«...secondo il
mió cuore...»
(Ger 3,15)
9
zio duplice alie famiglie e alie persone consacrate, in
parti- colare a coloro che Gesú ha chiamato «amici»
nell’ultima cena, e nell’assidua lettura dell’amore di Cristo,
sposo della Chiesa.
Come dono lo scritto é vestito di semplicitá, carico di si-
gnificad spirituali e concreti appelli di speranza, senza pre-
tese né contorsioni di pensiero, fatto piü per essere medita- to
e parlato che per entrare in una biblioteca.
La sessualitá umana é vista non soltanto nella dimensio-
ne biologica della corporeitá, che puré é trattata con com-
petenza medico-scientifica, ma soprattutto nell’ottica del
pensiero antropologico e teologico che agli autori deriva
dalla lettura assidua delFinsegnamento di Giovanni Paolo II,
di cui si ritrova Teco in ogni pagina.
Soprattutto mi sembra doveroso svelare un segreto lega-
me che s’intravede tra la visione dell’amore sponsale che si
orienta verso la famiglia e Pamore verginale che contrasse-
gna e sostiene la vita consacrata dei sacerdoti e dei religiosi
in genere. L’una dimensione di amore non pud fare a meno
dell’altra. In particolare 1’amore verginale alimenta e so-
stiene una forma vera di patemitá e matemitá spirituale nella
comunitá dei credenti a vantaggio di tutti; inoltre, costi-
tuisce un paradigma di trascendenza, ricco di soprannatura-
le valenza e di speranza per chi vive e talora soffre i limiti
dell’amore coniugale.
L’amore degli sposi ha bisogno, in altre parole, di quello
verginale per scoprire la comune origine nell’amore casto di
Cristo sposo della Chiesa. D’altro canto, colui che si consa-
cra al Signore Gesú e si dedica al sostegno spirituale e uma-
no delle famiglie deve sapere che il suo amore, anche per il
modo con cui vive l’affettivitá, non é senza effetto e senza
salutari aiuti per gli sposi e i genitori. Questa reciprocitá tra
amore verginale e coniugale é un segreto che va coito nel li-
bro e svelato ai futuri ministri cui il concilio Vaticano II ha
chiesto di essere amici, fratelli e padri dei fedeli.
C’é quanto basta per andaré oltre con il pensiero nella
contemplazione della sorgente da cui ogni amore nasce e per
10
calare questa energía nella quotidianitá delle scelte concrete
e negli stili di vita.
Nel libro non si trova traccia di vanitá letteraria né di
sentimentalismo romántico: la fede illumina sempre il di-
scorso sia quando esso descrive la biología umana, sia
quando presenta le scelte e gli orizzonti vocazionali; il tono
rimane concreto e lo sguardo positivo e francescano nella
trasparenza.
Sono personalmente consapevole, ricordando i diciotto
anni passati come educatore e superiore in un grande semi-
nario, che il discorso sull’amore umano e sugli orizzonti
deH’affettivitá é estremamente decisivo e importante per la
serenitá e validitá delle scelte del celibato e della vita di
consacrazione nel sacerdozio; sono altrettanto convinto che
non é facile trovare chi lo sappia proporre con chiarezza,
semplicitá e ricchezza, senza finzioni e senza retoriche.
Sentó il dovere di esprimere la gratitudine agli autori per
questo loro dono e per questa testimonianza, augurando per
il libro una larga diffusione fra i privilegiad destinatari e i
loro educatori.
+ ELIO SGRECCIA vicepresidente della Pontificia
Accademia per la Vita direttore del Centro di
Bioética dell’Universita Cattolica del Sacro Cuore,
Roma
11
Premessa
Cari amici,
questa é una PREMESSA necessaria. Una premessa
alia lettura del libro, al cammino che faremo insieme e che
vuole essere la comunica/ione. o meglio la condivisio- ne di
un’esperienza vissuta.
Alcuni anni fa ci interrogavamo su come completare la
formazione umana dei nostri seminaristi, per aiutarli a essere
veri pastori. Come, in particolare, educarli a maturare
nelFaffettivitá: essere pastori, in fondo, significa avere il
cuore di Gesü, amare come luí.
La chiamata all’amore interpella YUMANITÁ dell’uomo. E
il sacerdote é voce di questa chiamata.
L’uomo di oggi pero ha bisogno di capire bene cosa si-
gnifichi amare. Ha bisogno di vivere l’amore vero. Anche se
non lo sa, egli cerca la veritá delFamore. Questo vale per
ogni uomo, per i giovani e, soprattutto, per la famiglia, luo-
go privilegiato nel quale 1’amore nasce e si dona. Questo
vale anche per noi.
Per essere VOCE di questa chiamata all’amore, che sgorga dal
cuore stesso di Gesú, dobbiamo imparare ad amare l’a-
more: l’amore vero. Giovanni Paolo II confida che da gio-
vane sacerdote ave va imparato ad amare l’amore umano:
percid ha deciso di servirlo1. E proprio le sue parole e i suoi
insegnamenti saranno una speciale guida per il nostro cam-
mino.
IMPARARE AD AMARE L’AMORE: questa é la strada che, pian
piano, si é tracciata per la formazione dei nostri seminaristi,
diventando un vero e proprio itinerario di educazione al-
l’affettivitá, alia sessualitá, alia vita.
11 cammino era iniziato senza un programma gia stabili-
to, ma con un grande desiderio nel cuore di raggiungere tale
meta: scoprire insieme la bellezza di essere persona umana,
creata uomo o donna, fatta per amare. Essere persona -
immagine di Dio - é la fondamentale vocazione.
Dentro la nostra umanitá, dunque, la strada di una chia-
mata all’amore. II nostro cammino si é snodato cosi: e cosí
ve lo proponíanlo.
Ecco perché questo libro, scritto per i seminaristi, puo
essere utile anche per altri: per i sacerdoti, i consacrati e co-
loro che si preparano alia vita religiosa; per gli sposi, i fi-
danzati, i giovani; per coloro che abbiano responsabilitá
educative. Infine, per ogni uomo che stia cercando di inter-
rogara sull’amore: anzi, forse, di lasciarsi interrogare dal-
l’Amore.
1 Cfr. Giovanni Paolo II, Vareare la soglia della speranza, Mondadori, Milano
1994, p. 138.
2 Seminario arcivescovile «Pió XI» Reggio Calabria, «Rimanete nel mió amo- re»
(Gv 15,9). Itinerario di formazione all’ajfettivitá e alia sessualitá per i seminaristi, Elle
Di Ci, Leumann (Torino) 1998.
14
ZIONE INTRODUTTIVA, seguita dall’esplicitazione degli
OBIETTIVI, aiuta a entrare nello specifico della trattazione.
Al termine di ogni unitá, si trova una parte riservata alia
RIFLESSIONE e alia PREGHIERA. Non si tratta di un’appendice,
ma di un INDISPENSABILE COMPLEÍAMENTO. I nostri incontri
con i seminaristi, infatti, sono sempre strutturati in tre mo-
menti: fase espositiva del tema; dibattito; preghiera.
II nostro cammino é nato e cresciuto con la preghiera. E
anche questo libro.
Del resto, non si puo capire pienamente il mistero e la
bellezza dell’essere persone se non «in ginocchio», perché é
Dio che ci rivela a noi stessi. La CONTEMPLAZIONE é parte
della vocazione all’amore!
Questo libro, dunque, é fatto per camminare nell’amore.
Non si puo defínire percio un libro di studio o un «trattato»
di biologia, di psicologia, di teologia morale, di antropología,
di bioética... anche se in esso troverete tanti di questi
elementi.
Scrivere questo libro non é stato facile, ma é stato bello.
Perché, in ogni istante, abbiamo cercato di parlare con voi, di
parlare al vostro cuore.
Questo libro é, in fondo, un DIALOGO!
Vi accorgerete che alcuni concetti saranno piü volte ripe-
tuti, rielaborati, rimeditati; altri argomenti dovranno neces-
sariamente restare incompleti... come in un dialogo, ap-
punto. Un dialogo che, tra l’altro, si svolge nel tempo.
II senso che noi diamo a questo libro é spiegato molto
bene da un mistero di gioia che la Chiesa ci invita a cele-
brare: la Presentazione del Signore3.
Non vogliamo che donarvi, presentarvi ció che noi, per
primi, abbiamo ricevuto in dono: il VANGELO DELLA VITA E
DELL’AMORE. E il vangelo della vita é Gesú.
É di questo vangelo che l’uomo ha bisogno. Ma il vange-
lo della vita non puó arrivare al cuore dell’uomo se non at-
traverso il nostro cuore: quello dei pastori.
Siate preti cosi: preti della vita.
Gesü, presentato al tempio, compie le attese e le speran-
3
Cfr. Le 2,22-40.
15
ze, la vocazione di un popolo. II Messia non é fácilmente
riconoscibile: é solo un Bambino. Ma é lui.
Anche il vangelo della vita, ne siamo certi, compie le at-
tese e le speranze che la nostra vocazione porta con sé. E
anche questo é un mistero di gioia. La gioia del vangelo
della vita é quella dell’offerta della vita e non eselude la
sofferenza, la fatica, la rinuncia.
Maria comprende che per amare deve soffrire. Gesü, di-
ventato «grande», si offrirá spontaneamente alia croce. L’a-
more é realmente DONO DI SÉ.
Quando comprenderemo nella nostra vita la veritá e la
grandezza di questo amore, non potremo che chiedere al Si-
gnore la grazia di saper amare come luí: con tutta la nostra
persona. Con il suo cuore. Questo significa consegnarsi fino
in fondo all’amore: questo significa essere pastori «se-
condo il suo cuore»4!
E questo é il senso del nostro cammino. Per compierlo, é a
Maria che ci affidiamo: a lei affidiamo voi e queste pagine.
Alia Madre del «FIAT», che é la Madonna del nostro se-
minario, presentiamo tutto e noi stessi: perché lei presentí
tutto al Padre.
16
Amen!
3
Cfr. Le 2,22-40.
17
Introduzione
21
CAMMINO INTERIORE quello che vogliamo intraprendere. Non
puo che essere cosi: é un cammino d’amore!
E questo itinerario ha, in realtá, un duplice obiettivo ma
un’unica strada: IMPARARE L’AMORE.
1. Imparare 1’amore vuol dire, prima di tutto, affrontare
un percorso personale di maturazione umana e affettiva: é la
finalitá piü propriamente EDUCATIVA del nostro itinerario.
Siamo chiamati a crescere nella consapevolezza della nostra
chiamata a essere persone; a riflettere sul significato e sul
valore della sessualitá umana, della NOSTRA sessualitá; a
sforzarci di scorgere in tali valori, nonostante le umane fra-
gilitá, un continuo e profondo appello a vivere in pienezza la
nostra vita e la vocazione alia santitá: a realizzare, cioé, la
vocazione all’amore attraverso la castitá del celibato.
2. Imparare 1’amore per essere, poi, evangelizzatori del-
1’amore: é una finalitá piü spiccatamente PASTORALE. II sa-
cerdote é ministro dell’amore e ministro della veritá. É al-
lora urgente che la nostra formazione ci consenta di cono-
scere la veritá sull’ amore umano e la sessualitá, sulla voca-
zione al matrimonio e alia famiglia. Ed é indispensabile che
tale conoscenza diventi quel vero annuncio del «vangelo
della vita»7 dal quale nessun prete, soprattutto ai nostri
giorni, puo tirarsi indietro.
Imparare 1’amore, dunque.
«L’amore non é cosa che si impari, e tuttavia non c’é cosa
che sia cosi necessario imparare» 8, scrive a tal proposito
Giovanni Paolo II, indicandoci la necessitá e, alio stesso
tempo, la delicata peculiaritá di un tale «apprendimento» che
non é técnico o puramente intellettivo. E piuttosto una
conoscenza ESPERIENZIALE e un’esperienza PERSONALE. Po-
tremmo dire che imparare 1’amore significherá - significa,
gia da oggi, per noi - innamorarci dell’amore e con esso - e
per suo mezzo - innamorarci della persona umana.
Amare 1’amore e la vita!
Questa la meta del nostro itinerario formativo, l’obiettivo
dei nostri futuri impegni pastorali. Nella certezza che la no-
22
stra única meta é, e rimane, Dio, che É amore e vita.
Alcune parole di santa Teresa di Gesü Bambino riescono
forse a esprimere, in maniera straordinariamente semplice e
incisiva, il cuore di quel mistero nel quale siamo chiamati a
entrare e a introdurci con estrema naturalezza.
Scrive Teresa, quando ha ormai compreso come la sua
«vocazione» sia «l’amore»: «O Gesü, lo so, l’amore si paga
soltanto con 1’amore: perció ho cercato e ho trovato il modo
per calmare il mió cuore, rendendoti Amore per Amo- re...
Si, mió Amato, ecco come si consumera la mia vita!... Non
ho altro mezzo per provarti il mío amore che gettare fiori,
cioé non lasciare sfuggire nessun piccolo sacrificio, nessuno
sguardo, nessuna parola, approfittare di tutte le cose piü
piccole e farle per amoreL.Voglio soffrire per amore e anche
gioire per amore: cosi gettero fiori davanti al tuo trono; non
ne incontreró uno senza sfogliarlo per te! Poi gettando i miei
fiori cantero (come sarebbe possibile pian- gere nel fare
un’azione cosi gioiosa?), cantero, anche quando dovro
cogliere i miei fiori in mezzo alie spine, e il mió canto sará
tanto piü melodioso quanto piü le spine saranno lunghe e
pungenti»9.
Da questo brano possiamo trarre due elementi che in
qualche modo indirizzano la nostra riflessione. Santa Teresa
ci guida anzitutto a stabilire, anzi a riconoscere come vi sia
un rapporto strettissimo, un vincolo profondo, un lega- me
indissolubile tra AMORE e VITA. E proprio queste due parole
spiegano - lo vedremo bene - il significato della ses- sualitá
umana. «La mia vita - esclama la santa di Lisieux - si
consumera per amore!».
In questa offerta di sé é poi compreso ogni gesto e sguar-
do, i sacrifici e le gioie: tutto diventa canto di lode, tutto é
assorbito da questo binomio amore-vita. Due parole dunque
- amore e vita - che, proprio in quanto indissolubilmente le-
gate, trasmettono un’idea di pienezza, di TOTALITÁ.
«La mia vocazione é 1’amore!», grida santa Teresina: la
nostra vocazione é 1’ amore. «Un amore - potremmo quasi
23
commentare con Giovanni Paolo II - che coinvolge l’intera
persona, nelle sue dimensioni e componenti fisiche, psichi-
che e spirituali, e che si esprime nel “significato sponsale”
del corpo umano, grazie al quale la persona dona se stessa
all’altra e la accoglie. Alia comprensione e alia realizzazio-
ne di questa “veritá” de 1Pamore umano tende l’educazione
sessuale rettamente intesa»10.
Da sacerdoti, saremo chiamati ad amare con «l’intera
persona», dunque nella totalitá.
La persona umana é un’unitá originalissima di corpo e
spirito, uno «spirito incamato»11. Potremmo provare a sche-
matizzame la struttura in quattro livelli.
1. BIOLOGICO. E il livello che appartiene alia persona qua-
le struttura giá data a essa, giá scritta in essa dal momento del
concepimento.
2. PSICOLOGICO. É il mondo delle emozioni, il carattere. É
un livello decisamente piü dinámico, certamente piü sensi-
bile - rispetto alia componente biologica - all’influenza di
fattori estemi.
24
3. MENTALE. É tutto ció che appartiene all’intelligenza
dell’uomo ma anche alia sua volontá, per cui la nostra intel-
ligenza umana si esprime e si distingue rispetto al mondo
animale.
4. SPIRITUALE-TRASCENDENTALE. E cid per cui la persona
umana é messa in comunione con tutto ció che é altro da sé,
ció che la trascende e la apre all’altro, aU’infinito, all’eter-
nitá, a Dio.
Queste componenti della natura umana non sono fra loro
separabili; non possono, cioé, venire distaccate senza che la
persona sperimenti una vera e propria frammentazione. Si
compenetrano in un’unitá originalissima, che impareremo a
conoscere come UNITÁ integrata10. La realtá biologica ap-
partiene persino al mondo vegetale; la dimensione psico-
emotiva é, in certa misura, presente anche negli animali. Ma
l’essenza spirituale, che é propria dell’uomo, ne perva- de e
ne impronta tutto l’essere.
«Spirito incarnato»! É cosi che dobbiamo guardare alia
persona umana: é cosi che dobbiamo leggere ir mistero della
sessualitá umana.
Per iniziare la nostra riflessione e intraprendere il nostro
cammino, dobbiamo dunque entrare nell’ottica della totali-
tá, nella TOTALITÁ DEL NOSTRO ESSERE PERSONE UMANE. E il
pre- supposto, questo, che puo consentirci di vivere la
vocazione in pienezza: perché questo nostro cammino -
semplice ma certamente essenziale - ci conduca a una tale
pienezza d’amore.
Obiettivi
25
la dignitá di ogni creatura umana:
- la conoscenza dei fondamentali aspetti biologici della
sessualitá umana;
- la riflessione sui significati che tale dinamismo biolo-
gico racchiude;
- la dignitá del corpo umano quale corpo «deH’uomo» e
«della donna»;
- la meraviglia dei processi legati alia procreazione;
- la bellezza della creatura femminile, custode della vita;
- il concepimento come inizio della vita umana;
- la vita nel grembo materno e il suo grande valore.
La dimensione biologica della sessualitá
umana: mistero di amore e vita
27
spermatozoo, combi- nandosi poi a quello della cellula uovo,
imprimerá le caratteri- stiche genetiche alia nuova persona
umana. La coda é essen- ziale per daré agli spermatozoi la
motilitá, che é importante perché essi possano fuoriuscire
dalle vie genitali maschili e muoversi poi all’interno
dell’apparato genitale femminile.
É molto interessante sapere che ogni spermatozoo pos-
siede un messaggio genetico dimezzato (23 CROMOSOMI) ri-
spetto a quello di tutte le altre cellule dell’organismo (che ne
contengono 46), dal momento che dovrá appunto unirsi alia
cellula uovo. Inoltre il messaggio genetico é diverso per ogni
spermatozoo. La stessa cosa si verifica per la cellula uovo,
cosicché l’unicitá genetica della persona é giá, in un certo
senso, preannuneiata dall’assoluta diversitá dei ga- meti che
la generano14.
La produzione degli spermatozoi avviene nei TESTICOLI,
organi collocati in una specie di borsa di pelle detta SCROTO,
estemamente al corpo dell’uomo. L’ubicazione esterna dei
testicoli é motivata dal fatto che gli spermatozoi, per so-
pravvivere, necessitano di una temperatura inferiore rispet-
to alia temperatura corporea interna. Nella vita embrionale e
fetale, quando cioé il bambino si trova nel grembo materno, i
testicoli sono contenuti dentro l’addome. Perché la
maturazione del sistema riproduttivo sia completa e l’uomo
sia fertile, é pero essenziale che, prima della nascita, essi
compiano una DISCESA per collocarsi esternamente, all’in-
terno della borsa scrotale.
I testicoli sono formati da una serie fitta di tubi, i TUBULI
SEMINIFERI, aggrovigliati come un gomitolo e rivestiti inter-
namente da cellule dalle quali originano gli spermatozoi. Tra
i tubuli seminiferi si trovano altre cellule - le CELLULE IN-
TERSTÍZIALI O DI LEYDIG - che hanno la funzione di secernere
gli ORMONI SESSUALI MASEHILI (ANDROGENI).
Gli ORMONI sono, per definizione, dei messaggeri e cioé
sostanze chimiche secrete da alcune ghiandole dell’ organi-
smo direttamente nel sangue: attraverso esso, gli ormoni
14 Cfr. Langman, Embriología medica, Piccín, Padova 1978, pp. 3-7; De Ro- bertis,
Saes, De Robertis jr., Biología della cellula, Zanichelli, Bologna 1977, pp. 205-214.
Vedi in proposito nota n. 15.
possono raggiungere vari organi - i cosiddetti ORGANI-BER-
SAGLIO - sui quali esercitano le loro funzioni.
Gli ormoni androgeni, oltre ad avere un diretto effetto
sulla produzione di spermatozoi, sono anche responsabili
della strutturazione dei cosiddetti CARATTERI SESSUALI SECON-
DARI. II comparire della barba o il cambiamento del tono di
voce in un ragazzo in etá puberale sono, per esempio, feno-
meni di natura ormonale. Nell’adolescenza tutto il corpo del
ragazzo assume caratteristiche MASCHILI, a riprova del fatto
che la sessualitá non é - neppure per quanto riguarda la sfe-
ra biologica - riducibile esclusivamente alia genitalitá.
II regista di tutto il meccanismo della maturazione ses-
suale e della fertilitá, quindi potremmo dire L’ORGANO SES-
SUALE PIÜ IMPORTANTE, é il cervello. Le ghiandole
IPOTALAMO e IPOFISI, che si trovano in esso, producono
infatti alcuni particolari ormoni che servono ad avviare,
regolare ed eventualmente bloccare tutti gli altri meccanismi
ormonali del nostro corpo, compresi quelli della sfera
riproduttiva: gli ormoni ipotalamici e ipofisari regolano
dunque la secre- zione di androgeni da parte del testicolo e la
maturazione degli spermatozoi.
Gli spermatozoi, una volta maturi, possono fuoriuscire dal
testicolo attraverso una serie di canali: VEPIDIDIMO, posto al
di sopra del testicolo stesso, che funge quasi da ser- batoio
per il deposito degli spermatozoi; a esso segue il DOTTO
DEFERENTE, che va poi a sboccare nell’uretra.
L’ URETRA é composta da due porzioni, di cui una é
1’uretra prostatica; questa riceve nel suo tragitto un fluido
prodotto da tre ghiandole che si trovano lungo il suo
percorso: la PRÓSTATA e le due VESCICOLE SEMINALI. Tale
fluido, unendosi agli spermatozoi provenienti dal testicolo,
forma il LIQUIDO SEMINÓLE, il quale viene espulso attraverso
l’altra porzione dell’uretra che si trova all’intemo del PENE,
durante la co- siddetta eiaculazione.
L’ EIACULAZIONE o eliminazione del liquido seminale si
verifica in genere durante un atto sessuale ma puó anche av-
venire in maniera spontanea, ad esempio durante un parti-
colare fenomeno detto polluzione nottuma. É essenziale, a
10
Cfr. Unitá B, Introduzione.
29
questo punto, una precisazione che ci consenta di sfatare
quello che forse é un preconcetto diffuso. Non é assoluta-
mente necessario che l’uomo, per la sua buona salute, prov-
veda volontariamente all’eliminazione delle cellule sperma-
tiche, per esempio attraverso la masturbazione: il ciclo vítale
degli spermatozoi procede infatti naturalmente e in modo
continuo. Ció, tra l’altro, significa che, dalla pubertá alia
vecchiaia, l’uomo é fertile ogni giomo.
31
lo funziona da regista e innesca, in questo caso, un proces- so
detto CICLO MESTRUALE. Gli eventi biologici di tale ciclo, se
guardati con attenzione e stupore, ci fanno comprendere
come alia creatura femminile sia affidato il compito di pre-
parare, accogliere e custodire la vita.
Durante la sua maturazione, la cellula uovo é attorniata da
altre piccole cellule: questo insieme é detto FOLLICOLO e
produce gli ORMONI ESTROGENI. Anche gli ormoni sessuali
femminili, come i maschili, raggiungono tanti organi bersa-
glio, conferendo particolari caratteristiche al corpo della
donna: nella ragazza, lo svilupparsi dei fianchi e del seno -
che facilitano rispettivamente il compito del parto e dell’al-
lattamento - ha, per esempio, una causa ormonale.
Ma gli ormoni, ciclo per ciclo, agiscono anche sull’appa-
rato genitale femminile. Gli estrogeni arrivano anzitutto
a\YENDOMETRIO, stimolandone l’ispessimento e facendo si
che esso si arricchisca di vasi sanguigni: preparándolo, cioé,
a ospitare il bambino qualora si instauri una gravidan- za.
Mentre, nell’ovaio, una cellula uovo si prepara ad accogliere
lo spermatozoo - giá prima, cioé, di sapere se la vita sia
iniziata - viene costruito un «nido» per il bambino.
Gli estrogeni raggiungono anche il EOLIO DELL’ÚTERO, sti-
molando la secrezione del cosiddetto MUCO CERVICALE, una
sostanza che ha tre importanti funzioni 15. II muco permette
YINGRESSO DEGLI SPERMATOZOI dentro l’utero: esso apre, per
le cellule spermatiche, delle vere e proprie strade, canali at-
traverso i quali gli spermatozoi possono nuotare e risalire
fino alie tube per poter incontrare la cellula uovo. II muco,
poi, provvede alia SOPRAVVIVENZA DEGLI SPERMATOZOI : li nu-
tre, li protegge e li lascia “riposare” all’interno del eolio
dell’utero, permettendo loro di sopravvivere anche fino a 3-
5 giomi, un tempo davvero eccezionale, considerato che la
vita propria degli spermatozoi sarebbe al massimo di poche
ore. II muco, inoltre, esercita una preziosa opera di SELEZIO-
NE, filtrando quegli spermatozoi anomali che sono sempre
33
possibilitá perché ella possa portare a termine il compito di
daré la vita.
É davvero stupendo rendersi conto di come il ciclo porti
impresso in sé, in ogni piccolo particolare, IL GRANDE MES-
SAGGIO DELLA FECONDITÁ, un messaggio che é straordinaria-
mente evidente nella creatura femminile e, tra l’altro, fácil-
mente riconoscibile da parte della donna stessa.
Sessualitá e feconditá
35
definito EPIFANÍA DI ETERNITÁ: la FECONDA- ZIONE, che é
l’inizio della vita.
Due cellule si incontrano e, prima di incontrarsi, quasi si
scelgono. Non conosciamo il perché di quella scelta, di
quella selezione spermatica che consente a una cellula spe-
cifica di essere proprio lei a fecondare 1’ ovulo. Sappiamo
peró che, non appena lo spermatozoo penetra all’interno della
cellula uovo, la nuova unitá che si é formata si chiude
ermeticamente, evitando il possibile ingresso di altre cellule
spermatiche.
É straordinario riflettere sul fatto che le caratteristiche
genetiche che la nuova persona avrá possono essere solo il
fratto dell’incontro di QUELLE due specifiche cellule, e non di
altro. Ogni cellula spermatica e ogni cellula uovo possie-
dono infatti un messaggio genetico diverso le une dalle altre
in seguito al processo di divisione che le genera, la meiosi, in
cui particolare importanza assume il Crossing- OVER, cioé la
fase di scambio16. Leggiamo in un libro di biología: «La
meiosi rappresenta il meccanismo che provvede alia
distribuzione delle unitá ereditarie (i geni), consenten- done
una libera ricombinazione dovuta al caso. II crossing- OVER
rende possibile l’associazione fra geni di cromosomi
differenti e la loro ricombinazione. Se questo fenomeno non
si avverasse, rimmutabilitá deí cromosomi porterebbe a un
arresto dell’evoluzione della specie, e la natura vi vente
perderebbe la sua caratteristica varietá» 17.
Provando a leggere diversamente tale testo, non ci é dif-
ficile individuare nel complesso meccanismo biologico che
16 Cfr. Langman, Embriología medica, Piccin, Padova 1978, pp. 3-7; De Ro- bertis,
Saes, De Robertis jr., Biología della cellula, Zanichelli, Bologna 1977, pp. 205-214. Da
notare che il crossing-over consiste in un processo che precede ¡inmediatamente la
divisione vera e propria del patrimonio genetico ed é caratteriz- zato da un complesso
scambio dei geni, cioé di segmenti cromosomici, che portera i cromosomi derivanti a
essere totalmente diversi da quelli delle cellule che li generano e, peraltro, diversi gli uni
dagli altri. Per questo si puo affermare che ogni cellula spermatica e ogni cellula uovo
possiedono un messaggio genetico origínale, che differenzia le une dalle altre.
17De Robertis, Saes, De Robertis jr, Biología della cellula, Zanichelli, Bologna
1977, pp. 212-213.
stiamo esaminando non tanto la garanzia dell’ “evoluzione
della specie” quanto la conferma dell’unicitá e irripetibilitá di
ogni persona umana; non tanto, inoltre, un asettico “caso”
che regola il ricombinarsi dei geni, quanto la sapiente e
amorevole mano del Creatore, che sceglie e plasma la sua
creatura, única e preziosa ai suoi occhi giá a partiré dalle
cellule che la generano.
Cambia, cosi, il criterio: e la biología della cellula sfocia
nella riflessione sulla vita umana.
II concepimento avviene in una delle due tube, nella parte
piü esterna, portando a un fenomeno biológicamente raro e
strano: la FUSIONE CELLULARE. La cellula uovo e lo sperma-
tozoo si fondono assieme e da essi deriva un’única cellula,
completamente nuova e diversa rispetto alie due cellule che
l’hanno generata. E lo ZIGOTE, prima cellula costitutiva della
persona, che ha scritte nel proprio códice genetico tutte le
caratterístiche del nuovo essere umano la cui vita é appena
iniziata, compresa l’identitá sessuale.
Ciascuno di noi, in ogni cellula del proprio organismo,
porta impresso nei 46 CROMOSOMI un messaggio genetico
idéntico. Si tratta esattamente dello stesso messaggio che ci
ha identificati, caratterizzati da quando la nostra vita era al
io stadio di zigote. Le uniche cellule che nell’organismo
possiedono un messaggio differente sono, come gia abbia-
mo visto, proprio la cellula uovo e lo spermatozoo.
II messaggio cromosomico ci consente di stabilire come,
gia dal suo inizio biologico, la nuova vita abbia una precisa
IDENTITÁ, appartenga chiaramente alia specie UMANA e sia
inoltre NUOVA, ÚNICA e AUTÓNOMA: a partiré dal proprio códi-
ce genetico, il bambino sará infatti in grado di svilupparsi
gradualmente e di costruire da sé tutto ció che gli é utile per
la sua sopravvivenza nell’utero prima e nella vita post-nata-
le £0i18.
E molto importante che qui si faccia una piccola rifles-
sione sul concetto di AUTONOMÍA. Dire che il nuovo essere
18 Cfr. A. Serra, R. Colombo, Identitá e statuto dell’embrione umano: il contributo
della biología, in Pontificia Academia Pro Vita, Identitá e statuto dell’embrione umano,
Librería Editrice Vaticana, Citta del Vaticano 1998, pp. 131-133.
37
umano é autonomo non significa asserire che non ha biso-
gno di nulla; sarebbe ridicólo basare il concetto di autonomía
su una presunta e assoluta autosufficienza dell’indivi- duo. É
chiaro che lo zigote, che súbito inizierá a moltiplica- re il
proprio corredo cellulare divenendo presto un EMBRIO- NE,
necessita di essere accolto nel corpo della madre, nutri- to,
protetto... Ma, a rifletterci bene, la vita di ogni essere umano
ha bisogno di precise condizioni per continuare: nutrimento,
condizioni climatiche ecc... La vita umana ha bisogno anche
di amore: senza sperimentare l’accoglienza, la creatura si
troverebbe persa e incapace di trovare in sé le stesse ragioni
per vivere.
La situazione del bimbo nel grembo materno non é del
tutto differente.
Dopo il concepimento e la formazione dello zigote, ini- zia
un processo rápido di MOLTIPLICAZIONE CELLULARE: potrem-
mo pensare che si tratti di cellule tutte uguali, ma in realtá
esse giá possiedono una certa specializzazione, dal momento
che andranno a formare parti precise del corpo del bambino e
delle altre stratture, quali ad esempio la placenta, di cui egli
ha bisogno per la sua vita intrauterina.
Si tratta, cioé, di un “organismo”, nel quale le varíe cellule
lavorano in sincronía e unitá, non potrebbero sopravvi- vere
isolatamente: un organismo che rimarrá uguale come forma,
pur cambiando la materia19.
Nell’arco di tempo di circa una settimana, il bambino
compie un tragitto di DISCESA all’interno della tuba, sospin-
to dal movimento delicato delle contrazioni della tuba stes-
sa: arriva cosi aU’endometrio, IMPIANTANDOSI in esso. Li,
nella nicchia che si scava, rimarrá ad accrescersi per tutta la
durata della gravidanza.
Una volta che il concepimento si é verificato, la situazio-
39
L’istruzio- ne DONUM VITAE, pur non entrando nel
dibattito filosofico, afferma tuttavia con chiarezza
che «le conclusioni della scienza sull’embrione
umano forniscono un’indicazione preziosa per
discemere razionalmente una presenza perso-
1 nale fin da questo primo comparire di una vita
umana». E si
|, chiede: «Come un individuo umano non sarebbe una
perso-
! na umana?»22.
¡ La conclusione é illuminante e non lascia spazio a
dubbi
¡ di carattere filosofico o genetico. Anzi, proprio se in
qual-
¡ cuno qualche dubbio dovesse permanere, data l’ovvia
in-
¡ sufficienza dei dati sperimentali rispetto - ad esempio
- al
ia possibilitá di una “prova” dell’inizio dell’anima,
ció ob- ¡ bligherebbe maggiormente a un rispetto
assoluto di questa
f vita fin dal suo sbocciare 23. «L’essere umano va
rispettato e trattato come persona fin dal suo concepimento e,
perianto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere
i diritti della persona, tra i quali anzitutto il diritto inviolabile
di ogni essere umano innocente alia vita» 24.
41
spirito, la propria vocazione alia matemitá, puo forse com-
prenderla e comunicarla con le parole di una famosa
espressione di Antoine de Saint-Exupéry: «Ecco il mió se-
greto. É molto semplice: non si vede bene che col cuore.
L’essenziale é invisibile agli occhi» 27.
43
é chiamata in modo del tutto particolare a partecipare e,
quasi, a INSEGNARE la preziositá della potenzialitá procreati-
va. Tale comunicazione ha certamente un valore grande e
particolarissimo all’intemo della relazione coniugale. Ma
oggi anche noi siamo chiamati a fermarci un istante per
ASCOLTARE tale annuncio.
«Riconciliate gli uomini con la vita!». É quasi una PRE-
GHIERA quella che, nella EVANGELIUM VITAE, Giovanni Paolo
II rivolge alie donne: «Voi siete chiamate a testimoniare il
senso dell’amore autentico, di quel dono di sé e di quella ac-
coglienza dell’altro che si realizzano in modo specifico nella
relazione coniugale ma che devono essere 1’anima di ogni
altra relazione interpersonale. L’esperienza della matemitá
favorisce in voi una sensibilitá acuta per 1’altra persona e,
nel contempo, vi conferisce un compito particolare» 34.
Ed é bello che i seminaristi, uomini che stanno camminan-
do nel discernimento della loro vocazione al sacerdozio e
dunque alia castitá del celibato, si facciano “raccontare” dalla
creatura femminile il mistero della feconditá, dell’inizio della
vita, per meglio compréndeme il senso dell’accoglienza.
Dobbiamo dunque, al termine della nostra riflessione,
contemplare con stupore il mistero della maternitá: da un
lato, per comprendere piü a fondo la sorgente della nostra
vita; dall’altro, per guardare la bellezza vera della donna nel
piano del Creatore e per imparare da lei come anche noi
siamo chiamati a custodire la vita di ogni uomo.
