 Conferenza Episcopale Italiana, Evangelizzazione e testimonianza della caritá, 43-44.

353
In quest’ottica un recupero dei valori della sessualitá é anche prezioso
servizio sociale: infatti l’educazione sessua- le puó essere pericolosamente
soggetta a diverse interpreta- zioni18:
1. l’interpretazione IGIENICO-SANITARIA riduce l’educazio- ne sessuale a
informazione scientifica, mirante soprattutto a garantiré un esercizio della
sessualitá in grado di prevenire eventuali malattie, di evitare il “rischio” di una
possibile gravidanza... Al fondo di tale proposta c’é una visione ma- terialistica
dell’uomo e una mitizzazione del “sesso sicuro”.
2. Questa educazione si collega all’interpretazione EDONI- STICA E LUDICA,
che focalizza il godimento sessuale come su- peramento di alcuni tabú,
attraverso la realizzazione di comportamenti che finiscono per diventare veri e
propri di- ritti: il permissivismo, l’erotismo, i rapporti sessuali preco- ci,
l’autoerotismo, l’omosessualitá, la pornografía.
3. C’é poi, tra le tante, una certa tendenza a sottovalutare il valore
dell’educazione sessuale, ritenendo la visione della sessualitá e della persona
semplicemente un frutto dei

'6Ibid., 45.
17
Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium vitae, 96-97.
18
Cfr. Ufficio Nazionale di Pastorale scolastica della Ceí, L’educazione sessuale nella scuola, 18-21.
modelli socioculturali imperanti: é V INTERPRETAZIONE SOCIO- CULTURALE, che
immette l’educazione sessuale nella scia del relativismo morale ormai diffuso.
4. Alia Chiesa é affidato il compito di difendere quella visione PERSONALISTA
E PERSONALISTICO-CRISTIANA che inseri- sce l’educazione sessuale
nell’educazione INTEGRALE della persona.
La sessualitá umana é vocazione: un'autentica e serena educazione affettivo-
sessuale é dunque presupposto e con- tenuto di una seria antropología
vocazionale.
Persona, amore e vocazione

La pastorale dell’amore
É vero che i giovani si interrogano sul senso della vita, ma é al- trettanto vero
che portano in cuore una profonda sete d’amore che sboccia in modo quasi
prorompente, a motivo della maturazione biologica e psicológica afirontata dal
punto di vista sessuale.
La fatica e la gioia di ogni esperienza umana e cristiana é quella di scoprire
come il desiderio d’amore sia quasi la risposta alia domanda sul senso della
vita.
E come, per comprendere il senso della propria vita, i giovani devono
imparare a capime il valore, cosi devono appren- dere la preziosita di
quell’amore che cercano e desiderano per compréndeme il senso. Questa sete
d’amore é infatti rivelatri- ce di esigenze profonde e pud essere colmata da doni
profondi.
IMPARARE 1’AMO REÍ E l’obiettivo che ci eravamo posti al- l’inizio del nostro
cammino e al quale condurre anche ogni uomo che ci vérrá affidato.
Quell’amore di cui i giovani vivono la ricerca - spesso triste o disperata,
celata dietro pericolosi materialismi, stor- dita da risposte vuote o esaltanti - va
accolto come SEGNO e STRUMENTO dell’amore che viene da Dio.
Giovanni Paolo II usa parole bellissime parole per rassi- curare e
incoraggiare i giovani che si confrontano con l’a- more nascente: «per mezzo di
quell’amore che nasce in voi, e che deve essere inserito nel progetto di tutta la
vita, dove- te vedere Dio, che é Amore» 19.
19
Giovanni Paolo II, Lettera ai giovani nell’Anno Santo della redenzione, 31 marzo 1985.
«L’amore é da Dio»: un annuncio vocazionale

Ecco dunque un aggancio stupendo e vero per la pastorale vocazionale: il


linguaggio dell’amore, comprensibile ai giovani, che risponde alie loro esigenze
anche emozionali perché spiega loro qualcosa che in essi sta accadendo. Lin-
guaggio che, se letto nella sua veritá, li aiuta a riscoprire il volto di Dio, a
«vedere Dio, che é Amore».
I giovani vivono le loro storie d’amore nella solitudine del sogno personale,
nella delicatezza di un incontro, nel tentativo sbagliato di costruire rapporti
bruciando preziose tappe d’attesa. Non si puo chiedere ai giovani di non far ca-
so a questo amore che nasce in loro: ma possono e devono essere aiutati a
capire che cosa sia questo amore e che cosa riveli. Questo permetterá di vivere
le loro storie dinanzi a Dio, a sentirlo presente in esse, imparando a condividere
con lui emozioni e fatiche che potrebbero, al contrario, al- lontanarli da Dio
stesso.
II cuore dell’educazione e della catechesi sull’amore é quello di far capire, ai
giovani in particolare, che «1’amore é da Dio» 20. E il Signore, scoperto come
sorgente dell’amo- re umano, deve diventare il confidente di un cuore che lui
stesso ha plasmato e del quale conosce tutto.
II Signore ha un progetto sull’uomo, quindi sull’amore. L’annuncio di questo
disegno é, oggi piü che mai, un aspet- to essenziale della catechesi e della stessa
evangelizzazione.
In questo cammino abbiamo cercato di ripercorrere tale progetto in tutta la
sua bellezza, scoprendo la pienezza del suo significato; abbiamo esaminato
alcune problematiche che possono bloccare la maturazione dell’amore.

355
Abbiamo fatto dell’amore e della vita 1’oggetto della nostra conoscenza, del
nostro dibattito, della nostra meditazione: della nostra preghiera.
Questa esperienza deve guidarci, da sacerdoti, a valoriz- zare tali tematiche
sul piano pastorale, sfruttando le espe j o l G v 4 , 7 .
rienze dei gruppi giovanili, dei vari percorsi di catechesi e valorizzando in
modo particolare la guida spirituale.
Tutto questo lavoro é fondamentale nelle comunitá par- rocchiali, ma oggi
deve arricchire anche la PASTORALE VOCA- :IONALE, che deve essere impregnata
di questo annuncio concreto e profondamente spirituale che é il vangelo dell’a-
inore e della vita.
É utile, in tal senso, una nuova sensibilitá e un coinvolgi- mento dei CENTRI
DIOCESANI PER LA PASTORALE VOCAZIONALE, delle COMUNITÁ DI VITA RELIGIOSA
(soprattutto le comunitá formative), dei SEMINARI TEOLOGICI.
Sono proprio queste strutture a essere non solo luogo di crescita e
maturazione interna dei chiamati a una forma di speciale consacrazione, ma
luoghi nei quali il vangelo della vocazione risuona in maniera piú autentica e
vítale337; quin- di sono chiamati a diventare strumenti che annunciano l’in-
vcindibile legame tra vangelo dell’amore e della vita e vangelo della vocazione.
Recuperare «il vero senso della sessualitá umana» 338, al- I’interno di una
pastorale della vita e dell’amore, é dunque prezioso servizio vocazionale. I
nostri giovani, immersi nella cultura della rivoluzione sessuale 339, vivono infatti
OGNI legame come fonte di paura, in quanto spettro di una possibile limitazione
della libertá. Ció vale per i legami di significato, per quelli interpersonali, ma
anche per quegli impe- gni che sembrano legare la vita umana alia definitivitá.
E tale é la vocazione.
Ecco perció un serio aspetto del pericolo che il senso della vocazione si trova
ad affrontare. Alia luce dello splendi- do annuncio del vangelo della vita,
1’educazione alia sessualitá e all’amore puo dunque diventare il luogo in cui,
RI- COSTRUENDO I LEGAMI E I SIGNIFICATI, la persona trova il corag- gio e la
gioia di legarsi al progetto che il Dio dell’amore e della vita da sempre ha
sognato per lei.

La castitá: vocazione in ogni vocazione

La conoscenza dell’amore sponsale e familiare, con le sue esigenze forti e


splendide, é essenziale per comprendere il DONO: abbiamo contemplato la

337 Cfr. Giovanni Paolo II, Esortazione apostólica Vita consecrata, 64; Pontificia Opera per le Vocazioni
Ecclesiastiche, Nuove vocazioni per un nuova Europa, 29b.
338 Id., Esortazione apostólica Pastores dabo vobis, 7.
339 Cfr. Unitá D.
famiglia come ICONA DEL DONO DI SÉ totale e definitivo, concreto e rinnovato
ogni giorno, fecondo e aperto alia vita. Di un dono che é motiva- to dall’amore
per una persona. Dalla radice di un amore cosí squisitamente PERSONALE
sboccia anche 1’amore della ver- ginitá consacrata e del celibato sacerdotale.
C’é una modalitá concreta per aiutare i giovani non solo a conoscere, ma a
vivere in questo modo 1’amore: é Y EDUCAZIONE ALIA CASTITÁ. La vocazione
alia castitá é il cuore della chiamata alia sponsalitá. Non si puó parlare di
discemimento e pienezza vocazionale senza far ricorso alia bellezza della
castitá.
Nei giovani che attendono di comprendere la propria vocazione, pero, é
necessaria un’attitudine di fondo che tradu- ca un atteggiamento di reale
ricerca, di assenza di condizio- namenti e, soprattutto, di coinvolgimenti che
possano ren- dere la persona meno attenta ai segni da discemere.
Questa DISPONIBILITÁ non puó essere solo mentale o spiri- tuale: riguarda,
anch’essa, TUTTA la persona e si traduce, per- ció, nella VERGINITÁ anche física,
che rispecchia questo proiettarsi giá - anche se ancora in modo non chiaro - ver-
so quello che sará l’impegno di tutta la vita, il senso della propria esistenza: il
«si» pieno alia vocazione.

Testimoni della castitá e dell’amore

L’ amore é linguaggio che si impara: cosi la castitá; quindi la pastorale della


castitá ha anch’essa bisogno di TESTIMONI che rendano ragione di uno stile di
vita possibile e gioioso.
La famiglia
Primo esempio di amore sponsale e dimora in cui la castitá si respira e si
apprende, forse senza ncppure conoscer- ne l’esisteñza, la famiglia é luogo nel
quale 1’amore si cu- stodisce, si rivela, si comunica 340. Cosi la castitá dei
genitori EDUCA e CUSTODISCE la crescita umana e spirituale dei figli 341. La
famiglia é modello di amore pieno, tanto prezioso da poter essere costruito
nella castitá dell’attesa.
La famiglia é poi la prima culla di un’ autentica pastorale vocazionale,
perché educa all’amore, si propone come vocazione, rende sperimentabile a
ogni persona il valore único e irripetibile della propria vita.

