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Una storia travagliata —Ripercorrendo gli Elementa - Gli' elementi di critica - Osserva
zioni sintetiche conclusive
Parole chiave: Antonio Genovesi; teologia; economia civile; politica; reciprocità; Settecen
to napoletano
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Io, che era cominciato a tediarmi di questi intrighi teologici e che comin
ciava ad avere in orrore studi sì turbolenti, e spesso sanguinosi, feci di
più: mi ripresi i miei manoscritti, e deliberai fermamente di non pensar
più a queste materie: quinci per qualunque richiesta e offerta ch’io aves
si da Roma e da Venezia, non volli mai più dargli1.
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care il suo manoscritto, ma egli non aveva intenzione di riprenderlo in mano perché, a suo
modo di vedere, era passato molto tempo e il testo avrebbe avuto bisogno di una comple
ta riscrittura, dal momento che c ’era stata un’evoluzione nel suo modo di pensare. I più
acuti ricercatori notano che l’abbandono della teologia, e il successivo passaggio dall’es
sere «metafisico» all’essere «mercktante» nel Genovesi non si pone in termini di frattura,
come vorrebbe la vulgata del Galanti (e forse dello stesso Genovesi). SAVERIO Di LISO, in
un recente volume (Antonio Genovesi metafisico e mercatante, Aracne, Roma 2016, 137-
184), propone una continuità: segnaliamo, questo libro anche per una messa a punto del
la bibliografia sul G.
3 Lettera critica su gli elementi teologici delVabate D. Antonio Genovesi, 1773, Con Li
cenza de’ Superiori [il pamphlet è stato digitalizzato all’interno del progetto Google-BNCF
(CF 000327417) https://ia600401.us.archive.org/21/items/bub_gb_ziVU0yf_228C/bub_
gb_ ziVU0yf_228C.pdf]. ZAMBELLI, La formazione filosofica di Antonio Genovesi, nota 42,
447-449.
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Per ora lasciamo da parte il fatto che molte delle obiezioni che vengono fat
te risultino ridicole e, al contrario delle intenzioni del Perrelli, fanno risalta
re piuttosto la grandezza del pensiero del G.; notiamo che un anno dopo la
pubblicazione di quest’opera apparve il già citato pamphlet anonimo, dal ti
tolo Lettera critica su gli elementi teologici dell’Abate D. Antonio Genovesi. La
lettura di questo piccolo libro mostra chiaramente che il dibattito sull’opera
teologica del G. non si è ancora spento e punta a destituire di valore anche
il Galanti, che, a causa de\VElogio storico del signor Abate Antonio Genove
si,, pubblicato a Napoli nel 1772, e della franchezza in esso contenuta, si ve
de attribuire dall’anonimo autore l’epiteto «zucca vuota»4
5.
Il G. viene ritenuto dall’ anonimo come «presuntuoso, superbo, e temera
rio all’eccesso; asserendo, che secondo il di lui giudizio la sua dottrina, IL
SUO NUOVO, E LIBERO ESSERE PENSANTE [in maiuscolo nell’origina
le], dovea anteporsi a qualunque altro di ogni secolo; e che secondo lui i
più ragguardevoli Soggetti di codestaCittà [...] erano o furbi, o ignoranti, o
poco Cristiani, o superstiziosi, o ambiziosi, o che so io » 6. Qui in sintesi si
evidenzia dove il pensiero del G. era ritenuto maggiormente pericoloso: egli
si muoveva com e teologo libero da dogmatismi e dipendenze di tipo strut
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7 Ibid.915-16.
8 La migliore spiegazione sarà data dallo stesso G. nella Diceosina nel 1766: «Io non
credo che il mentire sia mai lecito, da convenire al perfetto savio e virtuoso: e tuttavolta
quando non vi fosse offesa nessuna de’ diritti de’ privati, o del pubblico, né del rispetto,
che si dee alla Divinità, niun pericolo di cattive conseguenze, salvar a questo modo la vi
ta, l’onor di un uomo, o d’una famiglia, un grande scandalo, o la quiete della patria, mi
parrebbe peccato meritevole di compassione e perdono, e magnanima menzogna, come
Tasso chiama quella di Sofronia. Beati coloro, che possono far del bene senza la minima
macchia di difetto; io animale ignorante e debole, come potrei pretenderlo senza temeri
tà?», Diceosina, o sia della Filosofia del giusto e dell’onesto, Modesto Fenzo, Venezia 1780,
Libro I, Cap. IX, §37, 218-219.
