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“LO PSICOMOTRICISTA E IL CONTESTO

PSICOMOTORIO”

PROF.SSA GENEROSA MANZO


Università Telematica Pegaso Lo psicomotricista e il contesto psicomotorio

Indice

1 IL SETTING PSICOMOTORIO-------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 LA SCELTA DEI MATERIALI E DEGLI OGGETTI----------------------------------------------------------------- 6
3 IL GIOCO PSICOMOTORIO --------------------------------------------------------------------------------------------- 10
4 LA NASCITA DELLA PSICOMOTRICITÀ---------------------------------------------------------------------------- 11
5 LA FIGURA DELLO PSICOMOTRICISTA --------------------------------------------------------------------------- 13
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 17

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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1 Il setting psicomotorio
L’ambiente psicomotorio svolge un ruolo di notevole rilevanza sia per il bambino a cui
l’intervento è diretto sia per colui che lo attua. Il luogo in cui si svolge la seduta di psicomotricità, è
funzionale allo sviluppo del gioco psicomotorio e all’espressività creativa del bambino. Esso deve
rispettare dei canoni specifici anche per quanto concerne le dimensioni. Infatti, non deve essere né
troppo piccola né troppo grande; in una sala troppo piccola il bambino si troverebbe limitato nelle
sue azioni motorie poiché costretto a muoversi, in modo ravvicinato e costante agli altri. E’
preferibile utilizzare una sala con pavimentazione in legno poiché essa favorisce tutti i tipi di
movimento e ricrea la giusta atmosfera.
È necessario inserire nella sala uno specchio, esso rappresenta un vero e proprio simbolo di
input per il bambino nel gioco psicomotorio. La sua immagine riflessa nello specchio gli permette
di progredire nel gioco incentrando l’attenzione su di una esperienza piacevole e divertente.
Tra le caratteristiche essenziali che il setting psicomotorio deve avere, rilevanza notevole
assume l’ordine. L’ordine deve riguardare gli oggetti presenti, che devono essere accuratamente
riordinati al termine di ciascuna seduta di psicomotricità, in questo modo si facilita il bambino nella
ricerca dei materiali nelle prossime sedute.
Grazie ai materiali e agli oggetti che lo psicomotricista sceglie accuratamente, in base alle
esigenze e ai bisogni dei bambini, la sala di psicomotricità diviene uno spazio entro il quale il
bambino può esprimersi e muoversi liberamente.
Ad ogni seduta il bambino riveste lo spazio psicomotorio di significati, tendenzialmente ciò
avviene a seguito di esperienze o giochi che il bambino ha effettuato e lo ha soddisfatto
particolarmente.

Molto interessante è la descrizione che Aucouturier da dell’ambiente e psicomotorio:

“….Quando presentiamo il gioco ai bambini alla prima seduta diciamo che c’è la nostra
casa, generalmente un materassino o una stoffa che appoggiamo al suolo vicino al muro a metà
di una parete. E’ importante la sua presenza, in quanto diviene un punto di riferimento preciso
della presenza dell’adulto durante la fase di gioco e la confusione che normalmente accompagna
il primo periodo del programma di psicomotricità. Sapere che c’è un posto privilegiato, dove si

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può incontrare l’adulto durante la seduta è un aspetto che tranquillizza molto il bambino e che
gli permette di avvicinarlo sempre e comunque nei momenti di bisogno. Il piano inclinato rialzato
invece è una struttura di gommapiuma, ma sufficientemente stabile, che inseriamo in un angolo
o vicino ad una parete, che diviene parte integrante dell’ arredo della sala di psicomotricità. Esso
è utile in quanto stimola e garantisce in tempi brevi lo sviluppo del gioco senso motorio ed in
particolare di alcune performance psicomotorie, quali l’ arrampicarsi, il salto in basso, ma anche
il rotolare, cadere e strisciare, che ci permettono di valutare più facilmente il livello di partenza di
ogni singolo bambino ed i successivi progressi. Sono entrambe delle strutture stabili sempre
presenti durante le sedute di psicomotricità, che il bambino può usare e occupare liberamente,
senza però spostarle mai di posto…”.1

