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FILOLOGIA ROMANZA

16/02/2021

Presentazione varietà e lingue romanze

La linguistica romanza studia le parlate e le varietà minori che hanno origine da un’evoluzione dalla lingua
latina, la prospettiva che dobbiamo assumere è una prospettiva di tipo storico-evolutivo cioè la
delimitazione delle lingue romanze non si basa sulla distinzione tipologica, ma è una definizione che si basa
su un criterio genetico, storico, perché tutto si rifà alla comune discendenza dal latino.

La filologia quindi si basa sullo studio storico e comparato delle lingue e letterature romanze e neolatine,
dalla loro origine fino all’attualità, in un lunghissimo lasso temporale ma in realtà il filologo si occupa
soprattutto del periodo medievale, si colgono meglio gli sviluppi e le strutture sintattiche, è più interessante
studiare i fenomeni delle origini, la fine del medioevo, infatti è il limite di studio per un filologo romanzo
(1492).

Il primo documento scritto in lingua romanza è datato e sono i giuramenti di Strasburgo, sono i giuramenti
che si scambiano i nipoti di Carlo magno, figli di Ludovico il Pio sono Carlo il Calvo e Ludovico il germanico
che si coalizzano contro Lotario, al quale era andato il titolo imperiale dato che era il più grande tra i tre,
sappiamo tramite una cronaca che quest’incontro a Strasburgo avviene il 14 febbraio dell’842 d.C. i
giuramenti bellici, che vengono fatti in antico francese e rappresenta la più antica attestazione scritta di una
lingua romanza e la seconda invece in antico tedesco rappresentano il debutto del volgare in Europa, da
questa data si iniziano ad avere attestazioni scritte in volgare, i primi testi letterari invece sono da
individuare molto tempo dopo, all’incirca nell’ 11° secolo, la data limite medievale naturalmente è il 1492
ma di fondamentale importanza è la stampa, che viene inventata a Magonza nel 1455 e da lì inizia un
cambiamento di mentalità nei confronti della trasmissione dei testi da manoscritto a stampa.

Una delle prime lingue ad essere normate ortograficamente e grammaticalmente è il francese nei primi
decenni del ‘500, ciò sancisce la fine e la decadenza di varietà di francese letterarie come l’occitanico a
favore della lingua egemone, che poi può essere associata al franciano.

Nell’epoca moderna si produce un cambiamento e si ha l’inizio di un nuovo periodo che esula dagli interessi
del filologo romanzo, le lingue si definiscono così come le conosciamo.

Il francese quindi è la prima che si norma invece una delle ultime è l’italiano, a partire dalla massificazione
culturale nel 900 grazie alla radio e alla televisione, diventa una lingua usata nello scritto, prima c’era un
forte analfabetismo era difficile anche capirsi da un dialetto all’altro, questa frammentazione politica
dell’Italia ha determinato anche una frammentazione linguistica in una grande varietà di dialetti, essi hanno
avuto una storia prolifera visto che sono stati usati sia come lingua parlata che come lingua scritta, hanno
una tradizione alle spalle molto importante, un’identità cruciale.

La filologia romanza studia la genesi e lo sviluppo delle lingue derivate dal latino, a partire dalla loro origine
tardoantica e medievale e fino ai giorni nostri, si occupa quindi dell’edizione dei testi composti e/o redatti
in queste lingue. La prospettiva della disciplina però è triplice, da un lato studia le lingue:

- diacronicamente, studia l’evoluzione storica e comparata delle lingue e delle letterature neolatine,
dell’evoluzione e sviluppo storico e fornisce delle grammatiche storiche delle singole lingue
romanza il modo in cui la grammatica si viene fissando
- il profilo sincronico che osserva la forma di una data lingua come sistema in sé e il punto di vista
(grammatica descrittiva)
- ecdotico-testuale, cioè fornisce i fondamenti scientifici per la realizzazione di edizioni critiche dei
testi scritti in lingue romanze.
Romanzo: indica ciò che in linguistica è continuazione del latino (neolatino)

Può essere aggettivo o sostantivo, il termine ha un origine medievale abbiamo romanico e romano, la
differenza tra i due inizialmente è lieve a tratti poco individuabile, ma nel terzo secolo dopo l’editto di
Caracalla assumono due connotazioni diverse (l’editto afferma che la cittadinanza romana sarebbe stata
estesa all’impero) a partire da questo atto politico la differenza tra i due termini risiede nel fatto che un
termine designa i romani di Roma (italici) romanus, e l’altro i romani acquisitiromanicum, che
parlavano un latino corrotto e influenzato dal luogo in cui i parlanti risiedevano, quel parlare
romanicamente veniva percepito dai romani come diverso, inferiore.

In un documento di vescovi emanato da Carlo Magno durante il concilio di Tours nel 813 si affronta un
problema fondamentale, durante le omelie si rende necessario non predicare più in latino poiché i fedeli
non lo comprendono più, si pone il problema di tenere solo l’omelia in una lingua diversa, anche perché in
generale la messa verrà celebrata in latino per molto tempo.

 Questa lingua viene chiamata rustica romana lingua (volgare romanzo).

I termini Romània e Romanìa indicavano il territorio dell’Impero romano (occidentale e orientale) con
l’opposizione tra romanus (parlante latino) e barbarus (parlante germanico essi oppongono una forte
resistenza alla latinizzazione)

Il termine Romània appare documentato per la prima volta in un passaggio di Paolo Orosio (V sec.) nel
quale però si scusa di usare un termine vulgaris: l’espressione, non classica, era evidentemente entrata
nell’uso comune.

In Oriente invece il termine Romanìa designa tutto l’impero, sia occidentale che orientale. In opposizione a
Barbaria, che comprende i parlanti germanici, Romània comprende quindi tutti quelli che parlano latino.

I due termini assumono una connotazione diversa in Occidente e in Oriente: in occidente Romània ha un
valore prima politico e poi etno-linguistico, mentre in Oriente conserva un valore politico.

L’odierno nome della Romania non deriva dal greco, ma è una formazione erudita risalente al 1862 nel
quale abbiamo l’unificazione dei due principati per creare uno stato, la Dacia.

Carlo Magno progettò la minuscola carolina un modo di scrivere semplificato, poiché i popoli parlavano una
varietà di volgare.

 In tutti in grandi cambiamenti linguistici la politica e gli eventi storici condizionano sempre l’esito
della lingua egemone.

18/02/2021

Attualmente si indica con Romània il territorio in cui si parlano le lingue romanze, costituito anzitutto da
una vasta area dell’Europa che comprende il continuum geografico definito dalla continuazione diretta del
latino.

Romània continua: area che comprende il Portogallo, Spagna, Francia e Italia, una parte del Belgio, i cantoni
svizzeri di lingua francese, italiana e romancia; comprende le grandi isole del mediterraneo e anticamente si
estendeva fino all’Adriatico orientale.

Romània perduta: zone dell’antichità sotto il dominio romano, nelle quali tuttavia il latino non aveva avuto
continuazione: l’Africa settentrionale, i territori a nord oltre l’arco alpino, fino al Danubio e oltre al Reno, e
la parte meridionale della Gran Bretagna.

Romània nuova: territori dove la diffusione delle lingue romanze è dovuta al colonialismo di epoca
moderna, a partire dalla fine del XV secolo.
- Pidgins lingue a base romanza – lingue indigene locali (Africa, Asia)
- Lingue creole evoluzione locale di pidgins

Lingue varietà e dialetti:

la differenza è di ordine storico sociale:

lingua riconoscimento di uno status ufficiale

dialetto uso parlato (talvolta scritto) limitato ad un’area geografica o a una categoria sociale

varietà lingue e dialetti, importanza storico-letteraria

L’attuale situazione delle lingue romanze in Europa:

- Si dividono in quattro aree:


o Area ibero-romanza (portoghese, galego, spagnolo, catalano)
o Area gallo-romanza (francese, occitanico, franco-provenzale)
o Area italo-romanza (italiano, romancio, sardo, corso)
o Area romanza orientale (romeno, dalmatico)

Varietà ibero-romanze

È stata molto importante la spinta di autonomia rispetto al castigliano, il catalano e il galego, questa spinta
propositiva deriva dalla storia delle varietà iberiche nella penisola e tra i rapporti che hanno intrattenuto tra
loro.

Le due lingue ufficiali nella penisola sono il portoghese e il castigliano, le altre due varietà sono considerabili
lingue, invece l’asturo-leonese e l’aragonese sono stati declassati a dialetti.

La spagna medievale:

conquista araba (711-720) crea un’enorme divisione politica e culturale, dividendo la penisola in una
zona settentrionale cristiana che si attiene alla tradizione e una zona musulmana a sud (ampio dominio
monolingue mozarabica) con una lingua che è un connubio tra lo spagnolo e l’arabo ed esprimerà i primi
reperti antichi di quest’area. Il nord è molto più frastagliato linguisticamente e si riflette sulla politica.

le varietà dell’area ibero-romanza in epoca medievale:

 Galego- portoghese (parte occ. Regno di Leòn) nasce come unica varietà ma con la formazione
della contea del portogallo si ha una divisione delle due varietà ma per molto tempo vengono
attribuite a una stessa koinè, varietà iberica letteraria più antica (egemone dal XII secolo fino agli
inizi del XIV secolo). Alfonso X “il Savio” componeva in questa varietà le sue cantìas (liriche).

Nella contea di Portogallo nel 1095 a nord si parla galego a sud portoghese, nel 1143 il conte Alfonso I
Heriques viene riconosciuto re del portogallo.

L’espansione verso il sud farà di Lisbona il punto centrale fin dagli albori (metà del 300)

Il Portoghese si parla in portogallo, in Brasile ed è alla base di diverse lingue creole in Africa e in Asia,
mentre invece il Galego conosce una lenta decadenza dopo l’avvento del castigliano, come lingua nazionale
(dal ‘500). Nell’800 rifiorisce grazie alla cultura romantica e alle spinte nazionaliste e patriottiche, ma sono
tentativi che non hanno un buon esito, poiché sono stati contrastati dal nazionalismo centralizzato di
Madrid durante la dittatura franchista, solo nel 1975 è stato riconosciuto uno statuto di ufficialità speciale
ed autonomo ed è stato normato nel 1993.

 Asturo-leonese (parte centrale regno di León) varietà minore

 Castigliano (regno di Castiglia) è la varietà romanza più diffusa al mondo, ha un ruolo


egemone dopo la Reconquista ed è la lingua più parlata dopo cinese e russo, ha
un’uniformità linguistica grazie ad un’istituzione politica cioè la Real Academia espanola,
fondata nel 1713 che ha saputo mantenere un’uniformità in tutti i territori La sua
affermazione avviene alla fine del ‘600 per il ruolo svolto dalla corona di Castiglia.

La diffusione al di fuori della Spagna è dato dalle colonizzazioni nel continente americano,
l’altro è la cacciata degli ebrei nel 1492, con il nome di ebrei sefarditi (ebreo di Spagna) a
questa diaspora si deve la nascita di una varietà giudaica-spagnola (tratti medievali del
castigliano arcaico).

 Aragonese (regno di Aragona) varietà minore

 Catalano (contea di Barcellona) ci ha messo un secolo per scalzare il provenzale come


lingua della composizione lirica, della poesia cortigiana, i conti di Barcellona avevano il
doppio titolo in Provenza, per motivi politico-feudali queste tre zone erano legate tra loro.
Dopo l’unificazione del regno di Aragona nel 1469, inizia il declino del catalano e il
castigliano si afferma sempre di più. Il rapporto con il potere centrale di Madrid non si è
mai riappacificato, sono stati attivi molti movimenti separatisti, la regione è commissariata
dopo che nel 2017 Pigemont fu destituito dopo aver dichiarato l’anatomia della Catalogna,
ora è esule in Belgio, la situazione da quel momento non si è calmata del tutto, ci sono
scontri che si stanno consumando attualmente.

 Mozarabico (parte meridionale) varietà portata dagli arabi in Spagna.

Varietà gallo-romanza (francese, occitanico e franco-provenzale) il francese.

Lingua ufficiale in Francia; una delle quattro lingue della Confederazione elvetica, Belgio Vallone,
Lussemburgo, Principato di Monaco, Valle d'Aosta, invece fuori dall'europa: Canada, Stati Uniti, Haiti, has
colonie dell'america, Africa ed Oceania.

La lingua attuale deriva dal franciano, varietà medievale delle regioni dell’Ile de France.

Dante fa una distinzione linguistico-geografica: individua le diverse varietà volgari sul modo di dire sì nei
diversi volgari.

Abbiamo una:

Zona settentrionale lingua d’oil (oitaniche) da dove deriva la particella affermativa sì. Si intende
l’insieme delle varietà settentrionali nel medioevo: piccardo, normanno (varietà parlata nel ducato di
Normandia), anglo-normanno (varietà che si sviluppa nel sud dell’Inghilterra, viene soppiantata dall’Inglese
solo nel ‘500 scritti i primi prodotti della letteratura francese delle origini), vallone…Tutte hanno avuto un
momento di spicco nel francese medievale come varietà egemone.
Zona meridionale: Lingua d’oc (occitaniche) provenzale, guascone, linguadociano e limosino-alverniate.
Non è mai arrivata allo status di lingua co-ufficiale, non è normata ed è frammentata in diversi patois
(equivalente ai dialetti Accent du midi).

Le varietà meridionali nel medioevo invece aveva un prestigio, l’occitanico è la lingua in cui è stata espressa
la prima stagione lirica, la lirica europea e d’amore nasce nel sud della Francia (dall’ XI al XIII secolo di
sviluppo).

La lirica impone la propria ideologia, i temi e le forme in altre parti di Europa, tipo in Italia dove rappresenta
il modello della prima lingua in volgare, in Sicilia alla corte di Federico II di Svevia, la lirica siciliana si rifanno
alla poesia occitanica.

Dante leggeva e capiva perfettamente questa lingua, nel corso di questi secoli abbiamo un movimento dalla
Francia meridionale alle zone di cultura europee, la produzione lirica è a opera dei trovatori (trobarl’atto
di comporre versi) questo nome si rifà ai tropi, dei componimenti musicali liturgici.

Nell’arco dei due secoli nei quali raggiunge l’apice, si forma un ambiente chiuso ed elitario dove i poeti
discutono tra loro sulla produzione poetica, è una tradizione uniforme non tanto dal punto di vista
linguistico, quanto tematico (ci sono pochi riferimenti a una lingua comune da utilizzare per questa poesia).

In territorio italiano è parlato nella zona subalpina; Val Pellice (centro valdesi); vanno considerate due
colonie di lingua occitanica, ad esempio la colonia valdese che nel XV secolo si trasferì in Calabria, dove
viene ancora parlato una varietà di provenzale con tratti arcaici molto forti (comunità che è rimasta isolata).

Anche per l’occitanico c’è stato un momento di rinascita nella seconda metà dell’800, precedentemente,
nel XIV secolo era stato fondato il “concistori del gai saber”, un gruppo fondato sull’imitazione dei tratti
lirici.

Invece in epoca moderna abbiamo i Félibres letterati e poeti con a capo Frédéric Mistral, poeta che arriva
ad avere il Nobel (movimento del Félibrige) si promuove la riscoperta delle letterature primigenie, la
prima antologia di poesia trobadorica viene fatta da Francois Raynouard nei primi dell’800È un
movimento destinato al fallimento, visto che è una letteratura anacronistica, non c’erano le basi culturali e
linguistiche che avrebbero potuto determinare il successo della poesia, la mancanza di una fissazione
grammaticale ha impedito che il movimento avesse seguito, tentativo isolato e suggestivo di quella grande
tradizione.

Perché la tradizione occitanica decade? il declino della cultura del Midi è a causa della crociata contro gli
Albigesi (1209-1229) Innocenzio III istituisce la guerra santa contro i catari (comunità chiuse ed elitarie
considerate eretiche dalla chiesa) e questo movimento che prese il nome di crociata, portò ad una lunga
guerra nella quale si ebbe la devastazione dei territori meridionali con lo sterminio dei catari, questa guerra
portò all’espropriazione dei feudi dei feudatari meridionali.

I trovatori, ad esempio Guglielmo IX, erano aristocratici con del potere, uomini cortigiani dopo che sono
stati rasi al suolo i territori meridionali anche la cultura subisce un declino, tramite la diaspora trobadorica a
causa dell’esilio, quest’ultima portò una diffusione della poesia trobadorica all’estero, anche in Italia,
soprattutto tra la zona settentrionale e in Toscana, diventando la base della lirica in Italia evento
drammatico che però determinò l’esportazione massiccia nelle zone limitrofe alla Provenza.

 Successivamente avviene l’annessione dei territori meridionali alla corona francese entro la
fine del ‘400.
Il franco-provenzale Comprende un gruppo compatto di parlate sud-orientali, corrispondenti al territorio
anticamente abitato dai Burgundi, attualmente è parlato in valle d’Aosta (non è riconosciuto come
minoranza linguistica come il francese: legge 482 del 1999). La denominazione si deve a Graziadio Isaia
Ascoli, in uno studio del 1878, che lo ha identificato come varietà a sé stante, studiandone i tratti fonetici. È
una lingua non standardizzata e differenziato in diverse parlate.

Non standardizzato e differenziato in diverse parlate, nel medioevo presenta caratteristiche proprie e una
produzione di testi letterari Roman d’Alexandre di Alberic Pisanҫon

Punto di svolta dell’affermazione francese:

 Editto (o ordinanza) di Villiers- Cotterets (1539) Francesco I impone l’uso esclusivo del
francese negli atti ufficiali di tutto il regno, non era volta a schiacciare le minoranze
linguistiche ma era volto a limitare l’uso del latino nei documenti burocratici, la finalità era
rendere laica l’amministrazione dello stato.

 Grafia non fonetica ma etimologizzante e conservatrice maggiore divaricazione tra scritto


e parlato, dipende dall’opera di normalizzazione grafica che nel tentativo di dare alla lingua
scritta una stabilità grafica che si rifacesse al latino, ha fatto sì che la grafia fossero scritte in
maniera etimologizzante e latinizzata.

Il francese, come l’inglese soffre dello scollamento tra grafia e pronuncia, questa opera di normalizzazione
della lingua ha fatto sì che ci fosse la perdita di un elemento molto importante, ergo la declinazione
bicasuale, il sistema di declinazione dei sostantivi in antico francese, che prevede una desinenza diversa se
hanno funzione di soggetto o oggetto, si tratta di un tratto conservativo del sistema dei casi latino, diventa
desueto in poesia alla fine del ‘300, invece nella prosa viene abbondonato alla fine del 12° secolo
distinzione tra antico francese e medio francese (fase di passaggio nel ‘500, segna la frattura con l’epoca
medievale).

N.B. Le isoglosse passano spesso su confini geografici, dunque, le varietà possono essere divise da fiumi,
alpi e limiti naturali. Bisogna fare la distinzione tra lingue ufficiali della nazione e quindi hanno uno statuto
politico e le lingue che hanno acquisito un ruolo eguagliabile, per esempio il gallego in Spagna.

19/02/2021

Area italo-romanza

Il fiorentino si è affermato sulle altre parlate, poiché non esisteva una lingua egemone e letteraria. I primi
testi vengono fatti nei primi secoli del 200 in tutta l’Italia, dalla produzione siciliana a quella toscana, a
causa della toscanizzazione dei testi non si ha la rappresentazione fedele del siciliano.

Il toscano si afferma nel ‘300 perché da un lato in Toscana nascono grandi figure di intellettuali che fanno
da modello, Dante, Petrarca e Boccaccio, e dall’altro c’erano dei livelli molto alti di alfabetizzazione in
Toscana rispetto al resto della penisola; a partire dalla fine del ‘300 i singoli volgari vengono toscanizzati,
successivamente nel 1525 abbiamo le “prose della volgar lingua” di Bembo e la questione si estenderà fino
al 19° secolo (Manzoni deve venire a Firenze per depurare la propria lingua dai lombardismi).

Diverrà una lingua standardizzata grazie ai mezzi di comunicazione di massa come radio e televisione.

La sopravvivenza legata agli scrittori che si sono posti come modelli dell’italiano letterario ha fatto sì che per
l’italiano si assistesse a uno scollamento della lingua scritta che è rimasta molto normata e accademica e la
lingua parlata che è stata fortemente influenzato dalla letteratura.
L’italiano è all’interno del quadro delle lingue romanze non è una lingua molto diffusa a causa della
mancanza di colonie, però è la lingua ufficiale non soltanto dell’Italia ma anche di S. Marino e di città del
Vaticano, dove viene parlato accanto al latino (lingua ufficiale). Inoltre, è una delle quattro lingue parlate in
Svizzera, il Canton Ticino.

italiano e dialetti italiani:

- Fiorentino
- Dialetti settentrionali: delimitati dall’isoglossa La spezia-Rimini, si distinguono in veneti e gallo-
italici
- Centro- meridionali mediani, alto-meridionali, meridionali estremi
- Corso
- Retoromanzo (Romancio, Ladino, Friulano)
- Sardo rispetto al siciliano ha ottenuto uno statuto di autonomia, è la varietà più conservativa
rispetto al latino e conserva solo cinque vocali chiuse. È una lingua di minoranza (482/1999), l’isola
è entrata solo recentemente, nel 1720, nel territorio italiano.
Le varietà attuali del sardo sono quattro: il campidanese, il logudorese (ha una sua produzione lirica
orale i mutos), il gallurese e il sassarese.

Il sardo:

I tratti conservativi sono:

o Il mantenimento delle marche -t e -nt per la III persona singolare e plurale (marca latina)
cantat, cantant TRATTO GRAFICO E FONETICO
o Congiuntivo imperfetto cantaret “cantasse” (forma latineggiante)
o La velare /k/ davanti a vocali anteriori  chentu (cento), che sono state palatalizzate nelle
altre lingue romanze
o La -s al singolare di alcuni sostantivi neutri di III declinazione latina tempus e corpus

N.B. per spiegare il sardo come varietà più arcaica e conservatrice

Norme areali di Bartoli del 1925 che studiando le differenze nella distribuzione dei fenomeni linguistici
rispetto al latino, basata sul quesito del perché alcuni territori mantenessero tratti arcaizzanti, sono 4 e
vanno a scalare in base alla frequenza:

o Norma dell’area isolata tra due forme è più antica quella in uso nell’area più isolata
o Norma delle aree laterali è più antica quella delle aree laterali rispetto ad un’area
centrale (esempio l’area centrale è l’Italia)
o Norma delle aree maggiori tra due forme è più antica quella in uso nell’area di maggiore
estensione (es. FRATER> esiti in area gallo e italo-romanza, romeno; ma era iberica
GERMANUS> port. irmão, sp. hermano e cat. germà)
o Norma dell’area seriore (successiva) tra due forme è più antica quella in uso nell’area
romanizzata più tardi (es. COMEDERE> port. E sp. comer ma MANDUCARE> fior. Antico
manicare e manducare, il fr. manger)

Il Corso:
ha ottenuto uno statuto di autonomia, non esiste una varietà standard, la lingua non è stata fissata nella
grammatica come varietà unica, esistono diverse varietà di corso:

o Parte settentrionale molto affine al toscano, poiché si è avuto un forte contatto con il
pisano in seguito alla dominazione dell’isola, vocalismo toscano. Fino al declino di Pisa
come potenza marittima, politica e culturale  1284 battaglia navale della Meloria, Pisa
contro Genova. Inizialmente era il Pisano a doversi imporsi al posto del Fiorentino, si stava
preparando a diventare la varietà egemone ma questa battaglia determina la caduta di
questa varietà dal momento in cui i personaggi di spicco vennero imprigionati dai genovesi.
o Parte meridionale molte affinità rispetto al sardo dal punto di vista della fonetica.

Il Retoromanzo: romancio, ladino e friulano

la definizione raggruppa le tre varietà linguistiche che Ascoli riunì il nome di ladino, ma non c'è piano
accordo tra i linguisti nel riconoscere le tre varietà come facenti parti di un unico gruppo, in particolare per
l'affinità più o meno pronunciata con i dialetti italiani settentrionali:

- ladino: è la varietà centrale che comprende i dialetti parlati nell'area alpina dolomitica all'interno
dello statuto di autonomia della provincia di Bolzano. Viene insegnata a scuola, dopo l'italiano e il
tedesco, usata nella stampa e nell'amministrazione.
- romancio: divenuta a partire dal 1938 una delle quattro lingue nazionali della Confederazione
elvetica, con l'italiano, tedesco e francese. fino a tempi recentissimi si presentava in una serie di
varietà locali tanto da richiedere un intervento di normatizzazione operato da Schmid che nel 1982
elabora una grammatica
- friulano: parlato in Friuli-Venezia Giulia, riconosciuto come lingua di minoranza comprende tre
gruppi di dialetti.

23/02/2021

Area romanza orientale (separate dai Pirenei):

- Romeno territorialmente separata dal continuum geografico:


 Muteno (sud) unica varietà accettata per la produzione scritta
 Moldavo (est) parlato nella Moldovia romena

varietà minori del romeno:

- Aromeno (macedonia greca, Bulgaria e Albania) assenza di tratti arcaici


- Meglenoromeno Grecia
- Istroromenovarietà minore del gruppo perché confinata in una piccola area
- Dalmatico (estinto) Antonio Udina, è morto nel 1898, è l’ultimo parlante storico del dalmatico e
fu intervistato dal Bartoli per documentare questa varietà romanza. Il dalmatico presentava dei
tratti arcaici della lingua (conserva la velare latina, conserva alcune forme verbali latine).
Tradizionalmente si etichetta come varietà romanza orientali (altri la isolano come varietà
assestante).