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voli, questo non viene preso in considerazione, anche perché in altra dire
zione si era pronunciata re n ciclica Vix pervenit di Benedetto XIV, datata
1° novembre 1745.
L’anonimo autore ancora attribuisce al G. com e problematica la tesi e c
clesiologica che «i peccatori benché sono membri privi di anima, qual’è la
carità; pur tuttavia sono nella Chiesa, perché in essi ancora vive la radice
della vita, c h e la fed e». La quale tesi, in qualche maniera è riconducibile
alle elaborazioni di S. Agostino contro i Donatisti, ma l’anonimo autore in
siste sul fatto che la separazione dell’uomo peccatore è in qualche modo
uno scisma visibile dall’ esterno.
Le obiezioni presentate vertono sostanzialmente su due punti: l’uso delle
fonti e della ratio filosofica; il rispetto dell’autorità, e la sottomissione ad es
sa. Quest’ ultimo punto risulta la chiave di comprensione di una carriera teo
logica che, purtroppo, non si è potuta sviluppare, perché mossa da una vo
cazione pedagogica che si realizza in un metodo d ’ insegnamento dinamico,
in cui l’ampliarsi dell’orizzonte culturale del Maestro sollecita e promuove
l’apprendimento, in interazione costante con i giovani. Proprio loro, infatti,
sono l’obiettivo costante delle meditazioni del G.: rilevanti, a questo propo
sito, le Meditazioni filosofiche sulla religione e sulla morale pubblicate nel
1758, dove tenterà un com pendio di teologia filosofica, con riferimenti alla
cosmologia newtoniana, e di etica, contro le inclinazioni oziose, con un mo
dello di operosa vita felice. Se il tomismo aveva messo in valore la felicità
naturale, illuminata non annientata dalla grazia, nel secolo del G., la felici
tà umana non risultava soltanto un problema a proiezione dianoetica, a sfon
do ascetico e da modulare rispetto alla superiore felicità eterna: individui e
masse chiedevano di esser felici, o meno infelici, grazie a sempre più larghi
comodi materiali, riparo dai mali naturali e sociali. La felicità in questa vi
ta diventava un problema politico, probabilmente anche religioso, perché la
domanda della prima rischiava di oscurare la via per la seconda.
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tuale e non è mai stata tradotta in italiano. Per questione di praticità gli Eie-
menta si presentano in due tomi, che si suddividono in una introduzione
(prolegomena) e in VII libri. Anzitutto presentiamo gli indici:
Prolegomena
Cap. I De Natura Theologiae generatim. Cap. II Conspectus Chronolo-
gicus Historiae Sacrae ab Orbe condito ad nostra usque tempora, quo
Historia Theologiae illustratur. - Anni Mundi —Anni Christi.
pleto: in questa sede ci serviamo della prima edizione del 1771 per il primo volume e del
la terza edizione del 1787 per il secondo volume, pubblicate a Venezia per i tipi di Gio-
van Battista Pasquali [Elemento].
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a i nostri costumi e bisogni. In fatti queste scienze per ogni verso mirano alla miglioria
dell’uomo», A. GENOVESI, Delle lezioni di commercio o sia d’economia civile, Parte prima
pel primo semestre, appresso i Fratelli Simone, Napoli 1765, Proemio, 1.
13 Id., La logica per li giovanetti, Società Tipografica de’ Classici Italiani, Milano 1835
[1766], libro V, § XV, 250.