La trasmissione della vita é fenomeno biologico che non
puo non affascinare e che, purché non lo si interpreti in ma-
niera riduttiva, puo aprire alia gratitudine. «Quanto i diversi
rami della scienza dicono su questo argomento é importante
ed utile, purché non si limitino a un’interpretazione
esclusivamente bio-fisiologica della donna e della matemi-
tá. Una simile immagine “ridotta” andrebbe di pari passo con
la concezione materialistica dell’uomo e del mondo... La
maternitá contiene in sé una speciale comunione col mistero
della vita, che matura nel seno della donna: la madre ammira
1. Amare la vita
45
2. Amare la corporeitá e la sessualitá
3. Amare l’amore
- II Padre, creatore
- II Figlio, vita
- Lo Spirito, amore
48
«talento» che é l’umanitá stessa e, soltanto dopo, a misura degli altri
talenti. In questo senso Dio vuole ogni uomo «per se stesso». Nel
disegno di Dio, tuttavia, la vocazione della persona va oltre i confini
del tempo. Va incontro alia volontá del Padre, rivelata nel Verbo
incarnato: Dio vuole elargire all’uomo la partecipazione alia sua
stessa vita divina. Cristo dice: «lo sono venuto perché abbiano la vita
e 1’abbiano in abbondanza» (Gvl0,10) (Giovanni Paolo
II, Lettera alie famiglie, 9).
In quei giomi Maria si mise in viaggio verso la montagna c
raggiunse in fretta una cittá di Giuda. Entrata nella casa di
Zaccaria, salutó Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il sa- luto
di Maria, il bambino le sussultó nel grembo. Elisabetta fu piena di
Spirito Santo ed esclamó a gran voce: «Benedetta tu fra le donne,
e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del
mió Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto é
giunta ai miei orecchi, il bambino ha esulta- to di gioia nel mió
grembo. E beata colei che ha creduto nell’a- dempimento delle
parole del Signore».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore e il mió spirito esulta in
Dio, mió salvatore, perché ha guardato l’umiltá della sua
serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e Santo é il suo
nome:
di generazione in generazione la sua misericordia si stende
su quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i
superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti
dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli
affamati,
ha rimandato a mani vuote i ricchi. Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri
padri, ad Abramo e alia sua discendenza, per sempre» (Le 1,39-
55).
UNITÁ B
49
Introduzione
57
ramento di tante dipendenze. Questo particolare itinerario
imprime, in un certo senso, una direzione alia nostra affei-
tivitá: non annulla i sentimenti, ma certamente ci aiuta u
integrarli. Non siamo chiamati mai a eliminare nessuna parte
di noi stessi: né il corpo, né il cuore; ma siamo chiamati a
integrarci o meglio a offrirci a quel] ’ opera di inte- grazione
che - lo comprenderemo sempre piü a fondo - i I Signore
stesso compie in noi.
Potremmo affrontare questa nostra riflessione come
un’ulteriore tappa nel cammino verso la veritá dell’uomo. Ci
stiamo chiedendo chi é l’uomo, che cos’é il suo cuore. Ce lo
riveli Cristo Gesú, colui che «rivela pienamente l’uomo
all’uomo»40. Ce lo riveli il cuore dell’uomo Gesü.
Obiettivi
58
e spirituale.
Tappe dello sviluppo psicologico della
sessualitá umana
60
La SODDISFAZIONE DEI PROPRI BISOGNI, primo fra tutti il
cibo, é in questo momento il criterio che il bambino ha per
dire che lui é qualcuno, che esiste. I bisogni, se soddisfatti,
10aiutano a crescere in un’attitudine di AUTOSTIMA: questo
avviene attraverso un rapporto equilibrato e sano con i ge-
nitori, che rappresentano il mondo del bambino, e soprattutto
con la jmadre, che nei primi anni di vita si trova quasi a
“mediare” anche il rapporto tra padre e figlio.
La FIDUCIA DI BASE si sviluppa dunque in chi sperimenta
l’accoglienza e la risposta positiva ai propri bisogni. Al
contrario, se la prima fase di sviluppo non viene affrontata e
superata positivamente, sará predominante un atteggia-
mento di sfiducia, derivante dal fatto che il bambino non
trova soddisfatti quei bisogni con i quali si identifica.
43 Cfr. S. Freud, Tre saggi sulla teoría della sessualitá, Mondadori, Milano 1962.
62
problemática e dunque l’identificazione sessuale potra ri-
sultare disturbata.
64
l’uomo é persona in quanto uomo e donna. La ricerca
dell’identitá profonda, anche della nostra come creatore di Dio,
non puo prescindere dalla consapevolezza e dall’accoglienza
dell’identitá sessuale.
La consapevolezza dell’identitá é dunque una ricerca, e a ogni
ricerca occorre daré delle risposte. Proviamo a chie- derci quali
risposte dia il nostro ambiente culturale, oggi, a chi ricerchi la
propria identitá sessuale: quali sono i modelJi che la societá
propone?
Vedremo come, nel período adolescenziale, possono ve-
rificara transitoriamente alcuni fenomeni (masturbazione.
attrazione omosessuale) spiegabili con la ricerca dell’iden- titá
legata alia scoperta di sé e dell’altro. Ma anche il supe- ramento
di tali comportamenti, per la fragüe psiche dell’a- dolescente in
crescita, puo essere reso veramente difficile da un contesto
culturale che proponga come “normali” tutti
i tipi di comportamento in campo sessuale.
Abbiamo precedentemente definito 1’unitá della persona
come un’unitá integrata. L’itinerario della crescita é dunque un
CAMMINO DI INTEGRAZIONE e, nella fase adolescenziale, la
CONSAPEVOLEZZA DI SÉ apre alia possibilitá di integrazione a
opera della volontá della stessa persona. Perché si abbia 1’in-
tegrazione é necessario dunque che si rafforzi la VOLONTÁ.
Sesto stadio.
Conflitto: intimitá-isolamento
É la fase della GIOVINEZZA, che porta alia piena maturitá.
La fase adolescenziale ha confini sfumati: se prima, in- fatti,
si interrompeva verso i 16-17 anni, adesso é prolun-
65
.Mta dallo stile di vita: dipendenza dalla famiglia e sistemi
¿Jucativi deresponsabilizzanti.
Se nelle fasi precedenti il giovane ha sviluppato la propria
identitá e la consapevolezza del proprio posto nella vita, ora
acquisisce la capacita di amare, di produrre, di pregare
donandosi e ricevendo il dono che sono gli altri.
In questa fase si sviluppa infatti YINTIMITÁ che é, in un certo
senso, piena accettazione di se stessi e anche capacita di star
bene con se stessi. Solo l’accoglienza di se stessi puo mettere in
relazione con gli altri. Intimitá non é isola- mento che, anzi, é
proprio il contrario dell’intimitá.
Intimitá é saper vivere gioiosamente con se stessi per svi-
luppare la relazionalitá. Ci appare piü chiara, forse, l’essen-
zialitá di quell’equilibrio che deriva dall’integrazione e dal
superamento delle dipendenze: intimitá é costruire noi stessi con
tutto ció che siamo, trovando a tutte le dimensioni della nostra
persona il giusto posto e valore. Ed é daré il giusto valore e
dignitá anche agli altri. Accogliere noi stessi, infatti, non
significa bastare a noi stessi, ma saper arrivare dentro di sé per
scoprire l’altro non come qualcosa di cui «ho bisogno»10, né di
cui posso «fare a meno», ma come QUALCUNO DA AMARE,
gratuitamente. Con l’intimitá, neU’intimitá, la persona scopre la
propria vocazione all’amore.
Settimo stadio.
Conflitto: generativitá-improduttivitá
LA. FASE ADULTA é il periodo della GENERAZIONE. Dall’acco-
glienza della propria identitá, e dalla capacitá di relazionar- la,
nasce la possibilitá del dono della vita. Non esiste possi- bilitá di
generazione, dunque di paternitá e maternitá in senso ampio,
senza una vera accettazione di sé e della propria identitá. E
l’integrazione, che ha reso la persona libera dall’istmto, dai
condizionamenti, dalle dipendenze, l’ha re- sa capace del dono
piü autentico e totale: il DONO DELLA VITA.
10
Cfr. Unitá B, II valore dell’altro: integrazione
dell’affettivitá.
La generativitá é esperienza che segna la patemitá-nia- temitá
dei coniugi, é la sfumatura di capacita di servi/io che
accompagna il lavoro umano; é l’approdo di quel dono di sé che
rende feconda la vocazione al sacerdozio e alia vita consacrata.
Ottavo stadio.
Conflitto: integritá-disperazione
Giunta all’etá matura, la persona raccoglie ció che ha se-
minato: n ELV INTE GRITA, in cui si bilanciano l’esperienza, la
gioia e la sofferenza che diventa autentica saggezza di vita,
o nella DISPERAZIONE di chi ha continuato a vivere egocéntri-
camente senza realizzarsi nel dono di sé.
68
e di paure, di problemi reali dei quali, a volte, finiamo coa
rattribuire la colpa ad altri: potremmo, ad esempio, essere tentati
di enfatizzare errori educativi dei nostri genitori che hanno
provocato in noi alcuni atteggiamenti sbagliati... Ma, dinanzi a
questo, l’atteggiamento davvero fecondo é saper riconoscere e
perdonare: se stessi e gli altri, evitando che questa diventi una
scusa per non maturare.
A un certo punto della nostra vita e della maturazione umana
e affettiva dobbiamo saper cogliere, al di la delle insuffi- cienze
che sperimentiamo o che riconosciamo onestamente nel nostro
passato, la forza onnipotente dell’Amore, che ci chiama e
SCRIVE - cosi come nel nostro corpo - anche nella psiche e
nell’affettivitá la vocazione all’amore e alia liberta.
Tale certezza non si acquisisce una volta per tutte nella vita,
ma si rimette in discussione in ogni momento. E quasi impos-
sibile poter classificare una persona come perfetta oppure com-
pletamente compromessa sul piano psicologico, senza ricono-
scere in essa alcuna speranza e possibilitá di cambiamento.
Come ogni cammino, anche 1’itinerario della maturazione
psico-affettiva richiede dunque una grande PAZIENZA, soprattutto
con noi stessi. Un lavoro sulla nostra affettivitá non puo
prescindere da quella pazienza che ci fa valoriz- zare anche il
piü piccolo passo che compiamo.
Scrive san Francesco di Sales: «Sappiate che la virtü della
pazienza é quella che ci assicura la massima perfe- zione e che,
se é necessario praticarla con gli altri, é neces- sario praticarla
anche con se stessi. Coloro che aspirano al puro amor di Dio non
hanno tanto bisogno di pazienza con gli altri quanto piuttosto
con se stessi. Per arrivare alia per- fezione dobbiamo sopportare
la nostra imperfezione: dico sopportare con pazienza, e non giá
amare o accarezzare. L’umiltá si nutre di questa pazienza» 44.
69
UUMILTÁ necessaria alia pazienza non é un atteggiamen- to
rinunciatario, ma sopportazione profondamente attenta,
tenacemente impegnata, silenziosamente colma di speran- za e
di amore, di fiducia e di fede nello Spirito Santo. Pen- siamoci
bene: é solo 1’amore che motiva la pazienza, pero é solo la
pazienza che puo sostenere l’etemitá del l’amore.
Anche santa Caterina da Siena usa espressioni bellissime sulla
pazienza, intravedendo proprio il suo legame con la carita: «...
ella vince e non é mai vinta; non é sola ma é ao compagnata
dalla perseveranza; ella é il midollo della carita; é colei che
manifesta se la veste della carita sia una veste nuziale o no»45.
Possiamo guardare alia pazienza come a una delle risposte che
esprime docilita alia grazia. La pazienza, percio, deve essere
unita a un profondo desiderio di andaré verso 1’amore: il nostro
sforzo tende a una meta.
70
La veritá di cui parliamo non é realtá estrinseca, che li mita le
tendenze, le aspettative, i sentimenti della persona: é veritá
interiore, intima, costitutiva dell’essere umano e, proprio per
questo, illumina e rende possibile il cammino della maturazione
affettiva e umana46.
É esattamente la forza della veritá che conduce i nostri
passi nel superare le varié fasi dello sviluppo psichico. E, ,
insieme con la veritá, é 1’amore che ci prende per mano e ci
conduce. Altrimenti, la maturazione diventa uno sforzo so-
vrumano, che espone la persona esclusivamente al potere
dell’ambiente che ha avuto attorno e che ha potuto o meno
favorirne la maturazione. Certo, qualcuno di noi potrá ren-
dersi conto di essere stato aiutato da un ambiente favorevo-
le che ha permesso un cammino semplice. E, se é cosi, di
questo bisogna saper rendere grazie al Signore. Ma in ogni
caso in questo cammino ci sono State e ci saranno comun-
que le cadute, le fermate, le difficoltá. E solo l’amore e la
veritá ci faranno rialzare e continuare.
Concludendo, proponiamo un’interessante rilettura dello
schema dell’evoluzione psichica del soggetto, per esporre
quanto lo stesso Erikson ha illustrato, individuando nelle
attitudini di base positive il supporto per lo svilupparsi di
quelle VIRTÚ NATURALI necessarie all’uomo perché possa rag-
giungere la pienezza umana47:
1 - alia fiducia di base corrisponde la SPERANZA;
2 - al 1’autonomía la VOLONTÁ che ci fa liberi;
3 - all’iniziativa il PROPOSITO di cercare il bene;
4 - alia produttivitá la competenza;
5 - all’identitá la FEDELTÁ agli impegni;
6 - all’intimitá Vamore oblativo che é dono di sé;
7 - alia generativitá la sollecitudine e il servizio;
8 - all’integritá dell’etá matura la SAPIENZA che ama la vita.
46 Cfr. Unitá N.
47 Cfr. L. S. Filippi, Maturitá umana e celibato, op. cit., pp. 54-55.
71
Sessualitá e affettivitá
72
che ne deriva possa contribuiré a illuminarci, a motivarci,
a riscaldarci il cuore in ogni scelta.
Chiediamoci: cos’é che motiva, in ultima analisi, le no-
stre scelte? Potremmo dire che é un’inclinazione dell’affet-
tivitá: questa fa muovere la volontá verso qualcosa che ci
sembra bene.
L’ingresso in seminario é stato certamente preceduto da
un discernimento attento, a tanti livelli. C’é pero stato cer-
tamente un momento nel quale il nostro «lo voglio» ha co-
nosciuto il moto interiore inspiegabile e indubitabile di una
risonanza affettiva che percepiva in questa scelta «qualcosa
di bello per me».
15
Cfr. L. Ancona, La Psicoanalisi, La Scuola, Brescia 1980, pp. 174-177.
73
del piacere.
2. Motivazioni di tipo PSICO-FISIOLOGICO, tendenti a ri-
spondere al PRINCIPIO DELLA REALTÁ. Puo includersi in
questo la risposta a un bisogno finalizzato a un dovere da
cotupiere: ad esempio, cercare l’aiuto di una persona con
determínate caratteristiche per portare a termine un
determinato la- voro...
3. Motivazioni di tipo CONOSCITIVO-SPIRITUALE. Sono
delle motivazioni che muovono le nostre scelte senza che,
forse, riusciamo a daré a esse un perché. Sono motivazioni
che superano il piacere e il bisogno, e le scelte da esse mosse
non rappresentano una soddisfazione del bisogno, ma una
risposta a ció che viene intravisto come un bene oggettivo,
un valore. In questo caso é il valore in sé che muove La
scelta: non solo le grandi scelte della vita ma anche que lie
piccole scelte quotidiane nelle quali, pur di affermare un
valore, siamo in grado di superare i nostri semplici bisogni.
Anche la motivazione conoscitiva puo rientrare in questo
campo, in quanto facoltá puramente umana di conoscere la
realtá, non per possederla né per dominarla, ma semplice-
mente per comprendere piü a fondo la nostra umanitá. In
queste motivazioni trova dunque posto il valore in quanto
tale, che supera il bisogno e consente all’uomo una risposta
che non é piü ricerca di un BENE PER ME, ma affermazione di
quello che é un BENE IN SÉ.
Dunque: i BISOGNI e i VALORI. Nella valutazione delle scel-
te umane si tratta di un importante dualismo che, in alcune
particolari circostanze, puo diventare addirittura conflitto 48.
E chiaro che nel nostro vivere quotidiano veniamo mossi
sia da bisogni che da valori. E importante dunque che que-
sti livelli non si confondano nel momento in cui le nostre
scelte devono essere motívate da valori: non devono, in
questo caso, essere scelte compiute per un bisogno. La VIGI-
LANZA sull’affettivitá implica pertanto anche la capacita di
48 Cfr. Commissione Episcopale per il Clero della Cei, Nota Linee comuni per
la vita dei nostri Seminari, 13.
74
verificare onestamente le proprie motivazioni.
75
so, con il coraggio di non assolutizzarlo, per farlo progredi-
re verso 1’ amore.
76
Nel cammino della maturitá sessuale, un posto importante
occupa la dimensione della RELAZIONALITÁ, il rapporto con
“j’altro”.
L’altra persona non é mai la risposta a un bisogno: é
sempre un valore. Certamente, é un valore che poi finisce col
rispondere ai nostri bisogni piü veri, profondi, inespres- sí,
meno noti anche a noi stessi. Ma ció puó accadere solo se
l’altro é - e resta - un valore. A tale proposito, é pedagó-
gicamente utile far riflettere i giovani in crescita sull’im-
portanza della motivazione che muove la loro scelta, parti-
colarmente quando si tratta di impostare rapporti di amici-
zia, di simpatía, di fidanzamento, di scelta della persona per
un progetto coniugale. L’altro, possiamo dire, non é un BENE
PER ME ma é un BENE IN SÉ: é il punto che rende autentica
ogni relazione umana.
Sessualitá e relazionalitá
77
che orienta e riempie di significato la mía vita. II mió essere e
il mió agiré deve esprimere ció che sono cosi come, quando
parlo, devo chiedermi se realmente le mié parole comuni-
cano il mío pensiero. Cosi il linguaggio della sessualitá deve
essere espresso nell’attenzione alia veritá della persona.
Bisogna evitare che questo discorso dica parole senza
senso: ció puó avvenire qualora manchi la necessaria vigi-
lanza, oppure non si dia la necessaria importanza al pensiero
da esprimere.
La dimensione affettiva conferisce calore, entusiasmo a
quel linguaggio che é la sessualitá: ma un linguaggio non puó
essere espresso da calore ed entusiasmo se non ha un
contenuto.
VIGILANZA, CONTENUTO e APPRENDIMENTO: tre punti fonda-
mentali nella maturazione della persona sul piano affettivo. Se
in noi vive un atteggiamento di continua educazione al-
1’amore, saremo persuasi che 1’apprendimento di questo
linguaggio dell’amore, che riconosce possibilitá di errori come
per ogni lingua che si impara, traduce docilitá e spe- ranza di
apprendere sempre meglio la parola giusta.
IMPARARE AD AMARE é uno sforzo che tutti dobbiamo fare:
tutti abbiamo non solo il dovere, ma anche il diritto di far- lo.
Noi abbiamo il diritto di avere, nei nostri educatori, in-
stancabili educatori all’amore; abbiamo il dovere di essere, nel
nostro ministero, instancabili educatori all’amore. Non
bisogna stancarsi di rispondere a questa vocazione, cosi come
non ci si stanca di correggere il bambino che sbaglia la parola
che sta apprendendo. E per essere educatori d’amore bisogna
vivere d’amore, cosi come per insegnare corretta- mente un
linguaggio é importante saper parlare.
Se é vero che, come ci ricorda la PASTORES DABO VOBIS, «la
maturazione affettiva suppone la consapevolezza della
centralitá dell’amore nell’esperienza umana» 50, il linguaggio
con il quale noi - chiamati al sacerdozio - trasmettiamo il
valore della sessualitá deve rivelare lo STUPORE che tale
mistero suscita in noi.
La sessualitá, non lo dimentichiamo, esprime e identifica la
50 Giovanni Paolo II, Esortazione apostólica Pastores dabo vobis, 44.
78
totalitá e la pienezza della nostra umanitá: del nostro essere
uomo o donna in tutte le dimensioni della personalitá. E anche
l’affettivitá é fortemente conno tata e colorata dalle sfumature
del maschile e del femminile.
La parola SESSO, derivata dal latino SEPTUS (diviso), ci illu-
stra bene il concetto dell’unica natura umana, divisa in due
aspetti che tendono a ricomporsi nell’unitá. Questo processo
di ricomposizione presenta caratteristiche differenti nelle di-
verse vocazioni cui le persone sono chiamate, e conosce,
d’altra parte, un processo di gradualitá relazionale che parte da
una sorta di attrazione tra il maschile e il femminile, do- vuta a
un nativo ORIENTAMENTO dell’uno verso l’altra.
Nella persona umana anche questa attrazione si inserisce in
un cammino, che esprime il passaggio dal bisogno al valore,
dall’“attrazione” al “dono di sé”. Per percorrere questo
cammino c’é bisogno di una crescita nell’amore che aiuti a
entrare in relazione autentica con l’altro.
Attrazione e persona
19
Cfr. K. Wojtyla, Amore e responsabilitá, Marietti, Torino 1978, p. 65.
79
La ricchezza e il limite deU’attrazione risiedono proprio
nella forza della reazione affettiva che essa suscita e che ha
anche il potere di far intravedere nell’altra persona valori il-
lusori, proprio in quanto essa provoca qualcosa.
C’é una forte SOGGETTIVITÁ che caratterizza questa fase del
rapporto interpersonale, sulla quale bisogna fare attenzione a
non indugiare. L’attrazione, infatti, si compiace di se stessa,
facendo si che sia il sentimento a tener vivo l’intcresse verso
la persona. E per questo che, quando la reazione emotiva
passa, anche il valore al quale si faceva ri fen mentó
- la persona, appunto - tende a scomparire.
Certamente la nostra cultura spesso misura o interpreta
1’amore solo in base al sentimento: si ritiene, per esempio. che
1’ amore duri fino a che dura il sentimento. Questa valu-
tazione esalta la soggettivitá della persona, falsando i suoi
valori propri. II sentimento puo dunque, paradossalmente,
costituire un ostacolo alia comunione perché impedisce l’in-
contro vero tra le persone, l’incontro con la persona VERA.
E dunque necessario, pur non dimenticando e non elimi-
nando la dinamica affettiva dell’attrazione - che é una si-
tuazione iniziale - mantenere una continua tensione verso la
veritá della persona. Si tratta dunque di vivere sempre piü
l’attrazione VERSO LA PERSONA: non solo, cioé, verso i valori
che le si attribuiscono, ma verso i valori che possiede o,
meglio, verso il valore che lei é20.
E chiaro che l’attrazione nasce dalla percezione di una
qualche bellezza. Perché l’attrazione sia esperienza davvero
PERSONALE é necessario saper scorgere la bellezza INTEGRALE
e INTRÍNSECA che riguarda tutta la persona, non solo una parte
di essa, e che travalica i confini e i limiti di ció che noi stessi
possiamo cogliere e definire come bellezza, sfocian- do nel
mistero di quella bellezza che é la creatura umana, immagine
del suo Creatore.
Dal desiderio al dono di sé
80
nasce da un bisogno infinito di lui.
La sessualitá umana esprime in se stessa il bisogno della
complementaritá, che fa scattare il desiderio di quel bene di
cui si vive la mancanza. Si tratta dunque del desiderio di un
bene, che indichiamo come AMORE DI CONCUPISCENZA, non
solo come concupiscenza51. Si puó pero innestare, in questa
fase, il rischio dell’utilizzo della persona, considerata come
BENE PER ME, come semplice risposta a un bisogno. Se questa
fase non é superata, c’é perianto un pericolo per la crescita
nell’amore.
L’ amore di concupiscenza deve cioé diventare AMORE DI
BENEVOLENZA, che significa desiderare il bene della persona.
Riconoscere nell’altro un “bene per me” significa giá, in un
certo senso, riconoscere che l’altro é un bene: cosi, ció che
nasce come concupiscenza puó diventare benevolenza 52.
La benevolenza ci avvicina alia pura essenza dell’amore e,
se reale, si deve estendere a tutta l’esperienza, compene-
trándola, in un quotidiano porsi dinanzi all’altro. E in ogni
cosa, in ogni istante, in ogni situazione che io devo imparare a
volere il bene dell’altro, il bene per l’altro: non solo quando,
ad esempio, questo coincida con ció che io ritengo essere
bene.
Attraverso queste varié TAPPE maturative si va verso l’a-
more SPONSALE, un DONO DI SÉ particolarissimo. Donarsi é piü
che voler bene. L’amore sponsale é quell’amore per il quale
una persona puó donarsi a un’altra: all’uomo o a Dio 53.
Si tratta di una sorta di paradosso: la persona, di per sé, non
sarebbe “donabile”, non si donerebbe. II dono della persona si
verifica esclusivamente per una purissima e incf- fabile
ragione d’amore. «Chi avrá trovato la sua vita la perderá: chi
avrá perduto la sua vita per causa mia la trovera»54: é questo il
dinamismo del dono di sé fatto per amore.
Psicología e grazia
81
La maturitá é dunque un cammino, fatto di difficoltá e gioia
ma sempre in una dinamica d’amore. Sulla nostra natura c’é il
progetto originario del Creatore, che noi tanto spesso
oscuriamo; ma 1’esperienza della salvezza ci rivela ogni volta
un tassello di questo mosaico, di questo progetto d’amore.
Questa rivelazione avviene dentro di noi, nel Ja nostra realtá
biologica, psicológica, spirituale: nella nostra esperienza
quotidiana.
La GRAZIA puo agiré sulla natura cambiandone il limite:
nella sacra Scrittura, ad esempio, il limite della sterilitá é
superato dal dono della feconditá55. II disegno di Dio é un
progetto di vita: e si impone. Ma de ve essere accolto; per
questo la volontá é importante.
L’atto di consegna del nostro essere al Signore é un «si»
che non si limita ad aver accolto l’iniziale invito a entrare in
seminario ma che vuole essere gridato da tutta la nostra
persona quotidianamente e sempre piü pienamente. Ogni
qualvolta, allora, mi scopro capace di un piccolo passo nel
cammino della maturazione psicológica e affettiva, in questa
tappa riconosco l’intervento del Signore che mi sostiene e mi
trascina e scopro il mió «si», la mia disponibilitá che gli
permette di agiré in me, di lavorare in me e con me.
Dio ha compiuto cose grandi in Maria: in lei ha superato la
natura. Ma nulla sarebbe stato possibile senza l’«ecco- mi» e il
FIAT di Maria.
E bello dunque sottolineare il binomio GRAZIA-NATURA, del
82
quale noi siamo realmente impastati. L’ agiré di Dio si ma-
nifesta a noi anche attraverso questo grande rispetto che lui
accorda alia natura della persona umana. Dio non ci forza mai.
Non potremmo essere persone libere se Dio stesso non fosse
libero e non rispettasse la nostra liberta, che deriva dal suo
essere liberta e dal suo rispettare profondamente ció che noi
siamo. E noi siamo ció che egli ci ha dato.
Non dobbiamo rischiare di cadere in uno sterile spiritua-
lismo: Dio compie meraviglie, é vero, ma solo se trova la
disponibilitá in noi. L’impegno, lo sforzo umano della volontá
e deH’intelligenza ci devono condurre proprio a questa
docilitá. La grazia si attacca dentro quel «si» che gridia- mo
con fiducia e con grande amore: «Eccomi, sono la serva del
Signore, si faccia di me secondo la tua parola» 26.
Per la riflessione e la preghiera
1. Significati
- Amare qualcuno
26 Cfr. Le 1,38.
83
- La sessualitá é espressivitá
- Custodire la vita
- Donazione completa di sé
- Dono per il mondo e l’umanitá
- Libertá piena e totale
- La sessualitá é responsabilitá
- Testimonianza di gioia
- Pieno possesso di sé
- Buona cosa
- Un dono di Dio
- Un regalo della natura
- Liberta
- Gioia
- Elevazione a Dio
- Cammino
- S celta libera
- Felicita per me e gli altri
- Dono completo di sé
- Realizzarsi pienamente in Cristo
- Amore sponsale, totale
- Armonia
- Consacrazione
- Dono da annunciare
- Una grazia
- Saper amare é saper vivere
-Vita
-Dono
- Umanitá
Contenuti
- Sessualitá come risposta a una chiamata all’amore
-La sessualitá é un potenziale per esprimere 1’amore al
fratello
-L’affettivitá é 1’amore che sceglie di donare o essere accolto
in una relazione interpersonale
- La sessualitá é espressione dell’amore che si concretiz- za
in un gesto
84
- L’affettivitá rende visibile la nostra interioritá
-La sessualitá e l’affettivitá sono tra i doni piü grandi che Dio
ci ha fatto. Non c’é cosa piü bella, per una coppia, che il dono
reciproco. Ma é lo stesso per il con- sacrato/la consacrata, che
fa dono di tutto se stesso al suo Creatore e vive la sessualitá
con Dio a servizio del prossimo.
- La sessualitá e l’affettivitá sono un dono da vivere bene
- L’affettivitá é il desiderio di entrare nella vita dell’altro
- La sessualitá é un trampolino di lancio
- Capire di essere persona, di essere per l’altro
- La vita sessuale é necessaria nell’identitá della persona
- Una componente fondamentale della mia persona, la
definisco come energia vitale
- Conoscere pienamente il proprio corpo per avere un
equilibrio
- La sessualitá é l’approdo dell’amore
- La sessualitá é l’atto di procreazione
- Un dono per il servizio degli altri
- Essere realizzati
- L’affettivitá é importante
- Sessualitá come momento in cui si fondono 1’amore e la
vita attraverso un atto d’amore e di donazione corporale
- L’affettivitá é un qualcosa che appartiene al livello
emotivo. La sessualitá é espressione di un amore autentico
e concreto
- Capacitá di esprimere se stessi e di comunicare
- L’affettivitá appartiene alia dimensione spirituale pro-
fonda della persona. La sessualitá é una scelta per amore
- Amare é tutto
- E il modo piü bello per dirti ti amo con tutto me stesso
- «La paglia vicina al fuoco brucia» (proverbio)
- La sessualitá é una cosa seria
-Un’energia che ha bisogno di essere ben orientata per
realizzare fini grandi
- La sessualitá é un dono di Dio: se la sai vivere ti rende-
rá libero, altrimenti sarai suo schiavo
- Apri il tuo cuore: comunica la tua sessualitá con gioia
85
3. Proposte operative
- La ragione e il cuore possono dominare la vita sessuale:
come armonizzare il ruolo della ragione e del cuore?
- Vorrei approfondire la vita sessuale sul piano dei senti-
menti
- Una formazione é necessaria per vivere bene la sessualitá
- Non aver paura: io saró con te...
Alcune riflessioni dei seminaristi
Un cammino di redenzione
II nostro cammino di maturazione umana va guardato coiné
una preparazione della natura ad accogliere la grazia: sempre
piü consapevolmente e pienamente.
Possiamo contemplarlo anche come un cammino di re-
denzione.
Alia base di tutto c’é, in noi, un’esperienza di disgrega-
zione che é imputabile all’antica colpa. Ecco che, allora, il
percorso verso l’integrazione diventa un modo di sperimen-
tare profondamente una corporeitá, una psiche, un’affettivi- tá
redente: una sessualitá redenta.
É l’esperienza di un Dio che libera, alia luce di quella veritá
che lui chiede all’uomo ma che scrive DENTRO l’uomo. Questo
contatto con il Signore ce lo fa scoprire come LIBERA- TORE: é
l’esperienza di Israele che lo conosce dapprima come colui
che riscatta il popolo e poi vive V INNAMORAMENTO,
l’abbandono in colui che ha creato tutto, e tutto per amore.
La redenzione viene cosi sperimentata su un piano persó-
nate e relazionale, in un’armonia con gli altri, con la natura,
con il creato.
Noi professiamo la nostra fede nel Figlio di Dio che ha
redento l’umanitá: dobbiamo credere, e credere fino in fondo,
che egli ha redento tutto di noi. Abbiamo detto che il nostro
cammino é superamento delle dipendenze: forse noi dobbiamo
superare tutte le nostre dipendenze per ritrovare la dipendenza
totale e única, quella da Dio. Come quel bambino che, nel
grembo della madre e poi appena nato, é totalmente
dipendente da lei, cosi noi: totalmente dipenden- ti da Dio
86
nella totalitá della nostra persona.
Un cammino di conversione
Dio é libertá; noi siamo sua immagine e dunque siamo li-
bertá anche noi: un progetto di libertá che é impresso in tut- te
le fibre del nostro essere, in un mistero di creazione, di
redenzione, d’amore.
Anche il valore della conoscenza della nostra personaliiü é
via che illumina la conoscenza di Dio. Questa convinzio- ne ci
aiuterá, da sacerdoti, a valorizzare la trasmissione tlj tale
conoscenza nei progetti educativi e pastorali. Tutto ció
richiederá certamente linguaggi e strumenti idonei ai vari
luoghi e alie varié situazioni: ma sempre nel tentativo di
aiutare ogni persona ad autocomprendersi non tanto sul piano
intellettivo, quanto neirintimitá del suo cuore, perché o in esso
che la persona sperimenta l’incontro con il suo Creatore.
Oggi, piü che mai, la persona ha bisogno di conoscere se
stessa e la propria bellezza (del corpo, della psiche...) per
comprendere che ha un valore grande e único. C’é solo una
via per instillare nella persona questa profonda convinzio- ne:
AMARE L’UOMO, il suo intrínseco valore, la sua grande di-
gnitá.
In questo senso, la conoscenza di sé ha grande impor- tanza
nel cammino di CONVERSIONE: la persona, contemplando la
propria veritá, capisce che questo progetto scrit- to in lei é via
che conduce all’amore e impara a rispettarlo e a rispettarsi.
Per penetrare questo cammino bisogna saper guardare a
ogni persona come a un DONO: e la persona stessa, nel suo
essere dono, vedrá il rivelarsi di colui dal quale tale dono, e
ogni dono, ha origine.
L’uomo non é del tutto incomprensibile a se stesso: c’é
qualcosa in noi che ci rivela chi siamo. Ogni uomo, dunque,
ha la possibilitá di conoscersi.
Tuttavia noi siamo cristiani, e sappiamo che questa rive-
lazione é stata completata e definita in Cristo: lui é la veritá
sull’uomo. Ha salvato tutto l’uomo, ma ha rivelato l’uo- mo
all’uomo. Ecco dunque che conoscere Gesú significa
87
conoscere se stessi: prendere coscienza del mistero che noi
siamo e del nostro peccato che é, essenzialmente, tutto ció che
sfigura l’immagine di Dio in noi.
U peccato non puo essere interpretato in chiave puramente
psicológica: é una realtá piü profonda. Ma alcuni degli
olementi su cui abbiamo riflettuto ci aiutano ad affrontarla con
pazienza, desiderio e fiducia, senza sottovalutare il peccato né
assolutizzare le dinamiche psicologiche: ció po- trebbe
significare costringere 1’uomo a rimanere schiavo deL suo
peccato.
É come se noi, dunque, vedessimo due vie: l’uomo e Ge- sü
Cristo. E queste due strade si sono incontrate. Lui, infat- ti, ci
rivela la veritá su noi stessi e suU’amore: l’amore é il
contenuto della veritá. Conoscere Gesü Cristo significa co-
noscere l’uomo e comprendere qual é il cammino che egli
deve fare per raggiungere la pienezza del suo essere e la sua
definitiva realizzazione. «Io sono la via...» (Gv 14,6), dice
Gesü: questo cammino é lui stesso.
88
una visione “simbólica” in senso stretto, che non op- pone
dualisticamente una corporeitá materiale, corran i hiic e
insignificante, a una spiritualitá trascendente e superiore. ma
che considera Tintero essere umano come oggeiio di creazione
e di gloria, come un vero «prodigio» (cfr. Salmo 139,14: la
radice NFL, che significa «miracolo», é usata due volte per
definire la creatura umana) (G. Ravasi, THE WORK OFTHE
CREATOR IN HUMAN GENERATION: THE CONTRIBUTION OFTHE
BIBLICAL MESSAGE, in Pontificia Academia Pro Vita, HUMAN
GENOME, HUMAN PERSON AND THE SOCIETY OF THE FUTURE,
Librería Editrice Vaticana, Cittá del Vaticano 1998, p. 414).
89
riesce a integrare il dolore e la sofferenza e a concepire
che nell’incontro con l’amore di Dio rivelato in Cristo e
nell’e- sperienza di esso, il limite puo diventare il veicolo:
ossia, anche una sofferenza psichica, un disturbo della
struttura personale, un fallimento puo diventare ricordo di
Dio, co- municazione di Dio, partecipazione alia sua Pasqua.
