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che gli occhi hanno mancato di una consonante senza vuoto quadratico
Spigolo malato, gorgo che spunta, buco accresciuto. Cosa che fa male chimicamente,
per passaggio occulto di sostanza nell’epitelio di mondo che cambia illuminazione,
illividisce e muore nell’ombra. Pezzo di carta impalpabile che sparisce all’acqua,
all’adesione al mondo bagnato.
La psicologia è il grossolano.
C’è come un bisogno di guerra, su questa spiaggia ordinata dal sole. Orario del mondo.
Teorario.
Si fa d’altro, si liquefa, lì, qua, fa. Lì, qui, do. Lì sì che fa. cambia.
l’inguaio. L’inguacchio. Guascone. Fatemelo dire. Asfalta quel perimetro. Morire sotto la
metro. Per la metro, per i metrò. Perir per i metrò. Morire a metrate, sotto uno sciame di
metrate telescopiche. Valanghe di metrate tra capo e collo, sciami di metrate addosso.
Perir morir però, morir per mar perir, per ridere, per i mar, però Mary, pere, padre.
Non serve poi molto. Arrivano questi due vestiti da astronauti da film tardo anni settanta,
nel senso che hanno addosso quei turchese sgargianti ma opachi al contempo, moto
Guzzi stellate, comete, quando la psichedelica richiede quel troppo di sintetico che il rock
non può più tanto sostenere: si lasciano in fretta. Non c’è il negativo del bios, non
essendo quello la morte. Cos’è quindi questo sintetico di cui abbiamo sempre parlato?
Sintesi d’api umane. Peccati tesi. Se intesi bene. S’intesi bene. Benintesi.
Il pianeta è alieno. Il linguaggio è alieno. Linguaggio, esercizio della lingua, uso della
lingua, muovere la lingua. L’in-guaio. l’in-guado. l’in-guardo. L’os-guardo. Leoguardo.
Solo se una musica abbassa le mie difese riesco a scrivere quel che mi succede quando
sogno. Queste difese sono cani che non voglio più insultare. Voglio godere in un altro
modo. È il momento del profumo forse.
Paura di sembrare pazzo. Chi non ci è passato? Cosa intende la gente? Non sono alieni.
Non ci intendiamo. Tendere in cosa? Tendere una mano? Tesi, s’in-tesi. Non c’è s’intesi,
se in te sì, ma in te, quindi non in me. quindinmeno. Una sintesi in meno.
Invece c’è una sintesi. Vedi, quel che conta, quel che c’è, è quel che c’è. Quel che c’è è
quel che c’è. Moltiplicazione degli uno, secondo Hegel. Delle lampadine che si
accendono una dopo l’altra. Altre si spengono. Qui c’è una fabbrica di parole votive per
te. Ti sei fabbricato per bene. Soffri? E perché no?
La ferita non si rimarginerà mai, è la causa della tua morte, lo sarà, lo sarà stata.
La parte migliore di Wittgenstein è quando inizia il tractatus dicendo che non gliene fotte
niente delle teorizzazioni degli altri. Il tracciato logico filosofico. Abbandonare la famiglia,
slacciarsi. Non si è responsabili degli altri, se non davanti alla legge. La legge è matta da
legare. La legge è il legame, quindi come tale delirante. Il legame è delirante.
Il legame è delirante.
Se è tutta una masturbazione tanto vale ascoltare solo se stessi, nell’altro, tanto lo si fa
già. Allora cos’è quest’illusione che ci sia altro, che ci sia del sintetico, dell’inorganico.
Non esiste inorganico. Non esiste organico. Il legame è delirio, il delirio è legame. We
atomisti now.
La lalira.
Il gioco sul gioco. Gioco sulla fine del gioco. Giocare alla fine del gioco.
Tre asterischi
Manzetti si sta sforzando di far passare sottosoglia tutto quello che non è pertinente al
suo orizzonte. Questo è l’eroismo che manifesta. Questa è la scommessa.
scommessaa
Le due a. vi sono due a. Nausicaa. Nausea, musica. Musa. Qualcosa di greco, epico.
Mortal kombat, poi anche scontro di titani. Cose che si annullano. La guerra. Finirla con la
guerra. In tutti e due i sensi. Potrò mai aprirmi.
Cosa vuol dire aprirsi. Quasi dare spettacolo. Non vi può essere disconnessione. Tutto
parte da me ora. Disconnessione è nel mondo. Non in quel che scrivo. Come potrebbe
esse disconnesso , kantianamete. La combinazione, tra il parlare meno e il parlare poi
tanto, tutto a discrezione del correttore automatico. Mi preoccupano ne le travi morbide,
della stanzetta. Ne ho paura, dovrei vedere osa sta bel sottotetto.
È tanto che scrivo cose in delirio puro, mai che fossi riuscito a soggettivarle
Mi pare
Questi sogni di case screpolate. Come le mani di mia madre. Un misto di ortaggi e natura.
Niente di assimilabile. Non della mia natura. Qualcos’altro. Perché mi ostino a cercare
nella mia famiglia
Punto interrogativo
Tante cose sbagliate qui, nella scrittura, perché son ubriaco. Ma tante verità. Sta nel
discendere
discernere.
Due a. Io ne ho un’a.
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Passa un poi, terrazze tracimano il sole da tutte le parti. Passa come un manichino una
persona bruciata del torrione storpiato dal sole. Il problema è quello che rimane sospeso
e in o a cosa, anche quando passano le immondizie e seminano pezzi di giardino del
vuoto. Strapiombo eterno fondato dal fumo di alberi verdi senza profondità o rimbalzo
possibile. Poi, un po’ di camminata o uno sguardo e c’è la casa dove qualcuno cerca di
vivere; ti sposti e ha cercato. L’orologio è perfettamente alto e illuminato e non lo si vede.
Qualcosa dice: “fra sassi”, in una contemporaneità per niente istantanea: spazio dato in
passeggiata totale, possibile: quel che si fa in un giorno non lo si fa in una vita intera.
Vanno conservati i giorni. Cosa ci vuole, se non basta mettere le date?
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Scoli una bottiglia d’qacuq, scompostamente; senza trovare gocce intorno alla bocca o
dentro – in un ininterrotto di angoscia. Come se tu fossi tutto di petrolio, e Repelli l’acqa.
Idrorepelli.