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La società del situazionismo ed altri scritti

In questo teatro...
In questo teatro, in cui l’immagine della vita sostituisce la sua
realizzazione, la sola scelta sembra essere tra la diversità dei
ruoli che ci vengono offerti. La separazione regna ovunque —
che sia tra i diversi ruoli del repertorio di un attore individuale
(per esempio, al lavoro o nel tempo libero) o nella
“comunicazione” tra un attore e un altro.
Come per un tacito accordo, tutti quanti accettano
l’ineluttabilità di questa farsa. Il malcontento si limita a
rivendicare una nuova messa in scena o una più giusta
distribuzione dei ruoli. Qualcuno, insoddisfatto da questa
forma di “cambiamento”, improvvisa personaggi più gradevoli,
testi più divertenti, nella gamma di ruoli che gli è consentita. In
questo modo essi ravvivano un intreccio trito e ritrito e lo
spettacolo continua, lo Show goes on.
Gli aspetti del dramma meno plausibili sono sostenuti dalle
attrattive ideologiche. Così il genere nella sua interezza non è
mai messo in questione, allontanando il giorno in cui faremo
veramente crollare il palco.
In un gioco in cui ogni scelta è una negazione di sé, la sola
alternativa reale è rifiutare di giocare.

***
Nel rovesciamento di prospettiva, ogni elemento del dramma è
visto in relazione con tutte le possibilità reali: proiettato nella
totalità. La costrizione, la mediazione, il ruolo sono rifiutati e
sostituiti dai loro contrari, tre progetti inseparabili: la
partecipazione, fondata sulla passione del gioco; la
comunicazione, fondata sulla passione d’amore; e la
realizzazione, fondata sulla passione di creare.
Secondo i propri criteri, lo spettacolo sembra andare avanti
pacificamente giacché, fondato sulla separazione, il

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frammentario, esso non può concepire l’unità di questi progetti


come trasparenza di relazioni umane che favoriscano la
partecipazione reale di tutti alla realizzazione di ciascun
individuo.
Così, lo spettacolo osserva con fiducia i suoi attori continuare a
ripetere le loro battute, ignorando che si stanno introducendo
alcuni “capovolgimenti” che non potranno risolversi
“drammaticamente” se non con la sua distruzione.
Prendendo i nostri sogni e i nostri desideri come base della
nostra attività, e partecipando a questo gioco in maniera totale
e coerente, noi ci poniamo in contraddizione con tutto ciò che
contraddice il nostro progetto fondamentale: la libera
costruzione della vita quotidiana.
GRUPPO “1044”
Agosto 1970

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Ode sull’assenza di vera poesia


oggi questo pomeriggio
— Poema in prosa dialettica —

La poesia, come i poeti amano ricordare, trova la sua origine


negli incantamenti religiosi o magici. Il rispetto per il bardo era
dovuto al fatto che le sue parole erano importanti. Le frasi
precise e i ritornelli erano considerati necessari per assicurare il
buon raccolto, ecc.
La poesia letteraria ha perduto questa significanza, ed i suoi
autori più avanzati lo sanno. Rimbaud è l’archetipo del
tentativo di ritrovare la magia. Ha fallito. E il suo fallimento
era ed è inevitabile. La forma “poetica” esclude la possibilità
della realizzazione della poesia, cioè della realizzazione
effettiva dell’immaginazione nel mondo. L’istituzione della
poesia è essa stessa un rapporto sociale nemico di quel
progetto. Eredita la specializzazione della creatività,
dell’espressione autentica, dalla sua origine con le classi
sacerdotali, e vi ritorna. Anche Rimbaud, malgrado tutta la sua
passione per la libertà e il meraviglioso, finisce per sviluppare
una concezione del poeta come nuovo prete o sciamano, come
nuovo mediatore della comunicazione. Ma la realizzazione
della poesia implica la diretta attività creatrice di tutti, e
dunque non può tollerare una tale mediazione. “Si tratta di
possedere effettivamente la comunità del dialogo ed il gioco
con il tempo che sono stati rappresentati dall’opera poetico-
artistica” (Guy Debord, La società dello spettacolo).