La vita consacrata
La castitá della verginitá consacrata e del celibato sacerdotale deve essere
MODELLO DI SPONSALITÁ. I giovani, abbiamo detto, hanno sete d’amore. Nel

340 Cfr. Giovanni Paolo II, Esortazione apostólica Familiaris consortio, 17.
341 Cfr. Paolo VI, Lettera enciclica Humanae vitae, 21.

357
proprio cuore e nel proprio corpo scoprono i segni di una chiamata ad amare
qualcuno. Cercano un completamento, la tenerezza... la comunione.
Questa ricerca puo condurre verso la consacrazione se la vita religiosa che
essi vedranno incarnata apparirá come segno di questa tenerezza, di questa
comunione, di questo amore personale, di questa sponsalitá.
Forse il cuore dell’ ESSERE consacrato é proprio quello di rivelare il mistero,
invisibile ma presente, di una Persona che non si puo che amare «con tutto se
stesso».

I seminaristi
C’é un’ultima, piccola riflessione. É la nostra testimonianza di oggi.
II nostro essere seminaristi é uno stato concreto: una pre- parazione, certo,
ma una vera identitá. In termini di pastó- rale vocazionale, di educazione
all’amore e alia sessualiiá di annuncio del vangelo della vita, il nostro - non
spa\ cn. tiamoci a dirlo - é uno specifico CARISMA.
Noi abbiamo abbandonato tutto per seguire Gesú. A b b i a mo lasciato le nostre
cose, la nostra vita. Ma sappiamo d i trovarlo: e con lui noi stessi.
Non so se qualcuno, meglio di noi, potrebbe dire ai giovani di oggi quanto
valga una vita umana: la nostra esisten- za, che vive le loro stesse difficoltá e i
loro stessi aneliii: quanto valga la corporeitá, 1’affettivitá, 1’amore che tutti \ i-
viamo e cerchiamo; quanto valga Fessere persone. Perche noi ci stiamo
preparando a donare tutto questo.
Forse al momento di entrare in seminario non ce ne rende- vamo conto.
Comprendevamo, puo darsi, quello che stavainn lasciando, ma forse non tutto
quello che giá avevamo in dono.
In questi anni di seminario viviamo soprattutto lo sfor/o del discemimento e
della costruzione: una fatica, ma anche una feconda promessa d’amore che é, in
parte, realizzata.
La CASTITÁ, che caratterizza il nostro cammino di oggi, ha i t< mi dell’attesa
e del silenzio, la necessitá dell’autodominio e dello sforzo, la fatica della
coerenza e Fimpegno forte e gioioso della preghiera; ci fa giá intravedere, sia
puré in parte, le sfumature di quel personale dialogo d’amore con cui Dio ama
ciascuno di noi.
Che lo vogliamo o no, siamo anche noi chiamati a essere modelli di questo
amore, personale e sponsale.
Possiamo esserlo, in particolare TRA i giovani e PER i giovani: forse guardano
anche a noi - che siamo COME LORO - per ritrovare una forza e un senso
all’amore che da altre partí é assolutamente invisibile.
Possiamo forse essere modelli anche per le famiglie, per le nostre in modo
del tutto speciale: giá a volte ci accorgiamo che ci trattano, come persone quasi
“sacre” da preservare c ammirare, anche se non sempre con una piena
condivisione.
Possiamo, infine, essere modelli anche per gli stessi sacer- doti e per tutti i
consacrati, grazie alia freschezza della castitá che ci viene richiesto di vivere,
che ci fa essere modelli e testimoni gioiosi di quell’amore sponsale che ha
scelto loro e noi.
Appendice
Spunti contenutistico - metodologici per la pastorale.

Un’esperienza di educazione alia sessualitá e all’amore nella pastorale


vocazionale (diócesi di Reggio Calabria)
«L’uomo non puó vivere senza amore. Egli rimane un essere
incomprensibile, la sua vita é priva di senso se non gli viene rivelato 1’amore,
se non si incontra con 1’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non
vi partecipa vivamente» (REDEMPTOR HOMINIS, 10).
In un’época in cui proprio i valori dell’amore e della vita subiscono la
maggiore svalutazione, la formazione alia cultura della vita é l’obiettivo
principale del cammino di educazione all’affettivita, alia sessualitá, all’amore,
che da al- cuni anni abbiamo inserito nella pastorale vocazionale della diócesi
di Reggio Calabria [...].
L’itinerario si é finora articolato in incontri mensili, che si svolgono in
seminario la domenica pomeriggio e sono basati prevalentemente
sull’esposizione di alcune temati- che, seguita dalla possibilitá di dibattito e
confronto perso- nale. Gli incontri sono introdotti e conclusi da una breve
preghiera che richiama in genere il riferimento biblico al quale il tema della
giomata si riferisce e che si trova in un foglio-sussidio distribuito per la lettura e
la riflessione. L’e- sposizione del tema si caratterizza per il suo fondamentale
contenuto scientifico, ma anche per i continui spunti di ca- rattere etico e
spirituale che vengono suggeriti. Al termine i giovani sono invitati a celebrare i
vespri con la comunitá del seminario [...].
II nostro itinerario formativo vuole essere esperienza di
conoscenza e di riconoscenza, quella gradúale crescita dalla GRATITUDINE alia
GRATUITA che, ben lungi dal nuocere alie vocazioni al sacerdozio e alia vita
consacrata, «naturalmente sfocia nella sequela di Cristo» (NUOVE VOCAZIONI
PER UNA NUOVA EUROPA, 26 c-d).
L’amore umano é la via per penetrare nell’amore di Dio. E, quasi

359
paradossalmente, lo stesso mistero nuziale diventa il paradigma di una nuova
pastorale vocazionale.
I giovani d’oggi, ai quali spesso manca il riferimento educativo della
famiglia per la crescita nell’amore, hanno certamente bisogno di una veritá sulla
famiglia e sull’amo- re alia quale riferirsi. E questa veritá la trovano, e non pos-
sono non trovarla, nel progetto di Dio sulla persona e sul- 1’amore.
E interessante sottolineare che i nostri incontri di educa- zione all’amore si
svolgono in seminario. In questa scelta possiamo leggere la valorizzazione di
quella complementa- ritá tra le vocazioni che la Chiesa oggi non cessa di
sottolineare. E siamo certi che anche la vocazione coniugale che matura in
questo modo formerá famiglie consapevoli della loro grande vocazione e
sensibili a un’educazione vocazionale dei figli.
Ed é importante che il nostro cammino sia vissuto in un clima di preghiera:
anche la conoscenza scientifica puo e deve essere incontro con la veritá. E la
preghiera é il momento nel quale la veritá penetra nel cuore.
E stata fondamentale, in questo senso, 1’esperienza di un intero corso di
esercizi spirituali a sfondo vocazionale sul tema «Vita, persona, vocazione»,
che due anni fa abbiamo potuto proporre ai giovani, insieme con il nostro
vescovo.
La vera forza di tutta la nostra esperienza é la “bellezza”. La cultura della
vita é impregnata della bellezza del progetto di Dio: che é, in un certo senso, la
stessa bellezza di Dio che l’uomo é chiamato a rivelare.
Forse il problema dTW «UOMO SENZA VOCAZIONE» (Nvne, 11 c) si radica
proprio in una mancanza di consapevolezza di quanto grande sia la vocazione a
essere uomo. Perché,
per ogni uomo, «essere uomo é la fondamentale vocazione: essere uomo a
misura del dono ricevuto. A misura di quel talento che é l’umanitá stessa e,
soltanto dopo, a misura de gli altri talenti» (Giovanni Paolo II, Lettera alie
famiglie, 0) (P. Pellicanó, Cultura vocazionale e cultura della vita, in
Vocazioni, n. 4 [1999], pp. 71-76).

Schemi di alcuni itinerari di pastorale dell’amore e della vita

® «Uomo e donna lo creo» (cfr. Gn 1,27)


Sessualitá, affettivitá e vocazione all’amore

Incontri mensili per i giovani

«Per mezzo di quell’amore che nasce in voi, e che vuole essere inscritto
nel progetto di tutta la vita, do vete vedere Dio che é amore»
(Giovanni Paolo II, Lettera ai giovani nell’Anno Santo della Redenzione).
1. «Mi hai tessuto nel seno di mia madre» (Salmo 138)
L’ amore e la vita: nel corpo umano il progetto di Dio creatore
2. «Camminate nelVamore» (Ef 5,2)
Dall’attrazione al dono di sé: il mondo dei sentimenti

3. «Scegli la vita» (Dt 30,19)


La feconditá umana: un dono o un problema?

4. «Questo mistero é grande» (Ef 5,32)


Fidanzamento e matrimonio: scegliersi e scegliere
5. «Beati i puri di cuore» (Mt 5,8)
La castitá: pienezza dell’amore

6. «Fate quello che lui vi dirá» (Gv 2,5)


La veritá dell’amore: libertá e speranza

• «Una sola carne» (Gn 2,24)


La vocazione al matrimonio e il vangelo della vita

Incontri mensili per giovani, fidanzati e famiglie

«L’essenza e i compiti della famiglia sono últimamente definiti


dall’amore. Per questo la famiglia riceve la missione di custodire, rivelare e
comunicare 1’amore, quale riflesso vivo e reale partecipazione dell’amore di
Dio per l’umanitá e dell’amore di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa»
(Giovanni Paolo II, FAMILIARIS CON- SORTIO, 17).