Romania La possiamo considerare come un’isola latina all’interno un territorio di prevalenza slava, è un
territorio di romanizzazione molto tarda, fu conquistata da Trainano nel 106 d.C. chiamato anche Dacia.
Sviluppo isolato dal blocco romanzo occidentale (fine dell’occupazione romana 271-274 d.C. lasciando
spazio ad altre popolazioni).

L’ipotesi più plausibile del perché i romani abbiano ceduto la regione è che la regione sia stata abbandonata
politicamente ma all’interno vi si trovavano i coloni che avevano costituito una comunità, di conseguenza
hanno conservato il latino anche dopo l’occupazione, c’è la difficoltà di studiare la lingua visto che non ci
sono documenti che risalgono all’epoca medievale.

Il primo documento scritto in Rumeno è un’epistola di carattere ufficiale e risale al ‘500, questa varietà è
stata esposta all’influsso slavo, sia nello scritto che parlato (è stata anche scritta in cirillico) il rapporto col
latino è stato molto travagliato.

Con la creazione dello stato nell’800, vengono importati dei latinismi per recuperare la legittimità della
lingua, infatti abbiamo un’influenza del francese a partire da questo secolo (lessico).

Il romeno come il sardo è una varietà conservativa, possiamo distinguere due grandi blocchi, uno orientale
(l’area italiana) che conserva i tratti del latino e l’area occidentale (gallo- romanza e ibero-romanza) che
tendono ad essere più innovative.

La linguistica storico-comparativa:

L’ipotesi di un ‘antenato comune’ per lingue europee e lingue orientali, l’indoeuropeo: Dante nel “De
vulgari eloquentia” propone un’ipotesi del modo in cui le lingue avevano a che fare tra loro, ma l’autore
non considerava il latino come progenitore, quindi non capiva il rapporto di continuità storica (pensava che
il latino fosse una lingua artificiale, la chiamava addirittura grammatica).

Dante rifletteva la situazione dei propri tempi, intellettuali che usavano il fiorentino per la comunicazione
letteraria e il latino per una comunicazione burocratica e formale, non c’era l’idea di un distacco tra l’epoca
classica da quella medievale.

Le prime intuizioni: 1786 conferenza di William Jones (giudice inglese ma era anche un linguista per
passione) alla Asiatic Society di Calcutta (colonia inglese) rilevò delle affinità non soltanto culturali ma
anche linguistiche tra lingue indiane e lingue europee, per la prima volta veniva istaurata una correlazione
tra due paesi lontani.

- Friedrich Schlegel, Uber die Sprache und Weisheit der Indier (Sulla lingua e sulla sapienza degli
indiani, 1808) rapporti tra greco, latino, germanico, persiano e sanscrito trattato nel quale
Schlegel fa un balzo in avanti rispetto al paradigma classico degli studi linguistici, perché per la
prima volta considera l’affinità delle lingue non soltanto sulla base lessicale ma anche considerando
altri aspetti come la morfologia e la sintassi si rende conto di come funzionano diversamente le
lingue nel loro lessico facendo la distinzione tra:

o lingua flessiva, nel primo il significato logico e grammaticale avviene grazie all’alterazione
della radice della parola grazie ai morfemi (desinenze) italiano, sanscrito
o lingua isolante o analitiche, la differenza della funzione grammaticale o semantica è data
da un elemento esterno alla parola inglese

Secondo l’autore la lingua progenitrice era il sanscrito, sistema flessivo più elaborato, successivamente le
lingue romanze avevano ridotto le forme verbali.

- Franz Bopp, Konjugationssystem (1816) padre della linguistica comparata:


o La comparazione tra le lingue non si basa sul lessico, come aveva fatto inizialmente
Schlegel, ma sulla morfologia, in particolare quella verbale (comparazione del sanscrito,
greco, latino, germanico e sanscrito) visione genealogica.
o Individuazione di un antenato comune nell’indoeuropeo, lingua fittizia (indogermanico)
questa teoria prese piede e si arrivò all’illusione di poter risalire a uno stadio sempre più
anteriore, andando a ricostruire addirittura le forme dell’indoeuropeo (lingua del neolitico),
si immaginò, nella seconda metà dell’800, di poter delineare un albero genealogico
basandosi sulla teoria evolutiva di Darwin.

- August Schleicher primo che prova a donare la definizione di un albero genealogico delle lingue
indoeuropee, applicando alle lingue l’idea che Darwin aveva proposto per il mondo animale
(Origine della specie, 1859).
La “favola” di Schleicher 1868 (La pecora e i cavalli)
Storia scritta sulla base del lessico limitatissimo dell’indoeuropeo, tutte legate all’ambito della
pastorizia e dell’agricoltura (20,30 vocaboli al massimo).

25/02/2021

Nel corso dell’800 ha modo di svilupparsi l’indirizzo della storia comparativa che parte dall’indogermanico,
si mette a punto un metodo di comparazione, si arriva a capire che il principale terreno per comparare le
lingue è la morfologia, si ha un accelerazione negli studi di linguistica comparata, si possono ricostruire le
forme originarie dalle fonti superstiti (ci si illuse di poter ipotizzare la forma, le parole e la grammatica di
questa lingua fino a produrre la favola di Schleicher che si basava sugli studi di Darwin, ipotesi
genealogica si tratta di un lessico elementare e rurale).

I primi romanisti della prima metà dell’800:

Francois Raynouard fu il vero precursore degli studi romanzi, dopo anni di oscurantismo pubblica tra il
1816 e il 1821 “choix des poésies originales des trobadours” che comprendeva anche uno studio della
grammatica provenzale, getta le basi della linguistica romanza per come la conosciamo ora.

A lui dobbiamo anche le “lexique roman” un dizionario del provenzale, l’assenza di un metodo scientifico
portò Raynouard ad incappare in diversi errori, per esempio di considerare come progenitore delle lingue
romanze il provenzale, per lui era uno stato intermedio tra il latino e le altre varietà romanze.

Chi portò invece delle vere innovazioni fu Friedrich Diez:

Questi studi portarono l’applicazione del metodo storico-comparatico al gruppo delle lingue neolatine,
scrive la prima grammatica comparata delle lingue romanze ma soprattutto il vocabolario etimologico
(dizionario che raccoglie il lessico delle diverse lingue romanze, sei principali, facendolo risalire al suo
antenato, ricostruendone l’etimo e indicando gli esiti e gli usi nelle lingue) della famiglia romanza, queste
due opere sono state per molto tempo capostipiti della romanistica e successivamente le idee al loro
interno furono sviluppate da un allievo di Diez, Meyer-Lubke che proseguì il lavoro del suo maestro con il
REW.

I neogrammatici:

Definiti come giovani grammatici e accettarono di buon grado questo epiteto dispregiativo, lo studio di
base dei neogrammatici furono gli studi delle ricerche morfologiche nel dominio delle lingue
indogermaniche del 1878 fatti da Osthoff e Brugmann, nei quali veniva enunciata insieme ad altri apporti il
principale contributo alla linguistica indoeuropea cioè il principio della legge fonetica ogni mutamento
fonetico, fino a dove procede meccanicamente, si compie secondo leggi ineccepibili, il settore più stabile
secondo loro è la fonetica, scoperto il sistema fonetico delle lingue questi cambiamenti saranno fissi
indipendentemente dalla parola o dal significato della parola nei luoghi in cui occorrono.

Una delle leggi fonetiche ad esempio:

Se in latino abbiamo una E o O aperta in uno stesso contesto fonetico (cioè tonica in sillaba libera ed è
tonica) si sviluppa nelle varietà un dittongo ascendente:

E> iè ; HERI> it.ieri, hier fr…

O> uò/uè; NOVUM> it.nuovo, cast.nuevo

I neogrammatici hanno scoperto una regolarità, una stabilità delle lingue e tenderanno sempre a verificarsi
nello stesso modo, oggi sembra scontato ma prima si erano studiati altre parti che erano più fluidi e meno
stabili, come il lessico.

Il latino progenitore delle lingue romanze:

Per tutto l’800 ci si è affidati all’idea che il progenitore delle lingue romanze fosse il latino letterario,
classico, fu fatta un’ipotesi diacronica seguendo la linea cronologica immaginando un punto di partenza
fortemente formalizzata per poi arrivare al volgare, infatti si è parlato di una fase intermedia in cui il latino
perde i colpi come lingua egemone perché inizia a sgretolarsi l’impero latino di occidente, il punto di rottura
è il concilio di tours (813)la deliberazione 17 che afferma l’esistenza di una rustica romana lingua, nella
quale i vescovi sono da allora in poi obbligati a tradurre le loro omelie e che da questo punto di vista sarà
posta sullo stesso piano della theotisca lingua, il popolo dei fedeli non riescono più a capire il sermone, la
predica tenuta dal prete, dalla deliberazione del concilio la messa continuerà ad essere in latino ma quella
parte sarà in lingua volgare.

L’ipotesi diastratica e diafasica: il latino volgare

- Vulgaris sermo inteso come lingua corrente, modo coerente di esprimersi, con un’accezione non
negativa
- Altre definizioni attestate e rimarcate dagli autori latini: sermo rusticus, sermo plebeius, sermo
cotidianus, sermo usualis…
- Cicerone e Quintiliano testimoniamo l’esistenza di una varietà bassa del latino, il plebeius sermo o
sermo vulgaris, è molto diverso dal latino proprio dell’oratoria (e della scrittura).
- Contrapposizione tra l’uso cittadino e dunque ufficiale del latino scritto a quello periferico, proprio
dell’uso parlato delle classi meno colte

 È una definizione che tiene in considerazione sia la prospettiva diacronica del latino, come
lingua che si modifica nel tempo, sia quella sincronica, che descrive la lingua dell’uso
quotidiano.

Il latino letterario non hai mai avuto molto probabilmente un’attestazione nel parlato, infatti le lingue
romanze derivano dal latino volgare.

Sulla base delle testimonianze antiche i linguisti Schuchartdt e Vaananen definiscono latino volgare quella
varietà del latino che continua la rusticitas, della quale è possibile ricostruire una grammatica storica
attraverso lo studio di importanti tracce documentarie, letterarie ed epigrafiche.

Hugo Schuchardt tra il 1866 e il 1868 riunì nell’opera Der Vokalimus des Vulgarlateins le caratteristiche del
latino volgare, inteso non come lingua del volgo ma come varietà bassa di un sistema diastratico e
diafasico.
Secondo Schuchardt l'evoluzione del latino volgare nelle varie lingue romanze non segue soltanto l'asse
verticale del mutamento linguistico, ma è soggetta anche alla variazione introdotte da contatti orizzontale
tra le lingue, un mutamento fonetico può propagarsi da un centro ad una periferia teoria delle onde.

Il latino parlato e il latino volgare:

Il parlato si serviva di costruzioni più semplici a livello grammaticale, con la tendenza di passare da un
sistema flessivo a uno analitico (scribere fratri meo vs scribere meum fratrem). Inoltre è da notare l’uso di
termini meno colti: sono questi che sono passati nelle lingue romanze

- iecur ‘fegato’ vs ficatum fegato d’animale ingrassato con i fichi da cui fr. foie, sp. higado
- loqui ‘parlare’ vs fabulari sp. hablar, port. Falar, prov. faular.

A latino volgare e le sue varianti si è aggiunta la definizione di romanzo comune, protoromanzo o pre-
romanzo, poiché l’aggettivo volgare aveva una connotazione negativa in qualche modo e dava a pensare al
latino del volgo.

E’ illusorio che si ricostruisca questa lingua anche perché nelle poche attestazioni in realtà non ci si può fare
un’idea della lingua parlata perché lo scritto non la può riflettere.

Infatti Varvaro azzarda l’ipotesi di latino sommerso, cioè un latino parlato di cui non esiste attestazione
proprio perché è un latino avvertito scorretto rispetto alla norma del latino formalizzato, quindi veniva
modificato a priori nello scritto.

26/02/2021

Fino alla seconda metà dell’800 non si hanno documentazioni del latino parlato, si avevano solo attestazioni
del latino letterario.

Tracce letterarie del latino volgare, per il genere di scrittura lasciano trapelare il parlato, la commedia ad
esempio fa sì che ci siano degli esempi di plurilinguismo:

- Commedie di Plauto e Terenzio (III-II sec. a.C.) periodo più antico della latinità, usano le forme di
dimostrativi che si formano con ECCE, libertà nell’uso dei pronomi interrogativi (QUI invece che
QUIS non c’è differenza tra pronome interrogativo e relativo) e l’assimilazione di nomi neutri al
maschile (NASUS per NASUM).
- Epistulae di Cicerone (I sec. a.C) abbiamo delle tracce anche nell’uso della sintassi, uso di
costruzioni indirette con preposizioni, scribere ad fratrem meum anziché scribere fratri meo.
- Satyricon di Petronio Arbitro (ante 65 d.C.) satira del latino impropriamente posseduto dai liberti
di origine greca nell’episodio della Cena Trimalchionis romanzo in prosa incompiuto, latino
parlato da una classe di subalterni.
- Letteratura cristiana scelta del sermo humilis (modo di parlare umile, per farsi comprendere
anche dal volgo) per la traduzione della Bibbia, tanto nella Vetus latina (II sec. d.C) che nella
vulgata di S. Girolamo (383). Il latino biblico diventa modello di lingua letteraria: un es. è
l’itinerarium ad loca sancta (fine IV sec.)

Iscrizioni latine:

Iscrizioni murali pompeiane (ante 79 d.C.)

Gli studi di Veikko Vaananen (1937) evidenziano i mutamenti del latino volgare rispetto alla norma classica
registrati delle iscrizioni pompeiane, il latino volgare non è un esito del latino letterario nel tempo, ma è
una varietà del latino che esisteva sin dall’antichità:
o Sonorizzazione delle consonanti sorde intervocaliche PAGATO per PACATO
o Caduta delle consonanti finali -m finale dell’accusativo, -s finale dell’accusativo plurale
(opposizione tra varietà italoromanze e galloromanze vs. iberoromanze che mantengono la
-s)
o Riduzione di b e l latine in iato

Iscrizioni, qualche esempio dall’Africa:

- Valerius Antoninus ispose rarissime fecit scorretto dal punto di vista del latino classico:
o Ispose < sponsae
o Riduzione di AE > E
o Riduzione del nesso consonantico NS > S
o Vocale protetica

- Antipatra dulcis tua, hic so et non so


o So < sum

Opere di grammatici: l’Appendix probi

 Sono fonti del latino volgare anche le opere di natura grammaticale prescrittiva che
segnalano, per sanzionarle come erronee, forme della varietà volgare.
 L’appendix probi è conservata tra le cinque appendici all’opera di un grammatico di nome
Provo (scritto nella seconda metà del V secolo, oggi alla Biblioteca nazionale di Napoli)
elenca 227 parole latine corrette (classiche) accompagnate dalla forma che si segnala come
errata.

L’appendix probi conferma gli elementi grammaticali del latino volgare:

ex. sincope vocale postonica SPECULUM e non SPECLUM

Lingue di sostrato:

Si definiscono lingue di sostrato le lingue preromane che hanno esercitato un influsso sulle lingue romane,
sia attraverso lo stesso latino, penetrando cioè nel latino volgare o parlato e passando da questo alle lingue
romanze, sia attraverso una pratica linguistica ininterrotta che ha potuto esercitare il suo influsso nel
momento in cui il latino ha iniziato a perdere il suo ruolo di lingua egemone, e cioè all’indomani della
disgregazione politica del dominio romano.

I fenomeni di sostrato si fanno vedere soprattutto nel lessico della lingua, in misura minore nella fonetica
dato che non si ha né una documentazione scritta né parlata.

Per le diverse regioni dell’impero si parla perciò di diversi tipi di sostrato, influenza del sostrato, in tutti i
casi, si avverte principalmente nel lessico e in misura minore in alcuni esiti fonetici (resta comunque la
difficoltà di dimostrare gli influssi di sostrato nella fonetica, per la mancanza di documentazione,
riducendosi in molti casi quanto pervenuto a pochi reperti):

- Sostrato italico (osco-umbro, etrusco volgari centromeridionali)


- Sostrato celtico (Gallia e Italia settentrionale)
- Sostrato basco e iberico (penisola iberica)
- Sostrato illirico, trace e daco (romeno è il più sfuggente a causa della mancanza di
documentazione)
- Sostrato (e adstrato) greco
Il sostrato italico:

Gli influssi dell’osco-umbro:

Sono stati riconosciuti nella sopravvivenza delle spiranti intervocaliche, laddove il latino presenta le
occlusive sonore b e d lat. SCARABAEUS ma it. Scarafaggio che postula rispettivamente la forma dialettale
*SCARAFAIU.

Caratteristica di queste lingue italiche è anche l’assimilazione del nesso nd> nn e mb> mm, assimilazione
che si ritrova in tutti i dialetti centromeridionali italiani, esempio lat. MUNDUM> monno (non sono presenti
nel toscano e nei dialetti settentrionali).

Sia per l’umbro che per l’osco abbiamo una documentazione scritta, per l’umbro sono pervenute le Tavole
Iguvinae (Tavole di Gubbio) mentre per l’osco abbiamo varie iscrizioni.

Il sostrato etrusco:

E’ una lingua di cui si sa ben poco, è considerata una lingua non indeuropea, probabilmente di origine
caucasica (proveniente dall’est) è difficile ricostruirne la fisionomia.

Sono di origine etrusca e passate in latino le parole da cui derivano l’it. persona, istrione, aruspice, l’etrusco
ha inoltre fatto da tramite nell’immissione di parole greche del latino: es. SPORTA ‘cesto’ CISTERNA
(quest’ultima formata dal greco kisth e il suffisso etrusco -ERNA).

Negli ultimi anni è in corso per il CNR l’allestimento di un dizionario che si chiama “tesaurus lingue
etrusche” che prevede la lemmatizzazione di circa 13000 entrate, sembrano molte ma sono limitate si
riferiscono alla vita pratica e sono stati rivenuti grazie alle iscrizioni funerarie.

I fenomeni del sostrato etrusco nella fonetica delle lingue romanze sono invece più difficili da definire il
più noto è quello della cosiddetta ‘gorgia toscana’ con la quale si indica l’aspirazione delle occlusive sorde
intervocaliche /k/ /t/ /p/, per quanto il primo fenomeno (della velare) sia il più diffuso.

L’ipotesi fu sostenuta da Heinrich Nissen e successivamente più volte ripresa ma anche negata, non era
basata su documentazione certa ma con la coincidenza del fenomeno con il territorio occupato dagli
etruschi corrispondente, è tipico della zona toscana ma non ci sono prove anzi ce ne sono a sfavore:

- Il fenomeno non è attestato prima del ‘500, in epoca medievale non si hanno indizi mentre si
dovrebbero avere poiché la scrittura medievale tende a riflettere il parlato, dunque non dovremmo
trovare queste consonanti scritte.
- Il fenomeno diminuisce da Firenze da altri centri della Toscana, in altre zone invece è aspirata solo
la velare così sembra che il fenomeno si sia propagato in epoca moderna da Firenze estendendosi
alle zone limitrofe.
- Infine il fenomeno non può essere preromano perché posteriore alla palatalizzazione delle velari
latine: da PACE si ha il fior. pace, pronunciato con la fricativa, e non pac’e, se fosse un fenomeno di
sostrato la forma pake dovrebbe essere presente, ma non lo è, quindi è passato dal fenomeno della
palatalizzazione della velare, fenomeno panromanzo, viene palatalizzato davanti a vocale anteriore
in italiano ma anche in francese.

Già intorno al 1 secolo a.C e il 1 secolo d.C. l’etrusco viene considerata una lingua estinta, anche se
c’era un interesse da parte di uomini di cultura nei confronti di questa lingua, l’imperatore romano
Claudio, intorno alla prima metà del primo secolo d.C ha scritto un’opera in etrusco ricostruendone
la lingua.
Il sostrato celtico: relitti lessicali

il Celtico una lingua indoeuropea, distinta in due gruppi:

- il celtico continentale, rappresentato solo dal Gallico, estinto entro il V secolo


- il celtico insulare, ancora parlato e a sua volta suddiviso in gaelico (irlandese, scozzese, e dialetto
dell’isola di Man, quest’ultimo estinto) e britannico (gallese, bretone, e il carnico, estinto).

Dal III secolo a.C. fino al I secolo a.C. Con la conquista della Gallia da parte di Cesare la sua riduzione a
provincia romana:

- in territorio italico si colloca la conquista e riduzione a provincia della Gallia cisalpina (Italia
settentrionale)
- la Gallia vera e propria, la Gallia transalpina può conquistata più riprese.

Tutti gli elementi di sostrato lessicale sono dati sicuri al contrario l’incertezza riguardano sempre gli inflessi
riferiti alla fonetica, poiché non abbiamo testimonianza di come le lingue venivano pronunciate.

Il sostrato celtico vale sia per il francese sia per i dialetti dell’Italia settentrionale, visto che presentano i
medesimi tratti.

Il contatto molto antico tra celti e romani che si sviluppa in tre secoli di conquista ha fatto sì che non solo
elementi celtici penetrassero nel latino, ma che anche nel dominio romanzo, soprattutto nel francese, risulti
essere il più forte numero consistente di relitti lessicali, prestiti (circa 200 parole) e sono passati tramite il
latino al fondo romanzo comune, ad esempio CABALLUS, it.cavallo contro il lat. EQUUS.

Altri esempi:

CARRUM> it.sp.port.cat. carro / fr. char / occ. car, mentre il lat. Aveva CURRUS

Molto ricorrente sono i termini che si riferiscono al vestiario:

CAMISIA> it. camicia, fr. chemise, sp. camisa

BRACA o BRACAE, capo di vestiario della tradizione non romana, perché i romani non usavano i pantaloni
ma le tuniche, le toghe pian piano questo capo è passato alle popolazioni neolatine.

Il numero di termini di origine celtica aumenta il francese, si tratta soprattutto di termini legati alla
campagna, all’alimentazione (lande, saumon, brasserie). Molti sono toponimi, legati ai nomi delle antiche
tribù galliche che occupavano i relativi territori (Reims da REMI, Beauvais da BELLOVACI, Poitiers da
PICTAVI, Tours da TURNONES e Paris da PARISII).

Sono celtici anche i suffissi di altri toponimi.

- Dunum ‘fortezza’
- Magus ‘campo’
- Acum ‘proprietà di…’

Sostrato celtico: fenomeni fonetici

Sono stati attribuiti 4 fenomeni che accomunano il francese con i dialetti dell’Italia settentrionale, in base
alla prova corografica che è stata proposta alla fine dell’800 da Ascoli che ha proposto la prova corografica
che consiste nel delimitare un esatto fenomeno fonetico ad un dato e preciso territorio per far poi risalire il
fenomeno alla popolazione che viveva in quel territorio nel passato.

Fenomeni:
- La presenza del fonema /y/ da /u/ latina nel francese e nei dialetti dell’Italia settentrionale, zone
di storia celtica (mi raccomando non la Francia meridionale) è un tratto che accomuna ma non ha
prove solide sappiamo solo della corrispondenza del territorio occupato dal celtici.
- Esito nesso -ct- in -it- che però è un fenomeno sospetto visto che si trova anche nel francese
occitanico e nel portoghese: NOCTE fr. nuit, port. Noite
- La palatalizzazione di A tonica latina in sillaba libera, a diventa e nel solo francese e nei dialetti
galloitalici: MARE fr.mer
- La lenizione delle sorde intervocaliche, indebolimento delle consonanti sorde intervocaliche,
soprattutto le occlusive: CAPELLI veneto cavei (è un fenomeno molto esteso quindi è impossibile
attribuirlo ad un solo sostrato)

Il sostrato basco e iberico:

la scarsità di documentazione per l’iberico in particolare scoraggia da fare ipotesi per il basco con il fatto
che è ancora parlata è più semplice (lingua non indoeuropea, caucasica, la più antica lingua europea parlata
ad oggi).

Il fenomeno attribuito al sostrato basco è la pronuncia aspirata della pronuncia latina, che rende f iniziale
delle parole latine con p-, b- o h- FORMOSUS> hermoso, FERRUM> hierro, FABULARE> hablar, FACERE>
hacer in quanto f manca nel sistema fonologico del basco.

Per il sostrato iberico, essendo questa lingua praticamente sconosciuta, vengono fatti risalire ad esso alcuni
termini che appartengono al castigliano- e talvolta al catalano e portoghese- caratterizzati dal nesso -rd- o
-rr- ad esempio cast. izquierda (cat. esquerra, port. esquerda, si trova anche in basco esker ma sembra
venire anch’essa dall’iberico)

Il sostrato illirico, trace e daco nel romeno:

Sono lingue preromane, romanzo orientale, non abbiamo documentazione, possiamo solo ipotizzare le
zone di influenza di queste tre lingue, per il trace e il daco si parla dell’attuale territorio romeno, anche altre
lingue balcaniche come l’albanese sono toccate da questi fenomeni:

- Si contano 80 parole di sostrato daco-tracio passate in romeno prestiti lessicali


- L’uso di suffissi -esc e -este per la formazione di aggettivi e di nomi di luogo (es. Bucuresti), per
quanto anche il latino e il greco abbiano un suffisso -iscus e -iskos che tuttavia non hanno la stessa
funzione ma sono facilmente sovrapponibili.

