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Sono 40 giorni di terrore che non saranno mai dimenticati. L’Ozna (la polizia politica
jugoslava) agisce sulla base di vere e proprie liste di proscrizione in cui ci sono nomi,
cognomi, indirizzi di gente che deve sparire: fascisti soprattutto, militari della Rsi, ma
anche partigiani del CLN, democratici, antifascisti… tutte persone che si sarebbero
sicuramente opposte al disegno del maresciallo Tito volto a fare dell’Istria e della
Venezia Giulia territori della nascente Jugoslavia popolare.
Alla fine a Trieste avremo 1500 persone scomparse e poi ammazzate in vario modo
(una parte nelle foibe, l’altra nei campi di concentramento jugoslavi), 1100 a Gorizia,
650 a Fiume e 827 a Pola (in una città che contava 32mila abitanti!), città che è un po’
la protagonista del racconto di questa sera.
In questo momento non c’è dubbio che sono i titini a esprimere una violenza brutale che
provocherà tante vittime e brutali traumi nel corso del tempo. Sotto accusa è il
nazionalismo del movimento di liberazione popolare guidato da Tito che vuole fare di
Trieste la “Settima federativa”, ossia Trieste doveva diventare il fiore all’occhiello della
nuova Jugoslavia socialista.
Quando finisce la Grande Guerra l’Italia occupa Trieste, Gorizia, l’Istria e alcune zone
della Dalmazia (dal 1920, Trattato di Rapallo).
La politica dello Stato italiano si esprime con quello che viene chiamato “Fascismo di
confine”:
– violenze fasciste nel Biennio Rosso (1919-1920) tra le quali l’incendio del Narodni
Dom – foto
– il cambiamento dei cognomi e dei nomi di battesimo della popolazione slava in lingua
italiana
– l’afflusso di numeroso personale italiano per cambiare i rapporti demografici tra italiani
a autoctoni a tutto vantaggio degli italiani
– la cacciata del clero slavo e l’arrivo di preti italiani ben allineati con il regime
Poi arrivò la seconda guerra mondiale e la situazione per gli “alloglotti” precipitò.
– centinaia e centinaia di civili messi al muro come ritorsione per la morte di soldati
italiani
Alla fine avremo alcune migliaia di vittime morte a causa delle tante violenze e alcune
decine di migliaia di civili deportati in Italia.
Tutto questo va detto non tanto per giustificare una violenza con l’altra quanto per far
capire come l’Istria e la Venezia Giulia siano state vittime di un doppio nazionalismo:
prima di quello fascista e poi di quello jugoslavo ammantato di socialismo.