Aucouturier asserisce che la sala di psicomotricità può essere paragonata al corpo materno:
“..Lo spazio della sala vissuto come spazio transazionale ha la funzione di preservare e
sviluppare le capacità fantasmatiche d’azione nelle quali madre e bambino si confondono…”.2

Ancora, lo studioso sostiene che la sala di psicomotricità debba contenere due luoghi, uno
relativo all’ espressività motoria del bambino l’altra relativa all’espressività plastica, grafica e al
linguaggio.
Ovviamente per favorire l’espressività motoria del bambino diviene necessario uno spazio
maggiore rispetto al luogo per l’espressività plastica, grafica e al linguaggio.

Oltre alla componente spaziale è importante anche quella temporale, ovvero bisogna
organizzare l’intervento scandendo bene fasi e tempi, pertanto Aucouturier afferma :

“..Il primo tempo della seduta sarà riservato all’espressività motoria (processo di
rassicurazione mediante il gioco), il secondo tempo alla storia raccontata al gruppo di bambini
(processo di rassicurazione tramite il linguaggio), il terzo tempo all’espressività plastica e
grafica. Le fasi sono completate da un rituale d’ entrata e uno di uscita. La durata delle sedute
varia in funzione delle età dei bambini. Di solito un’ora è sufficiente allo sviluppo delle fasi

1
Vecchiato M., Il gioco psicomotorio. Psicomotricità psicodinamica, Armando, Roma 2008, p.352.
2
Aucouturier B., Il metodo Aucouturier. Fantasmi d’ azione e Pratica Psicomotoria, Franco Angeli, Milano 2005, pp.
128 – 129.

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previste anche se con bambini di due anni può essere più breve e con bambini di cinque – sei
anni può prolungarsi fino a ottanta minuti…”.3

3
Ivi, pp. 156 – 157.

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2 La scelta dei materiali e degli oggetti


Il setting psicomotorio si caratterizza per la presenza di oggetti e materiali ben precisi, con i
quali far giocare i bambini. Solitamente la scelta degli oggetti viene fatta dal professionista, pertanto
il materiale deve favorire nel bambino: libertà di movimento, creatività ed espressività,
socializzazione e l’attivazione dei processi simbolici.
Gli oggetti che generalmente vengono usati sono semplici e ben poco definiti nella forma,
questo perché hanno uno scopo specifico: permettere al soggetto una facile manipolazione e la
realizzazione di un’espressione creativa e simbolica.
Più saranno gli oggetti a disposizione dei bambini e maggiori saranno le probabilità che i
soggetti utilizzino il materiale come mezzo di comunicazione e socializzazione.
Lo psicomotricista deve tendere ad un unico obbiettivo: deve favorire nei bambini il gioco
senso motorio, simbolico e di socializzazione. Per promuovere questo obbiettivo il professionista
dovrà proporre ai bambini quei materiali ed oggetti che permettono di far avanzare il soggetto ad un
livello superiore.
Nella scoperta del materiale il bambino dovrà essere guidato dallo psicomotricista.
In ogni seduta dovrà essere presente sia il materiale già noto al soggetto sia quello non
ancora a lui noto, questo permette una situazione di continuità nel setting psicomotorio
relativamente alle proprie esigenze.
Nella dimensione psicoanalitica Aucouturier sostiene la necessità di utilizzare nella Sala
Psicomotoria materiali dalle proprietà durevoli e materiali morbidi:

“..Il morbido infatti farebbe riferimento al seno della parte dolce dell’ oggetto madre,
deformabile all’infinito e fonte illimitata di soddisfacimento sensuale, mentre il duro farebbe
riferimento al capezzolo fermo ed erettile come supporto paterno originario che spinge il
bambino all’azione necessaria alla soddisfazione dei bisogni, al piacere…”.4

