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Soluzione.
1. Sia G1 = {TId,c , c ∈ R2 } il sottogruppo di Aff 2 (R) costituito delle traslazioni. Sia G2 = {Tα Id,0 , α ∈
R∗ } is sottogruppo delle ometetie. Sia G3 = {TM,0 , M ∈ SO(2)} il sottogruppo delle rotazioni. Allora
T1 := TId,c con c = (2, 3)T , T2 := T√2 Id,0 , T3 := TM,0 con
√1 − √12
M =
2
√1 √1
2 2
1
Si ha allora
−−−−−−→ −→
f (A)f (P ) = φ(AP )
−−→ −→
= φ(tAB + uAC)
−−→ −→
= tφ(AB) + uφ(AC)
−−−−−−→ −−−−−−→
= tf (A)f (B) + uf (A)f (C)
e quindi f (P ) ∈ Tf (A)f (B)f (C) . Sia ora Q ∈ Tf (A)f (B)f (C) . Rimane da dimostrare che Q ∈ f (TABC ). Ma
sappiamo che f è bigettiva e che f −1 è ancora un’affinità. Quindi, per quanto appena dimostrato
f −1 (Tf (A)f (B)f (C) ) ⊂ Tf −1 (f (A))f −1 (f (B))f −1 (f (C) ≡ TABC
In particolare f −1 (Q) ∈ TABC e, ovviamente, f (f −1 (Q)) = Q. Quindi Q ∈ f (TABC ) e la dimostrazione
è completa.
Esercizio 2. Consideriamo P 2 (K) e 4 suoi punti P0 , P1 , P2 , P3 in posizione generale. Siano
R := L(P0 , P1 ) ∩ L(P2 , P3 ) , S = L(P0 , P2 ) ∩ L(P1 , P3 ) , T = L(P0 , P3 ) ∩ L(P1 , P2 )
Verificare che i tre punti R, S, T sono non-allineati.
Suggerimento. Fissare un opportuno riferimento.
Soluzione.
Possiamo scegliere P0 , P1 , P2 e P3 come, rispettivamente, punti fondamentali e punto unità di un
riferimento proiettivo (perché, per ipotesi, sono in posizione generale). Quindi le loro coordinate sono
rispettivamente
[1, 0, 0] , [0, 1, 0] , [0, 0, 1] e [1, 1, 1] .
A questo punto scriviamo le equazioni cartesiane delle rette che definiscono R, S e T .
Brevemente:
L(P0 , P1 ) ha equazione X2 = 0, mentre L(P2 , P3 ) ha equazione X0 = X1 . Quindi R = [1, 1, 0].
L(P0 , P2 ) ha equazione X1 = 0, mentre L(P1 , P3 ) ha equazione X0 = X2 . Quindi S = [1, 0, 1]
L(P0 , P3 ) ha equazione X1 = X2 , mentre L(P1 , P2 ) ha equazione X0 = 0. Quindi T = [0, 1, 1]
È immediato verificare che la matrice che ha come righe le coordinate dei tre punti R, S, T ha determinante
diverso da zero. Ne segue che i tre punti non sono allineati.
Esercizio 3.
Piano euclideo E 2 con coordinate x, y rispetto ad un fissato sistema di riferimento cartesiano Oij. Si
√
consideri la conica C di equazione f (X, Y ) = 3X 2 + 2XY + 3Y 2 + 2 2X = 0.
1. Classificare la conica dal punto di vista affine.
2. Determinare un’ isometria ψ di E 2 ed una conica canonica metrica D in modo tale che C = ψ(D).
Disegnare il supporto della conica C.
3. Facoltativo. Sia S il supporto della conica. Determinare esplicitamente un’isometria T : E 2 → E 2 ,
T 6= Id, tale che T (S) = S. Vero o Falso: esistono tre isometrie con questa proprietà.
Soluzione.
1. La matrice associata alla conica è la matrice
√
0 2 0
√
A = 2 3 1
0 1 3
Tale matrice ha determinante diverso da zero, quindi C è non degenere. La sottomatrice dei termini
quadratici è
3 1
A0 =
1 3
che ha determinante positivo. Trattasi quindi di un’ellisse non-degenere. Infine: dal polinomio caratter-
istico di A e dal criterio di Cartesio scopriamo che la segnatura di A è (2, 1) e quindi la conica è un’ellisse
reale. (In alternativa è facile vedere che il supporto di C è non-vuoto; ad esempio (0, 0) è un elemento
del supporto.)
2
2. Per determinare D e l’isometria ψ procediamo come nella dimostrazione del teorema di classificazione.
Diagonalizziamo innanzitutto la forma quadratica definita dai termini di grado di 2 di f . La matrice
associata a questa forma quadratica è la matrice A0 , che è simmetrica. Applichiamo il teorema spettrale.