, 14Elementa, Prolegomena, Cdp. II § 5,40. «Genovesi sostiene - parallelamente a New
ton - una cronologia tradizionalmente breve, 4004 anni fra la creazione del mondo e la
nascita di Gesù Cristo, ma mostra di conoscere i frequenti dissensi sull’argomento. Distin
gue poi, sempre in modo tradizionale, le tre epoche ammesse dai teologi: “ prima est legis
naturalis, secunda legis mosaicae, tertia legis Evangelicae” . [...] E interessante sentir
enunciare come un principio quest’orientamento storico, riscontrabile in tutte le opere di
questi anni, che Genovesi - seguendo la consuetudine del suo maestro Nicola di Martino
e di molti contemporanei - apre di norma con dei prolegomeni che, fanno il punto sulla
storia della disciplina studiata. Qui assai presto si riconosce se non l’accettazione, alme
no l’attenta considerazione del punto di vista vicinano», ZAMBELLI, La formazione filosofi
ca, 509-510. Genovesi risulta uno dei più attenti, intelligenti e rigorosi lettori di Vico, in
dubbiamente il più acuto fra i contemporanei immediati: «Certo impedirà d’ora in poi di
ripetere che “ rarissime e spesso insignificanti siano le citazioni e i ricordi di Vico nell’o
pera di Genovesi” (Venturi)» ibid., 558.
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flette sul Canone della Scrittura, sulle traduzioni, suiraffidabilità dei testi
da un punto di vista filologico, sulla divinità dei libri della Scrittura con
tro i Deisti, ossia se tali libri presentino la Parola di Dio: la conclusione è
la seguente:
Constai [...] libros Novi, Veterisque Testamenti divinos esse, atque id-
circo certa suppeditare Theologo argumenta, ad fidem, moresque sta
tu en dosi
Si tratta di un argomentò "ben noto agli studiosi dei Padri della Chiesa:
perché si abbia verità ecclesiale, qualunque riflessione teologica deve es
sere riconducibile senza soluzione di continuità direttamente a Cristo, Fon
datore e Re del Regno di Dio, altrimenti si ha la praescriptio di cui parla
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Tertulliano18. Quel che conta è il f i l rouge che riporta fino alPevento Cri
sto. Da questo punto di vista, se si traccia una linea ideale che riporta dai
nostri tempi fino al fu n d ator et rex del Re^no, non c ’ è un tempo che sia più
importante di un altro, quel che conta è (èhe tale filo non sia interrotto. In
questa continuità temporale, tuttavia, non vanno trascurati i Padri della
Chiesa che sono più vicini al Cristo, pertanto migliori interpreti delle sue
parole:
* * *
Il secondo libro tratta ex professo di D io, uno e trino: che cosa significa
parlare di Dio, la differenza tra riflessione su Dio che parte da un approc
cio filosofico, e riflessione che parte dalla rivelazione. L’atteggiamento ri
spetto alla nozione di Dio viene esplicitato in questo modo:
18 De praescriptione haereticorum, 20, citato al § 15, 102. «Di fronte a posizioni teolo
giche rivaleggianti, che pretendevano tutte quante di essere valide, Tertulliano (adv. Marc.
4,4,1) si richiamò al principio cronologico: “ Io dico che [il mio vangelo] è quello vero,
Marcione dice che è il suo; io affermo che quello di Marcione è adulterato, Marcione af
ferma questo del mio. Chi ci potrà dar ragione, se non la cronologia (temporis ratio) che
attribuisce l’autorità a quello che verrà trovato più antico, e predetermina la corruzione in
colui che sarà dimostrato più recente? In quanto, infatti, il falso è la corruzione del vero,
in tanto è necessario che la verità preceda il falso (praecedat necesse est veritas falsum)” »,
M. FlEDROWICZ, Teologia dei Padri della Chiesa. Fondamenti dellantica riflessione cristia
na sulla fede, Queriniana, Brescia 2010, 425.
19 Elementa, Lib. I, Cap. V ili, § 35, 111.
20 Ibid., Lib. II, Cap. I, § 2, 116.
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21 Ibid. § 4, 118.
22 Ibid., Cap. Ili, § 10, 136.
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Le pagine che seguono, che potremmo definire a metà strada tra il giuri
dico e il morale, esaminano il trattato sulle virtù del corpo e dello spirito e
i vizi corrispondenti. G. spiega che una vita virtuosa non si ottiene facil
mente, deve mirare alla prima e massima virtù che egli chiama αυταρχία
(in greco nel testo), ossia a un’anima serena e pacificata, in relazione con
la volontà di Dio e pronta a fare il bene ed evitare il male. Tale virtù va fa
vorita con una meditazione costante sui seguenti punti:
I. La vita non è eterna, ma è in cammino verso l’eternità;
IL Ci si può accontentare di poche cose;
III. Non c ’è niente di più felice che vivere in accordo con la natura, e
niente di più misero che lottare contro la natura;
IV. La vita è turbata dai troppi desideri;
V. Dio si occu pa di ogni cosa con sapientissima provvidenza40.
Le spiegazioni del G. sono corredate di lunghe citazioni bibliche nonché
filosofiche, le strade che segue nell’indagine non sono usuali, mirano piut
tosto alla comprensione di chi si avvicina per la prima volta alla riflessio
ne teologica.