4
Aucouturier, B., Il metodo Aucouturier. Fantasmi d’ azione e Pratica Psicomotoria, Franco Angeli, Milano 2005, p.
158.

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I principali oggetti utilizzati nel setting psicomotorio sono descritti nella seguente tabella:

OGGETTO Funzione

Utili per favorire l’azione e quindi il


movimento in quanto spesso vengono
utilizzati dai bambini come supporto per i
Palloni
loro schemi motori i basi.
Si possono utilizzare sia quelli in plastica,
sia quelli in gommapiuma. Essi stimolano
giochi più regressivi; infatti è abbastanza
frequente osservare il bambino indossare il

Cerchi cerchio quasi fosse un abbraccio morbido


di un genitore, accovacciarsi al suo interno,
assumendo una postura fetale, esprimendo
in questo modo il fantasma di fusione.

Utilizzati prevalentemente negli asili nidi


in quanto attivano nei bambini le attività di
esplorazione e manipolazione. I coni sono
degli strumenti utili per favorire il gioco
Coni
senso motori.
Qui lo psicomotricista dovrà porre
particolare attenzione alle dimensioni.

Birilli

Le corde non devono assolutamente


superare il metro, questo perché potrebbero
ostacolare l’attività motoria del bambino
Corde
limitando così la sua attività di
esplorazione e di manipolazione. Le corde
sono degli oggetti che possono fungere da

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tramite per il processo di socializzazione


tra i coetanei, attraverso giochi quali il
trenino o il girotondo.

Questo materiale diviene fondamentale per


il bambino, infatti si presta ad essere
manipolata, arrotolata, stracciata, lanciata
Carta contro qualcuno, quindi, favorisce
l’espressione dell’aggressività nei bambini,
anche in quelli più inibiti; permette loro di
canalizzarla in modo che non arrechi danno
ai compagni di gioco e a se stessi e al
contempo permette di scaricare comunque
la tensione che spesso accompagna questi
tipo di esperienza. Diventa un gioco
divertente e facile che non crea sensi di
colpa.
Cuscini e materassini Essi favoriscono il passaggio dal gioco
senso motorio a quello simbolico; i
materassini: questi fanno parte dell’ arredo
permanente del setting; vengono, infatti,
predisposti in specifici angoli per evitare
che il bambino durante la sperimentazione
dei suoi schemi motori come ad esempio
arrampicarsi o saltare si faccia male.

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Stoffe e foulard Sono utili per tutti i tipi di gioco ma si


prestano facilmente alla rievocazione nel
bambino dei suoi vissuti affettivi regressi.
Per rievocare la dimensione affettiva
familiare si tende ad utilizzare coperte di
lana o lenzuoli dalle grandi dimensioni che
evidenzi molto bene il gesto del ricoprirsi o
del ricoprire qualcun’altro.

Scatoloni di carta e tubi Gli scatoloni di cartone fungono da tana


per il bambino che ha bisogno di uno
spazio nel quale rifugiarsi oppure possono
essere utilizzati dai bambini come la
propria casa ricreando così l’atmosfera
quotidiana della propria famiglia.
I tubi di cartone vengono proposti dal
professionista per favorire e sviluppare nei
bambini i giochi di costruzione.

Ovviamente il materiale indicato è quello utilizzato prevalentemente nelle sedute di


psicomotricità ma potrebbe subire delle variazioni in base all’ età, alle esigenze e ai bisogni del
bambino.

