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• WILLIAM LANGLAND

• Piers Plowman
• Il prato pieno di gente
In un periodo d'estate, quando il sole era delicato
[…]
Andai in questo intero mondo per sentire meraviglie.
Ma in una mattina di Maggio su Malvern Hills
incontrai una meraviglia, di fata, pensai.
Ero esausto per il girovagare e mi andai a riposare
Sotto un'ampia sponda a lato di un ruscello.
Mentre mi sdraiavo e mi riposavo e osservavo le acque
caddi addormentato per la gioia del suono.
Ero in una landa selvaggia, non sapevo dove.
Mentre guardavo verso est, su in direzione del sole
vidi una torre finemente costruita su una collina,
e una profonda valle e una prigione lì (e una prigione in una valle profonda)
con profondi fossi e oscuri e terribili da vedere.
Un bel campo pieno di gente trovai in mezzo
di ogni genere d'uomo, il povero e il ricco
che lavoravano e vagavano come il mondo chiede (vuole)

Alcuni stavano arando e raramente si divertivano


sistemando il terreno e lavoravano duramente,
ottenendo ciò che l'avidità degli spreconi distruggevano.
Altri, devoti all'orgoglio, erano vestiti fastosamente:
venivano vestiti in abiti pomposi.
Molti, devoti alle preghiere e alle penitenze,
vivevano rigorosamente per amore del Signore
sperando di grazia del re Celeste,
come anacoreti ed eremiti i quali rimangono nelle loro celle
e non desiderano girovagare.

[E ce ne sono alcuni che scelgono ... per avere la sorte migliore.


Come sembra, quelli così prosperano sempre.
Alcuni scelgono di fare allegria
alla maniera dei menestrelli
che con le loro canzoni si guadagnano da vivere senza peccato,
però ci sono altre categorie come giocolieri e giullari, figli di Giuda, che fingono di essere sciocchi e si
comportano così ma hanno il genio a lavorare se ne avessero voglia.

• Questuanti e pellegrini(Pag 19)


camminavano rapidamente tutto intorno
sono questuanti e mendicanti ma hanno le pance e le borse piene di pane
falsamente mendicano il cibo ma andavano a litigare alla della casa della birra
dio sa come loro se ne vanno a letto nell'ingordigia
e si alzano con la furbanteria, quei furfanti ladri!
Il sonno e la misera indolenza erano sempre con loro
Pellegrini e devoti si raggruppavano insieme per cercare san giacomo e tutti i santi di Roma
loro andavano per la loro strada con molti saggi racconti
e avevano il permesso di mentire per tutta la vita
Io ne vidi alcuni che dicevano che avevano cercato i santi,
ma ogni racconto che dicevano la loro lingua era temprata a dire menzogne più che a dire la verità.
Così appariva dai loro discorsi
Ci stavano anche degli eremiti con i loro bastoni ricurvi
stavano andando a
ci vanno con le loro fanciulle
questi zoticoni grossi e...., troppo pigri per lavorare
indossavano alcuni cappucci per distinguersi dagli altri
vestiti in abiti da eremita per farsi i loro comodi.]

• Frati, indulgenzieri e preti


lì trovai anche frati di tutti e quattro gli ordini
questi predicavano alla gente per avvantaggiare le loro pance
spiegando il vangelo come più gli facevano comodo
piegandolo così come a loro piaceva per avidità di abiti.
Molti di questi signori frati si possono vestire a loro piacimento
dato che il loro e la loro mercanzia vanno di pari passo.
Da quando la carità è stata venditore e capo per assolvere i signori
molte meraviglie sono accadute in pochi anni.
A meno che la santa chiesa e questa gente qui non rimangano insieme meglio
la disgrazia peggiore si avvererà nel mondo molto rapidamente.
Lì un indulgenziere predicava come se fosse un prete
e mostrava una bolla con i sigilli del vescovo
e diceva che lui stesso poteva assolverli tutti quanti
senza quella falsità del digiuno dai voti infranti.
Questi ignoranti ci credevano e gradivano le sue parole
e venivano avanti per inginocchiarsi e baciare le sue bolle
lui li colpiva con la sua bolla arrotolata accecandogli gli occhi
e rastrellava con il suo rastrello da straccivendolo anelli e fibbie.
Così loro dando il loro oro e mantengono grassi gli ingordi
profondendo su quei zoticoni lascivi.
Se il vescovo ed entrambe le sue orecchie fossero degni di reverenza
il suo sigillo non dovrebbe essere mandato per ingannare la gente
ma non è per il vescovo che questo imbroglione predica
dal momento che i preti di parrocchia e l'indulgenziere dividono l'argento
che i poveri della parrocchia dovrebbero avere se loro non esistessero.
I parroci e i preti di parrocchia si lamentavano con il vescovo
che le loro parrocchie erano così povere dal tempo della pestilenza
che gli chiesero la licenza di abbandonarle e vivere a Londra
e cantare lì per la simonia, dal momento l'argento è dolce.
Vescovi e i baccellieri di dio, maestri e dottori
i quali hanno il loro compito assegnato nel segno di cristo, e la tonsura come marchio
e firmano che dovrebbero confessare i loro parrocchiani
e predicare e pregare e per loro, e sfamare i poveri,
se ne stanno in giro per Londra nella quaresima e in qualunque altro periodo.

• The rich and the poor- i ricchi e i poveri


ma il povero può piangere e chiamare al cancello
sia affamato che assetato e tremante per il freddo
nessuno lo riceverà per dare sollievo alle sue sofferenze.
Loro gli gridano contro e lo cacciano via come un cane
e essendo loro stati così favoriti amano poco il signore.
Non così coloro che essendo nel bisogno condividono con il povero quello che hanno.
Se la misericordia fosse di meno fra gli uomini di bassa condizione che nei ricchi
i mendicanti potrebbero bene ad andare a letto senza cibo.
Molto dio è nella bocca di questi di grandi signori
ma la sua misericordia e le sue opere sono tra i poveri.
[...]
I chierici e altri tipi di uomini, che se stanno bene, parlano di dio
molto di lui è nelle loro bocche, ma i poveri hanno dio nei loro cuori.
I frati e gli uomini falsi hanno trovato tali questioni
per compiacere gli uomini orgogliosi dal tempo della pestilenza
e predicano nella cattedrale di San Paolo per invidia dei chierici
cosicché gli uomini non sono saldi nella loro fede e neppure liberi dalle loro ricchezze
e neppure sono dispiaciuti per i loro peccati. L'orgoglio è così cresciuto
nella religione e nel regno, tra i ricchi e i poveri
che le preghiere non hanno alcun potere di prevenire la peste
e tuttavia i miseri di questo mondo non si mettono in guardia l'uno con l'altro
e il timore della morte non può trarre da loro il loro orgoglio
e loro non sono generosi verso i poveri come vorrebbe la carità.
Ma quelli lieti ingordi si ingozzano di beni
e non danno mai niente al mendicante come il Libro insegna.

• GOEFFREY CHAUCER
• The Canterbury Tales

• The Prologue- il prologo


Accadde in quella stagione che un giorno
a Southwark, alla “taverna”, mentre stavo pronto per andare
in pellegrinaggio e partire per Canterbury, estremamente devoto nel cuore,
arrivarono di sera in quella locanda
circa 29 in un gruppo di gente diversa alle quali era allora accaduto di trovarsi
in compagnia, ed erano tutti pellegrini
che intendevano ad andare a Canterbury.
Le stanze e le stalle della locanda erano ampie
ci misero comodi, tutto era della migliore qualità.
E in breve, quando il sole se ne fu andato a riposare,
palando con tutti loro riguardo il viaggio, fui ammesso nella loro compagnia
e promisi di alzarmi presto e prendere la strada
di Canterbury come mi avete già sentito dire.
Ma non di meno fintanto che ne ho il tempo e lo spazio,
prima che la mia storia prenda un passo ulteriore,
sembra una cosa ragionevole dire
quale era la loro condizione, l'abbigliamento totale
di ciascuno di loro, come a me apparivano,
relativamente alla loro professione e al loro grado
e quale equipaggiamento loro avevano portato.

• The Knight- Il cavaliere


C'era un cavaliere, un uomo estremamente distinto
il quale quale, dal primo giorno che aveva cominciato
a cavalcare all'estero aveva seguito la cavalleria,
la verità, l'onore, la grandezza di cuore e la cortesia.
Lui si era comportato nobilmente nella guerra del suo sovrano
e aveva cavalcato in battaglia, nessun uomo di più,
sia in luoghi cristiani come in luoghi pagani,
e sempre era stato onorato per le sue nobili grazie.
Aveva visto cadere le torri di Alessandria,
spesso nei banchetti, il posto più alto di tutti
tra le nazioni gli era toccato in Prussia.
Combatté in Lituania, e in Russia,
nessun uomo cristiano altrettanto spesso, del suo rango.
Era stato a Granada quando fecero crollare
la città di Algecira, e anche
in Nord Africa, proprio a Benamaria;
ed era anche stato in Armenia
e aveva combattuto quando caddero le città di Aia e Attalia,
e per tutta la costa del mediterraneo
si era imbarcato con molti nobili ospiti.
Lui era stato in 15 battaglie mortali
e aveva giostrato per la nostra fede a Tramissine
tre volte era stato nella lista e sempre aveva ucciso il suo avversario.
Questo stesso distinto cavaliere aveva guidato la carica
una volta con il Bay di Balat, lavorando per lui
contro un altro turco pagano;
era di altissimo valore agli occhi di tutti,
e anche se era tanto distinto, era saggio
e nel suo comportamento era modesto come una verginella.
Non aveva mai detto una cosa villana a nessuno
in tutta la sua vita, qualunque cosa accadesse;
era un cavaliere autentico, un perfetto gentil cavaliere.
Parlando del suo aspetto, lui possedeva dei bei cavalli
ma non era vestito con abiti vistosi.
Indossava una tunica di fustagno, macchiata e scura,
con delle macchie laddove la sua armatura aveva lasciato il segno.
Appena rientrato in patria dall'aver prestato servizio
si era unito al nostro gruppo per fare il suo pellegrinaggio e rendere grazie.

• The Monk- Il monaco


Lì c'era un monaco, una guida di mode
ispezionare fattorie e cacciare erano le sue passioni
un uomo virile, in grado di fare l'abate
aveva nella sua stalla molti bei cavalli.
La sua briglia, quando cavalcava, la si poteva udire
tintinnare nel vento che soffiava chiara e forte
sì, come si sente la campana della cappella
dove il mio signore monaco era priore della cella.
La regola del buon san benedetto o di san mauro
lui teneva ad ignorarle in quando antiche e rigide
lasciava da parte le cose di ieri e seguiva le vie più spaziose del mondo muovo
non stimava per nulla quel testo che dice che i cacciatori non sono uomini santi e che un monaco fuori dal
convento è un semplice pesce fuor d'acqua che si dibatte sul molo.
Quella era una regola che lui considerava non degna di un'ostrica. (mollusco di scarso valore)
[…]
Questo monaco era bravissimo a cavalcare,
possedeva dei levrieri veloci come gli uccelli, per gareggiare.
Cacciare una lepre o scavalcare uno steccato
erano tutto il suo divertimento per il quale egli non risparmiava alcuna spesa.
Vidi che le sue maniche erano guarnite al polso
di pelliccia grigia la pelliccia, più pregiata della nazione
e dove il suo cappuccio era allacciato al suo mento
lui aveva una spilla d'oro lavorato sapientemente modellata;
sembrava passare attraverso un nodo d'amore
aveva la testa calva e brillava come un vetro qualunque,
così anche il suo viso, come se fosse stato spalmato di grasso.

• The Friar- Il frate


C'era un frate, uno lascivo e allegro,
era limitato (per chiedere l'elemosina), un tipo molto festaiolo.
In tutti e quattro gli ordini non ce n'era nessuno così dolce come lui
nella adulazione e nel discorso di lusinga.
Lui aveva consolidato a molti matrimoni, dando a ciascuna
delle sue giovani quello che poteva permettersi di dare.
Era un nobile pilastro del suo ordine.
Lui era molto amato e intimo della gente della contea(gente importante)
ovunque si potesse trovare, anche con degne donne di città con dei possedimenti;
poiché lui era qualificato ad ascoltare le confessioni
o per lo meno così diceva
con una ampiezza(libertà) più ampia di quella dei preti
Lui aveva una speciale licenza del papa
lui ascoltava con dolcezza i suoi penitenti al confessionale
con una piacevole assoluzione, in cambio di un dono.
Aveva la mano leggera nel dare la penitenza
laddove poteva sperare di ricavarne una vita decente(?)

Conosceva bene le taverne di ogni città


e anche ogni taverniere e ragazza di taverna
meglio dei lebbrosi, dei mendicanti e gente di quella risma
Poiché in un uomo così eminente quale lui era
non si adattava alla dignità della sua posizione
avere a che fare con questa feccia.
Per lui non è decoroso nessun bene che può scaturire dall'avere commercio con gli abitanti delle fogne, ma
soltanto con i ricchi e con i venditori di vettovaglie.

• The Parson- Il parroco


C'era un uomo dalla mente santa e di buona fama
era povero il parroco di una cittadina
era un uomo istruito, era un chierico
il quale conosceva autenticamente il vangelo di cristo, e soleva predicarlo
devotamente ai parrocchiani, e lo insegnava.
Era benevolo e straordinariamente diligente
e paziente quando venivano inviate le disgrazie
(poiché così lui si dimostrava nelle grandi avversità)
disprezzava grandemente estorcere un contributo o un'elemosina
Piuttosto preferiva senza alcun dubbio
dare ai poveri parrocchiani dei dintorni
del suo e delle offerte di Pasqua.
Trovava sufficienza nelle piccole cose
ampia era la sua parrocchia, con case molte distanti
tuttavia lui non trascurava neanche con la pioggia o con il tuono,
né in malattia e dolore di fare visita
ai suoi parrocchiani più distanti, sia ricchi che poveri
a piedi, e con in mano un bastone
[…]
era santo e virtuoso, ma non
era mai sprezzante nei confronti dei peccatori
mai troppo orgoglioso o sottile
ma era equilibrato nell'insegnare e benevolo.
Il suo compito era di mostrare una bella condotta
e così attrarre gli uomini verso il paradiso e il loro salvatore
a meno che invero un uomo non fosse ostinato
e questi, sia che fossero di condizione alta o bassa,
li rimproverava aspramente per non esagerare.
Penso non ci sia mai stato un prete migliore.
Nei suoi rapporti non cercava né la pompa né la gloria
nessun rigore aveva dato pepe/inasprito i suoi sentimenti.
Insegnava Cristo e i suoi dodici apostoli e quello che era il loro messaggio
ma prima lo seguiva lui stesso.
• The Plowman- Il contadino
Lì c'era anche un contadino con lui lì, suo fratello.
In un momento o nell'altro molti di carichi di letame
doveva avere trasportato con un carretto, attraverso la rugiada del mattino.
Era un lavoratore onesto, buono e sincero
che viveva in pace e perfetta carità,
e come il vangelo gli ordinava così si comportava,
amando dio al di sopra di ogni cosa con tutto il suo cuore e la sua mente
e poi il suo vicino come se stesso,
non si doleva per nessuna sventura, non rallentava i suoi doveri nei momenti favorevoli,
poiché lui saldamente compiva il suo lavoro
per trebbiare il grano, per scavare o concimare
o fare un fossato; e lui soleva aiutare i poveri
per amore di cristo e non prendere mai un penny
se poteva farne a meno e con maggiore prontezza degli altri
pagava le decime totalmente, quando era il momento di pagare.
Su quello che possedeva e anche sui propri guadagni.
Indossava un tabarro e cavalcava una mula.