Non basta, dunque, prendere coscienza delle proprie
strutture e ferite psichiche (é necessario, ma non é ancor
questo che salva!): occorre simultáneamente impegnare la
persona nella sua totalitá per introdurla nella comunione
profonda con Gesü Cristo, buon Pastore, nella sottomissio-
ne di tutta la vita alio Spirito, in un atteggiamento filiale nei
confronti del Padre e in un attaccamento fiducioso alia
Chiesa. Tale integrale coinvolgimento con il mistero dell’a-
more di Dio, che diventa consegna di sé all’Altro, costitui-
sce il punto di profonda convergenza e di unitá fra psiche e
spirito: laddove, grazie a una raggiunta consapevolezza
(docibilitá) e a una libera adesione (docilitá), la sofferenza e
la morte di Cristo trovano la forza e il potere di scendere e di
visitare le zone piü recondite e tenebrose dell’animo umano
e di porvi il germe della risurrezione (Commissione
episcopale per il clero della Cei, LINEE COMUNI PER LA VITA
DEI NOSTRI SEMINARI, 22).
UNITÁ C
La dimensione spirituale della sessualitá
umana
Introduzione
Obiettivi
57 Mt 19,3-8.
II significato sponsale del corpo umano
A immagine di Dio...
Autocoscienza e solitudine
65 Cfr. Gn 2,7.
66 Cfr. Gn 2,18-23.
67 Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 46.
68 Cfr. Gn 2,15.
69 Cfr. Gn 2,16-17.
70 Gn 2,15.
71 Gn 1,28.
che ci appare in qualche modo diverso dagli altri, per ció che
l’uomo fa ed é. Egli, infatti, non trova un aiuto che sia SIMILE
a lui72.
Attraverso il corpo, l’uomo partecipa del mondo creato
ma, proprio attraverso il corpo, si rende conto della diffe-
renza rispetto agli altri. «L’uomo, sin dall’inizio, é nel mon-
do visibile quale corpo tra i corpi e scopre il senso della
propria corporeitá»73.
Ecco dunque che, nel mistero della creazione, il valore e il
significato del corpo ci appare quasi come CUORE dello
stesso mistero della persona umana. Siamo invitati a fare, di
questa riflessione, una contemplazione e insieme un’at-
tualizzazione: la comprensione del nostro essere persone, la
consapevolezza della nostra dignitá umana che ci vuole di-
versi rispetto a tutti gli altri esseri viventi, la ricerca della
nostra identitá dinanzi a Dio creatore passa attraverso la co-
scienza e la riscoperta del nostro corpo.
Dall’inizio del nostro cammino abbiamo desiderato posare
sul corpo umano quello «sguardo contemplativo» 74 che ci
consentisse di coglierne appieno la bellezza e la dignitá. Sap-
piamo che sul nostro corpo si é posato, e si posa ogni giomo,
lo sguardo di Dio che, chiamandoci alia vita, ci affida - e af-
fida al corpo - il grande compito di essere in qualche modo
«a sua immagine»75. In quella silenziosa SOLITUDINE
ORIGINARIA che vede la creatura dinanzi al Creatore, il corpo
non é un ostacolo ma LUOGO della rivelazione del misterioso
e splendi- do progetto divino. L’uomo si autocomprende
anche grazie al corpo: ed é cosi che entra in relazione con
Dio.
Vogliamo scorgere anche noi un invito concreto e tra-
scendente. Gli anni di seminario sono, in un certo senso.
momento di particolare solitudine: non é la solitudine origi-
naria, ma certamente una significativa ricerca della nostra
identitá, un’appassionata verifica della nostra vocazione, una
72 Cfr. Gn 2,20.
73 Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 50.
74 Id., Lettera encíclica Evangelium vitae, 83.
75Cfr. Gn 1,27.
fiduciosa certezza che ci vede sempre piü abbandonati solo
alia volontá amorosa del disegno del Signore.
La SCOPERTA DEL NOSTRO CORPO, della sua bellezza, del
suo valore, deve trovare spazio in questa crescita umana e
vo- cazionale: deve essere parte di quel sentirci chiamati per
nome che ci dona una precisa identitá e missione. Non puo
stupirci, allora, che il Papa ritenga la «coscienza del corpo
umano... e del suo significato... il problema centrale del-
1’antropología»76.
80Gn 2,21.
81Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., pp. 55-56.
82Gn 2,23.
83 Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 59.
un mezzo. La persona non deve essere USATA, ma solo AMA-
TA: non deve USARE l’altro, ma solo AMARLO.
Ogni attentato a questa veritá diventa una minaccia al-
l’intima veritá deü’uomo, alia sua realízzazione, che consiste
nel sapere di essere, e nel saper essere, DONO.
Alia luce del mistero della creazione, l’unitá originaria
dell’uomo e della donna insegna dunque una veritá fonda-
mentale, che in modo splendido e sintético viene spiegata dal
concilio: «L’uomo, il quale in térra é la sola creatura che
Iddio abbia voluto per se stessa, non puo ritrovarsi ple-
namente se non attraverso un dono sincero di sé» 84.
Segno e sacramento
87 Ibid., p. 77.
88 Id., Esortazione apostólica Pastores dabo vobis, 44.
89 Id., Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 80.
II corpo umano porta impressa in sé tale vocazione spon-
sale, all’amore e al libero dono di sé: é «testimone della
creazione come di un dono fondamentale, quindi testimone
dell’Amore come sorgente, da cui é nato questo stesso do-
nare»90. Testimone vivo, vero, visibile di un disegno d’a-
more che risplende nella creazione e che é custodito dalla
stessa umanitá della persona.
E proprio la sua visibilitá che rende il corpo un particola-
re e «primordiale sacramento» della persona, dell’Amore che
crea la vita. «II sacramento, come segno visibile, si co-
stituisce con l’uomo, in quanto “corpo”, mediante la sua
“visibile” mascolinitá e femminilitá. II corpo, infatti, e sol-
tanto esso, é capace di rendere visibile ció che é invisibile:
lo spirituale e il divino. Esso é creato per trasferire nella
realtá visibile del mondo il mistero nascosto dall’eternitá in
Dio, e cosi esseme segno»91.
Nella ricerca e nel discernimento vocazionale, siamo
giustamente invitati a porre particolare attenzione a quei SE-
GUÍ che si rivelano essere una conferma, un criterio, un’in-
dicazione del cammino da seguire per crescere neU’amore.
II progetto di Dio su ciascuno di noi passa dentro la nostra
piena umanitá, in quel nostro essere uomo e donna di
90Ibid., p. 75.
91Ibid., p. 91.
cui il corpo é chiamato a essere SEGNO per gli altri, senza
dubbio: ma prima di tutto per noi. Segno che ci conferma la
nostra chiamata ad amare, accogliendo e superando la soli-
tudine; segno che ci indica COME amare: in modo sponsale37.
102
2
Questa scoperta ci stupisce, forse proprio per la sua sem-
plicitá; potremmo dire: «E proprio cosi; é proprio VERO!».
Riconoscendo il progetto di Dio in noi, viviamo sicura-
mente l’esperienza di una VERITÁ che ci chiama, della veritá
sul corpo e sulla sessualitá che illumina il nostro cammino e
le nostre scelte perché siano auténticamente libere e re-
sponsabili.
Ecco che «quell’antropología che puo essere denominata
TEOLOGÍA DEL CORPO... fonda poi il piü appropriato método
della PEDAGOGÍA DEL CORPO, cioé dell’educazione (anzi del-
l’autoeducazione) dell’uomo»92. «AUTOEDUCAZIONE»]
E tempo di interiorizzare quello che abbiamo conosciuto
come il SIGNIFICATO SPONSALE del corpo: é il momento di
chie- dersi se, e come, accogliere questa veritá e rispondere a
essa.
Tale pienezza e veritá é scritta nel nostro cuore 93: ed é
Cristo che ci aiuta a leggerla quando si rivolge al CUORE del-
l’uomo. II cuore sembra essere chiamato non solo a COM-
PRENDERE il significato sponsale del corpo ma, potremmo di-
re, a SCEGLIERLO. Si fa strada, a questo punto, una sorta di
SFUMATURA MORALE della nostra riflessione94.
«Avete inteso che fu detto: “Non commettere adulterio”.
Ma
io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha giá
commesso adulterio con lei nel suo cuore» 95. Sono note
queste parole di Gesú, questo suo «appello aü’uomo
interiore». Nel cuore, infatti, che é il centro della nostra
persona, della nostra vita e delle nostre decisioni, awiene
quella «percezione inte- riore dei valori da cui nasce il
dovere come espressione della coscienza, come risposta del
proprio IO personale»96 a una do- manda che si manifesta
anche attraverso il corpo.
92Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creo, op. cit., pp. 235-236.
93Cfr. Rm 2,15.
94Cfr. Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 117.
95Mt 5,27-28.
96Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creo, op. cit., pp. 114-115. 103
2
La redenzione del corpo
Liberta e amore
II pudore
106
famiglie e comunitá si verifichi frequentemente quella
mancanza di delicatezza e di amore nel trattare 1’intimitá
sessuale della persona umana, che fácilmente si puo trovare
negli atteggiamenti, nel vestire, nel parlare di tanta gente
comune e, forse, fra molti di noi. Certamente, la cosiddetta
PERDITA DEL SENSO DEL PUDORE non puo non collegarsi a una
PERDITA DEL SENSO DEL VALORE del corpo, della sessualitá, del-
1’ amore: quindi, a una non consapevolezza del valore della
persona che, agendo senza pudore, quasi si ritiene oggetto
fruibile da se stessa.
L’educazione all’amore é, pertanto, anche educazione al
pudore: ma per farlo bisogna suscitare 1’amore per ció che si é,
per la bellezza e la veritá della sessualitá e della corporeitá. Si
tratta quasi di infondere il TIMORE spirituale, una silenziosa
custodia del grande dono affidatoci che possiede una forza
positiva. Anche il timore di Dio afferma un grande valore: c’é
la consapevolezza della sua grandezza, della sua veritá.
Dinanzi a Colui che é, viviamo quasi la paura di perdere questo
valore, di allontanarci da questa veritá, dall’Assoluto.
II cuore umano puo sperimentare il pudore perché vive il
«desiderio», dal quale il pudore stesso lo protegge. Questo
«desiderio» non va inteso, infatti, in senso psicologico, come
sentimento che deriva da una mancanza o da una necessitá, ma
come profondo e radicale allontanamento «dalla semplicitá
originaria e dalla pienezza dei valori che l’uomo e il mondo
posseggono “nelle dimensioni di Dio”» 107.
10754Ibid., p. 131.
Rm 3,24.
107
grazia della redenzione ci permette di “rivivere” la veritá e la
bellezza del mistero della creazione, nonostante le ferite della
fragilitá e della libertá umana.
Ogni tentativo di evangelizzazione puó muovere solo dalla
profonda consapevolezza delle possibilitá di ogni cuore umano.
E questo perché ogni persona - il suo cuore, il suo corpo - é
redenta dal Signore: con lui e in lui puó vive- re la nostalgia e
l’attesa di un «principio» che é pienezza di veritá dell’amore.
La redenzione é VOCAZIONE ALL’AMORE.
Si impone un’ ATTUALIZZAZIONE PERSONALE: oggi Cristo si
rivolge a ciascuno di noi per far emergere «quell’adulterio del
cuore» che ci impedisce di vivere la consapevolezza del
significato sponsale del nostro corpo, del valore della nostra
persona. Ma Gesü interpella ogni creatura per ricordar- ci che
lui ha dato la vita perché noi avessimo e vivessimo 1’amore.
Un seminarista non puó non crederlo, non puó non senti- re
la forza di tale affermazione. Le parole di Gesü nel discorso
della montagna sono chiare ed esigenti, traboccanti di speranza
e di attesa. Cristo, cioé, attende la nostra rispo- sta a questa sua
chiamata e invito - che é nel contempo un dono - alia PUREZZA
DEL CUORE.
Siamo sollecitati a un atteggiamento di discemimento e di
sapienza. Ci viene chiesto dal Signore di vegliare sui no- stri
atti, sui nostri moti interiori, sugli impulsi del nostro cuore,
riconoscendoli e chiamandoli per nome. Ci viene proposto di
crescere in un autopossesso e in un autodominio che ci aiuti a
vivere nell’amore, cioé nel dono disinte- ressato. Ci viene
chiesto di credere nelle nostre possibilitá di creature amate e
redente e di saper riconoscere quanto in noi sia mosso da
desideri finiti e quanto, invece, sia espres- sione di vero amore.
Ci viene chiesta una particolare sapienza e umiltá, che si
configura nella CONSAPEVOLEZZA di dover imparare ad amare:
«Se l’uomo vuole rispondere alia chiamata espressa in Mt
5,27-28, deve con perseveranza e coerenza imparare che cosa é
il significato del corpo, il significato della fem- minilitá e della
mascolinitá»108.
108 Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 199.
108
La purezza del cuore
109
Percorso d’amore, che ci aiuta a superare gradualmente, ma
realmente, il limite del nostro egoísmo per aprirci al dono,
chiedendoci di vincere il ripiegamento su noi stessi per guardare
all’altro.
Invochiamolo, il dono della purezza! Quella purezza e
semplicitá del cuore che ci permetta, con la grazia di Dio, di
oltrepassare l’angusta tristezza del desiderio per aprirci
all’intima e libera gioia del dono della nostra vita. «Una cosa é,
infatti, I’appagamento delle passioni, altra la gioia che L’uomo
trova nel possedere piü pienamente se stesso, po- tendo in
questo modo diventare anche piü pienamente un vero dono per
un’altra persona. Le parole pronunziate da Cristo nel discorso
della montagna dirigono il cuore umano appunto verso una tale
gioia. A esse occorre affidare se stessi, i propri pensieri e le
proprie azioni, per trovare la gioia e per donarla agli altri» 59.
Per la riflessione e la preghiera
110
razione: «lo hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di
onore lo hai coronato» (Salmo 8,6) (G. Ravasi, THE WORK OF
THE CREATOR IN HUMAN GENERATION: THE CONTRIBUTION OF
THE BIBLICAL MESSAGE, in Pontificia Academia Pro Vita,
HUMAN GENOME, HUMAN PERSON AND THE SOCIETY OF THE
FUTURE, Librería Editrice Vaticana, Cittá del Vaticano 1998, p.
415).
Poi il Signore Dio disse: «Non é bene che l’uomo sia solo: gli
voglio fare un aiuto che gli sia simile». Allora il Signore Dio
plasmó dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli
del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe
chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno
degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome.
Cosi l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del
cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma l’uomo non trovo un aiuto
che gli fosse simile. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore
sull’uomo, che si addormentó; gli tolse una delle costole e
rinchiuse la carne al suo posto. II Signore Dio plasmo con la
costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la con- dusse
alFuomo. Allora l’uomo disse: «Questa volta essa é car ne dalla
mia carne e osso dalle mié ossa. La si chiamerá donna perché
dall’uomo é stata tolta». Per questo l’uomo abbandone- rá suo
padre e sua madre e si unirá a sua moglie e i due saran no una sola
carne. Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua mo glie, ma non ne
provavano vergogna (Gn 2,18-25).
111
dal Creatore “per se stesso”, cioé único e irripetibile; qualcuno
scelto dalFeterno Amore...
Un tale significato “sponsale” é anche “beatificante” e, come
tale, manifesta in definitiva tutta la realtá di quella donazione
di cui ci parlano le prime pagine del Libro della Genesi. La
loro lettura ci convince del fatto che la coscienza del
significato del corpo che ne deriva - in particolare del suo
“significato sponsale” - costituisce la componente
fondamentale dell’esistenza umana nel mondo.
Questo significato sponsale del corpo umano si puo capi- re
solo nel contesto della persona. II corpo ha un significato
sponsale perché l’uomo-persona, come dice il concilio, é una
creatura che Dio ha voluto per se stessa e che, simultá-
neamente, non puo ritrovarsi pienamente se non mediante il
dono di sé.
Se Cristo ha rivelato all’uomo e alia donna, al di sopra della
vocazione al matrimonio, un’altra vocazione - quella cioé di
rinunciare al matrimonio in vista del regno dei cieli -, con
questa vocazione ha messo in evidenza la medesima veritá
sulla persona umana. Se un uomo e una donna sono capaci di
fare dono di sé per il regno dei cieli, questo prova a sua volta (e
forse anche maggiormente) che c’é la libertá del dono nel
corpo umano. Vuol dire che questo corpo pos- siede un pieno
significato “sponsale” (Giovanni Paolo II, UOMO E DONNA LO
CREÓ. CATECHESI SULL’AMORE UMANO, Cittá Nuova, Roma
1985, pp. 79-80).
Testimonianza di un seminarista
Ogni battezzato, e in modo particolare ogni persona chia-
mata a una forma di speciale consacrazione al Signore, per-
cepisce la propria vicenda esistenziale come immersa in un
mistero d’amore, la cui profonditá lascia stupiti. Alie soglie
della mia ordinazione diaconale, nell’imminenza di abbrac-
ciare per sempre il sacro celibato, non posso non rendere grazie
al Signore per i miei educatori, i quali hanno seguito ogni
112
passo del mió cammino verso il sacerdozio nei cinque anni
della mia permanenza in seminario. Essi hanno curato in modo
particolare la mia formazione umana, sessuale e affettiva grazie
a uno specifico itinerario formativo, che ha delineato in modo
sempre piü nitido il mistero dell’amore sponsale a cui ogni
persona é chiamata per il fatto stesso di esistere.
Ho compreso, in questi anni, come la risposta a Cristo
esigesse non soltanto il dono della mia interioritá, della sfe- ra
psichico-spirituale, ma anche un coinvolgimento totale della
mia corporeitá: la donazione sponsale di tutta la mia persona
nella sua unitotalitá, ossia nell’unificazione armónica ed
equilibrata di tutte le sue componenti fisiche e spiri- tuali.
Tale percorso di unificazione del mió essere ha generato in
me la sensibilitá necessaria per cogliere 1’immenso valore
della corporeitá umana, la dimensione sponsale del corpo, le
ingenti riserve affettive sepolte nel cuore dell’uomo, la
feconditá spirituale scaturita da una sessualitá liberamen- te e
totalmente orientata a Dio, che trova il proprio significato nel
dono totale di sé a Cristo e ai fratelli.
Ho scoperto come, nel disegno creativo divino, la persona
sia “spirito incamato”, dove il corpo é chiamato a vivere, sia
puré nell’imperfezione creaturale e storica dell’oggi, la futura
gloria della risurrezione della carne. Una corporeitá voluta dal
Padre per essere oggetto della tenerezza divina e per divenire
strumento di relazione con Dio e con i fratelli.
La mia esperienza di fede mi insegna che senza la gioio- sa
consegna a Dio della mia corporeitá, senza l’orientamen- to
della mia sessualitá verso di lui, il carisma del celibato
rimarrebbe vuoto e infecondo.
II celibe per il regno dei cieli é un vergine chiamato a vivere
il mistero della sponsalitá mistica con Cristo e della patemitá
spirituale con i fratelli: consegnandosi liberamen- te all’amore,
“consente” al Signore di usare le proprie po- tenzialitá affettive
e sessuali perché egli realizzi il suo regno nella storia. Proprio
in tale consegna si compie integralmente la vocazione sponsale
della persona e della propria corporeitá.
La perfezione cristiana non puó prescindere dal corpo
umano: gli stessi sensi si rivelano preziose finestre attraverso le
113
quali sono in grado di penetrare nei meandri della mia dimora
interiore e nella sempre piü intima conoscenza di Dio. Solo
cosi si realizzano e trovano il proprio prolunga- mento nella
mia storia i misteri della creazione e dell’incar- nazione!
La mia corporeitá, ancora, mi consente addirittura di pe-
netrare realmente nel mistero pasquale di Cristo quando, at-
traverso la sofferenza física accolta e offerta, posso continuare
a «completare nella mia carne quello che manca ai patimenti di
Cristo».
II mió corpo, infine, si rivela quale dimora privilegiata nella
quale Gesü eucaristía continua a rendersi presente: luogo in cui
la sua carne penetra le míe fibre fisiche e spiri- tuali... in cui il
suo sangue continua a scorrere nelle míe vene... in cui il suo
cuore si trapianta pazientemente per gridare il suo amore per
me e per ogni fratello.
Unita a Cristo, trasfigurata dalla sua presenza feconda, ]a
mia corporeitá continuerá a narrare la sua misericordia: con le
mié mani, lui potra ancora raggiungere i fratelli; attraverso il
mió sorriso, sorriderá; attraverso il mió sguardo, continuerá a
fissare ogni uomo, liberándolo dalle mille schiavitú che lo
opprimono.
Fra qualche giorno saró ordinato diácono e mi consacre- ró
PER SEMPRE al Signore. Insieme al mió cuore, fard dono a lui
del mió corpo. Nel mistero del suo corpo a noi donato
nell’eucaristía, trovera la sua pienezza la vocazione sponsale
della mia persona e della mia corporeitá! Un corpo... una
persona che vivono l’incessante anelito a essere sempre piü
«pienamente abitati» da colui che, con il suo sacrificio sulla
croce, ha suscitato nel mió spirito l’esigenza di una donazione
totale, gioiosa, divina di tutto il mió essere. Per questo, con il
salmista, non posso che cantare: «Ti lodo perché mi hai fatto
come un prodigio!» (Bruno).
Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mió
Dio,
perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con
il manto della giustizia, come uno sposo che si cinge il diadema e
come una sposa che si adorna di gioielli.
Poiché come la térra produce la vegetazione e come un
114
giardino fa germogliare i semi, cosi il Signore Dio fará
germogliare la giustizia e la lode davanti a tutti i popoli.
Per amore di Sion non tacero, per amore di Gerusalemme non mi
daró pace
finché non sorga come stella la sua giustizia e la sua salvezza non
risplenda come lampada.
Allora i popoli vedranno la sua giustizia, tutti i re la tua gloria;
ti si chiamerá con un nome nuovo che la bocca del Signore
indicherá.
Sarai una magnifica corona nella mano del Signore,
un diadema regale nella palma del tuo Dio.
Nessuno ti chiamerá piü Abbandonata né la tua térra sará piü detta
Devastata,
ma tu sarai chiamata Mió compiacimento e la tua térra Sposata,
perché il Signore si compiacerá di te e la tua térra avrá uno • sposo.
Si, come un giovane sposa una vergine, cosi ti sposerá il tuo
Creatore;
come gioisce lo sposo per la sposa, cosi per te gioirá il tuo Dio (Is
61,10-62,5).
UNITÁ D
Persona e comportamento sessuale
115
Introduzione
126
come persone dinanzi a questo Bene proprio attraverso i
nostri atti. C’é infatti un legame importante tra l’atto com-
piuto e la persona che lo compie: anche se l’uomo non puó
essere giudicato soltanto in base ai suoi atti, é tuttavia im-
portante capire che la crescita morale, spirituale e umana si
attua con il TRADURRE NELL’ATTO LA PERSONA. Ogni atto
concreto che siamo chiamati a compiere deve essere segno
vero di ció che la nostra persona É ed é chiamata a essere:
questo é il segreto della vita morale.
Obiettivi
5
Ibid, 10.
127
L’agiré umano
128
che il suo compimento coinvolge la persona, la sua libertá, il
suo amore, esso lascia in lei un segno duraturo, che spes- so
rimane anche oltre la persona stessa.
Pensiamo all’atto con cui san Francesco abbraccia il leb-
broso: si tratta di un’azione semplice, che perd ha in sé una
pienezza di libertá, di volontá, d’amore tale da cambiare
completamente la vita della persona che lo ha compiuto.
Pensiamo all’atto che ha portato san Massimiliano Kolbe a
donare la vita in un campo di concentramento: é anch’esso
un SEMPLICE atto, ma che lo ha realizzato come persona e
che ancora oggi parla a noi e ci rivela il senso della sua vita.
Sono atti che hanno rivelato le persone, la loro specifica
vocazione: e le hanno rivelate anche a se stesse.
Ecco: nel mió atto io devo manifestare me stesso, i valori
in cui credo, le mié convinzioni, le mié certezze... la mia
fede. Nel mió atto MI DEVO MANIFESTARE. Posso compiere
dunque un atto libero nella misura in cui esso non é indi-
pendente, ma dipendente dalla mia veritá di persona, nel
senso che la realizza e la dice, dunque la manifesta.
Ritoma il legame tra veritá e libertá, proprio in quel mi-
stero dell’agiré umano per cui la libertá si concretizza come
forza che esprime la veritá della persona, la sua pienezza... la
sua bellezza.
II comportamento sessuale deve manifestare, attraverso gli
atti, la bellezza dell’essere uomo e donna, quindi della
sessualitá e della corporeitá umana, conducendo la persona a
viverla.
II corpo, sacramento della persona, possiede un SIGNIFICA-
TO SPONSALE: rivela che siamo DONO. Questa é la bellezza e
la veritá della sessualitá umana, il suo valore: ma una tale
veritá resta inespressa se non si compie, possiamo dire, nel-
l’atto. É il mistero della SCELTAL Finché essa non avviene, il
bene, la veritá, la bellezza, il valore restaño «in un certo
modo sulla soglia della persona»: sulla «soglia della co-
scienza»116.
5
Ibid, 10.
116 Ibid., p. 193.
129
L’atto umano: frutto di una scelta
130
Abbiamo riflettuto a lungo sul mistero del «principio»,
della creazione. É nella luce di questo mistero che va guar-
data ogni problemática legata alia sessualitá; e nella luce di
questa bellezza va inserito ogni umano tentativo di supera-
mento di sé, ogni atto nel quale la persona si realizza - po~
tremmo dire - nell’amore.
132
grandiosi. Pensiamola applicata a ogni azione. Mettiamola in
relazione a noi e a ogni persona umana, anche quando ri-
flettiamo sul comportamento sessuale e sulle problematiche
della sessualitá.
Ogni nostro atto, Signore, abbia DA TE il suo inizio e IN TE
il suo compimento. Noi esercitiamo, negli atti, la nostra vo-
lontá: ma la sperimentiamo fragile ed essa rimane tale se non
si radica nella tua volontá. Possiamo agiré secondo la nostra
volontá grazie al nostro autopossesso: ma possiamo agiré
secondo la tua volontá solo se comprendiamo che ti
apparteniamo14 e se ci lasciamo possedere da te. Ogni nostro
atto, Signore, abbia da te il suo inizio e in te il suo
compimento. Solo cosi pud essere, e rimanere per sempre, un
ATTO D’AMORE. Amen!
L’atto sessuale
Consapevolezza e scelta
134
all’uomo e alia donna: ed é benedizione123.
Pero il bene della feconditá non spiega totalmente la
complessa realtá della sessualitá umana: nell’uomo, ad
esempio, avviene un fenomeno inusuale negli animali.
L’unione sessuale, cioé, puo presentarsi anche al di
fuori dei momenti fertili del ciclo femminile:
nell’anímale, invece, é 1’estro - cioé il periodo di
fertilitá - a provocare l’unione. Nell’uomo non é questo
determinismo biologico a far scat- tare la necessitá, il
bisogno dell’unione sessuale: esiste qualcosa di piü,
perché l’esercizio della sessualitá ha un significato che
non é solo la trasmissione della vita, ma crea anche uno
speciale legame tra l’uomo e la donna che vivo- no
quell’atto.
Dobbiamo allora comprendere cosa significhi, per le
creature umane, procreazione e unione. Giá parlare di
PRO-
CREAZIONE non significa riferirsi a un semplice fenomeno
biologico quale é, ad esempio, la RIPRODUZIONE: per l’uomo
e per la donna trasmettere la vita non significa continuare la
specie ma far venire al mondo una persona, anch’essa única,
irripetibile, libera; vuol dire prendere parte all’opera creatrice
di Dio. E tutto questo avviene e puo avvenire DENTRO l’atto
sessuale.
Cosi, parlare di UNIONE tra uomo e donna significa rispet-
tare la lógica del dono. L’unione tra l’uomo e la donna é - e
deve essere - una COMUNIONE.
Ecco chi é dunque la persona vista sotto il profilo della
sessualitá: immagine di Dio Creatore, di Dio comunione.
Dicendo che 1’ atto sessuale ha un duplice significato, «uni-
tivo e procreativo»17, ricordiamo che questa dimensione
dell’agiré umano deve rivelare una bellezza umana e, assie-
me, divina: VAMORE e la VITA.
14
Cfr. ICor
124 6,19. B, Scelte e motivazioni: dal bisogno al valore.
Cfr. Unitá
136
considerato come il risultato di «una serie di fratture» 125: la
rottura del legame tra sessualitá e matrimonio, tra sessualitá e
procreazione. La sessualitá umana, sganciata dai suoi si-
gnificati, finisce col rimanere come una mina vagante, che ha
come único riferimento o criterio di valutazione il piace- re e
il desiderio dell’individuo. La libertá sessuale é, in que-
st’ottica, la mancanza di condizionamenti e di legami.
Non stupisce che la libertá venga enfatizzata come libertá
DA, originando una visione della sessualitá come un in- sieme
di “diritti”: «diritti delle donne», «diritti sessuali», «diritti
riproduttivi». Una serie, anche piü ampia, di tali diritti é stata
proclamata dalle recenti Conferenze intemazio- nali
dell’Onu: Cairo 1994 e Pechino 1995126.
125 J. Ratzinger (a colloquio con V. Messori), Rapporto sulla fede, Ed. San Pao-
lo, Cinisello Balsamo 1985, pp. 84-86.
126 Cfr. E. Sgreccia, Manuale di bioética, op. cit., pp. 389-390; P. J. Elliot, La
137
L’operazione ideologico-culturale che fa da sfoxido alia
rivoluzione sessuale porta con sé un concetto CONSUMISTICO e
UTILITARISTICO della sessualitá, dunque della persona.
E una crisi profonda: vivendo una SESSUALITÁ DE-PERSONA-
LIZZATA, che cioé non é di tutta la persona, arriviamo a vive- re e a
concepire una persona DE-SESSUALIZZATA. Tanti proble- mi che ci
troveremo a esaminare affondano le radici proprio in questa
terribile realtá, che non é un semplice gioco di parole. Se la
sessualitá é de-personalizzata, la persona stessa non vi si riconosce
piü e quindi é, appunto, de-sessualizzata. Viene dunque meno non
solo 1’identitá della persona, ma la sua stessa vocazione all’amore:
1’amore ri- mane parola teórica se non si incama in una sorta di
UMA- NESIMO INTEGRALE. Parlare di vocazione all’amore senza pas-
sare per il mistero nativo della persona sarebbe un vano
spiritualismo.'
La distruzione dei significad della sessualitá, operata dalla
rottura dei legami che la esprimono, porta dunque a una
disintegrazione della persona, che finisce col non rico- noscersi
piü, in quanto puo essere solo uomo o donna.
Tanti comportamenti problematici, che traducono uno scarso
rispetto della persona nei confronti di se stessa e del- l’altro, non
sono che il frutto di questi passaggi. Recuperare il valore della
sessualitá significa anche ricostruire, pazien- temente e
coraggiosamente, i legami spezzati.
prospettiva etica nella Conferenza ONU di Pechino, in Medicina e morale, n. 6 (1995), pp.
1175-1182.
riflesso»: esso parte da uno stimolo che genera una certa
eccitazione neurologica. La risposta all’eccitazione porta a un
piacere físico che é poi destinato a esaurirsi. Varié com- ponenti,
anche a livello semplicemente biologico, differen- ziano l’atto
sessuale umano e anímale.
II rapporto sessuale nell’uomo prevede varíe FAS I. II primo
tempo é il PRELUDIO prossimo e remoto: tutto cío che crea una
138
situazione che puo sfociare in un rapporto, che lo facilita e
permette. Segue poi la fase dEW ECCITAZIONE e, in seguito, il
PLATEAU o desiderio avanzato, quasi irrefrenabile. Tale situazione
porta all’ ORGASMO, un particolare piacere físico genitale provocato
da contrazioni muscolari riflesse, involontarie e ritmiche, contro
líate dal sistema nervoso centrale. II rapporto si conclude con la
fase di RISOLUZIONE, caratterizzata da rilassamento e appagamento.
Di tutte queste varié fasi, nell’uomo la piü importante é la
prima. Nell’anímale questa fase é sostituita da una sorta di
corteggiamento che é una vera e propria rincorsa: é sempre
l’animale maschio che rincorre la femmina e in essa c’é una sorta
di difesa.
Nella situazione del corteggiamento umano, spesso si verifica
una certa difesa che la donna mette in atto, anche in-
consapevolmente, nel tentativo di adattare l’uomo ai suoi ritmi. E
cercare di daré all’uomo i tempi femminili significa fare in modo
che la donna non diventi, anche inconsape- volmente, un oggetto
rispetto all’eccitazione maschile. Nella donna, infatti, tutta la
dinamica dell’atto sessuale si svol- ge piü lentamente e necessitá di
una preparazione attenta e coinvolgente da parte dell’uomo.
L’uomo impara questa dinamica e cerca di svilupparla con
un’attenzione che rivela la cura e 1’amore reciproco, evitando di
limitarsi solo alia ricerca del piacere.
II PIACERE FÍSICO é parte integrante dell’atto sessuale: non ha
una connotazione negativa, anzi é proprio espressione di pienezza.
Tante patologie dell’atto sessuale, caratterizzate proprio da un
mancato raggiungimento del piacere, possono avere un’origine non
solo biologica ma anche psicologi- ca o possono, addirittura piü
frequentemente, riconoscere una causa piü profonda, ad esempio
un problema relaziona- le nella coppia.
É molto importante allora comprendere come la dimensione del
piacere che coinvolge la sessualitá umana sia chiamata a realizzarsi
non semplicemente in se stessa, ma nella GIOIA: quella pienezza
che scaturisce dal dono dell’a- more.
Collegandoci alia riflessione sull’ agiré umano, sottoli- neiamo
che la differenza tra felicitá e piacere ha a che ve- dere con la
differenza tra «l’uomo agisce» e «qualcosa ac- cade nell’uomo». E
1’agiré umano, anche in campo sessuale, é frutto della libertá
persónate, estrinsecazione concreta di questa potenzialitá propria
della persona. «Lo stato di felicitá rimane strutturalmente unito
all’esperienza dell’agiré, alia trascendenza della persona
21
nell’atto»
21 .
K. Wojtyla, Persona e atto, op. cit., pp. 202-203.
139
Rispetto al piacere l’esperienza della gioia ha una conno-
tazione piü duratura, piü profonda e piü coinvolgente in ter- mini
di dono di sé. E se é vero che c’é piü gioia nel daré che nel
ricevere, questo principio deve essere applicabile anche per una
coppia che vive la propria sessualitá con gra- tuitá e amore.
II bene dell’atto sessuale é dunque dato da quell’azione che
realizza sia la dimensione procreativa sia quella unitiva: due aspetti
che si possono realizzare in veritá e pienezza solo - lo vedremo
bene - all’interno del MATRIMONIO.
140
di rimanere unite secondo l’ordine voluto da quell’Amore che
non siamo noi a generare. C’é qualcosa dentro di noi che ci
permette di accogliere questo amore come fattore unificante la
nostra persona e ci consente di esprimere questo amore attraverso
la volontá, negli atti, quindi anche nel comportamento sessuale.
E l’attitudine della DOCILITA, componente di una virtü im-
portante: la CASTITÁ. Non é tutto ció che si puo dire della ca- stitá,
ma é essenziale comprendere questa dimensione prima di
affrontare la discussione su alcune problematiche specifiche.
Una SFUMATURA della castitá, dunque, é quella docilita che ci
permette di accogliere 1’amore COME, FATTORE UNIFICANTE la no-
stra persona ed essere cosi disponibili alia volontá che é NATU-
RALMENTE orientata a realizzare in noi la chiamata all’amore.
Nel brano precedentemente citato, sant’Agostino ci ri- corda che
la costruzione di una casa richiede fatica: in se- guito la
dedicazione di questo tempio avverrá nella gioia.
