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Fantasmagoria per un massacro

JUAN SASTURAIN-ALBERTO BRECCIA, Perramus. L'integrale, Torino, 001 Edizioni, pp. 494,
euro 49,90.

Perramus è una antica e notissima marca di impermeabili argentina; alla sesta tavola di questa
monumentale opera a fumetti che è senz'altro una delle novità più ghiotte e attese presentate
all'edizione 2016 di Lucca Comics & Games, Perramus diventa anche il nome del personaggio, un
longilineo e cupo samurai del disastro che, avendo scelto l'oblio per dimenticare un terribile atto di
viltà, attraversa tutti o quasi gli incubi della dittatura militare argentina e della contraddittoria
ricostruzione di un'identità nazionale ma anche individuale. Il volume si compone di quattro lunghe
storie, scritte dal giornalista e romanziere Juan Sasturain (in italiano, credo, è stato tradotto per Le
lettere di Firenze soltanto il suo primo romanzo Manuale dei perdenti, nel 2006) e illustrate dal
sommo Alberto Breccia, uno dei più inventivi e visionari artisti che si siano dedicati al fumetto
(molte delle sue opere sono in corso di riedizione per Comma22; cfr. L'indice, febbraio 2015). La
prima di queste storie risale al 1982; l'ultima, del tutto inedita per l'Italia, al 1988-89.
Non è certo una lettura da comodino, Perramus, e non solo per la mole; tecnicamente, certo, è un
fumetto o, come usa dire oggi, una graphic novel: ci sono le vignette, le nuvolette, le onomatopee.
C'è anche un manipolo di personaggi icasticamente delineati, come nella migliore tradizione della
narrativa disegnata: l'enigmatico Perramus, una sorta di Corto Maltese atterrito e risoluto; il
gigantesco negro uruguagio Canelones, che appare come una reinvenzione distorta del Lothar di
Mandrake; il Nemico, uno strano loser stropicciato e laconico. Ma c'è anche, a completare e fare da
guida al terzetto, nientemeno che Jorge Luis Borges: un Borges completamente diverso da quello
reale, che per incanto ci vede perfettamente, vince il premio Nobel e d'un balzo supera tutte le
ambiguità e le reticenze politiche che rendevano così ingombrante il vero Borges per trasformarsi in
un artefice di avventure e di complotti, un oracolare stratega impegnato nella ricostruzione
dell'anima argentina sfigurata da “cinquanta anni di tristezza”. E' un Borges ch e dichiara “Un
tempo mi preoccupavano i governi che facevano sparire certi libri dagli scaffali... poi ho capito che
era più grave far sparire i lettori dalle loro case”, è questo nel 1984, quando l'atroce verità sul
massacro dei desaparecidos era una ferita bruciante per l'America Latina e per il mondo intero;
insomma, come scriveva nel 1986 Osvaldo Soriano in una delle prefazioni del volume, “La prima
opera maestra sulla dittatura argentina è racchiusa nelle immagini di questo libro, inquietanti quanto
gli incubi delle prime ore dell'alba”.
La presenza di Jorge Luis Borges (ma anche di Carlos Gardel, di Gabriel Garcìa Marquez, dei
miliardari yankees e degli squadroni della morte, il cui volto è l'angosciante teschio con elemetto
che campeggia in copertina...) non è infatti che una delle spie che ci dicono quanto la Storia, con
una S maiuscola e grondante di sangue, insieme alle parole di Sasturain e agli inchiostri di Breccia
sia in realtà la materia prima di Perramus. E' una Storia quintessenzialmente argentina, certo; e
questo di fatto può costituire una difficoltà per il lettore italiano, per i mille riferimenti ad
un'attualità e ad una cultura che da noi è poco familiare; non avrebbe guastato, in proposito, qualche
pagina di introduzione pensata ad hoc, come la stessa 001 edizioni aveva fatto nel 2011 per l'altra
opera cardinale e monumentale del fumetto argentino, cioè L'eternauta di Hector Oesterheld e
Francisco Solano López (Cfr. L'indice xxx, xxx; trovate voi i riferimenti, la recensione è di
Andrea Pagliardi).
Ma insieme alla Storia, per fortuna, ci sono le storie, i fantasmagorici intrecci ora grotteschi (“Date
una mano al Guano!” è lo slogan elettorale della repubblica-fantoccio impiantata sull'isola di Mr.
Whitesnow, trasparente travestimento dell'imperialismo statunitense) e ora drammatici che Juan
Sasturain riesce ad orchestrare con una complessità lontana anni luce da certo schematismo retorico
e buonista da cui siamo -o eravamo, in quegli anni e su quei temi- inondati. A prendere le distanze
dalle semplificazioni e dalla banalità ci pensano però soprattutto i disegni di Alberto Breccia, e qui
davvero c'è da restare a bocca aperta sin dalla primissima tavola: incontrollate ma esattissime
colature di inchiostro, lacerazioni della carta che diventano cieli incendiati d'incubo, macchie e
graffi che riempiono ogni singola vignetta alternando un horror vacui e una densità materica quasi
da action painting a improvvise e brucianti rarefazioni di nero di tenebra e bianco incandescente,
deformazioni caricaturali e collages fatti di vecchi giornali. Juan Sasturain e Alberto Breccia ci
conducono, per cinquecento incredibili pagine, lungo una strada che attraversa l'inferno; ed è una
strada lastricata di splendide invenzioni.

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