***
“Divide et impera” può essere considerata come la tattica
essenziale del sistema sociale che ci domina, ma solo se si è

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compreso che si applica non soltanto alla separazione tra


individui, ma altrettanto a quella tra gli aspetti diversi della vita
quotidiana. Questa forzata separazione ha trovato la sua
realizzazione nello spettacolo, l’incarnazione della vita
apparente. Lo spettacolo prende la verità di questa società, cioè
la sua falsità e la sua separazione, e la presenta come reale,
come la realtà, una vita da contemplare da spettatori passivi
che non hanno alcuna vera vita propria per loro. “Lo spettacolo
non è un insieme d’immagini, ma un rapporto sociale tra
persone, mediato da immagini” (Debord). Ma a dispetto di tutte
le immagini di soddisfazione che presenta, il capitalismo
moderno non può nascondere il fatto di esaudire i veri desideri
umani. Come la povertà del consumo passivo (di merci o di
cultura) diviene sempre più evidente, lo spettacolo offre una
grande gamma di attività culturali che danno l’illusione della
“partecipazione”: happening, gruppi d’incontro, letture aperte a
tutti, be-in, festival multimediali — qualunque cosa riesca a
catturare la radicalità appassionata, la poesia sempre più diffusa
della rivolta e incanalarla in “soluzioni costruttive” o in
opposizioni parcellari, che rafforzano il sistema che credono di
superare. “L’ultima speranza dei dirigenti è di fare di ciascuno
l’organizzatore della propria passività” (Raoul Vaneigem,
Trattato del saper vivere).
Come nel caso dello spettacolo in generale, la comunicazione
di un poema è unilaterale. Lo spettatore o il lettore passivo si
vedono presentare un’immagine di ciò che è stato vissuto dal
poeta. Una lettura pubblica non risponde che apparentemente a
questa critica. Essa democratizza il ruolo del poeta, condivide
l’accesso al vertice di un rapporto gerarchico, ma non lo
supera.
Naturalmente, un certo grado di comunicazione esiste, ma è
una comunicazione isolata, non legata direttamente alle attività
quotidiane reali delle persone coinvolte. Come le nostre attività

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sono, nell’insieme, soggette a costrizioni ed alienate, è normale


che la creatività poetica (se non è cosciente del progetto che
supera la separazione ed anche la poesia letteraria) tenda, per
difendersi, a ritirarsi dalla vita quotidiana. Accetta un dominio
isolato in cui il suo gioco parziale può giocarsi con una
consolante illusione di completezza. “La poesia diventa
raramente un poema. La maggior parte delle opere d’arte
tradiscono la poesia. (...) Nel migliore dei casi, la creatività
dell’artista si imprigiona, si rinchiude attendendo la sua ora in
un’opera che non ha detto la sua ultima parola, ma per quanto
l’autore l’attenda a lungo, quest’ultima parola — quella che
precede la comunicazione perfetta — non sarà mai pronunciata
finché la rivolta della creatività non avrà condotto l’arte alla
sua realizzazione” (Vaneigem).
La poesia che sa che la sua realizzazione passa per il proprio
superamento non abbandona mai la vita quotidiana, giacché
essa è in sé stessa il progetto di trasformazione ininterrotta
della vita quotidiana.

***
La necessità della totale distruzione del potere gerarchico e
dell’economia mercantile resta intatta. Il movimento operaio
rivoluzionario tradizionale non è riuscito a compiere la
trasformazione del mondo. Tuttavia nei suoi momenti più
avanzati (Russia 1905, Kronstadt 1921, Spagna 1936, Ungheria
1956) ha delineato la forma che assumerà la rivoluzione
prossima ventura: il potere assoluto dei consigli operai. Questa
forma di organizzazione anti-gerarchica comincia dalla
democrazia diretta dell’assemblea popolare che si federa
internazionalmente per mezzo di delegati responsabili verso la
base ed immediatamente revocabili. In questo modo evita la
possibilità della comparsa di una nuova classe dirigente di
burocrati o di specialisti.