1. «Un aiuto che gli sia simile» (Gn 2,18)


L’uomo e la donna: diversa vocazione, uguale dignitá

2. «L’amore non avrá mai fine» (ICor 13,8)


II sacramento del matrimonio: amore e feconditá; fedeltá e libertá; unitá e
indissolubilitá

3. «Collaboratori di Dio creatore» (HV 1)


La famiglia accoglie la vita: paternitá-maternitá respon- sabile e método
Billings

4. «Gloria di Dio é l’uomo vívente» (sant’Ireneo)

361
Aborto, sterilizzazione, contraccezione, trasmissione del- l’Aids: aspetti
scientifici e umani di una «cultura anti-vi- ta»
5. «Una sola carne» (Gn 2,24)
Hanno senso i rapporti prematrimonial i? Valore e signifi-
cato del fidanzamento
6. «La veritá vifará liberi» (Gv 8,32)
Sessualitá e senso del peccato: un cammino d’amore verso
la libertá
7. «Famiglia: dono e impegno, speranza per Vumanitá»
(Giovanni Paolo II)
Incontro conclusivo di preghiera, testimonianza e festa

• «Con tutto me stesso»


Fatti per amare

Incontri per i giovani

«L’uomo non puo vivere senza amore: egli rimane un


essere incomprensibile se non gli viene rivelato 1’amore, se
non si incontra con 1’amore, se non lo sperimenta e non lo
fa proprio, se non vi partecipa vivamente»
(Giovanni Paolo II, REDEMPTOR HOMINIS, 10).
Í. SENTÓ DI AMARE (intervista a una psicologa)

2. SCELGO DI AMARE (intervista a una coppia di sposi e a un


sacerdote)
3. IMPARO AD AMARE (intervista a un Maestro)

•«L’amore é da Dio» (lGv 4,7): vita - persona - vocazione

Corso di esercizi spirituali a sfondo vocazionale


1. Chiamati all’amore: l’uomo-persona
«...a immagine di Dio lo creó...» (Gn 1,27)
IL DONO DELLA VITA, ORIGINE DI OGNI VOCAZIONE

363
«lo piego le ginocchia davanti al Padre dal quale ogni
paternitá nei cieli e sulla térra prende nome» (Ef 3,14) LA
PERSONA UMANA: COMUNIONE E DONO

2. Chiamati dall’amore: l’uomo-creatura


«La veritá vifará liberi» (Gv 8,32)
PECCATO E REDENZIONE

«Ti ho amato di amore eterno» (Ger 31,3)


L’AMORE UMANO E LA LIBERTÁ

3. Chiamati per l’amore: 1 ’uomo-vocazione


«Una sola é la speranza alia quale siete chiamati: quella
della vostra vocazione» (Ef 4,4)
MATRIMONIO E VERGINITÁ: UN “ÚNICO” PROGETTO
D’AMORE

«Come Cristo ha amato la Chiesa» (Ef 5,25)


LA VOCAZIONE NELLA CHIESA: VOCAZIONE ALLA SANTITÁ
UNITA N La gioia della veritá

3
6
4
Introduzione

Alia fine delle nostre riflessioni, si impone l’esigenza di


un riepilogo non tanto temático quanto interiore. Una REVI-
SIONE, potremmo dire: una sorta di revisione di vita. E dob-
biamo farlo alia luce della veritá sulla sessualitá umana:
della veritá su noi stessi che abbiamo cercato di scoprire in
modo gradúale, stupito, accogliente. Abbiamo desiderato di
cercare la veritá, per incontrarla.
L’abbiamo cercata con fede: é la fede che ci rende capaci
di cercare la veritá con la certezza di trovarla.
L’abbiamo cercata con quell’amore che ci muove verso
Gesü, la veritá342 che ci rende anche capaci di donare per es-
sa la nostra stessa vita.
L’abbiamo cercata con speranza. L’essenza PERSONALE
della veritá ce la fa sentire operante in noi: impegnata a ri-
velarsi, a rendersi visibile, a essere artefice del nostro agiré
SECONDO VERITÁ. Impegnata, cioé, a renderci liberi di agiré,
di essere... a liberarci dal peccato. Non cessiamo di
sperimen- tare, nella nostra vita, come realmente sia la veritá
a farci liben343.
La conoscenza della veritá ha dunque un valore morale-
pedagogico, ma anche redentivo in quanto possiede due
grandi sfumature: il sapere e l’incontro d’amore. L’incontro
con la veritá é esperienza d’amore che decisamente cambia
la vita e il nostro modo di agiré: ciascuno di noi potrebbe
testimoniarlo.
Incontrare la veritá é fonte di una grande GIOIA
SPIRITUALE, di una sorta di compimento o di realizzazione,
perché noi siamo fatti per la veritá. «L’uomo tende alia veritá
e l’intel- letto unisce in sé la capacitá di coglierla
(distinguendola dal falso) e il bisogno di indagarla. Giá in
questo si rivela la sua dinamica subordinazione alia
veritá»344.

342 Cfr. Gv 14,6.


343 Cfr. Gv 8,32.
344 K. Wojtyla, Persona e atto, Librería Editrice Vaticana, Cittá del Vaticano 1982,
p. 185.
La ricerca della veritá non ha fine: questo lo sa bene la
mente umana che é continuamente sollecitata da essa. Ma
lo sa bene anche il cuore dell’uomo, che vive una tale ricerca
come «sete» spirituale, povertá e richiesta d’amore.
Nel nostro itinerario la ricerca della veritá é stata indagi-
ne ed esperienza d’amore anche perché abbiamo cercato la
veritá sull’amore, sul progetto d’amore che sgorga dal seno
di Dio creatore ed é da lui affidato alie nostre mani.
La veritá é piü che una semplice esperienza. Ma siamo
chiamati a fare un’esperienza della veritá che - potremmo
dire - si delinea in noi come una vera e propria chiamata.
«L’eco di una vocazione di Dio»: cosi sintetizza, in modo
bellissimo, la VERITATIS SPLENDOR345. L’eco di tale vocazione
é parte integrante della nostra chiamata sacerdotale, della
stessa vocazione di ogni creatura umana.
Ed é solo al suono di questa eco che l’uomo puo realmente
cogliere quella dissonanza con la veritá rappresenta- ta dal
PECCATO. II peccato non puo che essere guardato alia luce
della veritá che lo illumina: da una parte, evidenzian- dolo;
dall’altra, diminuendo il potere che esso ha sulla persona,
perché la Luce vince su ogni genere di tenebra. In questa
Luce, dobbiamo quindi riflettere sulla relazione tra sessualitá
e senso del peccato. Siamo invitati, dalla PASTORES DABO
VOBIS, a ricordare come la maturitá umana del sacerdote, in
particolare quella affettiva, esiga una «formazione limpida e
forte a una libertá che si configura come obbe- dienza
convinta e cordiale alia “veritá” del proprio essere al
“significato” del proprio esistere, ossia al “dono sincero di
sé” quale via e fondamentale contenuto dell’autentica
realizzazione di sé»346.
II peccato puo essere considerato come una «disobbe-
dienza alia veritá del nostro essere, al significato del nostro
esistere»: un tradimento della chiamata a donare noi stessi.
Parlando della castitá, ne abbiamo ricordato la caratteri-
stica di essere UMILE: di rendere, cioé, la persona, il suo cor-
po e la sua psiche, docile ai valori dell’amore, alia sua veritá.
345 Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Veritatis splendor, 7.
346 Id., Esortazione apostólica Pastores dabo vobis, 44.
In tal senso, il peccato contro la sessualitá ci appare quasi
come un atto di SUPERBIA dei dinamismi psicofisici rispetto
all’integritá della persona, all’amore, al progetto di Dio. Per
questo il peccato é esperienza di disintegrazione, disarmonia.
É vero: il peccato é per noi esperienza quotidiana, condi-
zione esistenziale. Ma «dobbiamo ammettere che la co-
scienza della peccaminositá é nell’uomo “storico” non sol-
tanto un necessario punto di partenza, ma anche una indi-
spensabile condizione della sua aspirazione alia virtü, alia
“purezza di cuore”, alia perfezione»347.
É proprio pariendo dalla «coscienza della peccaminositá»
che la persona si puo porre la domanda morale sulla
sessualitá e sul peccato, esplicitando tale interrogativo di
fondo in due domande ben precise e profonde riguardanti da
un lato le capacitá dell’uomo, dall’altro i suoi doveri morali.
L’uomo «come “PUD” agiré, cioé su che cosa puo contare
nel suo “intimo”, alia sorgente dei suoi atti “interiori” o
“esteriori”? E inoltre: come "DOVREBBE" agiré, cioé in che
modo i valori... lo “obbligano” nell’azione, nel comporta-
mento, se, accolti mediante la conoscenza, lo “impegnano”
giá nel pensare e, in certa qual misura, nel “sentire”?» 348.
Obiettivi

Questa Unitá parte da un esame del rapporto tra SESSUALITÁ


E SENSO DEL PECCATO, che viene proposto in termini di ri-
flessione personale e valutazione educativo-spirituale. L’iti-
nerario si sviluppa fino a giungere a individuare il núcleo
dQIY OBBEDIENZA quale consegna alia veritá che é trasmessa
dalla Chiesa, sposa di Cristo.
Si individuano alcune piste di riflessione.

- «Coscienza della peccaminositá».


La conoscenza del male: dono DELLA veritá.

- «Come “dovrebbe” agiré l’uomo»?


La conoscenza del bene: la veritá che SI DONA.

347 Id., Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 203.


348Ibid., p. 183.
- «Come “puó” agiré l’uomo»?
L’esperienza dell’amore: donarsi ALIA veritá.

- «Una legge scritta nel cuore».


II mistero della coscienza umana e YIDENTIFICAZIONE
con la veritá.
Sessualitá e senso del peccato

La conoscenza del male: un dono della veritá

Sul piano della sessualitá, l’uomo vive la coscienza della


propria peccaminositá come «inganno del cuore umano nei
confronti della perenne chiamata dell’uomo e della donna -
una chiamata che é stata rivelata nel mistero stesso della
creazione - alia comunione attraverso un dono reciproco» 349.
II senso del peccato é, per l’uomo, una profonda esperien-
za di veritá. Per tale motivo, la conoscenza del male é una
dinamica da incoraggiare nella persona che impara a ricono-
scerlo come tradimento del progetto di Dio sulla sessualitá e
l’amore. «Riconoscere il proprio peccato, anzi - andando piü
a fondo nella considerazione della propria personalitá -
riconoscersi peccatore, capace di peccato e portato al pecca-
to, é il principio indispensabile del ritomo a Dio» 350.
La conoscenza del male possiede una prima dimensione
che potremmo definire SOGGETTIVA: é resa possibile dall’a-
scolto e dall’analisi di se stessi. Ció consente di imparare,
con onestá e sinceritá, a riconoscere tutto ció che, nei pen-
sieri, nelle azioni, nelle stesse parole ci provoca tensione,
squilibrio, disagio, vergogna: tutto ció che ci costringe a en-
trare in un clima di falsitá a tutti i livelli. E importante im-
parare ad accorgerci di tali avvertimenti, senza assolutizzar-