• THOMAS MALORY
• Le Morte Darthur
• Arthur's Death(da pagina 39)
Allora il re Artù si guardò intorno e si rese conto di trovarsi dove sir Mordred stava appoggiandosi alla sua
spada in mezzo ad un grande cumulo di uomini morti. “adesso dammi la mia lancia” disse re Artù a sir Luca,
“poiché ho visto il traditore che ha causato tutto questo dolore”, “signore, lasciatelo stare!”disse sir Lucan
“per amor di dio, mio signore, lasciatelo andare! Benedetto sia dio, voi avete vinto il campo e insieme a voi
ne sono rimasti vivi tre ma nessuno con sir Mordred. Quindi se voi lasciate il campo adesso questo malvagio
giorno del destino sarà passato”
“adesso è il tempo della mia morte o della mia vita” disse il re “ ora che lo vedo da solo, e non mi sfuggirà
dalle mani! Non avrò mai più un occasione come questa”. “ Il signore ti assista” disse sir Bedivere. Allora il
re prese la sua lancia con entrambe le sue mani e corse contro sir Mordred urlando “ Traditore, adesso il
giorno della tua morte è giunto!”.
Quando sir Mordred vide re Artù gli si precipitò contro con la spada sguainata, ma re Artù colpì sir Mordred
sotto lo scudo con la punta della sua spada e penetrò nel suo corpo più di un braccio. E quando sir Mordred
sentì che aveva ricevuto una ferita mortale si tirò su contro re Artù con tutta la forza che ancora aveva, e
proprio così colpì il padre re Artù con la sua spada che reggeva con entrambe le mani, sul lato della testa e la
spada penetrò l'elmo e l'osso. Allora sir Mordred cadde a terra morto stecchito. E anche il nobile re Artù
cadde. Sir Lucan e Sir Bedivere lo portarono in una cappelletta non lontano dal mare [...]poi udirono la gente
piangere nel campo. “Andate, Sir Lucan- disse il re- per farmi sapere cosa significa tutto quel rumore sul
campo”. Così Sir Lucan se ne andò malamente ferito com'era in molte parti del corpo, e vide e udì al chiaro
di luna come ladri e sciacalli erano arrivati nel campo per depredare e derubare molti nobili cavalieri, delle
loro spille e dei loro bracciali e molti fini anelli e ricchi gioielli.
E coloro i quali non erano ancora morti furono trucidati per le loro armi e le loro ricchezze. Quando sir
Lucan comprese cosa stava accadendo tornò dal re il più in fretta possibile, e gli riferì tutto ciò che aveva
sentito e visto.

• Arthur's Death
Allora sir Bedivere pianse per la morte di suo fratello “adesso smetti di lamentarti e di piangere, gentile
cavaliere” disse il re “poichè tutto ciò è inutile [...]e il tempo che mi rimane, trascorre rapidamente, quindi
prendi Excalibur, la mia buona spada, e vai con questa sulla riva dell'acqua e una volta giunto lì io ti incarico
di gettare la spada nell'acqua e poi tornerai indietro a dirmi cosa hai visto”. “Mio signore” disse sir Bedivere,
“ il tuo comando verrà eseguito [...]”. Così sir Bedivere andò. E così sulla via guardò questa nobile, e il pomo
e l'elsa della spada erano tutte pietre preziose. E allora disse tra sé e sé “Se getto questa ricca spada
nell'acqua, non ne verrà nessun bene, ma ne verranno danno e e beffa.”. Allora sir Bedivere nascose
Excalibur sotto un albero e ritornò da re Artù il più rapidamente possibile e gli disse che era stato sulla riva e
aveva gettato la spada nell'acqua. “Cosa hai visto lì?” disse il re. “Signore,” rispose lui “Non ho visto nulla se
non le onde ed il venti”. “Ciò non è vero” disse il Re “ quindi vai ed esegui il mio ordine, getta la spada
nell'acqua”. Così sir Bedivere tornò indietro e prese la spada tra le sue mani, e ancora pensò fosse un
peccato, una vergogna lanciare via quella nobile spada. E così un'altra volta nascose la spada e tornò indietro
dal re e gli disse che era stato sulla riva e aveva obbedito al suo ordine. “Cosa hai visto lì?” disse il re.
“Signore”, rispose, “non ho visto nulla che l'acqua lambire e il vento soffiare”. “Un traditore nei miei
confronti ed un bugiardo” disse Re Artù “ adesso mi hai tradito due volte! Chi avrebbe mai creduto che tu,
che sei stato così caro a me che ho fatto di te un nobile cavaliere, adesso mi tradisci per le ricchezze di questa
spada?Ma adesso va di nuovo, svelto, il tuo lungo indugio mi pone in grave pericolo di vita, poiché sto
sentendo freddo. A meno che tu adesso non faccia quello che ti ordino, se mai ti rivedrò di nuovo, ti ucciderò
con le mie stesse mani, poiché tu mi vorresti vedere morto per avere la mia ricca spada”. Allora sir Bedivere
tornò dalla spada e velocemente la prese e andò sulla riva dell'acqua. E così lanciò la spada il più lontano
possibile nell'acqua. E allora un braccio ed una mano vennero fuori dall'acqua e presero la spada, la scossero
tre volte e la brandirono e poi svanirono nell'acqua insieme alla spada. Così sir Bedivere tornò dal re e gli
disse cosa aveva visto. “Ahimè” disse il re “aiutami perchè temo di aver indugiato troppo”. Allora sir
Bedivere prese il re sulla sua schiena e andò con lui sulla riva dell'acqua. E quando giunsero lì, rapidamente
dalla sfonda arrivò una piccola imbarcazione con dentro delle belle dame, e tra tutte loro c'era una regina, e
tutte loro indossavano dei cappucci neri. E tutte loro piansero e gridarono quando videro re Artù. “adesso
mettimi dentro la barca” disse il re. E così fece dolcemente, e il re fu accolto dalle tre dame con grandi
lamenti. Così loro lo deposero e re Artù depose il capo sul grembo di una di loro. E allora la regina disse “
oh, mio caro fratello! Perchè hai indugiato così a lungo lontano da me? Ahimè, questa ferita che hai sul capo
ha preso troppo freddo!”.E subito loro remavano verso il mare, e sir Bedivere pianse e disse “oh, mio signore
Artù, cosa accadrà di me adesso che te ne vai via da me e mi lasci qui solo tra i miei nemici?”. “datti pace”
disse il re “e fai il meglio che puoi. Non ci si può affidare a me dal momento che io debbo andare nella valle
di Avalon per guarire la mia dolorosa ferita. E semmai sentirai parlare ancora di me, prega per l'anima mia! “
Ora io non sono più riuscito a trovare altro sulla morte di re Artù, salvo che queste dame lo portarono alla sua
tomba […] tuttavia alcuni dicono in molte parti dell'Inghilterra che Re Artù non è morto, ma che vive per
volontà del nostro Signore Gesù in un'altra terra, e si dice che tornerà di nuovo, e conquisterà la santa croce.
Tuttavia io non dirò affermare che questo accadrà certamente, ma piuttosto direi che qui in questo mondo ha
cambiato la sua vita. E molti dicono che sulla sua tomba c'è scritto questo: qui giace Arturo, che è stato re
una volta e che sarà re in seguito.

• ANONIMO
• The Moral Play of Everyman
D. dio onnipotente, io sono qui alla tua volontà
per eseguire il tuo comandamento

G. vai tu da Everyman e mostragli in mio nome


che egli deve assumere su di sé un pellegrinaggio,
al quale egli non può in alcun modo sfuggire
e mostragli che egli deve portare con se un sicuro rendiconto
senza ritardo o alcun indugio [dio si ritira]

D. Oh signore, io andrò per tutto il mondo


e crudelmente cercherò sia i grandi che i piccoli,
troverò ogni uomo che vive bestialmente
al di fuori delle leggi di dio e che non teme la follia.
Colui il quale ama le ricchezze io lo colpirò con il mio dardo,
per accecare la sua vista, e per separarlo dal cielo-
a meno che elemosine non siano suoi buoni amici-
perchè dimori nell'inferno, mondo senza fine.
Ma io lì vedo Everyman che passeggia.
Ben poco egli pensa al mio arrivo
la sua mente è rivolta a piaceri carnali e al suo tesoro,
e grande dolore gli causerà sottoporsi
al Signore, Dio del Cielo.
[entra Everyman]

Everyman, fermati! Dove stai andando così allegramente?


Hai tu dimenticato il tuo creatore?
[…]
E. Cosa vuole da me Dio?

D. io te lo mostrerò
un rendiconto egli deve necessariamente avere
senza alcun ulteriore indugio.

[…]

E. Sono del tutto impreparato a fornire questo rendiconto.


Io non ti conosco. Che messaggero sei tu?

D. Io sono la morte, che non teme nessuno


poiché ogni uomo io fermo, e non risparmio nessuno
poiché è l'ordine di Dio
che tutti a me devono essere obbedienti.

E. Oh morte, tu giungi quando io ti avevo meno in mente!


In tuo potere sta salvarmi;
e tuttavia io ti voglio dare, se tu sarai gentile-
sì, mille sterline tu avrai-
se rimanderai questa faccenda fino ad un altro giorno.

D. Everyman, non può essere, in nessun modo:


io non mi fermo né per l'oro, né per l'argento, né per le ricchezze,
né per il papa, né per l'imperatore, né per il re, né per il duca, né per i principi;
poiché se volessi ricevere grandi doni,
io potrei avere tutto il mondo;
ma il mio costume è del tutto contrario.
Non ti do alcun indugio. Vieni qui, e non perdere tempo.

• THOMAS WYATT
• Who so list to hunt- Chi così desidera cacciare
A colui il quale così desidera cacciare, so dove si trova una cerva.
Ma per quanto mi riguarda, ahimè, io non posso più:
Il vano travaglio mi ha stancato così amaramente,
che io mi ritrovo tra coloro che ne seguono più da lontano;
Tuttavia io non posso in alcun modo la mia mente stanca
distogliere dalla cerva: ma mentre lei fugge via,
io la seguo venendo meno. Rinuncio quindi (all'inseguimento)
dal momento che in una rete cerco di trattenere il vento.
A chi volesse cacciarla, io tolgo ogni dubbio,
così come me egli non sprechi il suo tempo invano:
poiché, inciso con dei diamante, a chiare lettere,
C'è scritto tutto attorno al suo bel collo:
Noli me tangere (non toccarmi), perchè io appartengo a Cesare,
e sono selvaggia per essere catturata, seppur sembri docile.

• THOMAS MORE
• Utopia
• Utopian Communism- Comunismo utopico
Padron More, a dirvi ciò che penso sinceramente, ovunque la proprietà sia privata, laddove il denaro è tutto,
è difficile quasi impossibile che lì lo Stato sia governato con giustizia e che prosperi floridamente. A meno
che voi non pensiate che la giustizia sia dove tutte le cose sono nelle mani di uomini malvagi, o che il
benessere possa prosperare laddove tutto è diviso tra pochi i quali cionondimeno non vivono in maniera
molto ricca mentre tutti gli altri vivono in maniera misera, infelice e nel bisogno. Perciò io considero tra me e
soppeso nella mia mente le ordinanze buone e sagge degli abitanti di Utopia: tra loro con pochissime leggi
tutte le cose sono disposte bene e riccamente, e la virtù è tenuta in alto valore e stima, e ciascuno ha
abbondanza di ogni cosa, dal momento che lì tutte le cose sono in comune. E ancora, d'altro canto, paragono
a loro tante nazioni che continuano a fare nuove leggi e tuttavia nessuna di loro bene è sufficientemente
fornita di leggi; ciascuno chiama quello che ha, sua proprietà personale e individuale e le molte leggi che
vengono fatte ogni giorno non sono sufficienti affinché ciascuno goda, difenda e sappia quello che è suo da
quello che appartiene ad un altro. Tutto questo è chiaramente dimostrato da le infinite controversie legali che
ogni giorno nascono per non avere mai fine. Non c'è da sorprendersi, considerando tutto questo, che Platone
si rifiutasse di fare le leggi per coloro i quali rifiutavano di avere e di godere di uguali parti di ricchezza e
beni. Quell'uomo saggio facilmente prevedeva che questo è l'unica e sola via per la prosperità di uno stato:
quando l'uguaglianza di ogni cosa viene introdotta e stabilita. Questo non è chiaramente possibile laddove la
proprietà di ognuno sia individuale e peculiare a lui. Laddove ognuno sotto la copertura di certi titoli e
pretese trae e sceglie per se il più possibile, cosicchè poi alcuni dividono tra loro tutte le ricchezze che ci
sono, a dispetto dell'abbondanza e della riserva, qui alla moltitudine vengono lasciati solo mancanza e
povertà. E nella maggior parte dei casi quest'ultima specie capita sia più degna di godere della ricchezza più
degli altri: i ricchi infatti sono superbi, astuti e inutili(non creano profitto). D'altro canto i poveri sono umili,
semplici e tramite la loro fatica giornaliera, sono più utili alla società che a se stessi. Quindi io sono convinto
che nessuna distribuzione uguale e giusta delle cose possa esistere fatta ne che la perfetta ricchezza potrà
esistere tra gli uomini, a meno che questa proprietà venga esiliata e bandita. Ma, fino a quando continuerà, il
fardello pesante e inevitabile della povertà e della miseria rimarrà tra la parte più cospicua e migliore degli
uomini. Io lo so che questo fardello può essere alleggerito ma nego totalmente che possa essere portato via
del tutto. Immaginiamo che venga fatta una legge, in virtù della quale nessuno dovrebbe possedere una certa
quantità di terra e che nessuno dovrebbe avere in suo possesso più di una somma prescritta e definita.
Immaginiamo venissero decretate certe leggi sulla base delle quali né il re dovrebbe avere un potere troppo
grande, né il popolo dovrebbe essere troppo orgoglioso e ricco; immaginiamo che gli uffici non debbano
essere ottenute per mezzo di smodate suppliche, tangenti e regali, e che non debbano essere comprate né
vendute; né debba essere necessario che i pubblici ufficiali debbano sostenere dei costi o dei tagli nei loro
uffici, dal momento che questa è l'occasione per i pubblici ufficiali di raccogliere il loro denaro di nuovo
attraverso frodi e imbrogli. E, dal momento che gli uffici sono ottenuti solo tramite regali e tangenti, solo i
ricchi possono permettersi di prendere il posto che dovrebbe essere affidato al saggio. Tramite leggi di questo
tipo, dico, che questi mali potrebbero essere mitigati ma soltanto come corpi malati che sono disperati e al di
là di ogni cura possono essere mantenuti e tenuti insieme per un po' con delle buone cure costanti. Ma che
questi mali possano essere perfettamente curati e portati ad una condizione buona e sana questo non è da
sperare fintanto che ognuno sarà padrone del suo per se stesso. E fintanto che si va in giro per mettere in atto
la cura da una parte, si farà più grande il dolore di un'altra parte così l'aiutare uno causa il dolore dell'altro.
Dal momento che nulla può essere dato a uno senza che venga sottratto ad un altro.
Ma io sono d'opinione contraria, dissi, tanto che penso che gli uomini non vivranno mai
nell'abbondanza laddove tutte le cose saranno in comune. Infatti come può esserci abbondanza di beni, e di
ogni altra cosa, laddove ognuno sottrae la sua mano dal lavoro? Chi non è spinto al lavoro dalla
considerazione dei propri guadagni?