II nostro cammino di crescita verso 1’integrazione e la
maturazione affettiva e sessuale é un percorso che non eselude la
fatica e la sofferenza, soprattutto quella che nasce dalla
consapevolezza della fragilitá, del limite, del peccato. E FATICAL
Ma, alia luce della nostra vocazione e, soprattutto, alia luce della
fedeltá di Dio, comprendiamo chia- ramente che «noi
faticheremmo invano se lui non costruis- se la casa» 22.
E profondamente vero: noi dobbiamo, in un certo senso,
SENTIRCI COSTRUITI. L’amore, abbiamo detto, é la forza che unifica
i vari dinamismi della nostra persona; ed é lui che costruisce. La
libertá umana non é altro che cercare di vive- re la docilitá a questo
progetto d’amore.
In questi anni il nostro cammino formativo ci richiede di
crescere nella docilitá, che si approfondisce sempre di piü per
giungere all’intimo núcleo dell’OBBEDIENZA, senza rimanere a un
livello esteriore o superficiale.
La vera maturazione affettiva e sessuale, 1’autentica cre- scita
nell’amore richiede questo tipo di docilita, di obbe- dienza al
progetto di Dio sul nostro essere uomo o donna.
É fatica che noi non facciamo e non faremo invano, pero, perché
é orientata alia gioia. Questa é la certezza che ci muove: e l’amore
di Dio ci costruisce, ci chiama, ci attira e guida in ogni istante le
nostre azioni, affinché ciascuna di esse possa essere un SEMPLICE e
puro atto d’amore!
22
Cfr. Salmo 127.
141
Per la rifles sione e la preghiera
144
Beato l’uomo che ne hapiena lafaretra: non
resterá confuso quando verrá a trattare alia
porta con i propri nemici (Salmo 127).
...Quanto qui vediamo fatto materialmente nei muri, sia
fatto spiritualmente nelle anime; e ció che vediamo com-
piuto nelle pietre e nei legni, si compia nei vostri corpi per
opera della grazia di Dio.
Anzitutto perció ringraziamo il Signore nostro Dio, da cui
viene ogni buon regalo e ogni dono perfetto; rendiamo lode
alia sua bontá con tutto l’ardore del cuore, perché ha eccitato
1’animo dei suoi fedeli alia costrazione di questa casa di
orazione, ne ha stimolato 1’amore, ha prestato l’aiu- to; ha
ispirato a volere coloro che ancora non volevano, ha aiutato
gli sforzi della buona volontá perché passassero al- l’azione;
per questo é Dio stesso che ha cominciato e porta- to a
termine tutto questo, egli «che suscita» nei suoi «il volere e
1’operare secondo i suoi benevoli disegni» (Fil 2,13) (dai
DISCORSI di sant’Agostino vescovo, in LITURGIA DELLE ORE
SECONDO IL RITO ROMANO, Librería Editrice Vaticana, Cittá
del Vaticano 1992, vol. IV, p. 1500).
Non sapete che il vostro corpo é tempio dello Spirito
Santo che é in voi e che avete da Dio, e che non appartene-
te a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo.
Glorifícate dunque Dio nel vostro corpo! (ICor 6,19-20).
La piena scoperta della volontá non si riduce al solo mo-
mento del volere, alFesperienza vissuta «voglio»... Essa si
rivela non tanto come proprietá intrínseca all’atto compiuto
dalla persona, quanto come capacitá della persona di com-
piere atti, proprio perché essa possiede tale proprietá. Si puo
anche invertire questa relazione e dire che la persona si ma-
nifesta attraverso la volontá, e non solo la volontá attraverso
la persona e nella persona. Ogni atto conferma e a un tempo
concretizza questa relazione, in cui la volontá si rivela come
proprietá della persona e la persona come realtá che, riguar-
do al suo dinamismo, é costituita propriamente dalla volontá.
145
Definiremo questa relazione autodeterminazione...
Persona é cioé chi possiede se stesso e, nel contempo, chi
é posseduto solo ed esclusivamente da sé. (In un ordine di-
verso, in quanto creatura, la persona appartiene a Dio, tutta-
via questa appartenenza non annulla affatto, né offusca la
relazione intrínseca, essenziale alia persona, del possesso di
sé oppure dell’«appartenenza di sé»). I pensatori medievali
esprimevano ció nella proposizione PERSONA EST SUI IURIS.
II possesso di sé ossia 1’autopossesso, in quanto specifica
proprietá strutturale della persona, si manifesta e a un tempo
si conferma nell’azione per mezzo della volontá... «Voglio»
come autodeterminazione attuale presuppone struttu-
ralmente 1’autopossesso. Infatti si puo decidere solo di ció
che realmente si possiede e puo decidere soltanto chi pos-
siede. L’uomo decide di sé con la volontá perché possiede se
stesso...
All’autopossesso segue una seconda relazione che passa
nella stessa struttura dell’uomo in quanto persona, e nel
contempo é intimamente legata alia volontá. É la relazione
del dominio di sé ossia dell’autodominio, senza la quale non
si puo concepire né spiegare 1’autodeterminazione.
L’autodominio si puo anche esprimere come complessitá
specifica: persona, é da una parte, chi domina se stesso,
dall’altra, invece, chi essa stessa domina. Per autodominio
intendiamo qui qualcosa di diverso da ció che indica l’e-
spressione corrente «padronanza di sé». Quest’ultima si ri-
ferisce soltanto a una certa funzione del dinamismo proprio
della persona, riguarda una certa abilitá-virtú, oppure un in-
sieme di abilitá. Conviene allora piuttosto parlare di auto-
controllo. L’autodominio invece é qualcosa di piü essenziale,
inerente all’intima struttura della persona, che si distingue da
altre strutture e da altre entitá per il fatto che domina se
stessa. Bisogna quindi parlare piuttosto di «dominio di sé»,
anziché di «padronanza di sé» (K. Wojtyla, PERSONA E ATTO,
Librería Editrice Vaticana, Cittá del Vaticano 1982, pp. 131-
133).
UNITÁ E
146
Alcune problematiche del comportamento
sessuale
Introduzione
129 Cfr. ibid., pp. 41-44. Accenniamo soltanto, ad esempio, alia síndrome di Kli-
nefelter, che si presenta in soggetti maschi da un punto di vista fenotipico ma la cui
costituzione genetica, caratterizzata da un triplo cromosoma - XXY invece che XY -
blocca la maturazione dei testicoli e causa infertilita. Análogo problema si verifica nella
síndrome di Turner, che colpisce individui di sesso fenotipico femminile ed é provocata
da una deñcienza cromosomica - X invece che XX - che, anche in questo caso, blocca la
maturazione delle ovaie con conseguente in- fertilitá. Gli iníersessi sono invece
patologie piú gravi, caratterizzate da una di- screpanza tra sesso genetico, gonadico e
fenotipico.
Dio suir amore umano.
- II criterio usato é quello di rivolgersi, anzitutto, a per-
sone in cammino di crescita umana e vocazionale e, perianto,
a giovani chiamati sempre maggiormente alia sfida della
coerenza e della santitá. Come sempre, dunque, ci viene ri-
chiesta una VERIFICA PERSONÓLE in quanto seminaristi.
- Parliamo poi della masturbazione e dell’omosessualitá
nell’ottica dei futuri pastori di anime: con tutto l’amore che
puo muovere una ricerca finalizzata alia cura di ogni singóla
persona, se ne valuta il possibile RISVOLTO PASTORALE.
- La valutazione di tali problemi vuole essere serena ma
seria. Si vuole evitare ogni atteggiamento di giudizio ri-
guardo la persona ma, alio stesso tempo, raccogliere gli ele-
menti che danno speranza ai fini di un possibile SUPERA-
MENTO delle problematiche in discussione.
La masturbazione
Un problema da affrontare
158
camente da comportamenti sessuali errati. D’altra parte, oc- corre
aiutarci a non drammatizzare il problema masturbazione qualora
fosse, ancora o transitoriamente, presente in noi: ma ad affrontarlo
con coraggio, serenitá, coerenza, speran- za. E il primo modo per
farlo é manifestarlo con fiducia, perché questo fa parte del
cammino interiore: la nostra chiamata ci chiede davvero un
superamento di tali difficoltá.
É importante, per noi e per gli altri, tenere presente che la
persona umana ha un COMPITO serio da perseguire nella rea-
lizzazione della propria umanitá: quello ÁE\V INTE G RAZIO NE. La
genitalitá é parte della sessualitá, che é parte della persona. Leggere
il comportamento sessuale secondo un’ottica puramente genitale
significa tendere a disintegrare l’uomo.
La pulsione istintuale, che puó sembrare impeliente esi- genza,
puó avere un’altra risposta che non sia la soddisfa- zione immediata
del bisogno stesso. Se ci pensiamo bene, questa regola é valida per
ogni bisogno umano che non sia quello fisiologico: e l’esigenza
sessuale, abbiamo visto, non puó essere considerata una pura
necessitá fisiológica.
La SUBLIMAZIONE, come risposta da considerare un dinamismo
che nasce dall’ amore e a esso conduce6, ci aiuta a passare dal
bisogno al valore.
Perché, dunque, bisogna tendere a un superamento della
masturbazione? La risposta va inquadrata alia luce della
CENTRALITA DEL VALORE DELL’AMORE: per ogni persona, per ogni
vocazione. Dobbiamo allora chiederci: perché la masturbazione non
aiuta a realizzare 1’amore?
Ci sono almeno tre punti che aiutano a indirizzare la nostra rifles
sione:
- la masturbazione, abbiamo detto, é un’esperienza di profonda
solitudine, intesa quale reale ISOLAMENTO. Non pone la persona in
relazione e dunque la chiude all’amore;
- la masturbazione riconosce e genera l’incapacitá di fare dono
di sé perché la persona, divenendo OGGETTO per se stessa, non si
educa a riscoprire la propria preziositá;
- la masturbazione riconosce cause che possono essere anche
profondi PROBLEMI della persona. Affrontare tale problemática
nell’ottica di compréndeme le cause é, perianto, un segno di grande
amore verso l’individuo.
6
Cfr. Unitá B,
Sublimazione.
159
Approccio educativo e pastorale
1. L’educazione al bello
E una dimensione importante giá dall’etá infantile e ado-
lescenziale. É una modalitá di ricercare la bellezza nelle cose e di
proporla attraverso immagini, suoni, parole. É il tentativo di
presentare la BELLEZZA DELLA PERSONA, la sua armonía che leí stessa
sperimenta con maggiore facilitá se é aiu- tata dall’ambiente in cui
vive.
Anche 1’esperienza comunitaria del seminario puo essere una
scuola utile in tal senso. Ciascuno di noi, sviluppando l’attenzione e
la propria creativitá, puo contribuiré a far vivere in questo ambiente
la bellezza, che é da ricercare nel- rarmonia della persona; essa
quindi necessita anche di una cura di noi stessi, del nostro corpo,
che incami e testimoni 1’amore che ci sforziamo di portare alia
persona. Prima di tutto alia nostra.
2. L’educazione al vero
É in realtá la stessa cosa: il bello e il vero, infatti, si so-
vrappongono. E l’educazione all’AMORE PER LA VERITÁ. Anche qui,
non bisogna limitarsi a valutazioni di carattere teo- rico, ma alia
veritá di noi stessi. É veritá che impariamo dalla lettura della nostra
stessa persona, dall’insegnamento della Chiesa, dal rapporto con gli
altri, cercando di relazio- narci con una persona a motivo della sua
preziositá. Io scopro in me stesso e nell’altro la veritá di persona,
figlio di Dio.
Anche il seminario é luogo in cui impariamo questa veritá: non
solo per i nostri studi, ma anche grazie al rapporto con i compagni.
Quante volte, infatti, sono proprio le espe- rienze degli altri a
svelarci un mistero che riconosciamo essere nel cuore stesso di Dio!
3. L’ediicazione al servizio
La crescita nell’amore esige gesti concreti: e 1’amore al servizio
é una
160via pratica per superare l’egoismo, un aspet- to non marginale
nel problema della masturbazione. II servizio ci pone in un’ottica di
CRESCITA NELL’AMORE. E strada reale al superamento di molti
problemi, in quanto aiuta il superamento di sé, ed é una dimensione
essenziale per l’e- ducazione al presbiterato, a un’esistenza
sacerdotale spesa nella gratuitá e nell’attenzione agli ultimi.
Su questo punto é essenziale una verifica. Siamo invitati a
chiederci non solo se serviamo, ma a interrogará su quale sia la
qualitá del nostro servizio, particolarmente aH’interno della
comunitá del seminario: se ci si limita a rispondere, magari
malvolentieri, a un servizio ordinato dai superiori o se ci sia una
disponibilitá a un servizio spontaneo, generoso, gioioso. Non si puo
fare un discernimento completo della vocazione sacerdotale
prescindendo dalla crescita e dall’amore per il servizio.
Inquadramento e definizione
Fattori psicologici
Uno degli elementi piü significativi, che per lungo tempo é stato
138 Cfr. G. Zuanazzi, La condizione omosessuale. Definizione efattori causali, op. cit., p.
54. 165
confusione di identitá - che sarebbe destinata a evolvere
positivamente - se «etichettati» come OMOSESSUALI, possono
venire quasi spinti sulla via dell’omosessualitá 15.
La scoperta o il sospetto della propria DIVERSITÁ avviene in
genere, nel ragazzo, in varié fasi.
C’é, all’inizio, una presa di coscienza: la scoperta della
propria corporeitá e l’attrattiva verso il medesimo sesso so-
no, in genere, fattori scatenanti 1’ansia. II persistere di tale
situazione porta a una depressione, che puo mantenersi tale
1 sfociare nella ricerca di soggetti con la medesima tenden-
za: é la dimensione del GRUPPO che, peraltro, riflette inizial-
mente una tendenza di aggregazione típica dell’adolescente.
II problema emerge qualora il gruppo stesso si proponga
come luogo nel quale vivere alcune esperienze, quali ad
esempio la masturbazione, che, pur non legate a una situa-
zione omosessuale, possono tuttavia avere una ripercussio-
ne significativa sul ragazzo che si trovi a vivere tale condi-
zione. II gruppo diventa cosi una sorta di PROTEZIONE, fino
ad assumere una vera e propria forma di autodifesa con una
certa connotazione ideológica. Si puo, in questo senso, af-
fermare che il gruppo favorisce l’inclinazione, permettendo
al ragazzo di passare dalla conferma della sua TENDENZA
OMOSESSUALE alia possibilitá di manifestarla.
II pericolo del gruppo si accentua a motivo di quella sfu-
matura di aggressivitá, reattiva a uno stato di emarginazio-
ne reale o presunta, che caratterizza a volte la personalitá
omosessuale, rivelando un evidente stato di disagio esaspe-
rato a motivo della delusione che accompagna le fantasie e
2 sogni della persona, spesso successivo alia sua frustrazio-
ne per una prima esperienza sessuale molto deludente. II
disagio non é dunque principalmente dovuto all’emargina-
zione: puo essere una sensazione interiore e la persona ha
bisogno di acquisire tale consapevolezza.
L’esperienza della solitudine e della tristezza ha radici piü
profonde: attraverso 1’amore «per il proprio simile» viene a
mancare
15
lap.realizzazione
Cfr. ibid., 51. di quella completezza cui, per sua
stessa natura, é orientata la sessualitá della persona umana 139.
166
139 Cfr. G. Zuanazzi, La condizione omosessuale. Atteggiamenti strutturali e
considerazioni conclusive, op. cit., p. 62.
Un’origine biologica?
II fattore culturale
140 Cfr. A. Serra, Sessualitá: natura e cultura, op. cit., pp. 58-59.
141 Cfr. ibid., p. 60.
142 D. Tettamanzi, L’omosessualitá nel contesto dell’antropología cristiana, in
Antropología cristiana e omosessualitá, op. cit., p. 16. 167
goglio omosessuale e, pariendo da una giustificazione del-
l’omosessualitá, si prefiggono di intervenire a livello socia-
le, politico e legislativo affinché lé unioni omosessuali sia-
no garantite da diritti analoghi alio stato coniugale. La stessa
cultura GAY é perd indubbiamente favorita da alcune si-
tuazioni che sono ormai divenute connaturali: la LEGGE SUL
DIVORZIO, che mina alia base la stabilitá e dunque la stessa
ragion d’essere del vincolo coniugale; la LEGGE
SULL’ABORTO, che ufficializza la rottura del legame tra la
sessualitá e la vita; la stessa CULTURA CONTRACCETTIVA, che
si pone a ostacolo tra la complementaritá e la feconditá del
dono reciproco tra le persone, proponendo una visione
sterilizzata del rapporto sessuale e dell’amore in genere.
Come ribadisce con forza 1’EVANGELIUM VITAE, per co-
struire una vera cultura della vita umana bisogna andaré alie
radici della vita stessa, cioé riscoprire il legame tra amo- re,
vita e sessualitá143.
La dimensione spirituale
170
144 Cfr. Paolo VI, Lettera enciclica Humanae vitae, 31.
Cura pastorale della persona omosessuale
145 Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, La cura pastorale delle persone
omosessuali.
146 Ibid., 16.
147 Cfr. Ibid., 6.
148 Cfr. Rm 1,27.
149 Rm 1,20.
150 Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, La cura, pastorale delle persone
omosessuali, 6. 171
Tale affermazione é molto profonda, e dobbiamo porre
mía grande attenzione a non cadere in falsi e pericolosi mo-
ralismi. La condanna dell’omosessualitá non é una condanna
della persona che - lo sappiamo bene -, qualunque sia il suo
peccato, é sempre oggetto dell’amore di Dio: un amore
tenero e compassíonevole, salvifico e liberante. Un amore
che, con forza e dolcezza, con una perseveranza che é giun-
ta fino al dono della vita in Cristo, tende a restaurare in ogni
creatura quel progetto originario della creazione nel quale
dimora l’ereditá di gioia che é preparata per ciascuno di noi.
«Come accade per ogni altro disordine morale, l’attivitá
omosessuale impedisce la propria realizzazione e felicita
perché é contraria alia sapienza creatrice di Dio» 151. É per
questo che, senza qui inoltrarci in un discorso di colpevo-
lezza - la complessitá delle dinamiche psicobiologiche puo
cambiare notevolmente, fino quasi a renderla nulla, la valu-
tazione della colpevolezza della persona siamo consape- voli
di come sia profondamente ingiusto legittimare un
comportamento omosessuale della singóla persona che, giá
di per sé, si sa essere lesivo della sua dignitá.
E davvero profonda l’indicazione che il Documento ci
suggerisce per mantenere un atteggiamento di equilibrio
pastorale e di grande speranza: lo stesso che ci é richiesto in
una qualsiasi CONVERSIONE DAL MALE152.
151 Ibid., 1.
172
152 Cfr. ibid., 11.
conoscere il valore della croce 153 in un duplice senso: prima
di tutto, é chiamata a PORTARE tale croce, come il Signore
Gesü, nella condivisione di un'intima sofferenza, in un ab-
bandono a lui che é forse carico únicamente del suo amore.
Poi é invitata a SPERARE nel valore salvifico della croce di
Gesü, che trasforma dal di dentro le nostre debolezze fisi-
che, psichiche, mentali e spirituali, rendendoci sempre piü
simili a lui.
Ecco la vera speranza che noi possiamo daré alia persona
che vive il dramma dell’omosessualitá: la croce. Possiamo
essere testimoni di questa speranza se crediamo che ogni
croce non é una condanna, ma il principio della vita nuova;
possiamo esseme testimoni se siamo disposti a portare con la
persona questa croce, camminando insieme verso una si-
cura risurrezione.
3. II valore dell’amicizia
In questa luce, 1’amicizia acquista un profondo significato
pedagógico, pastorale, cristiano, perché é accoglienza della
persona, in una dinamica nella quale si ricerca únicamente il
suo bene e che sará tanto piü autentica quanto piü si cercherá
di superare il problema che la affligge.
L’utilitá dell’amicizia si evidenzia proprio per l’influsso
positivo di questa ACCOGLIENZA DI SÉ che la persona con pro-
blemática omosessuale sperimenta: un’accettazione di sé
che, peraltro, a volte é evidenziata come autentica carenza
proprio in queste situazioni. La vera amicizia aiuta inoltre la
persona a s viluppare 1 ’ OBLATIVITA, a dimenticare se stessa
e le proprie esigenze, a imparare a superarsi per donarsi al-
l’altro: é un grande aiuto per la crescita nell’amore.
Una considerazione particolare merita la valutazione del-
l’amicizia che lega la persona omosessuale al “partner”. Puó
essere di un certo aiuto potenziare questa realtá che, tra
l’altro, spesso induce in comportamenti omosessuali persone
semplicemente legate da un particolare affetto. Se dunque -
con la necessaria prudenza e con il dovuto sostegno - si cerca
di sviluppare soltanto il valore dell’amicizia, la ricerca del
vero bene dell’altro, la valorizzazione della sua bellezza,
153 Cfr. ibid., 12. 173
dignitá e veritá, si puó intravedere una possibilitá di
cammino che liberi le persone coinvolte dal comportamento
omosessuale attraverso la crescita di un vero e disin-
teressato amore reciproco. Certo, tale evenienza é piuttosto
difficile da proporre e richiede che le persone siano disposte
ad affrontare con determinazione un impegno di crescita,
forse lungo e difficile: pero le aiuterá senz’altro a matu- rare
nella veritá del dono di sé, nella coscienza della propria
chiamata alia sponsalitá e a liberarsi da comportamenti che
potevano semplicemente tradurre emotivitá, abitudine,
debolezza o ricerca di affetto.
4. 11 valore della castitá
Nel pensare alia cura pastorale del problema dell’omo-
sessualitá, é importante riscoprire 1’autentico valore della
castitá che, d’altra parte, OGNI CRISTIANO é chiamato a realiz-
zare31. La castitá, che anche la persona con tendenza omo-
sessuale é chiamata a vivere, non si puo interpretare ridutti-
vamente come assenza di attivitá genitale 32.
Come per ogni cristiano, la castitá é infatti un DONO, una
VOCAZIONE, alia quale la persona risponde solo se scopre
l’urgenza di proteggere il progetto originario del Creatore
sulla sessualitá e 1’amore.
Si tratta di un valore che deve essere testimoniato da tutti:
nel matrimonio, nel fidanzamento, nel sacerdozio, nella
vergi- nitá consacrata. La testimonianza rende VISIBILMENTE
POSSIBILE la realizzazione della castitá nei diversi stati di vita
e costitui- sce un prezioso aiuto per la persona che vive
1’omosessualitá.
Su questo valore si fonda la chiamata personale di Dio
amore: e la castitá, lo vedremo, é anche una virtü. II compor-
tamento casto, nella sua essenza piü intima, non si riduce a
un «no» ad alcuni gesti, ma esprime un «si» totale
all’Amore.
Oltre a tutte le iniziative di carattere pastorale, 1’aiuto
forse essenziale che il nostro sacerdozio pud daré alie situa-
zioni omosessuali é proprio la testimonianza di una castitá
vissuta quale scelta positiva d’ amore. Ció che in un presbí-
tero pud essere realizzato per grazia sacraméntale, in ogni
persona puo essere operato dalla grazia di Dio. Egli, nella
174
sua pedagogía d’amore, si puo servire anche di noi quali
strumenti che sanno dimostrare come la castitá non sia un
ripiego ma rappresenti una vera forza, una gioia autentica,
una beatitudine: la felicita della veritá.
154 Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, La cura pastorale delle persone
omosessuali, 17. 175
persona che viva il problema omosessuale: l’esperienza di
fede «sembra scatenare le “risorse interne”: forza di volontá,
introspezione ed emozioni positive; esse fanno si che la
persona lotti realmente e le fomiscono la necessaria spinta
motivazionale per continuare»155.
É indispensabile che la persona, in questo cammino, sia
aiutata dalla guida spirituale, dalla preghiera, dalla grazia
sacraméntale. II Signore penetra nel cuore e lo cambia, ri-
velando il suo progetto e la sua volontá: mostra la veritá, anzi
si mostra come veritá che libera156. E lo fa con quell’a- more
che é, alia fine, piü forte di ogni déficit psicologico, di ogni
comportamento inconsapevole, di ogni peccato!
Siano, questa veritá e questo amore, 1’anima della nostra
preghiera e della paterna cura che, come «pastori secondo il
cuore di Dio»157, potremo donare a «persone le cui sofferen-
ze possono solo essere aggravate da dottrine errate e alle-
viate invece dalla parola di veritá» 158.
Per la riflessione e la preghiera
179
D. La gestione di un problema come quello dell’omoses-
sualitá puó causare grosse difficoltá a Una famiglia. Come
aiutare una famiglia cristiana ad accogliere e a sostenere
nella veritá un figlio che viva tale problemática?
R. E una domanda difficile e delicata, anche perché mol-
te possono essere le circostanze nelle quali una famiglia puó
venire a trovarsi. I genitori potrebbero, ad esempio, ri- cevere
dal figlio una conñdenza riguardo al suo stato; potrebbero
intuirlo e non póteme parlare; potrebbero, ancora, venirlo a
sapere da altri.
La complessitá del problema ci obbliga a riservare una
particolare cura a queste famiglie, la cui reazione dinanzi a
UNA situazione di omosessualitá potrebbe oscíllare da uno
spropositato senso di colpa a un’inutile condanna del figlio.
É importante aiutare la famiglia a mantenere o riscoprire la
propria vocazione di LUOGO DI ACCOGLIENZA e amore, posto
privilegiato nel quale l’individuo impara che il valore del
t,uo “essere persona” é superiore a qualunque limite e/o dif-
ficoltá. E importante che nessuno si senta giudicato o rifiu-
tato a motivo del proprio stato, soprattutto in famiglia.
La famiglia, pero, deve anche essere LUOGO DI VERITÁ: ac-
cogliere la persona non significa necessariamente condivi-
derne i comportamenti. La carita piü grande verso il figlio é
proprio quella di lottare contro le azioni che possono impe-
diré la sua realizzazione come persona.
Infine, é molto importante che la famiglia ritrovi la sua
vocazione a essere LUOGO DI PREVENZIONE. La castitá coniu-
gale é un grande dono, ma é anche una grossa responsabili-
tá educativa. Dobbiamo davvero aiutare gli sposi a com-
prendere quanto la loro identitá e il loro amore reciproco
siano preziosi affinché i figli apprendano correttamente il
valore dell’identitá sessuale e del vero amore (cfr. Unitá G).
Voi, fratelli, siete stati chiamati a libertá. Purché questa
libertá non divenga un pretesto per vivere secondo la
carne, ma mediante la carita siate a servizio gli uni degli
altri. Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo
precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso. Ma se vi
mordete e divorate a vi- cenda, guardate almeno di non
180
distruggervi del tutto gli uni gli altri!
Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non
sarete portati a soddisfare i desideri della carne; la carne ha
infatti de- síderi contrari alio Spirito e lo Spirito ha
desideri contrari alia carne; queste cose si oppongono a
vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste.
Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete piü
sotto la legge. Del resto le opere della carne sono ben note:
fomicazio- ne, impuritá, libertinaggio, idolatría,
stregonerie, inimicizie,
181
discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie,
ubria- chezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi
preavviso, come ho giá detto, che chi le compie non
erediterá il regno di Dio. II frutto dello Spirito invece é
amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontá, fedeltá,
mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’é legge.
Ora quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne
con le sue passioni e i suoi desideri. Se pertanto viviamo
dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito (Gal
5,13-25).
183
Introduzione
162 Ibidem.
163 Cfr. Gv 15,15.
Obiettivi
Dall’“io” al “noi”
193
me.
I due “io” trasmettono se stessi al nuovo “noi”, da loro
generato; non solo la forza origínale di un sentimento, ma la
grandezza di una vera libertá che vive lo sforzo di uscire da
sé, dai limiti che il sentimento impone.
Questa analisi ci pone dinanzi la necessitá di una seria
verifica vocazionale, soprattutto nel caso del discemimento
della chiamata al matrimonio, dov’é importante «verificare
quel che c’é IN ciascuna della persone co-creatrici dell’a-
more e, di conseguenza, anche quello che C’É TRA loro»7.
L’amore umano possiede questa grandezza ineffabile:
nasce nel cuore della persona ma non rimane in esso; si nutre
di ció che la persona sente e vive ma non é completamente
definito e misurato da tale esperienza. L’amore pre cede,
suscita, accompagna e supera ogni sentimento ricon- ducendo
verso la veritá ogni esuberanza sentimentale e ogni tristezza
che il sentimento perduto provoca.
La persona che ama comprende, come non mai, di essere
protagonista di ció che vive ma, quasi paradossalmente, di
non esseme artefice. Tanto piü l’uomo sa essere protagonista
quanto piü sa di non essere artefice dell’amore che vive c
non ritiene l’amore una sua creatura, ma si ritiene CREATUra
DELU AMORE.
L’amore é un dono: se anche questa affermazione ci sem-
brasse semplicistica, siamo invitati a penetrame ancora tutta
la portata. All’origine di ogni esperienza d’amore c’é
qualcosa di non programmato, di non manipolato, di non
costruito ma riconosciuto e accolto. Esattamente, il DONOL
É il dono della persona, di ció che lega alia persona e che,
alia fine, quasi si identifica con la persona stessa.
Nasce l’amicizia ■
194
simpatía non richiede l’esercizio della volontá, né una vera e
propria scelta, una decisione: ha una forte carica di soggetti-
vitá, che rappresenta insieme una ricchezza e un limite.
La simpatía diventa amicizia quando la volontá si sente
ormai chiamata a scegliere: va trasformata in amicizia ma,
nello stesso tempo, é la simpatía stessa che conferisce all’a-
micizia quel calore senza il quale non sarebbe pienamente
personale8.
C’é da affrontare una cammino maturativo, fatto di cono-
scenza e riflessione, che richiede tempo, pazienza e autodo-
minio perché la simpatía cresca nel diventare amicizia elet-
tiva, scelta e impegno della libertá e della volontá.
E un processo di autoeducazione ma, nello stesso tempo, é
un’importante caratteristica dell’educazione all’amore.
Bisogna educare ed educarsi alia vera amicizia, compren-
dendo che nel rapporto interpersonale non tutto puo essere
affidato al sentimento e alia simpatía.
L’amicizia compone in sé la soggettivitá e l’oggettivitá:
non puo nascere soltanto da una fredda decisione - ciascuno
lo sperimenta indubitabilmente - ma, per vivere, ha bisogno
che la nostra libera decisione di voler bene sia continua-
mente confermata. Molto spesso, nell’amore umano, si fa
Ferrare di fermarsi alio stadio della simpatía. «Stiamo bene
insieme»: puo sembrare una tappa soddisfacente, ma essa
porta, in certo senso, a stare insieme finché si «sta bene».
In questo senso, appare importante il CAMERATISMO, che
nasce dalla condivisione di alcuni impegni comuni: il lavo-
ro, lo studio... Puo essere anche per noi quell’esperienza
iniziale che ci fa trovare insieme in seminario, in classe o in
gruppo. II cameratismo differisce sia dalla simpatia - in
quanto non sboccia da essa - sia dall’amicizia, perché non
sempre o non súbito si accompagna a una scelta elettiva della
persona. E tuttavia una fase particolarmente preziosa, perché
permette di sperimentare la condivisione di un impegno, di
uno sforzo che sia oggettivo.
II cameratismo si rivela un’esperienza importante per
maturare nella dimensione OGGETTIVA dell’amore e si dimo-
stra particolarmente utile nella costruzione della comunitá,
8
Cfr. ibid., p. 81.
195
anche familiare: le persone capaci di vivere in gruppo san-
no fare della propria famiglia «un gruppo sólidamente unito
in cui regni una preziosa atmosfera di vita in comune» 9.
In seminario si sperimenta quotidianamente la necessitá di
confrontarsi con rapporti da costruire: e questo, lo vedre-
nio, rappresenta una vera e propria SCUOLA DI COMUNIONE.
pal cameratismo, vissuto da persone che si sforzano di cre-
scere nell’amore, certamente sbocceranno relazioni di ami-
cizia splendide e forti, che sono davvero 1’anima di una co-
munitá. Dalla condivisione puo nascere la comunione: é
bello e auspicabile che ció avvenga.
Caratteristiche dell’amicizia
La reciprocitá
«SI puó amare senza essere riamati; in tal caso c’é amo- re,
ma non amicizia, perché 1’amicizia é un amore ricam- biato.
Se non é ricambiato non é amicizia»167.
La reciprocitá é quasi una risposta che l’amico dá all’ami-
co: l’unica possibile. E un impegno, scaturito spontanea-
mente dall’amore, per cui la persona cerca il bene dell’altro
il quale, a sua volta, cerca il bene deH’amico. É proprio que-
sto tipo di reciprocitá che conferisce all’amicizia la peculia-
re sicurezza di chi sa di essere custodito nella veritá, per
sempre: «l’amicizia, infatti, deve essere stabile, quasi un’im-
165 San Francesco di Sales, Filotea: introduzione alia vita devota, Paoline, Mi-
lano 1984, p. 180.
166 Ibidem.
167 Ibidem.
7
K. Wojtyla, Amore e responsabilitá, op. cit., p. 78.
196
magine dell’etemitá, e rimanere costante nell’affetto» 168.
La comunicazione
«Non basta che sia ricambiato 1’amore: le parti che si
amano devono saperlo. Se non lo sanno, avranno tutto l’a-
more che vogliono, ma non ci sará amicizia» 169.
Si diventa amici imparando questo speciale dialogo che
esprime la capacitá di metiere in comune. Bisogna sapersi
consegnare all’amico: saper fare dono della parola e del si-
lenzio. E tutto ció di venta piü facile man mano che all’af-
fetto si aggiunge la stima 170. Bisogna imparare a vivere lo
scambio come apertura che educa all’apertura del cuore. II
dialogo dell ’ amicizia, infatti, é intimo, personale ma non
provoca egoistiche chiusure. Crescere nell’amicizia significa
anche superare la gelosia: ció che un amico é deriva anche
dalle sue rélazioni con altri amici 171.
La veritá
«Coloro che si amano devono avere qualche bene in co-
mune a base della loro amicizia»172.
E un bene certamente intimo, ma che deve essere ogget-
tivo. La domanda «mi vuoi bene?» sembra coincidere, tra
due amici, con la richiesta: «hai a cuore la stessa veritá?» 173.
E ció che fa la veritá dell’amicizia é anche la veritá del bene
che insieme si cerca e del quale si intende fare reciproco
dono: «migliori saranno i beni, migliore sará 1’amicizia» 174.
I gradini delFamicizia
197
razione nella vera amicizia riflette e aiuta la nostra matura-
/ione umana e affettiva, nonché la crescita nella fede.
La conoscenza e la scelta
La scelta dell’amico, anche se non é un momento pro-
grammato razionalmente, si estrinseca, gradualmente o im-
provvisamente, come una comunicazione speciale, intima,
nuova. Ma la scelta é quasi intrínsecamente collegata alia
comune decisione del bene che si desidera porre a fonda-
mento dell’amicizia stessa. E quando si mette alia base della
propria vita l’amore di Dio, é a esso che «bisogna ripor- tare
tutto ció che 1’amore o il sentimento suggeriscono, tutto
quello che un’ispirazione segretamente ci sussurra o un
amico propone apertamente»175.
La scelta é anche tempo di verifica: possiede il fascino
timoroso e il delicato desiderio di una vicendevole scoperta
che, pur essendo autentica, deve tuttavia rispettare e nutriré
la reciproca libertá. Per questo la decisione si nutre della
conoscenza che, superando la paura della diversitá, evita,
alio stesso tempo, pericolose idealizzazioni.