I paragrafi successivi del libro IV trattano alcuni degli argomenti che
vengono maggiormente contestati al G.: che c o s ’è la hominum societas, d i
remmo la comunità umana, e quali sono gli obblighi che ne derivano ex ju -
re aeterno. Nota il G. che dà sempre esiste grande discussione tra i filoso
fi circa l’origine della società, com e essa si formi e quali ne siano gli obiet
tivi: osservando la Sacra Scrittura, l’ orìgine non può non essere che la con
giunzione dell’uom o e della donna, e il Cristo, servator noster, conferma
nel vangelo: Quod Deus conjunxit, homo non separet (Mt 19,6). G. proce
39/ ò ^ . , § 3, 227.
40/ò à £ ,§ 19, 233.
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Dopo aver posto le fondamenta nei primi quattro libri, con il V libro G.
si propone di riflettere su cosa significhi religione, e sugli obblighi ad essa4
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infine dalla teologia cristiana. Il G. non trascura il fatto che tale volontà di
salvezza da parte di Dio venga interpretata com e una necessaria salvezza da
parte dei Protestanti, segnatamente Calvino, e in una lunga e argomentata
spiegazione biblica spiega che la volontà di salvezza di Dio si incontra sem
pre con la libertà dell’uomo: Dio vuole salvare, e di fatto salva, l’uomo che
desidera essere salvato, e gli offre gli strumenti per farlo, ma non lo costrin
ge - «Patet [...] Deum et serio velie, ut omnes, et singuli homines salven-
tur, et salutis media prò omnibus, et singulis ded isse»51.
Resta a questo punto da affrontare la problematica riguardante la prede
stinazione:
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li: gratta vel est gratum faciens, vel est gratis data54. Distingue tra gratta
actualis e habitualis, gratta efficax e suffìciens. Presenta le varie tesi, in
particolare quelle gianseniste e moliniste, per giungere a formulare alcuni
princìpi55:
a. Sine gratta Dei neminem credere posse ea fide, quae ad saluterà est
necessaria.
b. Sine gratta Dei bona vitae aeternae amare, et secundum legem Dei vi
vere non possumus.
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Nec tamen Deus exigit a nobis [...] fidem propter seipsam, sed propter
caritatem, ad quam ordinatur, et propter operationem virtùtum. Nisi
enim credamus in Jesum Christum Dominum nostrum, nullo modo
ejus doctrinam amare poterimus, et sectari. Atque haec est ratio, cur
tantopere Apostoli fidem in Christum commendent, non quod solam
eam exigant59.
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to. Si sofferma molto sul carattere, sugli effetti, sui ministri dei sacramenti,
senza discostarsi da argomenti tradizionali.
N elle pagine successive risulta particolarmente interessante la discu s
sione sui singoli Sacramenti: quanto a Battesimo e Cresima spiega la radi
ce biblica della celebrazione, distingue il Battesimo dall’ insegnamento
cristiano, discute sul ministro del Battesimo, n e,ricorda la forte discussio
ne dei primi secoli, sul motivo del Battesimo dei bambini. A tal proposito
G. argomenta che quando Gesù ordina di insegnare e battezzare (Mt
28,19) non va inteso soltanto degli adulti, e che la prima cosa non è pro
pedeutica a ll’ altra.
Dimostra l ’ importanza e la necessità della Confessione per il perdono dei
peccati e la riconciliazione post-battesimale e attribuisce alla Chiesa e ai
suoi ministri la possibilità di rimettere non soltanto i peccati, ma anche le
pene ad essi connesse. Presenta VEucaristia com e sacramento che Cristo
ha comandato, nel quale si attua la transustanziazione del pane e del vino
e si ottiene la presenza reale del Cristo che è nel cielo. Non si dilunga m ol
to sulla Unctio extrema, che gli sembra sufficientemente radicata nella let
tera di G iacom o e nella tradizione ecclesiale.