349 Ibid., p. 169.


350 Id., Esortazione apostólica Reconciliatio et paenitentia, 13.
li ma senza accantonarli come falsi pudori o esagerazioni...
Perd tutto questo non basta. Potrebbe essere un modo di
esasperare o di trascurare la veritá delle cose. Limitarsi alia
conoscenza soggettiva potrebbe portare con sé il rischio di
farci diventare misura a noi stessi, cadendo in un relativismo
esasperato ed esasperante.
La conoscenza del male possiede infatti un’importante e
imprescindibile dimensione OGGETTIVA: propria, tra l’altro,
di ogni autentica conoscenza che l’uomo possa fare. Dob-
biamo conoscere il male, conoscere «ció che é male»; dob-
biamo ammettere l’esistenza del peccato. Dobbiamo rico-
noscere il male del nostro agiré non solo quando si renda
emotivamente presente, ma per il fatto di poterlo identificare
come tradimento della veritá.
É profondamente vero: la conoscenza del male, questo
inizio del senso del peccato é un dono per l’uomo. Siamo
destinatari del dono di poter conoscere ció che non ci rea-
lizza in quanto persone.
E un dono da chiedere per noi, per gli altri, per coloro che
ci verranno affidati nel ministero sacerdotale. La nostra
pastorale sará tanto piü vera ed efficace quanto piü saprá
cogliere, nel male che la persona fa e che forse sperimenta,
quella scintilla che puó consentiré al peccato di essere sma-
scherato: e cosi di essere sconfitto.
L’esperienza dimostra che tale ragionamento - che po-
trebbe apparire forse ovvio - é in realtá scarsamente appli-
cato proprio quando ci si riferisce al peccato nell’ámbito dei
comportamenti sessuali. Non é piü “di moda” parlare di
male, di peccato in tale sfera. É piü sbrigativo ricacciare tutto
in una zona intimistica, forse per la paura di turbare
l’apparente equilibrio della persona, soprattutto del giova-
ne. A volte, addirittura, ci si preoccupa della sensibilitá dei
giovani che, «sentendo parlare di peccato potrebbero - si dice
- allontanarsi dalla Chiesa...».
Cambierá questa paura - che forse é anche la nostra - se
impariamo a considerare il senso del peccato non come un
pretesto di condanna, ma come grido che si leva dal cuore
umano e che, forse, é parte dell’eco della vocazione di Dio
all’amore e alia veritá.
A questo grido sapremo daré una risposta entrando nel-
1’esperienza del bene.

La conoscenza del bene: la veritá si dona

Dunque la coscienza della peccaminositá rivela in modo


peculiare una domanda piü esplicita e profonda sulla veritá
che, cercata, si é fatta in parte giá trovare proprio nella per-
cezione del senso del peccato.
E a questo punto che si pone piü concretamente la do-
manda: «Come “dovrebbe” agiré l’uomo? ...La morale viva é
sempre ETHOS della prassi umana»351. «L’uomo - possiamo
rispondere - ...deve scorgere di nuovo la pienezza perduta
della sua umanitá, e volerla riacquistare» 352. Scorgere la
pienezza é la CONOSCENZA DEL BENEL
Ogni uomo ha diritto a questa conoscenza e, man mano
che la conoscenza del bene e del valore penetra la mente e il
cuore dell’uomo, il bene stesso attrae la volontá.
Spesso ci poniamo domande circa gli ITINERARÍ di cateche-
si, le metodologie di evangelizzazione: sono interrogativi
legittimi ma solo se sostenuti dalla convinzione del profondo
valore pastorale che, oltre l’originalitá delle metodologie,
possiede proprio la forza della veritá conosciuta e poi
riconosciuta dalla persona come realtá giá presente in se
stessa.
Nello sconforto e nella povertá che la colpa porta con sé, e
che la consapevolezza del proprio peccato consegna al-
l’uomo, la conoscenza del bene rimane quale inevitabile se-
gno e obbligata via di speranza.
E vero: l’uomo continua a perdere la bellezza della veritá.
Ma deve potería «scorgere» per potería e «volerla riac-
quistare». «Nel suo tendere a Dio, a colui che “solo é buo-
no”, l’uomo deve liberamente compiere il bene ed evitare il
351 Id., Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 183.
352 Ibid., p. 181.
male. Ma per questo l’uomo deve poter distinguere il bene
dal male»353. II bene conosciuto puo infatti essere fatto: per-
ché la veritá si dona.
Ed é questo, forse, quel nuovo ETHOS, Y«ETHOS della re-
denzione»354 di cui il Papa ci parla. É questo il compimento
operato da Gesü nei confronti della legge.
La nuova legge é un mistero d’amore che, in un certo
senso, sconvolge le misure del cuore umano che si speri-
menta debole nel desiderio ma che, conoscendo di essere
chiamato all’amore, vuole realizzare la pienezza della sua
chiamata.
Sul piano concreto e comportamentale, potremmo dire che
«1’ethos della redenzione si realizza nella padronanza di sé,
mediante la temperanza, cioé la continenza dei desideri. In
questo comportamento il cuore umano resta vinco- lato al
valore dal quale, attraverso il desiderio, si sarebbe altrimenti
allontanato, orientandosi verso la pura concupi- scenza priva
di valore etico. Sul terreno dell’ETHOS della redenzione
l’unione con quel valore, mediante un atto di dominio, viene
confermata oppure ristabilita con una forza e una fermezza
ancora piü profonde. E si tratta qui del valore del significato
sponsale del corpo, del valore di un segno trasparente,
mediante il quale il Creatore - insieme con la perenne
attrattiva reciproca dell’uomo e della donna attraverso la
mascolinitá e la femminilitá - ha scritto nel cuore di entrambi
il dono della comunione, cioé la misteriosa realtá della sua
immagine e somiglianza»355.
Ecco: il contenuto di quella legge scritta nel cuore di ogni
uomo é la COMUNIONE! É questo il valore perenne da
realizzare, il desiderio profondo che puo riempire e orientare
tutti i nostri desideri e al quale tutti i desideri tendono. II
peccato scatta quando i desideri si sganciano dal desiderio
profondo dell’amore e aríivano perció a possedere la perso-
na, a determinarla nelle scelte.
É nórmale, é vero, AVERE dei desideri in campo affettivo e
353 Id., Lettera enciclica Veritatis splendor, 42.
354 Id., Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 203.
355 Ibidem.
sessuale: ma bisogna POSSEDERLI attraverso 1’autodominio e
ricondurli a ESSERE rúnico grande desiderio dell’amore. Quel
desiderio che certamente Dio ci ha inscritto nel cuore quando
ci ha creati e che, certamente, continua a desidera- re: per noi
e con noi.
A vivere cosi, a desiderare cosi, ci insegna - abbiamo visto
- la virtü della CASTITÁ.

L’esperienza dell’amore: donarsi alia veritá

In questa riflessione conclusiva sulla veritá e 1’amore, ci é


necessario cogliere un’altra stupenda sfumatura che la castitá
possiede, anzi che essa permette di realizzare nell’uo- mo: la
GLORIAL É la gloria di chi, alia fine, si consegna all’a- more e
vive completamente l’esperienza della trasparenza: «noi tutti,
a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del
Signore, veniamo trasformati in quella medesi- ma
immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito
Santo»15.
Questa parola di Dio ci conferma che la gloria della castitá
é amare Dio e, per questo, essere specchio del suo vol- to e
del suo cuore: del suo modo di amare. E se ció é valido per
ogni creatura lo é ancor piü per il sacerdote, per il suo cuore
che, amando, deve ESSERE Gesú.
E la parola di Dio ci rassicura: lo Spirito Santo agisce in
noi e ci permette di essere trasformati nella sua immagine, di
essere conformati a Cristo. Lo Spirito Santo, che ci guida
nella castitá, ci permette di farci «epifania e trasparenza del
buon pastore che dá la vita»16.
Nel chiederci «come “puó” agiré l’uomo», nel domandar-
ci su quali forze l’uomo puó contare per fare il bene, non
possiamo e non dobbiamo trascurare Topera dello Spirito
Santo che sostiene e guida, ma che interpella ed esige la li-

2Cor 3,18.
16
Giovanni Paolo II, Esortazione apostólica Pastores dabo vobis, 49.
berta dell’uomo chiedendogli una risposta: questo suo
operare in noi non puo, in nessuna maniera, lasciarci
inattivi.
Si tratta di una risposta di fede: é proprio la
maturitá di fede che ci inserís ce nella conoscenza
della profonda insidia del peccato contro la sessualitá.
II «nuovo manichei- smo»356 - che dividendo l’anima
dal corpo ripropone, sia puré in termini
apparentemente liberatori, una visione dua- listica
della persona e dell’amore - ha convinto le nostro
coscienze a separare dalla vita spirituale l’affettivitá e
la sessualitá. Qualora questo avvenga, ne risulta un
grosso ini- poverimento non solo dell’umanitá
integrale, ma anche dcl- l’autentica vita di fede.
Attraverso la conoscenza del male, dono della
veritá, e quella del bene, veritá che si fa dono,
giungiamo dunque alia necessaria bellezza della nostra
risposta d’ amore e di fede: donarci alia veritá. La
veritá non dev’ essere soltanto RI- SPETTATA: chiede di
essere AMATA.
E questo, se ci pensiamo bene, innesta il cammino
della maturazione affettiva e sessuale dentro il
profondo senso dell’ OBBEDIENZA della fede:
l’obbedienza alia veritá.
La disobbedienza - sembra suggerire il Signore a
Caterina da Siena - nasce dal non percepire il valore
della persona umana: é «la colpa di Adamo, il quale
non conobbe la sua dignitá, non riflettendo con quanta
provvidenza e amo- re ineffabile io lo avevo creato.
Non avendolo conosciuto, cadde nella
disobbedienza». Solo l’incontro con Gesü é esperienza
vera di un’obbedienza che si fa vita da imitare e via da

356 Id., Lettera alie famiglie, 19.


percorrere: «la strada é sterrata col sangue della mia
veritá, affinché [l’uomo] possa giungere al suo
termine, a quel fine per il quale lo creai» 357.
E il segreto e il cammino della croce, che puo e
deve essere percorso con il Signore, in un rapporto del
tutto personale con Lui, nei sacramenti e nella
preghiera.