• SIR PHILIP SIDNEY


• Two sonnets from Astrophel and Stella
Avevo messo alla prova la mia abilità nelle arti marziali
e tuttavia mi apprestavo a spezzare altre lance
quando con le grida della gente, devo confessare,
la giovinezza, la fortuna e la lusinga continuavano a riempire le mie vene di orgoglio;
Quando Cupido, avendomi arruolato come suo schiavo,
avanzando tra la folla, nella livrea di Marte
disse (e io non avrei fatto da meno) “e che ora, sir sciocco!”
“guarda da questa parte!dico” , guardai, e vidi Stella,
la quale, lì vicino, faceva uscire luce da una finestra.
Il mio cuore allora tremò, allora i miei occhi furono abbagliati
una mano dimenticò di governarmi, l'altra di combattere,
né udii il suono della tromba, né le urla amichevoli.
Il mio nemico avanzò, e batté l'aria per me,
fino a che il rossore di lei non mi insegnò a vedere la mia vergogna.

Quando fui costretto da Stella sempre a me cara-


Stella, nutrimento dei miei pensieri, cuore del mio cuore-
Stella, i cui occhi rischiarano ogni mia tempesta-
dalle leggi del dovere di Stella a separarmi,
ahimè, scoprii che lei con me si addolorava:
vidi che le lacrime comparivano nei suoi occhi,
vidi che i sospiri socchiudevano le sue dolcissime labbra,
e le sue tristi parole il mio udito rattristato sentì.
Quanto a me, io piansi nel vedere delle perle così sparse,
sospirai i suoi sospiri e mi dolsi nel suo dolore,
e tuttavia nuotai nella gioia, tale amore che si vedeva in lei.
Così mentre l'effetto era per me estremamente amaro,
e nulla poteva essere più dolce della causa di quel dolore,
sarei stato addolorato, se non fossi stato addolorato.

• JOHN DONNE
• The Holy Sonnets
• To Death
Morte, non essere orgogliosa, anche se alcuni ti hanno definita
possente e terribile, perchè tu non lo sei;
poiché quelli che tu pensi di sopraffare
non muoiono, povera Morte, e neppure puoi uccidere me.
Dal riposo e dal sonno, che non sono altro che tue immagini,
molto piacere (ne deriva), quindi da te molto più ne deve scaturire,
e ad andare per primi sono i nostri uomini migliori con te,
riposo delle loro ossa, e liberazione dello spirito.
Tu sei schiava del destino, del caso, dei re e degli uomini disperati,
e dimori con il veleno, la guerra e la malattia,
ma il papavero o gli incantesimi possono farci dormire, e meglio
di quanto non faccia il tuo colpo; perchè dunque di riempi d'orgoglio?
Dopo un breve sono, noi ci risvegliamo per l'eternità,
e la morte non esisterà più, Morte, tu morirai.

• CHRISTOPHER MARLOWE
• The tragicall History of Doctor Faustus
• Faustus Signs a Pact with the Devil

F. Ora Faustus tu devi necessariamente essere dannato


e non puoi essere salvato?
Ma che importanza ha allora pensare a dio e al paradiso?
Basta pensare a questi fantasie e disperazione
dispera in dio e credi in Belzebù
ora non indietreggiare. No, Faustus, sii risoluto.
Perchè vacilli? Oh, qualcosa risuona nelle mie orecchie
abiura questa magia, ritorna in dio di nuovo.
Sì, Faustus si rivolgerà di nuovo a dio.
A dio? Lui non ti ama.
Il dio che tu servi è il tuo personale appetito,
in cui è fissato l'amore di Belzebù
a lui costruirò un altare e una chiesa
e gli offrirà sangue tiepido di infanti appena nati.

[entrano l'angelo buono e l'angelo cattivo]

G.A. Caro Faustus, abbandona quest'arte esecrabile


F. Contrizione, preghiera, pentimento, a che mi servono?
G.A. questi sono i mezzi per portarti al paradiso
E.A. piuttosto illusioni, frutti della follia
che rende pazzi gli uomini che maggiormente si affidano a loro.
G.A. Dolce Faustus, pensa al paradiso e alle cose paradisiache.
E.A. No, Faustus, pensa all'onore e alla ricchezza.

[escono gli angeli]


F. alla ricchezza!
Ebbene, la signoria di Emden deve essere mia!
Quando Mefistofele si troverà al mio fianco,
quale dio ti potrà fare del male, Faustus? Tu sei salvo.
Non dubitare più, Vieni Mefistofele,

M. […] dimmi, Faustus, avrò la tua anima?


E io sarò tuo schiavo e sarò al tuo servizio,
e ti darò più di di quanto tu avrai senno di chiedere.

F. Sì, Mefistofele, te la darò

M. dunque, Faustus, tagliati il braccio con coraggio,


e impegna la tua anima, che in qualche giorno stabilito
il grande Lucifero la possa reclamare come propria,
e poi sarai tu grande come Lucifero

F. Oh, Mefistofele, nel tuo amore


io taglio il mio braccio, e con il mio sangue
assicuro che la mia anima appartiene al grande Lucifero,
signore supremo e reggente della notte perpetua,
guarda qui il sangue che gocciola dal mio braccio
rendilo proprizio per il mio desiderio.

M. Ma, Faustus, tu devi scrivere sotto forma di atto di donazione.


F. Sì, lo farò. Ma Mefistofele,
il mio sangue si congela e non posso più scrivere

M. andrò a prendere del fuoco per scioglierlo immediatamente.

[esce]

F. che cosa significa il fatto che il mio sangue si è fermato?


Forse non vuole che io scriva questo atto di donazione?
Perchè non scorre cosicchè lo possa scrivere di nuovo?
“ Faustus ti dona la sua anima” ah, ecco lì si è fermato
e perchè non vorresti? Forse la tua anima non è tua?
Allora scrivi di nuovo “Faustus ti dona la sua anima”.

M. ecco qui il fuoco. Vieni, Faustus, mettilo sopra.


F. Così, ora il mio sangue ricomincia a schiarirsi.
Adesso vi porrò immediatamente fine.

M. oh che cosa non farei per ottenere la sua anima!

F .Questo contratto è finito.


E faustus ha consegnato la sua anima a Lucifero.
Ma cosa è questa iscrizione sul mio braccio?
Fuggi uomo! Ma dove dovrei fuggire?
Se fuggissi verso il cielo, lui mi lancerebbe giù verso l'inferno.
I miei sensi si ingannano: qui non c'è scritto nulla
oh si, lo vedo chiaramente, persino qui c'è scritto:
Homo fuge. E tuttavia Faustus non fuggirà.

M. Gli porterò qualcosa per dilettare il suo spirito.

[esce]

F. cosa significa questo spettacolo? Parla, Mefistofele.

M. Nulla, Faustus, ma per deliziare la tua mente,


e farti vedere come può funzionare la magia.

F. ma posso evocare io questi spiriti quando mi va?

M. sì e puoi fare anche cose più grandi!


F. Allora ce n'è abbastanza per migliaia di anime.

M. allora, f, adesso chiedimi cosa vuoi

F. per prima ti interrogherò riguardo l'inferno.


Dimmi, dove si trova il luogo chiamato inferno?

M. Sotto i cieli.

F. sì, così come tutte le cose, ma dove precisamente?

M. nelle viscere degli elementi


dove noi siamo torturati e rimaniamo in eterno.
L inferno non ha limiti ne è circoscritto in un unico luogo
ma dove noi siamo lì è l'inferno
e dove è l'inferno lì noi dobbiamo stare in eterno.

• WILLIAM SHAKESPEARE
• Sonetto 12
Quando conto le ore che segnano il tempo,
e vedo il meraviglioso giorno sprofondare nell'orrida notte,
quando fisso la violetta che sfiorisce,
e riccioli corvini tutti inargentati di bianco:
Quando vedo gli alti alberi spogli di foglie,
i quali prima dalla calura offrivano protezione alle mandrie,
e il verde estivo tutto legato in covoni
portati in bara come una barba ispida e bianca:
allora sulla tua bellezza io mi domando
che anche tu tra le rovine del tempo devi andare,
poiché le cose dolci e belle si abbandonano
e muoiono in fretta non appena ne vedono crescere delle altre,
e nulla può proteggere dalla falce del Tempo
salvo il figlio per sfidarlo, quando lui ti porterà via da qui.
• Sonetto 18
ti dovrò paragonare ad un giorno d'estate?
tu sei più bello e più delicato;
venti crudi scuotono i teneri boccioli di maggio
e il tempo di un estate ha una durata troppo breve
a volte l'occhio del cielo splendo troppo ardente
e spesso il suo colore dorato è oscurato
e ogni bella a volte dalla bellezza declina,
disordinato dal caso o dal corso mutevole della natura
ma la tua estate eterna non svanirà
ne perderà il possesso della bellezza che tu possiedi
ne la morte di vanterà che tu vaghi nella sua ombra
quando in versi eterni tu crescerai nel tempo
fino a che gli uomini potranno respirare o gli occhi vedranno
fino ad allora vivrà questo, e questo ti dà vita.

• Sonetto 30
quando alle assise del dolce pensiero silente,
io convoco i ricordi del tempo passato,
io sospiro la perdita di molte cose che cercavo,
e con nuovi colori di nuovo piango lo sciupio del mio caro tempo:
allora posso inondare un occhio(che non è avvezzo a far scorrere lacrime).
Per amici preziosi nascosti nella notte senza fine della morte,
e posso piangere di nuovo dolori d'amore cancellati da molto tempo,
e lamentare lo spreco di molte visioni svanite,
allora io posso dolermi di dolori andati
e pesantemente raccontare di nuovo di dolore in dolore,
il triste resoconto di dolori già patite,
che io patisco di nuovo, come se non l avessi pagato prima.
ma se nel frattempo io penso a te, mio caro amico
tutte le perdite sono recuperate, e i dolori cessano.

• The dagger- Il pugnale


è questo un pugnale che vedo davanti a me,
l'elsa di fronte alla mia mano? Lascia che ti afferri
io non ti ho, e tuttavia io ti vedo
o visione fatale, non sei tu sensibile
ai sensi, così come alla vista? O non sei tu
altro che un pugnale della mente, una falsa creazione
che scaturisce dal cervello oppresso dalla calura?
E tuttavia ti vedo , in una forma altrettanto palpabile
di questa stesso pugnale che io adesso estraggo.
Tu mi spingi nella direzione in cui io andavo;
e proprio uno strumento di questo genere io mi apprestavo ad usare.-
i miei occhi sono fatti giullari degli altri sensi,
altrimenti sono loro che valgono tutto il resto: ti vedo ancora;
e sulla tua lama, e sulla impugnatura, delle stille di sangue
che prima non c'erano- no una cosa simile non esiste.
È l'impresa sanguinaria che così informa
i miei occhi.- ora su metà mondo
la natura sembra morta, e sogni malvagi abusano
il sonno riparato. La stregoneria celebra
le offerte alla pallida Ecade, e l'assassino rattrappito
preannunciato dalla sua sentinella, il lupo,
il cui ululare è la sua stella, così con passo furtivo
insieme ai grandi passi deliranti di Tarquinio, verso il suo progetto,
si muove come un fantasma.- tu terra sicura e salda,
non ascoltare i miei passi, e la direzione in cui si dirigono, per timore
che le stesse pietre rivelino dove io mi aggiro
e sottraggano l'orrore presente al tempo
che ora si adatta a lui. Ma mentre io sto qui a minacciare, lui vive:
le parole al calore delle azioni danno un respiro troppo breve.

[una campana suona]

Vado, e sarà fatto, la campana mi sollecita.


Non udirla Duncan, poiché si tratta di un rintocco
che ti convoca al paradiso o all'inferno.

• To be or not to be- Essere o non essere


H: Essere o non essere- questo è il problema;
se sia più nobile soffrire nello spirito
le punture i dardi della fortuna oltraggiosa
oppure prendere le armi contro un mare di guai,
e opponendovisi porre loro fine? Morire, dormire-
nient'altro, e tramite il sonno dire
il dolore del cuore e le migliaia di morti naturali
di cui la carne è erede finirà. Questa è una consumazione
da desiderare con devozione. Morire, dormire;
dormire, forse sognare. Questo è il problema;
poichè in quel sonno di morte quali sogni possono giungere
quando avremmo scosso via questa spire mortali,
ci deve dare pausa. Lì è la considerazione
che rende la sventura di così lunga vita;
chi sopporterebbe le sferzate e gli sfregi del tempo
il corpo dell'oppressore, l'offesa dell'orgoglioso,
gli spasimi dell'amore disprezzato, il ritardo della legge,
l'insolenza del potere, e gli sproni
che il merito paziente riceve dagli indegni,
quando lui stesso potesse darsi la pace
con un pugnale sguainato? Chi può sopportare questi fardelli,
per ansimare e sudare sotto una vita pesante,
se non fosse che il timore di qualcosa dopo la morte-
quella landa sconosciuta, da i cui confini
nessun viaggiatore ritorna- sconcerta la volontà,
e ci fa sopportare i mali che abbiamo
piuttosto che andare verso altri che noi non conosciamo?
Così questa coscienza fa di noi tutti dei codardi;
e così il colorito nativo della risolutezza
viene ricoperto del pallore malsano del pensiero,
e imprese di grande significato e importanza,
con questa considerazione, deviano il loro corso
e perdono il nome di azione.

• Lear's choice
L: ponetevi al servizio dei signori di Francia e Borgogna, Gloucester
G: lo farò, mio signore
[escono G e Edmund]

L: nel frattempo noi esprimeremo i nostri più segreti propositi.


Datemi quella mappa. Sappiate che abbiamo diviso
in tre il nostro regno; è che è nostro preciso intento
scuoter via tutte le cure e gli affari dalla nostra vecchiaia
conferendoli su spalle più giovani, mentre noi
privi di fardello strisciamo verso la morte. Nostro figlio di cornovaglia
e voi, non meno affezionato figlio di Albania,
noi abbiamo la volontà di rendere pubbliche
le diverse doti delle nostri figlie, affinchè la lotta futura
possa essere prevenuta adesso. I principi di Francia e di Borgogna,
grandi rivali nell'amore della nostra figlia più giovane,
a lungo hanno fatto il loro soggiorno amoroso nella nostra corte,
e qui devono avere risposta. Ditemi, figlie mie-
dal momento che noi ora ci spogliamo entrambi del nostro ruolo,
interesse del territorio, e cure dello stato-
quale di voi dovremmo noi dire che ci ama di più?
Dal momento che la nostra generosità più ampia si possa estendere.
laddove la natura sfida il merito.
Goneril, la nostra figlia maggiore, parla per prima.