A0 ha autovalori λ1 = 2 e λ2 = 4 con autovettori ortonormali dati da
√ √
1/ 2 1/ 2
v1 = √ , v2 = √
−1/ 2 1/ 2
h(X 0 , Y 0 ) = (X 0 )2 + 2(Y 0 )2 + X 0 + Y 0
dove
1 a01 1 a02
= e =
2 a11 4 a22
e dove gli aij si riferiscono ai coefficienti in h. Osserviamo che le due trasformazioni considerate danno,
insieme, la trasformazione 00
= M X00 − 1/2
X
Y Y − 1/4
che riscriviamo, facendo il facile conto, come
00 3√2
X −
= M X00
+ √8
(2)
Y Y 2
8
3 (X 00 )2 (Y 00 )2
`(X 00 , Y 00 ) = (X 00 )2 + 2(Y 00 )2 − ≡ q + √ − 1.
8 ( 38 )2 ( 43 )2
3
Sia D la conica euclidea di equazione canonica
X2 Y2
q + √ − 1 = 0.
( 38 )2 ( 43 )2
Notiamo che 3/8 > 3/16, quindi D è effettivamente in forma canonica. D è un’ellisse reale (già lo
sappiamo). Sia ψ : E 2 → E 2 l’isometria
√ √ √
X − 3 2
X 1/ 2 1/ 2
ψ( )=M 8
+ √2 , M = √ √ .
Y Y −1/ 2 1/ 2
8
Soluzione.
1. La chiusura proiettiva C ∗ di C è la curva algebrica proiettiva definita dall’omogenizzato (rispetto a
X0 ) del polinomio f . L’omogenizzato è il polinomio
X1 X2
F (X0 , X1 , X2 ) = X04 f ( , )
X0 X0
e cioè il polinomio F (X0 , X1 , X2 ) = X0 X1 (X2 )2 − (X2 )4 + X0 (X1 )3 − 2X0 (X1 )2 X2 . I punti comuni a C ∗
e alla retta impropria H0 sono per definizione i punti impropri di C. Mettendo a sistema l’equazione di
C ∗ e l’equazione di H0 , X0 = 0, otteniamo un unico punto P∞ di coordinate [0, 1, 0].
2. È subito visto che P∞ è un punto semplice per C ∗ perché FX0 (0, 1, 0) = 1 6= 0. È quindi ben definita
la tangente τ ∗ a C ∗ in P∞ ; se questa retta è la chiusura proiettiva di una retta affine τ , allora τ è un
asintoto per C. La retta tangente ha equazione
con fj di grado j. Ne segue che in f (X, Y ) i termini di grado 0, grado 1 e grado 2 sono tutti nulli, mentre
non è nullo il termine di grado 3. Dato che i coefficienti di fj sono precisamente le derivate j-me calcolate
in (0, 0) vediamo che (0, 0) è triplo, perché in (0, 0) sono nulle tutte le derivate parziali fino all’ordine 2
4
compreso ma esiste una derivata di ordine 3 non-nulla.
Le tangenti principali sono le rette per (0, 0) i cui parametri direttori soddisfano f3 (L, M ) = 0. Quindi i
parametri direttori delle tangenti principali soddisfano l’equazione LM 2 + L3 − 2L2 M = 0 che possiamo
riscrivere come L(M − L)2 = 0, Quindi le tangenti principali sono le rette
X=0 e X −Y =0
Dato che esse sono in numero di 2 e dato che (0, 0) è triplo, possiamo affermare che (0, 0) è un punto
triplo non-ordinario.
4. La retta Y = 7 ha P∞ = [0, 1, 0] come punto all’infinito. D’altra parte P∞ è un punto della chiusura
proiettiva C ∗ ed è semplice, quindi ogni retta per P∞ , con l’esclusione della retta tangente, ha intersezione
di molteplicità 1 con C ∗ in P∞ . Sappiamo che la tangente a C ∗ in P∞ è la retta impropria, che non è
uguale alla retta σ ∗ , quindi I(C ∗ , σ ∗ ; P∞ ) = 1. Utilizzando la teoria vediamo quindi che
X X
I(C, σ; P ) = I(C ∗ , σ ∗ ; P ) − I(C ∗ , σ ∗ ; P∞ ) = 4 − 1 = 3
P ∈σ P ∈σ ∗
5. Un semplice calcolo mostra che P = (4, −4) verifica l’equazione della curva C: f (4, −4) = 0. Un altro
semplice conto dimostra che P = (4, −4) è semplice. Quindi ogni retta per (4, −4), con l’esclusione della
tangente, ha molteplicità d’intersezione 1 con la curva C in (4, −4). Facendo i conti scopriamo però che
la retta r è proprio la retta tangente a C in P = (4, −4). Quindi I(C, r; P ) ≥ 2 (attenzione: P potrebbe
essere un flesso, per questa ragione possiamo solo affermare, per il momento, che I(C, r; P ) ≥ 2)). Di
fatto (4, −4) non è un flesso e quindi
I(C, r; P ) = 2 .
Per giustificare l’ultima affermazione possiamo, ad esempio, vericare che (4, −4) non appartiene alla
curva Hessiana H; in alternativa possiamo calcolare i parametri direttori della retta r, che sono (3, −2),
e studiare il polinomio
α(t) = f (4 + t3, −4 + t(−2))
Non è difficile verificare che questo polinomio inizia con t2 e quindi, per definizione, 2 = I(C, r; P ).