357 Santa Caterina da Siena, II Dialogo della Divina Provvidenza, op.


cit., pp. 295-297.
La preghiera: incontro con la veritá

All’inizio del nostro itinerario abbiamo cercato di perce- pire,


attraverso l’esperienza della preghiera, la nostra CREA- TURALITÁ. É
necessario ritomare, ogni istante, a quello STUPO- RE che allora ci
ha colti, perché sia questo a guidarci nella percezione del peccato.
Si: é li, nel cuore della preghiera e nella preghiera del cuore, che
possiamo interiormente fare nostro tutto ció che abbiamo riflettuto,
appreso, ricercato, forse anche contesta- to. É li che ritroviamo
quell’indispensabile «sguardo contemplativo»19 che ci ha guidati, e
che oggi siamo invitati a posare anche sul peccato, perché esso ci
consente di intra- vedere la veritá scritta nella nostra persona e di
accorgerci di ció che la ferisce. É li che possiamo non solo
ascoltare la parola di Dio, cioé conoscere il bene, ma anche fare la
sua volontá, cioé agiré bene.
L’educazione alia sessualitá e all’amore porta con sé la
preghiera, che é incontro di veritá e d’amore, esperienza di veritá e
d’amore: CONSEGNA alia veritá e all’amore.
1. Siamo invitati a vivere tale preghiera come richiesta:
implorare, per noi e per tutti, il dono dell’amore, la capacitá di
vincere il peccato, la virtü della castitá: la gratuitá piena, senza la
quale non vi é comunione.
Nella nostra preghiera dobbiamo ESSERE ció che siamo, con la
fragilitá, le debolezze, le ricchezze. In essa mettiamo
generosamente e seriamente tutto ció che riguarda la sessualitá: gli
istinti e i bisogni, 1’affettivitá e la tenerezza, le debolezze e le
speranze, la castitá e 1’amore, il nostro essere persone e la nostra
vocazione. La preghiera é la vera e definitiva consegna all’amore,
che ci permette di far vivere in noi i desideri di Dio.
2. Tuttavia la preghiera é anche pura e splendida CONTEM-
PLAZIONE della veritá del disegno di Dio sulla sessualitá e 1’amore:
qui penetriamo e gustiamo la bellezza di ció che abbiamo
conosciuto. E tale contemplazione non puó che diventare stupore e
gratitudine a Dio, autore della vita.
Nella preghiera, la consegna tra noi e la veritá é AFFIDA- MENTO
RECIPROCO: e la comunione intima col mistero d’amore che é la
Santissima Trinitá ci pervade, rendendoci capaci di fare la veritá.
Una tale intimitá e raccomandata ai semi- naristi, in quanto
«costituisce il “mistero” dell’esistenza cristiana che sta sotto
l’influsso dello Spirito: deve costitui- re, di conseguenza, L’ETHOS

19
Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium vitae,
83.
392
della vita del cristiano»358.
Quel nuovo ETHOS, che ci pervade e ci guida a vivere l’a- more,
sgorga dunque dalla preghiera.
3. Una preghiera cosi vissuta culmina nella VITA SACRAMÉNTALE,
incontro efficace con il Vi vente, incontro che rende ogni volta
presente e operante la grazia della redenzione. Ci é utile, in questa
riflessione, ricordare come proprio la PASTORES DABO VOBIS
richiami i seminaristi a «riscoprire, al- l’intemo della formazione
spirítuale, la bellezza e la gioia del sacramento della penitenza. In
una cultura che, con rin- novate e piü sottili forme di
autogiustificazione, rischia di perdere fatalmente il “senso del
peccato” e, di conseguenza, la gioia consolante della richiesta di
perdono (cfr. Salmo 51,14) e dell’incontro con Dio “ricco di
misericordia” (Ef 2,4), urge educare i futuri presbiteri alia virtü
della penitenza, che é sapientemente alimentata dalla Chiesa nelle
sue celebrazioni e nei tempi dell’anno litúrgico e che trova la sua
pienezza nel sacramento della riconciliazione. Di qui scaturiscono
il senso dell’ascesi e della disciplina interiore,
lo spirito di sacrificio e di rinuncia, l’accettazione della fa- tica e
della croce»359.
Su chi, dunque, puó contare l’uomo per poter fare il bene?
L’uomo, nella sua esperienza di peccato, nel suo sceglie- re di
fare il bene, puó CONTARE SU DIO, sulla sua presenza d’amore, sul
suo desiderio di bene per l’uomo, sul suo progetto che lui stesso
costruisce giomo per giomo, se la persona lo lascia fare attraverso
il proprio «si». L’uomo, quin- di, puo contare su una forza
straordinaria, disponibile, in- vincibile che, pero, non lo trascina
passivamente, ma che viene comunicata alia sua volontá.
Grazie al senso del peccato, l’uomo sperimenta la potenza
delicatissima della libertá che gli viene donata e continuamente
ridonata. Quella stessa libertá che lo fa cadere diventa libertá che
puo accogliere la salvezza e il dono della castitá. E questa lo rende
capace di rispondere con tutta la propria persona al comandamento
dell’amore: «il comanda- mento infatti si adempie attraverso la
“purezza di cuore”, la quale non viene partecipata all’uomo se non
a prezzo di fermezza nei confronti di tutto ció che ha origine dalla
con- cupiscenza della carne. Acquista la “purezza di cuore” chi sa
esigere coerentemente dal suo “cuore”: dal suo “cuore” e dal suo
“corpo”»360.
358 Id., Esortazione apostólica Pastores dabo vobis, 46.
359 Ibid., 48.
360 Id., Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 181.
393
La veritá, «eco di una vocazione di Dio...», interpella ancora il
nostro «si». Mentre, cioé, ci riconosciamo biso- gnosi d’amore per
amare nella veritá, comprendiamo che il «si» all’amore, al
sacerdozio, a Dio non puo essere pieno senza tale «si» alia veritá
sull’amore. E la nostra specifica libertá, che abbiamo apprezzato
come «obbedienza convin- ta e cordiale alia “veritá” del proprio
essere, al “significato” del proprio esistere» e che si rivela
«importante per la risposta da darsi alia vocazione, a quella
sacerdotale in specie, e per la fedeltá a essa e agli impegni che vi
sono con- nessi, anche nei momenti difficili» 361.
Una legge scritta nel cuore

II mistero della coscienza umana

Tutta la riflessione sulla libertá e sul senso del peccato necessitá


di essere ricondotta a un CUORE: il mistero della coscienza umana,
chiamata a essere dimora della veritá. La coscienza morale é,
secondo la definizione del concilio, «il sacrario dell’uomo, dove
egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimitá
propria»362.
Ci é utile, pur non entrando nella profonditá dello studio
teologico della coscienza, meditare due aspetti, sfumature che
possono aiutarci ad accogliere e a orientare, sul piano pastorale, il
rapporto tra la coscienza e la veritá. Infatti «la libertá della
coscienza non é mai libertá “dalla” veritá, ma sempre e solo “nella”
veritá»363.

1. Lafiducia nella coscienza


Paolo VI, a conclusione dell’enciclica HUMANAE VITAE, si rivolge
ai sacerdoti con una bellissima esortazione, che potremmo
considerare il presupposto di ogni azione pastorale e di ogni
evangelizzazione. «Paríate poi con fiducia, diletti figli, ben convinti
che lo Spirito di Dio mentre assiste il magistero nel proporre la
dottrina, illumina internamente i cuori dei fedeli, invitandoli a daré
361 Id., Esortazione apostólica Pastores dabo vobis, 44.
362 Concilio Vaticano II, Costituzione pastorale Gaudium et spes, 16.
363 Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Veritatis splendor, 64.
394
il loro assenso»364.
Ancora una volta ci viene chiesto di contemplare lo Spirito
Santo operante: lo immaginiamo suggerire al cuore e alia coscienza
dell’uomo le parole giuste perché esso colga la veritá nella sua
interezza e nella sua bellezza.
Ogni qualvolta, come pastori, siamo chiamati ad annunciare una
veritá che puré possa sembrarci difficile o scomo- da, non
dobbiamo dimenticare di avere nel CUORE DELL’UOMO, del fratello,
del figlio, l’alleato piü potente.

2. La formazione della coscienza


Se é vero pero che la coscienza é luogo dell’amoroso dialogo tra
Dio e l’uomo, é altrettanto vero che, come dimora, essa deve
prepararsi ad accogliere la visita del suo Signore.
II significato della formazione sta proprio nell’aiutare l’uomo a
capire come la sua coscienza sia luogo di ascolto e discemimento,
non sorgente di «veritá» arbitrarle e indivi- duali. II pastore, come
la Chiesa, «si pone solo e sempre a servizio della coscienza,
aiutandola a non essere portata qua e lá da qualsiasi vento di do
tirina secondo l’inganno degli uomini (cfr. Ef 4,14), a non sviarsi
dalla veritá circa il bene dell’uomo, ma, specialmente nelle
questioni piü difficili, a raggiungere con sicurezza la veritá e a
rimanere in essa»365.
Ai nostri giomi nella cultura - e purtroppo anche nelle stesse
comunitá cristiane - il vangelo della vita sembra essere davvero tra
le «questioni piü difficili»: «troppo spesso i credenti, perfino quanti
partecipano attivamente alia vita ecclesiale, cadono in una sorta di
dissociazione tra la fede cristiana e le sue esigenze etiche a
riguardo della vita, giun- gendo cosi al soggettivismo morale e a
taluni comportamenti inaccettabili»366.
Al cuore del nostro sacerdozio il rapporto personale che noi
stessi abbiamo con la veritá diventa modello, proposta, pastorale.
Se con la veritá si vive davvero un rapporto d’a- more, non si corre
il rischio della dissociazione tra fede e vita, anche nell’ámbito di
alcune scottanti questioni etiche, quali la morale sessuale e il
vangelo della vita. La coscienza umana comprende cosi il suo
essere, la sua altissima vocazione: nell’obbedire alia veritá e nel
farlo con gioia. «Con il proprio agiré etico, infatti, la persona,

364 Paolo VI, Lettera enciclica Humanae vitae, 29.


365 Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Veritatis splendor, 64.
366 Id., Lettera enciclica Evangelium vitae, 95.
395
operando se- condo il suo libero e retto volere, si introduce nella
strada della felicita e tende verso la perfezione. Anche in questo
caso si tratta di veritá»367.