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3 Il gioco psicomotorio
Giocare è un’azione naturale quanto mangiare o dormire, è strumento indispensabile per la
crescita, contribuisce in modo incommensurabile praticamente ad ogni fase dello sviluppo fisico,
mentale, sociale e ricreativo. Tendenzialmente il bambino intraprende le attività di gioco in luoghi
diversi tra loro, l’importante è che l’ambiente nel quale si viene a trovare lo stimoli a sufficienza
nella sua azione. Gli spazi ampi e aperti favoriscono un’azione ed un movimento più dinamico,
spazi limitati prevedono invece raggi di azione maggiormente precisi. Nel gioco il bambino può
esprimersi liberamente, può esprimere le sue emozioni, può controllarle attraverso il gioco
simbolico.
Jean Piaget è stato il primo ad esaltare l’ attività di gioco. Lo studioso infatti intraprese una
serie di studi per individuare i meccanismi che sono alla base dello sviluppo intellettivo del
bambino focalizzando l’attenzione sulle attività di gioco da lui intraprese. Questo metodo di
osservazione modificò il lavoro di molti studiosi che fino ad allora si accingevano a studiare queste
dinamiche in laboratorio utilizzando delle cavie animali. Con il gioco il bambino affina le sue
qualità cognitive dunque attraverso l’azione il bambino favorisce lo sviluppo dei processi mentali.
Le attività di gioco favoriscono inoltre l’assimilazione delle regole, l’adulto deve fungere da
guida, da sostenitore. Il bambino spesso tende ad eseguire delle regole imposte dagli adulti senza
comprenderne il vero valore, questo perché la persona che le ha imposte è una persona che gli vuole
bene di conseguenza il bambino pur di non perdere l’oggetto d’amore tende a seguire la regola. Le
regole vengono assimilate ed integrate solamente se il bambino ha la possibilità di sperimentale in
prima persona, sviluppando così una propria autonomia.
Il gioco psicomotorio si sviluppa intorno ai due, tre anni di età per svilupparsi appieno
intorno ai 7/8 anni. Con il termine gioco psicomotorio si intende :

“..quell’attività d’espressione spontanea grazie alla quale il bambino attraverso il corpo, il


movimento, compie azioni adeguate al raggiungimento di uno scopo, esprime i suoi stati
d’animo, sviluppa comportamenti che favoriscono la comunicazione e la relazione con coetanei
ed adulti, in definitiva arriva ad un’ adeguata autodeterminazione della propria identità…”.5

5
Vecchiato, M. , op. cit. , p.4.

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4 La nascita della psicomotricità


La psicomotricità in Italia incominciò a delinearsi alla fine degli anni ’60. Tale approcciò
venne preso in considerazione inizialmente nelle regioni del nord Italia, presso le scuole speciali dei
Comuni e delle Provincie.
La psicomotricità continuò poi a diffondersi nel territorio italiano negli anni ’70, grazie alla
realizzazione di corsi di formazione organizzati prevalentemente ad opera di strutture private quali
ad esempio l’Associazione “La nostra famiglia” di Bosisio Parini (associazione che si dedica alla
cura ed alla riabilitazione delle persone con disabilità), condotti da illustri nel campo psicomotorio
quali Vayer, Aucouturier, Lapierre. Numerosi educatori, psicologi, pedagogisti, neuropsichiatri
infantili parteciparono entusiasti. Questo segnale rilevava la grande importanza che la società
incominciava ad attribuire alla psicomotricità .
Nel 1972 furono create, in alcune regioni italiane “..le Equipes medico-socio-psico-
pedagogiche, perché collaborassero alla integrazione degli alunni handicappati nella scuola comune.
I servizi centralizzati di Igiene Mentale, si trasformarono in gruppi territoriali di zona. Va notato
che proprio all’ interno di questi gruppi di lavoro, oltre alle figure del neuropsichiatra infantile,
dello psicologo, del logopedista e dell’operatore del servizio sociale di quartiere, compare
ovviamente per la prima volta, la figura dello psicomotricista. A Modena, già nel 1972 fu
riconosciuto il ruolo dello psicomotricista come “tecnico riabilitatore” insieme al logopedista…”.6
Negli anni successivi nacquero le prime Associazioni di psicomotricisti, la prima nel 1975 in
Lombardia.
L’Associazione Italiana Educazione Psicomotoria (A.I.E.P.) “..si poneva, come scopo, il
coordinamento degli sforzi che i suoi membri stavano producendo per una diffusa utilizzazione
della psicomotricità a fini educativi.
L’A.I.E.P. intendeva, in particolare, portare nelle scuole materne e dell’obbligo l’educazione
psicomotoria vista come educazione globale, mirando anche evidentemente ad un suo
riconoscimento istituzionale…”.7
Negli anni ’80 Jean Le Boulch, considerato uno dei padri fondatori della psicomotricità
francese venne incaricato dallo Stato Italiano di avviare una sperimentazione di educazione
psicomotoria all’ interno delle scuole elementari.
6
Toni, R., Giovanardi, F., Psicomotricità, quasi una storia, Edizioni Historica, Cesena 2011, pp. 159 – 162.
7
Toni, R. ; Giovanardi, F. , op. cit. , p.12.