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Il “partito d’avanguardia” di tipo leninista, tanto generalmente


esaltato oggi, è stato una delle cause maggiori del fallimento
del movimento operaio classico. Scientemente o no,
costituendosi come un potere separato e indipendente, prepara
la strada per il proprio potere “rivoluzionario” sul popolo,
come nei regimi capitalisti di Stato della Russia, della Cina, di
Cuba, ecc. Ogni organizzazione che mira alla distruzione della
società di classe deve cominciare rifiutando di imitare questo
esempio di “successo” rivoluzionario. Un’organizzazione
rivoluzionaria deve abolire al suo interno i rapporti mercantili e
la gerarchia. Deve realizzare la fusione diretta della teoria
critica e dell’attività pratica, per impedire ogni pietrificazione
in ideologia. Proprio come i consigli domineranno e
trasformeranno tutti gli aspetti della vita liberata,
l’organizzazione rivoluzionaria deve esprimere la critica di tutti
gli aspetti della vita alienata attuale. Nel momento
rivoluzionario della dissoluzione della separazione sociale, essa
deve dissolversi in quanto potere separato.
L’ultima rivoluzione della preistoria umana realizzerà l’unità
del razionale e del passionale; l’unità del lavoro e del gioco
nella libera costruzione della vita quotidiana; il gioco della
soddisfazione dei desideri di tutti; la poesia che “deve essere
fatta da tutti e non da uno solo” (Lautréamont).
KEN KNABB
Ottobre 1970

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DOPPIA RIFLESSIONE
Prefazione ad una Fenomenologia degli aspetti soggettivi
dell’attività pratico-critica

“Quando il pensiero ha trovato la sua espressione corretta


(...), che è raggiunta da una prima riflessione, allora avviene
una seconda riflessione, che riguarda il rapporto tra la
comunicazione ed il suo autore.”

—Kierkegaard, Post Scriptum alle “Briciole filosofiche”

Ouverture

“L’I.S. dovrà definirsi presto o tardi come terapeutica.”

—Internazionale Situazionista n. 8 (1963)

Ogni volta che un individuo riscopre la rivolta, ne ricorda le


precedenti esperienze di essa, gli ritornano come improvvisi
ricordi d’infanzia.

Parto di un fenomeno ben conosciuto: “che il soggetto precipiti


nella follia, che pratichi la teoria o che partecipi ad una

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sommossa (...) i due poli della vita quotidiana — contatto con


una realtà stretta e separata da un lato e contatto spettacolare
con la totalità dall’altro — sono aboliti simultaneamente per
fare posto all’unità della vita individuale” (Voyer).

Ma, la follia ha i suoi inconvenienti(1) e non si dispone tutti i


giorni di una sommossa; ma la pratica della teoria è
costantemente possibile. Perché, allora, la teoria è così poco
praticata?

Certamente, qua e là c’è della gente male informata che non la


conosce ancora. Ma che dire di quelli che la conoscono? Di
quelli che hanno scoperto che nonostante le sue difficoltà
innegabili, l’attività pratico-critica è così spesso comica,
assorbente, significativa, esilarante, divertente — il che, dopo
tutto, non è cosa corrente —; come accade che essi
dimentichino, che arrivino a deviare impercettibilmente dal
progetto rivoluzionario, che giungano ad un punto di rimozione
assoluta dei momenti di realizzazione che vi avevano trovato?

Una persona non informata non mancherà di chiedersi perché


ci impegniamo in primo luogo a questa strana attività. Ma
quello deve sembrare strano a quelli che sanno perché, è perché
ci impegnavamo così poco e così irregolarmente. I momenti
d’entusiasmo e di conseguenza reali arrivano quasi
esclusivamente per caso. Ci manca la coscienza del perché non
abbiamo fatto ciò che non abbiamo fatto. Perché non ci
rivoltiamo più?