Veritá e santitá
«É necessario, dunque, che i valori scelti e perseguiti con la
propria vita siano veri, perché soltanto valori veri possono
realizzare la persona realizzandone la natura. Questa veritá dei
valori, l’uomo la trova non rinchiudendosi in se stesso, ma
aprendosi ad accoglierla anche nelle dimensioni che lo
trascendono»368.
Al termine del nostro cammino raccogliamo quei valori che
abbiamo instancabilmente cercato e che sono, in modo naturale e
splendido, emersi nel nostro incontro con il mistero della persona e
dell’amore: con il mistero della veritá. Conserviamoli nella
memoria, nella conoscenza, nella me- ditazione, nella preghiera e
nella lode, perché siano an- ch’essi ad aiutarci a vivere in
profonditá il senso del peccato come un incontro d’amore con la
veritá.
Nel mistero della coscienza umana, la fede e la morale si
fondono come due parole dell’unico dialogo con Dio. Se esse
vengono tra loro separate, non é solo la morale a risul- tare
soggettivista, relativista o utilitarista: é la stessa fede a rimanere
teórica, vuota, disincamata. E l’esperienza dell’a- more viene
impoverita e ridotta a un instabile sentimentalismo, privo di dovere
e dunque di impegno.
C’é, senza dubbio, un profondo nesso tra perdita del sen- so
morale e scristianizzazione369. Ed é per questo che la Chiesa ci
esorta con tono deciso. «L’evangelizzazione - e pertanto la “nuova
evangelizzazione” - comporta anche 1’annuncio e LA proposta
morale»; essa «manifiesta tutta la sua autenticitá, e nello stesso
tempo sprigiona tutta la sua forza missionaria, quando si compie
attraverso il dono non solo della parola annunciata, ma anche di
quella vissuta... la vita di santitá» 370.
É bello, al termine delle nostre riflessioni, guardare alia morale
come VITA DI SANTITÁ e soprattutto cogliere nella santitá una
conoscenza profonda della veritá, un rapporto personale e intimo
367 Id., Lettera enciclica Fides et ratio, 25.
368 Ibidem.
369 Cfr. id., Lettera enciclica Veritatis splendor, 106.
3703,2 Ibid., 107.
396
con essa che fa della vita morale non un in- sieme di rególe, ma
semplicemente VITA concreta e vissuta: in un certo senso, VERA.
Vita santa, a cui ogni esistenza deve tendere per la felicitá della
propria realizzazione e come anticipo e prefigurazione della
beatitudine eterna.

Obbedienza alia veritá e amore per la Chiesa

II cammino verso la perfezione é, in certo qual modo, un


pellegrinaggio: il pellegrinaggio della SEQUELA CHRISTI. E la
sequela non é solo un fatto individúale: essa coinvolge tutta la
Chiesa. II «si» di ogni chiamato, il mió «si» personale, é gridato
nella Chiesa e per la Chiesa. II mió «si» é il «si» che proclamo in
quanto Chiesa, a nome della Chiesa: ed é anche il «si» che grido
alia Chiesa madre. Non si puo avere Dio per Padre se non si ha la
Chiesa per madre.
L’incontro con la veritá é profondamente inserito nel nostro
essere della Chiesa, nella Chiesa: nel nostro essere Chiesa.
C’é un motivo comprensibile. La Chiesa, con il suo ma- gistero,
é autentica custode e fedele interprete della veritá
trasmessa dalla Scrittura e dalla Tradizione. Ma c’é un motivo
splendido, da cui ogni «compito» della Chiesa scatiiri- sce,
rivelandosi - come direbbe Paolo VI - «ministero» piü che
«magistero»371. É anche questo un motivo «sponsale». che affonda
le sue radici in quel misterioso amore con cui Cristo ha amato la
Chiesa372.
La Chiesa di cui parliamo e per la quale ci stiamo preparando a
vivere il ministero, la Chiesa che ci insegna la eri- tá, la Chiesa che
siamo é la Chiesa DI CRISTO.
Gesú stesso la definisce cosi, con un’espressione bellissi- ma che
non facciamo fatica a immaginare stampata sul vulto innamorato di
uno sposo: «La MIA Chiesa»373! La defin i- sce cosi, prometiendo a
Pietro che la edificherá su di lui e che le potenze del male - e quindi
la menzogna - non la vinceranno mai. «La mia Chiesa».
É SUA, la Chiesa! Da lui amata come sua sposa, unita a lui cosi
intimamente da poter essere definita da san Paolo «corpo di
Cristo»374.
Quanto ama la Chiesa, il Signore!
371 J. Guitton, Dialoghi con Paolo VI, Mondadori, Milano 1987, p. 161.
372w Cfr. Ef 5,25.
373 Mt 16,18.
374Cfr. Rm 12,5.
397
L’obbedienza alia Chiesa e alia veritá, che solo relia Chiesa si
pud vivere, costituisce per noi il privilegio del- VINTIMA
PARTECIPAZIONE di questo grande amore. Solo chi ama cosi la
Chiesa si sente parte di essa; solo chi la ama la serve e ne
comprende la trascendente grandezza che triunfa nella piccolezza
umana dei suoi membri.
Questo é vero per ogni fedele, ma in modo del tutto spe- ciale e
addirittura costitutivo per il sacerdote. Certamen le «il sacerdote ha
come sua relazione fondamentale que lia con Gesü Cristo capo e
pastore: egli infatti partecipa in modo specifico e autorevole alia
consacrazione-unzione e alia missione di Cristo. Ma intimamente
intrecciata con quesla relazione sta quella con la Chiesa. Non si
tratta di “rela/.io- ni” semplicemente accostate tra loro ma
interiormente un i te in una specie di mutua immanenza. II
riferimento alia Chiesa é iscritto nell’unico e medesimo riferimento
del sacerdote a Cristo, nel senso che é la “rappresentazione
sacraméntale” di Cristo a fondare e ad animare il riferimento del
sacerdote alia Chiesa»375.

Appartenere alia veritá

Finisce il nostro itinerario formativo ma continua, forse con


maggiore impegno, il cammino interiore che ci vede testimoni
convinti, instancabili, autentici del vangelo della vita che la Chiesa
ci consegna. Testimoni della bellezza e della dignitá della persona e
della sessualitá, della grandezza della vocazione all’amore, della
forza e della peculiaritá del matrimonio, del mistero d’amore che é
la verginitá consacrata e la nostra stessa chiamata alia castitá del
celibato sacerdotale.
Testimoni vivi, veri e gioiosi dello «splendore della veritá»376,
cosi come é sgorgata dalle mani e dal cuore del Creatore. Una
veritá affidata, che - potremmo dire - ha voluto AFFIDARSI alie mani
dell’uomo, alia sua libertá, alia sua fra- gilitá, al suo peccato.
Nel mistero personale che essa ci rivela, percepiamo che la
veritá non é manipolabile, non é oggetto di possesso. Non ci
appartiene. Ma noi APPARTENIAMO ALIA VERITÁL
C’é una creatura che puo rivelarci il senso di questa ap-
partenenza e insegnarci la docilitá che tale appartenenza suscita,
mostrandoci la feconditá cui tale appartenenza conduce. E puo dirci
375 Giovanni Paolo II, Esortazione apostólica Pastores dabo vobis, 16.
376 Id., Lettera enciclica Veritatis splendor, 1.
398
come diventare testimoni della veritá.
Questa creatura é María. Ella ci dice che puo donare la veritá
soltanto chi la sa custodire in sé, chi la sa accogliere come carne
della propria carne, chi accetta di conformarsi ad essa e di
identificarsi con essa. Chi, alia fine, dice «si» a vivere nella veritá,
a fare della veritá la propria vita.

399
Della veritá sull’amore, che é l’Amore!
«Maria condivide la nostra condizione umana, ma in una
totale trasparenza alia grazia di Dio. Non avendo conosciu-
to il peccato, ella é in grado di compatire ogni debolezza.
Comprende l’uomo peccatore e lo ama con amore di Madre.
Proprio per questo ella sta dalla parte della veritá e condivide
il peso della Chiesa nel richiamare a tutti e sempre le
esigenze morali. Per lo stesso motivo non accetta che l’uomo
peccatore venga ingannato da chi pretenderebbe di amarlo
giustificandone il peccato, perché sa che in tal modo sarebbe
reso vano il sacrificio di Cristo, suo Figlio. Nessuna
assoluzione, offerta da compiacenti dottrine filosofi- che o
teologiche, puo rendere l’uomo veramente felice: so
lo la croce e la gloria di Cristo risorto possono donare pace
alia sua coscienza e salvezza alia sua vita» 39.
Per la riflessione e la preghiera

Gesú disse allora a quei giudei che avevano creduto in


lui: «Se rimanete fedeli alia mia parola sarete davvero miei
discepoli; conoscerete la veritá e la veritá vi fará liberi». Gli
risposero: «Noi siamo discendenza di Abramo e non siamo
mai stati schiavi di nessuno. Come puoi tu dire: Di-
venterete liberi?». Gesú rispóse: «In veritá, in veritá vi di-
co: chiunque commette il peccato é schiavo del peccato. Ora
lo schiavo non resta sempre nella casa, ma il figlio vi resta
sempre; se dunque il Figlio vi fará liberi, sarete liberi
davvero» (Gv 8,31-36).
Gesü rivela, con la sua stessa esistenza e non solo con le
parole, che la libertá si realizza nell’amore, cioé nel dono di
39
Ibid.,
120.
400
sé. Lui che dice: «Nessuno ha un amore piü grande di que-
sto: daré la vita per i propri amici» (Gv 15,13), va incontro
liberamente alia passione (cfr. Mt 26,46) e nella sua obbe-
dienza al Padre sulla croce dá la vita per tutti gli uomini (cfr.
Fil 2,6-11). In tal modo la contemplazione di Gesü crocifisso
é la via maestra sulla quale la Chiesa deve cam- minare ogni
giomo se vuole comprendere Tintero senso della libertá: il
dono di sé nel servizio a Dio e ai fratelli. La comunione poi
con il Signore crocifisso e risorto é la sor- gente inesauribile
alia quale la Chiesa attinge senza sosta per vivere nella
libertá, donarsi e servire. Commentando il versetto del Salmo
99 (100) «Servite il Signore nella gioia», sant’Agostino dice:
«Nella casa del Signore libera é la schiavitü. Libera, poiché il
servizio non l’impone la necessitá, ma la caritá... La caritá ti
renda servo, come la ve- rita ti ha fatto libero... Alio stesso
tempo tu sei servo e libero: servo, perché ci diventasti;
libero, perché sei amato da Dio, tuo creatore; anzi, libero
anche perché ti é dato di amare il tuo creatore... Sei servo del
Signore e sei libero del Signore. Non cercare una liberazione
che ti porti lonta- no dalla casa del tuo liberatore!» (Giovanni
Paolo II, Lettera enciclica VERITATIS SPLENDOR, 87).