A l contrario, lunghe pagine sono consacrate alla riflessione sxxWOrdina
zione e sulla Gerarchia ecclesiastica: si parte dal principio che Gesù Cristo
è sacerdote, capo, legislatore nella Chiesa; le Scritture insegnano che egli
presiede la Chiesa com e Re e Fondatore, avendo ogni potere in cielo e in
terra. Egli è presente nella Chiesa fino alla fine dei tempi in maniera invi
sibile, visibilmente per mezzo dei ministri che ha stabilito, anzitutto gli
Apostoli, a cu i successero i Vescovi. A questi si aggiungano i sacerdoti e i
ministri (se. presbiteri e diaconi), a formare quella gerarchia di cui parla
no i Padri tridentini63. Dunque, il ministero episcopale consiste sostanzial
mente nel proseguire la presenza di Cristo (Religionem Christianam doce-
re et custodire, Ecclesiam pascere64) e nel tenere una linea di continuità che
riporti la Chiesa al suo Forìdatore. Questa ultima tesi, duramente avversa
ta dai novatores, viene ribadita dal C. sulla linea del Concilio di Trento e
insistita nel senso di un Ordine Sacro ch e in ultima analisi fa riferimento
a Cristo, quale istituzione di diritto divino, senza perdere d ’occhio la real
tà del suo tempo:
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Seguono pagine interessanti sul fatto che i Vescovi hanno un titolo lega
to alla Chiesa nella quale esercitano il loro ministero e che non è loro con
sentito, a partire dal con cilio di N icea, di muoversi da una diocesi alPaltra.
A nche per quanto riguarda il matrimonio («viri et mulieris conjunctio in-
dividuam vitae consuetudinem còntinens»666 ) , il G. è cosciente che le opi
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nioni sono diverse, non tanto circa la definizione di matrimonio, ma riguar
do questioni pratiche: se sia lecito ad un uomo sposare più donne, sposar
le contemporaneamente, il matrimonio tra consanguinei; e poi l ’indissolu-
bilità del matrimonio e la sua sàcramentalità. Particolarmente interessante
la discussione circa il ministro del matrimonio, G. avverte che theologorum
turba contenditi1. Egli è dell’opinione che il ministro del matrimonio sia il
sacerdote, in conformità con l’ assunto che tutti i sacramenti vengono ammi
nistrati regolarmente da un sacerdote («Sacramentorum ministri ordinarli
sunt sacerdotes»68).
* * *
Il settimo libro tratta dei novissimi: argomento difficile, secondo G., ma pu
re necessario. Anzitutto affronta la ricerca sulla natura delle anim e, o in altre
parole, come si possa parlare di anima. G. è costretto a ricorrere a una schie
ra di letterati e filosofi antichi, tra questi non nasconde una particolare sim
patia per Virgilio e Lucrezio, e anche autori moderni com e Cartesio e Spino
za. Dal paragrafo 12 del primo capitolo G. segue gli argomenti propri alla Teo
logia, con un breve sguardo sull’Antico Testamento, nel quale riscontra i pri
mi riferimenti all 'immortalità delibammo, che vede confermata nel Nuovo Te
stamento: singolare il riferimento alla parola di Gesù (Non abbiate paura di
quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere Vanima; temete
piuttosto colui che ha il potere di f a r perìre e Vanima e il corpo nella Geenna,
Mt 10,28) e la spiegazione che ne dà: In hoc loco animus a corpore, illius vita
a vita corporis manifestissime distinguitur. Non solum ergo hinc probatur,; ani-
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G. offre una lunga presentazione del Purgatorio, del quale i novatores af
fermano non ci siano notizie nella Sacra Scrittura. Da una veloce osserva
zione dei testi biblici, G. nota che di fatto la dottrina sul Purgatorio non è
proprio evidente, ma questo non vieta che la rivelazione divina sia non tan
tumscripta, sed et tradita: il fatto che sia scritta non restringe il campo del
la rivelazione. Del resto, dice Richard Simon citato dal G.:
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scritti del G., in particolare di quelli scritti in latino, che sono stati spesso
rivisti, per una caratteristica “ evolutiva” del nostro autore alla quale abbia
mo già fatto riferimento sopra81. Il lettore, beninteso, non ha difficoltà a re
perire tali testi, facilmente riscontrabili in molte biblioteche, segno di una
loro ampia circolazione e di importanti discussioni che ne seguirono. Rite
niamo tuttavia che il G. meriti una maggiore attenzione, e che tale attenzio
ne debba nascere anzitutto dalla lettura su testi criticamente stabiliti, ed è
nostra intenzione orientare a questo obiettivo risorse ed energie. Infatti,
l’approfondimento degli Elementa ci spinge alla considerazione che la mag
giore conoscenza della teologia genovesiana possa giovare alla com prensio
ne di opere composte in seguito e non esplicitamente consacrate alla rifles
sione teologica. Un’ approfondita analisi dunque degli Elementa porta come
conseguenza una rilettura globale anche di opere e idee che hanno caratte
rizzato la seconda parte della Vita del G. e che solo apparentemente non
sembrano segnate da questo particolare essor teologico.