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Marx comprende l’attività pratico-critica come “attività umana


sensibile”, ma non la esamina in quanto tale, in quanto attività
soggettiva.

I situazionisti comprendevano l’aspetto soggettivo della pratica


come un affare tattico. (“La noia è contro-rivoluzionaria.”)
Ponevano la giusta questione.

È da molto tempo che esaminavamo quest’attività stessa. In


che cosa consiste? Cosa fa a noi che la facciamo? Mentre i
sociologi studiano l’uomo nel suo comportamento “normale”
— cioè ridotto alla sopravvivenza, una somma di ruoli, di
banalità — noi studieremo l’uomo quando agisce per eliminare
tutto questo: l’Homo negans. “Agendo sulla natura esterna per
modificarla, modifica allo stesso tempo la propria natura” (Il
Capitale).

I lavoratori stanno diventando teorici e la pratica della teoria un


fenomeno di massa. Perché intraprendere ora quest’indagine?
Perché, compagni, non è stata intrapresa finora?

Il teorico come soggetto e come ruolo


HOLMES: “La mia mente rifiuta la stagnazione. Datemi dei
problemi, un lavoro, datemi il crittogramma più oscuro o
l’analisi più complessa, ed eccomi nell’atmosfera che mi
conviene. Allora posso fare a meno di stimolanti artificiali. Ma
odio la cupa routine dell’esistenza. È per questo che ho scelto
questa professione particolare, o piuttosto, perché l’ho creata,
poiché sono il solo al mondo della mia specie. (...) In un simile

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caso, non chiedo alcun riconoscimento. Il mio nome non figura


in alcun giornale. Il lavoro in sé stesso, il piacere di trovare un
campo per le mie capacità personali, è la mia più alta
ricompensa. Ma lei stesso ha già una certa esperienza dei miei
metodi di lavoro.”

WATSON: “Infatti. E mai nulla mi ha tanto colpito. A tal


punto che li ho esposti in un piccolo opuscolo.”

—Arthur Conan Doyle, Il segno dei quattro

L’alienazione del proletario consiste in questo: il suo lavoro ha


sostanza ma non libertà; i suoi svaghi hanno libertà ma non
hanno sostanza. Ciò che fa di conseguente non gli appartiene,
ciò che fa che gli appartenga è senza conseguenza; non vi è una
posta nel suo gioco. (Da cui l’attrattiva per tutti i “giochi
pericolosi” — giochi d’azzardo, alpinismo, legione straniera,
ecc.)

È questa schizofrenia sociale, questo bisogno disperatamente


sentito di afferrare la propria azione, di fare qualcosa che
appartenga loro realmente, che induce masse di persone a
dedicarsi a lavori artigianali o al vandalismo; e che ne induce
altre ancora a tentare di sopprimere la scissione attaccando la
separazione in modo unificato, dedicandosi ad un vandalismo
coerente: il lavoro del negativo.

Quale sensazione procura quest’attività? Lettore, tu la conosci


— o almeno, sei già arrivato a provarla. È come quando

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condividi un segreto o come quando sei riuscito a giocare un


bel tiro. Ma questa sensazione è respinta in margine alla vita
perché la sua immagine possa accaparrarsi la scena. E finisce
per essere dimenticata.

Ebbene, non vogliamo dimenticare. Una rivoluzione è il


migliore scherzo che si possa fare ad una società che, lei, è un
così brutto scherzo.