II seminario: scuola d’amore e di veritá

Testimonianza di un seminarista
Non posso non benedire il Signore per tutti i doni che mi
ha elargito da quell’istante (se c’é un istante!) in cui sono
stato nel suo pensiero, sono stato il suo pensiero. Egli, chia-
mandomi alia vita, mi chiama continuamente all’amore.
L’única mia vocazione é questa: 1’amore. E da quando la sua
voce é stata forte in me, indicandomi chiaramente la via da
scegliere e percorrere per seguirlo - quella della dona- zione
totale di tutto me stesso a lui attraverso il sacerdozio
- la gioia nel mió cuore é stata piú luminosa e radiosa.
Ora mi trovo in seminario e giá sono passati tre anni dal

401
giomo in cui sono entrato nel luogo della mia crescita e nel
tempo della mia formazione al presbiterato. E si, il seminario
é luogo e tempo, é grembo della diócesi, in cui ci si forma a
daré una risposta alia domanda di Gesú: «Mi ami tu?».
L’único formatore é 1’amore. Da lui devo lasciarmi pla-
smare, da lui devo lasciarmi guidare, da lui devo lasciarmi
amare. Proprio in seminario si sta formando la mia perso-
nalitá, la mia affettivitá, la mia sessualitá e sta maturando il
mió rapporto con il Signore e i fratelli.
É questo il tempo privilegiato della mia crescita. Certo,
tutta la vita sará un cammino di perfezionamento (con tra-
guardi, difficoltá, cadute e riprese) ma, come dice il Papa
nella PASTORES DABO VOBIS: «Gesú, dopo averli chiamati e
prima di mandarli (gli apostoli), anzi per poterli mandare a
predicare, chiede loro “un tempo” di formazione destínate a
sviluppare un rapporto di comunione e di amicizia con se
stesso. A essi riserva una catechesi piü approfondita rispetto
agli altri e li vuole testimoni della sua silenziosa preghiera al
Padre» (42).
Proprio in seminario, io e i miei fratelli siamo fortemente
aiutati dai nostri superiori a riconoscere la bellezza di Dio e a
sperimentare il suo infinito amore per noi.
In questi anni, a farci assaporare e gustare il mistero che
siamo, un cammino di educazione all’affettivitá e alia ses-
sualitá apre gli occhi e il cuore alio stupore nel riconoscere i
segni dell’amore di Dio nella nostra persona. lo sono perso-
na, spirito incamato, a immagine e somiglianza di Dio, frutto
della caritá oblativa di colui che altro non é che sola caritá.
Ed é davvero sorprendente aver coito come spirito e cor-
po siano intimamente uniti. Infatti la capacitá di amore é
iscritta nel corpo. Ecco la sua sponsalitá!
Confesso che, da quando sono entrato in seminario, il
rapporto con il mió corpo, nella sua fisicitá e capacitá d’a-
more, ha assunto un valore piü profondo, proprio perché ho
compreso la sua veritá e in essa sono stato posto.
Inoltre anche il mió modo di intendere la sessualitá ha
trovato chiarimenti, conferme e “nuovi orizzonti”. Infatti,

402
come la maggior parte dei giovani di oggi, di essa avevo una
visione ridotta, collegandola solamente al corpo. Forse
perché nessuno me ne ha mai parlato o, parlandomene, non
mi ha consegnato la veritá. Con gioia in seminario, grazie a
questa splendida proposta educativa, mi sono accorto della
ricchezza, del significato e del grande valore che essa é.
Scoprire che la sessualitá va oltre il corpo, che é una com-
ponente fondamentale della personalitá, un suo modo di es-
sere e di manifestarsi, di comunicare con gli altri, di sentire,
esprimere e vivere 1’amore umano, é stata una grande sor-
presa per me. Non avevo mai pensato che proprio la mia
sessualitá rivelasse la mia identitá. E come non guardare con
ammirazione e stupore 1’opera di Dio: «Ecco Topera del
Signore: una meraviglia ai nostri occhi» (Salmo 117).
E quanto é bello e vero cogliere la sessualitá nella castitá!
Affinché io possa avere un rapporto sereno, di tutto me
stesso, con Dio e i fratelli, é necessario che il cuore, i pen-
sieri, gli affetti e il corpo siano puri. La castitá é candore e
tutto cid che é candido Dio fa brillare. E se brilla tutti se ne
accorgono. Questo é fondamentale per un presbítero, perché,
brillando, rivela Cristo.
Non é utopia e non sono parole dolci: é la veritá! E dentro
di me sentó doverosa la necessitá di formare la mia per-
sonalitá nella veritá, perché il Signore non mi chiama sola-
mente alia mia realizzazione, ma, attraverso il ministero che
a me affiderá, anche alia realizzazione di quanti porra sul
mió cammino, creature e figli suoi.
L’uomo di oggi ha una sete profonda di veritá e l’unica
veritá che disseta é Cristo Signore. Non dobbiamo andaré
molto lontano per cercarla, é dentro di noi e colui che ci ama
l’ha scritta non solo nella nostra anima, ma anche nel nostro
corpo.
Sentó forte il bisogno e la gioia di ringraziare Dio per co-
loro che da lui si sono lasciati ispirare e aiutano noi semina-
risti di Reggio Calabria a farci sperimentare, gustare, com-
prendere e vedere la bellezza che é in noi e che noi siamo. E
la veritá che fa liberi ed é la veritá che a me si dona affin ché

403
io l’accolga e, fidandosi Dio di me, la doni a tutti.
Tutto nasce dall’amore e tutto a lui si deve orientare,
sempre! Ed é proprio l’amore che é e dá il senso all’uomo e
a tutte le cose, proprio perché 1’amore é Dio, la veritá
(In Domino, Nicola)

Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il


quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha
fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati salvati.
Con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli,
in Cristo Gesú, per mostrare nei secoli futuri la straordina-
ria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontá verso
di noi in Cristo Gesú.
Per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede; e ció
non viene da voi, ma é dono di Dio; né viene dalle opere,
perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua,
creati in Cristo Gesü per le opere buone che Dio ha
predisposto perché noi le praticassimo (Ef 2,4-10).

O Maria,
Madre di
misericordia, veglia
su tutti
perché non venga resa vana la croce di
Cristo, perché l’uomo non smarrisca la
via del bene, non perda la coscienza del
peccato, cresca nella speranza in Dio
«ricco di misericordia» (Ef 2,4), compia
liberamente le opere buone da lui
predisposte (cfr. Ef 2,10) e sia cosi con
tutta la vita «a lode della sua gloria» (Ef
1,12)
(Giovanni Paolo II, VERITATIS SPLENDOR, 120).

Prego il Signore che mi dia la grazia di fare della mia


prossima morte dono d’amore alia Chiesa. Potrei dire che
l’ho sempre amata; fu il suo amore che mi trasse fuori dal

404
mió gretto e selvático egoísmo e mi avvió al suo servizio; e
che per essa, non per altro, mi pare d’aver vissuto. Ma vor-
rei che la Chiesa lo sapesse; e che io avessi la forza di dir-
glielo, come una confidenza del cuore, che solo all’estremo
momento della vita si ha il coraggio di fare. Vorrei final-
mente comprenderla tutta nella sua storia, nel suo disegno
divino, nel suo destino finale, nella sua complessa, totale e
unitaria composizione, nella sua umana e imperfetta consi-
stenza, nelle sue sciagure e nelle sue sofferenze, nelle debo-
lezze e nelle miserie di tanti suoi figli, nei suoi aspetti me-
no simpatici e nel suo sforzo perenne di fedeltá, di amore, di
perfezione e di carita. Corpo místico di Cristo. Vorrei ab-
bracciarla, salutarla, amarla, in ogni essere che la compone,
in ogni vescovo e sacerdote che la assiste e la guida, in ogni

405
anima che la vive e la illustra; benedirla. Anche perché
non la lascio, non esco da lei, ma piü e meglio con essa mi
uni- sco e mi confondo: la morte é un progresso nella
comunio- ne dei santi (dal TESTAMENTO SPIRITUALE di Paolo
VI).
Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai
dato, perché siano una cosa sola come noi.
Quand’ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro
che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro é andato
perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adem-
pisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico queste cose
mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi
la pienezza della mia gioia. Io ho dato a loro la tua parola e
il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come
io non sono del mondo.
Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodi-
sca dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono
del mondo. Consacrali nella veritá. La tua parola é veritá.
Come tu mi hai mandato nel mondo anch’io li ho man- dati
nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano
anch ’essi consacrati nella veritá.
Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la
loro parola crederanno in me; perché tutti siano una cosa
sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch ’essi in
noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai
mandato.
E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, per-
ché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me,
perché siano perfetti nell’unitá e il mondo sappia che tu mi
hai mandato e li hai amati come hai amato me.
Padre, voglio che quelli che mi hai dato, siano con me
dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che
mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione
del mondo.
Padre giusto; il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho
conosciuto; questi sanno che tu mi hai mandato. E io ho

406
fatto conoscere loro il tuo nome e lo faro conoscere, perché
Vamore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro (Gv
17,llb-26).
«Santificali nella veritá» (Gv 17,17).
Che espressione di infinita bellezza!
All’infuori della veritá non c’é santitá. Veritá che santifica!
Per prepararvi bene al ministero, abbiate grande amore per
la veritá.
Ricordatelo: la veritá prima libera, dopo consola.
(don Primo Mazzolari ai seminaristi).
Quanto piú in alto sale il viandante,
tanto piú si allarga la sua visione, fino a raggiungere la
cima dove si apre tutto il panorama.
L’occhio dello spirito, illuminato dalla luce del cielo,
raggiunge perfino le distanze piü remóte, nulla gli sfugge,
nulla gli risulta impossibile discemere (Edith Stein).
353, 355, 357, 359, 363, Paolo VI papa, 137, 144,
364, 365, 370, 377, 379, 382, 174, 226, 233, 236, 239,
383, 387, 390, 393 Guitton 247, 248, 263, 264, 265,
J., 13,75, 386 267, 268, 269, 273, 274,
278, 281, 297, 298, 303,
Ireneo sant’, 364
304, 306, 359, 382, 386,
Kant I., 340 394 Pellicanó P., 5, 6, 7,
Kolbe M. san, 9, 261, 351,363
130 Pompa G., 261
Langman, 29, 38 Ratzinger J., 138 Ravasi G.,
Lewis C. S., 198 49, 90, 100, 116
Lucas Lucas R.,
41 Saes, 29, 38 Schooyans M.,
Marciano S., 5, 6, 7, 9, 215, 304 SerraA., 39,41,42, 152,
348 166, 170
Martini C. M., Sgreccia E., 6, 11, 41, 42,
340 Mazzolari 100, 138, 292, 294, 304
P., 395 Messori Stein E., 395 Suadeau J.,
V., 138 287
Minacori R.,
289 Teresa di Gesü Bambino
santa, 23, 24, 341
Odeblad E„ 33, 257 Tettamanzi D., 171