Paola Zambelli, nel più volte citato volume, ha fatto presente che si sono
conservati almeno cinque manoscritti della Theologia, che contengono varia
zioni su alcuni temi82. La versione pubblicata dal discepolo Dom enico For-
ges Davanzati a Venezia nel 1771, dunque, che è alla base della nostra let
tura, andrebbe integrata con i vari manoscritti a lui sconosciuti. Questo mo
stra la magmaticità dell’opera del G., che aveva preparato il testo com e trat
tato, o piuttosto come dispensa per gli studenti, e ci era ritornato più volte
anche dopo, il che lascia intuire che gli studi teologici non siano stati abban
donati, ma al contrario, siano proseguiti lungo tutto il corso della sua vita.
Quando parliamo di “ magmaticità” non intendiamo dire confusione o
approssimazione o cambiamento: l’opera cominciata nel 1742, nel 1744-
1745 troverà una sua strutturazione, e pur con qualche arricchimento o so
stituzione operati in seguito, di fatto non varierà molto nelle redazioni suc
cessive. Le rielaborazioni del testo sono caratteristica della composizione
del G., il quale è un perfezionista instancabile; vanno però anche lette nel
la storia della ricezione del testo, alla luce delle vicende personali dell’A
bate salernitano, che probabilmente era il più meritevole della cattedra di
teologia nel concorso del 1748, ma non potè continuare a professare l’inse
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gnamento pubblico della teologia anche per motivi —ci si passi l ’espressio
ne - di “ politica ecclesiastica” , nel senso che la libertà interiore del G., da
cui discendeva una relazione com plessa con l ’autorità ecclesiastica, lo ren
devano di difficile gestione. Il G. peraltro non faceva nulla per facilitare
l’accettazione della sua persona: la conoscenza di modelli razionalistico-
protestanti e sociniani, l’enorme rilievo dedicato alla teologia razionale, e
quindi ad argomenti validi a prescindere dall’ appartenenza confessionale,
erano una novità audace che aveva bisogno di tempo per essere accolta, e
spiega in parte le difficoltà incontrate dal nostro autore.
La lettura degli Elementa e l’ analisi della presenza di concetti teologici
nelle altre opere, ci fanno pensare che il G. abbia attribuito particolare va
lore a questo testo, nel quale si era profuso con il sincero desiderio di pro
porre una novità alla ricerca teologica, al di fuori del clima paludato del
l’Accadem ia. In qualche maniera ci era anche riuscito, se consideriamo la
diffusione post mortem del suo testo. Oltre alla “ turbolenza” degli studi teo
logici, dev’essere stata forte la delusione personale del G., scoprendo di
non avere riconoscimento del lavoro fatto per un ripensamento teologico, in
vista d ell’utile, e ricevendo l’accusa di essere ambizioso, piuttosto che un
homme aux multiples talents, qual era veramente. Se si unisce questo al suo
carattere irascibile e tendente alla collera, il quadro acquista sfumature che
invogliano alla ricerca ulteriore.