Per condurre la mia indagine distinguo artificialmente alcuni


aspetti inseparabili dall’attività rivoluzionaria. Per semplicità
d’espressione utilizzo il termine “teorico” — colui che pratica
la teoria — in attesa di analizzare un tipo d’attività le cui
modalità sono per alcuni aspetti abbastanza diverse da quelle di
una folla che insorge un bel giorno, senza avervi molto
riflettuto la vigilia. Mentre alcuni fenomeni analizzati qui sono
comuni a tutti i momenti dell’attività negatrice radicale, altri si
trovano evidentemente superati nel momento di una sommossa
di massa. Questa Prefazione riguarda soprattutto la situazione
del rivoluzionario in una situazione non rivoluzionaria.

La pratica della teoria comporta delle soddisfazioni particolari,


ma anche delle trappole particolari, che derivano dal suo
sviluppo disuguale, dal suo rapporto disuguale con l’insieme
del movimento rivoluzionario, e dal fatto che il teorico è un
individuo represso come qualsiasi altra persona. Il movimento
della storia è una forza alla quale è temibile legarsi: ci si
ubriaca di chiarezza, ma ci si inebria altrettanto rapidamente di
illusioni.

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La nostra(2) Fenomenologia sarà dunque allo stesso tempo una


Patologia.

***

Il flash negativo è l’attività critica sequenziale concentrata che


provoca un contraccolpo orgastico più o meno continuo
dell’effetto di spettacolo. Nel flash negativo (“flash” compreso
nel senso di droga: una febbre eccitante che è quasi impossibile
far scendere), si produce una sorta di “effetto domino” dei
blocchi ideologici; la distruzione di un’illusione conduce ad
esaminare gli altri più da vicino; la messa in cantiere di un
progetto pratico ne suggerisce altri che lo correggono, lo
rafforzano o lo allargano; le idee succedono alle idee ad un
ritmo così rapido che il teorico è sommerso, posseduto, come
un medium che trasmette al movimento storico stesso il suo
oracolo; la complessità del mondo diventa tangibile, cristallina;
vede i punti della scelta storica. Mentre rompe con la passività
abituale ed inizia ad muoversi storicamente alla velocità
vertiginosa degli eventi, le sue gambe sono trascinate come lo
sono le masse nel momento insurrezionale. (Un’insurrezione è
un flash negativo pubblico.) Ma se le masse non sono preparate
per l’esplosione che minaccia violentemente la vecchia realtà e
la “salute mentale” che l’accompagna, hanno compagnia nella
loro crisi e possono così vedere che non è puramente personale,
ma che è generale. Il teorico radicale, invece, deve essere
preparato alle crisi personali che la comprensione e il
chiarimento della crisi generale della società possono scatenare
in lui. Su terreni dove è ancora senza difese, il teorico riscopre
di nuovo le alienazioni contro le quali sono state sviluppate

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difese parziali, religioso-caratteriali. La forma mercantile


riappare ad ogni nuova tappa; la teoria del valore è vista come
una teoria che ha del valore, ed il teorico come il suo profeta.
Un concetto rivoluzionario diventa la sua musa. Ne è
sconvolto. È il contrario del militante poiché serve la sua dea
con entusiasmo. La situazione è ambigua. La teoria può
correggere i suoi eccessi mistificati oppure il teorico, nel suo
entusiasmo, rischia di diventare completamente folle ed
affondare in un narcisismo teorico.

Ci sono anche flash negativi collettivi. L’incontro di progetti


convergenti sviluppati parallelamente elimina le
fossilizzazioni, le esitazioni, le rispettive impasses, pone gli
sforzi di ciascuno in una prospettiva più ampia e più precisa.
Un solo incontro decisivo può, in un dato momento, scatenare
un vero fuoco d’artificio di attività sovversive per molti giorni,
una persona o un testo agendo come catalizzatore di una
piccola cerchia di persone. Rapporti storici diventano rapporti
personali. (“Quando uno è profondamente occupato è al di
sopra di ogni imbarazzo.”) I gusti disparati della sopravvivenza
sono relegati sullo sfondo; tutti scoprono un senso comune
dello humour (giacché dove c’è contraddizione, il comico è
sempre presente). Il baccanale è spesso molto contagioso,
propagando a quelli che di solito non partecipano, il desiderio
di andare al di là di un semplice godimento attraverso
intermediari.