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Dal marzo del 1982 in poi la psicomotricità ha raggiunto vari traguardi, diverse sono state le
associazione e le riviste nate con la finalità di promuovere la disciplina.
Tra le varie associazioni è bene citare l’AISPIM (Associazione italiana per gli studi sulla
psicomotricità), il CISERPP (Centro Italiano Studi e Ricerche in Psicologia e Psicomotricità),
l’ANUPI (Associazione Unitaria Psicomotricisti Italiani), la FISCOP (Federazione Italiana Scuole e
Corsi di psicomotricità), la F.I.Pm. (Federazione Italiana Psicomotricisti). Negli anni successivi lo
psicomotricista ebbe una forma di riconoscimento ufficiale a livello giuridico.
Precisamente nel 1997 venne emanato il “Regolamento riguardante l’individuazione della
figura e del relativo profilo professionale del terapista della neuro e psicomotricità dell’età
evolutiva”.

L’art. 1 del Decreto recita:

“E’ individuata la figura professionale del terapista della neuro e psicomotricità dell’età
evolutiva con il seguente profilo: il terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva è
l’operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante, svolge, in
collaborazione con l’équipe multi professionale di neuropsichiatria infantile e in collaborazione
con le altre discipline dell’area pediatrica, gli interventi di prevenzione, terapia e riabilitazione
delle malattie neuropsichiatriche infantili…”

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5 La figura dello psicomotricista


La formazione dello psicomotricista si compone di una trilogia: formazione personale,
formazione teoretica e formazione pratica tutte condotte contemporaneamente. Tali formazioni si
completano e si arricchiscono a vicenda.
La formazione personale dello psicomotricista richiede una formazione all’ascolto e un
controllo particolare di sé. Se la capacità di concentrarsi su se stessi, di diventare specchio di se
stessi, è necessaria, non bisogna dimenticare che ogni specchio esterno è indispensabile per rinviare
al bambino i suoi atteggiamenti.8
Lo psicomotricista deve imparare a lavorare senza apprensione di fronte a spettatori anche
quando è in relazione duale con il bambino, deve accettare che è osservato. Egli deve tenere sotto
controllo le sue reazioni tonico-emozionali.
Una caratteristica fondamentale di tale figura è quella di far vivere il piacere senso motorio,
solo così egli facilita la liberazione delle tensioni tramite il piacere di muoversi e rilassarsi. Il
percorso che viene perseguito dallo psicomotricista per una propria formazione personale tende a
far acquisire al soggetto una maggiore competenza relazionale con il bambino. Per raggiungere la
prima tappa l’adulto deve dimostrarsi pronto ad accogliere ed accettare il vissuto emozionale del
bambino, il quale tenderà a porre delle resistenze lungo il cammino. Tali resistenze dovranno essere
poste in secondo piano e attenuate in questo modo lo psicomotricista potrà accogliere con emozione
il bambino. In questa esperienza l’adulto dovrà fare affidamento sull’empatia tonica che gli
permetterà di rilevare il livello emozionale dell’altro.
Per quanto riguarda il raggiungimento della seconda tappa lo psicomotricista deve acquisire
una buona padronanza di sé, questo è necessario poiché nella relazione psicomotorio l’adulto
potrebbe ritrovarsi in situazioni duali con il bambino.
Nella formazione personale lo psicomotricista deve porre l’attenzione all’utilizzo dello
spazio con il proprio corpo e all’utilizzo degli oggetti presenti nel contesto. Egli non deve denotare
preferenze o meno nei confronti dei materiali nella stanza poiché potrebbe limitare la libertà
d’espressione del bambino, inoltre il suo atteggiamento non deve manifestare esplicitamente il suo
livello emozionale. Egli deve dunque mostrare all’altro un atteggiamento sereno e privo di ansie e
non irrequieto, turbato o angosciato.

