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santi e
dottori:
la peste e i suoi
simboli
Valentina Marano
La peste dipinta
Proprio in questa chiesa si trova quella che viene ritenuta una delle prime
rappresentazioni della peste nella pittura veneta: la grande tela di Tintoretto San Rocco
risana gli appestati.
Jacopo Robusti detto Tintoretto, San Rocco risana gli appestati, 1549.
Nel dipinto, tutti gli elementi strutturali (composizione a x, ambientazione notturna con fasci
di luce convergenti, schema prospettico del pavimento) convogliano l’attenzione sulla
figura centrale del santo, ben identificabile non solo per l’aureola ma anche per
gli attributi che ormai ben conosciamo: il mantello e il cane.
Ciascun personaggio è colto in un diverso stato di prostrazione: Tintoretto concepisce la
scena come un catalogo di pose in cui sperimentare virtuosismi e arditezze, come le
figure in scorcio del cadavere deposto nel corridoio di sinistra e del malato in primo piano
a destra.
Le donne presenti, tra cui le due che entrano da entrambi i lati come uscissero da quinte
teatrali, sono probabilmente prostitute che, in occasione delle epidemie, venivano
assoldate per l’assistenza ai malati.
I bubboni tipici della peste, ben evidenti su gambe e braccia degli appestati, ci informano
che l’ambiente raffigurato è quello di un lazzaretto, cioè un ospedale concepito per
l’isolamento di persone affette da malattie contagiose. Essendo Venezia un porto aperto,
che basava la sua ricchezza proprio sulla fecondità degli scambi commerciali con altre
città e altri stati, le autorità locali aumentarono progressivamente le misure atte
a contrastare le ondate di epidemie che ciclicamente la colpivano, istituendo appunto
apposite strutture di cura e organi di controllo.