Il greco lingua di sostrato e adstrato:

Per il greco si può parlare sia di adstrato che di sostrato, perché è una lingua con la quale i romani sono
entrati in contatto fin da tempi remoti, tutta l’Italia meridionale era occupata dalle colonie greche  Magna
Grecia, questo contatto è durato per secoli poiché è rimasto grazie al greco bizantino, anche quando i
romani hanno concluso la romanizzazione poiché l’impero romano d’Oriente è l’unico che sopravvive (con
capitale Costantinopoli) e crolla nel 1453 per opera dei turchi, i bizantini nel tentativo di recuperare i
territori conquistati dai barbari stabiliscono delle colonie in Italia, in particolare la Puglia (il greco viene
reimportato in epoca medievale).

Quindi l’elemento greco è ancora vivo nell’Italia meridionale, anche se in zone limitate: il greco si parla
infatti ancora oggi in due zone ristrettissime, una in Calabria, l’altra a sud di Lecce, comprendente un
numero maggiore di centri. In queste località il dialetto corrisponde in effetti ai dialetti neoellenici della
Grecia, ma presentano anche tratti del greco arcaico zone grecofone.

Lessico di sostrato:

- Termini di uso comune : camera, oliva e oleum, machina, balneum, gubernare e gubernaor, spatha,
apotheca, talentum,theios (> it. zio e sp. tìo contro AVUNCULUM> fr.oncle)
- Termini colti di influenza classica: (idea, poesis, comoedia, persona, musica, philosophia, schola,
grammatica, athleta, palaestra, gymnasium).
- Più interessanti i grecismi entrati nelle lingue romanze probabilmente attraverso il lat. parlato
prendendo piede rispetto al termine del latino classico concorrente, ad esempio PETRA, continuato
in tutto il dominio romanzo, mentre il latino colto ha SAXUM o LAPIS; oppure PLATEA

Fenomeni di adstrato greco:

- Numerosi prestiti passati alle lingue romanze tramite il latino cristiano: ECCLESIA EPISCOPUS,
PREBYSTER, DIABOLUS, ANGELUS, PARABOLARE
- Suffisso verbale -IZIARE o -IDIARE (it. -izzare, -eggiare es. riecheggiare)
- Costruzione OTI + verbo finito > lat. QUOD + verbo finito (congiunzione + verbo finito, costruzioni
con che con il verbo finito, preposizioni secondarie ‘ti ho detto che verrò’ il latino invece usava il
verbo all’infinito)
- Al greco si fa risalire anche l’articolo determinativo e indeterminativo che il latino non esiste, si è
applicato in epoca tardoantica

Le lingue di superstrato: il germanico

Superstrato: In linguistica, relativamente a una determinata area, lo strato linguistico che si sovrappone a
un altro, influenzandolo, ma senza sopraffarlo. Quindi si definiscono fenomeni di superstrato i fenomeni
riferibili all’influsso di lingue che sono entrate in rapporto con i parlanti latini dopo la frammentazione
dell’impero romano, e quindi le lingue di superstrato sono quelle dei popoli che si sono insediati nel
territorio romano latinizzato quando la struttura politica che lo teneva coeso è crollata.

Già a partire dal III secolo d.C. l’impero subisce tentativi di invasione dei propri territori, incursioni e
saccheggi: il più celebre è il sacco di Roma del 410 d.C. ad opera dei visigoti di Alarico  ma i conquistatori
non sono riusciti ad imporre il germanico come lingua egemone, non c’è mai stata l’affermazione della
lingua e della cultura sul latino, la distanza culturale era incolmabile, anzi sono loro che hanno acquisito le
strutture amministrative e assorbito la lingua.

Con la caduta dell’impero, il territorio romano si frammenta in una serie di regni romano-barbarici, ma solo
alcuni di lunga durata, i romani occupano la Gallia, i Visigoti la Spagna, i Vandali l’africa settentrionale e la
Sardegna, nel 568 l’Italia è occupata dai Longobardi, che costituirono un regno nell’Italia settentrionale:

- Ostrogoti e longobardi (Italia)


- Franchi (Francia)
- Visigoti (Spagna e Francia meridionale)
- Svevi (spagna nord-occidentale)
- Vandali (Africa settentrionale e Sardegna)
- Britannia lasciata ad Angli e Sassoni

04/03/2021
Il concetto di superstrato è un concetto introdotto a distanza di qualche decennio rispetto a quello di
sostrato, è stato introdotto da Watburg nel saggio La frammentazione linguistica della Romania la
diversificazione delle lingue romanze è dovuta all’influsso delle popolazioni germaniche subentrate in
territorio romano (e quindi francone, burgundo e visigoto avrebbero determinato le differenze tra francese,
francopronvenzale e provenzale)

Le lingue germaniche di superstrato sono state così individuate per il loro influsso su singole aree romanze:

- Gotico dei visigoti (Francia meridionale e Spagna)


- Gotico degli ostrogoti e longobardi (Italia)
- Francone dei franchi (Francia settentrionale)

I principali fenomeni riferiti al superstrato germanico sono i seguenti (anche in questo caso però la trafila
del passaggio è controversa):

- fonetica: fonema /w/ e relativo lessico *WERRA> guerra


- suffisso -HART, che formano nomi propri e in seguito parole riferite a persone (es. bastardo e
codardo)
- lessico: *BLANK vs ALBUS, *BLUND e *BRUN
- termini feudali: FEHU, BARO, MARQUIS (da MARKA)
- termini comuni: fr.honte, orgueil, riche, hardi, laid, robe, écharpe, danser, harpe
- sintassi: impersonale ON (on parle) che deriva da MAN germanico

Le lingue di superstrato: l’arabo

Due sono le popolazioni che si sono sovrapposte alle popolazioni latine i germani e gli arabi, si parla di un
periodo leggermente successivo alla conquista germanica e occorre in un territorio limitato però questa
lingua per una forte permanenza nel territorio e per la capacità di interagire con i latinofoni ha fatto sì che
molti più arabismi entrassero nelle lingue romanze, soprattutto nello spagnolo.

Le tappe delle conquiste arabe in Africa settentrionale, Spagna e Sicilia:

La prima zona a cadere in mano araba è l’Africa settentrionale (forte latinizzazione)

- 711: conquista della penisola iberica, l’avanzata degli arabi fu contrastata dai re franchi, a partire
dalla celebre battaglia di Poitiers (732), con la quale Carlo Martello ferma la loro espansione verso
la Francia, parte del territorio spagnolo fu conquistato dal nipote Carlo Magno (formazione della
Marca hispanica nell’801).
- Successivamente gli arabi sono via via ricacciati dal territorio spagnolo (battaglia di Las Navas de
Tolosa, 1212, vittoria del re Alfonso VIII di Castiglia) fino a perdere l’ultimo caposaldo, il Regno di
Granada, nel 1492.
- 827: conquista della Sicilia, che resta araba fino alla riconquista dei Normanni nell’XI secolo (1061-
1091).

Gli influssi dell’arabo toccano naturalmente la penisola iberica: il castigliano conta circa 4000 arabismi, ma
anche le altre zone conquistate hanno risentito dell’influsso arabo, anche se più tardo, come la Sicilia (IX-XI
sec.)

Per il castigliano:

- Morfologia: prefisso a-,al-, suffisso aggettivale -ì: tunecì, alfonsì


- Arabismi nel lessico comune: azafran, algodon, alcachofa, azucar, naranja, aduana
- Arabismi scentifici: it. algebra, chimica, cifra, zero (parola araba ‘sifr’ usata dai matematici per
indicare lo zero, è Fibonacci che inizia a tradurre l’arabo sifr con zephirum, da cui l’it.zero, passato
dall’italiano alle altre lingue romanze).

I Principali fenomeni del vocalismo romanzo:

fono: è un elemento acustico composto da una serie di suoni che condividono un’onda sonora ben definita

fonema: è un’unità differenziante, indivisibile e astratta di un sistema linguistico. Rappresenta l’unità


minima  di un sistema linguistico, priva di significato proprio ma distintiva  del significato delle forme
superiori.

NB: il fono è un fatto puramente acustico, cioè un insieme di caratteristiche del suono; il fonema invece


ha valore semantico, cioè è portatore di un significato ed ha valore distintivo.

la fonetica studia la produzione e la percezione di suoni linguistici (i foni), e le loro caratteristiche


articolatorie (fonetica articolatoria)

la fonologia studia i suoni linguistici dal punto di vista della loro funzione e della loro organizzazione in


parole, a partire dalle unità distinte di suono, i fonemi

PARTENZAIl vocalismo latino

Il latino possiede 10 fonemi vocalici, disposti dalle vocali anteriori o posteriori, sono a coppie e con i tratti
posti sopra si indica la quantità vocalica, il trattino lungo indica una quantità lunga, quello curvo invece una
quantità corta in questo modo si distinguono le coppie delle vocali.

Il latino ha anche 3 dittonghi OE, AE, AU i dittonghi a volte vengono monottongati E ed O

Sono caratterizzate dalla quantità vocale ma anche sillabica, la quantità indica la durata della pronuncia ma
anche l’aumento di un volume acustico, la quantità lunga provocava una pronuncia chiusa invece la corta
un’apertura, questo fenomeno di alternanza timbrica rispetto all’italiano si riferisse anche a a, i ed u.

 Tutto ciò rendeva il latino molto più musicale e variabile rispetto alle lingue romanze, il
primo elemento a cadere infatti è proprio questo tratto

Ad esempio pur avendo due parole omografe il significato cambia totalmente:

OS (o breve) osso - OS (o lunga) bocca

VENIT -presente (breve) viene - VENIT – passato remoto (lunga) venne

Nel passaggio dal latino volgare alle lingue romanze, il valore fonologico distintivo è assunto
dall’intensità di pronuncia e dal timbro (da quantitativo a qualitativo), secondo il seguente processo:

Il sistema a 10 vocali latino entra quindi in crisi per la progressiva perdita della  funzione della quantità
vocalica: comincia a essere tratto distintivo il timbro. 

Il passaggio è dovuto probabilmente al contatto del latino con altre lingue, il cui sistema vocalico non
prevedeva la funzione fonologica o di opposizione fonematica della quantità vocalica.

Funzione fonologica la qualità del suono (timbro) incide nella semantica della parola (botte-bòtte/pesca-
pèsca) riuscire a captare la distinzione delle parole sulla base della quantità vocalica per un parlante non
nativo era a tratti impossibile, quindi tendeva a sparire in zone di romanizzazione che non sono in Italia.
Le vocali si distinguono nel dominio romanzo i 4 sistemi, tre di questi coesistono nel territorio italiani,
quello più arcaico sviluppatasi dopo il latino sembra sia il sardo.

1) Il vocalismo tonico del sardo:

in questa progressiva perdita della funzione della quantità vocalica in cui il timbro acquista funzione di
tratto distintivo, lo stadio più arcaico sarà costituita da un sistema a 5 vocali virgola che prevede la semplice
perdita della quantità vocalica, con la riduzione delle vocali mediane, anteriore e posteriore (cioè
rispettivamente E e O) a una sola vocale di timbro chiuso (/e/ e /o/)

Questo sistema a 5 vocali è quello del sardo o della cosiddetta area Lausberg una zona molto ristretta che
non si trova nemmeno nella regione descritta ma è un’area tra la Calabria e la Basilicata che arriva fino al
golfo di Taranto che prende il nome dal linguista che l’ha individuata.

Un altro sistema che viene ipotizzato per la fase più arcaica, alla base dei successivi fenomeni romanzi è un
sistema a 9 vocali  dove si è avuto il processo di derivazione timbrica che fa derivare suoni aperti e chiusi,
le vocali latine lunghe avranno quindi dato le rispettive vocali di timbro chiuso, quelle brevi avranno dato le
rispettive vocali di timbro aperto

Questo sistema non è attestato ma viene ipotizzato come uno stadio necessario per lo sviluppo degli altri
sistemi vocalici nelle lingue romanze, a parte quello sardo.

2) Il vocalismo tonico del romanzo occidentale:

Il resto dell’Italia oltre la Sardegna (dopo vedremo anche la Sicilia) ha un sistema vocalico a 7 vocali e sul
territorio è quello più diffuso, alla base della maggior parte delle lingue romanze attuali, vale a dire delle
varietà italo-romanze (escluse il sardo e il siciliano) gallo-romanze e ibero-romanze.

Potrebbe infatti derivare da quello appena visto, con una riduzione: è infatti un sistema a sette vocali, in cui
c’è una distinzione di qualità per quanto riguarda le vocali mediane anteriori e posteriori (E ed O).

In questo sistema il suono aperti della I e della U sono stati assimilati dal suono chiuso della vocale
contigua, si pensa che il centro di diffusione sia stata l’Italia centro-meridionale (Roma e la Campania) e da
qui si sarebbe estesa in altre aree senza intaccare zone più isolate.

Es.

FIDEM fede

GULA gola

Francese e Provenzale differenze con il sistema italiano:

Rispetto al sistema delle 7 vocali queste due lingue presentano delle caratteristiche proprie ad esempio:

- Gli esiti della A tonica in francese, quando quest’ultima si trova in sillaba libera, si differenzia
rispetto alle altre varietà romanze diventando /e/.
- L’altra differenza è la pronuncia palatalizzata della /u/ /y/ che caratterizza anche la pronuncia
moderna
- Infine la presenza di consonante nasale può inoltre chiudere il timbro della vocale precedente

3) Il vocalismo tonico del romanzo orientale:

Corrisponde a una fase successiva a quella dei primi due, è invece quello del romanzo orientale o balcano-
romanzo che è un sistema a 6 vocali, nelle vocali anteriori si ha un sistema uguale al vocalismo del romanzo
occidentale nelle posteriori si ha una costruzione simile al sardo.
Si pensa che questo sistema sia arrivato ad una fase non compiuta, e che quindi la fase più arcaica sia
rappresentata dall’esito delle vocali posteriori, che infatti rispecchiano il sistema del sardo, mentre l’esito
delle vocali anteriori rappresenterebbe un’innovazione più tarda, partita forse dall’Italia, l’innovazione che
coinvolge le vocali posteriori non sarebbe riuscita a raggiungere l’area orientale.

4) Vocalismo tonico siciliano:

Comprende, oltre ai dialetti della Sicilia, quelli della Calabria meridionale e del Salento, le parti più estreme
meridionali della penisola, come quello del sardo è un sistema a 5 vocali, ma al contrario abbiamo solo esiti
aperti quindi per le vocali mediane anteriori e posteriori (E o O) si ha solo il suono aperto e non quello
chiuso.

Es:

SINUM> sic. sinu ma it. seno

VOCEM> sic. vuci ma it. voci

NUCEM> sic. nuci ma in it. noci

05/03/2021

E’ tipica sia del francese che del provenzale palatalizzare o chiudere le vocali davanti ad alcune consonanti,
naturalmente questo genere di pronuncia era presente anche in antico francese, inoltre anche per il
provenzale, come per il francese, la presenza di consonante nasale può chiudere il timbro della vocale
precedente.

Fenomeni di limitazione della legge fonetica: verificarsi di una determinata situazione e di un determinato
contesto fonetico.

- Esiti in francese di A tonica latina in sillaba libera


- Anafonesi nel toscano
- Analogia

non si tratta di limitazioni da vedere come eccezioni della legge fonetica dimostrata dai sistemi appena visti
del vocalismo tonico romanzo, ma come fenomeni di cambiamento fonetico condizionato vale a dire
condizionato dalla presenza di fonemi che determinano un esito diverso da quello regolare, cioè atteso.

Esiti in francese di A tonica latina in sillaba libera spesso in una parola che in italiano presenta una A in
francese si presenta una E (parlare parler)

A differenza delle altre varietà romanze, il francese presenta diversi esiti dalla A latina in sillaba libera, si
tratta di esiti condizionati:

- Se seguita da una consonante nasale ha per esito il dittongo /ai/ che viene successivamente
monottongato in una vocale nasale (MANUM main)
- Se preceduta da un suono palatale ha come esito il dittongo /iè/ anche questo successivamente
monottongato discendente (CAPRA chievre)
- In mancanza delle prime due condizioni si ha l’esito A>e (MARE mer)

Andrà notato che la A tonica si conserva nelle parole di tradizione religiosa o colta (AVARU> avere, PAPA>
pape)
Anafonesi nel toscano (fiorentino e toscano occidentale) in epoca antica era ristretto a una determinata
zona, dopo l’egemonia del fiorentino si è esteso in tutta la penisola

Consiste in un innalzamento di suono, secondo la definizione di Arrigo Castellani, e anche in questo caso si
tratta di un fenomeno condizionato, determinato cioè dal contesto fonetico. Ad esempio:

- Nella parola latina FAMILIA dove la I tonica è breve, secondo il sistema ci aspetteremmo come esito
una /e/ chiusa faméglia, in effetti questa forma è presente ma non nel fiorentino.
- = LINGUA lengua lingua
- PUGNUM dove la U è breve, l’esito atteso è Pògno e non fior. Pugno
- = UNGULA ònghia unghia

A determinare questo innalzamento del fiorentino è il contesto fonetico: si tratta quindi di un fenomeno
condizionato, rispettivamente da due tipi di contesto fonetico, che si possono riscontrare negli esempi:

- In presenza di consonante +(j) yod


- In presenza di consonante nasale + occlusiva velare, che si osserva negli altri tre esempi (LINGUA;
PUGNUM; UNGULA)

La dittongazione romanza:

le lingue moderne hanno una quantità di dittonghi molto più alta rispetto al latino, è un fenomeno
panromanzo:

iè uò/uè

Formazione del dittongo ascendente (iè) da Ɛ<Ĕ

In sillaba libera:

PĔDEM piede, sp. piè fr. pied (ma port. Pè cat. peu, occ. Pe)

MĔLE it. Miele, fr. Sp. Miel, rom. Miere (ma port. Cat occ. Mel)

 Dalla E breve in sillaba libera e dalla O breve latina, gli esiti sono dittongati che saranno ie o
ue o ou in italiano, castigliano e francese mentre sembrano esclusi il portoghese,
l’occitanico e il catalano

In sillaba chiusa o davanti ad un nesso consonantico: ora osserviamo i seguenti esempi nel castigliano:

FĔRRUM sp. hierro rom. Fier (ma it. Cat. Ferro, fr. Fer)
FĔSTA sp. fiesta (ma it. festa, fr. fete)

 Quando la sillaba è chiusa non si ha dittongazione tranne nel castigliano, si tratta sempre di
toniche brevi.

 Quindi le vocali medie brevi latina dittongano quando sono in sillaba libera in gran parte del
dominio romanzo occidentale, mentre il castigliano dittonga anche in sillaba libera chiusa.

Formazione del dittongo ascendente (uò)(uè) da ɔ < Ŏ

In sillaba libera:

NŎVUM > it. nuovo, sp. nuevo, a.fr. nuef > fr. neuf (ma port. novo,occ. cat. rom. nou)

*CŎRE > it. cuore, a.fr. cuer > fr. cœur (ma port. cat. occ. cor)

In sillaba chiusa o davanti a nesso consonantico (cast.):

PŎRTA > sp. puerta (ma it. porta, fr. porte) 

MŎRTEM > sp. muerte (ma it. morte, fr. mort)

Abbiamo una prima fase più antica rappresentata dall’esito delle 7 vocali latine, secondariamente abbiamo
la dittongazione ascendente in sillaba libera aperta, infine abbiamo un’ultima fase nella quale abbiamo una
dittongazione delle vocali chiuse ma in un’area più ristretta il francese.

Formazione del dittongo discendente (èi)>(òi) da e < Ĭ/Ē

PĬLUM a.fr. peil > fr. Poil, retor.peil

TĒLAMa.fr. teile > fr.toile, retor. Teila

Formazione del dittongo discendente (òu)>(èu) da o <Ŭ/Ō

FLŌREM a.fr. flour > fr.fleur

GŬLAM a.fr. goule > fr. Gueule

 Il fenomeno è attivo in un’area ristretta: francese, retoromanzo e dialetti italiani


settentrionali

9/03/21

Le vocali aperte danno dittonghi ascendenti in sillaba aperta il castigliano dittonga anche in sillaba chiusa

Le vocali chiuse danno dittonghi discendenti area più ristretta (francese, retoromanzo e dialetti italiani
settentrionali
 

Esiti condizionati: la metafonesi

Uno dei più importanti fenomeni di esito condizionato che crea anche dei dittonghi è la metafonesi
assimilazione a distanza della vocale tonica che subisce un cambiamento (innalzamento) per effetto di una
vocale atona, generalmente finale, si definisce anche come armonia vocalica perché in qualche modo
armonizza la vocale tonica con il timbro della vocale atona.

- E tonica > i per effetto di -i finale es. MENSE> sing. mese, plur. misi
- O tonica > u per effetto di -u finale es. SPONSUS > sing. sposo, plur. spusi

Dialetti mediani metafonesi sabina (chiusura timbro):

BONUM < bòno < bóno

Possiamo parlare di metafonesi progressiva o regressiva, la prima accade quando la vocale che induce il
cambiamento è nella sillaba iniziale al contrario la seconda quando si trova nella sillaba finale (la seconda è
quella più in uso).

E’ un fenomeno che riguarda tutte le lingue indoeuropee non si trova solo nelle lingue romanze, in modo
diverso è presente anche nel latino e greco nella loro fase antica fenomeno legato ai parlanti e alla
pronuncia.

Per i dialetti italiani dove la metafonesi è molto estesa abbiamo diverse manifestazioni, nei dialetti
settentrionali la e tonica diventa i per effetto di -i finale oppure la o tonica che diventa u per effetto di -u
finale, invece nei dialetti dell’Italia meridionale abbiamo la e tonica che diventa i e o tonica che diventa u
per effetto di -i e -u finali.

 Il toscano è immune da metafonesi, i dittonghi che abbiamo in italiano li abbiamo solo


spontaneamente.

La metafonesi assume in alcune varietà di funzione di tipo morfologico, assume cioè la funzione di marca
morfologica: ad esempio nel napoletano, dove la formazione di dittongo metafonetico distingue il maschile
dal femminile o il plurale dal singolare.

Dittongazione nel francese e nel provenzale:

La tendenza alla dittongazione in francese deriva dal francese medio dove tutte le vocali medie in sillaba
libera, rispetto ad altre varietà romanze il provenzale non ha dittongazione spontanea ma solo per esito
condizionato legge di Voretzsch: in questo fa gruppo con il catalano e portoghese.
Dittongazione francese e provenzale in presenza di /j/ e /w/ (iod e uau)

Sono suoni panromanzi si definiscono semiconsonanti (non presenti in latino) il primo deriva da E e I atone
latine più vocale

LINEA > lat. volg. linja; VINEA > lat. volg. vinja

 la presenza di /j/ modifica le consonanti precedenti innescando alcuni fenomeni, come la


palatalizzazione.

I nessi consonantici latini non vengono conservati perché presentano una maggiore difficoltà nella
pronuncia, in italiano risolve con l’assimilazione invece nel galloromanzo porta alla formazione di /j/ e del
dittongo. I nessi che innescano la dittongazione delle vocali toniche nel gallo-romanzo sono:

- nessi -CR- e -GR- (NIGRUM a.fr. neir> noir)


- nesso -CT- (FACTUM> fait)
- nesso -CS- x (REX> reis)

L’altro fonema semiconsonantico che dà luogo a dittonghi è /w/ anche questo non esiste in latino, è quindi
tipico del latino-volgare, è dato dalla vocalizzazione di b,l,v + consonante:

- au < a + w < a + l + consonante: PARABOLAM > prov. paraula


- da esito secondario di a + w latino volgare ɔ + w> ou : FOLS> fr. fous
- da latino E + b,v,l > e + w > eu : BREVEM> prov. breu

LEGGE DI VORETZSCH:

I contesti che determinano la formazione di dittonghi in provenzale sono (si parla sempre del provenzale):

- Presenza di semiconsonanti yod e wau (vedi sopra)


- Presenza di consonante palatale:
FOLIA > fuelha
- Presenza di vocali in iato:
MEUM > mieu
- Metafonesi:
ALTERUM HERI > autriei

11/03/21

Fenomeni del vocalismo atono romanzo:

Rispetto a quello tonico è molto più snello a livello di fenomeni caratteristici perché presenta una maggiore
riduzione dei fonemi latini o spesso una caduta.

Per l’esito delle vocali atone abbiamo alla base 4 schemi che corrispondono alle 4 aree del sardo, del
siciliano, del romanzo occidentale e del romanzo orientale.

Nel sardo abbiamo un esito delle atone identico a quello delle toniche: riduzione a 5 fonemi vocalici
caratterizzati da medie chiuse; anche per il romanzo occidentale abbiamo una riduzione a 5 vocali a
differenza di quelle toniche che erano 7; per il romanzo orientale ugualmente si assiste a una riduzione
stavolta a un sistema a 4 vocali, mentre le toniche erano 6; il siciliano presenta per le atone addirittura un
sistema a 3 vocali.

Questi 4 modelli sono molto meno stabili rispetto a quelli del vocalismo tonico, le atone latine sono quelle
più soggette al cambiamento o alla caduta.
Nell’italiano (fiorentino) tendono a conservarsi ed è anche il motivo per cui proprio il toscano e il fiorentino
sono stati visti nella storia come una varietà privilegiata perché conservavano l’assetto sillabico latino
(lingua piana).