8
Aucouturier B.,Darrault I., Empinet J.L., La pratica psicomotoria. Rieducazione e terapia, Armando, Roma 2000.

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Occorre poi limitare l’ambiguità che l’adulto potrebbe esplicitare non solo a livello corporeo
ma anche a livello verbale o vocale in quanto tenderebbe a destabilizzare e disorientare il bambino,
che al contrario necessita di un supporto chiaro.
La formazione personale del futuro psicomotricista richiede del tempo, occorre quindi
pazientemente concedersi un adeguato periodo durante il quale l’adulto, malgrado le sue resistenze,
acquisisce nuove capacità e competenze. Le tappe del percorso devono essere raggiunte dall’adulto
nel totale rispetto e sicurezza.
Nonostante le precauzioni prese, possono verificarsi, a volte, situazioni che provocano
insicurezza, crisi personali, scariche emozionali o manifestazioni isteriche.
Il formatore in quei momenti è il punto di riferimento della sicurezza di tutti: la chiarezza
circa il significato profondo di ciò che il gruppo e ogni persona sta vivendo, la sua empatia tonica,
la sua calma, la sua presenza nello spazio, la sua voce, il suo sguardo, le sue proposte o il suo
silenzio, la precisione dei suoi gesti, gli permetteranno di sdrammatizzare situazioni ansiogene. Il
suo atteggiamento faciliterà il controllo e l’evoluzione dei momenti “acuti” nel corso della
formazione. In altre parole, il formatore deve rimanere il contenente delle produzioni eccessive del
gruppo; in assenza di un tale controllo, possono essere commessi gravi errori, dannosi alla persona
del futuro psicomotricista .

Il futuro psicomotricista afferma Camerucci:

“..poiché utilizzerà il proprio corpo nella sua pratica professionale, deve essere in grado di
conoscere le possibilità di controllo delle sue pulsioni e dei suoi fantasmi soprattutto in situazioni
di regressione, utilizzate dalle metodiche di rieducazione e terapia psicomotoria…”.9
Lo psicomotricista deve essere un partner simbolico. Generalmente durante le attività
ludiche il bambino tende a coinvolgere anche l’adulto assegnandogli un ruolo specifico; grazie alla
sua diversità l’adulto dovrà essere capace di simbolizzare i ruoli che il bambino gli assegna in modo
tale da contenere gli elementi fantasmatici che potrebbero emergere.
Per poter assolvere questo compito l’adulto dovrà ascoltare il bambino tramite empatia
tonica, cercando di mettersi nei panni dell’altro per ascoltare e capire i suoi bisogni.
Lo psicomotricista deve essere percepito dal bambino come un soggetto che garantisce
stabilità ed ordine. Non deve dunque esprimere instabilità ed ambiguità.
9
Camerucci, M., Psicomotricità: equilibrio tra mente e corpo, Morlacchi Editore, Perugia 2008, p. 56.