La prova e lafedeltá
La prova dell’amicizia puó essere utilmente interpretata
come impegno che nasce dalla scelta e, alio stesso tempo, la
conferma. É il tempo della tribolazione, della tentazione,
sólitamente dovuta all’amor proprio che genera sospetti,
gelosie, superficialitá. In questa fase puó sembrare inutile
impegnarsi in un’impresa che si considera fallimentare e che,
tuttavia, permane indispensabilmente costitutiva dell’i-
dentitá personale. Ognuno di noi é anche ció che 1’amico gli
dona: non bisogna dimenticarlo quando 1’amicizia vive il
tempo - umanamente comprensibile e inevitabile - della
desolazione.
Perseverare nell’impegno scelto, anche durante la soffe-
renza e l’incomprensione, é una prova che solo la vera ami-
175 Ibid., p. 163.
7
K. Wojtyla, Amore e responsabilitá, op. cit., p. 78.
198
cizia puo superare, in quanto essa attinge forza a quella ve-
ritá dell’amore di Dio che si é posta a immutabile fonda-
mento dell’amicizia stessa. La fedeltá é garanzia dell’ami-
cizia che, alio stesso tempo, permette di educare la persona
all’esigenza di una crescente fedeltá: «chi é fedele nel poco,
é fedele anche nel molto»176.
L’accoglienza e la riconoscenza
Talvolta capita di ascoltare o di esprimere il racconto del
primo incontro di un amico con questa espressione: «mi
sembrava di conoscerlo da sempre...». Accogliere, nelFa-
micizia, significa “riconoscere”.
L’amicizia é accogliente, perció si conferma esperienza
che aiuta la persona a superare gradualmente i limiti del
pregiudizio o del giudizio facile e la proietta verso la gra-
tuitá che sconfigge 1’egoísmo. Accogliere significa ricono-
scere la preziosa unicitá dell’amico che, nonostante la sua
umana debolezza e il suo limite, é contemplato come dono.
Cosi l’accoglienza diventa riconoscenza che si manifesta
verso 1’amico e verso ogni creatura e apre alia gratitudine
nei confronti di Dio, dal quale ogni dono proviene. E dunque
1’umano e il divino si fondono in un accordo che la re-
lazione di amicizia, con la sua reciprocitá e la sua gioia pa-
cificata, puo consentiré di vivere.
199
creature, puo cosi diventare davvero un «gradino verso
pío»179, un’anticipazione della vita eterna: «é bello poter amare
sulla térra come si ama in cielo e volersi bene in questo
mondo come faremo eternamente nell’altro» 180.
Anche Gesü ha vissuto 1’amicizia: ci ha «chiamati amici»181
proprio perché ha desiderato trasmetterci ció che udiva dal
Padre, il mistero di Dio. L’ansia del nostro cuore, chiamato a
essere «secondo il suo»182, deve essere auténticamente quella
di poter daré all’amico, giá da og- gi, cío che abbiamo
ricevuto dal Signore, nella consapevolezza che egli ci é stato
affidato da Dio. «Erano tuoi e Ji hai dati a me» 183: é lo
splendido “potere” dell’amicizia che il pastore deve vivere e
la sua impegnativa responsa- bilitá.
200
fratello commette una colpa, vai e ammoniscilo fra te e lui
solo; se ti ascolterá, avrai guadagnato il tuo fratello»186.
Per essere un reale servizio, pero, esso richiede alcune
condizioni.
Appare importante il senso di RESPONSABILITÁ: solo chi ha
cura del fratello riesce ad accorgersi dei suoi veri errori, a
coglierne le eventuali sofferenze, a sforzarsi di trovare per
lui le possibili soluzioni, a correre il rischio di una parola
che, pur essendo vera, puó tuttavia esporre al rifiuto chi la
pronuncia. La correzione fraterna, nell’amicizia e nella co-
munitá, deve essere aiutata da una sorta di “regola”, esplici-
ta o silenziosa, che aiuti a sconfiggere la rigidezza provoca-
ta dalla permalositá: é la legge della ricerca del bene. Se la
responsabilitá é il presupposto, il BENE é il contenuto.
D’altra parte, ogni persona richiede di essere aiutata se-
condo le proprie caratteristiche personali: pertanto
YASCOLTO, la DELICATEZZA e il SOSTEGNO sono le principali
modalitá con le quali la correzione fraterna sembra doversi
svolgere, perché evitano decisamente l’equivoco del
giudizio.
Per correggere il nostro fratello, dobbiamo poi essere
pronti a lasciarci correggere: un simile atteggiamento di
UMILTÁ ci porta a impegnarci in tale preziosa e difficile av-
ventura che, in fondo, non richiede che questo: amare e la-
sciarsi amare!
Amore, comunione e comunitá
Uomini di comunione
201
munitá e a essere “uomo di comunione” un elemento vera-
mente essenziale é la capacitá di relazione con gli altri» 187.
Questa capacitá matura e si esprime concretamente anche
nella vita del seminario, durante la quale siamo infatti
chiamati ad accogliere e costruire in modo del tutto specia-
le la FRATERNITÁ: é uno dei cardini della formazione sacerdo-
tale. Non ci viene richiesto solo un serio impegno nello stu-
dio o un’intensa vita di preghiera: siamo inseriti in una CO-
MUNITÁ nella quale accogliamo il dono - e il compito - del-
1’ amicizia.
Dobbiamo interrogarci su come viviamo la nostra AMICI-
ZIA - in particolare dentro la comunitá -, sul modo in cui ci
impegniamo a far crescere la simpatía verso 1’amicizia e
stiamo dinanzi all’altro, ai nostri compagni di seminario, ai
superiori: se cerchiamo di crescere nella benevolenza, nella
libertá di una volontá che sceglie, nella gratuitá. E su come
esercitiamo, ma prima di tutto accogliamo, la correzione
fraterna.
La vita del seminario é caratterizzata da una quotidianitá,
profonditá e necessaria autenticitá della vita di relazione che
ci indirizzano e richiedono di crescere secondo le linee che la
citata encíclica suggerisce, quando esorta afferman- do: «il
sacerdote non sia né arrogante né litigioso, ma sia affabile,
ospitale, sincero nelle parole e nel cuore, prudente e discreto,
generoso e disponibile al servizio, capace di of- frire
personalmente, e di suscitare in tutti, rapporti schietti e
fraterni, pronto a comprendere, perdonare e consolare» 188.
Suscitare tali relazioni significa - ed é bellissimo - GENERARE
FRATEMITÁ.
É un altro importante elemento che impreziosisce di mi-
steriosa feconditá il ministero sacerdotale; é il peculiare
programma di vita di quell’“uonio di comunione” che cia-
scuno di noi é chiamato a essere e a diventare.
Sponsalitá e fraternitá
187 Giovanni Paoio II, Esortazione apostólica, Pastores dabo vobis, 43.
188 Ibidem.
7
K. Wojtyla, Amore e responsabilitá, op. cit., p. 78.
202
La comunione «é oggi uno dei segni piü eloquenti e una
delle vie piü efficaci del messaggio evangélico» 189: se non si
costruisce la comunione non si puo arrivare al cuore del-
l’uomo. Pensiamoci bene: 1’essere umano é profondamente
sensibile all’amore. E, anche quando ascolta, lo fa perché
riesce a cogliere e ad accogliere in ció che sente un messag-
gio di amore e di veritá.
La capacitá di relazione va costruita non solo sui tentati-
vi psicologici di sviluppare le attitudini umane, ma sulla
garanzia di fedeltá che il dono della nostra vocazione, e
dunque della nostra vita, porta con sé.
II sacerdote puo essere uomo di comunione perché deve
essere uomo che ama donandosi completamente. Egli puo vi-
vere la fratemitá se tende a realizzare la propria sponsalitá
con Dio. Potremmo dire che la fratemitá sta alia sponsaütá
come la feconditá sta all’amore. La maturazione affettiva si
accompagna dunque alia capacitá di vivere una vera amicizia
che, d’altra parte, aiuta a formará all’amore, perché si radica
nei la gratuita e inserisce la persona - il sacerdote, il
semina- ,-Ma - in quell’esperienza di libertá che é il dono di
sé.
Per tali motivi, la maturazione affettiva e sessuale del se-
minarista viene certamente aiutata dalla vita comune e dalla
comunione che é - come ormai sappiamo bene - il CONTE-
IIUIO, il senso dell’affettivita e della sessualitá umana.
La maturazione affettiva é una dinamica personale: e lo
simo anche le problematiche della sessualitá. Ma, proprio in
quanto personali, sono DELLA PERSONA che vive inserita in
uiu comunitá.
Noi non siamo certamente chiamati a risolvere i proble-
iiii di maturazione umana e affettiva di chi ci sta accanto: mu
siamo invitati, in quanto comunitá, a creare quel clima
¿iflettuoso e a donare quel supplemento d’amore che ricordi
a mtti e a ciascuno come 1’amore sia la nostra
fondamentale \ocazione190.
189 Ibidem.
190 Id., cfr. Esortazione apostólica Familiaris consortio, 11.
8
Cfr. ibid., p. 81.
203
Affettivitá e vita comune
191 Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le societá di vita apostólica,
La vita fraterna in comunitá, 22.
7
192 Ibidem.
K. Wojtyla, Amore e responsabilitá, op. cit., p. 78.
204
viene offerta e, pertanto, é una grande responsabilitá che ci
viene affidata. Bisogna maturare nell’amore per costruire la
comunitá e viceversa.
Se é vero che dalla sponsalitá nasce la fratemitá, é altret-
tanto vero che LA FRATEMITÁ EDUCA ALIA SPONSALITÁ. Non di-
mentichiamo questa veritá anche quando avremo la respon-
sabilitá, spesso trascurata, di custodire la stessa fratemitá
presbiterale: essa, a sua volta, ci custodirá. E, in modo parti-
colare, proteggerá anche la nostra sponsalitá con il Signore c
la vera feconditá del nostro impegno missionario. «La co-
munione e 1’amicizia fra i presbiteri, mentre sostengono e
mantengono aperta ed equilibrata la scelta e la condizione del
celibato, sono anche il fondamento indispensabile a qua-
lunque collaborazione pastorale posta a servizio di una
Chiesa in missione, oltre il gruppo o la stessa parrocchia» 193.
193 Commissione episcopale per il Clero della Cei, Nota Linee comuni per la vita
dei8 nostri Seminan, 46.
Cfr. ibid., p. 81.
205
La comunitá é, perianto, un dono: per questo motivo non
possiamo credere «schola
[1 seminario: che la nostra
amoris»transitoria esperienza di vita in
seminario sia trascurabile. Non siamo stati messi assierne a
caso: la ricchezza e la specificitá della nostra esperienza
comunitaria ha un senso preciso e povvidenziale nel cam- mino di
ciascuno di noi. E ognuno puo e deve essere, per 1’al tro.
segno di questo provvidente amore di Dio che nel- I’al tro si
incama.
La comunitá é certamente gravata dai limiti e dalle debo-
lezze umane: ma puo e deve diventare una «SCHOLA AMORIS...
una scuola ove si impara ad amare Dio, ad amare i fratelli e ls
sorelle con cui si vive, ad amare l’umanitá bisognosa della
misericordia di Dio e della solidarietá fraterna» 194.
Ecco il senso ultimo della vita del seminario: SCHOLA
AMORIS L Ed é bello pensare che questa puo essere una scuola
d’amore, avendo tanto riflettuto sul valore e sul significato
dell’amore umano. Se impariamo a concepire e vivere cosi
questa comunitá, la maturitá affettiva sará raggiunta con
maggiore facilitá e spesso con silenziosa naturalezza.
In questa scuola dobbiamo, innanzitutto, imparare a DI-
VENTARE FRATELLI. Per questo é importante conoscersi, poter
comunicare in maniera ampia e profonda: ció non significa
necessariamente dover narrare le proprie vicende, ma ae-
quisire la capacitá di «condivisione dei beni dello spirito, una
condivisione della fede e nella fede, ove il vincolo di fratemitá
é tanto piü forte quanto piü centrale e vitale é ció che si mette
in comune»195.
Spesso in noi c’é il rischio di tendere alia ricerca e alia
valorizzazione di rapporti affettivi maggiormente all’ester- no:
questa possibilitá, presente in tante comunitá, puo portare con
sé il pericolo della disgregazione nonché di una mancata
testimonianza di caritá.
Possiamo sentire efficacemente rivolta anche a noi la se-
guente esortazione di Giovanni Paolo II: «La Chiesa affida alie
comunitá di vita consacrata il particolare compito di far
crescere la spiritualitá della comunione prima di tutto al
proprio interno e poi nella stessa comunitá ecclesiale e oltre i
suoi confini, aprendo o riaprendo costantemente il dialogo
della caritá, soprattutto dove il mondo di oggi é lacerato
dall’odio étnico o da follie omicide... Queste comunitá sono
206La
194 Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le societá di vita apostólica,
vita fraterna in comunitá, 25.
195 Ibid., 32.
luoghi di speranza e di scoperta delle beatitudini, luoghi nei
quali 1’amore, attingendo alia preghiera, sorgente della
comunione, é chiamato a diventare lógica di vita e fonte di
gioia»196.
«Far crescere la spiritualitá della comunione»: vivere non
soltanto l’uno accanto all’altro, ma l’uno PER l’altro. Perché
«la comunitá é il luogo dove avviene il quotidiano, paziente
passaggio dall’“io” al “noi”, dal mió impegno al- l’impegno
affidato alia comunitá, dalla ricerca delle “mié cose” alia
ricerca delle “cose di Cristo”»197.
E la strada nella quale procedere, sulla quale certamente
incrociamo anche i problemi della maturazione affettiva e
sessuale. E vero - e lo abbiamo visto - che tanti problemi
affondano le loro radici in un vissuto personale spesso
complesso, ma questa SCHOLA AMORIS deve essere per tutti
luogo di forza e di speranza.
II passaggio dall’¿o al NOI, di cui giá negli anni di seminario
sperimentiamo la fatica e la gioia, é motivo di crescita
nell’amore e ci sosterrá, una volta sacerdoti, nel contribuiré
alia costruzione di quelle comunitá che il Signore vorrá af-
fidarci. Ci aiuterá a esserne custodi e a essere, nella pienezza
del suo significato, «uomini di comunione».
Per la riflessione e la preghiera
196 Giovanni Paolo II, Esortazione apostólica Vita consecrata, 51. 207
197 Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le societá di vita apostólica, La
vita fraterna in comunitá, 39.
ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri.
Nessuno ha mai visto Dio; se <7 amiamo gli uni gli altri, Dio
rimane in noi e l’amore di lui éperfetto in noi (lGv 4,7-12).
Ora considera in breve in che modo 1’amicizia costitui- sce
un gradino che porta all’amore e alia conoscenza di Dio.
Nell’amicizia, invero, niente puo esserci di disonesto, niente
che sia finto o simulato, in essa tutto é santo, sponta- neo e
vero. Tutto questo é proprio puré della carita. La qua- litá
particolare dell’amicizia risplende nel fatto che fra coloro che
sono uniti nel vincolo dell’amicizia tutto é fonte di gioia, tutto
da una sensazione di sicurezza, di dolcezza, di soavitá. In
nome della carita perfetta noi amiamo molti che ci sono di
peso e ci fanno soffrire: ci occupiamo di loro in tutta onestá,
senza finzioni o simulazioni, ma con sinceritá e buona volontá,
e pero non li ammettiamo neU’intimitá della nostra amicizia.
Nell’amicizia, invece, si ricongiungo- no 1’onestá e la soavitá,
la veritá e la gioia, la dolcezza e la buona volontá, il
sentimento e l’azione. Tutte queste cose iniziano da Cristo,
mediante Cristo maturano, e in Cristo raggiungono la
perfezione. Non sembra dunque troppo impervio né innaturale
il cammino che, partendo dal Cristo che inspira in noi 1’amore
con cui amiamo 1’amico, sale verso il Cristo che ci offre se
stesso come amico da amare (Aelredo di Rievaulx, L’AMICIZIA
SPIRITUALE, Paoline, Milano 1996, p. 140).
Fin dal primo momento in cui mi avete parlato della vo- stra
anima, Dio mi ha suscitato un profondo amore per il vostro
spirito. Quando poi cominciaste a confessarmi i vo- stri piü
intimi segreti, si determino uno straordinario lega- me
d’affetto sempre piü profondo fra la mia anima e la vo- stra, al
punto che vi scrissi che Dio mi aveva donato a voi, credendo
che non si potesse aggiungere piü nulla all’affetto che provavo
nel mió spirito e, soprattutto, pregando Dio per voi. Ora
invece, mia cara figlia, si é aggiunto a queH’affetto un
qualcosa di nuovo che, mi sembra, non si puo definire; si puo
solo dire, pero, che mi suscita un’intensa dolcezza interiore
nell’augurarvi la perfezione dell’amore di Dio e le altre
benedizioni spirituali. No, non aggiungo neppure un briciolo
alia veritá; parlo dinanzi al Dio del mió cuore e del vostro.
Ciascun affetto ha una sua particolare differenza ri- spetto agli
208 quello che io provo per voi possiede il pre- gio, per cosi
altri;
dire, di consolarmi infinitamente e, in fin dei conti, mi é
estremamente proficuo. Prendete questa come una sacrosanta
veritá e non dubitatene mai (san Francesco di Sales, DALLA
LETTERA 234 ALIA BARONESSA DI CHANTAL).
' :'í¡p
L’esperienza spirituale é «cristiforme»; cioé fa si che l’a-
more umano possa incamare in linguaggi e in forme concrete
la santa umanitá di Gesü, immagine visibile del Dio
invisibile. É il caso di un amore che non chiede il contrac-
cambio, che sa accettare il servizio in condizioni dimessc o
difficili, apparentemente poco fruttuose, che giunge al sa-
crificio senza lamento.
L’esperienza spirituale é «trasformante»: aiuta la persona
a conseguiré una trasformazione dell’oggetto del desiderio.
Ad esempio, quando il seminarista, da un semplice bisogno
di appartenenza a un gruppo o di identificazione con alcune
espressioni del ministero sacerdotale, comincia effettiva-
mente a sintonizzarsi con il modo di pensare, di agiré, di
sentire di Gesü; o dalla ricerca di un ruolo in comunitá, a cui
aspira per non rimanere isolato, approda a scegliere i tempi
di solitudine con il Signore come sorgente e condizione di
libertá e discemimento {LINEE COMUNI PER LA VITA DEI
NOSTRI SEMINARI, 22).
211
lorniati direttamente da lui, dal Signore. Hanno vissuto con |
U i questa intimitá quotidiana, continua, totalizzante, prima ji
poter essere annunciatori della sua parola e della sua vita.
I:. secondo la bellissima definizione della PASTORES DABO ,
il seminario non é altro che questa splendida, impe rativa,
indispensabile esperienza di comunione col Signo- re che
precede ogni ministero e ogni servizio, ma che se- hik ií'l per
'
198 Giovanni Paolo II, Vareare la soglia della speranza, Mondadori, Milano, p. 138.
gelizzazione. La famiglia é oggi una delle realtá umane e
cristiane piü esposte ai danni che la nostra cultura seco| u_
rizzata, edonista e individualista provoca. Non c'é tlunquo
alcun dubbio: come pastori, non possiamo davvero esimor-
ci dal porre un’adeguata attenzione, una cura particolare
privilegiata alia FAMIGLIA, cellula costitutiva della Chiesa
della societá.
La nostra riflessione viene confermata se considerianii
che ogni persona umana é, a diverso titolo, coinvolta nella
vita e nella vocazione della famiglia. Ciascuno di noi fe //.
GLIO, dunque proviene da una generazione umana che, per
sua essenza, é compito e dono affidato proprio ai coniugi.
E impossibile, perianto, non cogliere l’invito a «concen-
trare il nostro sacerdozio, il nostro ministero sul pulpim. nel
confessionale...» sul grande tema dell’amore umano che «la
famiglia riceve la missione di custodire, rivelare e
comunicare»199.
«Rivelare 1’amore»: ecco un punto sul quale dobbianiu
fermare seriamente la nostra attenzione. Ci viene richiesio.
cioé, di considerare la famiglia non solo come oggetto della
nostra futura azione pastorale, ma anche come una realtá
che, in qualche modo, ci RIVELA 1’amore e ci rende capaci di
conoscerlo e amarlo.
In veritá, nelle nostre precedenti riflessioni, abbiamo
spesso fatto riferimento all’amore umano. Ma non potrem-
mo capire a fondo il mistero delle NOZZE cui siamo chiamati
senza meditare e accogliere Fessenza delle nozze cui sono
chiamati gli sposi cristiani.
Per guardare alia famiglia e imparare da essa, 1’ abbiamo
pensata come un’icona: un’immagine che non solo rivela la
figura ma, nello stesso tempo, rende presente un significato.
Cosi la proponiamo: YICONA DEL DONO DI SÉ.
Dagli sposi noi seminaristi, futuri sacerdoti, vogliamo
imparare alcune particolari sfumature del dono: la totalitá e
la concretezza, la quotidianitá e la feconditá; la capacitá di
accorgerc¿ dell’altro e accoglierlo cosi com’é, soltanto per-
220
199 Id., Esortazione apostólica Familiaris consortio, .17.
■hc i-'- l‘a castitá e la paternitá. Vogliamo IMPARARE
VAMORE, ncr essere capaci di servirlo nella veritá: offrendo ai
coniu- ¡,¡ f aiuto concreto ma anche la testimonianza del
nostro fnoj0 ¿i rispondere all’Amore che ci ha sceltí con la
libertá lijoiosa di chi attende le nozze eteme.
Obivítivi
221
II «grande mistero»
223
di quell’amore che é in Dio, di quell’amore che é da D i n ' che
é Dio202. La loro profonda e impegnativa vocazione |j rende
davvero ICONA DELLA TRINITÁ. Questa essenza di amore
espressa dal segno informa e pervade tutta la vita e la per-
sona dei coniugi: e da queste traspare.
II sacramento del matrimonio é definito «sacramento pri-
mordiale»: un segno, cioé, che rivela e rende presente il mi-
stero dell’amore creativo, che sgorga direttamente da questo
amore e lo manifesta per primo. Nell’uomo e nella donna
creati, che sono «una sola carne» 203, il matrimonio si puo
definire «quale parte integrante e, in un certo senso, céntrale
del “sacramento della creazione”»204.
L’amore non é originato direttamente dagli sposi, ma da
loro accolto e scelto perché é dono di Dio, che dona all’uo-
mo la capacitá di amare. Una capacitá che non é puramente
ascética o psicológica, cioé solo virtü umana. Dice Gesü a
santa Caterina da Siena: «... come il vaso riempito alia fon-
te, quando si beve togliendolo dalla fonte si vuota, mentre
resta pieno se si beve lasciandolo alia fonte, cosi é dell’a-
more del prossimo, tanto spirituale che temporale: vuole es-
sere bevuto stando in me, senza alcuna riserva» 205. Amare é
davvero «rimanere nel suo amore»206!
L’amore redento
208 Ef 5,32.
209 Cfr. Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creo, op. cit., p. 390.
210 Id., Lettera ai giovani nell’Anno Santo della redenzione, 31 marzo 1985. 225
Sessualitá umana e amore coniugale
229
Quante cosiddette «patologié dell’atto sessuale» possono
essere riportate a questa svalutazione!
Per questa strada, l’atto coniugale é «atto fedele». Fedele
all’altra persona, a ció che esso stesso é chiamato a incarna-
re: il grande mistero dell’amore nuziale.
230
icrlo vivere.
220 Id., Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 489.
221 Id., Lettera enciclica Evangelium vitae, 97; cfr. Giovanni Paolo II, Esorta- zione
apostólica Familiaris consortio, 37.
222 Id., Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 487.
231
fonda attenzione alia persona in cui rientrano tanti aspetti
della vita quotidiana dei coniugi: la loro accoglienza reci-
proca incondizionata, l’attesa dei tempi dell’altro, il rispetto
dell’altro nella sua veritá di creatura, il rispetto del corpo
quale sacramento dell’altro, il rispetto della vita... un rispetto
che é irrinunciabile condizione di fedeltá.
3. II rispetto per Topera di Dio che é VATTO CONIUGALE:
ció riassume e quasi ricapitola gli altri significati, in
particolare quelli “unitivo e procreativo”.
«I doni dello Spirito Santo, e in particolare il dono del ri-
spetto di ció che é sacro, sembrano avere qui un significato
fondamentale. Tale dono sostiene infatti e sviluppa nei co-
niugi una singolare sensibilitá a tutto ció che nella loro voca-
zione e convivenza porta il segno del mistero della creazione
e della redenzione: a tutto ció che é un riflesso creato della
sapienza e dell’amore di Dio. Perianto quel dono sembra ini-
ziare l’uomo e la donna in modo particolarmente profondo al
rispetto dei due significati inscindibili dell’atto coniugale, di
cui parla l’enciclica HUMANAE VITAE (n. 12) in rapporto al sa-
cramento del matrimonio. II rispetto dei due significati del-
l’atto coniugale puo svilupparsi pienamente solo in base a un
profondo riferimento alia dignitá personale di ció che nella
persona umana é intrínseco alia mascolinitá e femminili tá e
inscindibilmente in riferimento alia dignitá personale della
nuova vita, che puo sorgere dall’unione coniugale dell’uomo
e della donna. II dono del rispetto di quanto é creato da Dio
si esprime appunto in tale riferimento» 30.
2 rapporti prematrimoniali
Come é possibile, oggi, educare i coniugi a vivere cosi la
propria sessualitá e il proprio amore coniugale?
La domanda indirizza la nostra attenzione pastorale verso
la PREPARAZIONE AL MATRIMONIO, che la Chiesa ci invita a
valorizzare con opportuni itinerari da proporre nelle fasi
«remota... prossima... immediata...» 226.
É proprio la comprensione del significato del matrimonio
e dell’atto coniugale che, aprendo il cuore e la mente dei
futuri sposi, li motiva a vivere il sacramento come único
LUOGO nel quale si realizza nella veritá il dono reciproco tra
due persone. Nell’esperienza giovanile e spesso avverti- ta
come problemática la domanda riguardo ai cosiddetti
rapporti prematrimoniali, che puo trovarsi a intralciare o a
rendere incoerente e superficiale la stessa esperienza di fede,
224 Id., Lettera alie famiglie, 20.
225 Paolo VI, Lettera encíclica Humanae vitae, 25.
226 Cfr. Giovanni Paolo II, Esortazione apostólica Familiaris consonio, 66; cfr.
Pontificio Consiglio per la Famiglia, Preparazione al sacramento del matrimonio, 21-
59.
233
a motivo di quello che viene riduttivamente percepito come
un «no» della Chiesa al riguardo.
E dunque importante per noi interrogarci su come tra-
smettere nella sua bellezza quello che, lungi dal dover essere
interpretato come divieto, é invece la strada da seguiré per
realizzare pienamente il progetto di Dio sul matrimonio.
II “carisma” delfidanzamento
Questo obiettivo esige, da un punto di vista pastorale, una
piena valorizzazione del significato e del cammino del
fidanzamento227.
Ci é facile, come seminaristi, comprendere la preziositá di
un tempo - quello della PREPARAZIONE - che, pur configu-
randosi principalmente come attesa, ha tuttavia in sé il
grande valore della COSTRUZIONE. Fra il tempo del fidanza-
mento e il matrimonio esiste lo stesso rapporto che c’é fra il
tempo del seminario e il sacerdozio.
Lo stile di vita del fidanzamento costruisce il matrimonio
non quale realtá futura e lontana ma come mistero che da
súbito é affidato a coloro che sono chiamati a custodirlo: i
fidanzati. Essi devono essere resi consapevoli di possedere
un vero e proprio CARISMA, un dono, un’identitá, di cui la
castitá prematrimoniale é parte costitutiva.
E un’attesa nella quale costruire e sviluppare - anche sul
piano psicologico e comportamentale - quegli elementi
235
vita alia luce del Vangelo»228.
Sapremo farlo solo se impareremo a portare nel cuore del
nostro sacerdozio la famiglia e 1’ amore per essa, a porre nel
cuore della nostra verginitá il cuore del matrimonio; a far si
che il nostro celibato fecondi 1’amore coniugale degli sposi
che, a sua volta, da spessore e valore alia nostra verginitá 229.
II cuore di tutta l’azione pastorale nei confronti della fa-
miglia consiste nel vivere con fedeltá, pienezza e gioia la
CASTITÁ DEL CELIBATO SACERDOTALE. La PASTORES DABO
VOBIS ri- corda con efficacia che il sacerdote, «mentre
testimonierá il valore evangélico della verginitá, potra
sostenere gli sposi cristiani a vivere in pienezza il “grande
sacramento” dell’a- more di Cristo sposo per la Chiesa sua
sposa, cosi come la sua fedeltá nel celibato sará di aiuto per
la fedeltá degli sposi»230.
E possibile che la famiglia rinasca, che i giovani ritrovi-
no la bellezza e la veritá dell’amore nelle loro famiglie e
grazie a esse. E possibile vedere Dio-Trinitá dentro la fami-
glia, comunitá d’amore. Ed e possibile, cosi, una nuova so-
cietá, un mondo nuovo, una storia nuova.
E possibile! Dobbiamo crederlo e dimostrarlo, attraverso
la cura che riserviamo al mistero della famiglia, alia sua
promozione, alia sua difesa, alia sua preparazione. Una sol-
lecitudine che, come sempre, passa dentro la nostra stessa
vita: nella preparazione della nostra persona e della nostra
vocazione.
La crescita e la formazione di oggi, forse faticosa, ci ren-
derá davvero in grado di FARE la pastorale familiare. Di ES-
SERE, cioé, veri pastori per ogni famiglia umana, secondo
quanto la Chiesa indica proprio ai seminaristi. «II primo e
iiecessario presupposto per l’assistenza spirituale dei coniu- ,ij
cristiani e delle loro famiglie é la maturitá umana e cri stiana dei
presbiteri. Si richiede perianto che ambedue que- sti aspetti
della personalitá dei futuri sacerdoti siano atten- tamente
seguiti e curati sin dai primi anni della vita semina- ristica.
237
cercare il senso della sua esistenza e il senso della sua
umanitá giungendo fino al mistero della creazione
attraverso la realtá della redenzione. Ivi si trova anche la
risposta essenziale all’interrogativo sul significato del
corpo umano, sul significato della mascolinitá e
femminilitá della persona umana. L’unione di Cristo con
la Chiesa ci consente di intendere in
t| uale modo il significato sponsale del corpo si completa L-
iui il significato redentore, e ció nelle diverse strade della \ita
e nelle diverse situazioni: non soltanto nel matrimonio nella
«continenza» (ossia verginitá o celibato), ma anche, p L-r
esempio, nella multiforme sofferenza umana, anzi: nel- la
stessa nascita e morte dell’uomo. Attraverso il «grande
mistero», di cui tratta la Lettera agli Efesini, attraverso la
miova alleanza di Cristo con la Chiesa, il matrimonio viene
nuevamente inscritto in quel «sacramento dell’uomo» che
abbraccia l’universo, nel sacramento dell’uomo e del mon-
tlo. che grazie alie forze della «redenzione del corpo» si i
lindel la secondo 1’amore sponsale di Cristo e della Chiesa
lino alia misura del compimento definitivo nel regno del
l’adre.
!1 matrimonio come sacramento rimane una parte viva e \i\
ificante di questo processo salvifico (Giovanni Paolo II,
l <>mo e donna lo creó. Catechesi sull’amore umano, Cittá
Nuova, Roma 1985, p. 395).
Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alia
prova e gli chiesero: «É lecito a un uomo ripudiare la propria
moglie per un qualsiasi motivo?». Ed egli rispóse: «Non avete
letto che il Creatore da principio li creo maschio e femmina e
disse: “Per questo l’uomo lascerá suo padre e sua madre e si
unirá a sua moglie e i due saranno una carne sola?”. Cosi che
non sono piü due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio lia
congiunto, l’uomo non lo separi» (Mt 19,3-6).
Spesso passavo di qui.
Facevo questa strada tornando dal lavoro (la
mattina invece prendevo una scorciatoia).
Prima pero non badavo a questa bottega.
Ma da quando il nostro amore si é spezzato
238
piü di una volta mi sono fermata a guardare
le fedi d’oro
i simboli dell’amore umano e della fedeltá coniugale.
Ricordavo come, tempo prima, questo símbolo mi parlava
quando 1’amore era innegabile, quando era un inno
cantato con tutte le corde del cuore.
Poi le corde a poco a poco ammutolivano e nessuno
sapeva piü accordarle.
Io credevo che il colpevole fosse Stefano - non riuscivo a
trovare colpa dentro di me.
La vita si trasformava sempre di piü
nella pesante coesistenza di due
che occupavano sempre meno posto uno nell’altro.
Ora rimane solo 1’insieme dei do veri,
un insieme convenzionale e mutevole, sempre piü spoglio
del puro sapore dell’entusiasmo.
E cosi poco ci unisce, cosi poco.
Allora mi vennero in mente le fedi che ancora portiamo al
dito
io e lui.
Cosi una volta, tomando dal lavoro, e passando vicino
all’orefice, mi sono detta - si potrebbe vendere, perché no,
la mia fede (Stefano non se ne accorgerebbe, non esistevo
quasi piü per luí.
Forse mi tradiva - non so,
perché anch’io non mi occupavo piü della sua vita.
Mi era diventato indifferente.
Forse, dopo il lavoro, andava a giocare a carte, dalle
bevute tomava molto tardi, senza una parola, e se ne
gettava la una rispondevo col silenzio).
Quella volta decisi di entrare.
L’orefice guardo la vera, la soppesó a lungo sul palmo e
mi fissó neglí occhi. E poi decifró la data scritta dentro la
fede.
Mi guardó nuovamente negli occhi e la pose sulla
bilancia... Poi disse: «Questa fede non ha peso, la lancetta
sta sempre sullo zero e non posso ricavame nemmeno un
milligrammo d’oro.
Suo marito deve essere vivo - in tal caso
239
nessuna delle due fedi ha peso da sola
- pesano solo tutte e due insieme.
La mia bilancia d’orefice
ha questa particolaritá
che non pesa il metallo in sé
ma tutto l’essere umano e il suo destino».
Ripresi con vergogna l’anello e senza
una parola fuggii dal negozio
- pensó che lui mi abbia seguito con la sguardo
(Karol Wojtyla, LA BOTTEGA DELL’OREFICE, Librería
Editrice Vaticana, Cittá del Vaticano 1993, pp. 43-45).
Chiunque ascolta queste mié parole e le mette in pratica é
simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla
roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, sojfiarono i
venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde,
perché era fondata sopra la roccia. Chiunque ascolta
queste mié parole e non le mette in pratica, é simile a un
uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia.
Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, sojfiarono i venti e
si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua
rovinafu grande (Mt 7,24-27).
240
Cosi uni ti non hanno paura di niente.
Con la concordia, 1’amore e la pace 1’uomo e la donna sono i
padroni di tutte le bellezze del mondo, possono vivere tranquilli
protetti dal bene che si vogliono secondo quanto Dio ha stabilito.
Grazie, Signore, per 1’amore che ci hai regalato».
249
Corporeitá, procreazione e regolazione
naturale della fertilitá
250
vec- ’liiaia. C’é, inoltre, una significativa differenza
tra la fisiología maschile e femminile: come giá
sappiamo, la fertilitá ¿ continua nell’uomo, perché
relativa alia produzione quo- tiJiana degli
spermatozoi. Nella donna, invece, la fertilitá é
agente in alcune fasi della stessa vita riproduttiva -
quali la pruvidanza, l’allattamento, la menopausa,
particolari situa- /jnni di stress ecc. - e si presenta
solo per pochi giomi al- I'interno del ciclo mestruale,
esattamente nel periodo del- YOVULAZIONE.
Nella coppia la fertilitá assume quindi un disegno
particolare, che alterna periodi fertili e non fertili;
biológicamente diverso per ogni coppia, puo essere
CONOSCIUTO e RI- SPCITATO nelle diverse scelte
procreative che la coppia si trova a compiere.
í; questa la base della REGOLAZIONE NATURALE
DELLA FERTILITÁ, via che puo consentiré ai coniugi
una concreta attuazione di una procreazione
responsabile, possibile se tale scelta é inscrita in un
corretto orizzonte antropologico.