Gli altri dialetti italiani sono invece formati per lo più da parole tronche perché sono sottoposte alla caduta
della finale latina, la caduta vocale finale può portare alla caduta di sillaba, motivo per cui la maggior parte
dei dialetti italiani sono fatti di parole tronche.

nel francese bisogna inoltre considerare gli esiti nasali della vocale sia anteriore che posteriore mediana
davanti a consonante nasale, con cambiamenti che si sono fissati anche nella grafia, talvolta incerta
nell'antico francese:

INTENDI > entendi e antandi

Esito delle vocali finali:

In generale le atone finali sono le più soggette al cambiamento riducendosi per lo più ad una vocale muta,
gli esiti sono diversi a seconda delle aree:

- Italiano si conservano nel toscano (varietà conservativa) mentre nei dialetti meridionali tendono
a ridursi a (i) (a) (u) o una vocale muta.
- Spagnolo si perdono tutte le vocali finali tranne (-a) (o)
- Galloromanzo in francese in provenzale tutte le vocali atone finali dileguano, tranne la A, che
passa a /e/ in francese mentre resta inalterata in provenzale:
AMICA > fr. amie, prov. amiga
 La conservazione della A latina finale è un tratto che insieme a pochi altri differenzia le due
varietà tra loro

Epìtesi:

la caduta della vocale finale può portare alla caduta di sillaba:

QUANDO > prov. can

 quando questa condizione genera nesso consonantico sia vocale d'appoggio o epitesi.

Epitesi Aggiunta di una vocale, che di solito è una /e/ in finale di parola allo scopo di fornire un appoggio
nella pronuncia. L’epitesi è frequente in francese provenzale ma si trova talvolta anche in spagnolo:

ALTERUM > autre

Pròstesi:

Aggiunta di una vocale, rispettivamente all'inizio per agevolarne la pronuncia fenomeno molto antico e
del tutto assente in italiano:

SCHOLA > a. fr. escole, sp. escuela MA it. scuola

Epèntesi:

Aggiunta di una vocale all'interno della parola per agevolarne la pronuncia la più frequente è quella
consonantica:

VIDUA > it. vedova

NB. L’epentesi vocalica è detta anaptissi:

BAPTISMUS> it. battesimo


Sincope:

E’ un fenomeno molto antico, panromanzo, che innesca una serie di altri cambiamento fonetici importanti,
dovuti alla perdita di una sillaba e alla formazione di nessi consonantici secondari E’ ampiamente
attestato nell’Appendix Probi.

Consiste nella caduta di una vocale pre- o post-tonica, per effetto di indebolimento della stessa vocale che
si deve all’aumento di intensità di accento tonico, a sua volta dovuto all’evoluzione delle quantità delle
vocali latine.

 per quanto si tratti di un fenomeno esteso, è più frequente nelle varietà occidentali
(galloromanzo e iberoromanzo) che non in quelle orientali (italiano e romeno, varietà più
conservative)

esempi:

OCULUM it. occhio, fr. oeil, prov. olh

CAMERA  fr. chambre

TABULAfr. table

12/03/21

Assimilazione e dissimilazione vocalica:

Si tratta di fenomeni opposti, entrambi dovuti all’influenza delle vocali toniche sulle atone, quest’influenza
si esercita a livello di timbro: l’articolazione della vocale tonica determina un’assimilazione della vocale
atona.

Assimilazione consiste nell’avvicinamento o passaggio di una vocale atona al punto di articolazione di


una tonica (il suono della vocale atona viene reso simile a quello della vocale tonica che esercita l'influsso)

BILANCIA *BALANCIA  fr. balance ma it. bilancia

Dissimilazione consiste nell'allontanamento differenziazione di una vocale atona dal punto di


articolazione di quella tonica.

SMARAGDUM> it. smeraldo, fr. émeraude, rom. smarald

*VOLEO > VOLO> *vuolo> vuolh occ. vuelh

Consonantismo romanzo:

le consonanti si classificano in base a 3 parametri:

- punto di articolazione
- modo di articolazione
- sonorità (sorde o sonore)

Il sistema consonantico latino comprendeva 15 fonemi consonantici, le lingue romanze invece ne


presentano un numero maggiore, incrementato da fonemi di nuova formazione:

- fricative sonore
- fricative palatali
- affricate dentali
- affricate palatali

 le innovazioni romanze sono diverse nei vari domini

I sistemi consonantici a confronto: la caduta di suoni

1) cade il suono fricativo laringale sordo (h)


ex. Iscrizioni pompeiane

ic <HIC
abere < HABERE

cfr. gli ipercorretismi dati da persone non colte che cerca di emulare le persone istruite:
holim < OLIM
hire < IRE

N.B. in antico francese la h compare in posizione iniziale nei prestiti del germanico (quindi non
deriva da quella latina) hache, haste, helme, non facendo elisione con l’articolo (la haste) era
probabilmente pronunciata.

2) Cadono in alcune varietà le occlusive labiovelari (kw) (gw)


QUATTUOR > (kw) pg. quatro, sp. cuatro

Novità rispetto al latino: nuovi fonemi consonantici nelle lingue romanze

- Semiconsonanti (j) jod e (w) wow

Esiti delle semiconsonanti (j) iniziale di parola:


lat. (j) > (dʒ) > (ʒ)
IOCUM (dʒ) it. gioco / (ʒ) fr. jeu

Esiti delle semiconsonanti (u)/(w)


lat. (w) > [ß]  bilabiale fricativa del lat. volg., già in età imperiale (es. berus,  baliat)
> [v]:  VINUM > pg. vinho,  cat. vi, occ. vin, fr. vin, it. vino, rom. vin
> [b]:  VINUM>  sardo logud. e sp. vino (pronuncia: [bino]) (in pos. interna in
sp. rimane [ß]: mover)

- Fricative:
o labiodentale sonora (v) in latino ci sono solo le sorde (f) e (s)
o alveolare sonora (z)
o post alveolare sorda e sonora (ʃ) e (ʒ) mancano in provenzale

- Affricate:
o dentale sorda e sonora (tszucchero) e (dzzona) la sonora manca in provenzale
o post-alveolare sorda e sonora (tʃ e dʒ cena e gioco)
- Palatali:
o laterale (λ) es. it. figlio (it. gl/igl; fr.occ. -ll-, -lh-,-ilh)
o nasale (ɲ) es. it. gnocco (it. gn/ngn; occ. -nh-)

Fenomeni generali: esito delle consonanti latine finali

(m): in posizione finale dilegua precocemente e già nella metrica classica per sinalefe, per cadere in età
imperiale PANEM> pane

Nei monosillabi tende a conservarsi come (n):

ex. CUM> con

REM> rien

MEUM> mien

(s): in posizione finale si conserva come marcatore del plurale nelle lingue romanze occidentali, cade invece
nelle lingue orientali dove viene sostituita da marche vocaliche

N.B. la perdita di -s è presente anche nelle lingue occidentali, in francese a partire dal XIII secolo è solo
grafica, invece in spagnolo tende a modificarsi soprattutto nel sud della Spagna e nelle varietà americane, in
fricativa laringale (h aspirata) sp. los hombres, in Andalucia (hohombre).

(t): in posizione finale cade già nel latino tardo parlato e in tutte le varietà romanze tranne nell’antico
francese, dove è conservata come marca della terza persona singolare del verbo:

ex. AMAT > aimet

HABET > a.fr ad > fr. a

MISIT > mist > mit

Lenizione: consiste nell’indebolimento delle consonanti occlusive sorde in posizione intervocalica (p,t,k,tra
vocali)

 È un tratto fonetico esteso ma non a tutte le varietà, manca nel toscano, nei dialetti italiani
centro-meridionali e nel romanzo orientale (romeno), presentano invece lenizione le lingue
iberoromanze, galloromanze, i dialetti italiani, settentrionali e il retoromanzo.
 Ne deriva che la lenizione distingue fra loror un gruppo orientale e un gruppo occidentale
(in Italia la linea di divisione è la stessa che separa i dialetti settentrionali da quelli centro
meridionali, ergo la linea la spezia-rimini).

I gradi di lenizione:

Si osservano 4 tipologie di lenizione:

1) Scempiamento (da consonante geminata o doppia a scempia)


CATTUM > sp. gato, fr. chat MA in italiano GATTO
2) Sonorizzazione (da consonante sorda a sonora)
ROSAM > cat. rosa, occ. roza, fr. rose (ma in sp.rosa)
 In toscano accanto a forme con lenizione si possono trovare forme con lenizione,
probabilmente per influsso delle varietà settentrionali.

3) Fricativizazione (da consonante occlusiva, sonora a fricativa)


HABERE > pg. haver, fr. avoir, it. avere

4) Dileguo (caduta definitiva della consonante)


AMICA > amie
SPATHA > a. fr. espee, fr. épée

Palatalizzazione:

consiste nello spostamento dell’articolazione verso il palato (schiacciamento) ovvero nel passaggio di una
consonante latina a una consonante palatale per effetto di un agente palatalizzante (è quindi un esito
indotto dalla presenza di un altro suono).

Questo tipo di palatalizzazione è quella che crea i suoni ci e ce, in latino questa lettera andrebbe sempre
pronunciata come una velare, in francese e in altre varietà romanze possono dare esito alle palatali, in tutte
le lingue romanze a parte in sardo che rimane una delle lingue più conservatrici.

Il provenzale è parzialmente coinvolto dato che solo le varietà settentrionali hanno questo fenomeno,
invece nelle regioni meridionali non si presenta, anche la l può essere un suono palatalizzante con i nessi
occlusivi, le lingue interessate sono l’italiano, spagnolo, portoghese e romeno.

16/03/21

Fenomeno panromanzo, sistema invasivo del sistema consonantico palatalizzazione

Consiste nello spostamento dell’articolazione verso il palato, ovvero nel passaggio di una consonante latina
a una consonante palatale per effetto di un agente palatalizzante (è quindi un esito indotto dalla presenza
di un altro suono)

- /J/ è l’elemento palatalizzante per antonomasia e riguarda tutte le lingue

- Le vocali anteriori (i) e (e) coinvolge i suoni (k) e (g) è un fenomeno che avviene in ogni lingua
tranne il sardo creano le affricate con le rispettive fricative.

- (a) coinvolge i suoni (k) e (g) e le lingue interessate sono il galloromanzo e il retoromanzo

- (-l) solo quando in nesso con suoni occlusivi + l, le lingue interessate sono l’italiano, lo spagnolo, il
portoghese e romeno

Contesti che innescano il cambiamento: esiti palatalizzati

 Consonante + yod
l/n +j  (λ) (ɲ)
esempi: FOLIA foglia (ita.)
feuille (fra.)
folha (prov. e port.)
fulla (cat.)
hoja (spa.) si passa a un suono palatale fricativa nello spagnolo
medio e successivamente si passa a una fricativa velare.

 p/b + j (tʃ) (dʒ)


esempi: SAPIAT sappia (ita.)
sache (fra.)
sapcha (prov.)

 m / s / t + j (j) (tʃ) (dʒ)


esempi: BASIARE baciare (ita.)
beijar (port.)
baiser (fra.)
besar (spa.)
baisar (prov.)

 (j) in posizione iniziale (con o senza (d))


Esempi: DIURNUM giorno (ita.)
jour (fra.)
jorn (prov.)
n.b. spagnolo, portoghese e romeno continuano il lat. DIES: dìa,zi

 (k) e (g) + vocale con esiti diversi (i) e (e)

Una prima fase è data dalla formazione delle palatali affricate che hanno un’estensione
panromanza, quindi si fermano a questa fase in tutte le lingue tranne il sardo, mentre i
passaggi a suoni fricativi è successivo e limitato ad alcune aree.

Esempi:
gruppi orientali CERVUM cervo
gruppi occidentali (ts) e (dz) che passano poi rispettivamente a (s) e (z)

 (k) e (g) + a (tʃ) / (dʒ) (ʃ) / (ʒ)


Esempi: CANTARE chanter (fra.)
chantar/ cantar (prov.)
cantare (ita.)

FENOMENI FONETICI GENERALI: assimilazione – dissimilazione – inserzione – cancellazione - metatesi

Assimilazione fenomeno per il quale un segmento vocalico o consonantico è reso di articolazione simile
o identica è assimilato a un segmento adiacente

AD + RIPARE  arrivare

SPAT(U)LA spalla
Dissimilazione fenomeno opposto: un segmento vocalico o consonantico si differenzia da un segmento
adiacente con articolazione simile o identica

QUAERERE chiedere

AN(I)MA alma

RARUS rado

NB si notino le forme it. raro, peregrino, che sono forme dotte o cultismi.

Insersione: aggiunta di una vocale (o di una sillaba) o di una consonante per facilitare la pronuncia di una
sequenza di suoni (di solito un nesso consonantico) si distingue in tre tipi, a seconda della posizione in cui
avviene:

 Prostesi: inserzione iniziale di parola


 Epetensi: inserzione interna di parola
 Epitesi o vocale (o sillaba) finale d’appoggio: inserzione finale di parola

Cancellazione: è l’eliminazione di uno o più segmenti vocalici o consonantici, si distingue in tre tipi a
seconda della posizione (iniziale, interna, finale):

 Aferesi
HISTORIA storia
 Sincope
SOLIDUS soldo
 Apocope
CIVITATEM città

Metatesi: è un’alterazione dell’ordine originario dei suoni della parola POPULUM *poplu it. pioppo

18/03/21

Appunti di morfologia e sintassi:

Il sistema nominale latino aveva un sistema più complesso rispetto agli esiti romanzi, è una lingua flessiva: il
genere, il numero ma anche le funzioni logico-sintattiche dei sostantivi sono determinati da morfemi
grammaticali (desinenze) che ne modificano la parte terminale.

Le lingue romanze conservano il sistema verbale flessivo del latino, ma nel sistema nominale questo
sistema viene a mancare e viene semplificato.

Rispetto all’italiano mancano gli articoli e le preposizioni che sono neoformazioni delle lingue romanze, non
è casuale che ci siano questi stratagemmi perché appunto ricoprono la funzione di modificatori del
significato che in latino avevano i morfemi nominali alla fine delle parole.

Il latino è pertanto una lingua sintetica o flessiva: si definisce tale una lingua nella quale le funzioni logiche e
sintattiche sono determinate da modifiche della struttura della parola (morfemi) o modifiche fonologiche
(la quantità della vocale nei verbi).

Nel sistema nominale latino i morfemi nominali sono individuati in sei tipi della funzione logica, detti casi:

- nominativo soggetto

- genitivo determinazione di appartenenza o pertinenza

- dativo oggetto indiretto, destinatario


- accusativo oggetto diretto

- vocativo oggetto di un’invocazione

- ablativo copre diverse funzioni logiche

Si distinguono 5 classi di morfemi nominali, dette declinazioni e tre generi: maschile, femminile e neutro

Il passaggio dal latino alle lingue romanze relativamente al sistema nominale, può essere visto dal passaggio
da una lingua sintetica ad una lingua analitica le funzioni logiche vengono coperte attraverso altri
modificatori come le proposizioni e l’ordine della frase.

Mentre nelle varietà romanze più conservativa (italiano) le desinenze dei sostantivi hanno perso la funzione
casuale conservando però quella di genere e numero, in quelle più avanzate come il francese la vocale
finale che marca il genere o il numero è solo grafica e non viene pronunciata, queste funzioni sono perse ed
affidate all’articolo.

Rispetto ad altre lingue indeuropeo il sistema nominale latino era un sistema misto, che combinava gli
elementi della flessione con quelli tipici delle forme analitiche, Si può dire che il latino aveva in sé la
tendenza a fare uso di altri determinanti, tendenza che le lingue romanze hanno pienamente sviluppato:
l’uso sempre maggiore delle preposizioni ha reso la desinenza casuale una marca ridondante e ha
contribuito a processi fonetici come l’indebolimento delle consonanti finali, principalmente di -m, che sono
alla base di una crisi del sistema dei casi.

Un processo di riduzione delle declinazioni era in atto già in latino: la quarta e la quinta declinazione erano
improduttive e tendevano a confluire rispettivamente nella seconda e nella prima.

Il passaggio di sostantivi femminili della quinta alla prima declinazione portò alle forme nuove poi passate
nelle lingue romanze:

FACIES > FACIA > it. faccia

Alcune parole femminili della quarta passarono alla prima e ne presero la desinenza in -a:

SOCRUS > SOCRA > it. suocera

La ristrutturazione più invasiva del sistema nominale latino è data sicuramente dai passaggi di genere e la
scomparsa del genere neutro, che viene assorbito dal maschile e femminile.

Il neutro aveva dei morfemi, uscite simili sia al maschile che al femminile, nei passaggi di genere agisce
l’analogia, che porta a considerare maschili i sostantivi femminili uscenti in -us

La distinzione tra maschile e femminile latini è generalmente ben conservata, con poche eccezioni di
qualche rilievo, come ad esempio il passaggio al femminile di alcuni sostantivi uscenti in -or nell’area
galloromanza.

La scomparsa del neutro comportò vari fenomeni di adeguamenti analogici, che riguardano in particolare le
uscite di 3° declinazioni uscenti in -us, questi sostantivi presentavano le forme plurali uscenti in -a, che
sopravvissero accanto alle forme singolari percepite come maschili.

Sing. CORPUS plur. CORPORA

Si creano coppie di sostantivi singolari e plurali, in cui il singolare è maschile e il plurale è un femminile con
una marca strana uscente in -a (in Fiorentino 300esco troviamo il campo/le campora) successivamente al
periodo medievale sono state tolte e sostituiti da maschili analogici, in cui la marca è quella del maschile
plurale in -i, alcune tracce degli antichi neutri però sono rimasti:
foglio e foglia FOLIUM/FOLIA

legno e legna LIGNUM/LIGNA

In altri casi, il plurale è sopravvissuto con significato plurale, creando opposizioni di singolare maschile in -o
e plurali femminili in -a, come in italiano CORNUM/-A: il corno, le corna.

In italiano queste opposizioni possono considerarsi relitti o fossili latini, ma in romeno il neutro è ancora
attivo, in quanto la marca plurale -a interviene ancora a formare dei sostantivi: in questo caso l’opposizione
tra singolare maschile e plurale femminile è diventata produttiva.

Il romeno conserva la marca del neutro plurale in -ORA -uri, opponendo ancora le forme singolari e
plurali dei neutri di terza declinazione e vengono estese anche a sostantivi di origine non latina.

La riduzione e scomparsa dei casi è il fenomeno più rilevante nel riassetto del sistema nominale delle
lingue romanze poiché pian piano scompare nelle lingue romanze ma non in tutte, avviene tra il terzo e il
quarto secolo d.C. anche se il latino continua ad usare i casi fino al sesto secolo.

Alla crisi del sistema dei casi latini concorrono diversi fattori, in buona parte dipendenti da fenomeni di
evoluzione fonetica:

- Le vocali finali tendevano a dileguare, così come alcune consonanti (-m o -s)
- La perdita della funzione fonologica di alcune vocali-desinenze
- La perdita della distinzione timbrica delle vocali atone finali
- La tendenza a rimodellare per analogia rendendo indistinguibili le forme del nominativo e del
genitivo
- La tendenza ad un uso sempre maggiore delle preposizioni.

I graffiti pompeiani testimoniano una precoce perdita della funzione specifica dei casi, si osserva l’uso delle
preposizioni e sono queste ultime a comunicare la funzione logica, mentre la marca del caso diventa
accessoria, le renderà ridondanti.

19/03/21

Nel processo di riduzione delle declinazioni dei casi da 6 ad uno, sopravvive con pochissime eccezioni
l’accusativo, probabilmente perché era quella di maggior impiego, tutto ciò è dimostrato dall’evoluzione
fonetica di sostantivi di 3°declinazione, es. NOX, NOCTIS (nominativo): le forme romanze derivano tutte non
dal nominativo ma dall’accusativo o dall’ablativo NOCTEM/NOCTE.

Le testimonianze antiche confermano che le forme dell’accusativo erano predominanti rispetto a quelle
dell’ablativo.

Solo in pochi casi le forme dei sostantivi romanzi derivano dal nominativo nom. MULIER > it. moglie

Talvolta possono sopravvivere le forme derivanti da entrambi i casi: così in it. serpe e serpente derivano da
nom. SERPENS e dall’acc. SERPENTEM.

Un caso rilevante di conservazione del sistema dei casi latini, che spariscono in epoca antica, il processo
viene ultimato tra il 400 e il 600 (venne completato tra il V e il VII secolo), non abbiamo una
documentazione che attesti delle fasi successive nelle quali possiamo osservare gli esiti successivi.

Nel galloromanzo vengono conservati residui di declinazione in un sistema bicasuale, attivo nella lingua
scritta e letteraria fino al 14° secolo nel francese e nell’occitano, mentre sopravvive in alcune forme nel
retoromanzo.
In antico francese e antico occitano il sistema è quindi basato su due casi:

- Caso retto: ha le funzioni del nominativo latino e cioè sostanzialmente quella di soggetto
- Caso obliquo: ha tutte le altre funzioni, presumibilmente coperte nel latino volgare dal solo
accusativo.

 Viene conservato più nella lirica che nella prosa, visto che quest’ultima è più aperta al
cambiamento

La declinazione dei sostantivi si articola in tre classi sia per i maschili che per i femminili, la marca -s
interviene a distinguere i due casi e il singolare e il plurale.

Sostantivi di prima classe (maschili 2° declinazione latina)

Caso retto : sing. -s - plur. /

Caso obliquo: sing. / - plur. -s

Sostantivi maschili seconda classe ( 2° e 3° declinazione in -er)

Caso retto : sing. / (-s analogica) - plur. /

Caso obliquo: sing. / - plur. -s

Sostantivi maschili terza classe ( dagli imparisillabi latini con o senza spostamento dell’accento)

Caso retto : sing. / (-s analogica) - plur. /

Caso obliquo: sing. / - plur. -s

Sostantivi femminili (sempre in antico francese e antico occitanico) la situazione è molto più regolare, lo
schema dei femminili è caratterizzato solo dalla marca -s che contraddistingue i plurali, invece i singolari
hanno marca zero è uno schema che riprende la forma dei sostantivi latini.

Sopravvivenza dei casi nelle varietà moderne:

Per il periodo medievale solo nel galloromanzo abbiamo un uso regolare dei due casi, come abbiamo visto
adesso, ma in alcuni settori della morfologia nominali ci sono dei relitti che sono arrivati anche nella lingua
moderna.

Nel romeno sopravvive l’uso di una forma genitivo/dativo del latino, sono ancora in uso ma dell’articolo
post-posto ai sostantivi (enclitico).

La distinzione dei casi sopravvive inoltre nel sistema dei pronomi delle lingue romanze, anche se con
funzione diversa da quella originale:

ILLORUM > it. Loro, fr. Leur, occ. lor

*ILLUI > it, fr, occ. lui

ECCE*ILLUI > fr. celui

L’evoluzione dei pronomi di 3° persona e l’articolo determinativo:


in generale le forme dei pronomi romanzi derivano da quelle dei pronomi latini combinati con la particella
ECCE, funzione di rafforzativo del pronome a sua volta combinata con ATQUE, per formare *ACCE/*ACCUM

Le combinazioni sono diverse e le forme derivate numerose, per quanto tendenti ad una semplificazione
del ricco sistema dei pronomi latini; uno schema generale può essere il seguente. Limitato solo ai maschili
dei pronomi e aggettivi dimostrativi:

- ECCE + ISTE questo


- ECCE + ILLE quello

La cosa più importante è la formazione dell’articolo determinativo, pronomi derivati da ILLE:

l’articolo si forma all’incirca nel VI sec, sembra che il greco abbia svolto da modello per la sua creazione
(visto che era in una lingua nel quale era sempre stato utilizzato).

Le funzioni dell’articolo si vengono definendo nel corso del medioevo, poiché non viene usato, le forme alla
base dell’articolo romanzo è il pronome latino ILLE (egli, lui), solo in aree isolate come il sardo, il catalano e
alcuni dialetti meridionali si usano ancora derivati da IPSE (significato: proprio lui, lui stesso) (iss, issa egli,
ella).

La derivazione delle forme romanze da ILLE si basa in tutti i casi, tranno lo spagnolo el, su aferesi (caduta
della prima sillaba) delle forme latine e sull’influenza analogica delle forme del pronome relativo QUI e CUI,
cade la prima parte non si parla di apocope.

NB la forma it. il non deriva dall’apocope di ILLE ma anch’esso da aferesi, è infatti una variante dell’antico it.
‘l da lo (<ILLUM) preceduto da vocale, la forma originaria dell’articolo è quindi lo.

Nel romeno l’articolo ha posizione enclitica, tratto che condivide con le lingue balcaniche come l’albanese e
il bulgaro.

23/03/2021

Pronome personale di 3°a persona:

 Il pronome latino ILLE è anche alla base della formazione del pronome personale di terza
persona, per il quale il latino usava il pronome IS, EA, ID (nom.sing masch. Femminile e
neutro.
 Tuttavia, già nello stesso latino si nota l’estensione dell’uso anaforico ILLE con valore di
pronome di terza persona.
 Già dalle forme italiane si comprende come in linea di massima le forme toniche
mantengono l’accento sulla prima sillaba di ILLE, mentre quelle atone la spostano sulla
seconda, col la conseguente aferesi della prima sillaba.
 L’it. egli e il fr. il vanno spiegate come influenze del relativo QUI su ILLE> *ILLI

Il pronome latino aveva queste declinazioni:

ille

illius illi

illum

illo

per il pronome relativo:


qui < *ILLI > egli

cuius

cui

quem

quo

L’articolo indeterminativo:

L’articolo indeterminativo deriva in tute le lingue romanze dal carniale UNUS, _A che già in latina veniva
usato anche con il significato di un certo finendo per soppiantare il pronome quidam.