Ma ciò non dura. Senza contare gli innumerevoli ostacoli


oggettivi che pesano su questo tipo di sforzo, possiamo notare
che ciò che genera la reazione a catena è meno una “massa

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critica” che una massa di critiche, uno choc da sfide. Le


scintille scaturiscono dall’attrito di due poli indipendenti l’uno
contro l’altro. Quando i poli si toccano, le cariche si
neutralizzano nelle congratulazioni reciproche, la
contraddizione è posta su un piedistallo e dimenticata, ed il
gruppo ristagna; tutto ciò che resta in comune è l’illusione di
una partecipazione collettiva, e i ricordi del tempo in cui non
era illusoria.

***

A differenza della pura pretesa rivoluzionaria, il ruolo


rivoluzionario è un’illusione ben fondata. Non è una semplice
stupidità che si può abilmente evitare con la sincerità o la
modestia, è un prodotto oggettivo generato continuamente
dall’attività rivoluzionaria; è l’ombra che accompagna la
realizzazione radicale, la passibilità reazionaria, lo scatto
interno o esterno del positivo.

Il positivo è l’inerzia del negativo. Così, vediamo un’azione


negatrice incisiva degenerare in militantismo (imitazione del
negativo, pratica della ripetizione) o un giudizio demistificato
sulle proprie possibilità condurre ad un successo che riconduce
ad una mistificazione sulle proprie capacità (megalomania
rivoluzionaria). Lo spettacolo, scosso dal negativo, reagisce
cercando un nuovo punto d’equilibrio, che assorba il negativo
come momento del positivo. Il ruolo rivoluzionario è la forma
che assume il ristabilimento di questo equilibrio nell’individuo.
Il carattere del rivoluzionario si trova rafforzato obiettivamente
dallo spettacolo della sua opposizione allo spettacolo.

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Togliendo il velo della falsa-coscienza (ideologia, effetto di


spettacolo), l’individuo del negativo si mette in contraddizione
aperta con l’organizzazione stessa dell’incoscienza (carattere,
capitale) e con la sua difesa energica (armatura caratteriale,
Stato). L’organizzazione dell’incoscienza si protegge come un
pneumatico antiforo: utilizza precisamente l’attività del
negativo per chiudere e rammendare i tagli. Come una classe
dominante in una posizione difficile può accordare alcuni posti
ministeriali a dei rivoluzionari, il carattere offre una “migliore
situazione” nella quale il soggetto acquisisce un interesse
psicologico al mantenimento dello status quo spettacolar-
rivoluzionario. Per avere così ben colpito, l’insoddisfazione si
trasforma in auto-soddisfazione. Quello che era uno sforzo di
liberazione personale diventa un ornamento della “personalità”.
La politica forma il carattere.

(Ma nessuna scusa per la falsificazione. Non ci sarà nulla più di


volgare dei futuri “teorici” che deplorano — in un modo neo-
dostoijevskiano pieno d’indulgenza per sé stessi — i ruoli-
trappola che la loro difficile posizione di teorici mette sulla
loro strada. Si tratta semplicemente di cogliere le basi oggettive
che generano il ruolo o sostengono le pretese per beccare
meglio il ruolo e respingere più rapidamente il simulatore.)