«¡ i concetto di regolazione moralmente retta della
fertilitá - suggerisce infatti una bella riflessione di
Giovanni Pao
lo 1! - non é altro che la rilettura del “linguaggio del
corpo” nella veritá. Gli stessi “ritmi naturali
immanenti alie funzio- ni »cnerative” appartengono
alia veritá oggettiva di quel lingi;aggio, che le
persone interessate dovrebbero rileggere nel suo
pieno contenuto oggettivo. Bisogna aver presente
che il “corpo parla” non soltanto con tutta l’estema
espres- sione della mascolinitá e femminilitá, ma
anche con tutte le strutture interne dell’organismo,
della reattivitá somatica e psicosomatica. Tutto ció
deve trovare il posto che gli spetta in quel
linguaggio, con cui dialogano i coniugi, come per-
sone chiamate alia comunione nell’“unione del
corpo”»8.
8
Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creo, op. cit., p.
473.
251
Cosa significa «regolazione naturale della fertilitá»?
238 Congrégazione per l’Educazione Cattolica, Direttive sulla formazione dei se-
239minaristi circa i problemi relativi al matrimonio e alia famiglia, 43.
meno ai fini della fertilitá, é il processo dell’ ovu- HIZIONE. La
cellula uovo matura nell’ovaio ed é successiva- mcnie espulsa e
captata dalla tuba, dove puó incontrare lo spermatozoo ed essere
fecondata240.
Perianto l’identificazione del periodo fertile femminile, dimc|üe
della fertilitá della coppia, é permessa dal ricono- sc i monto
dell’evento ovulatorio da parte della donna. I di- vcr>i metodi
naturali valorizzano, in tal senso, differenti se- iini o sintomi che,
accompagnando l’ovulazione, possono indicarla alia donna 241.
I. a diversitá dei sintomi e segni utilizzati rende ragione della
variabilitá dei metodi che vengono oggi proposti, frut-
lo anche dell’impegno di diversi studiosi a concentrare l’at-
ten/ione su un parametro di fertilitá piuttosto che un altro, nía che
deve sempre rispecchiare la fondamentale preoccu- pa/ione di
proporre alia coppia la fertilitá come dono pre- /ÍOM> da conoscere,
proteggere, amare. E, quindi, come precisa responsabilitá.
É proprio sulla base di questa convinzione che la regola- zione
naturale della fertilitá deve mantenere il suo orienta- mento
fondamentale a essere scienza per Tuomo, a servizio della sua
dignitá, della sua conoscenza e responsabilitá. Scienza A SERVIZIO
DELLA VITA, dunque assolutamente lontana dal concetto di “contrallo
delle nascite”.
II método del ritmo
253
l’inizio della maturazione del follicolo, puo avere una durata
variabile che sará alia base della differente lunghez- za dei cicli
sperimentata dalle diverse donne, nonché dalla donna stessa in
differenti situazioni.
II método del ritmo, meglio noto come MÉTODO OGINO- KNAUS,
ha dato un’importante base scientifica alia regolazione naturale della
fertilitá, pur rivelando presto il suo limite biologico: quello di
basarsi su calcoli di probabilitá che non prevedono improvvise
varíazioni nei cicli e, di conseguenza, di essere difficilmente
applicabile in situazio- ni in cui i cicli siano irregolari o quando
l’ovulazione sia assente per lunghi periodi.
La temperatura basale
254
sanguinamenti che possono accompagnarla, le modifica/i, v ni che il
eolio dell5útero subisce nel periodo ovuJatorio c che la donna puó
evidenziare mediante un’autopaipazinn c della cervice uterina, il
dolore al seno che a volte si asso c¡a all’ovulazione stessa ecc.
II MÉTODO CICLOTERMICO associa invece l’uso della temperatura
basale, che identifica l’infertilitá post-ovulatoria. ;i¡ calcoli del
método del ritmo, che definiscono rinferiilii;, preovulatoria.
II método Billings
256
importante aiuto per la PREVENZIONE di malauie dell’apparato
riproduttivo, delle quali la donna che si cono- sce si puó accorgere
piü repentinamente, ed é uno strumen- to che aiuta la ragazza a
seguire il normalizzarsi dei cieli nel periodo dell’adolescenza. Non
ha ad esempio alcun sen- so, in casi di IRREGOLARITÁ MESTRUALE,
somministrare una pillóla contraccettiva per REGOLARIZZARE IL
CICLO: questa, come vedremo, non fará che bloccare quel processo
che si sia gradualmente avviando e che una fisiológica maturazione
puó forse rendere piü lento.
L’apprendimento della fertilitá, infine, é una splendida chiave per
una conoscenza piü intima, che aiuterá la stessa donna a
comprendere la bellezza e la preziositá della feconditá e del proprio
coipo: il valore educativo che ne deriva é grande, anche nella
delicata e preziosa fase dell’ADOLESCEN- ZA, in cui la ragazza deve
essere orientata a comprendere il senso della sessualitá e a
proteggere la propria dignitá con un comportamento responsabile.
257
stabilmente sicurezza e felicita»244.
II criterio con il quale guardare aH’efficacia dei metodi naturali
non é dunque assolutamente un criterio “contrac - cettivo”: ci
troviamo dinanzi a un’esperienza che é positiva non solo se
consente sicurezza nell'evitare il concepimento, ma se aiuta la
coppia anche a ricercare la gravidanza; e se, d'al tra parte, permette
ai coniugi di maturare nella libertá di scelta, nella serenitá del
rapporto coniugale, nella comune responsabilitá, nella crescita
dell’amore, nell’apertura alia vita. La chiave di tutto, da un punto di
vista concreto, é la CONOSCENZA DEL CICLO, dunque la
CONSAPEVOLEZZA DELLA FERTILITÁ che poi porta a scelte diverse nei
confronti della procreazione. Non dobbiamo supporre, infatti, che la
coppia impari a riconoscere la fertilitá solo alio scopo di evitare una
gravidanza!
Perianto, quando si parla di efficacia dei metodi naturali, é
necessario esplicitare alcune voci che rispecchino la scelta della
coppia e l’attendibilitá dei dati scientifici 245.
1. EFFICACIA DEL MÉTODO: viene valutata in base alia per-
centuale di gravidanze che si verificano quando il método sia
applicato correttamente, secondo le direttive per evitare il
concepimento.
2. EFFICACIA DELL’INSEGNAMENTO: si parla di «gravidanze
riferibili all’insegnamento» qualora non vengano rispettate le rególe
per evitare un concepimento a causa di un inse- gnamento
inadeguato o di scarsa attenzione da parte della coppia
nell’applicazione del método.
3. GRAVIDANZE «DA SCELTA CONSAPEVOLE» sono infine quel- le
che si verificano qualora la coppia scelga di avere un rapporto
coniugale in giorni riconosciuti come potenzial- mente fertili.
Queste gravidanze da un lato confermano la validitá del método e
delle rególe, dall’altro rappresentano
il valore della libertá di scelta che accompagna il método naturale,
metiendo la coppia in condizione di riflettere ogni giomo in modo
nuovo riguardo la procreazione.
Un importante studio condotto dall’Organizzazionc Mondiale
della Sanitá nei diversi continenti, su coppie pro- venienti da
differenti culture, religioni e grado di istruzio- ne, ha evidenziato
dati molto interessanti circa la sempliciiá e 1’efficacia del
244 J. J. Billings, II método dell'ovulazione, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo 1992, p. 136.
245 Cfr. ibid., pp. 138-139.
258
metodaBillings.
II 91 per cento delle coppie che si riferivano agli appositi Centri
per l’insegnamento dimostrava una comprensione eccellente o
buona del método giá dopo solo il primo ciclo di osservazione.
L’applicazione delle rególe per evitare la gravidanza dimostrava
inoltre un’efficacia pari al 97,8 per cento (solo il 2,2 per cento, cioé,
di «gravidanze riferibili al método») 17.
Un recente studio condotto in Italia conferma l’altissima efficacia
del método Billings usato per distanziare o evitare un concepimento
(99,8 per cento), mentre aggiunge l’inte- ressante valutazione
dell’aiuto che il método ha dato a un campione di coppie che
ricercavano la gravidanza, alcune
11
World Health Organization, A prospective multicentric trial of the ovulation method of
natural family plannins. II. The effectiveness phase, Fertility and Steri- lity 1981, 36,5, pp. 591-
598.
delle quali con un serio problema di ipofertilitá (41,74 per cento di
efficacia).
L’analisi globale dello stesso studio permette una riflessione
positiva sullo stile di vita che il método Billings pro- inuove: il 73,8
per cento delle coppie riferisce una SODDISFAZIONE BUONA O OTTIMA
per il método, che esprime una positiva esperienza di entrambi,
confermata dal tasso di conti- nuazione d’uso (92,4 per cento dopo
un periodo di sei anuí). In una discreta percentuale -11,6 per cento
di coppie che inizialmente intendevano evitare un concepimento - si
sono verifícate gravidanze dovute a rapporti avvenuti in L'iomi
riconosciuti come fertili: é un dato molto interessan- ic, che ci fa
seguire il maturare nella coppia di un atteggia- mento di apertura
alia vita246.
I metodi naturali sono efficaci? Ci sembra di poter dire che alcuni
uomini di scienza si sono impegnati a risponde- iv. con i loro studi e
la loro esperienza, a questa domanda e, con essa, all’appello che
Paolo VI raccoglieva giá dalla vo- cc del concilio: daré una base
scientificamente corretta alia regolazione naturale della fertilitá e
dimostrare cosi che non c’é contraddizione tra la LEGGE NATURALE,
la LEGGE DIVINA cía LEGGE DELL’ AMORE247.
259
L’insegnamento dei metodi naturali: un
competente servizio all’amore e alia vita
Per essere appresi e appücati correttamente, i metodi natu- nili
vanno pero insegnati. Pertanto la nostra valutazione del- ¡‘efficacia,
ma anche la nostra riflessione etica, pedagógica, nustorale, non
sarebbe del tutto comprensibile se dimenticas- vmo di prendere in
considerazione YINSEGNANTE del método,
260
una persona o una coppia che ha il compito di aiutare la don- na a
leggere e interpretare il proprio quadro di fertilitá o sostenere i
coniugi nel tentativo di rispettarlo e amarlo.
Si tratta di una vera e propria figura professionale, pre pa rata a
svolgere il proprio compito tramite specifici corsi di formazione: é
un compito che, per la sua delicatezza, arriva a coinvolgere in
profonditá le scelte personali, configuran- dosi, sia puré in maniera
profondissima e spesso silenziosu. come convinta e tenace
TESTIMONIANZA DI VITA.
La competenza, la motivazione e lo spirito di servizio so nó
requisiti essenziali per poter trasmettere una scienza chc é, lo
comprendiamo sempre di piü, un particolare modo ti i vivere la
fertilitá, la sessualitá, 1’ amore coniugale. Avere e stimolare negli
altri un profondo amore per la feconditá e per la vita; saper
accogliere con gioia ogni gravidanza, anche quella che - a una
valutazione frettolosa e superficialc
- dovesse apparire “non desiderata”; comprendere come sia un
privilegio essere partecipi delle difficoltá e del cammino della
coppia in un settore cosi intimo, quindi essere capaci di evitare ogni
invadente ingerenza nel privato; desiderare davvero la gioia degli
sposi e saperia loro indicare, con la pazienza dell’insegnamento,
nella perseveranza in un cammino che a volte puó di ventare anche
difficile...
C’é solo una forza in grado di sostenere coloro che inse- gnano i
metodi naturali in un compito cosi impegnativo: V AMORE che si é
sperimentato e si desidera far sperimenta- re, che consente di non
arrendersi dinanzi a nessuna situa- zione, anche quella in cui
l’applicazione dei metodi naturali sembrasse apparentemente
impossibile: é infatti proprio in questi casi - chi insegna lo sa
benissimo - che 1’amore ha bisogno di essere ridestato anche
attraverso lo stile di vita proprio della regolazione naturale della
fertilitá. Quell’a- more che assicura assenza di giudizio ma fermezza
prepositiva, garantendo la vera compassione come «sensibilitá verso
i sentimenti e i desideri delle coppie» 20.
20
J. J. Billings, II método dell’ovulazione, op. cit., p.
45.
261
Procreazione responsabile: una riflessione
2
Responsabilitá di un dono
248 Ibid., 6.
262
adeguato atteggiamento di preghiera, non potremmo penetrare la
profonditá dell’insegnamento dell’enciclica e ri- schieremmo di
limitarci a una valutazione LEGALISTA
2 o a una lettura NATURALISTA
del problema della trasmissione della vita.
La RESPONSABILITÁ nella procreazione umana va esaminata a vari
livelli dell’esperienza e della vita della coppia. Sappiamo come la
responsabilitá sia conseguenza di un agiré libero; tuttavia, é
caratterizzata da un contenuto - si é responsabili, cioé, di qualcosa -
e presuppone un riferimento: si é responsabili verso qualcuno. Giá lo
stesso fatto di parlare di responsabilitá evita quindi alia procreazione
il limite dell’individualismo.
263
1’accettazione del dialogo, del rispetto reciproco,
della co- inune responsabilitá, del dominio di sé» 250.
L’esperienza delle coppie2 che utilizzano la
regolazione naturale della fertilitá conferma come il
RISPETTO RECIPROCO parta proprio da un sentirsi
completamente accolti, e arrivi a motivare la necessitá
del «dominio di SÉ».
264
responsabilitá procreativa CONDIVISA. «Questo modo di avvicinarsi
in due alia feconditá é estremamente importante. Le coppie
affrontano meglio l’astinenza che l’incertez-
2 za» 253. E poi esperienza
in cui la coppia puo lasciare spazio ad altre manifestazioni affettive,
non legate alia genitali tá, che sanno pero esprimere ugualmente il
reciproco amore e forse possono anche meglio PREPARARE un atto
coniugale che verrá poi vissuto nella pienezza e nella serenitá.
Scrive a tal proposito John Billings: «All’interno della coppia,
l’inclinazione al rapporto é determinata dal desiderio di ac- crescere
la felicitá del partner e il bene della famiglia. La li- mitazione
periódica del desiderio di gratificazione fisica non solo intensifica la
gioia del rapporto successivo, ma conf'erisce aH’atto un’espressione
piü autentica di amore disinteressato. Pur in presenza di un forte
desiderio sessuale, la generosa astinenza per il bene della persona
amata ha un effetto benefico sul matrimonio, in quanto preserva, raf-
forza e rende piü profondo 1’amore coniugale» 254. Un «effetto
benefico» che aiuta la coppia anche a sviluppare un’attitudine
fondamentale nel cammino di uso dei metodi naturali: la generositá
e 1’apertura verso la vita.
Paolo VI a questo si riferisce ricordandoci che «in rap- porto alie
condizioni fisiche, economiche, psicologiche e sociali, la patemitá
responsabile si esercita sia con la deli- berazione ponderata e
generosa di far crescere una famiglia numerosa, sia con la decisione,
presa per gravi motivi e nel rispetto della legge morale, di evitare
temporáneamente, o anche a tempo indeterminato, una nuova
nascita»29.
Tale sottolineatura ci conferma chiaramente che procreazione
responsabile non significa contrallo delle nascite. La responsabilitá
primaria, che rende poi ragione anche del ri- corso ai metodi
naturali, é quella di mantenere una generosa disponibilitá,
rinunciando a un figlio solo quando seri motivi lo richiedano.
Ma, d’altra parte, proprio i metodi naturali, se insegnati e usati
correttamente, educano a questo tipo di responsabilitá, come
1’esperienza di insegnamento dimostra. C’é un legame profondo tra
accoglienza della FERTILITÁ e della VITA: la coppia che impara a
vivere la fertilitá come dono saprá ac- cogliere come dono il
bambino, frutto di tale feconditá.
E vero: APERTURA ALIA VITA non significa necessariamente
253 E.21 L. Billings, A. Westmore, II método Billings, Mondadori, Milano 1983, p. 54.
Paolo VI, Lettera enciclica Humanae vitae,
254 7. J. J. Billings, 11 método dell’ovulazione, op. cit., pp. 21-22.
265
famiglia numerosa, ma é percezione di quel valore grande che il
figlio é in quanto persona generata dall’amore. Anche se ci possono
essere circostanze in cui si renda 2 necessario rinunciare a esso,
diventa una rinuncia alio stesso atto coniugale nei momenti di
fertilitá.
In questa visione anche Y INFERTILITÁ DI COPPIA, problema che
oggi ha una preoccupante diffusione, assume un significato del tutto
particolare. I metodi naturali, che aiutano la donna a studiare la
fertilitá e a ricercare la gravidanza uti- lizzando il momento piü
fertile del ciclo, devono pero ai litare la coppia a crescere nell’amore
e a donare quell’amore non necessariamente a un figlio preteso “a
tutti i costi”, ma talora anche a un bambino accolto attraverso scelte
di verse: adozione, affido, solidarietá... Un figlio a cui donare quel-
1’ amore di cui ci si scopre capaci anche attraverso le rinu tice255.
266
sentiamo riecheggiare l’eco di quel consenso nuziale che ha portato
gli sposi a scegliere di accogliere, «responsabilmente e con amore»,
i figli che sono dono di Dio. 2
21
Paolo VI, Lettera enciclica Humanae vitae,
7.
267
procreazione responsabile e castitá coniugale
«L’ encíclica HUMANAE VITAE ci consente di tracciare un
abbozzo della spiritualitá coniugale. Questo é il clima umano
e soprannaturale in cui - tenendo conto dell’ordine “bio-
logico” e, a un tempo, in base alia castitá sostenuta dal “cfo-
NUM PIETATIS” - si plasma l’interiore armonía del matrimo-
nio, nel rispetto di ció che 1’encíclica chiama “duplice si-
gnifícate dell’atto coniugale” (HV, 12). Questa armonía si-
gnifica che i coniugi convivono insieme nella interiore veritá
del “linguaggio del corpo”. L’encíclica HUMANAE VITAE
proclama inscindibile la connessione tra questa “veritá” e
1'amore»259.
La scelta della regolazione naturale della fertilitá, anche se
non sempre é motivata dalla castitá coniugale, crea pero
gradualmente, all’interno della coppia, una maturazione
della castitá coniugale che si esprime, come abbiamo visto,
neü’esercizio della sessualitá: é attraverso il rapporto co-
niugale, é «nel» rapporto coniugale che i coniugi imparano
ad amarsi in modo «pienamente umano», secondo «la vita
nello Spirito».
Ma anche il silenzio, che si concretizza come «continen-
za periódica», fa parte di questo linguaggio d’amore; é frut-
to di un’autoeducazione e - secondo YHUMANAE VITAE - di
una vera e propria «ascesi»260: e, ancora, «non sarebbe at-
tuabile senza l’aiuto di Dio, che sorregge e corrobora la
buona volontá degli uomini»261.
I frutti che derivano da tale stile di vita sono preziosi: so-
no frutti d’amore. La persona che si scopre capace di rinun-
ziare a se stessa, al proprio «desiderio sessuale», alia propria
emotivitá sentimentale, comprende di poterlo fare semplice-
mente per un puro motivo d’amore. Ella dimostra a se stessa
che il coniuge vale piü di ogni bisogno o di ogni ricerca di
benessere: vale a motivo del suo essere la «persona amata».
La persona che sa vivere, o che appena inizia a vivere
questo, si scopre pian piano capace d’amare: e questo amo-
re, che sempre piú penetra le sue scelte comportamentali,
avrá spazio sempre maggiore nella vita della persona stessa,
259 Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 493.
260 Paolo VI, Lettera encíclica Humanae vitae, 21.
261 Ibid., 20.
268
per divenire in modo sempre piú netto ed evidente norma,
guida e criterio dell’agiré. Nell’impregnare di questo amore
l’esercizio della sessualitá sta la peculiaritá e la forza della
castitá coniugale.
«Paternitá e maternitá responsabili significano spirituale
valutazione - conforme alia veritá - dell’atto coniugale nella
coscienza e nella volontá di entrambi i coniugi, che in questa
“manifestazione di affetto”, dopo aver considerato le
circostanze interiori ed esteme, in particolare quelle biolo-
giche, esprimono la loro matura disponibilitá alia paternitá e
maternitá»262.
«Spirituale valutazione dell’atto coniugale». L’atto co-
niugale, vissuto nella veritá, diventa luogo della spiritualitá,
di incontro con il Signore, di comunione umana e sopran-
naturale che non puo non indicare e guidare il cammino
verso V eternitá e la santitá.
269
mistero vive DENTRO il progetto di Dio.
L’esperienza di insegnamento dei metodi naturali confer-
ma come il loro uso non sia riservato a «coppie speciali»,
proprio per la loro diffusione in tutte le culture, le religioni,
gli ambienti, tra coppie che provengano da qualsiasi espe-
rienza o manifestino qualsiasi motivazione per 1’apprendi-
mento del método. Inoltre li fa individuare come un’auten-
tica e concreta strada di evangelizzazione ed esperienza di
conversione.
L’osservanza della legge divina puó essere inconsapevolé
ma é sempre possibile, perché é pienezza di umanitá. La
legge divina sulla trasmissione della vita «manifesta il si-
gnificato pieno dell’amore coniugale, lo salvaguarda e lo
sospinge verso la sua perfezione veramente umana» 264.
Tutta la nostra futura azione pastorale dovrá radicarsi
fortemente in questa convinzione, da cui deriverá 1’eficacia
dei nostri discorsi, delle nostre proposte. Essa ci aiuterá a
rispondere a quella vocazione di pastori che ci chiede di
aiutare gli uomini a intravedere, nel senso e nel significato di
quanto vivono, una strada che puó condurli a Dio.
«Preoccupazione pastorale - ci ricorda infatti Giovanni
Paolo II - significa ricerca del vero bene dell’uomo, promo-
zione dei valori impressi da Dio nella sua persona; significa
cioé attuazione di quella “regola di comprensione” che mira
alia scoperta sempre piü chiara del disegno di Dio sull’amore
umano, nella certezza che l’unico e vero bene della persona
umana consiste nell’attuazione di questo disegno divino» 265.
Alome riflessioni pastoral!
270
vita. «Di singolare importanza in questo campo - ci esorla
infatti la FAMILIARIS CONSORTIO - é l’unitá dei giudizi morali
e pastorali dei sacerdoti»266.
E una tale obbedienza, non c’é dubbio, scaturisce dal
rapporto personale con la veritá. Se é vero, infatti, che il
linguaggio del corpo parla agli sposi, rivelando a essi la vo-
lontá e il progetto di Dio, é altrettanto vero che il Signore
avvia con ciascuno di noi un dialogo.
Questo cammino compiuto insieme ci ha abituati ad
ascoltare il linguaggio del corpo e a obbedirvi. Ogni itine-
rario formativo, da proporre alie coppie di fidanzati e sposi
che si preparano a rispondere alia vocazione a daré la vita,
deve metterli in grado di vivere un’esperienza del genere.
2. A questo scopo sará molto importante la nostra stessa
OPERA DI PREDICAZIONE: le omelie, gli incontri di catechesi,
gli itinerari di preparazione prossima e remota al matrimonio
diventano luoghi nei quali innestare l’annuncio dell’etica
della sessualitá e dell’amore nella parola di Dio e incar- nare
questa nelle vicende concrete degli uomini.
E utile, in circostanze particolari, proporre nelle catechesi
e nelle stesse omelie i testi di alcuni documenti pontifici e
magisteriali, che proprio dal sacerdote potranno essere
trasmessi con il linguaggio adatto, con profonda fedeltá alia
Parola, con opportuni riferimenti concreti, con ferma carita
pastorale. «II vostro primo compito - afferma con chiarezza
paolo VI - é di esporre senza ambiguitá l’insegnamento della
Chiesa sul matrimonio... Non sminuire in nulla la sa- lutare
dottrina di Cristo é eminente forma di caritá verso le
anime»267.
Particolari ITINERARI DI CATECHESI dovranno poi essere
sup- portati dalla presenza di esperti nel campo della
regolazio- ne naturale della fertilitá, in grado di completare il
tessuto etico-motivazionale con alcune notizie técnico-
scientifiche indispensabili, additando una concreta
possibilitá di solu- /ione.
3. LA CONFESSIONE E LA DIREZIONE SPIRITUALE
271
rappresentano, in un certo senso, il culmine dell’annuncio. E
li che esso diventa realmente proclamazione pasquale,
possibilitá di con- versione, «bella notizia»: il vangelo della
vita.
Non dimentichiamo mai, nel nostro rapporto con le per-
sone, che «la rivelazione del Vangelo-della vita ci é data co-
me bene da comunicare a tutti: perché tutti gli uomini siano
in comunione con noi e con la Trinitá (cfr. lGv 1,3)» 268.
«Bene da comunicare a tutti»: questa espressione ci ob-
bliga e, alio stesso tempo, ci incoraggia. Qualora avessimo
dinanzi persone o coppie particolarmente problematiche, si-
tuazioni che sembrano senza speranza, ricordiamo come lo
stile di vita proprio dei metodi naturali sia un preziosissimo
patrimonio di crescita umana e cristiana nell’amore. Con fi-
ducia proponiamo a tutti la regolazione naturale della ferti-
litá: sappiamo che puo rappresentare una riscoperta della
propria dignitá umana, un cammino di conoscenza e rispetto
reciproco, un itinerario verso Dio. E vedremo miracoli.
4. «Questa pastorale della confessione sará tanto piü effi-
cace se unita a un’incessante e capillare catechesi sulla vo-
cazione cristiana all’amore coniugale e sulle sue dimensio-
ni di gioia e di esigenza, di grazia e di impegno personale, e
si istituiranno consultori e centri ai quali il confessore potrá
agevolmente inviare il penitente per avere adeguate cono-
scenze circa i metodi naturali»269.
Compito del sacerdote, infatti, non é quello di insegnare i
metodi naturali, ma di motivare e sostenere le coppie all’uso.
Per farlo e svolgere bene il nostro ministero pastorale, ci é
dunque indispensabile un collegamento con gli OPERATORI
DEL SETTORE. «Un gruppo sempre piü numeroso di esperti,
medici ed educatori, veri apostoli laici, per i quali la
valorizzazione della dignitá del matrimonio e della famiglia
é diventata un compito importante della loro vita»: cosi il
Papa definisce coloro che concretamente si impegnano nello
studio, nella diffusione e nell’insegnamento dei metodi
naturali. E si chie- de: «che cosa potrebbero fare senza di
268 Giovanni Paolo II, Lettera encíclica Evangelium vitae, 101.
269 Pontificio Consiglio per la Famiglia, Vademecum per i confessori su alcuni
temi di morale attinenti alia vita coniugale, 17.
272
loro i sacerdoti, i ve- scovi e persino lo stesso successore di
Pietro?»270.
Da quanto abbiamo finora detto ci rendiamo conto che la
regolazione naturale della fertilitá richiede in chi la insegna
un’adeguata preparazione tecnico-scientifica e una forte
motivazione umana ed etica. Essa si configura in certo sen-
so come un vero e proprio apostolato: a volte un «apostola-
to del simile da parte del simile» 271.
E essenziale saper scegliere nelle nostre comunitá persone
che si preparino a insegnare i metodi naturali, svolgendo tale
servizio con competenza, serietá, amore. L’incoraggia-
mento e il sostegno che da parte nostra puó venir dato a tali
operatori rivela l’attenzione che, nel ministero, riserviamo
alia famiglia, all’amore coniugale, alia vita umana. E ancora
la stupenda enciclica EVANGELIUM VITAE a incoraggiarci in
tal senso: «alie sorgenti della vita, i centri per i metodi na-
turali di regolazione della fertilitá vanno promossi come un
valido aiuto per la patemitá e matemitá responsabili, nella
quale ogni persona, a cominciare dal figlio, é riconosciuta e
rispettata per se stessa e ogni scelta é animata e guidata dal
criterio del dono sincero di sé»272.
Per la riflessione e la preghiera
273
mensa.
Cosi sará benedetto l’uomo che teme il Signore. Ti
benedica il Signore da Sion!
Possa tu vedere la prosperitá di Gerusalemme per tutti i
giomi della tua vita.
Possa tu vedere i figli dei tuoi figli!
Pace su Israele! (Salmo 128).
274
realizza quando l’uomo e la donna si uniscono
intimamente per il servizio della vita. E a voi, in quel
momento, viene concesso il privilegio di partecipare dello
stesso amore di Dio: del suo amore creatore, con la nascita
dei vostri figli; del suo amore redentore, con la loro
educazione e la crescita. Non dimen- ticatelo: l’educazione
sará efficace e l’autoritá credibile so
lo se al di sopra di tutto c’é la caritá.
L’amore non é solo un fatto umano ma divino: é dono,
non lo avete creato voi. L’amore é grazia: da soli, non
sare- ste capaci di tanto amore. Accogliete sempre questa
grazia e custoditela con una vita santa.
Credo ci sia un grande segreto, una strada infallibile per
custodire questo grande tesoro: é laPREGHIERAL Non
stanca- tevi di pregare e non vi stancherete di amare.
Capirete un giomo, se giá non lo avete capito, che
preghiera e amore sono due parole con lo stesso
significato.
Qualcuno ha detto che «l’agonia della famiglia é Fago-
nia del cristianesimo». Io aggiungerei che Fagonia della
famiglia é Fagonia della vita, di ogni vita, di tutta la vita: é
Fagonia del Cristo stesso, che é la vita. Non permettete
questa agonia!
Gesü é la vita, é il principio vítale: tutto é stato fatto per
mezzo di lui. Noi non possiamo fare a meno di lui. Perché
osiiá Ia vita non é amata? Perché si continua a escludere jalla
vita colui che é il Signore stesso della vita.
•<Che la vita non muoia piü»: vorrei gridarlo con voi! Sia
questa la nostra preghiera perché, d’altra parte, questa é la
nostra certezza: la vita non puó moriré perché Dio non puó
moriré.
Ancora oggi le tenebre non accolgono la vita, la rifiuta-
no: perció c’é bisogno di TESTIMONI. Si, credo che il mondo
abbia bisogno di tanti Giovanni Battista che suggellino
questa veritá: la vita é Gesü. Credo che il mondo abbia bi-
sogno di tanti Giovanni Battista che promuovano la vita,
dimostrando che l’impossibile diventa possibile: perché il
Verbo si é fatto carne.
275
Vivete anche voi la vostra storia d’amore da INCARNATI, e
cosi saprete daré la vita: come il Figlio di Dio, che dalla
grotta di Betlemme é salito al Calvario.
La conversione del cuore e la santitá della vita, segnate
dalia croce e dalla speranza nella risurrezione, fanno della
famiglia il segno di una novitá: quella dell’amore. II mondo
non conosce questa novitá, la rifiuta: e questa é la prova che
ne ha immenso bisogno.
Non abbiate paura di essere i testimoni di questa novitá:
il vostro amore vincerá ogni rifiuto, ogni male. E vincerá la
morte. Contemplo cosi questo amore. E lo benedico!
Amen
(da un’omelia per la festa della Sacra Famiglia).
276
accompagnarsi con la pazienza e la bontá di cui il Signore
stesso ha dato l’esempio nel trattare con gli uomini. Venuto
non per giudicare, ma per salvare, egli fu certo intransigente
con il male, ma misericordioso verso le persone.
Nelle loro difficoltá i coniugi ritrovino sempre, nella parola
e nel cuore del sacerdote, l’eco della voce e dell’anuiré del
Redentore.
Paríate poi con fiducia, diletti figli, ben convinti che lo
Spirito di Dio mentre assiste il magistero nel proporre la
dottrina, illumina internamente il cuore dei fedeli, invitan- doli
a daré il loro assenso. Insegnate agli sposi la necessaria via
della preghiera, preparateli a ricorrere spesso e con fede ai
sacramenti dell’eucaristía e della penitenza, senza mai la-
sciarsi sconfortare dalla loro debolezza (Paolo VI, Lettera
enciclica HUMANAE VITAE, 28 e 29).
UNITÁ I
279
modo diverso, raggiungono e toccano il mistero della vita
alie sue sorgenti.
Vedremo come il valore della vita subisca, in tutte queste
forme, letteralmente una «eclissi»: dalla vita DIRETTAMENTE
RIFIUTATA E UCCISA con 1’aborto, alia vita ELIMINATA COME
POSSIBILITÁ nelle varié tecniche di contraccezione e
sterilizza- zione, o MANIPOLATA attraverso la fecondazione
artificiale.
Ed é soprattutto l’esistenza di chi non si ribella che puo
essere «eclissata»: la vita innocente e debole. Ci interessa
particolarmente esaminare in questa analisi la vita del bam-
bino non nato. Ció che piü allarma e preoccupa é che questa
specifica eclissi si consuma proprio in quell’ambiente umano
e cristiano che é invece per natura e per vocazione chiamato
a essere «santuario della vita»277: la famiglia.
C’é súbito da precisare, pero, che tante scelte compiute in
tale ámbito non sono sempre completamente consapevo- li:
pensiamo a quanto, ad esempio, la decisione della con-
traccezione, della fecondazione artificiale e talvolta dello
stesso aborto sia incoraggiata da altri e sostenuta da una
reale disinformazione.
Per tale motivo, la chiarificazione di alcuni dettagli sulle
suddette tematiche, anche di carattere tecnico-scientifico, si
rivela molto utile, soprattutto ai fini della guida spirituale. Ci
é necessaria una comprensione piü profonda dell’inse-
gnamento della Chiesa, insieme a una lettura piü consape-
volé e obiettiva del contesto culturale e sociale nel quale
siamo immersi, in cui i nostri ragazzi crescono e i nostri
giovani si preparano al matrimonio. É il contesto nel quale
noi, chiamati alia vita e alia vocazione sacerdotale, ci tro-
viamo ad annunciare il vangelo della vita.
Nell’esaminare tali problematiche non possiamo dimen-
licare che «ogni minaccia alia dignitá e alia vita dell’uomo
non puó non ripercuotersi nel cuore stesso della Chiesa, non
puó non toccarla al centro della propria fede nell’incar-
nazione redentrice del Figlio di Dio» 6.
É perció al VERBO INCARNATO che dobbiamo ricondurre
277 Id., Lettera encíclica Centesimus annus, 39,
ogni ferita e ogni tradimento dell’umanitá autentica. Egli ci
iiiuterá a considerare con opportuna prudenza e serena giu-
stizia tutte le tematiche che stiamo per approfondire, af-
frontandole poi sul piano pastorale e spirituale con quella
caritá che con pazienza, dolcezza e fermezza desidera pro-
fondamente liberare ogni uomo da tutto ció che ostacola il
.suo essere a immagine di Dio.
Obiettivi
6
Id., Lettera enciclica Evangelium vitae,
3.
281
Manipolazioni del processo generativo
l, e tecniche antiprocreative
6
Id., Lettera enciclica Evangelium vitae,
3.
285
a) la PILLÓLA, che la donna assume quotidianamente;
b) ia cosiddetta contraccezione LONG-ACTING (ad azione
pcolungata) in cui gli ormoni vengono somministrati attra-
v t.rSo iniezioni-deposito, impianti sottocutanei, anelli vagi-
nali e sono rilasciati lentamente.
Gli ormoni sintetici sono ESTROGENI E PROGESTERONE che,
presentí in differente percentuale nei diversi preparati, sono
Josati in modo da sopprimere gli ormoni naturali, Moceando
il meccanismo fisiologico della fertilitá a vari livelli:
a) blocco dell’ovulazione;
b) blocco della produzione del muco cervicale che, a
causa del progesterone, viene mantenuto sempre come un
tappo a chiudere il eolio dell’útero;
c) blocco della motilitá tubarica e della crescita dell’en-
Jnmetrio: tale meccanismo, dovuto anch’esso prevalente-
mente al progesterone, é alia base dell’effetto abortivo che i
amtraccettivi ormonali possiedono qualora - non venendo
hloccata 1’ovulazione o la secrezione di muco cervicale - si
dovesse verificare un concepimento. In tal caso, 1’embrione
non potrebbe essere traspórtate verso la cavitá uterina, per-
ché la tuba é impossibilitata a muoversi; d’altra parte, pur
arrivandoci, troverebbe un endometrio che non é cresciuto,
una “casa” che non si é preparata ad accoglierlo. Per que sto,
verrebbe espulso provocando un aborto, sia puré in fase
p¡.;coce.