- Da UNUS,-A. -UM derivano anche le forme dei pronomi indefiniti: il lat. Aveva infatti QUISQUE che
sopravvive nell’occ. quees, ma in generale viene sostituito dalla preposizione distributiva CATA
oppure dall’incrocio tra CATA UNUS e QUISQUE ET UNUS> a fr. chascun> fr. chacun da cui
probabilmente deriva l’it. ciascuno
- Il rom. Usa invece fiecare da a. fr.essere + care ‘quale’ qualsiasi

Formazione dei negativi:

Nemo nessuno

Niiil/nullus nulla/niente (nichilismo)

Sistema verbale:

Le 4 coniugazioni latine sono generalmente conservate nelle varietà romanze; fanno eccezione lo spagnolo
e il portoghese, nei quali lo spostamento dell’accento ha determinato il passaggio dalla terza alla seconda
coniugazione

Es. VENDERE> sp. e pg. vender

Sulle coniugazioni e su altri elementi del sistema verbale il fenomeno che ha maggiore influenza nei
processi evolutivi è L’analogia adeguamento di nuove voci verbali alla prima coniugazione, avvertita
come modello, nella quale rientrano già in latino verbi di nuova formazione, da un lato, e quelli irregolari
dall’altro.

La formazione di nuove voci verbali avveniva già in latino con il ricorso a suffissi di vario tipo (incoativo,
frequentativo, etc.) in aggiunta a forme aggettivali o sostantivali, è proprio da queste voci suffissate che
derivano in gran parte le nuove forme verbali romanze.

Ex. -ES-, -ISC-: FLOREO > FLORESCO > it. Fiorisco.

25/03/2021

Adeguamento analogico dei verbi irregolari e delle desinenze:

La base “cantare” ha dato 3 esiti di cui 2 maggioritari, in antico francese.

Si parla di 3 esiti diversi: chanteve, chantou, chanteierispettivamente rappresentano l’esito regolare della
parola latina (cantabam) nelle varietà orientali, il secondo attestato nelle varietà occidentali che può venire
dalla stessa desinenza ABAM con la vocalizzazione in AWAM che poi ha creato il dittongo “ou”, la terza
invece è quella maggioritaria che ha soppiantato le altre due ed è quella passata nel francese moderno, le
desinenze medievali erano: chanteies, chanteiet, chantiiens, chantiiez, chanteient, ma mantenevano per la
seconda e la terza persona le marche delle finali latine (cantabas e cantabat), ciò avviene probabilmente
con il passaggio dal latino ABAM ad EBAM: la e è passata a una e chiusa e ha portato al dittongo ei.

Intorno alla fine del XII secolo come per tutte le forme che hanno questo dittongo si ha il passaggio a “oi”:
chanteie < CANTABAM; chantoie; in una fase successiva viene normalizzato con la s finale (chantois) intorno
al XVI secolo.

Il passaggio successivo cioè quello del francese moderno è soltanto della fine del XVIII secolo: si è avuto la
forma “chantais” . E’ ipotizzabile che si sia verificato lo stesso fenomeno che si è verificato nei doppioni
français e François: in realtà vengono dalla stessa forma medievale che è françeis e vuol dire francese.

Il fatto che queste due parole si siano stabilizzate rispettivamente come un aggettivo e come un nome
proprio indica che fra il XVI e XVIII secolo la pronuncia del dittongo “ue” era una “e” aperta.

Dalle riforme sintetiche latine alle forme perifrastiche romanze

Il fenomeno più importante e invasivo per la risistemazione del sistema verbale è quello dell’analogia. Un
altro fenomeno riguarda invece la ristrutturazione del sistema per quanto riguarda l’uso dei passivi e dei
perfettivi, l’altra grande novità del sistema romanzo insieme alla formazione delle cosiddette forme
perifrastiche.

Quindi i cambiamenti più notevoli riguardano il processo di semplificazione delle forme sintetiche latine che
ha portato alle forme perifrastiche di:

- passivi (i deponenti sono scomparsi)


- perfettivi > sono diventati i tempi composti con ausiliare
- futuro e condizionale perifrastico (evoluti poi in forme flessive)

Passivi => le forme sintetiche scompaiono (i deponenti acquistano semplicemente le desinenze dell’attivo)


e vengono sostituite da forme perifrastiche con ESSERE + participio passato, che il latino usava già per le
forme perfettive del passivo: AMATUS EST = ‘è stato amato’

solo il romeno impiega per il passivo la forma riflessiva con SE: se  zice, ‘si dice’; si tratta di un
uso impersonale del riflessivo presente anche in francese, che usa il soggetto impersonale on <
HOMO: on  dit, ‘si dice’, ‘è detto’

Nel caso dei passivi il sistema romanzo adotta delle forme anch’esse perifrastiche rispetto alle forme
sintetiche del latino. In tutte le varietà romanze i passivi vengono formati con le voci del verbo essere con la
forma del participio passato del verbo: io amo è il presente indicativo attivo del verbo, io sono amato è il
presente indicativo passivo.

Questa costruzione presenta due elementi e cioè una forma ausiliare del verbo essere e il participio
passato, in questo modo si formano tutti i tempi del passivo.

Il latino invece oltre ad avere le due forme attive e passive aveva anche una terza forma, quella detta
“deponente” che includeva una serie di verbi che avevano una forma passiva ma significato attivo. Questa
categoria di verbi scompare nelle lingue romanze e restano quindi soltanto le due dell’attivo e del passivo.
Ma i passivi latini si comportavano in modo diverso perché erano a loro volta delle forme flessive, cioè non
si ottenevano dalla combinazione di due elementi ma avevano a loro volta delle marche che indicavano
appunto la forma passiva.
In latino abbiamo per il verbo amare le seguenti forme attive:

- AMO
- AMAS
- AMAT

E le seguenti forme passive:

- AMOR
- AMARIS
- AMATUR

Il passaggio da queste forme sintetiche alle forme perifrastiche avviene probabilmente nelle lingue
romanze sempre per il tramite delle forme già attestate in latino, in particolare alcuni tempi del passivo
prevedevano già una combinazione perifrastica.

Perfetto latino attivo: AMAVI

Perfetto latino passivo: AMATUS SUM

La forma del passivo si traduce con io sono stato amato o io fui amato e non sono amato (AMOR).

Proprio a partire da queste forme, che il latino usava per i tempi perfettivi, sono scaturite quelle non
perfettive e perifrastiche delle lingue romanze.

Una forma come “sono amato” ha coperto il significato del presente indicativo, è stata adattata alle nuove
esigenze per soppiantare le forme sintetiche flessive che davano problemi.

Lo stesso sistema ha toccato anche le forme perifrastiche degli attivi: AMAVI infatti voleva dire ho amato,
ebbi amato e amai, ma di questi tre significati soltanto l’ultima è una continuazione diretta del perfetto
latino attivo, le altre due sono neoformazioni perifrastiche che sono state formate con l’unione di due
elementi di cui uno ausiliare.

Perfettivi il passato perifrastico:

Quindi sia per la sistemazione dei passivi sia per la ristrutturazione dei tempi perfettivi il passaggio
fondamentale tra latino e romanzo è stato il passaggio da forme latine sintetiche a forme perifrastiche.

Si è pensato che per i perfettivi ci fossero delle forme con il verbo avere, che è poi diventato l’ausiliare dei
perfettivi romanzi, che contenevano già quella struttura che si trova anche nel latino classico. L’espressione
“habeo epistulam scriptam” in latino antico non voleva dire ho scritto una lettera ma ho una lettera che è
stata scritta, scriptam era predicativo di epistulam.

Su questa struttura è stato possibile generare le forme di tutti i tempi composti perifrastici del volgare con il
ricorso all’ausiliare essere invece di avere per i verbi intransitivi, ma nelle lingue iberiche e nel rumeno
questa distinzione non viene fatta.

Futuro e condizionale perifrastico

Il futuro latino aveva un sistema di desinenze molto simili fra di loro nelle quattro coniugazioni e inoltre era
un sistema poco economico perché presentava delle desinenze diverse per tutte le coniugazioni.

Questa situazione ha portato alla formazione di forme perifrastiche e cioè di forme del futuro e del
condizionale.

Il futuro viene dalla combinazione di voci verbali che hanno la funzione di servire l’azione del verbo
principale (come volere, dovere, avere).
L’idea di futuro è espressa da una combinazione perifrastica in cui il primo elemento è rappresentato dal
presente indicativo di uno di questi tre verbi che vengono usati differentemente a seconda delle aree
romanze:

- volo è usato in rumeno


- debeo nei dialetti sardi
- habeo è alla base del futuro semplice romanzo attuale)

e l’infinito presente del verbo (es: VOLO/DEBEO/HABEO CANTARE).

Il portoghese distingue attualmente le due forme anche con l’aggiunta di una preposizione per formare il
futuro (HABEO DE CANTARE, anche in fiorentino si dice ho da cantare).

La perifrasi con l’indicativo presente di avere è stata quella più diffusa e fortunata che ha determinato
un’evoluzione successiva in cui habeo è stato posposto alla voce dell’infinito: CANTARE HABEO > CANTARE
AIO

Il futuro romanzo è una forma flessiva sintetica che però viene da una forma perifrastica del latino volgare
formata maggiormente dal verbo avere + infinito.

In alcune aree i due elementi della perifrasi sono rimasti separati annettendo l’inserzione di pronomi
personali.

Il condizionale nel latino non aveva riuscite proprie perché il significato attribuito al condizionale era
coperto dalle voci del congiuntivo.

Il modo romanzo si forma ancora una volta dalla combinazione di forme perifrastiche dell’infinito presente
+ habere ma in un tempo passato di habere.

I testi delle origini e gli inizi della lirica romanza:

I giuramenti di Strasburgo (842 d.C.)

Contrariamente a tanti altri documenti che ci sono pervenuti, per questo documento sappiamo la datazione
esatta al quale il testo fa riferimento: 14 febbraio dell’842, in quel giorno si incontrarono i personaggi
coinvolti in questa vicenda.

Il manoscritto è conservato nella BNF ed è una copia del testo originale.

Si tratta di un’opera latina che si intitola Storia di figli di Ludovico il Pio, che sarebbe figlio di Carlo Magno
che eredita l’impero alla morte del padre ma che si ritira dalla politica prima della propria morte lasciando il
regno ai tre figli, innescando una lotta dinastica fra i tre: ha lasciato il titolo imperiale al maggiore, Lotario, e
parti dell’impero divise fra i tre.

I tre fratelli coinvolti in queste contese dinastiche sono Lotario, Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico. Sono
i protagonisti di quest’opera storiografica scritta in latino da un personaggio dell’entourage della famiglia di
Ludovico il Pio: l’autore di questa cronaca scritta negli anni a cavallo della vicenda era lo storico della corte
e si chiamava Nitardo, era il cugino illegittimo dei fratelli in quanto figlio illegittimo di una figlia di Carlo
Magno e di un poeta di corte.

Nitardo scrive quindi un’opera sui cugini in cui fa riferimento a un evento accaduto nell’842, cioè il
momento in cui due fratelli, Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico, si incontrano a Strasburgo per stringere
fra di loro un patto contro il fratello Lotario.
Fotografa un momento di questa contesa in cui appunto i due fratelli minori si alleano contro il maggiore
per fargli guerra.

A Strasburgo si incontrano con i rispettivi eserciti e i capi militari di questi e si confrontano e si scambiano
delle forme di giuramento con cui si impegnano reciprocamente a darsi appoggio e aiuto.

In questo passaggio della cronaca, Nitardo riporta la formula del giuramento in volgare (attribuita a una
varietà di antico francese e quindi ci troviamo in area gallo romanza e precisamente in area settentrionale,
è la prima attestazione di una lingua romanza) che è seguita dalla formula pronunciata in tedesco dall’altro
fratello, che rappresenta anche per l’ambito germanico la prima attestazione assoluta del volgare tedesco.

I giuramenti di Strasburgo sono dunque la base della storia del volgare in Europa, le due formule in francese
e in tedesco vengono pronunciate al contrario rispetto alle lingue che loro stessi parlavano: la formula
francese è pronunciata da Ludovico il Germanico che governava sulla parte nord orientale dell’impero
franco, mentre Carlo il Calvo, che governava sui territori occidentali francesi, giura in tedesco. Questo
scambio avviene poiché più che giurare fra di loro devono giurare soprattutto per i rispettivi eserciti.

26/03/2021

Nell’anno successivo, nell’843, verrà stipulato il trattato di Verdun fra i tre fratelli che sancirà la divisione
dei territori dell’impero franco, dando a Carlo il Calvo la parte occidentale che comprendeva i territori di
lingua romanza coincidenti con l’attuale Francia, a Ludovico il Germanico i territori della parte nord
orientale corrispondenti grossomodo all’attuale Germania mentre a Lotario viene assegnata l’Italia e una
striscia di territorio intermedio corrispondente alla Lorena, nonché il titolo imperiale.

Ma prima che si giunga a questa pace avviene un evento che segna una svolta nella guerra rappresentato
dall’accordo stretto fra i due fratelli minori che decisero di allearsi contro Lotario.  

La prima parte del giuramento di Strasburgo viene chiamata sacramentum firmitatis e si riferisce alla prima
formula che viene pronunciata dai due fratelli.

Una seconda formula, chiamata sacramentum fidelitatis viene invece pronunciata dai rispettivi capi di
esercito nella propria lingua.

Nitardo si riferisce alla varietà romanza parlata dall’esercito di Carlo il Calvo come “romana lingua”, stessa
espressione che soltanto qualche anno prima ricorre per la prima volta nel concilio di Tours, la lingua
romana a quest’altezza cronologica era per definizione il volgare romanzo.

La pronuncia storica adottata per i Giuramenti è ipotetica, non sappiamo quale fosse in realtà la
corrispondenza fonetica nella pronuncia di questo scritto, che appare comunque molto formalizzato: è
probabile che non corrispondesse esattamente alla lingua parlata. Alle spalle non c’è una tradizione scritta
e una fissazione della lingua.

Nel primo giuramento i due fratelli si giurano reciproco appoggio, quindi promettono di soccorrersi
militarmente e verso la fine della formula giurano anche di non fare patti con Lotario per nessuna cosa che
possa essere di danno all’altro fratello.

Nel secondo giuramento, che è quello di fedeltà degli eserciti, viene invece detto che se anche i rispettivi
capi (Carlo e Ludovico) dovessero rompere la forma di giuramento, i soldati si impegnerebbero da parte
loro a mantenere il patto.

Da un punto di vista formulare, i giuramenti riflettono senz’altro una pratica precedente: non sono molti
diversi da altre formule simili di accordo o di patto che vengono però trascritte in latino, anche in epoca
successiva i patti che hanno valenza giuridica continueranno ad essere scritti necessariamente in latino,
quella di Nitardo è quindi un’anomalia nel panorama dei testi giuridici ma anche storiografici, nonostante
siano formalizzati secondo il modello delle formule usate in altri documenti simili in latino.

L’ipotesi che è stata fatta circa la scelta di Nitardo è quella di una finalità di tipo narrativo espressivo, cioè
avrebbe giocato sul contrasto linguistico dato dall’inserimento dei giuramenti in volgare per rendere da un
punto di vista espressivo la scena, è una sorta di vezzo di scrittore.

Fonetica

- La “a” tonica si mantiene intatta

- La “o” viene chiusa in una “u”

- La “e” passa a “i” in sillaba chiusa

- Grafia merovingia: si parla della grafia adottata nella cancelleria merovingia che prevedeva una serie di usi
grafici per il latino in cui è presente anche questo tratto, cioè la “e” chiusa viene cambiata con una “i”

- Caduta delle vocali finali o intertoniche diverse da “a”, vengono però conservate la “o” finale latina e la “i”
primaria e secondaria

- Il fatto che il nome di Carlo venga scritto indifferentemente sia con la o finale sia con la e “Carle” indica
che ci troviamo di fronte a vocali d’appoggio che però hanno una valenza soltanto grafica

- sincope

- aferesi dei pronomi: li<ILLI e lo<ILLUM

Per lungo tempo si è ritenuto che i giuramenti dimostrassero tratti fonetici più occitanici quindi più
meridionali che settentrionali innanzitutto per la conservazione della a tonica in sillaba libera, per l’assenza
di dittongazioni di e ed o chiuse toniche in sillaba libera, ecc.

Ma ci sono elementi più forti per cui i giuramenti devono essere considerati di area settentrionale e sono
legati a fenomeni fonetici come una lenizione più spinta (come savir > saber), la monottongazione del
dittongo au o la palatalizzazione della nasale (tanit > tenha).

Mentre i tratti che sono stati riconosciuti come occitanici possono essere considerati anche come tratti
arcaizzanti del francese, per questi non è ipotizzabile nessuna fase precedente per cui c’è un’opposizione
netta fra tratti francesi e tratti provenzali.

I giuramenti di Strasburgo sono il debutto assoluto del volgare romanzo ma cosa c’è in mezzo tra questo
primo debutto e i primi testi veri e propri di area galloromanza? Nel caso del provenzale vedremo che c’è
una specie di nascita miracolosa: si passa da un periodo delle origini caratterizzato dall’affioramento di
pochi frammenti alla prima attestazione di una lirica in provenzale prodotta dal primo trovatore attestato
che è Guglielmo IX con uno scarto qualitativo e formale enorme.

Si tratta sempre di testi di contesto e carattere religioso, sia nati all’interno di un ambito religioso sia
destinati a una funzione religiosa e si dimostrano in questo particolarmente vicini proprio a quella
primissima attestazione di uso del volgare sempre rappresentata dalla nota del concilio di Tours.

Cronologia delle origini, area francese:

I primi testi che troviamo in area francese sono la Sequenza di Santa Eulalia, che ha la forma di un canto
liturgico e consta di soli 14 distici che raccontano la vita e il martirio di questa santa, e il Sermon di
Valenciennes, un frammento di poche righe, linguisticamente ibrido (scritto in latino con la mescolanza di
termini francesi) ed è un sermone che commenta il quarto capitolo del Libro di Giona.
30/03/21

Giuramenti di Strasburgo primo documento testuale del volgare di area gallo romanza da identificare più
nell’area settentrionale.

I Giuramenti hanno un carattere storico documentario, “cancelleresco” perché hanno a che fare da un lato
con un racconto storico e dall’altro con l’ambito giuridico perché documentano appunto un patto di tipo
politico.

Se si parla invece di testimonianze di carattere letterario, il primo testo letterario in assoluto per il francese
viene considerato la sequenza di santa Eulalia alla fine del nono secolo, trasmesso sul manoscritto 150 ed è
di carattere agiografico: questa caratteristica accomuna anche altri testi di area occitanica perché il
carattere religioso e edificante è un marchio dei testi delle origini e sembra dare seguito alla
raccomandazione del Concilio di Tours di parlare al pubblico dei fedeli in volgare.

E’ un tipo di letteratura che comprende i sermoni ma soprattutto vite di santi: il primo modo di comunicare
la dottrina cristiana ai fedeli è la lettura del Vangelo da un lato che mostra esemplarmente la vita di Cristo e
dall’altro il racconto della vita dei santi che nella loro esperienza, in particolare nell’esperienza del martirio,
rispecchiano l’esperienza di santità di Cristo. Ma il racconto delle vite dei santi diventa l’archetipo delle
narrazioni anche per generi che successivamente saranno di argomento e ambientazione profana.

E’ quindi in questo primissimo periodo in cui si pongono le basi non soltanto per la forma della letteratura
ma si codificano anche i primi esempi di genere narrativo.

I racconti agiografici erano anche piuttosto stimolanti e accattivanti perché da un lato erano racconti di
passioni e martiri e dall’altro erano anche il racconto degli episodi miracolistici legati alla vita del santo o
alla sua azione post mortem.

Cronologia delle origini, area occitanica:

Benedizioni di Clermont-Ferrand è una breve formula magica contro una tumefazione è databile nella
seconda metà del X secolo.

Successivamente ci troviamo di fronte a una produzione letteraria di tipo religioso, nel caso della Passione
di Auxburg (ultimi terzi del X secolo) e della passione di Clermont-Ferrand (prima metà del XI secolo) nel
primo caso si tratta di un piccolo frammento (6 unità di versi interpretati come 4 ocstosillabi assonansati +
un verso di 6 sillabe e un verso finale di 8 sillabe che riprende il terzo verso del primo gruppo) su un
episodio della Passione, e cioè il momento in cui Cristo sulla croce viene schernito dai soldati romani e gli
viene dato da bere l’aceto su una spugna.

Nel secondo invece ci troviamo di fronte a un componimento più ampio, ancora una volta viene trattato il
martirio di Cristo, viene considerato fra le fonti sacre.

Abbiamo poi l’alba bilingue di Fleury di collocazione più incerta (oggi viene collocato intorno all’undicesimo
secolo) qui abbiamo il caso di un testo ibrido perché il testo volgare si integra con un contesto latino
Abbiamo 3 strofe latine composte da 3 versi e un distico in una lingua volgareggiante.

C’è qualche studioso che ha tentato di ricostruire il testo in lingua latina mentre altri hanno voluto
valorizzare l’ibridismo linguistico. Questo testo ci è arrivato corredato con il componimento musicale
(neumi: primi segni musicali). E’ pervenuto in un manoscritto proveniente dall’abbazia benedettina di
Fleury.

Insieme al centro di Clermon-ferrand coinvolto nell’altro testo, con l’abbazia di Fleury ci troviamo di fronte
a due importanti centri di cultura clericale nella Francia meridionale e saranno due punti di riferimento
geografici importanti per capire anche la geografia di questa prima letteratura delle origini.
I testi limosini e farciti del ms. 1139

Un’attenzione a parte merita un altro manoscritto, considerato come un manufatto monumentale per le
origini occitaniche, il manoscritto oggi conservato alla BNF (biblioteca di Francia) e raccoglie testi di
carattere diverso ma è anche composito (termine con cui si indicano dei codici formati da unità che hanno
origine diverse e che a un certo punto sono state messe insieme).

È un codice miscellaneo e composito proveniente da San Marziale di Limoges: trasmette testi latini di
carattere religioso spesso con notazione musicale (inni, sequenze, tropi).

La parte più antica risale probabilmente alla fine dell’XI sec. e trasmette, misti a testi latini, quattro testi
occitanici, dei quali due ‘farciti’, vale a dire latini con farcitura occitanica (l’inno In hoc anni  circulo e
lo Sponsus) e due con testo integralmente volgare (Tu  autem  Deus  e Versus  Sancte  Marie).

Quando parliamo di tropo, di sequenza o versus facciamo riferimento a generi musicali della poesia liturgica
che vengono sperimentati e codificati più o meno nel periodo che va dalla fine del nono all’undicesimo
secolo.

Quando si parla di tropi, raccolti nei cosiddetti tropari (manoscritti specificamente dedicati), si parla di
composizioni realizzate inserendo un testo con una melodia propria per accompagnare un canto liturgico
preesistente, oppure si può aggiungere un testo sempre di carattere religioso al segmento melismatico di
un altro testo. In musica è una parte del canto in cui viene eseguito un melisma cioè un vocalizzo, una parte
che viene cantata su una sola vocale, è presente un’articolazione di note molto ricca, è la parte virtuosistica
del canto.

Uno dei melismi più ricchi nel canto liturgico era quello che veniva eseguito sulla sillaba finale dell’alleluia.
Su questo lungo melisma si inserirono in corrispondenza con le note, le sillabe di un testo appositamente
composto, era un tipo di tropo a cui si diede il nome di sequenza: la sequenza, quindi era un testo
composto sulle note del lungo vocalizzo dell’alleluia, ed era appunto solo uno dei modi per arricchire la
musica liturgica.

Il modello della musica liturgica verrà sviluppato anche nell’ambito della lirica profana. Periodo in cui anche
la letteratura di tipo profano muove i primi passi, ci troviamo nel terzo quarto dell’undicesimo secolo (dal
1050 al 1075, quindi a ridosso della nascita del primo trovatore Guglielmo nono nel 1071.

Due poemetti di stampo agiografico:

il primo è il Boeci, proviene dall’abbazia di San Marziale di Limoges ma trasmesso da un ms. probabilmente
confezionato nell’abbazia benedettina di Fleury, nel terzo quarto dell’XI secolo, è il racconto della vita di
Boezio, intellettuale romano dell’alto medioevo. Anche qui ci troviamo di fronte a un testo di lasse
decasillabe rimati, si tratta di un testo incompleto che si estende per 258 versi.

Il secondo è La sancta fides, leggermente più tarda, 253 versi di lasse rimate e al centro della vicenda si ha
la passione di santa fides che viene martirizzata e salvata per intervento miracoloso e come gran parte delle
vite dei santi viene poi decapitata. E’ composto nella Francia meridionale e poi copiato nell’abbazia di
Fleury (risale all’ultimo quarto del XI secolo).

Le prime attestazioni di letteratura d’amore romanza sono le hargat arabo-andaluse e le liebestrophen


rappresentano due tipi di reperti diversi ma entrambi emblematici e archetipici dello sviluppo successivo
della lirica d’amore.