Go: Sire: io vi amo più di quanto la parola possa piegare l'argomento.


Voi siete più caro a me della vista, dello spazio e della libertà;
va oltre ciò che può essere di valore, ricco o raro;
non più della vita, della grazia, della salute, della bellezza e dell'onore
vi amo quanto una figlia abbia mai amato, o un padre trovato;
un amore che rende povero il respiro e muta la parola:
al di là di tutto questo io vi amo.

C: che cosa dirà Cordilia?


Amare e tacere.

L: di tutti questi confini, da questa linea fino a quest'altra,


insieme alle foreste ombrose e alle ricche campagne con
alcuni abbondanti fiumi e campagne dagli ampi confini,
noi ti rendiamo signora: alla discendenza tua e di Albany
questo apparterrà per sempre.- Cosa dice la nostra seconda figlia,
la nostra cara Regan, moglie di Cornwall? Parlate.

R: sono fatta di quello stesso metallo di mia sorella,


e mi considero del suo stesso valore. Nel mio cuore sincero
io trovo che lei pronuncia i miei stessi gesti d' amore;
solo che lei si ferma troppo presto, perchè io mi professo
nemica di ogni altra gioia
che il più prezioso dei sensi possiede,
e mi trovo resa felice
solo nell'amore della vostra cara altezza.

C: Allora povera Cordelia!


E tuttavia no, dal momento che sono sicura che il mio amore
è poderoso più della mia lingua.

L: a te e ai tuoi discendenti per sempre


rimarrà questo ampio terzo del nostro bel regno
non inferiore in spazio, valore e bellezza
a quello conferito a Goneril.- Adesso, nostra gioia,
anche se sei l'ultima e la più piccola, al cui giovane amore
i vigneti di Francia e il latte della Borgogna
lottano per essere interessati; cosa puoi dire per ottenere
un terzo più ricco di quello delle tue sorelle? Parlate.
C: niente, mio signore.
L: Niente!
C: Niente.
L: niente deriva da niente. Parlate di nuovo.
C: infelice io sono, io non posso sollevare il mio cuore
nella mia bocca. Io amo vostra Maestà
conformemente al mio dovere; né più né meno.
L: come, come, Cordelia! Aggiusta un po' il tuo discorso
per evitare di rovinare le tue fortune.
C: mio buon signore,
voi mi avete procreata, generata e amata.
Io vi restituisco questi doveri come è giusto
vi obbedisco, vi amo e soprattutto vi onoro.
Perchè le mie sorelle hanno marito, se loro dicono
di amarvi sopra ogni cosa? Certamente, quando sarò sposata
quel signore la cui mano prenderà il mio pegno porterà
con se metà del mio amore con lui, metà delle mie cure e del mio dovere.
Certamente non mi sposerò mai come le mie sorelle,
per amare pienamente mio padre.
L: ma va il tuo cuore per queste parole?
C: si mio buon signore
L: così giovane e così priva di tenerezza?
C: così giovane, mio signore, e cosi sincera.
L: e sia così! La tua allora sia la tua dote!
Poiché per il temuto splendore del sole,
per i misteri di Ecate e della notte
per tutte le operazioni delle sfere celesti
da cui noi esistiamo e cessiamo di esistere,
qui io rinnego ogni mia cura parentale,
ogni vicinanza e proprietà di sangue,
e come un'estranea al mio cuore e a me
ti riterrò da ora in poi. Il barbaro Sciita,
o colui che fa strage della sua generazione
per nutrire il suo appetito, saranno al mio cuore
così ben accolti compassionati e aiutati,
più di te un tempo fosti mia figlia-
K: mio buon signore-
L: taci kent!
Non frapporti fra il drago e la sua ira!
Io l'ho amata più di tutte, e avevo pensato di porre il mio riposo
alle sue cure gentili. Via da qui! Togliti dalla mia vista!-
così la mia tomba sia la mia pace dal momento qui io strappo
il mio cuore di padre da lei!

• Prospero renounces Magic


P: Sì, elfi delle colline, ruscelli, laghi immobili, e dei boschetti
e voi che sulle sabbie con piedi senza orma
date la caccia il Nettuno delle maree, e lo fuggite
quando lui ritorna, voi mezzi burattini che
al chiaro di luna fate gli anelli di erba acida
di cui la pecora non si nutre e voi i cui passatempo
è creare i funghi di mezzanotte, che vi rallegrate
nell'udire il solenne coprifuoco, tramite il cui aiuto-
per quanto deboli padroni voi siate- io ho oscurato
il sole di mezzogiorno, ho richiamato i venti scatenati,
e voi che tra il mare verde e la volta azzurra
avete posto una guerra … :al terribile tuono rumoroso
io ho dato fuoco, e ho spaccato la forte quercia di Giove
con il suo stesso dardo; io ho fatto tremare
il promontorio dalla salda base e ho sradicato totalmente
il pino ed il cedro: le tombe al mio ordine
hanno risvegliato i loro dormienti, si sono aperte, e li hanno lasciati uscire
grazie alla mia arte così potente. Ma io qui adesso
abiuro questa rozza magia, e dopo aver richiesto
della la musica celestiale -cosa che faccio adesso-
per operare i miei fini sui loro sensi,
cosa per cui è destinato questo incantesimo aereo,spezzerò la mia bacchetta,
la seppellirò sotto certe pese sotto terra
e farò sprofondare questo mio libro più giù dove sia arrivato scandaglio.

• JOHN MILTON
• Sonnet XVII
Quando io rifletto su come la mia luce si sia spenta,
prima della metà dei miei giorni, in questo oscuro e vasto mondo,
e che un talento che è morte nascondere
è rimasto inutile presso di me, anche se la mia anima era più
incline a servire con questo il mio creatore, e a presentare
il mio vero rendiconto, per timore che lui, ritornando mi rimproveri,
“ ma dio esige la fatica giornaliera, quando è negata la luce?”
io mi chiedo ardentemente, ma Pazienza per impedire
quel mormorio, immediatamente risponde: “ dio non ha bisogno
né dell'opera dell'uomo né dei suoi doni; coloro i quali
meglio sopportano il suo dolce giogo, sono quelli che lo servono meglio;
la loro condizione è regale- migliaia al suo ordine si precipitano
e si muovono sulla terra e sull'oceano senza riposo:
servono anche coloro che stanno fermi e attendono.

• PARADISE LOST
• Invocation to the Spirit
[…] O Spirito […]
[…] ciò che in me è oscuro
illuminalo, ciò che è basso elevalo e sostienilo;
affinchè all'altezza di questo grande argomento
io possa affermare l'eterna provvidenza,
e giustificare le vie di dio agli uomini.

• The Fall of Satan (La Caduta di Satana)


[...] Lui, il signore onnipotente
scagliò a testa in giù in fiamme dal cielo etereo
con un orribile rovina e combustione
in una perdizione senza fondo, perchè lì abitasse
nelle catene adamantine e fuoco penitenziale,
colui che osò sfidare l'onnipotente in armi.
Nove volte lo spazio che misura il Giorno e la Notte
per gli uomini mortali, lui, con la sua orribile compagnia
giace sconfitto, roteando nel fiero abisso,
sconfitto anche se immortale. Ma il suo destino
gli riservava più collera, poichè adesso il pensiero
sia della perduta felicità sia della duratura pena
lo tormenta: intorno egli fa roteare i suoi sinistri occhi,
che testimoniavano enorme afflizione e sgomento,
mischiati con un ostinato orgoglio e un risoluto odio.
Subito, così come gli Angeli possono, egli vede
Il lugubre luogo ampio e selvaggio.
Una prigione orribile, infiammata intorno a tutti i lati,
come una grande fornace ; tuttavia da quelle fiamme
non luce; ma piuttosto una visibile oscurità
utile solo per scorgere visioni di dolore,
regioni di sofferenza, dolente ombre, dove la pace
e il riposo non possono mai dimorare, dove la speranza che arriva a tutti
non giunge mai, ma una tortura senza fine
incalza eternamente e un ardente Diluvio, nutrito
con un sempre bruciante Zolfo senza mai consumarsi.

• The heroic defeat -la sconfitta eroica


[...]Che cosa importa se il campo è perso?
Non tutto è perso; la volontà invincibile,
e la ricerca della vendetta, l'odio immortale,
e il coraggio di non sottomettersi e di non cedere mai:
E cos'altro è questo se non non essere vinti?
Quella gloria né la sua rabbia né la sua forza
potranno mai estorcermi. Inchinarsi e implorare la grazia
Con ginocchio supplichevole, e deificare il potere
di colui che per il terrore di questo braccio/esercito così di recente
ha dubitato del suo impero, questo sì che sarebbe deplorevole,
questo sarebbe un ignominia e una vergogna al di sotto
di questa caduta; poiché grazie al destino la forza degli dei
e questa sostanza empiria non possono fallire,
dal momento che, attraverso l'esperienza di questo grande evento,
non inferiori nelle armi, molto avanzati nella previsione,
noi possiamo con maggiore speranze di successo
Risolverci a condurre un'eterna guerra con la forza o con l'astuzia
Irreconciliabile al nostro grande nemico,
che adesso trionfa, e negli eccessi della gioia
regnando da solo tiene la tirannia del cielo.

• In the skin of a snake -Nella pelle di un serpente


[...]Di questi io temo la vigilanza,
per eluderla, così avvolto nella nebbia
del vapore notturno scivolo oscuro, e spio
in ogni cespuglio e boschetto, dove per caso io possa trovare
il serpente addormentato, nelle cui spire labirintine (possa)
nascondere me, e l'oscuro intento che io porto.
Oh terribile caduta! Io che prima ero in contesa
con gli Dei per sedere nel posto più alto, ora sono costretto
dentro una bestia, e misto con limo bestiale,
a incarnare e abbrutire quest'essenza,
che aspirava all'altezza della divinità;
Ma a cosa non si abbasserebbero
l'ambizione e la vendetta? Chi intende elevarsi deve abbassarsi tanto in basso
quando in alto si era elevato, odioso prima o poi
persino alle cose più basse. La vendetta, sebbene dapprima dolce,
dopo un po' si riavvolge su sé amara;
E così sia: io non indietreggio, così si innalza ben mirata,
perché se la mirassi più in alto io ricadrei troppo vicino, contro colui che subito dopo (Dio)
causa la mia invidia, questo nuovo favorito
del Paradiso, questo uomo di creta, figlio del disprezzo,
che per disprezzare di più noi il suo creatore ha creato
dalla polvere: quindi il disprezzo è meglio ripagato con il disprezzo>>.
Così dicendo, attraverso ogni boschetto umido o asciutto,
come una nebbia nera che striscia bassa, egli proseguì
la sua ricerca di mezzanotte, di dove più immediatamente potesse trovare
il serpente: presto egli lo trovò profondamente addormentato
tutto attorcigliato in un labirinto di molte spire,
con la testa nel mezzo, ben piena di sottili astuzie:
ancora non in un orribile ombra o in un anfratto terribile,
ancora non nocivo, ma sul tappeto erboso
privo paura, non temuto, dormiva. Dalla sua bocca
il diavolo entrò, e prendendo possesso del suo senso brutale,
nel cuore e nella testa, presto lo ispirò
con atti intelligenti, ma non disturbò il suo sonno
attendendo da vicino l'appressarsi del mattino.

• JOSEPH ADDISON
• The Royal Exchange
Non c'è nessun posto in tutta la città che io ami frequentare quanto la Borsa. Mi da una segreta
soddisfazione, e in qualche misura, gratifica la mia vanità, dal momento che sono un inglese, vedere
un'assemblea così ricca di connazionali e stranieri che si consulta insieme sugli affari privati dell'umanità, e
che fanno di questa metropoli una sorta di emporio per l'intero pianeta. Devo confessare che considero il
momento di più intensa attività come un grande consiglio, nel quale tutte le nazioni degne di maggior
considerazione hanno le loro rappresentanze. Gli intermediari nel mondo commerciale sono quello che gli
ambasciatori sono nel mondo politico; loro concludono affari, concludono trattati, e mantengono una buona
corrispondenza tra quelle ricche società di uomini che sono divise le une dalle altre da mari e oceani, oppure
che vivono sulle diverse estremità del continente. Mi sono spesso compiaciuto nel udire come delle dispute
venivano risolte tra una abitante del Giappone e un cittadino di Londra, oppure nel vedere un suddito del
gran Mogol entrare in alleanza con uno dello Zar della Moscovia. Provo enorme piacere nel mischiarmi con
questi diversi ministri del commercio, così come si differenziano per le loro diverse camminate e per le loro
diverse lingue: a volte sono spintonato in mezzo ad un gruppo di armeni, a volte mi perdo in una folla di
ebrei, e a volte divento uno di un gruppo di olandesi. Sono un danese, uno svedese o un francese in momenti
diversi, o piuttosto mi immagino come l'antico filosofo, il quale quando gli venne chiesto di quale nazione
era, rispose che era un cittadino del mondo. […]
questa grandiosa scena degli affari mi fornisce un'infinita varietà di solidi e sostanziali intrattenimenti.
Poichè sono un grande amante dell'umanità, il mio cuore naturalmente straripa di piacere alla vista di una
moltitudine prosperosa e felice, tanto che in molte solennità pubbliche non posso fare a meno di esprimere la
mia gioia con delle lacrime che sono scese furtivamente lungo le mie guance. Per questo motivo, sono
meravigliosamente compiaciuto nel vedere un tale gruppo di uomini prosperare nelle loro fortune privare e
promuovere la riserva pubblica; o in altre parole, che aumentano il patrimonio delle loro famiglie portando
dentro la loro nazione qualunque cosa sia carente e portando fuori qualunque cosa sia superflua.
La natura sembra aver preso una cura particolare nel disseminare i suoi beni tra le diverse regioni del mondo,
con un occhio a questo reciproco rapporto e traffico tra gli uomini, affinchè i nativi delle diverse parti del
mondo potessero avere una sorta di dipendenza dall'altro, e potessero essere uniti insieme da un loro comune
interesse. […]
Se noi consideriamo il nostro paese nella sua prospettiva naturale, senza alcuno dei benefici e dei vantaggi
del commercio, ma quale luogo della terra nudo e scomodo ci è toccato in sorte. Le nostre navi sono cariche
del raccolto di ogni clima, le nostre tavole sono piene di spezie e oli e di vini, le nostre stanze sono riempite
di piramidi di porcellana, e adornate di manufatti del Giappone: la nostra bevanda mattutina ci proviene
dagli angoli più remoti della terra, e noi ripariamo i nostri corpi con le droghe dell'America e ci riposiamo
sotto baldacchini indiani. Invero la natura ci fornisce lo stretto necessario per vivere, ma il commercio ci da
una grande varietà di ciò che è utile, e allo stesso tempo ci fornisce tutto quello che è conveniente e
ornamentale. Ne è la parte minore della nostra felicità il fatto che mentre noi ci godiamo i prodotti più
lontani del nord e sud, siamo liberi da quegli eccessi di tempo che danno loro la nascita; che i nostri occhi
sono rinfrescati con i verdi prati della Britannia, nello stesso tempo i nostri palati godono dei frutti che
crescono tra i tropici. Per tutte queste ragioni non ci sono membri più utili in uno stato dei mercanti.
Loro intrecciano insieme l'umanità in uno scambio reciproco di buoni uffici, distribuiscono i doni della
natura, trovano lavoro per i poveri, aggiungono ricchezza ai ricchi, e magnificenza ai grandi. Il nostro
mercante inglese converte lo stagno della propria nazione in oro, e scambia la sua lana per dei rubini. I
maomettani sono vestiti con i prodotti delle nostre manifatture inglesi, e gli abitanti delle zone gelide sono
riscaldati dai velli delle nostre greggi.
[…] il commercio, senza allargare i territori inglesi, ci ha dato una sorta di impero aggiuntivo, moltiplicando
il numero dei ricchi.