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Aucouturier sottolinea la necessita in pratica psicomotoria di accogliere empaticamente il


bambino, egli infatti afferma:

“..Proviamo sempre un sentimento positivo nei confronti del bambino e cerchiamo di


fornirgli le condizioni più favorevoli di sicurezza affettiva e materiale perché possa vivere la sua
espressività. Le nostre capacità di adattamento a livello tonico e posturale, la mimica, lo sguardo,
il sorriso, l’espressione del nostro piacere di essere là per lui, testimoniano la nostra intenzione di
rendere dinamica la comunicazione non verbale e verbale. Lo psicomotricista parla con autenticità
al bambino su “come è e cosa fa il bambino”, parla dei gesti, delle posture, delle emozioni
facilitando, fin dalla più tenera età, la costruzione di un discorso gestuale e verbale. (…) I bambini
debbono poter vivere uno psicomotricista disponibile ma che esprime le proprie variazioni e
modulazioni toniche senza uscire dal suo atteggiamento empatico. Il suo intervento consiste più
nella sensibilità tonico – emozionale e nelle parole che contengono che nella sua partecipazione
ai giochi dei bambini…”.10

Anche Vecchiato descrive il compito e le caratteristiche di tale figura, affermando che:

“..I gesti, i movimenti dello psicomotricista non sono mai precostituiti; sono l’esatta
espressione e traduzione delle sensazioni e sentimenti che di volta in volta prova in relazione al
bambino, al suo movimento, al suo gioco. L’empatia è comprensione e condivisione della
dimensione esistenziale. Lo psicomotricista ed il bambino si incontrano come persone, condividono
spazio, tempo, gioco, grazie al quale hanno la possibilità di conoscersi e crescere assieme…”.11
Egli non deve assumere né un atteggiamento autoritario né un atteggiamento direttivo nei
confronti del bambino, egli deve focalizzare la sua attenzione sugli aspetti positivi.

10
Aucouturier, B., Il metodo Aucouturier. Fantasmi d’ azione e Pratica Psicomotoria, Franco Angeli, Milano 2005,
pp. 189 – 190.
11
Vecchiato M. , op. cit. , p. 225.

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Delle indicazioni sul tale figura provengono anche dal codice di etica professionale
dell’ANUPI:

“Lo psicomotricista deve:


1. Dedicarsi allo studio e alla pratica della psicomotricità al servizio della persona ;
2. Contribuire in maniera attiva a incoraggiare la cooperazione e i legami professionali con le
altre professioni sanitarie mettendo a disposizione le proprie competenze ;
3. Osservare il più stretto segreto circa le informazioni in suo possesso che riguardano pazienti in
trattamento;
4. Preservare la dignità e la vita privata di ogni paziente ;
5. Essere responsabile del trattamento dalla presa in carico alle dimissioni del paziente;
6. Assicurare responsabilmente il massimo grado di qualità possibile nel trattamento di ogni
paziente;
7. Esercitare il suo giudizio professionale e le sue competenze nel pieno rispetto delle norme vigenti
e del lavoro altrui;
8. Mantenere la dignità e il rispetto dello status professionale e difenderne l’onestà, l’integrità e la
fiducia;
9. Aspirare a diffondere le sue competenze e conoscenze professionali;
10. Seguire il processo scientifico e metodologico a beneficio dei pazienti e del miglioramento
qualitativo professionale della categoria…”.12

12
Borgogno, E. T. (Aprile – Giugno 1997). “Essere psicomotricisti”, in Pagine di Psicomotricità. Rivista trimestrale
della società italiana di psicomotricità, n. 52, p. 24.

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Università Telematica Pegaso Lo psicomotricista e il contesto psicomotorio

Bibliografia

 Aucouturier B., Darrault I., Empinet J.L., La pratica psicomotoria. Rieducazione e terapia,
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 Aucouturier, B., Il metodo Aucouturier. Fantasmi d’ azione e Pratica Psicomotoria, Franco
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 Borgogno E. T. (Aprile – Giugno 1997). “Essere psicomotricisti”, in Pagine di
Psicomotricità. Rivista trimestrale della società italiana di psicomotricità.
 Camerucci M., Psicomotricità: equilibrio tra mente e corpo, Morlacchi Editore, Perugia
2008.
 Toni R. e Giovanardi F., Psicomotricità, quasi una storia, Edizioni Historica Cesena 2011.
 Vecchiato M., Il gioco psicomotorio. Psicomotricità psicodinamica, Armando, Roma 2008.

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