La Francia è divisa in una serie di entità politiche di tipo feudale, quindi in una serie di ducati e contee, con
un’ampia parte a sud ovest occupata del ducato di Aquitania: sono i possedimenti direttamente o
indirettamente sottoposti al governo di Guglielmo IX, che oltre ad essere stato il primo trovatore noto è
stato anche uno dei più grandi aristocratici della sua epoca.

Al tempo era più potente dello stesso re di Francia e aveva sotto la sua giurisdizione anche contee limitrofe
direttamente per titolo (come nella caso della contea di Poitiers, Guglielmo riuniva in sé il titolo di duca
d’Aquitania e settimo conte di Poitiers). Queste unità territoriali erano a livello politico da rapporti di
vassallaggio: un aristocratico di rango inferiore, come un conte o un barone, era legato a un altro
feudatario di rango superiore da un legame di tipo vassallatico e quindi di obbedienza, alleanza e fedeltà.

L’abbazia di San Marziale di Limoges, la cui costruzione si deve a Carlo il Calvo, rappresenta un centro
importantissimo di cultura musicale e liturgica ed era legata all’attività politica della corte d’Aquitania
(questo dimostra come Guglielmo aveva sicuramente esperienza diretta delle musiche e dei canti che
venivano prodotti per la liturgia a San Marziale).

L’abbazia di Clunie (fondata nel 910) Rappresenta ancora una volta un centro di cultura benedettina, a
vario titolo legato alla produzione e alla diffusione dei testi delle origini. Più a nord troviamo invece
un’esperienza culturale e poetica non volgare ma all’ambito clericale e latino ma che sembra aver avuto
un’influenza determinate sullo sviluppo della lirica volgare: si tratta dei centri monastici localizzati nella
valle della Loira, i centri più importanti fra questi sono Tours e Fleury.

I benedettini giocano un ruolo essenziale in questa prima fase di sviluppo della letteratura volgare e non è
un caso: è tipico di quest’ordine l’impegno a conservare la cultura come anche l’attività di copia quindi di
trasmissione del sapere.

Le abbazie benedettine diventano quindi dei punti di riferimento per i più grandi intellettuali dell’epoca. Per
il periodo immediatamente precedente o contemporaneo rispetto a Guglielmo, è proprio nei centri
benedettini della Loira che vengono sviluppate le prime esperienze di una poesia lirica di stampo
fortemente individualista e anche di carattere amoroso da parte di un gruppo di intellettuali e chierici che
prendono come modello soprattutto Ovidio e sviluppano, nonostante la loro carica di chierici, una poesia di
carattere intimista e d’amore (anche se l’amore non viene mai esplicitato), formalmente raffinata ed
elegante che rappresenta l’apice della lirica in lingua latino fino a quel momento magistri della valle
della Loira (ultimo quarto XI secolo- inizi del XII secolo)

I più importanti sono:

- Marbondo di Rennes
- Ildebrando de Lavardin
- Baudri de Bourgueil

Nei loro scritti per lo più intrattengono corrispondenze di tipo epistolare con giovani monache degli stessi
monasteri, anche se alcuni corrispondenti sembrano essere uomini. E’ un tipo di poesia in cui se l’amore
non viene esplicitato, viene rappresentato come un’amicizia spirituale che può dare però luogo a
espressioni molto sensuali anche se raffinate.

Due fronti: Sia nel caso delle hargat (scoperte da Stern) come nel caso delle liebesstrophen si tratta di una
documentazione notata soltanto di recente.

Tutta la parte meridionale della Spagna è occupata dagli arabi dal 711 fino alla Reconquista, ci troviamo in
un contesto in cui l’arabo viene parlato insieme al mozarabico: questa mescolanza linguistica è favorita
anche dal carattere di tolleranza della cultura araba dell’epoca.

Al periodo più basso di questa dominazione risale la composizione delle hargat: si tratta di brevi
composizioni scritte in mozarabico, il volgare iberoromanzo parlato dai cristiani dell’Andalusiail totale
delle composizioni attualmente nota è circa una sessantina.
La situazione linguistica che dà luogo a queste composizioni è una situazione di contatto e affinamento
linguistico. A metà del nono secolo si attesta un volgare mozarabico, messo allo stesso piano delle romanze.

Le hargat sono sempre composizioni a carattere amoroso e in aperto contrasto di tono, di temi e della
istanza di locuzione al femminile, rispetto alle muwassahat.

15/04/21

le muwaššahāt sono poesie in arabo o in ebraico letterario, costituite da strofe composte da una prima


parte di versi monorimi, detta bayt, con rime che cambiano ad ogni strofa, seguita da una seconda parte, a
rima fissa, detta qufl  (cufl)

Nell’ultima strofa del componimento il qufl  prende il nome di ḫarğā, ed è scritto in arabo
parlato (o mozarabo) e scritto in caratteri arabi o ebraici.

la muwaššaha rappresenta un genere innovativo, caratterizzato dall’uso di una metrica sillabica e non


quantitativa – come nell’arabo classico – e di versi brevi; rispetto a questa, la ḫarğā può avere una
lunghezza variabile da due a otto versi e presenta identico schema metrico e rimico della parte fissa della
strofa, detta qufl, al quale è la stessa harğa a fornire metro e rime.

Quindi:

Le muwaššahāt sono poesie a tema vario: amoroso (eterosessuale o omosessuale), panegiristico-


encomiastico, bacchico (elogio dei banchetti e del vino), e spesso uniscono insieme i diversi temi. Sono
componimenti di stile colto, barocco, raffinato e di tono aulico, a voce maschile

La ḫarğā è invece di tematica esclusivamente amorosa, a voce femminile, di norma introdotta da


un verbum  dicendi, di tono semplice e naturale (talora solo apparente): il trattatista del XII sec. Ibn Sana’al-
Mulk la definì “maliziosa, acuta e tagliente”

Caratteri tematici delle hargat (argiat) sembra una scrittura aurorale, ingenua, si tratta di strofette finali di
chiusura a componimenti più estesi ed elaborati, le muvashaat in arabo ed ebraico.

Con voce femminile chiudono il componimento trattando tematiche topiche amorose, il più delle volte
sono scritte da uomini ma si celano sotto mentite spoglie per dare voce a temi che possono avere un effetto
molto produttivo sul pubblico.

Le poetesse storicamente documentate sono pochissime, soprattutto in area provenzale (trobairiza), tutta
la poesia a voce femminile medievale si deve intendere come una poesia di genere, l’autore è un uomo ma
l’istanza lirica è quella femminile che sfrutta le potenzialità di un genere (artificiale e fittizio).

Presentano il piccolo campionario di motivi e caratteristiche proprie della letterature ibero-romanza


rappresentano un debutto della lirica d’amore europea. Infatti sono le progenitrici delle cantigas d’amigo
galego-portoghesi e il villancico castigliano:

- Il ruolo di confidente affidato alla madre, le compagne o ad un elemento naturale


- Il dolore per l’assenza dell’amato e la gelosia
- Il gusto per le interrogazioni ed esclamazioni
- L’uso di parallelismi intrastrofici

Non è chiaro se le hargat siano di matrice specificatamente romanze che viene unita dai creatori delle
muvashaat o se sono dei componimenti da vedere nella propria interezza l’ipotesi più probabile è che le
hargat fossero prese e captate all’interno del testo ospite (genere con grande fortuna, debutto tra origini
popolari e raffinatezza).
Joseph Bédier filosofo romanzo, all’interno le fetes de mai, ha proposto un’origine popolare di questa
lirica per l’intrattenimento. Secondo lui un poeta anonimo o un gruppo hanno avuto l’idea di trasformare le
canzoni cantate dal popolo durante le feste (soprattutto dalle donne) in componimenti lirici, si è avuta
l’idea di trasferire in ambito cortese per intrattenere la corte questi canti perfezionandoli dal punto di vista
formale e musicale.

In realtà oggi si tende a pensare che molto forme di poesia popolare abbia avuto come modello la poesia
cortese, che aveva funzionato da modello, diventando una sorta di appendice.

Libestrofen (strofi amorose) del ms. Harley 2750 nel manoscritto conservato alla British Library, scoperte
da Bernard Bishoff. Oltre alle hargat non si aveva un anello di congiunzione, fino al primo trovatore nella
quale si trova una poesia perfettamente codificate.

Nella loro brevità queste strofe in qualche modo già preannunciano i temi della successiva poesia d’amore,
è la più antica attestazione in una lingua romanza di una poesia lirica, le hargat sono un ibrido storico-
linguistico dato che sono scritte in mozarabico.

Lettura: secondo alcune ipotesi le i vanno lette come un e chiusa e la u come una o chiusa come nei
giuramenti di Strasburgo scripta merovingia.

Las me infelice, aimhè

Vorer rotacismo della -l alla seconda riga.

Dussirie è probabilmente da leggere come dussir (addolcire)

Tu tout nel francese moderno

Infelice, perché non sono uno sparviero-astòre, / che potesse volare da lei, / la gentile abbracciare, /
baciare la sua dolce bocca, / addolcire / e quietare ogni dolore.

Caratteristiche tematiche:

è possibile ipotizzare un punto di partenza del testo in area pittavina, area d’origine della poesia
trobadorica ma sono presenti anche elementi settentrionali nord-orientali francesi ed elementi fonetici e
grafici tipici di una scrittura germanica il testo composto in area pittavina abbia seguito un percorso verso
il nord grazie ad un cantore dove è stato trascritto da un copista germanofono.

C’è già nel primo verso una metafora che avrà una larga fortuna nella letteratura volgare medievale
dell’amante sparviero, che si trasforma in uccello per raggiungere l’amata, si ritrova nel 1160 in un
componimento scritto da Maria di Francia, il lais di Yonec nel quale l’amante si trasforma in cigno per
raggiungere l’amata, ma il marito mette delle lame nella torre nella quale è ubicata quindi il protagonista
muore. E’ presente anche in una lettera amorosa a voce femminile della prima metà del XII secolo. Il tema
verrà sfruttato anche da Bernardt de Ventadorn, si paragona ad una rondine.

L’altro tema è quello del cuore separato presente anche in una lettera di Pier Damiani ad Agnese di Poitiers
imperatrice.

Sono tutti indizi di ambito colto latino perché in realtà dobbiamo vedere queste origini strettamente legate
alle corti chiericali, la contea di Poitiers, il ducato di Acquitania abbazia cluniacense di Saint Martial du
Limonges i cui duchi erano abati laici, ma anche dei rapporti della corte con altri centri ecclesiastici
derivazione diretta dalla poesia colta che veniva praticata in questi ambienti, ricorre un termine che
ritroveremo nella poesia stilnovistica “sintil” gentile riferito alla donna.

Rilievi linguistici: origine pittavina (esito in -er da -ARE)


tratto nord-orientale: è la riduzione -ir < ier (zona limitrofa alla Lorena)

spripta merovingia per le grafie

Seconda strofa del Liebesstrophen, Bischoff lo scopritore la unisce alla precedente, probabilmente però per
quanto alcune caratteristiche formali siano simili non sono collegate tra loro e che siano stati trascritti
mnemonicamente da un copista attingendo da testi diversi.

A differenza della prima strofa è più dissestata rispetto alla prima, la parentesi graffa riporta un frammento
lacunoso, il primo verso dice che i giuramenti non valgono, speriure ha diverse connotazioni alcuni pensano
che sia spione altri che siano spergiuri, edent non è da solo sembra ci sia un’altra sillaba tipo rech, quindi
molte ricevono per amore, inclusi sogg. Maschile o femminile quindi è riferito a cavaliere o come recluse,
ergo delle monache, iuch interpretato come abbreviazione del nome sacro di Gesù Cristo, i nomi sacri
erano abbreviati in epoca medievale.

I giuramenti [o i voti] non hanno più valore,  circola ogni sorta di spergiuri, e anche
molte  monache  (inclusi: incluse), per amore,  accolgono un cavaliere, traditore di Cristo

La lettura di Lucia Lazzerini interpreta la strofa come esempio di poesia moralistica, critica i rapporti
sentimentali tra monache e cavalieri, oppure intrattenevano rapporti con gli stessi chierici, questa pratica
era così diffusa che dà origine ad un filone letterario umoristico, nel quale le monache diventano un
personaggio comico interpretazione più plausibile, tono moralistico di condanna di questi costumi,
poiché il cavaliere viene visto come traditore di Cristo dal momento in cui le porta alla perdizione.

Bishoff invece legge in maniera più romantica la storia, interpreta la strofa come l’amore di una donna per
un cavaliere prigioniero, insidiato dalle spie.

L’occitanico e la lirica trobadorica: delimitazioni cronologiche:

XI-XIII secolo: sviluppo di una lingua letteraria → lirica trobadorica

XIV secolo: fase di decadenza → Consistori  del Gay  Saber (1323): recupero della lingua letteraria attraverso
la codificazione grammaticale (Guilhem Molinier, Leys  d’amor: 1328-1337) e la promozione di una rinascita
artistica

1539: editto di Villers-Cotterêts → il francese si afferma come lingua nazionale, il provenzale decade al
rango di dialetto (patois)

16/04/21

Guglielmo IX 10 testi di sicura attribuzione e uno che non viene da tutti attribuito a lui, delle quali 6 di
versante anticortese (argomento satirico) indirizzate ai companhos, 4 cortesi e un canto di congedo e
penitenza.

L’uomo più importante in Francia dei suoi tempi, nasce nel 1071 un aristocratico di altissima nobiltà e di
conseguenza abbiamo una buona documentazione grazie al suo rango (condizione strana per i trovatori).

Sappiamo della sua vita grazie a documenti di tipo notarile, le altre notizie arrivano dalle cronache
ecclesiastiche successive alla sua morte, ne fanno un ritratto dettagliato molto orientato politicamente.

Il trovatore non viene mai chiamato Guglielmo di Aquitania ma viene a lui attribuito l’epiteto di coms de
Peitieus, abbiamo una brevissima biografia scritta a due secoli di distanza dalla sua attività, trasmessa dai
manoscritti gemelli I e K che riportano gli stessi testi e la raccolta.
Vida breve introduzione alla sezione lirica del canzoniere deddicata a questo poeta, alcuni canzonieri
trasmettono sia i componimenti che le biografie (spesso fittizie e composte per la presentazione della lirica
ad un pubblico diverso corti Italia settentrionale).

All’inizio del XIII secolo si ha un esilio di molti poeti del sud della Francia in diverse corti dei paesi limitrofi,
c’è un trovatore chiamato Uc de Saint Circ arriva in Italia portando con sé una raccolta di poesie della sua
terra ed è lui stesso ad iniziare la tradizione di scrivere la vida per presentare le poesie ad un nuovo
pubblico, Uc pensò di adattare questi personaggi scrivendone delle brevi biografie, lui stesso se ne
attribuisce alcune, la maggior parte non sono reali, le vite sono romanzate con aneddoti che potevano far
presa sul pubblico (racconti di fantasia).

La più nota è la vida di Guillem de Cabestaing che racconta la vicenda del trovatore ucciso dal marino
dell’amata, ne prende il cuore e lo dà in pasto alla moglie senza che lei lo sappia, successivamente dopo
aver saputo tutto ciò si uccide.

Cortese e seduttore, buon cavaliere ma propenso a corteggiare le donne; oltre questo sapeva comporre
delle buone poesie e cantare. Viaggiò molto ingannando le donne, ebbe un figlio che si sposò con la
duchessa di Normandia dalla quale ebbe una figlia che fu moglie di Enrico d’Inghilterra.

Di nessuna delle canzoni di Guglielmo ci è giunta la melodia, nella rubrica vediamo la scritta “aissi comensa
del comte de peitius, titolo vergato di inchiostro rosso inizio della sezione di Guglielmo.

Si delinea la figura di un libertino sfrenato, nemico della religione e della morale a causa del suo rapporto
con le donne, i cronisti (chierici) Goffredo il Grosso e Goffredo di Vigeois lo descrivono nemico del pudore
e un irrefrenabile amante di donne ma la testimonianza più importante rimane quella di Guglielmo di
Malmesbury, uno scrittore che disse che tutto ciò che faceva era data dal caso e si macchiò del fango dei
vizi ricorda la descrizione fatta da Dante nella divina commedia di Democrito (modo in cui nel medioevo
vengono rappresentati gli atei, non credono nella provvidenza).

Gli atei sono rari nel medioevo sono molto più frequenti gli eretici, gli atei sono una minoranza interessanti
anche Guido Cavalcanti era rappresentato come tale.

Nasce nel 1071, è figlio di Guglielmo VIII e Ildegarda (discendente dalla casa reale francese) quando
Guglielmo ha 15 anni il padre muore ed egli subentra al padre nei titoli e nel dominio territoriale, aveva
molti vassalli che rappresentano la politica feudale del tempo.

Nel 1094 sposa Filippa di Tolosa matrimonio problematico, visto che egli dimostra molta ambizione
politica e vuole ampliare il suo potere, può avanzare pretese di tipo dinastico sulla contea di Tolosa quando
il padre della moglie parte per la crociata (primo motivo di contrasto con la chiesa).

Grazie a donazioni frequenti alle abbazie si tiene buona la chiesa, questi signori dovevano stare attenti a
non stravolgere gli equilibri territoriali, Guglielmo invece avanza pretese territoriali e cominciano i contrasti
con la chiesa nel 1100 egli rivendica piena autonomia politica e territoriale rispetto alla chiesa rompendo
con l’episcopato, il papa ottiene che lo stesso Guglielmo parta per la crociata nel 1099, rientra in Francia nel
1102, rischia anche di morire, torna senza la gloria.

Ha dei rapporti difficili con papa Urbano II e Pasquale II (papi riformatori):

Urbano II 1098 primo motivo di dissapore è la partecipazione da parte di Guglielmo dell’alleanza
antifrancese di Guglielmo II di Inghilterra, azione attraverso la quale il re di Inghilterra tenta un colpo di
stato con il re di Francia, che si conclude con il fallimentare assedio di Parigi
Pasquale II tensione per la questione tolosana poiché Guglielmo prova ad annettere la contea di Tolosa,
finanziandola depredando i monasteri e appropriandosi di beni ecclesiastici, nel 1114 il vescovo lo
scomunica e lui lo esilia.

Nel 1115 rapisce la moglie di un visconte e ne fa la propria amante ufficiale, atto al quale segue la seconda
scomunica dal papa fatto impensabile per l’epoca per la sua tracotanza, infatti la moglie Filippa si ritira in
convento.

Sarà costretto a fare ammenda per cercare una riappacificazione con la chiesa partecipando a una seconda
crociata europea contro gli arabi di Spagna tra il 1120 e il 1123 movimento di Reconquista della spagna
meridionale, si distingue dal punto di vista militare, poiché riesce ad ottenere importanti vittorie (riscatto
spirituale).

Viene visto come un buffone poiché da duca si metteva allo stesso livello dei giullari e degli attori, la sua
attività letteraria viene stigmatizzata dagli ambienti ecclesiastici.

Guglielmo muore nel 1126.

La poesia trobadorica ha un inizio di tutto rispetto con un personaggio notevole, come dicevamo
attribuiamo a lui 10 canzoni, l’elemento particolare in Guglielmo è aver praticato una lirica di stampo
amoroso affiancata ad un filone che rovescia tutto ciò poiché ha uno stampo comico-parodico con elementi
osceni paradosso del primo trovatore che fonda la fin’amor (amore cortese) compiendone anche il
rovesciamento parodico.

Ab la douzor del temps novel pagina 75

20/04/21 continuo della poesia sopra sul libro

Il titolo è la ripresa dell’incipit della poesia, è il primo verso solitamente, i numeri che si trovano accanto
183.1 è un numero di repertorio, BDT bibliographie de troubadours che hanno raccolto tutte le liriche
repertoriandole per ordine alfabetico e progressivo degli autori e aggiungendo anche una sezione di
anonimi, 183 si riferisce alla posizione di Guglielmo, 1 invece si riferisce al primo componimento di
Guglielmo (probabilmente per l’inizio in ab).

Ab la dolchor del temps novel.

Si tratta di una delle prime poesie scritte in provenzale. Scritta per mano di Guglielmo 9°, primo trovatore,
primo autore del quale ci sia pervenuto qualche testo. La sua produzione è collocabile tra la fine dell’11° sec
e l’inizio del 12°sec.
E’ una canzone che tratta d’amor cortese, Guglielmo IX d'Aquitania è anche autore di canzoni di tema
lecensioso: ovvero scriveva di canzoni che parlavano d’amore in modo non ordinarioAMORE ADULTERO. 

Quali caratteristiche possiamo individuare in questo testo?


1)    L’elemento stagionale ovvero, la primavera, gli uccelli che cantano. Lo stato d’animo del poeta e della
sua amante si plasmano e diventano un tutt’uno con la natura. La primavera simboleggia la rinascita, il
rinnovamento al contrario invece l’inverno è simbolico di morte. La matrice di questo topos sembra sia
riconducibile alla bibbia grazie al cantico dei cantici.

 Questa SIMBIOSI CON NATURA fa nascere la possibilità di amare e di cantare.

2)    Esordio topico della poesia provenzale, ogni uccello canta il suo LATI. Lati stà per canto. Si dice lati in
quanto l’autore pensa al latino come la lingua per eccellenza.
3)    L’autore utilizza metafore tratte dal campo semantico economico:
-    l’amore viene quantificato
-    è un amore che si guadagna
-    è un amore che si conserva, si mette da parte
-    i sentimenti vengono teorizzati
4)    Si tratta di un amore controverso, messo in dubbio da una lite…ci si aspetta una riconciliazione.
5)    Il messaggero maligno
6)    Simboli feudali (anello, mantello)

NB Nel "De vulgari eloquentia" Dante afferma che una canzone non è una poesia.

E' un testo composto di strofe (serie di versi che seguono un certo schema metrico, stesso schema ritmico).
Per il poeta medievale è un testo scritto per essere cantato, doveva essere ascoltato da un pubblico.

La canzone si conclude solitamente con una TORNADA, ovvero una conclusione che riprende lo schema
degli ultimi versi della strofa precedente. Questa ripetizione finale serviva a comunicare al pubblico che la
canzone stava finendo.

Le COBLAS (strofe) possono essere:

a) UNISSONANS: unisoni, hanno tutte lo stesso suono;

b) SINGULARS: le rime sono diverse da una strofa all'altra;

c) DOBLAS: le rimescono uguali a due a due. In questo testo le rime cambiano di posizione ma rimangono
sempre le stesse. 

 L’amor cortese è il tema prescelto da quasi tutti i poeti provenzali ed è anche il contenuto del testo di
Guglielmo d’Aquitania in questione. Esso si compone di quattro coblas e una tornada, nelle quali il poeta si
esprime in prima persona, come avviene normalmente nella poesia lirica, che è quella in cui si manifesta
l’interiorità del soggetto, i suoi stati d’animo e si suoi sentimenti.

1 cobla L’apertura è una serena descrizione di una paesaggio primaverile, dominato dalla dolcezza del
canto degli uccelli e dalla rifioritura dei boschi; l’armonia che regna nella natura è un invito all’armonia
anche per il mondo umano: “è tempo che ognuno si tragga presso a quel che più brama”.
Mettere a confronto il rinverdire della stagione con la rinascita dei desideri amorosi non sembra una cosa
molto originale; è un accostamento che ci lascia quasi indifferenti, tanto lo consideriamo ovvio e consueto.
Dobbiamo però tener conto che l’idea di originalità, che è importante per noi, non lo era per i poeti dei
secoli passati, per i quali l’abilità di un compositore consisteva nel sapersi adeguare ad un modello già dato,
più che nel creare cose nuove. Il poeta poteva certo anche portare qualche innovazione, ma entro schemi
codificati.

Segon le vers indica senza una caratterizzazione di tipo stilistico o tematico una composizione poetica
(etimo: VERSUS verso in tutte le sue accezioni cioè che torna indietro ma anche poesia liturgica, ritmo,
misura, verso degli animali o melodia infine come antonimo di PROSA) polisemia dell’interpretazione.

2 cobla Si passa da una prima cobla impersonale e generica, ad una seconda dove è presente un
ripiegamento personale della vicenda, viene trattato ciò che turba realmente il poeta, l’autore confessa la
sua pena d’amore: non ha ricevuto alcun messaggio, né alcuna lettera “dall’essere che più gli giova e
piace”, cioè dalla sua donna.

Ciò è fonte di ansia e toglie all’innamorato il suo riposo e la sua allegria, si tratta di situazioni tipiche nella
psicologia amorosa: quando la persona amata è lontana, l’amante si sente debole e smarrito; vorrebbe farsi
avanti, lanciare la sua proposta alla donna, ma gli manca il coraggio, non ha la certezza che la risposta di lei
sia quella sperata.
Lei, la donna, è posta su un piano molto alto, sembra un essere irraggiungibile e all’innamorato non resta
che sentirsi inferiori, come un suo servo.

Non è difficile vedere in questo un rispecchiamento della società feudale nella quale il testo si colloca, il
feudalesimo è basato su una precisa gerarchia sociale, che regola i rapporti tra gli individui; e come il
vassallo è sottomesso al suo signore, così l’amante si pone nei confronti della donna, configurata proprio
come “domina”, cioè signora e padrona.

No°m segno diacritico, punto in alto, si usa quando si vuole indicare l’énclisi (la caduta dei pronomi
personali, articoli particelle in unione con una parola che termina per vocale, no me ma sarebbe una
sillaba in più) si usa per economia fonetica che viene utilizzata come un apostrofo.