• STEELE
• London
Le ore del giorno e della notte sono occupate, nelle città di Londra e Westminster, da persone così differenti
l'una dall'altra come quelli nati nei secoli differenti. Gli uomini delle sei in punto danno il cambio a quelli
delle nove; (quelli) delle nove si scambiano con la generazione delle dodici; e quelli delle dodici spariscono e
fanno spazio ai mondani che hanno scambiato le due di notte per mezzogiorno. Mentre proseguivo il mio
viaggio, era un'immagine gradevole vedere il mondo cosi graziosamente variegato da quando ho lasciato
Richmond, e la scena continuava a riempirsi di figli di una nuova ora. Questa soddisfazione aumentava
mentre avanzavo verso la City (una zona di Londra). E le insegne vistose, le strade ben disposte (ben
organizzate), magnifici edifici pubblici, e i negozi di lusso, adorni di visi soddisfatti, facevano aumentare la
gioia ancora finché non entrammo nel centro di City, e il centro del mondo del commercio il Palazzo della
Borsa di Londra. Mentre gli altri uomini intorno a me si rallegravano con le loro speranze e i loro buoni
affari, ho trovato un proprio tornaconto nel fare particolare attenzione ai loro diversi interessi. In verità
consideravo me stesso come l'uomo più ricco che camminava quel giorno per il palazzo della borsa di
Londra, perché la mia benevolenza mi fece condividere i guadagni di ogni buon affare che veniva fatto. Non
era la minore delle mie soddisfazioni nel mio studio andare al piano di sopra e passare accanto negozi di
donne gradevoli, per osservare tante mani cosi graziose indaffarate nel piegare nastri; e la massima
attenzione di visi cosi gentili nella vendita dei nei artificiali, spille e bigodini da un lato all'altro del bancone,
era un divertimento nel quale mi sarei dovuto soffermare ulteriormente, se le care creature non mi avessero
chiamato per chiedermi cosa volessi, quando non potevo rispondere semplicemente “Guardarvi”.
Prima delle cinque del pomeriggio lasciai City, venni nel mio solito luogo, Covent Garden , e trascorsi la
serata da Will's prestando attenzione a discorsi di diversi gruppi di persone , i quali si confidavano l'uno con
l'altro a portata del mio orecchio su argomenti delle carte, i dadi, amore, cultura, e politica. L'ultimo
argomento mi trattenne fino a quando non le strade nel possesso del banditore, che annunciava al mondo, e
gridava << Sono le due!>>.

• DANIEL DEFOE
• Robinson Crusoe
• Life Record and Book-Keeping- Racconto biografico e rendicontazione
E siccome la ragione cominciava a prevalere sulla disperazione, cominciai a consolarmi come meglio
potevo, e a stabilire il bene al male, affinchè potessi avere qualcosa per distinguere la mia sorte da altre
peggiori; e lo stabilii con assoluta imparzialità, come debito e credito, le consolazioni di cui godevo e le
afflizioni che avevo sofferto, in questo modo:
SVANTAGGI VANTAGGI
Sono stato gettato su questa spaventosa isola deserta Ma sono vivo: non sono annegato, com'è accaduto di
senz'alcuna speranza di salvezza. tutti i miei compagni di navigazione.

Io sono da solo e separato, per così dire, da tutto il Ma io sono separato anche da tutto l'equipaggio della
mondo per essere infelice nave per essere risparmiato dalla morte, e colui che
miracolosamente mi ha salvato dalla morte mi può
liberare da questa condizione.
Io sono separato dal genere umano, un solitario, Ma non sono a morire di fame su una terra sterile,
bandito dalla compagnia degli uomini. priva di qualsiasi possibilità di sostentamento.

Ma il clima è caldo, dove se avessi degli abiti,


Non ho abiti per coprirmi. difficilmente potrei indossarli.

Ma sono gettato su un isola dove non vedo animali


Sono privo di qualsiasi difesa o arma per resistere a selvaggi che possano farmi del male, come ho visto
qualsiasi violenza di uomo o bestia sulla costa dell'Africa; cosa sarebbe accaduto se fossi
naufragato lì?

Ma dio ha miracolosamente mandato la nave a breve


Non ho anima alcuna con cui parlare e con cui distanza dalla riva, cosicché ho potuto cavarne così
confidarmi tante cose necessarie quante mi serviranno per
soddisfare le mie necessità, o mi metteranno in grado
di soddisfarle finché vivrò.

Nel complesso, qui c'era un indubbia testimonianza, che difficilmente c'era una una qualunque condizione al
mondo tanto miserevole, ma che c'era qualcosa di negativo o qualcosa di positivo da essere riconoscente per
questo; e facciamo sì che questa sia come una indicazione che proviene dall'esperienza della più miserevole
di tutte le condizioni di questo mondo, che noi possiamo sempre trovare in essa qualcosa da cui trarre
consolazione, e da mettere nella descrizione dei vantaggi e degli svantaggi, dal lato dei crediti in questo
resoconto.

• A man's naked foot- Il piede nudo di un uomo


Accadde un giorno verso mezzogiorno mentre mi dirigevo verso la mia barca, fui estremamente sorpreso da
un' impronta del piede nudo di un uomo sulla riva, che era molto chiara da vedere sulla sabbia. Mi bloccai
come uno colpito da un fulmine o come se avessi visto un fantasma, rimasi in ascolto e mi guardai intorno,
ma non riuscivo a sentire niente, ne a vedere niente, salii su un rialzo del terreno per guardare più lontano,
andai su e giù per la riva, ma era sempre la stessa cosa non riuscivo a vedere nessun'altra impronta che
quell'unica. Tornai di nuovo lì per vedere se ce ne fossero altre, se non fosse invece frutto della mia fantasia,
ma non c'era alcuno spazio per questo, poiché lì c'era esattamente proprio l'impronta di un piede, dita,
tallone, ed ogni parte di un piede;
come fosse arrivata lì io non lo sapevo, né riuscivo minimamente ad immaginarlo. Ma dopo innumerevoli
pensieri incerti come un uomo totalmente confuso e fuori di se, io arrivai nella mia fortezza, non sentendo
per così dire il terreno su cui mi muovevo, ma terrorizzato al massimo guardando dietro di me ogni due o tre
passi scambiando ogni cespuglio e ogni albero e immaginando che ogni ceppo a distanza fosse un uomo, e
non è possibile descrivere in quante varie forme l'immaginazione spaventata mi rappresentava le cose,
quante idee folli si trovavano ad ogni istante nella mia immaginazione, e quali strane e indefinibili fantasie
mi vennero nei pensieri lungo la via. Quando arrivai al mio castello, poiché penso che da quel momento in
poi lo chiamai sempre così, io mi ci rifugiai dentro come uno inseguito, se io ci salii dalla scala come avevo
dapprima pensato o ci entrai da un buco nella roccia che io chiamavo porta, non riesco a ricordarlo; no, né
riuscì a ricordarlo la mattina successiva, poiché mai lepre spaventata fuggì nella tana o volpe nella terra con
la mente più terrorizzata quanto io mi rifugiai in questa fortezza.

• The naming of Friday- Il battesimo di Venerdì


Avendo abbattuto questo tizio, l'altro che inseguiva con lui si arrestò come se fosse stato terrorizzato, ed io a
passo spedito mi avvicinai a lui; ma mentre avanzavo immediatamente mi resi conto che aveva un arco e una
freccia che stava incoccandola per colpirmi, perciò fui costretto a colpirlo per primo, cosa che feci e lo
uccisi sul colpo. Il povero selvaggio fuggiasco, che però si era fermato; anche se vedeva che i suoi nemici
erano entrambi caduti e uccisi, così come pensava, fu nondimeno così terrorizzato dal fragore del fucile che
si fermò impietrito lì si trovava, senza muoversi né avanti né indietro, anche se sembrava piuttosto incline a
fuggire anziché ad avanzare. Io lo incitai di nuovo, facendogli cenno di venire avanti; lui comprese
perfettamente, fece qualche passo e si fermò, riprese a camminare e di nuovo tornò a fermarsi. Io allora potei
percepire che tremava tutto, come se fosse stato prigioniero e fosse sul punto di venire ucciso come erano
stati uccisi i suoi due nemici. Io gli feci di nuovo segno di avvicinarsi e gli feci tutti i cenni
d'incoraggiamento che mi riuscì d'immaginare, e lui continuò ad avvicinarsi, inginocchiandosi ogni dieci o
dodici passi, in segno di gratitudine per avergli salvato la vita. Gli sorrisi e lo guardai piacevolmente e gli
feci cenno di continuare ad avvicinarsi. Alla fine mi venne accanto, tornò a inginocchiarsi, baciò la terra e
posò il capo sul terreno; poi afferrandomi il piede, appoggiò il mio piede sul suo capo, questo sembra fosse
in segno di giurare di essere mio schiavo per sempre.[...]

Era un tizio di bell'aspetto, perfettamente proporzionato, con delle membra dritte e lunghe, non troppo
larghe, alto e ben formato, e, come posso dire aveva circa ventisei anni. Aveva una bellissima espressione,
non feroce e orribile, ma sembrava avere qualcosa di molto virile nel suo viso, e tuttavia aveva nel suo
aspetto tutta la dolcezza e tenerezza di un europeo, specialmente quando sorrideva. I suoi capelli erano
lunghi e neri, non ricci come lana; la fronte molto alta e larga, e una grande vivacità e una scintillante
acutezza negli occhi. Il colore della sua pelle non era troppo nero, ma era piuttosto molto abbronzato, e
tuttavia non era di un brutto giallo nauseabondo, come i brasiliani o i virginiani, come sono gli altri nativi
dell'America, ma di un brillante genere di colore olivastro, che aveva in se di molto gradevole, anche se non
molto facile da descrivere. Il suo volto era rotondo e paffuto, il suo naso piccolo, non era piatto come quelli
dei negri, una bocca molto bella, labbra sottili, e i suoi denti fini ben schierati, e bianchi come l'avorio.
[…]

Lui mi rivolse tutti i segni di soggezione, servitù e sottomissione immaginabili, per farmi sapere come mi
avrebbe servito finché viveva. Io lo compresi in molte cose, e gli feci capire che ero molto compiaciuto di
lui, in breve cominciai a parlargli, e gli insegnai a parlarmi, e per prima cosa, gli feci capire che il suo nome
doveva essere Venerdì, che era il giorno in cui gli avevo salvato la vita. Lo chiamai così in ricordo di quel
momento, e similmente gli insegnai a dire “Padrone” e poi lo informai che quello doveva essere il mio nome;
analogamente gli insegnai a dire si e no e a comprendere il significato di queste parole.

• FIELDIENG
• Tom Jones
• Off the right track- lontano dalla retta via
Il lettore sarà contento di ricordare che abbiamo lasciato Mr Jones, all'inizio di questo libro, sul suo cammino
per Bristol, deciso a cercare la sua fortuna in mare o anzi, piuttosto, a sfuggire dalla sua fortuna sulla terra.
Successe (cosa non molto insolita) che la guida che si era impegnata a guidarlo lungo il suo percorso
sfortunatamente non conosceva molto bene la strada; per cui, avendo smarrito il giusto sentiero e
vergognandosi di chiedere informazioni, gironzolò avanti e indietro finchè non giunse la notte e scese il buio.
Jones, sospettando ciò che stava succedendo, confessò alla guida le sue apprensioni, ma quello insistette sul
fatto che fossero sul giusto cammino ed aggiunse che sarebbe stato veramente strano se egli non avesse
conosciuto il sentiero corretto per Bristol,- anche se in realtà sarebbe stata cosa ancora più strana se l'avesse
realmente saputo, dal momento che non c'era mai passato prima in vita sua-.
Jones non aveva comunque una tanto implicita fiducia nella guida, da non chiedere al loro arrivo in un
villaggio al primo che vide a che punto fossero nel loro percorso verso Bristol. “Da dove siete venuti?” gli
gridò il tizio. “Non importa” rispose Jones frettolosamente, “ voglio sapere se questa è la strada per Bristol”.
“La strada per Bristol!” gridò ancora il tipo,sfregandosi la testa “beh signore credo che difficilmente
arriverete a Bristol entro stasera se proseguite su questa strada”. “Ti prego allora amico” rispose Jones
“Indicaci il sentiero”. -- “Beh signore”urlò il tipo “Devi uscire dalla tua strada il Signore sa dove, perchè
questa strada va verso Gloucester”. “Ok allora, e quale strada porta a Bristol?” disse Jones. “Beh, voi vi state
allontanando da Bristol” rispose il tizio. “Quindi” continuò Jones “dobbiamo tornare di nuovo indietro”. “Eh
già, dovete” confermò il tipo. “Bene, e dopo esser tornati indietro sulla cima della collina, quale strada
dobbiamo prendere?” “Beh, dovete prendere la strada dritta”. “Ma io ricordo che ci sono solo due strade, una
che va a destra e l'altra a sinistra”. “Beh, dovete prendere la strada che va a destra e poi andate dritto;
ricordate soltanto di girare prima alla vostra destra e poi di nuovo alla vostra sinistra e infine alla vostra
destra: questo vi porterà alla dimora del gentiluomo locale e lì dovrete poi proseguire dritto e girare a
sinistra”.
Un altro tipo si avvicinò e chiese in che direzione stessero andando i signori. Essendo di ciò messo a
conoscenza da Jones, prima si grattò la testa e poi, appoggiandosi ad un bastone che teneva in mano, iniziò a
dirgli “Che doveva restare sul percorso di destra per circa un miglio o un miglio e mezzo o un qualcosa del
genere e che poi avrebbe dovuto girare corto a sinistra e che questo lo avrebbe portato proprio attorno a
Padron Jin Bearness”. “Ma chi diavolo è Padron John Bearness?” chiese allora Jones. “Oh Signore” gridò il
tizio “non conoscete Padron Jin Bearness?Ma da dove venite?”