È a volte difficile aprirsi un varco tra l’uso del ruolo da parte


del rivoluzionario per risolvere i suoi problemi individuali, e
l’uso del ruolo da parte di un non-rivoluzionario per
proteggersi dalla dialettica nella sua vita quotidiana. Si capisce
facilmente che un lavoratore desideri lasciare una spazio il più
grande possibile tra il suo lavoro ed i suoi sforzi per vivere. Ma

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l’imbarazzo del rivoluzionario traspare ogni volta che gli


chiedono: “Di che ti occupi?” Proprio nella misura in cui non è
un militante, non può appendere il suo “lavoro” nel guardaroba
prima di dedicarsi al “piacere”. Qualcosa muore in lui ogni
volta che tace la sua qualità di rivoluzionario. Dissimula una
parte di sé stesso. È una menzogna, un’auto-mutilazione, un
tradimento. Ma invece, se si presenta come “rivoluzionario”,
emerge una serie di nuovi problemi, senza tenere conto delle
grezze incomprensioni alle quali ciò dà luogo in uno straniero
(che si assimila immediatamente ad un militante). Da cui la
miseria particolare delle relazioni amorose nel milieu
situazionista (oltre a tutte le miserie o quasi che gli individui di
questo milieu condividono con non importa chi): tentativi
patetici e maldestri per fare nascere l’amore dal cameratismo, o
il cameratismo dall’amore; isolamento spettacolare come
genere di personalità speciale e bizzarra (ex: il fenomeno
groupie); effetto pigmalione (il rivoluzionario scopre che il suo
partner è l’immagine stessa — e soltanto l’immagine — della
sua pratica e che la sua lode automatica di tutti i suoi gesti è
l’incarnazione della debolezza e dell’auto-deprezzamento che
odia tanto); ecc. In realtà, nei loro sforzi per combinare
sostanza e passione nelle loro relazioni, i rivoluzionari vivono
in miniatura il conflitto tra la crisi del vecchio ordine ed i segni
che annunciano il nuovo, segni che, per lungo tempo ancora,
resteranno necessariamente quasi esclusivamente iscritti in
negativo. Le vecchie forme marginali di gioco separato, isolato
— l’arte, la bohème, l’amore romantico — sono sempre più
escluse dalla pianificazione globale della vita, il che semplifica
il problema creando nuove complicazioni ad un altro livello: il

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dialogo si trova confrontato al fatto che deve preoccuparsi di


sopprimere le condizioni che ovunque sopprimono il dialogo. Il
dialogo è rivoluzionario o non dura, e comincia a saperlo.

Il dietrismo, o la colonizzazione della teoria


“Scaccia il suo pensiero senza tenerne conto, semplicemente
perché è suo. In ogni opera d’ingegneria riconosciamo i
pensieri che abbiamo respinto; ci ritornano con una certa
maestà alienata (...) Domani, uno straniero dirà con un buon
senso magistrale ciò che precisamente non abbiamo cessato di
pensare e di sentire, e saremo obbligati a ricevere con
vergogna la nostra opinione dalla bocca di un altro.”

—Emerson, La fiducia in sé

In alcune corse (ad esempio ciclisti), il corridore che è davanti


taglia il vento e crea un vuoto che aspira; se si riesce ad
avvicinarsi sufficientemente vicino a lui, si avanza senza
sforzo. Il dietrista è una persona che intrattiene una relazione
simile con la teoria rivoluzionaria o con i teorici: ha un bel
“avanzare”, si trova sempre nella scia degli altri.

Il rapporto dietrista è possibile soltanto in un contesto di


creatività, di contenuto qualitativo. (A tal riguardo, l’analogia
lineare con una “corsa” rischia di essere ingannevole.) Così, il
fenomeno è conosciuto dagli scrittori che tentano di sbarazzarsi
dell’influenza irresistibile del loro maestro e di trovare la “loro

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voce”; si produce anche nei multipli cambiamenti di


formazione dei gruppi musicali, dove ciascuno lascia il gruppo
per formare il suo, i cui nuovi membri, a loro volta, alcuni anni
più tardi formeranno i loro propri gruppi. Dunque, il dietrismo
non esiste nell’ambiente gauchiste in cui il qualitativo è assente
e dove il rapporto capo-seguace, invece di essere considerato
un problema, è piuttosto ricercato o, se questo rapporto è
vagamente sentito come un problema, è più facile per quelli
che si trovano in basso di sfuggirvi. (Non c’è bisogno di molto
rispetto di sé per avvertire una manipolazione palese, o di
molta iniziativa per rifiutarla, né di molta immaginazione per
bypassare un milieu dove la penuria d’intelligenza è
artificialmente conservata.) Il dietrismo è la “malattia del
progresso” del settore più avanzato del movimento
rivoluzionario. Più la teoria è corretta obiettivamente, più è
forte la sua influenza sul dietrista.