Com eu deman formula utilizzata per determinare la volontà del signore, si riprendono le formule
vassallatiche.

3 cobla La parte centrale della lirica è costituita da una similitudine: l’amore è come un ramo di
biancospino, che soffre il freddo durante la notte, ma si ricrea nelle ore diurne quando torna a splendere il
sole, l’amore non è certo un sentimento monotono, oscilla spesso tra felicità e tristezza, tra calore solare e
gelo notturno.

La nostr’amors AMORE E’ FEMMINILE

El ramel complemento di stato in luogo

Fueilla come sagel è una sineddoche, indica il fogliame immagine evocativa dato che si passa da un ramo
di biancospino, eternamente fragile ma riesce a farcela e rinasce a qualcosa di rigoglioso.

4 cobla Nella penultima strofa l’autore lascia spazio ad un lieto ricordo e rievoca un mattino in cui i due
amanti fecero la pace e si comunicarono il loro amore tramite un rito: la donna pone il suo mantello sulle
mani dell’innamorato. Si tratta evidentemente di un simbolo che esprime unione, amore e fedeltà;
l’augurio del poeta è che durino il più a lungo possibile.

Mati si ricollega all’endeman della strofa precedente.

Drudaria (DRUTZ: amante) intimità amorosa, relazione piena con l’amante, in questo caso non ha una
connotazione negativa anche perché Guglielmo non sembra sottostare agli obblighi morali come Raimbaut
D’Aurenga che sfoggia nelle sue poesie le sue conquiste, gode interamente senza divieti e senza frustrazioni
(non è scontato il fatto che abbiamo consumato il loro rapporto, spesso l’amore nei confronti dell’amata
rimane platonico e incompiuto, sia perché c’è una distanza fisica, sia perché c’è una differenza sociale
desiderio che tende sempre verso l’infinito).

Questi due trovatori forse avendo una situazione di dominio sociale non dovevano sottostare alle regole
sociali, mantengono un rapporto di inferiorità emotiva, c’è un racconto semplice di un litigio tra i due amati.

Anel rimanda alla simbologia feudale (cerimonia investitura, simbolo del legame vassallatico) ed erotica

Mantel rimanda a un’espressione feudale, è una cerimonia di investitura del vassallo nella quale egli
giurava lealtà al signore, lui gli concedeva una parte di territorio e il signore simbolicamente allargando il
suo mantello indicava la protezione che avrebbe garantito al vassallo.

Metafora della sua condizione nei confronti della donna che dà protezione a Guglielmo ambiguità visto
che sembra alludere a voler toccare la donna.

Tornada Incombe un pericolo sull’amore: l’invidia degli avversari e dei maldicenti; è bene dunque che
nessuno conosca il nome della donna oggetto d’amore. Ma come parlare di lei allora? Ricorre ad un
“senhal”, ad una designazione cifrata dell’identità di lei.
Guglielmo d’Aquitania conclude la sua lirica con ottimismo: non teme che i discorsi malevoli possano
allontanarlo dal suo “Buon-vicino”; se gli altri vogliono vantarsi di amori irreali, egli sa che “dispone di pane
e coltello”, cioè non gli manca nulla ed è contento del suo stato di uomo che ama.

Ab con

Espelir lasciar andare/dire

Gabar vantarsi

Schema rimico:

 aabcbc

Le rime per il provenzale (parole prevalentemente tronche) si contano diversamente rispetto all’italiano,
cioè dall’ultima sillaba tonica della parola, in italiano data la maggioranza delle parole piane si coprono due
sillabe, la penultima e l’ultima rime più ricche.

22/04/21

Senhal la poesia trobadorica usa fin dalle origini un linguaggio fortemente allusivo, secondo l’etica
cortese la relazione deve rimanere nascosta e celata. Alla donna solitamente ci si appella con l’epiteto
midons (nome del signore) questo per sottolineare il rapporto vassallatico, quello che è strano è che in
questa poesia abbiamo il debutto assoluto della lirica d’amore europea (non considerando le hargat arabo-
andaluse e i frammenti del liebestrofen).

Questo pone per i testi lirici ma soprattutto parodici trova il problema di cercare un referente, un modello,
manca un anello di congiunzione a meno che non si voglia pensare a Guglielmo IX all’inventore dell’assetto
formale e dei temi di questa poesia sarebbe impossibile attribuire ad un solo uomo la forma e il
contenuto di tutto.

La poesia è caratterizzata da metafore molto forti feudali, c’è il ricorso ad un formulario di tipo feudale in
diversi punti della poesia, nella seconda strofa “s’el es aissi come u deman” quest’espresssione fa
riferimento ad una tipica formula di tipo feudale che si ritrova in ambiti giuridici, riecheggiamento di un
formulario feudale le immagini più forti sono quelle che si trovano nella quarta e nella quinta strofa:

traire adenan: spunto cavalleresco

fezem de guerra fi: metafora bellica che si ritrova spesso, visto che è una metafora universale

soz son mantel: cerimonia feudale in cui il vassallo veniva coperto dal mantello del feudatario, immagine
ripresa in senso erotico ma anche un richiamo feudale (rapporto amoroso: legame vassallo-signore) non
c’è una caricatura oscena, il rimarcare l’aspetto erotico poiché nella poesia sono perfettamente bilancianti
l’espressione di un amore delicato che un aspetto erotico in questo trovatore non c’è la scissione tra le
due cose, l’amore non è astratto (Guglielmo = Raimbaut d’Aurenga sia nel portare avanti l’ostentazione del
rapporto consumato con la donna sia per quanto riguarda il versante della parodia e del gioco).

Abbiamo anche una metafora feudale nell’ultima strofa: la pess’e l coutel (la pezza e il coltello la carne e
il coltello) pess (deriva da un costruito da *pettia può voler dire pezzo di carne/ di stoffa o appezzamento
di terreno) coutel (oggetto dato insieme all’anello nella cerimonia di investitura ma è anche un’allusione
agli organi sessuali maschili e femminili per intendere che loro hanno tutto ciò che gli serve.

Il modello parodiato potrebbe esserci nella poesia che stiamo per leggere “Farai un vers, pos mi sonhel”

 trovatore bifronte, con due facce, una è quella del poeta d’amore, del primo trovatore e
l’altra è esattamente il suo rovescio quella di autore di poesia parodica e oscena che in
realtà copre la maggior parte della sua produzione poetica, questo aspetto di un Guglielmo
poeta istrione come lo rappresentavano le cronache. Questo suo aspetto dissacrante da
libertino scomunicato viene fuori in 6 poesie delle 10 delle quali abbiamo la
documentazione.

E’ una delle poesie più famose, conosciuta anche come vers del gatto rosso (vers composizione poetica) e
compone infatti nel primo verso della poesia, indica la sua volontà di comporre, ed è uno dei primi modi di
iniziare una composizione, in Guglielmo lo troviamo due volte “farai un vers...” (successivamente si
differenzierà tra vers e canso, vers è più generica invece canso si specializza come una composizione che
parla d’amore).

Viene chiamato vers del gatto rosso, perché un gatto rosso partecipa alla scena che stiamo per vedere, più
che una poesia sembra una piccola narrazione in versi, alcuni l’hanno definito come un fablieau ante
litteram (definito così da Peter Dronke) ci è trasmesso da tre canzonieri, ossia i canzonieri C, N e V.

Fablieau narrazioni in versi francesi che si sviluppano a partire dal 13° secolo che raccontano storielle
comiche e oscene, a questa tradizione si è ispirato Boccaccio nel Decameron, infatti vediamo la similitudine
con la prima novella della terza giornata che narra di Masetto da Lamporecchio, dove il protagonista trova
lavoro in un convento di monache, ma per essere assunto finge di essere muto e viene sfruttato dalle
monache proprio perché essendo muto non potrà riferire niente a nessuno quindi stabilisce liaison
continue con le monache fino ad arrivare alla stessa badessa, alla fine non riesce a reggere questo ritmo
che gli viene imposto e sarà costretto a confessare la sua menzogna per porre fine alle sue fatiche.

Motivi tipici del fabliau:

- espressione desiderio sessuale femminile


- il travestimento e l’inganno
- la consumazione dell’atto sessuale come premio all’astuzia

Il protagonista dell’avventura erotica viene prosciugato dalle donne, che al tempo erano oggetto di
lussuria filone misogeno medievale.

Due suore dove Masetto lavora parlano del giovane aitante e dicono la stessa cosa pronunciata da
Agnese si possono approfittare di lui perché può parlare

Personaggio che si identifica con l’io lirico della poesia, racconta di essersi finto muto davanti a due donne
mentre percorreva un itinerario di pellegrinaggio, loro lo portano a casa, lo rifocillano e decidono di tenerlo
come amante ma prima di consumare vogliono scoprire se sta mentendo quindi lo denudano
sottoponendolo ai graffi di questo gatto rosso, l’io lirico sopporta la tortura al fine di consumare un
rapporto con loro.

Il vers si chiude con una tipica movenza da gap, cioè di vanto, dice di aver resistito in questa condizione di
amante sfruttato per molto tempo.

1 cobla in questa strofa, all’ultimo verso si fa riferimento a un preciso motivo, quello del contrasto tra
l’amore del chierico e il cavaliere tipico della letteratura medievale, spesso sono le donne a dibattere su
questo argomento, questi testi si risolvono nell’espressione da parte dell’una e dall’altra fazione di
un’espressione delle caratteristiche del cavaliere e il chierico (in ambito chiericale vince il chierico, in
ambito volgare vince il cavaliere) conflitto sociale tra l’ordine della cavalleria e l’ordine clericale.

L’immagine del clero come ce l’abbiamo adesso è data dalla stretta dei costumi ecclesiastici dopo la
controriforma postuma al medioevo.
Prime due coblas: débat motivo della rivalità chierico-cavaliere il testo più noto del genere è un
poemetto latino, “la disputa di Fillide e Flora” trasmesso dal Carmina Burana, nel quale due ragazze
dibattono tra loro se sia meglio amare un chierico o un cavaliere, alla fine vince il chierico perché è un testo
chiericale.

Invece Guglielmo essendo laico porta acqua al suo mulino.

e m vauc e m’estauc: me ne vado e sto fermo, cammino e intanto sto fermo. Sul significato di questa
espressione a parte il senso paradossale della contraddizione, qualcuno ha voluto vedere un piccolo
indovinello, forse si fa riferimento all’andare a cavallo, l’uomo seduto sulla sella riesce a stare fermo anche
se riesce ad avanzare con il cavallo.

Quella di dormire sul cavallo è un’immagine che ritorna anche nel vers de dreit rien, anche qui ci potrebbe
essere un riferimento.

Cobla 2 queste strofe fanno da prologo alla storia che verrà raccontata dalla terza cobla in poi.

Tezo Nella seconda cobla c’è un riferimento esplicito alle donne innamorate di un chierico che
dovrebbero essere punite (pena della donna=pena dell’eretico rogo), la presenza del camino, dei carboni
ardenti rimanda al fuoco che trasversalmente in diverse culture rappresenta il desiderio fisico, la passione.

Cobla 3 sembra che il tema del peregrino venga ripreso da Guglielmo per parodizzarlo (secondo alcuni
citando Rudel, ma è troppo giovane per essere preso da esempio) quelli che egli incontra sono due vassalli
dello stesso Guglielmo che erano noti al pubblico, l’avventura erotica sarebbe un modo di prendersi gioco
di due suoi vassalli.

Cobla 4:

bel aizinluogo, dimora in realtà in questo caso è provenienza sociale, potrebbe far riferimento al
portamento del pellegrino, di ottima casata

Cobla 5:

Auzires appello al pubblico prettamente maschile, la compagnia

Ni ba ni butz assolutamente niente

Ni fer, ni fust fa un chiaro riferimento ai due oggetti associati al pellegrino, il ferro indica
metonimicamente le catene che questi ultimi portavano per voto, invece il bastone rientra nella figura
stereotipica del pellegrino errante, si aiutano a camminare con il suo ausilio.

Mentaugutz,mentaure far menzione

Babariol, babariol, babarian indica il balbettio sconnesso di un muto, la difficoltà a parlare di una persona
che ha quel tipo di handicap

Cobla 7 Una mi prese sotto il mantello, immagine ricorrente nella poesia di Guglielmo, simile a ab la
douzor del temps novel ha sia un’allusione di tipo erotico, visto che si ha un contatto che la
rappresentazione del rapporto vassallatico e feudale.

una’mforma enclitica del pronome, cade l’ultima vocale

mes passato remoto di mettere, con il significato di portare

cambra etimo di camera, esito di una sincope, la caduta di camera che ha dato luogo ad un nesso
consonantico non attestato risolto con un’epentesi e l’inserzione quindi della -b-
sapchaz congiuntivo di saber, con yod o con la forma palatalizzata

bon e bel abbiamo già ritrovato quest’espressione in ab la douzor

calfei è un hapax forma non attestata se non in questo testo

Cobla 8 questa cobla è stata vista da qualcuno come genere del plazer, che è un genere di composizioni
in cui vengono rappresentate situazioni piacevoli, che possono essere banchetti o incontri con amici
conviviali in cui vengono descritti gli oggetti e gli ambienti tipiciFuoco che scalda bene, pepe che non si
risparmia, pane bianco e vino buono.

Un’altra interpretazione data al pane e al vino sono degli elementi della liturgia cristiana, che sia o meno
bersaglio di Guglielmo in questo caso, in più si parla successivamente delle piaghe inferte dal gatto rosso
(riferimento all’immaginario religioso della passione di Cristo)

e sapchatzc’è una movenza tipica da narratore, parla con il pubblico come in auzires

acperfetto di avere, ebbe

cogastros attestazione unica di questo termine, sguatteri di cucina, doppia suffissazione della parola cog
(cuochi) o cuocastri

espes spesso, pepe usato con generosità, spezia molto pregiata perché doveva essere importata e quindi
indica la magnificenza di questa cena

cobla 9 passaggio dialogato tra le donne, decidono di portare il gatto rosso per vedere se egli sta
mentendo

ni usato come negazione, ma in frasi affermative è usato come congiunzione

cobla 10 Agnese andò per il noioso, espressione tipica in italiano andare a prendere qualcosa/qualcuno,
noioso viene riferito nella poesia trobadorica a chi ostacola la relazione tra i due amanti, tipo il marito che
sospettando dei due amanti metta i bastoni tra le ruote terzo incomodo alla realizzazione del desiderio.

Amor e l’ardiment amore e coraggio, caratteristiche tipiche dell’eroe cortese.

Cobla 11Il gatto viene definito invece come l’eroe negativo, cattivo e fellone (traditore, chi trama contro).
E’ una scena sadica, anche se è il motivo della prova che la donna sottopone all’amante, diventerà un topos
ma il più delle volte non comporta dolore fisico, solitamente o è una prova di coraggio o della segretezza,
l’uomo non deve parlare dell’amore concesso dalla donna all’amanteprimo riferimento alla prova.

Cobla 12 l’immagine delle piaghe, ma anche il riferimento al costato ricorda le piaghe di Cristo, la forma è
però dissacrante.

Mogra condizionale di mover

Cobla 13:

i copisti non scrivono mai i numerali in lettere, ma sempre con i numeri romani quaranta e un

az aquel torn in quel modo/ in quel luogo

cobla 14 abbiamo il gap, il vanto, il termine viene da gabar che vuol dire sia vantarsi che tradire, è anche
un genere letterario tipico della poesia trobadorica. Per il numerale 80 il provenzale si comporta come il
francese, qatre vint.
Come nella novella di Boccaccio il protagonista viene prosciugato dalle donne affamate di sesso, immagine
frequente nel medioevo, fa capo ad una letteratura misogina e clericale dove la donna viene vista come
l’elemento lussurioso per eccellenza.

Foteiperfetto di fottere.

Corretz e arnes rimandano a una connotazione sessuale, organi sessuali maschili.

Tornada tipica cobla di invio, di chiusura, chiede ad un giullare (Monet) di portare la composizione per
farla cantare, recitare. Non si tratterebbe solo di questo, ma anche di rivelare la beffa dentro la poesia, sia
alle mogli che ai mariti, affermazione di potere da parte di Guglielmo rispetto ai suoi vassalli minori e
iperbolicamente e scherzosamente il testo si chiude con l’invito ad uccidere il gatto (il gatto comunque
come dicevamo è il marito). Solo nel canzoniere C è presente.

M’ dativo di vantaggio (m’iras)

Mo vers modo in cui l’autore indica la propria composizione, termine tecnico

Quindi:

Nella Canzone del Gatto Rosso ("Farai un vers, pos mi sonelh") Guglielmo Conte d'Aquitania, il "primo
trovatore", racconta una strana storia.

Una storia di sesso trasgressivo: il Conte (o, quanto meno, l'uomo che corrisponde a colui che racconta la
storia in prima persona), dopo aver superato una bizzarra "prova", alla fine si sollazza energicamente per 41
giorni con due donne, realizzando prestazioni veramente maiuscole ( 188 rapporti carnali, "las fotei ... cent
et quatre-vinz et ueit vez") tanto da rischiare un definitivo sconquasso del proprio apparato genitale.

Le due signore vengono indicate per nome e per casato (anche se si ipotizza generalmente che i nomi siano
falsi), ed è chiaro che non si tratta di mercenarie: sono N'Agnes moiller di En Guari e N'Ermessen moiller di
En Bernart (Donna Agnese moglie di Ser Guarino e Donna Ermesenda moglie di Ser Bernardo).

Ed è indicata esplicitamente la regione in cui si svolge la prodigiosa e adultera impresa: l'Alvernia, oltre il
Limosino ("en alvernhe, part Lemozi"). Quando Guglielmo giunge in questa regione, incontra le due donne,
che, per prime, lo salutano in modo "modesto" (simplamentz) in nome di San Leonardo, rivolgendosi a lui
come a un "pellegrino", peleri.

L' astuto conte si guarda bene dal declinare le proprie generalità, anzi risponde facendo il muto, e senza
dire niente emette suoni inarticolati, che il testo stilizza in monemi da filastrocca: "Babariol, babariol /
Babarian".

Tanto basta alle due donne per vedere nel pellegrino la consolazione delle loro libidini. Ed ecco che lo
accolgono con amore e sollecitudine, lo sfamano in maniera sontuosa ("a manjar mi deron capos", da
mangiare mi dettero capponi) e si apprestano ai lunghi congressi carnali prima citati.

Ma prima vogliono essere sicure che l'aitante sconosciuto non possa tradirle, andando a raccontare le loro
imprese: perchè sembra chiaro che quello è l'uomo adatto per loro, in quanto è muto (N'Ermessen ha detto
a N'Agnes: "Sorella, ospitiamolo per l'amor di Dio, perché è proprio muto, e nessuno potrà sapere da lui le
nostre decisioni").

E lo sottopongono quindi ad una prova violenta, decisiva nel suo sadismo.

Lo strumento è un gatto rosso, l'enoios ("il noioso"), grande e grosso e con lunghi baffi, un gatto che deve
essere stato lungo quanto un uomo, perché viene sistemato sul povero pellegrino in modo da coprirgli tutta
la schiena, arrivando fino ai piedi.
L'uomo è nudo, ormai ("e.m despollei per lor grat", io mi spogliai secondo la loro volontà) e il gatto
"malvagio e infido", ma palesemente docile alla volontà delle libidinose padrone, viene assicurato alle
spalle e alle caviglie, gli artigli del gatto direttamente nella carne dell'uomo.

Poi le donne cominciano a tirare la coda del povero felino: che, giustamente, graffia il supporto su cui è
stato sistemato. E suonano così a lungo questo strumento, facendo più di cento piaghe al malcapitato
pellegrino: che stoicamente sopporta il tutto, e afferma che non si sarebbe mosso nemmeno se lo avessero
ucciso.

Dopo di che, naturalmente, c'è la ricompensa, e i tre porteranno a termine la lunga performance sessuale di
cui parlavo all'inizio E' stata notata la contraddizione tra la capacità di resistenza al dolore del Conte, che
in tal modo testimonia la sua discrezione, e l'esibizione dei nomi e quasi dell'indirizzo delle due donne,
sposate fra l'altro, e localizzabili all'interno dei domini feudali di Guglielmo (che quindi svergognerebbe dei
suoi vassalli).

E questo è stato messo sul conto del cinismo trasgressivo del Conte di Poitiers, descritto dagli antichi come
un impenitente "donnaiolo", e visto dai moderni addirittura come una sorta di antenato medievale di Don
Giovanni, l'intera storia, sia che la si ritenga "costruita", sia che si pensi ad una trasfigurazione letteraria di
dati reali, è stata letta come segno di misoginia (nascente da una visione esasperata del desiderio sessuale
femminile, che genera paura mascherata da disprezzo) o, ancora, come il frutto di un atteggiamento
parodistico di fronte ai dogmi dell'amor cortese (la "pazienza" di Amante, la sua obbedienza puntuale ad
ogni desiderio anche irragionevole di Madonna).

Nessuno sembra voler prendere sul serio Guglielmo, accettando che in una poesia di questo genere egli
parli di cose serie e, almeno per lui, vere: usando, certo, una forma grottesca e discutibile, ma non più di
quello che farà, fra qualche secolo, Hieronymus Bosch, o Dante quando costruisce il suo "Inferno".

Pure, la storia sembra semplice, se si riesce a non perdere di vista le sue linee fondamentali: che sono la
dimostrazione da parte del "conte" di sapersi mantenere "muto", ed il dono di gioia che nasce per lui dal
superamento di questa "prova iniziatica".

Gioia espressa mediante l'enfasi della sessualità ("las fotei ... cent et quatre-vinz et ueit vez"), ma
trasferibile facilmente dal registro carnale a quello della spiritualità, che è poi uno dei modi fondamentali in
cui va intesa la parola chiave provenzale "joya", così spesso riferita sia alle estasi della separazione (l'amor
lontano di Jaufre' Rudel) che a quelle del contatto fisico fra Amante e Madonna: è noto che presso i
provenzali l'unione amorosa dei corpi non è esclusa con quella rigidezza che troviamo nella poesia d'amore
del Dolce Stil Nuovo.

Che la prova del gatto rosso sia "iniziatica" sembrerebbe quasi ovvio: il "pellegrino" deve rimanere "muto",
mutz, nonostante il dolore, deve cioè tacere anche a prezzo della vita, che è la legge generale e
antichissima di ogni "mistero": parola, del resto, che deriva dal verbo greco myein, "stare con la bocca
chiusa, tacere". Il rispetto di questa legge porta l'Iniziato a godere il piacere supremo (la visione di Dio, la
comprensione delle cose, o che altro prometta il singolo "mysterion").

Questa vicenda essenziale è raccontata nella canzone del Gatto Rosso, con il semplice (e medievale)
espediente di volgerla dallo spirituale al materiale.

Il sesso/piacere sta per la gioia iniziatica, il gatto malvagio e fellone per le ardue prove da superare, le
donne per i Custodi e le guide del Cammino, il pellegrino infine per l'aspirante iniziato.

La canzone offre anche altre tracce a chi ricerchi una interpretazione di questo genere: la condizione di
"pellegrino" del protagonista, i "41" giorni durante i quali si svolge il congresso erotico, il numero 188, che
interpretato secondo la numerologia di ascendenza pitagorico-cabalistica enfatizza il tema della protezione
divina (8 è il numero della giustizia e della protezione, 80 significa di nuovo protezione e salvezza, 100 si
legge come "favore divino"), lo stesso simbolo del gatto (si pensi alla "lonza" dantesca). E possono essere
facilmente integrati in questa prospettiva il riferimento a San Leonardo (esisteva nei domini del Conte un
santuario dedicato a questo santo, oggetto di pellegrinaggi) e i nomi di Agnese e di Ermessenda, portati da
due pie antenate di Guglielmo (una prozia e una nonna), seguaci di San Pier Damiani.

Non c'è bisogno di ricorrere alla vecchia equazione poesia trobadorica=catarismo, per accettare questa
ipotesi. Basta ammettere che il segreto iniziatico a cui il "pellegrino" si dimostra così fedele sia una qualsiasi
forma o un qualsiasi livello di conoscenza spirituale.

La poesia del resto non allude a nessuna "conoscenza" specifica: si limita ad affermare due cose: che tenere
fede al segreto implica sofferenza, e che colui che sarà capace di affrontare tale sofferenza ne ricaverà
abbondanti gratificazioni. Lo stesso messaggio che viene fuori da un'altra storia con cui questa di Guglielmo
può essere utilmente confrontata: la novella boccacciana di Masetto da Lamporecchio (Decameron, III, 1)
Anche Masetto, come il "pellegrino", supera la prova del mutismo iniziatico, ottenendo piaceri di tipo
sensuale in misura iperbolica.

Il confronto ci dice che il modo piccante che il Conte di Poitou usa per parlare delle cose dell'anima non era
stato dimenticato due secoli e mezzo dopo. E che bisogna stare attenti a tacciare di insensatezza o di "bassa
voglia" quello che è soprattutto un modo espressivo, il portato della tendenza medievale ad allegorizzare.
Lo scandalo, spesso, è solo nei nostri occhi…

29/04/21

Esempio della produzione di Guglielmo che rappresenta il suo versante libertino, una produzione
improntata sulla leggerezza il gioco versante anticortese fanno parte sei testi riferite ai compagni di
Guglielmo, non è inverosimile che tra di loro ci fossero altri aristocratici che come lui praticavano la poesia,
di questo siamo sicuri almeno in un caso, un vassallo di Guglielmo, Eble di Ventadorn, di lui non ci sono
arrivate composizioni ma sappiamo che è stato un grande trovatore, le cronache dicono che Guglielmo gli
dava il più grande credito, erano molto amici.