• The Quacker's Advice - Il consiglio del quacchero


Questi due tipi avevano quasi esaurito la pazienza di Jones quando un uomo molto semplice e di bell'aspetto
(che era di fatto un Quacchero) gli si rivolse in questo modo:”amico, io capisco che hai smarrito il tuo
sentiero, e se seguirai il mio consiglio, non tenterai di trovarlo stanotte. E' quasi buio e il sentiero è difficile
da trovare, inoltre ci sono stati numerosi furti commessi ultimamente tra qui e Bristol. Qui vicino c'è una
locanda degna di credito in cui puoi trovare un buon trattamento per te e per i tuoi cavalli fino a che non si
farà giorno”. Dopo un po' di persuasione Jones si convinse a restare in quel posto fino al mattino e venne
condotto da suo amico alla locanda.
Il padrone, un tipo molto civile disse a Jones <che sperava avrebbe scusato l'inferiorità dell'accomodazione,
ma che sua moglie era fuori casa e aveva chiuso a chiave quasi tutto, portandosi dietro le chiavi>. Di fatto le
cose stavano così:che una delle sue figlie predilette si era appena sposata, quella mattina, ed era andata a casa
col marito, e che lei e sua madre avevano spogliato il pover'uomo di tutti i suoi beni; anche se aveva altri
figli solo quest'unica figlia, che era la preferita della madre, era pertanto oggetto della sua considerazione; e
che a seconda dell'umore della figlia avrebbe, con piacere, sacrificato tutto il resto, marito compreso, in un
affare/contratto.
E seppure Jones non fosse avvezzo a nessun tipo di compagnia ed avrebbe pertanto preferito restare da solo,
tuttavia non riuscì a resistere all'importunità dell'onesto quacchero il quale era molto desideroso di sedere
con lui, avendo osservato la malinconia che traspariva sia dalla sua espressione che dal suo comportamento -
avendo il povero quacchero pensato che il conversare potesse recargli sollievo-.
Dopo che ebbero speso un po' di tempo assieme, in una maniera che al mio onesto amico avrebbe potuto
ricordare uno dei suoi raduni silenziosi (pratica del culto quacchero), il quacchero iniziò probabilmente ad
essere mosso da un certo spirito di curiosità, al che disse: <amico, percepisco che ti è accaduta una qualche
tragedia, ma la preghiera può esser di conforto. Forse hai perso un amico. Se così fosse devi tenere in conto
che siamo tutti esseri mortali. Perchè dovresti dunque addolorarti sapendo che il tuo dolore non farà/porterà
del bene al tuo amico? Siamo nati tutti per le afflizioni. Anch'io stesso ho i miei dolori, proprio come te, e
probabilmente dolori ancora più grandi. Anche se ho una chiara proprietà/rendita di 1001 ogni anno, che è
tanto quanto voglio, ed ho una coscienza, io ringrazio il Signore senza offesa/colpa. Sono di sana e robusta
costituzione e non c'è uomo che possa vantare un debito con me o che mi possa accusare di un misfatto -- eh
già amico, dovrei esser preoccupato a pensarti miserabile quanto me>.

• Marriage. Love, and material interests- Matrimonio. Amore ed interessi materiali


Qui il quacchero si fermò con un profondo sospiro, e Jones velocemente rispose “Sono veramente
dispiaciuto, signore, per la vostra infelicità, qualunque ne possa esser la causa”. “Ah,amico” rispose il
quacchero “la causa è una sola figlia. Era per me la più grande delizia sulla terra e nel giro di una settimana è
scappata via da me e si è sposata contro il mio volere. Le avevo trovato un compagno ideale, un uomo sobrio
e di sostanza; ma lei veramente ha voluto scegliere per se stessa e se ne è andata via con un giovane tipo che
non vale un soldo. Semmai lei fosse morta, come suppongo essere il tuo amico, ne dovrei essere veramente
felice!”. “Questo è molto strano signore” disse Jones. “Perchè non sarebbe meglio per lei esser morta che
non essere una mendicante?” replicò il quacchero “come vi ho già detto quel tipo non vale un soldo, e di
sicuro lei non può aspettarsi che io le dia uno scellino. No, dal momento che si è sposata per amore, che sia
l'amore a sostentarla; lasciamo che porti l'amore al mercato così vede se mai qualcuno glielo scambierà per
dell'argento o per mezzo pence”. “Lei conosce le sue preoccupazioni meglio di chiunque altro, signore” disse
Jones. “Deve esser stato” continuò il quacchero “un lungo premeditato sistema per imbrogliarmi: si
conoscevano fin dall'infanzia e io le avevo sempre predicato cattive cose sull'amore - e le avevo detto
migliaia di volte che era una debolezza ed una malattia. Ed anzi l'arguta donnaccia faceva finta di ascoltarmi
e di disprezzare le inutilità della carne; poi però (la beccai) a rompere una finestra sopra due rampe di scale:
iniziai, dunque, a sospettare di lei e la rinchiusi attentamente intendendo concederla in sposa, il mattino
seguente, al mio prescelto. Ma lei mi ha deluso nel giro di poche ore ed è fuggita via dall'amore frutto della
sua scelta che non ha perso tempo: si sono sposati ed hanno dormito assieme tutto nel giro di un'ora.
Ma sarà per entrambi il peggior lavoro dell'ora che essi abbiano mai fatto, potranno soffrire i morsi della
fame o mendicare o anche rubare per quanto mi riguarda. Non darò mai loro un penny”. A questo punto
Jones iniziò ad urlare “Mi deve davvero scusare,ma gradirei che mi lasciasse”. “Vieni, vieni amico” disse il
quacchero “non dar spazio alle preoccupazioni. Come vedi ci sono altre persone che soffrono la miseria oltre
te”. “Vedo che ci sono pazzi, stolti e furfanti nel mondo” rispose Jones “Ma lasci che le dia un piccolo
consiglio:faccia venire a casa sua figlia e suo genero, e faccia in modo di non essere l'unica causa della
miseria di qualcuno che dice di amare”. “Far venire lei e suo marito a casa!” sbottò il quacchero sonoramente
“preferirei piuttosto far venire i due più grandi nemici che ho al mondo!” “Bene, vada lei stesso a casa o
dove preferisce” disse Jones “io non siederò più in simile compagnia”.
- “No amico” rispose il quacchero, “disprezzo imporre la mia compagnia a chiunque”. Fece quindi per offrire
del denaro tirato fuori dalla sua tasca, ma Jones lo cacciò via con violenza dalla stanza.

• Bastards and Gentlemen- bastardi e gentiluomini


L'oggetto del discorso del quacchero aveva così profondamente influenzato Jones, che lo fissava molto
selvaggiamente tutto il tempo in cui parlava. Questo aveva osservato il quacchero, e questo, aggiunto al resto
dei suoi comportamenti, suscitò nell'onesto Broadbrim un pensiero, che il suo compagno fosse, in realtà,
fuori di senno. Piuttosto che risentirsi per l'affronto, quindi, il quacchero fu mosso dalla compassione delle
sue infelici circostanze; ed avendo comunicato al proprietario la sua opinione, lo supplicò di prendersi gran
cura del suo ospite e di trattarlo con la massima civiltà.
“Certo” disse il proprietario “non dovrei usare tanta civiltà nei suoi confronti: sembra infatti, da tutte le
cuciture che ha il suo mantello, che egli non sia un gentiluomo più di quanto non lo sia io, ma piuttosto un
povero bastardo di parrocchia allevato da un grande signorotto 30 miglia più giù e buttato fuori di casa, (di
sicuro per nulla di buono). Dovrei cacciarlo fuori da casa mia il prima possibile. Se perdo il mio conto, la
prima perdita è sempre la migliore. E' stato non più di un anno fa che ho perso un cucchiaio d'argento”.
“Perchè parli di un bastardo di parrocchia, Robin?” rispose il quacchero. “Stai di certo sbagliando uomo”.
“Per nulla” replicò Robin “la guida, che lo conosce molto bene, me lo ha detto”.
Di fatto la guida non appena aveva preso posto ai fornelli in cucina, aveva messo a conoscenza l'intera
compagnia di tutto ciò che sapeva o che aveva sentito riguardo Jones.
Il quacchero fu presto informato dalla compagnia riguardo le origini e la miseria di Jones, che subito tutta la
sua compassione per lui svanì; e l'onesto e semplice uomo se ne tornò a casa infuriato con non meno
indignazione di quanta ne avrebbe avuta un duca nel ricevere un affronto da una persona del genere.
Lo stesso proprietario concepiva un simile disprezzo per il suo ospite; così quando Jones suonò il campanello
al fine di potersi andare a riposare a letto, fu messo a conoscenza che non avrebbe avuto un letto lì. Oltre lo
sdegno per le basse condizioni del suo ospite, Robin aveva forti sospetti riguardo le sue intenzioni, che erano
quelle, supponeva, di attendere un momento favorevole per rubare in casa. In realtà si sarebbe potuto
preoccupare meno riguardo queste apprensioni grazie alle prudenti precauzioni prese dalla moglie e dalla
figlia, che avevano già rimosso qualunque cosa non fosse fissata alla proprietà; ma lui era sospettoso di
natura e lo era diventato ancora di più dalla perdita del suo cucchiaio. Per farla breve, l'orrore di essere
derubato aveva totalmente assorbito la confortevole considerazione di non aver nulla da perdere.
Essendo stato Jones informato che non avrebbe potuto avere un letto, egli si avvicinò con soddisfazione ad
una grossa sedia di vimini, finché il sonno, che aveva di recente evitato la sua compagnia in appartamenti di
gran lunga migliori, lo ripagò generosamente con una visita nella sua umile cella.
Per quanto riguarda il proprietario, le sue paure lo premunivano dal ritirarsi a riposare. Ritornò quindi ai
fornelli , da dove poteva sorvegliare l'unica porta che dava sul salotto, o piuttosto sul buco, in cui Jones era
seduto; anche se dalla finestra in quella stanza era impossibile, per una creatura più larga di un gatto, poter
passare attraverso di essa per fuggire.

• POPE
• The rape of the Lock-Il taglio del ricciolo
Quale terribile offesa scaturisce da cause amorose,
quali possenti contese nascono da faccende triviali,
io canto – questi versi a Caryll, Musa! È dovuto;
questo persino Belinda può acconsentire a vedere:
piccolo è il soggetto, ma non così è la Lode
se Lei ispira, e Lui approva i miei versi.
Di’ quale strano motivo, Oh Dea! Potè costringere
Un lord beneducato ad assalire una gentile bella donna?
Di’ quale causa ancora più strana, e tuttavia inesplorata,
poté far si che una giovane gentildonna potesse respingere un Lord?
Possono i piccoli uomini impegnarsi in compiti così arditi?
E in teneri petti può dimorare un’ira così possente?
Il Sole attraverso le bianche tende lanciò un raggio timoroso,
e aprì quegli occhi che dovevano eclissare il Giorno;
Ora i cagnolini si danno la scrollatina del risveglio,
e gli innamorati insonni, a mezzogiorno in punto, si svegliano:
Per tre volte suonò il campanello, la pantofola batté sul pavimento,
e l’orologio a molla restituì un suono argentino.
Belinda ancora premeva il suo morbido cuscino,
il suo Silfo guardiano prolungava il suo riposo balsamico.
Era lui che aveva convocato al suo letto silenzioso
Il sogno mattutino che adagiava sul suo capo.
Un giovane più scintillante di un damerino agghindato per una festa,
(persino in questo sonno fece arrossire le sue guance)
Sembrava poggiare le sue labbra conquistatrici all’orecchio di lei,
e così tra i sussurri diceva, o così sembrava.
O tu, più bella di tutte le mortali, tu cura prediletta
Di mille splendenti abitanti dell’aria!
Semmai una visione toccò il tuo pensiero infantile,
di tutto ciò che la balia e il prete hanno insegnato,
di elfi alati visti all’ombra del chiaro di luna,
il pegno d’argento, e l’erba cerchiata,
di vergini visitate da potenze angeliche,
con corone dorate e ghirlande di fuori celesti,
Ascolta e credi! Sappi qual è la tua importanza,
e non negare le tue visioni alle cose poco importanti.
Alcune segrete verità nascoste all’orgoglio dei dotti,
sono rivelate soltanto alle fanciulle e ai bambini:
Che importanza ha se nessun credito vi danno le intelligenze che dubitano?
Le belle e gli innocenti continueranno a credere.
Sappi allora che molti spiriti svolazzano intorno a te,
la lieve milizia del cielo inferiore;
questi anche se invisibili, sono sempre in volo
stanno sospesi sopra il palco, e aleggiano sopra il Ring.
[…]
Ultimamente, mentre io percorrevo le regioni cristalline dell’aria,
nel chiaro specchio della stella che ti governa
Io ho visto incombere qualche terribile evento,
prima che questo sole mattutino discenda nell’oceano.
Ma il cielo non ripeta né di cosa si tratta, né come, né dove:
messa in guardia dal tuo silfo, o pia fanciulla bada!
Rivelarti questo è tutto quello che può fare il tuo guardiano!
Bada a tutto, ma soprattutto bada all' uomo!
Lui disse; quando Shock, che pensava che lei avesse dormito troppo,
si tirò su, e risvegliò la sua padrona con la sua lingua.
Fu allora Belinda! Se il resoconto dice il vero,
che i tuoi occhi si aprirono vedendo per la prima volta un bigliettino amoroso;
Non appena furono letti ferite, incantesimi e ardori,
tutta la visione svanì dalla tua testa.
E ora, svelata, la toletta sta in mostra,
con ogni singolo vaso d’argento disposto in ordine mistico.
Per prima cosa, vestita di bianco, la ninfa intenta adora
A capo scoperto le potenze cosmetiche.
Un’immagine celestiale compare nello specchio,
a questa lei si china, a quella lei rivolge i suoi occhi.
La sacerdotessa inferiore, a fianco del suo altare,
tremante, comincia i sacri riti dell’orgoglio.
Innumerevoli tesori si spalancano subito, e qui
Appaiono le varie offerte del mondo;
da ciascuna lei graziosamente sceglie con curiosa fatica,
e riveste la dea delle spoglie scintillanti,
questo scrigno dischiude le gemme scintillanti dell’India,
e tutta l’Arabia esala da quella scatola.
Qui la tartaruga e l’elefante uniti,
trasformati in pettine, maculato e bianco,
qui ci sono schiere di forcine stendono le loro file scintillanti,
piumini, ciprie, nei, bibbie, biglietti amorosi.
Ora la terribile bellezza indossa tutte le sue armi,
la bella ad ogni istante accresce nelle sue grazie
recupera il sorriso, risveglia ogni grazia
e richiama tutte le meraviglie del suo viso;
guarda per grado un rossore più puro,
e lampi più acuti accorrono nei suoi occhi.
I silvi indaffarati circondano la loro cara cura;
questi dispongono la testa, e quelli dividono i capelli,
alcuni piegano la manica, mentre altri lisciano la veste
e Betty è lodata per fatiche non sue.