407
Van den Aardweg G., 166, 141 148, 191, 192, 194,
179 241 320, 348, 370
Westmore A., 266 Wojtyla Zuanazzi G., 55, 165, 166,
K.: VEDI Giovanni Pao 167,168, 170
lo II, 79, 110, 111, 129,
Indice

Prefazione, di mons. Vittorio Mondello pag. 5


Presentazione, di mons. Elio Sgreccia » 9
Premessa » 13

UNITÁ A Sessualitá umana e persona


umana Introduzione » 21
Obiettivi » 25
1. La dimensione biologica della sessualitá
umana: mistero di amore e vita » 27
L’uomo: epifanía di eternitá » 27
Lo sviluppo puberale del ragazzo » 28
L’apparato riproduttivo della donna » 31
Fisiología del ciclo mestruale » 32
Sessualitá e feconditá » 35
2. II dono della vita » 37
Quando inizia la vita umana? » 37
Vito umana e persona umana » 40
La vita prima di nascere » 42
La dignitá dell’uomo: una profezia » 43
La donna ci insegna ad amare la vita » 45
Per la riflessione e la preghiera » 47
UNITÁ B Affettivitá e vocazione
all’amore INTRODUZIONE pag. 55
Obiettivi » 58

1. Tappe dello sviluppo psicologico della


sessualitá umana » 60
Essere accolto per sapere di esistere » 60
Stadi dello sviluppo psico-affettivo » 60
Sviluppo psichico e cammino interiore » 68
Psicología e veritá sull’uomo » 70

2. Sessualitá e affettivitá » 72
Maturitá umana e affettivitá » 72
Scelte e motivazioni: dal bisogno al valore » 73
Sublimazione: una parola superata? » 75
II valore dell’altro: integrazione dell’affettivitá » 76
Sessualitá e relazionalitá » 77
Attrazione e persona » 79
Dal desiderio al dono di sé » 81
Psicología e grazia » 82

Per la riflessione e la preghiera » 84

UNITÁ C
La dimensione spirituale della sessualitá umana
Introduzione » 95
Obiettivi » .96

1. II significato sponsale del corpo umano » 98


A immagine di Dio... » 98
Autocoscienza e solitudine » 99
Solitudine e significato del corpo » 101
Uomo e donna: nasce la comunione » 102
II significato sponsale del corpo » 104
Segno e sacramento » 106

409
PEDAGOGÍA DEL CORPO Pag- 107
2. La redenzione del corpo » 109
LIBERTA E AMORE » 109
II PUDORE » 111
REDENZIONE E VOCAZIONE ALL’AMORE ». 112
LA PUREZZA DEL CUORE » 114
Per la riflessione e la preghiera » 116

UNITÁ D

Persona e comportamento sessuale


INTRODUZIONE » 125
OBIETTIVI » 127
T. L’agire utnano » 129
L’ATTO UMANO COME EPIFANÍA » 129
L’ATTO UMANO: FRUTTO DI UNA SCELTA » 131
L’ATTO UMANO: ATTO D’AMORE » 132
2. L’atto sessuale » 135
CONSAPEVOLEZZA E SCELTA » 135
II FINE DELL’ATTO SESSUALE » 136
ISTINTO SESSUALE E PULSIONE » 137
ATTO SESSUALE E CONDIZIONAMENTI CULTURALI » 138
FISIOLOGÍA DELL’ATTO SESSUALE » 139
II COMPORTAMENTO SESSUALE: MISTERO DA
“COSTRUIRE ” » 141
Per la riflessione e la preghiera » 144

UNITÁ E

Alcune problematiche del comportamento sessuale


INTRODUZIONE » 151
OBIETTIVI » 154
401
1. La masturbazione pag. 155
Definizione efattori causali » 155
Masturbazione e pornografía » 158
Un problema da affrontare » 160
Approccio educativo e pastorale » 162

2. Omosessualitá » 165
Inquadramento e definizione » 165
Fattori psicologici » 167
L’importanza della pubertá » 168
Un’origine biologica? » 170
Ilfattore culturale » 170
Omosessualitá: struttura e comportamenti » 171
La dimensione spirituale » 173
Cura pastorale della persona omosessuale » 174

Per la riflessione e la preghiera » 181

UNITÁ F Dall’“io” al “noi”


Introduzione » 191
Obiettivi » 193

1. L’amore di amicizia » 194


Dalí’“io” al “noi” » 194
Nasce l’amicizia » 195
Caratteristiche dell’amicizia » 197
I gradini dell’amicizia » 198
La pazienza e la correzione fraterna » 201

2. Amore, comunione e comunitá » 203


Uomini di comunione » 203
Sponsalitá e fratemitá » 204
Affettivitá e vita comune » 205

411
// seminario «schola amoris» » 207
UNITÁ G La famiglia: icona del dono di
sé introduzione »219
Obiettivi » 221
1. II «grande mistero» » 222
Una riflessione sul sacramento » 222
Sacramento del matrimonio e sacramentalitá
del corpo » 223
L’amore redento » 224
2. Sessualitá umana e amore coniugale » 226
Amore coniugale e consenso nuziale » 226
L’amore nuziale e l’esercizio della sessualitá » 228
L’atto sessuale é atto coniugale » 230
Castitá coniugale: rispettoper l’opera di Dio » 231
Castitá coniugale e spiritualitá coniugale » 232
Alcune riflessioni pastorali » 233
Per la riflessione e la preghiera » 238

UNITÁ H La trasmissione della vita


Introduzione »247
Obiettivi » 249
1. Corporeitá, procreazione e regolazione naturale della
fertilitá » 250
Feconditá umana e significato del corpo » 250
Che cosa significa «regolazione naturale della fertilitá»?
»252
II método del ritmo » 254
La temperatura basale » 254
I metodi sintotermici pag. 255
II método Billings » 256
I metodi naturali sono efficaci? » 258
L’insegnamento dei metodi naturali:
un competente servizio all’amore e alia vita » 261
2. Procreazione responsabile: una riflessione » 263
Responsabilitá di un dono » 263
Responsabilitá come conoscenza » 264
Responsabilitá come unitá » 265
Responsabilitá come amore per la vita » 267
Responsabilitá come risposta alia volontá
di Dio » 268
Procreazione responsabile e castitá
coniugale » 269
Amore e responsabilitá: solo per coppie
“speciali”? » 270
Alcune riflessioni pastorali » 272

Per la riflessione e la preghiera » 275

UNITÁ I L’eclissi del valore della vita


Introduzione »281
Obiettivi » 283

1. Manipolazioni del processo generativo » 285


Le tecniche antiprocreative » 285
Una riflessione sull’aborto procurato » 291
Cos’é la fecondazione artificiale? » 293

2. La cultura della morte » 296


Un ’esperienza deresponsabilizzante » 296
Deresponsabilizzazione e atto coniugale » 297
Deresponsabilizzazione e dignitá della persona »299

413
Deresponsabilizzazione nel rapporto con la vita del
figlio Deresponsabilizzazione e fecondazione pag.299
artificíale
La deresponsabilizzazione proiettata a un livello » 301
sociopolitico Deresponsabilizzazione ed
» 303 »
esperienza di fede In difesa della vita
305 »
II servizio alia vita: una storia di carita Per la 307 »
308
riflessione e la preghiera
» 311

UNITÁ L La castitá: mistero


d’amore INTRODUZIONE OBIETTIVI
1. Castitá: virtü e dono » 317 »
La forza della castitá Castitá come trasparenza: 318
«autentica manifestazione dell’amore»
Castitá come umiltá: «prezioso servizio » 319 »
all’amore» 319
La castitá per un ’armonía Castitá e
bellezza Alcuni elementi della castitá » 320

2. Castitá e verginitá » 320 »


In nome dell ’amore “Per” il regno: una radice 321 »
sponsale Castitá consacrata e realizzazione 322 »
della dimensione biologica della sessualitá 323
umana
Castitá consacrata e realizzazione della » 327 »
dimensione psicológica della sessualitá 327 »
umana e dell’ajfettivitá 328

» 330

» 331
Castitá e sponsalitá nella vita consacrata La pag.
castitá consacrata “custodie” dell’amore 333
umano
Castitá, cuore dell’“esserepastore” » 334 »
336
Per la riflessione e la preghiera
» 338

UNITÁ M
II vangelo della vita e il vangelo della
vocazione
Introduzione
Obiettivi » 347 »
349
1. Cultura vocazionale e cultura della vita
» 350 »
La vita come vocazione 350 »
Educazione sessuale e pastorale vocazionale 352
2. Persona, amore e vocazione » 355 »
La pastorale dell’amore «L’amore é da Dio»: un 355
annuncio vocazionale La castitá: vocazione in
ogni vocazione Testimoni della castitá e » 356 »
dell’amore 358 »
358
Appendice: spunti contenutistico - metodologici
per la pastorale Un’esperienza di educazione alia
sessualitá e all’amore nella pastorale vocazionale » 361 »
Schemi di alcuni itinerari di pastorale dell’amore
e della vita 361 »

363
UNITÁ N La gioia della veritá
Introduzione
Obiettivi

» 369 »
372

415
1. Sessualitá e senso del peccato pag .373
LA CONOSCENZA DEL MALE: UN DONO DELLA
VERITÁ » 373
LA CONOSCENZA DEL BENE: LA VERITÁ SI DONA » 375
L’ESPERIENZA DELL’AMORE: DONARSI ALIA » 377
LA PREGHIERA: INCONTRO CON LA VERITÁ
VERITÁ » 379

2. Una legge scritta nel cuore » 382

II MISTERO DELLA COSCIENZA UMANA » 382


VERITÁ E SANTITÁ » 384
OBBEDIENZA ALIA VERITÁ E AMORE PER LA
CHIESA » 385
APPARTENERE ALIA VERITÁ » 387

Per la riflessione e la preghiera » 389

Indice dei nomi » 397


7
Cfr. lGv 4,7.
I metodi sintotermici

Per ovviare a tale limite, molti studiosi insegnano alie


donne il riconoscimento di altri segni o sintomi che, ac-
compagnando l’ovulazione, possono rappresentame un’ul-
teriore conferma e possono, d’altra parte, essere utili anche ai
fini deH’identificazione del periodo non fertile preovula-
torio.
Arriviamo cosi all’elaborazione dei metodi sintotermici
che, come la stessa parola sottolinea, associano alia tempe-
ratura basale - utilizzata come fondamentale parametro -
diversi altri particolari sintomi o segni per il riconoscimento
della fertilitá: la secrezione del muco eervicale, il dolore che
la donna puo avvertire al momento dell’ovulazione, i

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