Il controcanto cortese di Guglielmo:

Compahno, farai un vers [qu’er] covinen: la scelta tra due cavalli, che alla fine del testo si rivelano essere
due dame, con allusioni di stampo feudale ai castelli di Gimel e Nion, luoghi di origine dei due ‘cavalli’

Compaigno, non puesc mudar qu’eo no m’effrei: la dama si è rivolta a G. per liberarsi dei suoi guardiani

Companho, tant ai agutz d’avols conres: alla dama oppressa si sostituisce il con, che non


dev’essere gardatz, cioè soggetto a segregazioni o privazioni

Ben vueilh que sapchon li pluzor: gap che celebra l’abilità poetica ma anche quella sessuale, attraverso la


metafora di una partita a dadi con la donna

Con maschile in provenzale indica l’organo femminile. E’ presente nel filone parodico e osceno, qui
diventa per sineddoche protagonista in prima persona, companho tant ai agutz d'avols conres.

Nel vers si incrociano altri generi ad esempio il débat, ma anche quello del plazer (coblas 7-8) genere nel
quale vengono descritti ambienti o situazioni piacevoli come banchetti e feste infine il gap (14° cobla)
genere che riprende i toni comico-epici della performance erotica: il cavaliere, dopo aver riportato gloriose
ferite in guerra (il gatto) è il protagonista di una prestazione eroica, con resoconto dettagliato.

Vengono notati dei parallelismi e dei rimandi ad Ulisse e alle sue vicende tematiche omeriche.
Il motivo del travestimento si ritrova in un aneddoto in un raccolta di exempla, autore postumo a
Guglielmo Etienne de Bourbon che parla di una storia simile al vers de gatto rosso, cita Guglielmo, che si
traveste da pellegrino per provare se in una situazione di mercante si possa vivere meglio. E’ singolare
questo aneddoto perché sembra ricollegabile alla biografia del conte, ma agganci più precisi ci sono con la
realtà storica, ci sono riferimenti a personaggi reali, anche se nascosti sotto nomi fittizi, Guarino e Bernardo.

Poi c’è un accenno a San Leonardo di Noblat e il riferimento agli abiti da pellegrino, Rita Lejeune dice che
potrebbe trattarsi di un riferimento parodico a Boemondo di Sicilia, principe di Antiochia che nel 1106 si era
recato pellegrino al santuario di San Leonardo e non sarà stato un evento passato inosservato se davvero
ci fosse questo riferimento possiamo datare il testo dopo il 1106

In più Agnes e Ermessen secondo Rita Lejeune, sono curiosamente i nomi di due duchesse di Acquitania,
rispettivamente nonna e prozia di Guglielmo, seguaci di Pier Damiani (è un importante personaggio di
origini italiane ma inviato come ambasciatore della corte papale in Francia, lo seguono anche nelle pratiche
di autoflagellazione per lavarsi dei propri peccati) forse l’immagine ritorna nella punizione fisica del
protagonista del vers, potrebbero richiamare le pratiche che le sue antenate seguivano.

Parodia su più piani parodia di temi cortesi:

- rappresentazione rovesciata delle figure femminili


- il motivo del celar il pellegrino è mutz, l’uomo è tenuto alla segretezza, ma in realtà svela tutto
all’interno del testo
- la sofferenza amorosa la parodia di questo tema si potrebbe leggere nelle torture subite,
trasposizione dal piano emotivo e psicologico a quelle corporali
- il servitium amoroso (rendersi servi a disposizione della donna) e il superamento della prova qui
il motivo sarebbe parodiato poiché è parodiata anche la prova d’amore

 ma anche il livello religioso che viene messo in gioco attraverso il pellegrinaggio, a un


santuario importante ma anche ad un personaggio come Pier Damiani.

Chi sono i bersagli della parodia?

Sono state avanzate delle ipotesi, una vede coinvolto Eble Ventadorn che rappresenterebbe l’amor cortese
altri invece parlano di un bersaglio di parodia esterno al dominio volgare tirando in ballo la poesia dei
maestri della Loira, chierici attivi nei grandi centri conventuali della Loira contemporanei di Guglielmo che
avevano sviluppato un filone di letteratura di carattere profano che è stato ricollegato come base della
poesia trobadorica (chierici scrivevano a monache di amicizia a distanza che a volte alludevano ad altro).

“Farai un vers de dreit nien” trasmesso da due manoscritti soltanto l’E e il C.

Dreit nien diritto niente, di puro niente

Cobla 1 Compare nell’incipit ancora una volta la formula con cui di solito si introduce un testo farò +
titolo, la composizione è ancora una volta denominata vers, componimento non definito da un punto di
vista tematico, in questo momento non è presente una differenza tra canso e vers.

Il senso di fare una poesia che si denuncia come poesia sul nulla, è perché sta facendo tema di polemica e
parodia della stessa poesia, perché è la negazione del senso del componimento.

- er viene da erit, futuro


- en particella del gerundio come in francese

si notano dei tratti tipicamente pittavini


cobla 2:

da contrapporre ad alegres non c’è arrabbiato ma triste, iratz è polisemica come parola in provenzale

pueg PODIUM che porta poi a poggio in italiano

cora sincope di QUA HORA latino

cobla 3:

e no m’o pretz una fromitznon mi importa una formica non mi importa nulla, modo di dire

metge obliquo singolare che si contrappone a metges, caso retto

mau malar (vocalizzazione della l finale)

cobla 5 continua la composizione per paradossi, un’affermazione e il suo contrario, appare la figura della
donna e c’è il rifermento ai Normanni e ai Francesi, geograficamente e concretamente sono gli abitanti
della zona intorno Parigi, in questo contesto per alcuni li cita per il richiamo ai maestri della Loira, altri
hanno pensato che fosse ascrivibile alla provenienza della donna (però sono due etnie) invece l’ultima
ipotesi (poco accreditata) è di prendere questi due sostantivi come unità di misura, squadra e misura con la
quale si pesava il grano (dando ad ostau il significato di cuore, dovrebbe voler dire che il suo cuore non ha
misura).

cau CALER (avere caldo): scaldarsi per qualcosa

cobla 6 continua il riferimento a questa donna mai vista e conosciuta perché come l’amiga della cobla
precedente che non conosce e mai vista qui lo ribadisce.

No pretz un jau riprendendo l’espressione della formica ancora una volta c’è il meccanismo paradossale
rovesciato per cui si dice che ama tanto una donna che non conosce nemmeno da cui non avuto né bene né
male, se non la vede sta bene poiché non gliene importa niente pura mancanza di logica, motivo chiave
del componimento

Gensor caso obliquo di gènser (cambia l’accento sul caso obliquo, l’accento è sulla o)

Belazor forme obliqua

Cobla 7 si può capire da questi ultimi versi che sta inviando il vers a un destinatario che risiede nei propri
territori e si tratta del suo vassallo che deve mandargli la controchiave del suo astuccio

Estui astuccio/scrigno (origine germanica STUKI che vuol dire rivestimento esterno, guscio, corteccia
con una a iniziale che ha dato origine alla parola nelle lingue moderne)

Il testo si pone come un evidente indovinello, devinalh (rappresenta un genere poetico) in cui attraverso
l’esposizione di concetti paradossali senza senso si deve cogliere il senso, infatti con controchiave si può
riferire alla chiave che può aprire l’astuccio del senso del testo è un invito a rispondere al testo e alla
provocazione di questo testo apparentemente senza senso.

30/04/21

Il verso sul puro nulla è chiara la struttura enigmatica di questo testo, la volontà di confezionare un testo
costruito su una serie di paradossi e il riferimento finale della contraclau e l’invio a un destinatario ignoto
che deve inviare il testo nel Poitou (sembra essere un vassallo di Guglielmo) deve rispondere decifrando
l’enigma del testo.
Incipit programmaticamente si usa la formula di esordio tipico della poesia trobadorica, già questo inizio
pone comunque sulla strada dell’intenzione dell’autore di sovvertire le regole stesse del trobar, diventerà
un topos di indicare le proprie intenzioni all’inizio del testo.

Il fatto che la chiami verso del puro niente, i paradossi e il fatto di aver utilizzato l’immagine di lui che
compone dormendo a cavallo, tutti questi elementi hanno fatto pensare che l’autore giochi al gioco del
rovesciamento, della parodia, da un lato contro il trobar stesso e le sue tematiche (l’amore, l’espressione
dei sentimenti, la gioventù rinascita) dall’altro sembra che l’immagine di comporre mentre si dorme a
cavallo sembra avere dei referenti precisi.

Comporre un vers mentre si dorme a cavallo:

si tratta della parodia o un richiamo a un topos prefatorio/dedicatorio: dire di comporre mentre si dorme
o mentre si viaggia è un modo per sminuire per modestia la propria opera nell’inviarla a un destinatario
si scusa visto che sono state composte nelle peggiori condizioni, i due precedenti più interessanti sono:

- Venanzio Fortunato lontano del tempo, autore del sesto secolo, uno dei più importanti scrittori
della tarda latinità. Nella dedica prefatoria dei suoi carmina al vescovo di Tours Gregorio insiste
sulla modestia delle sue nugae (sciocchezze, cose di poca importanza)topos della modestia.
Venanzio dice di averle composte mentre viaggiava nelle diverse città, mentre dormiva e mentre
cavalcava, è significativo il riferimento poiché Venanzio, di origini italiane visse in diverse città
francesi e morì in Francia con la carica di vescovo di Poitiers, dove conobbe Radegonda e Agnes,
Venanzio intrattenne con loro un’amicizia spirituale, già sono anticipati quindi quei temi della
cortesia in ambito clericale sviluppati poi dai maestri della Loira (uno dei maggiori esponenti è
Baudri de Bourgueil)
- Baudri de Bourgueil ritroviamo lo stesso topos della modestia, diceva che componeva o di notte
o mentre cavalcava

Oppure:

- Martrice colta, che ha come referenti l’esegesi medievale di Cantico dei Cantici, “io dormo e il mio
cuore vigila”
- Lettura comico oscena: il cavallo è metafora della donna

Contraclau:

in un passaggio del donatz proensals (trattato grammaticale del provenzale) di Uc Faidit, si intende una
chiave modellata su un’altra, ovvero che può aprire e chiudere serrature chiuse da altra chiave (clavis facta
contra clavem) significato metaforico della soluzione a un enigma posto da un interlocutore.

Appartenenza al genere del devinalh e alle modalità compositive degli aenigmata latini (uso di antitesi,
paradossi, questi ultimi e la mancanza di senso intendono esprimere:

- lo stato di confusione dell’amante, leggere nelle intenzioni di Guglielmo l’espressione di uno stato
di eccezione o
- l’assurdità della condizione amorosa, del paradosso stesso della condizione dell’amante che vive
stati d’animo contradditori, è felice ma anche disperato

Il testo secondo Pasero permette di vedere le testimonianze superstiti dei dibattiti ideologici dell’epoca
delle origini provenzali.

Una parodia strutturata:


- amore per una dama mai vita (l’amore de lonh concetto che viene fuori dal secondo trovatore
attestato, Jaufre Rudel)
- la sofferenza dell’amante
- la dimensione straniante, l’incantesimo, l’invio del vers nella tornada
 sono stati fatti due nomi Eble de Ventadorn (una sorta di fantasma la cui figura ha
appassionato molti studiosi perché rappresenta una di quelle pedine mancanti della prima
produzione trobadorica) e Jaufre Rudel.

Eble di Ventardorn:

Era un vassallo di Guglielmo, c’è una relazione diretta tra i due aristocratici, era un frequentatore della
corte del conte, il rapporto tra i due si svolgeva sul piano artistico-letterario, se abbiamo testimonianze
sulla figura storica di Eble, purtroppo non abbiamo testi, anche se ci sono riferimenti di poeti successivi che
lo considerano come un maestro, anche più di Guglielmo, tra i diversi riferimenti due sono i più importanti:

- Bernart de Ventadorn (attivo nel terzo quarto del 12° secolo 1170), lo temps vai e ven e vire, uno
dei più importanti trovatori, un poeta di grandissimo spessore la cui poesia è caratterizzata da una
leggerezza di stile che lo rendono un maestro del trobar leu (eleganza, grazia e lessico selezionato)
contrapposto al trobar clus (Raimbaut d’Aurenga, erede più fedele della personalità poetica di
Guglielmo, stile ricco, prezioso, difficile).
Il riferimento in Bernart chiarisce anche le caratteristiche della poetica di Eble nella poesia il
poeta esprime la sofferenza di un amore infelice, non corrisposto che lo porterà ad abbandonare la
stessa poesia, perché può venire solo dall’amore, dicendo Eblo, è come se l’autore aderisse alla
scuola poetica di Eble, ma lui non ci si vede più, ci fa pensare la poetica di Eble come una poesia
leggera,elegante e dall’espressioni di sentimenti alti e sublimati.

- L’altro riferimento è in un testo di Cercamon, è della generazione successiva a quella di Guglielmo,


tanto che ha scritto un planh (composizione per il compianto funebre, non è per la donna amata
ma è dedicata ad un signore, protettore…) composto per la morte di Guglielmo e alla fine del planh,
lo invia a Eblo, che era l’interlocutore privilegiato del conte, è solo possibile ipotizzare che in una
competizione ammirata, Guglielmo avrebbe potuto prendere come bersaglio il concetto di poesia
di Eble, la stessa invenzione dell’amor cortese sembra che sia stata fatta appunto da quest’ultimo,
infatti Guglielmo rivendicava la parte erotica e giocosa.

Jaufre Rudel

Canzoniere molto piccolo, solo 6 liriche sono attribuite all’autore ma sono abbastanza per capire la sua
produzione, è uno dei trovatori che ha avuto più fortuna grazie alla leggenda da cui è avvolta la sua
persona, a questo mito ha contribuito la vida del poeta (allestite per il pubblico italiano, sono delle prose,
sono indubbiamente delle biografie romanzate, anche perché vengono realizzate postume rispetto alla vita
degli autori).

La sua biografia racconta di questa leggenda Jaufre è il principe di Blaia, si innamorò della contessa di
Tripoli senza averla vista (riprende la poesia farai un vers de dreit rien) per il bene che ne sentì dire dai
pellegrini tipico innamoramento per fama, topos della letteratura trobadorica, ci si innamora perché si
sono sentiti gli elogi per la bellezza o la nobiltà d’anima.

Su di lei compose molte poesie (trobar leu elegante e semplice, nella linea di Eble) per il desiderio di
vederla si fece crociato, ma si ammala durante il viaggio, lo danno per morto quindi lo conducono a Tripoli,
lei va al suo capezzale e lo prese tra le braccia, lui si rese conto che fosse la contessa ma morì tra le sue
braccia. Lei quello stesso giorno si fece monaca per il dolore della morte di lui.

La poesia che racchiude la fin’amor Lanquan li jorn son lon en mai, si fa automaticamente riferimento
all’amor de lohn, la poesia è molto astratta infatti si è cercato di concretizzarlo attraverso la biografia.

Lohn è il termine chiave di questo testo che si ripete all’interno della poesia.

C’è un riferimento al regno dei saraceni, il biografo l’ha tenuto di conto per la vida, ma anche in questo caso
lui in primis si era fatto crociato, l’immagine di pellegrino di Jaufre è una metafora poiché si augura di
recarsi dov’è lei (richiama la poesia di Guglielmo, vers del gatto rosso).

Ci sono riferimenti e indizi vari che hanno permesso al biografo di creare una storia, la lontananza di Jaufre
potrebbe indicare il concetto astratto di irraggiungibilità assoluta, l’amore perfetto dei trovatori è un
concetto lontano non tanto nello spazio ma nell’idea concretizzato da chi ha creato la vida come
lontananza geografica.

Interpretazioni dell’amor de lohn:

- Storico-biografica tentativi di identificare la contessa di Tripoli


- Simbolica allegoria della terra santa
- Simbolica amore per la vergine Maria o l’amore divino
- Matrice cristiana concezione platonica-agostiniana della ricerca interiore come base della
conoscenza del sé e del divino (la donna non c’entra niente, la tensione di questo oggetto lontano
implica il perfezionamento spirituale)

L’ipotesi più accreditata, visto che richiama la parodia di Guglielmo è il rifermento al vers de dreit rien, il
riferimento a una donna mai vista di cui è innamorato, il riferimento all’incantesimo che potrebbe
rimandare alla parte finale della poesia di Rudel dove egli dice di essere stato maledetto da un padrino,
abbiamo la stessa immagine del biancospino (ab la douzor) e infine la figura del pellegrino presente nel vers
del gatto rosso, sono elementi che metterebbero in relazione la poesia di Guglielmo con questo versante
che si andava sviluppando, contro il quale Guglielmo polemizzava, un versante idealizzante (amore come
esperienza interiore, psicologica, il rapporto amoroso è di pura astrazione).

Tesi di Leo Spitzer, nel 1944, prende l’amore de lohn di Rudel come la chiave per capire la poesia di
trovatori, a lui si deve l’espressione del paradosso amoroso dell’amor cortese (amore desiderato ma
escluso dalla tentazione, amore che non vuole possedere ma gioire del mancato possesso). Questo
paradosso è fondato sul paradosso della vita cristiana, perché abbiamo l’impossibilità di ricongiungerci a
Dio in questa vita o di poterlo anche solo vedere l’oggetto dell’amore coscienza del “reale irreale”.

Amando e soffrendo l’amante perfeziona sé stesso, se raggiungesse il suo obiettivo verrebbe meno
l’affinamento spirituale.

 Guglielmo polemizzava nei confronti di questa visione, secondo lui non ci doveva essere
contrasto tra desiderio e realizzazione del desiderio, ma l’amore viene visto nella sua
totalità, al di là della moralità cristiana (esibiva dell’amore goduto della sua amante).

04/05/2021

L’interpretazione dei testi di Guglielmo è difficile data la trasformazione della tradizione lirica, c’è un
rapporto di tipo parodico intrattenuto da Guglielmo con altri trovatori della propria generazione e della
successiva, Eble de Ventadorn di cui abbiamo perso i componimenti.
Qualcuno ha avanzato l’ipotesi che questa poesia (molt jauzions mi prenc amar) potrebbe essere attribuito
a Eble, senza prove solide, ma per il carattere e i contenuti poiché viene espresso un manifesto della
fin’amor (l’amore cortese) e del sentimento di quel centro emotivo e psicologico che ne è alla base, il joi
vuol dire gioia ma nell’ideologia cortese assume un significato molto connotato in relazione alla sfera
emotiva dell’amore fino.

Dato che in questo componimento viene menzionata per la prima volta questa parola enunciandone le
caratteristiche questo testo appare come un modello dell’amore cortese.

Sembra che Eble abbia scritto questo testo e che Guglielmo abbia risposto con il testo “ben vuelh que
saphon li pluzor”, è un gap dove egli compie una parodia sull’amor cortese e si vanta delle sue capacità
artistiche ma anche erotiche ipotesi inaccettabile, senza prove a sostegno.

Molt jauzions mi prenc amarotto coblas unissonans di sei versi, schema rimico abba, ab

Trasmesso dai canzonieri C ed E

Cobla 1 è tutta giocata sulla figura etimologica che al centro proprio il termine joi (vengono accostate
parole che hanno lo stesso etimo, jauzions).

Mi prenc amar costruzione ellittica, manca la preposizione, regolarmente troveremmo “en amar”

Joi termine che va considerato come un oitanismo in provenzale (GAUDIUM> gaug gioia, allegria e
entusiasmo).

Nella prima cobla abbiamo il sostantivo perno del componimento, il joi, è un sentimento di autoesaltazione
vissuto durante l’innamoramento, sentimento conflittuale nel quale abbiamo sofferenza e piacere il
piacere è dato dalla tensione frustrata (si ritrova anche in Saffo e Catullo).

C’è un’esperienza abbastanza positiva del joi in questo caso, meillor non è da riferire alla donna, ma al
sentimento del joi perché amo la gioia migliore.

Bernard de Ventadorn è stato il più grande teorico del joi, si iscrive nella linea di Eble che lui stesso
riconosce come maestro.

Il rapporto tra i due è delimitato dalla distanza sociale che quindi allontana il poeta dall’oggetto del piacere.

Cobla 2 si usano verbi della sfera vegetale metafora vegetale, florir e granar e si applicano questi
termini alla crescita del rapporto amoroso.

C’è in apertura il riferimento al gabar, al vantarsi, abbiamo una punta ironica verso la sua tendenza al farlo,
visto che il testo che leggeremo dopo è esattamente un gap.

Poc > POTUIT > POTW (che in provenzale ha un esito velare POTGW >poc) questo succede ai perfetti
latini che hanno la -u sulla desinenza

Esmerar *EXMERARE (puro) < MERU, non significa quindi raffinare, rendere puro, ma piuttosto rende
levigato o brillante un metallo

Sol può significare anche suole oltre a sole un giorno buio suole rischiarare

Cobla 3:

Topos dell’ineffabile l’amore non è esprimibile a parole, non si può arrivare a concepire né a
rappresentare quel concetto.
Cobla 4:

Obezir connotazione di tipo feudale, sottomettere

Midons per la prima volta incontriamo il termine centrale della tradizione trobadorica, è il modo in cui
viene chiamata la donna. Letteralmente vuol dire mio signore, termine onorifico con il quale ci si riferisce
all’amata, si pensa che l’etimo non sia mi domis, cioè il vocativo del latino ma che sia piuttosto un dativo del
latino (colui che è signore per me) viene utilizzato sempre come referente ambito lessicale feudale.

Anche se alcuni hanno mosso una critica visto che ci si riferisce al proprio signore “sehn”, alcuni quindi
ridimensionerebbero la portata e la valenza di questo termine, la donna comunque ha una posizione
preminente di signore rispetto all’amante.

Acuillir accogliere ma in realtà è per il suo consentire. E’ un termine topico, questa tradizione lirica gira
intorno ad un lessico circoscritto e ben connotato che comprende tutta una sua ritualità, i punti fermi di un
ideologia puntualmente richiamati dai poeti.

 Questa poesia è un manifesto perché diverse voci fondamentali del lessico vi compaiono
per la prima volta, bel accuillir (modo in cui la donna riceve l’uomo, degna l’amante della
propria benevolenza attraverso lo sguardo)

SAZJAN> *SACIRE > sazir entrare in possesso di qualcosa

Cobla 5 strofa costruita per anafora, costruita su opposizioni binarie tra sostantivo e verbo, da un punto
di vista retorico con questo gioco di antitesi e opposizioni si ha una chiusura in iperbole poiché se una
persona cortese può diventare villana, è impossibile e un eccesso che si possa rendere cortese un villano.

Cobla 6 continua con l’espressione dei poteri della donna, Pasero dice che la donna rappresentata da
Guglielmo ha quasi i poteri di una maga, ma piuttosto che vedere poteri soprannaturali dobbiamo pensare
che a re e principi venivano attribuiti poteri taumaturgici.

La donna ha dei poteri come un signore, negli ultimi versi della cobla si sono messi a paragona passaggi
biblici tema della resurrezione, altri lo hanno invece legato alla sfera erotica,

cobla 7 riferimenti ad un determinato vocabolario cortese, celar è una delle prime virtù dell’amante
cortese e blandir, elogiare all’interno della poesia L’amante esalta la figura dell’amata attraverso i
componimenti.

Tornada l’amante non osa avvicinarsi direttamente alla donna, né tantomeno manda un messaggero
perché non saprebbe come potrebbe reagire l’amata.

Altro topos l’incapacità dell’amante di manifestare l’amore alla donna, quindi la sofferenza vissuta in
solitudine.

La poesia si chiude con l’immagine e la metafora dell’amore come malattia (metafora antica) che si ricollega
alla cobla precedente in cui la donna è capace di guarire il malato.

Amors, joi, chans triade create da Ventadorn

Bernart de Ventadorn ha saputo più di altri esprimere il significato del joi creando un circolo virtuoso tra
amore, gioco e canto creare una relazione che è di tipo psicologico tra il sentimento amoroso,
l’autoesaltazione dell’amore e la poesia che è buona solo dall’autenticità di questi sentimenti complessi.

Posizione ortodossa della fin’amor mi appaga il solo desiderio


Il concetto centrale è che solo chi prova il vero amore il joi, è in grado di cantare e di essere poeta, migliore
è l’amore, migliore è il canto relazione biunivoca tra amore e canto la perfezione dell’uno porta il
perfezionamento dell’altro.

Ultima poesia di Guglielmo che leggiamo “ben vuelh que sapchon li pluzor” gap, non si vanta solo delle
sue capacità di poeta ,ma soprattutto di quelle erotiche, la poesia si conclude con un’immagine giocosa e
oscena, dopo aver ricamato le proprie doti, inizia una parte narrativa in cui il poeta dice che queste capacità
gli sono venute meno, in una partita che avrebbe giocato con una donna, dopo l’esito promettente i suoi
dadi l’avrebbero tradito, la donna dice che i suoi dadi sono piccoli (apparato maschile) ma alla fine ha la
meglio perché alza il tavoliere su cui stanno giocando (il corpo della donna) e fa l’ultima giocata con la
donna vincendo perché i dadi sono piombati.

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