• The rape- il taglio


Vicino a quei prati per sempre incoronati con fiori,
dove il Tamigi passa in rassegna con orgoglio le torri che si elevano,
lì si erge una struttura di forma maestosa,
il quale prende il nome dal vicino Hamton.
Qui gli statisti inglesi spesso predicono la caduta
Di tiranni stranieri, e delle ninfe in patria;
Qui tu, grande Anna, alla quale obbediscono tre regni
Qualche volta tieni consiglio – e qualche volta prendi il tè.
Qui gli eroi e le ninfe si recano,
per gustare per un po’ i piaceri della corte;
in varie conversazioni loro trascorrono le ore istruttive,
chi ha dato il ballo, o chi ha reso per ultimo la visita:
uno parla della gloria della regina britannica,
e uno descrive un affascinante paravento indiano,
un terzo interpreta movimenti, sguardi e occhi;
e ad ogni parola la reputazione muore.
Il tabacco, o il ventaglio, riempiono ogni pausa della chiacchiera,
con canti, risate, occhieggiate e tutto il resto.
Nel frattempo declinando a mezzogiorno del giorno,
il sole obliquamente lancia il suo raggio bruciante;
i giudici affamati firmano velocemente la sentenza,
e impiccano degli sventurati così che i membri della giuria possano cenare;
il mercante ritorna in pace dalla corsa,
e le lunghe fatiche della toletta cessano –
ora Belinda, che la sete di fama sollecita,
arde per incontrare due avventurosi cavalieri,
per decidere del loro destino singolarmente all'Ombre;
e gonfia il petto con conquiste ancora da venire.
[…]
Oh mortali spensierati! Sempre ciechi al destino,
tropo presto ingannati, e troppo presto esaltati!
All’improvviso questi onori saranno spazzati via,
e maledetto per sempre sarà questo giorno vittorioso.
Poiché guardate! La tavola è incoronata di tazze e cucchiaini,
le bacche scricchiolano e il macinino gira.
su scintillanti altari del Giappone loro innalzano
La lampada d’argento; i fieri spiriti ardono.
Da beccucci d’argento le gradite bevande scorrono
Mentre la terra di Cina riceve la fumante marea.
Immediatamente loro gratificano sia l’odorato che il loro gusto,
e tazze frequenti prolungano il ricco pasto.
Proprio sopra la bella aleggia la sua banda aerea;
alcuni, mentre lei beveva il caffè, sventolavano il liquido fumante,
altri sopra il suo grembo dispiegavano le loro piume ardente,
tremanti e consapevoli del ricco broccato.
Caffè, (che rende saggi gli uomini politici
E che fa vedere sopra ogni cosa con gli occhi semichiusi)
Sotto forma di vapore mandò su al cervello di padrone
Nuovi stratagemmi, per conquistare il ricciolo lucente.
Ah resisti giovane impetuoso! Desisti prima che sia troppo tardi,
temi gli dei giusti, e pensa al fato di Scilla!
Trasformata in un uccello, e mandata a svolazzare nell’aria,
lei paga a caro prezzo per la capigliatura offesa di Niso!
Ma quando i mortali piegano la loro volontà verso il misfatto,
con quantità avidità trovano strumenti adatti per compierlo!
Proprio in quel momento, Clarissa estrasse con grazia tentatrice
Dalla sua custodia scintillante un’arma a due lame.
Così le dame nel romanzo assistono il loro cavaliere,
gli presentano la lancia, e lo armano per il combattimento.
Lui prende il dono con reverenza, e stende
Il piccolo congegno alle estremità delle sue dita,
questo proprio dietro il collo di Belinda,
mentre lei piega il capo sopra gli steli profumati:
rapidi al riccio mille spiriti si precipitano,
mille ali, a turno, soffiano indietro i capelli,
e tre volte loro pizzicarono il diamante nel suo orecchio,
tre volte lei guardò indietro, e per tre volte il nemico si avvicinò.
In quel momento, l’ansioso Ariele sondò
I chiusi recessi del pensiero della vergine;
mentre lei si chinava sul mazzolino nel suo seno,
lui osservò le idee che si levavano nella sua mente,
e all’improvviso egli vide, nonostante tutta la sua arte,
un innamorato terreno in agguato nel suo cuore.
Stupito, confuso, lui capì che il suo potere era finito,
si rassegnò al fato, e con un sospiro si ritirò.
Il Pari ora spalanca completamente la forbice scintillante,
per racchiudere il riccio; ora la unisce, per recidere.
Persino in quel momento, prima ce il marchingegno fatale si chiudesse,
un silfo sventurato troppo appassionatamente si frappose;
il fato spinse le lame, e tagliò il silfo in due,
(ma la sostanza si riunisce immediatamente)
Le punte che si incontrano recidono i sacri capelli
Dal bel capo in eterno!
Allora lampeggiavano i lampi viventi dai suoi occhi,
e un grido di orrore strazia i cieli spaventati
non grida più alte sono lanciate al cielo virtuoso,
quando il marito o quando i cani esalano il loro ultimo respiro,
oppure quanto preziosi vasi di porcellana, caduti dall’alto,
giacciono in polvere scintillante e frammenti dipinti!
E’ ora che le ghirlande del trionfo circondino le mie tempie,
(il vittorioso gridava) il glorioso premio è mio!
Fintanto che i pesci nei corsi d’acqua, o gli uccelli nell’aria si diletteranno,
oppure le belle inglesi si diletteranno in un tiro a sei,
fintanto che Atalantis verrà letta,
oppure il cuscinetto aderirà al letto di una dama,
fintanto che le visite saranno rese nei giorni solenni,
quando numerose candele risplendono disposte in un ordine luminoso,
fintanto che le ninfe vanno ai festini, o faranno degli appuntamenti,
fino ad all’ora il mio onore, il mio nome, e la mia lode vivranno!
Ciò che il tempo risparmierebbe, dall’acciaio riceve la sua fine,
e i monumenti, proprio come gli uomini, si sottomettono al desino!
L’acciaio potrebbe distruggere la fatica degli dei,
e riduce in polvere le imperiali torri di Troia;
L’acciaio potrebbe sconcertare i lavori dell’orgoglio mortale,
e i trionfali archi al suolo.
Di cosa ti meravigli allora, bella ninfa! se i tuoi capelli sono caduti
Alla conquista della resistente spada?

• SWIFT
• Gulliver's Travels
• Laputa and Lagado
Quest’accademia non è un intero singolo edificio, ma un seguito di diversi palazzi posti da ambo i lati di una
strada, che essendo in rovina, furono acquistati e adattate a quello scopo. Fui accolto molto gentilmente dal
guardiano, e mi recai all’accademia per molti giorni. Ogni stanza ha dentro uno o più progettisti, e credo di
aver non visitato meno di 500 stanze.

Il primo uomo che vidi aveva un aspetto miserando, con mani e viso neri luridi, i suoi capelli e la sua barba
erano lunghi, era strappato e macchiato in molti punti. I suoi indumenti, la sua maglietta e la sua pelle erano
dello stesso colore. Lui lavorava da otto anni su un progetto per estrarre i raggi del sole dai cetrioli, che
dovevano essere chiusi in fiale ermeticamente sigillate, e poi liberati per riscaldare l'aria durante le estati
rigide e inclementi. Mi disse che non dubitava che entro altri 8 anni, sarebbe stato capace di fornire ai
giardini del governatore dei raggi solari a un prezzo conveniente. Si lamentava che la sua riserva era scarsa, e
mi pregò di dargli qualcosa come incoraggiamento per il suo ingegno, soprattutto perchè era stata una
stagione molto cara per i cetrioli.
Gli feci un piccolo regalo, visto che il mio Signore mi aveva rifornito di denaro proprio perchè conosceva il
loro costume di chiedere l’elemosina a tutti quelli che gli fanno visita.

• Experimental learning: excrement into food


Entrai in un'altra camera, ma mi affrettai ad arretrarmi subito, essendo assalito da un orribile tanfo. Ma la
mia guida mi esortò a farmi avanti, confidandomi in un sussurro di non arrecare alcuna offesa, cosa di cui ci
si sarebbe fortemente risentiti, cosicchè non osai fare nulla di più che tapparmi il naso. L'ingegnere di questa
cella era lo studioso più vecchio dell'accademia; la sua faccia e la sua barba erano giallino, le mani e le vesti
imbrattati di lordura. Quando gli venni presentato mi diede un abbraccio molto stretto (un gesto di riguardo
di cui avrei fatto volentieri a meno). Fin dal primo giorno del suo ingresso in accademia, la sua mansione era
quella di ridurre gli escrementi umani nel loro cibo originale, separandone le varie parti e rimuovendo la
tintura che ricevono dalla bile, lasciando esalare l' odore e schiumando la saliva. A lui era settimanalmente
fornito, dalla società, un recipiente pieno di escrementi umani all'incirca alla grandezza di un barile di
Bristol.

• Language teaching: the Universal Language


Successivamente andammo alla scuola delle lingue, dove tre professori sedevano in consultazione sul
miglioramento della lingua dei loro paesi. Il primo progetto consisteva nell'abbreviare il discorso, riducendo
tutti i polisillabi a monosillabi e lasciando fuori i verbi e i participi, poichè in realtà tutte le cose
immaginabili non sono altro che nomi.
L’altro progetto era quello di abolire completamente le parole di qualsiasi genere; e questo veniva
promosso come un grande vantaggio sia per la salute che per brevità. perché è chiaro che ogni parola da noi
pronunziata è una diminuzione dei nostri polmoni tramite corrosione e contribuisce di conseguenza ad
abbreviare le nostre vite. Fu quindi offerto un espediente secondo cui, poichè le parole sono solo i nomi delle
cose, sarebbe stato più conveniente che tutti gli uomini portassero con sè proprio quelle cose necessarie a
esprimere il particolare affare di cui si discute. E quest’invenzione sarebbe certamente stata adottata, con
grande beneficio del soggetto, se le donne insieme al popolaccio e agli ignoranti non avessero minacciato di
scatenare addirittura la rivoluzione, a meno che sarebbe loro stata concessa la libertà di esprimersi con le loro
lingue, alla maniera dei loro progenitori: sono le persone comuni tali nemici inconciliabili della scienza!
Tuttavia, molti uomini fra i più saggi ed eruditi aderirono al nuovo progetto di spiegarsi attraverso le cose,
che ha solo questo inconveniente che li accompagna, che se gli argomenti di un uomo sono molto grandi, e di
molti tipi, egli era costretto in proporzione a portarsi un fagotto più grande di cose sulla schiena, a meno che
non potesse permettersi uno o due robusti servitori che lo accompagnassero. Ho spesso osservato due di
questi saggi, quasi cadere dal peso del loro fardello, come venditori ambulanti, i quali quando si
incontravano per strada mettevano giù il loro carico, aprivano le loro sacche e tenevano una conversazione
per un’ora; poi prendevano i loro strumenti, si aiutavano reciprocamente a ripigliare il carico sulle spalle e
riprendere il cammino.
Ma durante conversazioni brevi ognuno poteva portare i propri oggetti in tasca o sotto braccio,
abbastanza per essere riforniti, e ognuno in casa propria non poteva trovarsi in difficoltà, conseguentemente
la stanza in cui si incontrava la compagnia che pratica questa arte, ogni cosa era a portata di mano ogni cosa
necessaria a fornire materia per questo tipo di conversazione artificiale. Un altro grande vantaggio scaturito
da quest’invenzione era quello che questo era un linguaggio universale compreso in tutte le nazioni
civilizzate, i cui beni e utensili erano generalmente dello stesso tipo o quasi, in modo che il loro utilizzo
potesse facilmente essere compreso. E così, gli ambasciatori sarebbero qualificati a trattare coi principi e coi
ministri degli altri paesi, alle cui lingue essi fossero totalmente estranee.

Visitai poi la scuola di matematica, in cui trovai un professore che adoperava, per l'istruzione dei suoi scolari,
secondo un metodo difficilmente immaginabile in Europa. Ogni tesi e dimostrazione veniva scritti in bella
calligrafia sopra una sottile ostia, con uno speciale inchiostro di tintura cefalica. Questa lo studente doveva
inghiottirla a stomaco vuoto e durante i tre giorni successivi non si nutriva d’altro che di pane e acqua. Dopo
la digestione dell'ostia, la tintura cefalica saliva al cervello portando con se la tesi. Ma il successo non è stato
fin qui soddisfacente, in parte a causa di qualche errore nel quantuum o composizione, in parte a causa della
malvagità dei ragazzi ai quali questo bolo risulta così nauseabondo che loro generalmente si appartano lo
scaricano all'insù prima che possa funzionare, né è stato fin qui possibile persuaderli a praticare un'astinenza
così lunga come richiede la prescrizione.

• WILLIAM BLAKE
• Songs of Innocence
• Infant Joy
“Io non ho nome:
“non ho che solo due giorni di vita”
Come dovrei chiamarti?

“Sono felice
“il mio nome è gioia”
la dolce gioia ti tocchi in sorte

Bella gioia!
Dolce gioia avere solo due giorni,
Dolce gioia ti chiamerò:
tu sorridi,
mentre io canto,
la dolce gioia ti tocchi in sorte!

• Il piccolo ragazzo nero


Mia madre mi mise al mondo nel selvaggio sud,
e io sono nero, ma oh! La mia anima è bianca;
bianco come un angelo il bambino inglese,
ma io sono nero, come se fossi stato privato della luce.

Mia madre mi insegnava sotto un albero,


e seduta prima della calura del giorno,
mi prendeva in grembo e mi baciava
e indicando l'est, cominciava a dire:

“guarda il sole che sorge, li vive dio


e dona la sua luce, e da via il suo calore;
e i fiori e gli alberi e le bestie e gli uomini ricevono
conforto nel mattino, gioia nel mezzogiorno.

E noi siamo messi su questa terra per poco tempo


affinchè possiamo imparare a sopportare i raggi dell'amore
e questi corpi neri e questo viso bruciato dal sole
sono sono che una nuvola, e un boschetto ombroso.

Poiché quando le nostre anime avranno imparato a sopportare il calore


la nuvola svanirà, udiremo la sua voce
dire “venite fuori dal boschetto, mia amore e cura
e intorno alla mia tenda dorata gioite come agnelli””

così diceva mia madre e mi baciava


e così io dico al piccolo ragazzo inglese:
quando io dalla nuvola nera e lui dalla nuvola bianca saremo liberato
e intorno alla tenda di Dio gioiremo come agnelli,

Io lo riparerò dal calore, fino a che egli potrà sopportare


di poggiarsi nella gioia sulle ginocchia del padre;
allora io starò in piedi e e accarezzerò i suoi capelli d'argento,
e sarò come lui, e lui poi mi amerà.

• Holy Thursday I
Era giovedì santo, con le loro faccette pulite,
i bambini camminando a due a due, vestiti di rosso, blu e verde,
davanti a loro camminavano dei diaconi dal capo canuto, con delle verghe bianche come la neve,
finchè entrarono come le acque del Tamigi nell'alta cupola di san paolo.

Oh che moltitudini sembravano, questi fiori della città di Londra!


Seduti in gruppi loro siedono con uno splendore che è tutta loro
c'era il ronzio delle moltitudini lì, ma moltitudini di agnelli,
migliaia di piccoli ragazzi e ragazze che sollevavano le loro mani innocenti

Ora come un vento possente essi innalzano la voce del canto


o come tuoni armoniosi tra i seggi del paradiso
al di sotto di loro siedono gli uomini anziani, saggi guardiani dei poveri
allora abbiate cara la compassione, per non cacciare un angelo dalla vostra porta.
• Songs of Experience
• Holy Thursday II
è questa una cosa santa da vedersi
in una terra ricca e fruttuosa,
bambini ridotti alla misera,
nutriti con mano fredda e avara?