L’analisi degli Elementa non è un viaggio archeologico o intellettualisti
co all’interno di un testo che non viene piu letto da un paio di secoli, ma la
presa di coscienza di una vocazione speculativa che non abbandona il G.
neanche dopo esperienze dolorose e la confessione di abbandonare la ricer
ca teologica: al contrario, le continue riprese dell’ opera mostrano la vera f a
cies dell’Abate castiglionese. A questo si aggiunga anche il fatto che fino al
la fine della sua vita, e in opere dedicate ex professo ad altri obiettivi, il G.
non rinuncia alle sue riflessioni di tenore teologico e spirituale, sia introdu
cendo contenuti nelle diverse opere, sia mostrando l’ ideale sostanzialmen
te cristiano della buona econom ia, che lo porta a guardare alle comunità
cristiane delle origini com e m odello di una^buona comunità civile, e ai mo
delli evangelici com e insuperati m odelli di vita politica.
L’ accenno che si trova nella lettera al suo interlocutore Romualdo Ster-
lich, normalmente citata dagli studiosi per attestare il suo passaggio al nuo
vo status di docente di econom ia, in realtà attesta che la riflessione teologi
ca è ciò a cui è formato, che l’ econom ia si apre davanti a lui con una pre
stigiosa cattedra, e che l’una non esclude l’altra, anzi in qualche maniera
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La teologia com e prassi di comunione negli U niversae fh e o lo g ia e Elem enta
83 «Che direte voi quando udirete che il vostro metafisico è vicino a divenir mercatan
te? 0 le risa! Pur è così. Io non ho voluto, né voglio scriverne a lungo, perché non son cer
to che riesca, e non vorrei scrivere la seconda volta la palinodia. Aspettatevi allora delle
belle lezioni sullo zucchero, sul cacao, ed altre tali saporitissime cose. Ma di ciò parlere
mo a suo tempo», Lettera a Romualdo Sterlìch del 23 febbraio 1754, in GENOVESI, Auto-
biografia e Lettere, 78.
84 Cf. Di L is o , Antonio Genovesi metafisico e mercatante, 137-184.
85 G a l a n t i , Elogio storico, 58.
86 GENOVESI, La logica per li giovanetti, libro V, Cap. V, § 15, 250.
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La teologia com e prassi di comunione negli U niversae Theo/ogiae Elem enta
L’amor proprio e Famore per gli altri sono due dimensioni presenti nel
l’uomo, e la dinamica delle azioni umane è spiegabile sulla base del gioco
di queste due forze che G. chiama «forza concentretiva» e «forza diffusiva»,
che sono due princìpi distinti e sempre all’opera: «E un errore quel di co
loro, i quali pretendono, che l’una di queste due forze nasca dall’altra. [...]
Queste due forze adunque sono in noi ambedue primitive, benché legate in
siem e»90. Le due forze, centripeta e centrifuga, non sono sem plici doni di
natura, com e potrebbe essere il respiro, la capacità di vedere o di sentire,
ma virtù che si acquisiscono con la lettura del vangelo e l’esercizio del cri
stianesimo. Anche in questo il teologo Genovesi è sempre presente, anche
quando tratta di questioni econom iche, al punto da rimproverare i teologi di
aver spesso ignorato le conoscenze riguardanti le usure, i cambi, gli aggi, le
compravendite, le attività' bancarie, e così lasciando tali attività e i loro ope
ratori privi di un aggancio alle regole della morale, al giusto e all’onesto,
contribuendo a produrre una casistica di «opinioni staccate da’ loro prin-
cipj, e con ciò o troppo rilassate, o più del giusto rigide, e impraticabili»91.
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Armando Genovese
Concludiamo con una gustosa osservazione alla fine delle Lezioni di Eco
nomia Civile, dette di un gentiluomo, ma in cui ci piace vedere la chiama
ta attiva della teologia:
Armando Genovese
Docente della Pontificia Università Urbaniana
(a.genovese@urbaniana.edu)
92 Id., Lezioni di commercio, voi. II, Appresso i fratelli Di Simone, Napoli 1767, 304-
305.
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LA TEO LO GIA C O M E P R A S S I DI C O M U N IO N E
NEGLI U N iV E R S A E TH E O LOG IA E E LE M ENTA
DI A N T O N IO G E N O V ESI
TH EO LO G Y A S C O M M U N IO N PRAXIS
IN A N T O N IO G E N Ò V E S P S
" U N IV E R S A E TH EO LO G IA E ELEM EN TA
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