286
risparmia alia donna neppure importanti effetti collaterali sia
sulla salute sia sulla fertilitá successiva. Pur trattandosi,
infatti, di un mec- canismo reversibile, per molte donne, alia
sospensione della pillóla, si verifica un serio problema di
difficoltá nel concepimento, che puo durare per mesi, anni o
talvolta protrar- si in maniera definitiva. Anche da un punto
di vista psicológico non va trascurato un senso di rifiuto che
a volte le donne riferiscono e che puo rendere problemático
lo stesso rapporto sessuale, tenuto anche conto che la
riduzione del desiderio sessuale é proprio uno degli effetti
collaterali che la pillóla provoca.
- La cosiddetta PILLÓLA DEL GIORNO DOPO ha invece,
quando agisce, un effetto esclusivamente abortivo. Si tratta
di una dose di ormoni, molto piü elevata rispetto alia pillóla,
che viene assunta in seguito a un rapporto sessuale che si
sospetta essere stato fecondante (in genere entro 72 ore). Gli
ormoni assunti provocano una distruzione dell’endo- metrio,
cosicché, se si verificasse un concepimento, l’em- brione
verrebbe eliminato. Questa técnica viene spesso classificata
come «contraccezione d’emergenza»: é fonda- mentale
capire che non si tratta di contraccezione ma di aborto.
- Un meccanismo abbastanza diffuso é poi la SPIRALE O
DISPOSITIVO INTRAUTERINO (IUD). Consiste in un dispositivo
di plastica o di metallo che puo essere MEDICATO, cioé
contene- re ormoni o altre sostanze, e che viene inserito dal
ginecólogo, all’interno dell’utero. La presenza di questo
corpo estraneo, unitamente alie sostanze in esso contenute,
causa un’alterazione della crescita dell’endometrio e,
pertanto, esercita un EFFETTO ABORTIVO qualora si verifichi
un concepimento.
- Un gruppo sempre piú numeroso di sostanze chimiche,
che esplicano effetto abortivo, sta trovando últimamente
spazio neU’industria farmacéutica. Tra queste, la piú famosa
é al momento la RU 486, detta anche PILLÓLA DEL MESE DO-
PO
11 , che agisce attraverso un meccanismo di blocco del
Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium vitae,
pro-
58. .xesíerone, l’ormone che nelle prime settimane protegge
la gravidanza e ne consente la prosecuzione. Tale blocco 287
provoca un’emorragia che puo essere anche imponente, con
conseguente eliminazione deU’embrione. La forte emorra-
.ria puo costituire un serio pericolo per la salute della donna
e, per tale motivo, la Ru 486 é generalmente somministrata
in ambiente ospedaliero. La diffusione domiciliare, possibile
giá in alcune nazioni, desta pertanto enormi preoccupa- zioni
e solleva grosse problematiche sul piano sanitario e morale.
- Di questo gruppo fanno parte anche i VACCINI ANTI HCG,
vere e proprie forme di vaccinazione contro un ormone pro-
dotto dalla placenta. Essendo un vaccino viene sommini-
strato preventivamente, come tutti gli altri, per cui si trova
ad agiré se si verifica una gravidanza, provocando in quel
caso un aborto. Non puo non farci riflettere il considerare
che la mentalitá “anti-vita” é arrivata fino al punto di ideare
dei vaccini: la gravidanza sta realmente diventando una pa-
tología! E questo modo di considerarla si riversa sul modo di
considerare i figli.
282 Ibidem.
283 Cfr. Unitá A, Quando inizia la vita umana?\ Vita umana e persona umana.
288
sfaccettature: se ne puo parlare da un punto di vista storico.
sociologico, giuridico, teologico-morale, culturale, psicoló-
gico, biologico, medico, bioetico ecc.284.
Le tecniche utilizzate per giungere alia soppressione del
bambino nel grembo materno sono molteplici e stanno di-
ventando sempre piü accessibili, volutamente celate. Non
deve stupire questo approdo a una mentalitá “anti-vita” che,
purtroppo, sembra destinata ad andaré avanti: il procedere
delle ricerche mediche verso sofistícate tecniche abortive;
gli interventi sugli embrioni richiesti dalla fecondazione ar-
tificíale; la legislazione italiana attuale (Legge 194/78) che,
avendo dichiarato la liceitá dell’«interruzione volontaria di
gravidanza», continua a educare le nuove generazioni a
considerare NÓRMALE tale procedura...
Pur non sembrando questa l’intenzione sul piano giuridi-
co, non c’é dubbio che l’aborto sia oggi purtroppo divenuto
da una parte un mezzo di CONTROLLO DELLE NASCITE,
dall’altra una sorta di POTENZIALITÁ SELETTIVA attraverso
quello che, nella dizione comune, viene spesso classificato
come ABORTO TERAPÉUTICO ed é invece un vero e proprio
ABORTO EUGENETICO: l’eliminazione precoce dell’embrione
o del feto che si scopre essere possibile portatore di una
malattia, di un handicap. Ció é reso possibile anche grazie a
varié tecniche di DIAGNOSI PRENATALE che la medicina ha
messo a punto in questi ultimi anni: amniocentesi, prelievo
dei villi corisa- linali, cordocentesi... Procedure che, come
ogni técnica diagnostica, potrebbero e dovrebbero rivelarsi
utili, ad esempio, ai fini di una possibile terapia del feto per
alcune
11
Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium vitae,
58.
289
284 Cfr. E. Sgreccia, Manuale di bioética, op. cit.,, vol. I, pp. 437-439.
pau,logie ma molto spesso finiscono, purtroppo, col diven- uuv
un’anticamera dell’aborto.
In continuitá con le precedenti riflessioni sulla dignitá Jella
persona umana, 1’aborto ci appare profondamente lesivo di quel
diritto fondamentale alia vita che appartiene a ogni uomo, il quale
porta in sé rimmagine del suo Creatore. Perció la condanna
dell’aborto diretto non lascia spazio a dubbi: «nessuna
circostanza, nessuna finalitá, nessuna legge al mondo potrá mai
rendere lecito un atto che é intrínsecamente illecito, perché
contrario alia legge di Dio, scritta nel cuore di ogni uomo,
riconoscibile dalla ragione stessa, e proclamata dalla Chiesa» 15.
16
Cfr. E. Sgreccia, Manuale di bioética, op. cit., p. 513.
17
Cfr. ibid., p. 523.
292
La cultura della morte
Un’esperienza deresponsabilizzante
295
La mentalitá contraccettiva puo essere cosi lesiva nei confrontó
dell’amore coniugale in quanto lo é nei confrontó Je [la persona
umana.
Nonperesponsabilizzazione e dignitá
si puo donare la fertilitá se nondella
la sipersona
vive come un Joño. E
il rifiuto della feconditá e della sessualitá umana nella pienezza
del suo significato crea una frattura dentro la persona e la sua
stessa identitá: soprattutto l’identitá sessuale.
Potremmo dire che la rottura del legame tra amore e vita
genera lo spezzarsi di quella sorta di collegamento interno che
garantisce alia persona la sua armonia, la sua integra- zione e
integritá: o forse é generato da questa. La contraccezione é
dunque realtá DISINTEGRANTE.
«Le pratiche contraccettive - ci illumina Y EVANGELIUM VITAE -
affondano le radici in una mentalitá edonistica e de-
responsabilizzante nei confrontó della sessualitá e suppon- gono
un concetto egoistico di libertá che vede nella pro- creazione un
ostacolo al dispiegarsi della propria personalitá»289.
É breve il passo perché il rifiuto della feconditá e della
procreazione diventi rigetto della propria vocazione alia pa-
temitá-matemitá e della vita.
28
Ibid.,
14.
299
a interventi di fecondazione artificiale, vivono in maniera
drammatica 1’esperienza della manipolazione; il problema
economico (questi interventi hanno infatti costi mol- [O clevati);
la frequenza elevata del fallimento, il piü delle \olie unita a una
non conoscenza riguardo alia causa della propria sterilitá. La
coppia, anche quella che desidera un fi- ¿lio, ha prima di tutto il
legittimo diritto di ricevere la conoscenza della propria fertilitá,
la diagnosi e la cura per il problema che eventualmente si
evidenzia. Invece sempre piü spesso la fecondazione artificiale
diventa una delle prime “soluzioni” prospettate alia coppia con
difficoltá nel concepimento.
La deresponsabilizzazione proiettata a un
livello sociopolitico
Le problematiche di cui stiamo parlando si presentano dunque
intimamente collegate, al punto da non riuscire quasi a cogliere
quali siano i limiti che le separano.
Qualora il legame tra amore e vita, tra sessualitá e procreazione
venga infranto, in questo vareo aperto si puo inseriré una forza -
sia essa interna o estranea alia coppia e alia famiglia - che pud
attentare pericolosamente sia alia vita umana che alio stesso
vincolo fedele e prezioso dell’a- more coniugale.
Paolo VI aveva in tal senso giá ammonito la Chiesa e la societá
sul pericolo che, per l’instaurarsi di una mentalitá contraccettiva,
la responsabilitá coniugale avrebbe súbito in rapporto alie
possibili decisioni dei pubblici poteri. «Si ri- fletta anche - egli
esortava - all’arma pericolosa che si ver- rebbe a mettere cosi tra
le mani di autoritá pubbliche incu- ranti delle esigenze morali:
chi potrá rimproverare a un go- vemo di applicare alia soluzione
dei problemi della colletti- vitá ció che fosse riconosciuto lecito
ai coniugi per la soluzione di un problema familiare? Chi
impedirá ai govemanti di favorire e persino imporre ai loro
popoli, se lo ritenesse-
32
Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium vitae,
21.
303
308
Scoppió quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi
angelí combattevano contro il drago. II drago combatteva
insieme con i suoi angelí, ma non prevalsero e non ci fu piú
posto per essi in cielo. II grande drago, il serpente antico,
colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la
térra, fu precipitato sulla térra e con lui furono precipitati
anche i suoi angelí. Allora udii una gran voce nel cielo che
diceva:
«Ora si é compiuta la salvezza,
la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo
Cristo, poiché é stato precipitato l’accusatore dei nostrí
fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno
e notte.
Ma essi lo hanno vinto per mezzo del sangue delVAgnello
e grazie alia testimonianza del loro martirio; poiché
hanno disprezzato la vita fino a moriré.
Esultate, dunque, o cieli, e voi che abítate in essi.
Ma guai a voi, térra e mare, perché il diavolo é
precipitato sopra di voi
pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo»
(Ap 12,1-12).
309
O Maria,
aurora del mondo nuovo
Madre dei viventi,
affidiamo a te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato
di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui é reso difficile vivere,
di uomini e donne vittime di disumana violenza,
di anziani e malati uccisi dall’indifferenza
o da una presunta pietá.
Fa ’ che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare
con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il
Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo
come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine
in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo
con tenada operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontá,
la civiltá della veritá e dell’amore,
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita
(Giovanni Paolo II, EVANGELIUM VITAE).
UNITÁ L La castitá: mistero d’amore
310
Introduzione
Obiettivi
305 Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2341, p. 572; R. Cessario, Le virtü,
JacaBook, Milano 1994, p. 197.
306 Giovanni Paolo II, Esortazione apostólica Familiaris consortio, 33.
zioso servizio aH’amore...»307: sulla scia di tale definizione,
possiamo individuare due termini che ci aiutano ad appro-
fondire il significato della castitá.
Castitá come trasparenza:
«autentica manifestazione dell’amore»
Castitá e bellezza
312 Cfr. C. Caffarra, Etica generale della sessualitá, Ares, Milano 1992, pp. 55-
66; Perché la castitá? Come rispondere alVadolescente, in A. Cappella (a cura di), In
cammino verso la liberta. Proposta di un’educazione all’amore per adole- scenti e
giovani, Domograf, Roma 1990, pp. 65-93.
della bellezza di Dio e dal desiderio di renderla visibile.
E questa bellezza dell’immagine di Dio, che risplende at-
traverso di noi e in noi, é la SANTITÁ.
L’ autodominio
C’é, anzitutto, 1’autodominio. Sappiamo giá come questo
non sia un concetto puramente psicologico, ma riguardi
l’intrinseca essenza dell’uomo, per la quale egli ha la po-
tenzialitá di essere SOGGETTO delle proprie azioni e scelte,
senza divenire da esse - in un certo senso - «trascinato». Tale
autodominio si traduce, specie in questo campo, in una sorta
di AUTOPOSSESSO da parte della persona, che le dá la
possibilitá di essere libera rispetto agli istinti e alie passio-
ni, creando i presupposti per il dono di sé.
La riflessione sull’autodominio ci consente di compren-
dere quanto, in realtá, la volontá umana sia coinvolta nella
maturazione della castitá. Ogni scelta guidata dall’autodo-
minio puo sembrare, all’inizio, una rinuncia; di fatto lo é.
Ma, man mano che 1’esperienza dell’amore trova modo -
grazie anche all’autodominio - di essere veramente vissuta
dalla persona, la rinuncia perde la sua importanza, cessa di
presentarsi come ostacolo, per divenire automatica conse-
guenza di una scelta d’ amore.
II pudore alimenta la castitá in quanto aiuta a salvaguar-
dare il valore della persona e dell’amore.
Esso nasce infatti dalla vergogna generata dal peccato, la
quale tende a custodire la persona, per risparmiarla e pre-
servarla solo per un progetto d’amore. La vergogna che ge-
nera il pudore sará “superata” solo nel rapporto pieno e vero
dell’amore
11
Cfr. Salmo sponsale, dove la grazia sacraméntale dona
all’uomo
110. e alia donna la possibilitá e la gioia reden ti va del
rivivere,
318 quasi in pienezza, l’armonia e l’innocenza origina-
ria della creazione.
La tenerezza
La castitá é poi vissuta anche nella tenerezza. É chiaru che
la stessa tenerezza, che é la manifestazione visiva e concreta
di un particolare rapporto affettivo, va misurata e
- potremmo dire - vissuta in maniera casta. D’ altra parte e
importante comprendere quanto la tenerezza auténticamente
vissuta aiuti la castitá, in quanto esprime semplicemenio
un’attenzione all’altro, una condivisione con l’altro, perche
sa valorizzare le realtá piü semplici: uno sguardo, un gesto,
una delicatezza concreta... II Signore stesso é tenerezza 313,
che ci aiuta e ci insegna la misura dei gesti con i quali ma-
nifestiamo all’altro l’affetto, la simpatía, l’amicizia, l’amo-
re. La tenerezza non é dunque superflua, soprattutto nell’a-
more coniugale.
iradursi come CONTINENZA SESSUALE in alcuni stati di vita o
in a [cune circostanze.
Pensiamo alia castitá di du EFIDANZATI, che esprime, nel-
l’attesa e ne! silenzio, la grandezza dell’amore sponsale che
si preparano a vivere nella veritá.
Pensiamo all’attesa e al silenzio che i CONIUGI si trovano a
vivere in tante circostanze: anche quando, non potendo
accogliere il dono di una nuova vita, rispettano cosi il valore
della feconditá, preparandosi a vivere il rapporto coniu- gale
nella sua pienezza in un altro momento.
Pensiamo all’attesa e al silenzio della castitá con cui la
PERSONA CONSACRATA vive la totalitá del dono di sé a Cristo
e alia Chiesa, aspettando cosi la definitiva manifestazione
deH’amore sponsale cui tutte le creature sono chiamate.
Ogni linguaggio vive anche di silenzi: e la continenza,
ncila castitá, non é che l’eloquente e fecondo SILENZIO del
LINGUAGGIO dell’amore.
313 silenzio
La castitá é poi atiesa, silenzio, continenza: e, come tale, é
un’altissima espressione d’amore.
Puo sembrare paradossale, ma l’attesa puo esserci solo se si
é consapevoli della grandezza di ció che si attende, e puo
319
L’«amen»
In questa visione della persona e dell’amore, la castitá non
puó dunque identificarsi con una rinuncia, con una ne-
gazione. Non é un «no»: é un «si»!
Un «si» al progetto di Dio sull’amore, dunque una rispo-
sta realmente vocazionale. Un «si» trasparente, che rivela il
volto di Dio e gli permette di essere volto del nostro amore.
In questo senso, la castitá é un’esperienza e un’esigenza
profondamente spirituale e dunque umana: é il nostro «si», il
nostro «amen» di creature che consente a Dio di amare in
noi, con noi, per noi, di essere con il suo progetto di amore e
di vita il Principio unificatore della nostra sessualitá, della
nostra persona.
Cosi ogni apparente rinuncia, ogni scelta, ogni azione
potrá essere una nota dell’armoniosa melodia che la nostra
bellezza é chiamata a realizzare e che ci conduce alia beati-
tudine della visione e della manifestazione del volto di Dio.
«Ai “puri di cuore” é promesso che vedranno Dio faccia
11
Cfr. Salmo
110.
320
a faccia e che saranno simili a lui. La purezza del cuore é
la condizione preliminare per la visione. Fin d’ora essa ci
per- mette di vedere secondo Dio, di accogliere l’altro come
un “prossimo”; ci consente di percepire il corpo umano, il
nostro e quello del prossimo, come un tempio dello Spiriio
Santo, una manifestazione della bellezza divina» 314.
Vedere SECONDO Dio per vedere Dio: ecco il senso e la
promessa dell’ AMENL
Castitá e verginitá
In nome dell’amore
«É proprio del cuore umano accettare esigenze, perfino
difficili, in nome dell’amore per un ideale e soprattutto in
uome dell’amore verso la persona (1’amore, infatti, é per
essenza orientato verso la persona). E percio in quella chia-
mata alia “continenza per il regno dei cieli”, prima gli stessi
discepoli e poi tutta la viva tradizione della Chiesa scopri-
ranno presto 1’amore che si riferisce a Cristo stesso come
Sposo della Chiesa, sposo delle anime, alie quali egli ha
donato se stesso sino alia fine, nel mistero della Pasqua e
dell’ eucaristía.
In tal modo la continenza “per il regno dei cieli”, la scel-
¡a della verginitá o del celibato per tutta la vita, é divenuta
nell’esperienza dei discepoli e dei seguaci di Cristo l’atto di
una risposta particolare all’amore dello Sposo divino, e per-
cio ha acquisito il significato di un atto di amore sponsale:
cioé di una donazione sponsale di sé, al fine di ricambiare in
modo particolare l’amore sponsale del Redentore; una
donazione di sé intesa come rinuncia, ma fatta soprattutto per
amore»315.
La verginitá consacrata ha, in un certo senso, le sfumatu-
re proprie di una scelta PARADOSSALE: é realizzazione di una
sponsalitá nella rinuncia, che diventa in realtá un pieno dono;
314 Catechismo della Chiesa Cattolica, 2519, p. 609.
315 Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., pp; 313-314.
é un dono che si fa nell’oggi ma si realizza nella vita futura...
Si: c’é un profondo e misterioso paradosso che si percepisce
volendo provare a definire la radice della vocazione alia
castitá verginale o alia castitá del celibato. É il paradosso
dell’amore, che rende difficile spiegare ció che non tutti
possono capire, «ma solo coloro ai quali é stato concesso» 316.
316 Mt 19,11.
3175 Cfr. Mt 22,30; Me 12,25.
318 Cfr. Unitá C.
319
322 Cfr. Gn 2,18.
realizza qui in térra in maniera particolarissima, quasi con
una sorta di anticipazione: la solitudine PER Dio.
É questa l’essenza della verginitá consacrata: non sacra-
mento di un mistero che si rivela, come nel matrimonio, ma
segno di un mistero che si realizzerá. L’attesa di un compi-
mento intrisa di speranza e che, giá di per sé, é in qualche
modo certezza anticipante. Questa attesa e questa certezza
presuppongono, d’altra parte, un «principio».
Perció non si puó comprendere la verginitá senza il ma-
trimonio, senza penetrare il mistero della creazione, della
sessualitá e il significato sponsale del corpo umano. Perché si
finirebbe per interpretare come solitudine di isolamento
quella che é - e che deve essere - una SOLITUDINE DI COMU-
NIONE.
II segno distintivo della verginitá consacrata é infatti, pri-
ma di tutto, ció che potrebbe apparire una restrittiva rinuncia,
un «no». Rinuncia, cioé, al matrimonio e a tutto ció che a
esso é collegato: l’esercizio della sessualitá, la trasmissio- ne
della vita, il vivere in prima persona una realtá che rende
storicamente e concretamente attuabile l’esperienza di una
speciale comunione. Ma é rinuncia a vivere nell’oggi ció che
si compirá pienamente nel domani.
La vocazione alia verginitá consacrata si colloca, in un
cer- to senso, a metá strada tra il «principio» e la «fine». E
quasi un’attualizzazione di quella pienezza del significato
sponsale del corpo e della persona umana che si é rivelata
nella creazione e si compirá con la GLORIFICAZIONE DEL
CORPO320.
C’é una profonda dimensione di LIBERTA che vive in que-
sto mistero. Coloro che «si sono fatti eunuchi per il regno dei
cieli»321 sono guidati e mossi da una scelta libera, con- ferma
che il significato sponsale del corpo, con la sua fem-
minilitá-mascolinitá, é il DONO, non il possesso.
La libertá pero, lo ricordiamo, é di per sé orientata e fina-
lizzata all’amore: in quel PER il regno dei cieli é racchiuso
dunque tutto il mistero d’amore che ispira e sorregge tale
vocazione.
Solo l’amore, l’amore per una PERSONA, é in grado di su-
scitare l’impegno di tutta una vita rendendo capaci di atten-
320 Cfr. Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 295.
321 Mt 19,12.
323
dere per un’esistenza intera. La risposta alia vocazione alia
verginitá consacrata o al celibato sacerdotale sta tutta in
questo MISTERO D’AMOREL
Bisogna allora chiedersi, con molta concretezza: la castitá
della vita consacrata e del celibato sacerdotale realizza
davvero la persona e la sessualitá umana? Come puo avve-
nire sul piano biologico e psicologico? E come, infine, la
castitá realizza la sponsalitá dell’amore?
326
ticolare con ciascuno. E tutto questo il consacrato lo com-
prende benissimo.
Nell’amore tra due sposi emerge, tra gli altri, l’importan-
te sforzo di imparare a riconoscere l’affetto dell’altro, il suo
modo di voler bene e di dimostrarlo. La crescita nell’amore
si indirizza, cosi, verso il superamento delle rigide aspetta-
tive per aprirsi alia vera accoglienza.
Ed ecco che qualcosa di simile accade nella verginitá
consacrata, nel sacerdozio: lo Sposo ama e io devo imparare
a riconoscere il SUO modo di amare... MEL E devo saper
scorgere i segni della sua tenerezza anche in ogni affetto
umano che lui stesso mi dona e che sono invitato a vivere in
pienezza, anche se non nella totalitá ed esclusivitá. Questa
totalitá ed esclusivitá sono infatti riservate al Signore: é il
fondamentale SIGILLO della nostra appartenenza a lui.
22
Cfr. Unitá
H.
328
per mostrare che la forza dell’amore di Dio puo operare
grandi cose proprio dentro le vicende dell’amore umano» 322.
Ció pud accadere grazie alie due fondamentali modalitá con
cui viviamo nella carne - cioé nella continenza fisico-geni-
tale - la nostra sponsalitá con Cristo: il silenzio e 1’attesa.
1. II SILENZIO presuppone la parola, la genera, sa farle spa-
zio. Se non ci fosse la parola non ci sarebbe neppure il si-
lenzio. Se la parola non avesse una veritá da esprimere, il
silenzio non avrebbe ragione di esistere. Si! Puo amare il
silenzio solo chi SENTE e COMPRENDE nel profondo il valore
della parola.
Ma quale parola é chiamato a esprimere quel silenzio che
identifica e caratterizza la castitá della vita consacrata?
Certamente quella parola che Dio ha scritto nella corporeitá e
nella sessualitá umana, in quel mistero di amore e di vita che
si manifesta sulla térra in modo pieno esclusivámente
nell’amore coniugale.
É per questo che 1’amore per il nostro silenzio, cioé per il
nostro modo di vivere la castitá, cresce nella misura in cui
cresce la conoscenza di questa parola sulla veritá dell’amo-
re umano: il senso e la forza della castitá consacrata é anche,
in un certo senso, la CONTEMPLAZIONE dell’amore coniugale.
E il desiderio di farlo vivere.
«Perché l’uomo possa essere pienamente consapevole di
ció che sceglie (la continenza per il regno), deve essere an-
che pienamente consapevole di ció a cui rinuncia... Tale ri-
nuncia é, a un tempo, una particolare forma di affermazione
di quel valore, da cui la persona non sposata si astiene co-
erentemente, seguendo il consiglio evangélico» 323.
25
Ibid, p.
319.
330
C’é - ci ricorda la PASTORES DABO VOBIS - un legame pro-
fondo tra «il celibato e l’ordinazione sacra, che configura il
sacerdote a Gesü Cristo capo e sposo della Chiesa. La Chiesa,
come sposa di Gesü Cristo, vuole essere amata dal sacerdote nel
modo totale ed esclusivo con cui Gesü Cristo capo e sposo l’ha
amata. II celibato sacerdotale, allora, é dono di sé in e con
Cristo alia sua Chiesa ed esprime il servizio del sacerdote alia
Chiesa in e con íl Signore»27.
Questo mistero d’amore apparterrá al nostro sacerdozio.
Costruiamolo giá da oggi: scegliamo di crescere nella castitá
nella fatica e nella ricerca, nella gioia inesprimibile e contagiosa
di chi vive il SEGRETO di essere scelto dall’amore. E con 1 ’
amore risponde!
26/te/.,p. 301.
27
Id., Esortazione apostólica Pastores dabo vobis, 29.
331
Per la riflessione e la preghiera
332
assumere un tale impegno e di re- starvi fedeli per tutta la vita.
Occorre, pero, preparare i giovani che entrano in seminario a
comprendere piü chiaramente i motivi e le esigenze di tale
scelta, accogliendo nella preghiera la grazia che viene loro
offerta. Essi saranno puré avvertiti circa i pericoli ai quali
possono essere esposti e circa l’umile prudenza che devono
usare nel loro comportamento. Soprattutto, essi do- vranno
essere rafforzati nella convinzione che il celibato é
essenzialmente un amore piú grande verso Cristo e verso il
prossimo, e che é destinato a sostenere la santitá e la fedeltá
degli sposi cristiani (Giovanni Paolo II, ANGELUS DEL 19
AGOSTOL990, in Diego Coletti, II DONO DI ESSERE PRETI, Editri-
ce Ancora, Milano 1990, pp. 104-105).
Sei giorni dopo, Gesü prese con sé Pietro, Giacomo e
Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto
monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brilló come
il solé e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco
apparvero loro Mosé ed Elia, che conversavano con lui. Pietro
prese allora la parola e disse a Gesü: «Signore, é bello per noi
restare qui; se vuoi, faro tre tende, una per te, una per Mosé e
una per Elia». Egli stava ancora parlando quando una nuvola
luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che
diceva: «Questi é il Figlio mió prediletto, nel quale mi sono
compiaciuto. Ascoltatelo». AU’udire ció, i discepoli caddero
con lafaccia a térra e f u - rono presi da grande timore. Ma
Gesü si avvicinó e, tocca- tili, disse: «Alzatevi e non temete».
Sollevando gli occhi non videro piü nessuno, se non Gesü solo
(Mt 17,1-8).
La bellezza di cui parlo non é la bellezza seducente, che
allontana dalla vera meta cui tende il nostro cuore inquieto:
333
Per la riflessione e la preghiera
338
sacerdozio. Mediante un simile dono dall’alto, ^si saranno in
grado di assumere un tale impegno e di re- siarvi fedeli per tutta
la vita.
Occorre, pero, preparare i giovani che entrano in seminario .a
comprendere piü chiaramente i motivi e le esigenze di taie
scelta, accogliendo nella preghiera la grazia che viene lf.ro
offerta. Essi saranno puré avvertiti circa i pericoli ai quali
possono essere esposti e circa l’umile prudenza che ilcvono
usare nel loro comportamento. Soprattutto, essi do- \ ranno
essere rafforzati nella convinzione che il celibato é
essenzialmente un amore piü grande verso Cristo e verso il
prossimo, e che é destinato a sostenere la santitá e la fedeltá
degli sposi cristiani (Giovanni Paolo II, ANGELUS DEL 19
AGOSTOL990, in Diego Coletti, II DONO DI ESSERE PRETI, Editri-
ce Ancora, Milano 1990, pp. 104-105).
339
riferimento san Francesco nelle lodi del Dio altis- simo quando
invoca l’Etemo dicendo: «Tu sei bellezza». É la bellezza di cui
recentemente ha scritto il Papa nella LETTERA AGLI ARTISTI
affermando: «Nel rilevare che quanto aveva creato era cosa
buona, Dio vide anche che era cosa bella... La bellezza é, in un
certo senso, espressione visibile del bene, come il bene é la
condizione metafísica della bellezza» (n. 3). E la bellezza di
fronte alia quale «1’animo avverte una certa nobile elevazione
al di sopra della semplice predi- sposizione al piacere sensibile»
(Immanuel Kant, CRITICA DEL GIUDIZIO, § 59). Non si tratta
quindi di una proprietá sol- tanto fórmale ed esteriore, ma di
quel momento dell’essere cui alludono termini come gloria (la
parola biblica che meglio dice la bellezza di Dio in quanto
manifestata a noi), splendore, fascino: é ció che suscita
attrazione gioiosa, sorpresa gradita, dedizione férvida,
innamoramento, entusiasmo; é ció che 1’amore scopre nella
persona amata, quella persona che intuisce come degna del
dono di sé, per la quale si é pronti a uscire da noi stessi e
giocarsi con scioltezza [...]. Bisogna irradiare la bellezza di ció
che é vero e giusto nella vita, perché solo questa bellezza
rapisce veramente i cuori e li rivolge a Dio (Cario Maria
Martini, QUALE BELLEZZA SALVERÁ IL MONDO? Lettera pastorale
1999-2000, Centro Ambrosiano, Milano 1999, pp. 11-13).
341
«Dio disse: non é cosa buona che l’uomo sia solo»
(cfr. Gn 2,18)
342
creazione: é una realtá nuova che solo Gesü ha riempito di
significato. É dono, di cui fa esperienza per primo chi é
chiamato ma che, come tale, é per l’utilitá di tutti. E stru- inento
di annuncio del regno di Dio, perché il mondo passa c il tempo
si é fatto breve; di annuncio della centralitá di Cristo, che si ama
di amore personale nel dialogo continuo della preghiera e della
lettura assidua della sua Parola.
Entrando in monastero, con alie spalle una tradizione
imilenaria che a volte ha perso di vista il vero senso del
"recinto” operando spesso grosse idealizzazioni mistiche, con
1’aiuto delle mié sorelle e madri di comunitá é stato ne-
cessario operare una vera conversione: non possiamo rinun-
ciare alia nostra natura di donne, diventando una “cosa neutra”,
ma occorre, fin nella realtá e nel simbolo del nostro corpo,
rispondere alia vocazione di amore che Dio ha pro- nunciato.
Dalla sequela di Cristo che chiama il suo operaio, dal mo-
naco che nella sua solitudine risponde «eccomi»... alia meta
finale del regno di Dio tra gli uomini: ecco la parabola av-
venturosa che ci troviamo a vivere. Nel contesto del mondo ili
oggi, in pieno anno di grazia, é urgente piü che mai dire ¡inche
nel SILENZIO DEL CELIBATO la buona novella che la nostra
solitudine - cosa non buona - e il nostro inferno é stato or- ¡nai
raggiunto da Cristo, disceso agli inferí il sabato santo per farci
pronunciare ancora la parola di risurrezione, di vita, di
reciprocitá, di comunione: la parola di Adamo al risve- glio
dopo la creazione della donna. Ed é lui, il nuovo Adamo nato
dal grembo della nuova Eva, che ha ormai riempito la nostra
vita di donne che vivono insieme per il suo amore.
Ecco la mia chiamata, la mia vita, la mia conversione: entrare
nella SOLITUDINE del monastero per una VOCAZIONE ALIA
COMUNIONE e alia pienezza con Dio, la sola che possa
soddisfare i desideri piú profondi del cuore umano.
(suor Maria Gabriella)
UNITÁ M
343
[ntroduzione
Obiettivi
329 Pontificia Opera per le Vocazioni Ecclesiastiche, Nuove vocazioni per una
nuova Europa, 12a. 349
propria di ogni creatura umana che - come recita il passo
citato della EVANGELIUM VITAE - «deve viverla con sapienza
e amore»7.
Lo sforzo pastorale che ci viene richiesto é dunque quel-
10 di rendere gli uomini d’oggi - i giovani in particolare
- SAPIENTI riguardo al grande dono dell’esistenza, per far cre-
scere dentro di loro V AMORE per la vita. I nostri giovani de-
vono imparare a guardare alia vita come alia prima e fonda-
mentale VOCAZIONE.
La vita é concretizzazione di un desiderio di colui che ci
ha voluti: «Prima di formarti nel grembo materno, ti cono-
scevo, prima che tu uscissi alia luce ti avevo consacrato» 8.
Con ogni uomo Dio vive questo mistero: e ogni creatura ha
11 diritto di saperlo.
Ogni scelta umana, soprattutto quella vocazionale, non
puó che partiré dalla riscoperta della centralita della persona:
ogni valore puó diventare assoluto solo se relativizzato a
essa.
Le nostre comunitá cristiane, gli uomini del nostro tempo,
i nostri giovani in particolare, hanno bisogno di reimpa- rare
chi sia la persona umana. E lo scopriranno piü fácilmente se
conosceranno quel meraviglioso meccanismo che
7
Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium vitae, 78.
8
Ger 1,5.
352
La vita di fede, infatti, proclama e alio stesso tempo esi- ge la vita fisica:
quella vita nella carne che, «in veritá, non é realtá “ultima”, ma “penúltima”; é
comunque realtá sacra»333.
Gli uomini e i giovani di oggi hanno bisogno di essere immersi nella corrente
di questa splendida professione di fede. Hanno bisogno di amare la vita per
donarla e di donarla per servirla.
E per questo che «annunciare, celebrare e servire il vangelo della vita»334
significa, anche per noi, essere in un certo senso MINISTRI della vita umana e
della sua dignitá: é il cuore di ogni apostolato, di ogni vocazione.
353
In quest’ottica un recupero dei valori della sessualitá é anche prezioso
servizio sociale: infatti l’educazione sessua- le puó essere pericolosamente
soggetta a diverse interpreta- zioni18:
1. l’interpretazione IGIENICO-SANITARIA riduce l’educazio- ne sessuale a
informazione scientifica, mirante soprattutto a garantiré un esercizio della
sessualitá in grado di prevenire eventuali malattie, di evitare il “rischio” di una
possibile gravidanza... Al fondo di tale proposta c’é una visione ma- terialistica
dell’uomo e una mitizzazione del “sesso sicuro”.
2. Questa educazione si collega all’interpretazione EDONI- STICA E LUDICA,
che focalizza il godimento sessuale come su- peramento di alcuni tabú,
attraverso la realizzazione di comportamenti che finiscono per diventare veri e
propri di- ritti: il permissivismo, l’erotismo, i rapporti sessuali preco- ci,
l’autoerotismo, l’omosessualitá, la pornografía.
3. C’é poi, tra le tante, una certa tendenza a sottovalutare il valore
dell’educazione sessuale, ritenendo la visione della sessualitá e della persona
semplicemente un frutto dei
'6Ibid., 45.
17
Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium vitae, 96-97.
18
Cfr. Ufficio Nazionale di Pastorale scolastica della Ceí, L’educazione sessuale nella scuola, 18-21.
modelli socioculturali imperanti: é V INTERPRETAZIONE SOCIO- CULTURALE, che
immette l’educazione sessuale nella scia del relativismo morale ormai diffuso.