È quel pianto tremante una canzone?


Potrà mai essere un canto di gioia?
E così tanti bambini poveri?
Questa è la terra della povertà!

E il loro sole non splende mai


e i loro campi sono neri e nudi
e i loro sentieri sono pieni di spine
lì è l'inverno eterno

poiché ovunque il sole splende,


e ovunque la pioggia cade,
i bambini non possono avere fame,
né la povertà può terrorizzare la mente

• London
io vago attraverso ogni strada etichettata,
vicino a dove l'etichettato Tamigi scorre,
e noto in ogni viso che incontro
segni di debolezza, segni di dolore

In ogni grido di ogni uomo


in ogni pianto di paura dell'infante
in ogni voce, in ogni maledizione
io odo le manette inventate dalla mente.

Come il grido dello spazza camino


terrorizza ogni chiesa che annerisce
e il sospiro del soldato sventurato
scorre in sangue lungo le mura del Palazzo.

Ma soprattutto nelle strade a mezzanotte io sento


come la maledizione della giovane prostituta
corrompe la lacrima del bimbo appena nato
e appesta con piaghe il carro nunziale.

• The Human Abstract- il compendio dell'uomo


la pietà non esisterebbe più
se noi non rendessimo qualcuno povero;
e la misericordia non potrebbe più esistere
se tutti fossero felici come noi.

E la paura reciproca porta la pace


fino a che gli amori egoistici non crescono
allora la crudeltà intreccia una rete
e sparge le sue esche con cura

la crudeltà si siede con sacri timori


e bagna il terreno con le lacrime
allora l'umiltà mette radici
sotto il suo piede

subito l'ombra terribile del mistero


si allarga sopra il suo capo
e il bruco e la mosca
si nutrono del mistero

e questo genera il frutto dell'inganno


rosso e dolce da mangiare
e il corvo ha fatto il nido
nella sua ombra più fitta

gli dei della terra e del mare


hanno scandagliato la natura per trovare quest'albero
ma la loro ricerca è stata inutile:
ne cresce uno nel cervello dell'uomo.

• The school boy- lo scolaro


io amo alzarmi la mattina d'estate
quando gli uccelli cantano su ogni albero;
il cacciatore distante suona il suo corno,
e l'allodola canta con me
oh che dolce compagnia!

Ma andare a scuola in una mattina d'estate


manda via tutta la gioia;
sotto un occhio crudele e consunto
i piccoli trascorrono la giornata
tra i sospiri e la tristezza.

Ah! allora a volte io siedo rannicchiato,


e trascorro molte ore ansiose,
né dal mio libro posso trarre piacere,
né sedere nella dimora del sapere,
consumato dalla pioggia terribile.

Come può l'uccellino che è nato per la gioia


star seduto in una gabbia e cantare?
Come può un bambino, quando le paure lo tormentano,
fare altro che ripiegare la sua tenera ala
e dimenticare la sua giovane primavera?

Oh papà e mamma, se i boccioli sono spuntati


e i boccioli soffiati via
e se le tenere piante sono spogliate
della loro gioia nel giorno che sorge
dal dolore e dal timore della preoccupazione

come potrà l'estate sorgere nella gioia,


o come potrà l'estate dare frutti?
O come potremmo raccogliere ciò che i dolori distruggono
o benedire l'anno che matura
quando appaiono le tormente dell'inverno?
• The tyger- la tigre
Tigre! Tigre! Che ardi splendente
Nelle foreste della notte,
Quale fu l'immortale mano o l’occhio
Ch'ebbe la forza di formare la tua agghiacciante simmetria?

In quali abissi o in quali cieli distanti


Accese il fuoco dei tuoi occhi?
Sopra quali ali osa slanciarsi?
E quale mano osa afferrare il tuo fuoco?

Quali spalle, quale arte


Poté torcerti i tendini del cuore?
E quando il tuo cuore ebbe il primo palpito,
Quale tremenda mano? Quale tremendo piede?

Quale martello? quale catena?


Il tuo cervello fu in quale fornace?
E quale incudine?Quale morsa robusta
osò serrarne i terrori funesti?

Mentre gli astri tiravano giù le loro lance


e il paradiso inondavano di pianti?
Fu nel sorriso che ebbe osservando compiuto il suo lavoro,
Chi l’Agnello creò, creò anche te?

Tigre! Tigre! Che ardi splendente


Nelle foreste della notte,
Quale mano, quale immortale spia
Osa formare la tua agghiacciante simmetria?

• MARY WOLLSTONECRAFT
• A Vindication of the Rights of Woman- Rivendicazione dei diritti delle Donne
Dal rispetto che viene reso alla proprietà scaturiscono, come da una fonte avvelenata, la maggior parte dei
mali e dei vizi che rendono questo mondo una scena così terribile alla mente contemplativa. Poiché è nella
società più raffinata che rettili rumorosi e serpenti velenosi stanno in agguato sotto l’erba fetida; e c’è voluttà
vezzeggiata dall’aria immobile e afosa, che rilassa ogni buona disposizione prima che questa maturi nella
virtù.
Una classe opprime l’altra; perché tutti mirano a procurarsi il rispetto sulla base della loro proprietà: e la
proprietà, una volta conquistata, procurerà solo il rispetto che è dovuto ai talenti e alla virtù. Gli uomini
trascurano i doveri che incombono sull’uomo, e tuttavia sono trattati come semidei: anche la religione è
separata dalla morale da un velo cerimoniale, e tuttavia gli uomini si meravigliano che il mondo sia quasi,
per dirla alla lettera, un covo di malfattori o di oppressori.
C’è un proverbio familiare che dice una verità acuta, che chiunque il demonio trovi ozioso lui lo impiegherà.
E che cosa può produrre la ricchezza e i titoli ereditari se non l’ozio abituale? Poiché l’uomo è fatto in
maniera tale che egli può conseguire un uso appropriato delle proprie facoltà soltanto esercitandole, e non le
eserciterà a meno che una necessità di qualche tipo non metta inizialmente in movimento le ruote.
Similmente la virtù può essere solamente ottenuta tramite la esecuzione dei doveri relativi; ma l’importanza
di questi sacri doveri sarà difficilmente sentita da quell’essere che è privato della sua umanità dalle lusinghe
degli adulatori. Deve esserci maggiore uguaglianza stabilita nella società, altrimenti la morale non
guadagnerà mai terreno, e questa uguaglianza virtuosa non poggerà su basi solide neppure se portata su una
roccia, se metà dell' umanità è incatenata ai piedi dal destino, poiché questa continuamente la minerà
attraverso l’ignoranza o l’orgoglio.
E’ inutile attendersi la virtù dalle donne fino a che esse non saranno in certa misura dagli uomini; anzi è
inutile aspettasi quella forza degli affetti naturali che le renderebbe buone mogli e madri. Fintanto che esse
rimarranno assolutamente dipendenti dai loro mariti saranno astute, meschine ed egoiste, e gli uomini che
possono essere gratificati da questa affezione scodinzolante non hanno delicatezza, poiché l’amore non lo si
deve comprare in nessun senso della parola; le sue ali di seta sono accartocciate immediatamente quando
qualunque cosa che vada al di là di una restituzione di genere analogo viene ricercata. E tuttavia, fintanto che
la ricchezza snerva l’uomo, e le donne vivono, per così dire, sulla base delle loro attrattive personali, come
possiamo aspettarci che svolgano quei doveri che nobilitano che richiedono ugualmente sforzo e auto
rinuncia? La proprietà ereditaria corrompe la mente, e le sue vittime sfortunate, se posso così esprimermi,
fasciate fin dalla loro nascita, di rado esercitano la forza motrice del corpo e della mente; e così, vedendo
ogni cosa attraverso un unico mezzo, ed essendo falso, sono incapaci di distinguere in che cosa consistono il
vero merito e la vera felicità. Falsa, invero, deve essere la luce quando il drappeggio della situazione
nasconde l’uomo, e lo fa avanzare mascherato, trascinando da una scena di dissipazione all’altra, le membra
prive di nervo che sono appese con ottusa immobilità, roteando tutt’intorno l’occhio vuoto che rivela
chiaramente che dentro non c’è mente.
Intendo quindi dedurre che non è prontamente organizzata quella società che non costringe gli uomini e le
donne a svolgere i loro rispettivi doveri, rendendolo l’unico mezzo per acquisire il rispetto dei loro simili,
che ogni essere umano spera in qualche modo di ottenere. Conseguentemente il rispetto che è reso alla
ricchezza e alle semplici attrattive personali, è una autentica tempesta di nord est che distrugge le tenere
gemme dell’affetto e della virtù. La natura ha saggiamente attaccato gli affetti ai doveri per addolcire la
fatica, e per dare quel vigore agli sforzi della ragione che soltanto il cuore può dare. Ma l’affetto che è
indossato solo perché è il segno appropriato di un certo ruolo, quando non ne vengono svolti i doveri, è uno
dei buoni complimenti che il vizio e la follia sono obbligati a rendere alla virtù alla reale natura delle cose.

• MALTHUS
• An Essay on the Principles of Population- Un saggio sui principi della popolazione.
E’ stato detto che grande problema è ora in discussione, se l’uomo da ora in poi dovrà avanzare a velocità
accelerata verso un miglioramento infinito e fin qui mai immaginato, oppure essere condannato ad una
perpetua oscillazione tra felicità e infelicità, e dopo ogni sforzo rimanere ancora a distante incommensurabile
dalla meta desiderata.
Nell’entrare nell’argomento devo premettere che escludo del tutto, al momento, tutte le semplici congetture,
cioè a dire, tutte le supposizioni la cui probabile realizzazione non può essere inferita su alcuna corretta base
filosofica […].
Penso di poter correttamente fare due postulati.
Primo, che il cibo è necessario all’esistenza dell’uomo.
Secondo, che la passione tra i sessi è necessaria e rimarrà pressoché nel suo stato attuale.
Queste due leggi, sin da quando noi abbiamo avuto una qualunque conoscenza dell’umanità, sembrano
essere state leggi fisse della nostra natura, e dal momento che fin qui non abbiamo visto modifiche in loro,
non abbiamo alcun diritto di concludere che cesseranno mai di essere quello che sono adesso, senza un altro
immediato atto di forza da parte dell’essere che per primo ha organizzato il sistema dell’universo, e che a
vantaggio delle sue creature esegue ancora, secondo leggi fisse, tutte le sue varie operazioni.
Non mi risulta che un qualunque scrittore abbia supposto che su questa terra l’uomo alla fine sarà capace di
vivere senza cibo… Verso l’estinzione della passione tra i due sessi, nessun progresso è stato fatto fin qui.
Sembra esistere con altrettanta forza al presente come faceva duemila o quattro mila anni fa. Ci sono delle
eccezioni individuali ora come ci sono sempre state. Ma, dato che queste eccezioni non sembrano crescere in
numero, sarebbe certamente un modo davvero irrazionale di arguire, di dedurre semplicemente dall’esistenza
di un’eccezione, che l’eccezione potrebbe nel tempo diventare la regola, e la regola l’eccezione.
Assumendo quindi i miei postulati come certi, io dico, che la capacità del potere di crescita della popolazione
è infinitamente più grande della capacità della terra di produrre sostentamento per gli uomini. La
popolazione, se non controllata, aumenta in ragione geometrica. La sussistenza cresce solo in ragione
aritmetica. Anche una piccola conoscenza dei numeri mostrerà l’immensità della prima capacità a paragone
con la seconda.
Per quella legge della nostra natura che rende il cibo necessario alla vita degli uomini, gli effetti di queste
due forze diverse devono essere mantenuti uguali.
Questo implica il funzionamento di un controllo forte e costante sulla popolazione messo in atto dalla
difficoltà della sussistenza. Questa difficoltà deve ricadere da qualche parte e difficilmente sarà sentita
severamente da una grande parte dell’umanità.
Per tutti mondi animali e vegetali, la natura ha sparso i semi della vita con mano estremamente prospera e
generosa. E’ stata al confronto avara nello spazio e nel nutrimento che sono necessari per farli crescere. I
germi dell’esistenza contenuti in questo luogo della terra, con abbondanza di cibo, e con abbondanza di
spazio per espandersi, riempirebbero milioni di mondi nel corso di poche migliaia di anni. La necessità,
quella imperiosa legge della natura e che tutto pervade, li limita dentro i limiti prescritti. La razza delle
piante e la razza degli animali si ritraggono sotto questa grande legge restrittiva. E la razza degli uomini non
può neanche con qualunque sforzo della ragione sfuggire a questa legge. Tra le piante e gli animali i suoi
effetti sono spreco di semi, malattia e morte prematura. Tra gli uomini sono miseria e vizio. La prima,
miseria, è una conseguenza assolutamente necessaria di questo. Il vizio è una conseguenza altamente
probabile, e conseguentemente noi lo vediamo prevalere abbondantemente, ma forse non potrebbe essere
definito una conseguenza assolutamente necessaria. La prova della virtù consiste nel resistere a ogni
tentazione verso il male.
Questa naturale disuguaglianza delle due forze di crescita della popolazione e della produzione sulla terra, e
quella grande legge della nostra natura che deve costantemente mantenere uguali i loro effetti costituisce
quella grande difficoltà che a me sembra insormontabile sul cammino della perfettibilità della società. Tutti
gli altri argomenti sono di importanza lieve e subordinata rispetto a questa. Io non vedo nessun modo in cui
l'uomo possa sfuggire dal peso di questa legge che pervade tutta la natura animata. Nessuna eguaglianza
immaginata, nessuna legge agraria nella loro massima estensione, potrebbero rimuovere la pressione sicura
neppure per un singolo secolo. E questo appare, quindi, essere decisivo contro la possibile esistenza di una
società, tutti i membri della quale dovrebbero vivere nell’agio, nella felicità e in relativo lusso; e non provare
alcuna ansia riguardo alla necessità di provvedere ai mezzi della sussistenza per se stessi e per la propria
famiglia.
Conseguentemente, se le premesse sono giuste, l’argomento è conclusivo contro la perfettibilità della massa
dell'umanità. E’ certamente una riflessione estremamente scoraggiante il fatto che il grande ostacolo sul
cammino verso qualunque straordinario miglioramento nella società sia di una natura tale che noi non
possiamo mai sperare di superarlo. La perpetua tendenza della razza umana ad aumentare al di là dei mezzi
di sussistenza è una delle leggi generali della natura animata che noi non abbiamo alcuna ragione di
attenderci che cambierà. E tuttavia, per quanto scoraggiante la contemplazione di questa difficoltà deve
essere per tutti i coloro i cui sforzi che sono lodevolmente diretti verso il miglioramento della specie umana,
è evidente che nessun possibile bene possa scaturire da qualunque sforzo di ignorarla o di tenerla sullo
sfondo. Contrariamente, i più terribili mali possono essere attesi dalla condotta non virile di non posare la
verità perché questa è sgradevole.

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