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Cfr. Gemeinspruch, 304 (M 166, G 150).
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Si vedano, sul ruolo della pubblicità in Kant, J. Habermas, Storia e critica
dell’opinione pubblica, Laterza, Roma-Bari 19742, sp. pp. 127-142, e sul ruolo della
critica, che ha la sua celebrazione nel pensiero kantiano, R. Koselleck, Critica
illuministica e crisi della società borghese, tr. it. a cura di P. Schiera, Il Mulino,
Bologna 1972; sul tema dell’opinione pubblica si veda anche M. Tomba La vera
politica. Kant e Benjamin: la possibilità della giustizia, Macerata, Quodlibet, 2006,
pp. 103 ss.
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Cfr. Gemeinspruch, 304 (M 166, G 150).
Idea di libertà e costituzione repubblicana nella filosofia politica di Kant 53
con tale proposta un processo che preveda una piena attività dei
cittadini, efficace anche nei confronti di chi detiene il potere, e
tale da superare, per quel che riguarda l’agire, la riduzione dei
singoli alla sfera privata che la stessa logica rappresentativa
implica con la distinzione di autore e attore, privato e pubblico.
Tuttavia l’affermazione kantiana comporta una serie di
modificazioni di non poco conto. La stessa supposizione che il
capo dello Stato possa sbagliare introduce una complicazione
nei confronti della riduzione della questione del giusto alle
regole del diritto pubblico. Infatti, se resta vero che la volontà
generale può avere effettività di legge solo in quanto qualcuno,
attraverso la mediazione della sua persona, la decide e la
promulga, ciò non significa che essa si riduca al prodotto della
decisione del legislatore, in qualunque modo lo si voglia
intendere (monarca, aristocratici o popolo, secondo l’uso
perdurante dell’antica distinzione delle forme di governo). La
volontà generale cioè non coincide con il prodotto empirico
della volontà del legislatore, ma ha il suo vero luogo nella
ragione comune, a cui tutti partecipano. Come si vedrà, ciò
comporta una modificazione radicale del concetto di
rappresentanza, in relazione a quel significato hobbesiano che
pur abbiamo ravvisato, in parte, negli stessi testi kantiani. È
questa attività della ragione, del suo uso pubblico, che pone il
cittadino in una situazione nuova in relazione alla stessa
promulgazione delle leggi, in quanto egli ha la possibilità di
diventare organo della ragione per portare alla luce la volontà
generale, al di là e al dì sopra della stessa funzione decisiva del
detentore del potere.
Naturalmente, come si è detto, non viene in tal modo messo
in questione l’obbligo di obbedire alle leggi, a prescindere dal
giudizio che ogni cittadino può dare di esse, perché senza
questo principio non ci sarebbe corpo comune. Ciò è
confermato anche dall’esempio che Kant fa in questo contesto,
quello di una eventuale legge che stabilisca per il futuro dogmi
di fede che impediscono il progresso della ragione e la
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Cfr. Gemeinspruch, 305 (M 167, G 151).
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Si veda su ciò il noto scritto kantiano Risposta alla domanda: Che cos’è
l’illuminismo.
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