4. Alia Chiesa é affidato il compito di difendere quella visione PERSONALISTA
E PERSONALISTICO-CRISTIANA che inseri- sce l’educazione sessuale
nell’educazione INTEGRALE della persona.
La sessualitá umana é vocazione: un'autentica e serena educazione affettivo-
sessuale é dunque presupposto e con- tenuto di una seria antropología
vocazionale.
Persona, amore e vocazione
La pastorale dell’amore
É vero che i giovani si interrogano sul senso della vita, ma é al- trettanto vero
che portano in cuore una profonda sete d’amore che sboccia in modo quasi
prorompente, a motivo della maturazione biologica e psicológica afirontata dal
punto di vista sessuale.
La fatica e la gioia di ogni esperienza umana e cristiana é quella di scoprire
come il desiderio d’amore sia quasi la risposta alia domanda sul senso della
vita.
E come, per comprendere il senso della propria vita, i giovani devono
imparare a capime il valore, cosi devono appren- dere la preziosita di
quell’amore che cercano e desiderano per compréndeme il senso. Questa sete
d’amore é infatti rivelatri- ce di esigenze profonde e pud essere colmata da doni
profondi.
IMPARARE 1’AMO REÍ E l’obiettivo che ci eravamo posti al- l’inizio del nostro
cammino e al quale condurre anche ogni uomo che ci vérrá affidato.
Quell’amore di cui i giovani vivono la ricerca - spesso triste o disperata,
celata dietro pericolosi materialismi, stor- dita da risposte vuote o esaltanti - va
accolto come SEGNO e STRUMENTO dell’amore che viene da Dio.
Giovanni Paolo II usa parole bellissime parole per rassi- curare e
incoraggiare i giovani che si confrontano con l’a- more nascente: «per mezzo di
quell’amore che nasce in voi, e che deve essere inserito nel progetto di tutta la
vita, dove- te vedere Dio, che é Amore» 19.
19
Giovanni Paolo II, Lettera ai giovani nell’Anno Santo della redenzione, 31 marzo 1985.
«L’amore é da Dio»: un annuncio vocazionale
355
Abbiamo fatto dell’amore e della vita 1’oggetto della nostra conoscenza, del
nostro dibattito, della nostra meditazione: della nostra preghiera.
Questa esperienza deve guidarci, da sacerdoti, a valoriz- zare tali tematiche
sul piano pastorale, sfruttando le espe j o l G v 4 , 7 .
rienze dei gruppi giovanili, dei vari percorsi di catechesi e valorizzando in
modo particolare la guida spirituale.
Tutto questo lavoro é fondamentale nelle comunitá par- rocchiali, ma oggi
deve arricchire anche la PASTORALE VOCA- :IONALE, che deve essere impregnata
di questo annuncio concreto e profondamente spirituale che é il vangelo dell’a-
inore e della vita.
É utile, in tal senso, una nuova sensibilitá e un coinvolgi- mento dei CENTRI
DIOCESANI PER LA PASTORALE VOCAZIONALE, delle COMUNITÁ DI VITA RELIGIOSA
(soprattutto le comunitá formative), dei SEMINARI TEOLOGICI.
Sono proprio queste strutture a essere non solo luogo di crescita e
maturazione interna dei chiamati a una forma di speciale consacrazione, ma
luoghi nei quali il vangelo della vocazione risuona in maniera piú autentica e
vítale337; quin- di sono chiamati a diventare strumenti che annunciano l’in-
vcindibile legame tra vangelo dell’amore e della vita e vangelo della vocazione.
Recuperare «il vero senso della sessualitá umana» 338, al- I’interno di una
pastorale della vita e dell’amore, é dunque prezioso servizio vocazionale. I
nostri giovani, immersi nella cultura della rivoluzione sessuale 339, vivono infatti
OGNI legame come fonte di paura, in quanto spettro di una possibile limitazione
della libertá. Ció vale per i legami di significato, per quelli interpersonali, ma
anche per quegli impe- gni che sembrano legare la vita umana alia definitivitá.
E tale é la vocazione.
Ecco perció un serio aspetto del pericolo che il senso della vocazione si trova
ad affrontare. Alia luce dello splendi- do annuncio del vangelo della vita,
1’educazione alia sessualitá e all’amore puo dunque diventare il luogo in cui,
RI- COSTRUENDO I LEGAMI E I SIGNIFICATI, la persona trova il corag- gio e la
gioia di legarsi al progetto che il Dio dell’amore e della vita da sempre ha
sognato per lei.
337 Cfr. Giovanni Paolo II, Esortazione apostólica Vita consecrata, 64; Pontificia Opera per le Vocazioni
Ecclesiastiche, Nuove vocazioni per un nuova Europa, 29b.
338 Id., Esortazione apostólica Pastores dabo vobis, 7.
339 Cfr. Unitá D.
famiglia come ICONA DEL DONO DI SÉ totale e definitivo, concreto e rinnovato
ogni giorno, fecondo e aperto alia vita. Di un dono che é motiva- to dall’amore
per una persona. Dalla radice di un amore cosí squisitamente PERSONALE
sboccia anche 1’amore della ver- ginitá consacrata e del celibato sacerdotale.
C’é una modalitá concreta per aiutare i giovani non solo a conoscere, ma a
vivere in questo modo 1’amore: é Y EDUCAZIONE ALIA CASTITÁ. La vocazione
alia castitá é il cuore della chiamata alia sponsalitá. Non si puó parlare di
discemimento e pienezza vocazionale senza far ricorso alia bellezza della
castitá.
Nei giovani che attendono di comprendere la propria vocazione, pero, é
necessaria un’attitudine di fondo che tradu- ca un atteggiamento di reale
ricerca, di assenza di condizio- namenti e, soprattutto, di coinvolgimenti che
possano ren- dere la persona meno attenta ai segni da discemere.
Questa DISPONIBILITÁ non puó essere solo mentale o spiri- tuale: riguarda,
anch’essa, TUTTA la persona e si traduce, per- ció, nella VERGINITÁ anche física,
che rispecchia questo proiettarsi giá - anche se ancora in modo non chiaro - ver-
so quello che sará l’impegno di tutta la vita, il senso della propria esistenza: il
«si» pieno alia vocazione.
La vita consacrata
La castitá della verginitá consacrata e del celibato sacerdotale deve essere
MODELLO DI SPONSALITÁ. I giovani, abbiamo detto, hanno sete d’amore. Nel
340 Cfr. Giovanni Paolo II, Esortazione apostólica Familiaris consortio, 17.
341 Cfr. Paolo VI, Lettera enciclica Humanae vitae, 21.
357
proprio cuore e nel proprio corpo scoprono i segni di una chiamata ad amare
qualcuno. Cercano un completamento, la tenerezza... la comunione.
Questa ricerca puo condurre verso la consacrazione se la vita religiosa che
essi vedranno incarnata apparirá come segno di questa tenerezza, di questa
comunione, di questo amore personale, di questa sponsalitá.
Forse il cuore dell’ ESSERE consacrato é proprio quello di rivelare il mistero,
invisibile ma presente, di una Persona che non si puo che amare «con tutto se
stesso».
I seminaristi
C’é un’ultima, piccola riflessione. É la nostra testimonianza di oggi.
II nostro essere seminaristi é uno stato concreto: una pre- parazione, certo,
ma una vera identitá. In termini di pastó- rale vocazionale, di educazione
all’amore e alia sessualiiá di annuncio del vangelo della vita, il nostro - non
spa\ cn. tiamoci a dirlo - é uno specifico CARISMA.
Noi abbiamo abbandonato tutto per seguire Gesú. A b b i a mo lasciato le nostre
cose, la nostra vita. Ma sappiamo d i trovarlo: e con lui noi stessi.
Non so se qualcuno, meglio di noi, potrebbe dire ai giovani di oggi quanto
valga una vita umana: la nostra esisten- za, che vive le loro stesse difficoltá e i
loro stessi aneliii: quanto valga la corporeitá, 1’affettivitá, 1’amore che tutti \ i-
viamo e cerchiamo; quanto valga Fessere persone. Perche noi ci stiamo
preparando a donare tutto questo.
Forse al momento di entrare in seminario non ce ne rende- vamo conto.
Comprendevamo, puo darsi, quello che stavainn lasciando, ma forse non tutto
quello che giá avevamo in dono.
In questi anni di seminario viviamo soprattutto lo sfor/o del discemimento e
della costruzione: una fatica, ma anche una feconda promessa d’amore che é, in
parte, realizzata.
La CASTITÁ, che caratterizza il nostro cammino di oggi, ha i t< mi dell’attesa
e del silenzio, la necessitá dell’autodominio e dello sforzo, la fatica della
coerenza e Fimpegno forte e gioioso della preghiera; ci fa giá intravedere, sia
puré in parte, le sfumature di quel personale dialogo d’amore con cui Dio ama
ciascuno di noi.
Che lo vogliamo o no, siamo anche noi chiamati a essere modelli di questo
amore, personale e sponsale.
Possiamo esserlo, in particolare TRA i giovani e PER i giovani: forse guardano
anche a noi - che siamo COME LORO - per ritrovare una forza e un senso
all’amore che da altre partí é assolutamente invisibile.
Possiamo forse essere modelli anche per le famiglie, per le nostre in modo
del tutto speciale: giá a volte ci accorgiamo che ci trattano, come persone quasi
“sacre” da preservare c ammirare, anche se non sempre con una piena
condivisione.
Possiamo, infine, essere modelli anche per gli stessi sacer- doti e per tutti i
consacrati, grazie alia freschezza della castitá che ci viene richiesto di vivere,
che ci fa essere modelli e testimoni gioiosi di quell’amore sponsale che ha
scelto loro e noi.
Appendice
Spunti contenutistico - metodologici per la pastorale.
359
paradossalmente, lo stesso mistero nuziale diventa il paradigma di una nuova
pastorale vocazionale.
I giovani d’oggi, ai quali spesso manca il riferimento educativo della
famiglia per la crescita nell’amore, hanno certamente bisogno di una veritá sulla
famiglia e sull’amo- re alia quale riferirsi. E questa veritá la trovano, e non pos-
sono non trovarla, nel progetto di Dio sulla persona e sul- 1’amore.
E interessante sottolineare che i nostri incontri di educa- zione all’amore si
svolgono in seminario. In questa scelta possiamo leggere la valorizzazione di
quella complementa- ritá tra le vocazioni che la Chiesa oggi non cessa di
sottolineare. E siamo certi che anche la vocazione coniugale che matura in
questo modo formerá famiglie consapevoli della loro grande vocazione e
sensibili a un’educazione vocazionale dei figli.
Ed é importante che il nostro cammino sia vissuto in un clima di preghiera:
anche la conoscenza scientifica puo e deve essere incontro con la veritá. E la
preghiera é il momento nel quale la veritá penetra nel cuore.
E stata fondamentale, in questo senso, 1’esperienza di un intero corso di
esercizi spirituali a sfondo vocazionale sul tema «Vita, persona, vocazione»,
che due anni fa abbiamo potuto proporre ai giovani, insieme con il nostro
vescovo.
La vera forza di tutta la nostra esperienza é la “bellezza”. La cultura della
vita é impregnata della bellezza del progetto di Dio: che é, in un certo senso, la
stessa bellezza di Dio che l’uomo é chiamato a rivelare.
Forse il problema dTW «UOMO SENZA VOCAZIONE» (Nvne, 11 c) si radica
proprio in una mancanza di consapevolezza di quanto grande sia la vocazione a
essere uomo. Perché,
per ogni uomo, «essere uomo é la fondamentale vocazione: essere uomo a
misura del dono ricevuto. A misura di quel talento che é l’umanitá stessa e,
soltanto dopo, a misura de gli altri talenti» (Giovanni Paolo II, Lettera alie
famiglie, 0) (P. Pellicanó, Cultura vocazionale e cultura della vita, in
Vocazioni, n. 4 [1999], pp. 71-76).
«Per mezzo di quell’amore che nasce in voi, e che vuole essere inscritto
nel progetto di tutta la vita, do vete vedere Dio che é amore»
(Giovanni Paolo II, Lettera ai giovani nell’Anno Santo della Redenzione).
1. «Mi hai tessuto nel seno di mia madre» (Salmo 138)
L’ amore e la vita: nel corpo umano il progetto di Dio creatore
2. «Camminate nelVamore» (Ef 5,2)
Dall’attrazione al dono di sé: il mondo dei sentimenti
361
Aborto, sterilizzazione, contraccezione, trasmissione del- l’Aids: aspetti
scientifici e umani di una «cultura anti-vi- ta»
5. «Una sola carne» (Gn 2,24)
Hanno senso i rapporti prematrimonial i? Valore e signifi-
cato del fidanzamento
6. «La veritá vifará liberi» (Gv 8,32)
Sessualitá e senso del peccato: un cammino d’amore verso
la libertá
7. «Famiglia: dono e impegno, speranza per Vumanitá»
(Giovanni Paolo II)
Incontro conclusivo di preghiera, testimonianza e festa
363
«lo piego le ginocchia davanti al Padre dal quale ogni
paternitá nei cieli e sulla térra prende nome» (Ef 3,14) LA
PERSONA UMANA: COMUNIONE E DONO
3
6
4
Introduzione
2Cor 3,18.
16
Giovanni Paolo II, Esortazione apostólica Pastores dabo vobis, 49.
berta dell’uomo chiedendogli una risposta: questo suo
operare in noi non puo, in nessuna maniera, lasciarci
inattivi.
Si tratta di una risposta di fede: é proprio la
maturitá di fede che ci inserís ce nella conoscenza
della profonda insidia del peccato contro la sessualitá.
II «nuovo manichei- smo»356 - che dividendo l’anima
dal corpo ripropone, sia puré in termini
apparentemente liberatori, una visione dua- listica
della persona e dell’amore - ha convinto le nostro
coscienze a separare dalla vita spirituale l’affettivitá e
la sessualitá. Qualora questo avvenga, ne risulta un
grosso ini- poverimento non solo dell’umanitá
integrale, ma anche dcl- l’autentica vita di fede.
Attraverso la conoscenza del male, dono della
veritá, e quella del bene, veritá che si fa dono,
giungiamo dunque alia necessaria bellezza della nostra
risposta d’ amore e di fede: donarci alia veritá. La
veritá non dev’ essere soltanto RI- SPETTATA: chiede di
essere AMATA.
E questo, se ci pensiamo bene, innesta il cammino
della maturazione affettiva e sessuale dentro il
profondo senso dell’ OBBEDIENZA della fede:
l’obbedienza alia veritá.
La disobbedienza - sembra suggerire il Signore a
Caterina da Siena - nasce dal non percepire il valore
della persona umana: é «la colpa di Adamo, il quale
non conobbe la sua dignitá, non riflettendo con quanta
provvidenza e amo- re ineffabile io lo avevo creato.
Non avendolo conosciuto, cadde nella
disobbedienza». Solo l’incontro con Gesü é esperienza
vera di un’obbedienza che si fa vita da imitare e via da
19
Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium vitae,
83.
392
della vita del cristiano»358.
Quel nuovo ETHOS, che ci pervade e ci guida a vivere l’a- more,
sgorga dunque dalla preghiera.
3. Una preghiera cosi vissuta culmina nella VITA SACRAMÉNTALE,
incontro efficace con il Vi vente, incontro che rende ogni volta
presente e operante la grazia della redenzione. Ci é utile, in questa
riflessione, ricordare come proprio la PASTORES DABO VOBIS
richiami i seminaristi a «riscoprire, al- l’intemo della formazione
spirítuale, la bellezza e la gioia del sacramento della penitenza. In
una cultura che, con rin- novate e piü sottili forme di
autogiustificazione, rischia di perdere fatalmente il “senso del
peccato” e, di conseguenza, la gioia consolante della richiesta di
perdono (cfr. Salmo 51,14) e dell’incontro con Dio “ricco di
misericordia” (Ef 2,4), urge educare i futuri presbiteri alia virtü
della penitenza, che é sapientemente alimentata dalla Chiesa nelle
sue celebrazioni e nei tempi dell’anno litúrgico e che trova la sua
pienezza nel sacramento della riconciliazione. Di qui scaturiscono
il senso dell’ascesi e della disciplina interiore,
lo spirito di sacrificio e di rinuncia, l’accettazione della fa- tica e
della croce»359.
Su chi, dunque, puó contare l’uomo per poter fare il bene?
L’uomo, nella sua esperienza di peccato, nel suo sceglie- re di
fare il bene, puó CONTARE SU DIO, sulla sua presenza d’amore, sul
suo desiderio di bene per l’uomo, sul suo progetto che lui stesso
costruisce giomo per giomo, se la persona lo lascia fare attraverso
il proprio «si». L’uomo, quin- di, puo contare su una forza
straordinaria, disponibile, in- vincibile che, pero, non lo trascina
passivamente, ma che viene comunicata alia sua volontá.
Grazie al senso del peccato, l’uomo sperimenta la potenza
delicatissima della libertá che gli viene donata e continuamente
ridonata. Quella stessa libertá che lo fa cadere diventa libertá che
puo accogliere la salvezza e il dono della castitá. E questa lo rende
capace di rispondere con tutta la propria persona al comandamento
dell’amore: «il comanda- mento infatti si adempie attraverso la
“purezza di cuore”, la quale non viene partecipata all’uomo se non
a prezzo di fermezza nei confronti di tutto ció che ha origine dalla
con- cupiscenza della carne. Acquista la “purezza di cuore” chi sa
esigere coerentemente dal suo “cuore”: dal suo “cuore” e dal suo
“corpo”»360.
358 Id., Esortazione apostólica Pastores dabo vobis, 46.
359 Ibid., 48.
360 Id., Uomo e donna lo creó, op. cit., p. 181.
393
La veritá, «eco di una vocazione di Dio...», interpella ancora il
nostro «si». Mentre, cioé, ci riconosciamo biso- gnosi d’amore per
amare nella veritá, comprendiamo che il «si» all’amore, al
sacerdozio, a Dio non puo essere pieno senza tale «si» alia veritá
sull’amore. E la nostra specifica libertá, che abbiamo apprezzato
come «obbedienza convin- ta e cordiale alia “veritá” del proprio
essere, al “significato” del proprio esistere» e che si rivela
«importante per la risposta da darsi alia vocazione, a quella
sacerdotale in specie, e per la fedeltá a essa e agli impegni che vi
sono con- nessi, anche nei momenti difficili» 361.
Una legge scritta nel cuore
Veritá e santitá
«É necessario, dunque, che i valori scelti e perseguiti con la
propria vita siano veri, perché soltanto valori veri possono
realizzare la persona realizzandone la natura. Questa veritá dei
valori, l’uomo la trova non rinchiudendosi in se stesso, ma
aprendosi ad accoglierla anche nelle dimensioni che lo
trascendono»368.
Al termine del nostro cammino raccogliamo quei valori che
abbiamo instancabilmente cercato e che sono, in modo naturale e
splendido, emersi nel nostro incontro con il mistero della persona e
dell’amore: con il mistero della veritá. Conserviamoli nella
memoria, nella conoscenza, nella me- ditazione, nella preghiera e
nella lode, perché siano an- ch’essi ad aiutarci a vivere in
profonditá il senso del peccato come un incontro d’amore con la
veritá.
Nel mistero della coscienza umana, la fede e la morale si
fondono come due parole dell’unico dialogo con Dio. Se esse
vengono tra loro separate, non é solo la morale a risul- tare
soggettivista, relativista o utilitarista: é la stessa fede a rimanere
teórica, vuota, disincamata. E l’esperienza dell’a- more viene
impoverita e ridotta a un instabile sentimentalismo, privo di dovere
e dunque di impegno.
C’é, senza dubbio, un profondo nesso tra perdita del sen- so
morale e scristianizzazione369. Ed é per questo che la Chiesa ci
esorta con tono deciso. «L’evangelizzazione - e pertanto la “nuova
evangelizzazione” - comporta anche 1’annuncio e LA proposta
morale»; essa «manifiesta tutta la sua autenticitá, e nello stesso
tempo sprigiona tutta la sua forza missionaria, quando si compie
attraverso il dono non solo della parola annunciata, ma anche di
quella vissuta... la vita di santitá» 370.
É bello, al termine delle nostre riflessioni, guardare alia morale
come VITA DI SANTITÁ e soprattutto cogliere nella santitá una
conoscenza profonda della veritá, un rapporto personale e intimo
367 Id., Lettera enciclica Fides et ratio, 25.
368 Ibidem.
369 Cfr. id., Lettera enciclica Veritatis splendor, 106.
3703,2 Ibid., 107.
396
con essa che fa della vita morale non un in- sieme di rególe, ma
semplicemente VITA concreta e vissuta: in un certo senso, VERA.
Vita santa, a cui ogni esistenza deve tendere per la felicitá della
propria realizzazione e come anticipo e prefigurazione della
beatitudine eterna.
399
Della veritá sull’amore, che é l’Amore!
«Maria condivide la nostra condizione umana, ma in una
totale trasparenza alia grazia di Dio. Non avendo conosciu-
to il peccato, ella é in grado di compatire ogni debolezza.
Comprende l’uomo peccatore e lo ama con amore di Madre.
Proprio per questo ella sta dalla parte della veritá e condivide
il peso della Chiesa nel richiamare a tutti e sempre le
esigenze morali. Per lo stesso motivo non accetta che l’uomo
peccatore venga ingannato da chi pretenderebbe di amarlo
giustificandone il peccato, perché sa che in tal modo sarebbe
reso vano il sacrificio di Cristo, suo Figlio. Nessuna
assoluzione, offerta da compiacenti dottrine filosofi- che o
teologiche, puo rendere l’uomo veramente felice: so
lo la croce e la gloria di Cristo risorto possono donare pace
alia sua coscienza e salvezza alia sua vita» 39.
Per la riflessione e la preghiera
Testimonianza di un seminarista
Non posso non benedire il Signore per tutti i doni che mi
ha elargito da quell’istante (se c’é un istante!) in cui sono
stato nel suo pensiero, sono stato il suo pensiero. Egli, chia-
mandomi alia vita, mi chiama continuamente all’amore.
L’única mia vocazione é questa: 1’amore. E da quando la sua
voce é stata forte in me, indicandomi chiaramente la via da
scegliere e percorrere per seguirlo - quella della dona- zione
totale di tutto me stesso a lui attraverso il sacerdozio
- la gioia nel mió cuore é stata piú luminosa e radiosa.
Ora mi trovo in seminario e giá sono passati tre anni dal
401
giomo in cui sono entrato nel luogo della mia crescita e nel
tempo della mia formazione al presbiterato. E si, il seminario
é luogo e tempo, é grembo della diócesi, in cui ci si forma a
daré una risposta alia domanda di Gesú: «Mi ami tu?».
L’único formatore é 1’amore. Da lui devo lasciarmi pla-
smare, da lui devo lasciarmi guidare, da lui devo lasciarmi
amare. Proprio in seminario si sta formando la mia perso-
nalitá, la mia affettivitá, la mia sessualitá e sta maturando il
mió rapporto con il Signore e i fratelli.
É questo il tempo privilegiato della mia crescita. Certo,
tutta la vita sará un cammino di perfezionamento (con tra-
guardi, difficoltá, cadute e riprese) ma, come dice il Papa
nella PASTORES DABO VOBIS: «Gesú, dopo averli chiamati e
prima di mandarli (gli apostoli), anzi per poterli mandare a
predicare, chiede loro “un tempo” di formazione destínate a
sviluppare un rapporto di comunione e di amicizia con se
stesso. A essi riserva una catechesi piü approfondita rispetto
agli altri e li vuole testimoni della sua silenziosa preghiera al
Padre» (42).
Proprio in seminario, io e i miei fratelli siamo fortemente
aiutati dai nostri superiori a riconoscere la bellezza di Dio e a
sperimentare il suo infinito amore per noi.
In questi anni, a farci assaporare e gustare il mistero che
siamo, un cammino di educazione all’affettivitá e alia ses-
sualitá apre gli occhi e il cuore alio stupore nel riconoscere i
segni dell’amore di Dio nella nostra persona. lo sono perso-
na, spirito incamato, a immagine e somiglianza di Dio, frutto
della caritá oblativa di colui che altro non é che sola caritá.
Ed é davvero sorprendente aver coito come spirito e cor-
po siano intimamente uniti. Infatti la capacitá di amore é
iscritta nel corpo. Ecco la sua sponsalitá!
Confesso che, da quando sono entrato in seminario, il
rapporto con il mió corpo, nella sua fisicitá e capacitá d’a-
more, ha assunto un valore piü profondo, proprio perché ho
compreso la sua veritá e in essa sono stato posto.
Inoltre anche il mió modo di intendere la sessualitá ha
trovato chiarimenti, conferme e “nuovi orizzonti”. Infatti,
402
come la maggior parte dei giovani di oggi, di essa avevo una
visione ridotta, collegandola solamente al corpo. Forse
perché nessuno me ne ha mai parlato o, parlandomene, non
mi ha consegnato la veritá. Con gioia in seminario, grazie a
questa splendida proposta educativa, mi sono accorto della
ricchezza, del significato e del grande valore che essa é.
Scoprire che la sessualitá va oltre il corpo, che é una com-
ponente fondamentale della personalitá, un suo modo di es-
sere e di manifestarsi, di comunicare con gli altri, di sentire,
esprimere e vivere 1’amore umano, é stata una grande sor-
presa per me. Non avevo mai pensato che proprio la mia
sessualitá rivelasse la mia identitá. E come non guardare con
ammirazione e stupore 1’opera di Dio: «Ecco Topera del
Signore: una meraviglia ai nostri occhi» (Salmo 117).
E quanto é bello e vero cogliere la sessualitá nella castitá!
Affinché io possa avere un rapporto sereno, di tutto me
stesso, con Dio e i fratelli, é necessario che il cuore, i pen-
sieri, gli affetti e il corpo siano puri. La castitá é candore e
tutto cid che é candido Dio fa brillare. E se brilla tutti se ne
accorgono. Questo é fondamentale per un presbítero, perché,
brillando, rivela Cristo.
Non é utopia e non sono parole dolci: é la veritá! E dentro
di me sentó doverosa la necessitá di formare la mia per-
sonalitá nella veritá, perché il Signore non mi chiama sola-
mente alia mia realizzazione, ma, attraverso il ministero che
a me affiderá, anche alia realizzazione di quanti porra sul
mió cammino, creature e figli suoi.
L’uomo di oggi ha una sete profonda di veritá e l’unica
veritá che disseta é Cristo Signore. Non dobbiamo andaré
molto lontano per cercarla, é dentro di noi e colui che ci ama
l’ha scritta non solo nella nostra anima, ma anche nel nostro
corpo.
Sentó forte il bisogno e la gioia di ringraziare Dio per co-
loro che da lui si sono lasciati ispirare e aiutano noi semina-
risti di Reggio Calabria a farci sperimentare, gustare, com-
prendere e vedere la bellezza che é in noi e che noi siamo. E
la veritá che fa liberi ed é la veritá che a me si dona affin ché
403
io l’accolga e, fidandosi Dio di me, la doni a tutti.
Tutto nasce dall’amore e tutto a lui si deve orientare,
sempre! Ed é proprio l’amore che é e dá il senso all’uomo e
a tutte le cose, proprio perché 1’amore é Dio, la veritá
(In Domino, Nicola)
O Maria,
Madre di
misericordia, veglia
su tutti
perché non venga resa vana la croce di
Cristo, perché l’uomo non smarrisca la
via del bene, non perda la coscienza del
peccato, cresca nella speranza in Dio
«ricco di misericordia» (Ef 2,4), compia
liberamente le opere buone da lui
predisposte (cfr. Ef 2,10) e sia cosi con
tutta la vita «a lode della sua gloria» (Ef
1,12)
(Giovanni Paolo II, VERITATIS SPLENDOR, 120).
404
mió gretto e selvático egoísmo e mi avvió al suo servizio; e
che per essa, non per altro, mi pare d’aver vissuto. Ma vor-
rei che la Chiesa lo sapesse; e che io avessi la forza di dir-
glielo, come una confidenza del cuore, che solo all’estremo
momento della vita si ha il coraggio di fare. Vorrei final-
mente comprenderla tutta nella sua storia, nel suo disegno
divino, nel suo destino finale, nella sua complessa, totale e
unitaria composizione, nella sua umana e imperfetta consi-
stenza, nelle sue sciagure e nelle sue sofferenze, nelle debo-
lezze e nelle miserie di tanti suoi figli, nei suoi aspetti me-
no simpatici e nel suo sforzo perenne di fedeltá, di amore, di
perfezione e di carita. Corpo místico di Cristo. Vorrei ab-
bracciarla, salutarla, amarla, in ogni essere che la compone,
in ogni vescovo e sacerdote che la assiste e la guida, in ogni
405
anima che la vive e la illustra; benedirla. Anche perché
non la lascio, non esco da lei, ma piü e meglio con essa mi
uni- sco e mi confondo: la morte é un progresso nella
comunio- ne dei santi (dal TESTAMENTO SPIRITUALE di Paolo
VI).
Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai
dato, perché siano una cosa sola come noi.
Quand’ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro
che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro é andato
perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adem-
pisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico queste cose
mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi
la pienezza della mia gioia. Io ho dato a loro la tua parola e
il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come
io non sono del mondo.
Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodi-
sca dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono
del mondo. Consacrali nella veritá. La tua parola é veritá.
Come tu mi hai mandato nel mondo anch’io li ho man- dati
nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano
anch ’essi consacrati nella veritá.
Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la
loro parola crederanno in me; perché tutti siano una cosa
sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch ’essi in
noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai
mandato.
E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, per-
ché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me,
perché siano perfetti nell’unitá e il mondo sappia che tu mi
hai mandato e li hai amati come hai amato me.
Padre, voglio che quelli che mi hai dato, siano con me
dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che
mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione
del mondo.
Padre giusto; il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho
conosciuto; questi sanno che tu mi hai mandato. E io ho
406
fatto conoscere loro il tuo nome e lo faro conoscere, perché
Vamore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro (Gv
17,llb-26).
«Santificali nella veritá» (Gv 17,17).
Che espressione di infinita bellezza!
All’infuori della veritá non c’é santitá. Veritá che santifica!
Per prepararvi bene al ministero, abbiate grande amore per
la veritá.
Ricordatelo: la veritá prima libera, dopo consola.
(don Primo Mazzolari ai seminaristi).
Quanto piú in alto sale il viandante,
tanto piú si allarga la sua visione, fino a raggiungere la
cima dove si apre tutto il panorama.
L’occhio dello spirito, illuminato dalla luce del cielo,
raggiunge perfino le distanze piü remóte, nulla gli sfugge,
nulla gli risulta impossibile discemere (Edith Stein).
353, 355, 357, 359, 363, Paolo VI papa, 137, 144,
364, 365, 370, 377, 379, 382, 174, 226, 233, 236, 239,
383, 387, 390, 393 Guitton 247, 248, 263, 264, 265,
J., 13,75, 386 267, 268, 269, 273, 274,
278, 281, 297, 298, 303,
Ireneo sant’, 364
304, 306, 359, 382, 386,
Kant I., 340 394 Pellicanó P., 5, 6, 7,
Kolbe M. san, 9, 261, 351,363
130 Pompa G., 261
Langman, 29, 38 Ratzinger J., 138 Ravasi G.,
Lewis C. S., 198 49, 90, 100, 116
Lucas Lucas R.,
41 Saes, 29, 38 Schooyans M.,
Marciano S., 5, 6, 7, 9, 215, 304 SerraA., 39,41,42, 152,
348 166, 170
Martini C. M., Sgreccia E., 6, 11, 41, 42,
340 Mazzolari 100, 138, 292, 294, 304
P., 395 Messori Stein E., 395 Suadeau J.,
V., 138 287
Minacori R.,
289 Teresa di Gesü Bambino
santa, 23, 24, 341
Odeblad E„ 33, 257 Tettamanzi D., 171
407
Van den Aardweg G., 166, 141 148, 191, 192, 194,
179 241 320, 348, 370
Westmore A., 266 Wojtyla Zuanazzi G., 55, 165, 166,
K.: VEDI Giovanni Pao 167,168, 170
lo II, 79, 110, 111, 129,
Indice
2. Sessualitá e affettivitá » 72
Maturitá umana e affettivitá » 72
Scelte e motivazioni: dal bisogno al valore » 73
Sublimazione: una parola superata? » 75
II valore dell’altro: integrazione dell’affettivitá » 76
Sessualitá e relazionalitá » 77
Attrazione e persona » 79
Dal desiderio al dono di sé » 81
Psicología e grazia » 82
UNITÁ C
La dimensione spirituale della sessualitá umana
Introduzione » 95
Obiettivi » .96
409
PEDAGOGÍA DEL CORPO Pag- 107
2. La redenzione del corpo » 109
LIBERTA E AMORE » 109
II PUDORE » 111
REDENZIONE E VOCAZIONE ALL’AMORE ». 112
LA PUREZZA DEL CUORE » 114
Per la riflessione e la preghiera » 116
UNITÁ D
UNITÁ E
2. Omosessualitá » 165
Inquadramento e definizione » 165
Fattori psicologici » 167
L’importanza della pubertá » 168
Un’origine biologica? » 170
Ilfattore culturale » 170
Omosessualitá: struttura e comportamenti » 171
La dimensione spirituale » 173
Cura pastorale della persona omosessuale » 174
411
// seminario «schola amoris» » 207
UNITÁ G La famiglia: icona del dono di
sé introduzione »219
Obiettivi » 221
1. II «grande mistero» » 222
Una riflessione sul sacramento » 222
Sacramento del matrimonio e sacramentalitá
del corpo » 223
L’amore redento » 224
2. Sessualitá umana e amore coniugale » 226
Amore coniugale e consenso nuziale » 226
L’amore nuziale e l’esercizio della sessualitá » 228
L’atto sessuale é atto coniugale » 230
Castitá coniugale: rispettoper l’opera di Dio » 231
Castitá coniugale e spiritualitá coniugale » 232
Alcune riflessioni pastorali » 233
Per la riflessione e la preghiera » 238
413
Deresponsabilizzazione nel rapporto con la vita del
figlio Deresponsabilizzazione e fecondazione pag.299
artificíale
La deresponsabilizzazione proiettata a un livello » 301
sociopolitico Deresponsabilizzazione ed
» 303 »
esperienza di fede In difesa della vita
305 »
II servizio alia vita: una storia di carita Per la 307 »
308
riflessione e la preghiera
» 311
» 330
» 331
Castitá e sponsalitá nella vita consacrata La pag.
castitá consacrata “custodie” dell’amore 333
umano
Castitá, cuore dell’“esserepastore” » 334 »
336
Per la riflessione e la preghiera
» 338
UNITÁ M
II vangelo della vita e il vangelo della
vocazione
Introduzione
Obiettivi » 347 »
349
1. Cultura vocazionale e cultura della vita
» 350 »
La vita come vocazione 350 »
Educazione sessuale e pastorale vocazionale 352
2. Persona, amore e vocazione » 355 »
La pastorale dell’amore «L’amore é da Dio»: un 355
annuncio vocazionale La castitá: vocazione in
ogni vocazione Testimoni della castitá e » 356 »
dell’amore 358 »
358
Appendice: spunti contenutistico - metodologici
per la pastorale Un’esperienza di educazione alia
sessualitá e all’amore nella pastorale vocazionale » 361 »
Schemi di alcuni itinerari di pastorale dell’amore
e della vita 361 »
363
UNITÁ N La gioia della veritá
Introduzione
Obiettivi
» 369 »
372
415
1. Sessualitá e senso del peccato pag .373
LA CONOSCENZA DEL MALE: UN DONO DELLA
VERITÁ » 373
LA CONOSCENZA DEL BENE: LA VERITÁ SI DONA » 375
L’ESPERIENZA DELL’AMORE: DONARSI ALIA » 377
LA PREGHIERA: INCONTRO CON LA VERITÁ
VERITÁ » 379