La coscienza della pratica umana è essa stessa un genere di


produzione umana, alla quale una folla di persone partecipa in
vari modi ed a vari gradi di coscienza. La teoria espressa è
soltanto un momento di questo processo, un prodotto raffinato
delle lotte pratiche, una coscienza temporaneamente
cristallizzata in una forma che sarà nuovamente infranta e
riportata allo stato di materia prima per essere pronta ad altre
battaglie. È soltanto nel mondo invertito dello spettacolo
rivoluzionario che questo momento visibile della teoria sembra
essere la teoria stessa, e che il suo articolatore immediato
sembra essere il suo creatore.

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L’alienazione del dietrista a profitto del mito della rivoluzione


(e questo è il risultato della sua attività cosciente) si esprime
così: più si appropria, meno è autonomo; più partecipa
parzialmente, meno comprende le sue capacità di partecipare
totalmente. Il dietrista mantiene un rapporto alienato con i
prodotti della sua attività, sia che si alieni lui stesso nell’atto di
produzione (la sua attività non è appassionata ma imposta, non
è la soddisfazione di un desiderio di rivolta ma un semplice
mezzo per soddisfare altri desideri, ad esempio, quello di
essere riconosciuto dai suoi simili), sia che si alieni lui stesso
tenendosi fuori dall’atto di produzione (la sua partecipazione
tende fortemente verso l’aspetto distributivo(3) del processo).

Fondamentalmente, la coerenza è meno lo sviluppo della teoria


o della pratica di un individuo che lo sviluppo del loro
rapporto reciproco. Così, possiamo constatare che il dietrista
soffre di uno squilibrio théorico-pratico: si impadronisce della
teoria in proporzioni che non hanno rapporto con l’uso che ne
fa, o si impegna in una pratica che è stata sempre iniziata da
altri. La sua pratica è quella dell’appropriazione che arriva
sempre troppo tardi. È al riparo dai rischi. Non scopre, è
informato che tali libri sono essenziali, che tali rivolte sono
state le più radicali, che tali persone sono degli ideologi, che si
deve rompere per tali buone ragioni... Dovunque vada,
qualcuno vi è già passato di lì. La teoria generale è il suo
spettacolo personale. Ma è così tanto schiavo della teoria che
più lo rende impotente, più egli avverte la necessità di
proseguirla, sperando sempre che questa intuizione magica che
gli permetterà finalmente di “comprendere” ciò che deve fare e

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come può farlo, si produrrà al termine del percorso. Ha tanto


girato in questo circolo vizioso che se cade su un terreno dove
nessuno lo ha preceduto, suppone che sia perché non era
“abbastanza importante” — come se non ci fossero milioni di
progetti sovversivi che valgano la pena, e di cui la maggior
parte non è stata ancora neppure concepita. L’irradiazione della
sovversione passata genera un’ortodossia rigorosa de facto a
proposito di ciò che è la “pratica coerente”.

Il dietrismo è un problema organizzativo permanente della


nostra epoca. Una persona localmente autonoma può benissimo
essere dietrista in rapporto a tutto il movimento o in rapporto ai
suoi teorici più chiaroveggenti. (In ultima analisi, il proletariato
è collettivamente dietrista in quanto lotta necessariamente per
l’autogestione della sua teoria.) Generalmente parlando, la
lettura pratica di un testo radicale è caratterizzata da un
atteggiamento critico apparentemente quasi spietato verso ciò
che può essere sfruttato di questo testo, ma che non presta
alcuna attenzione al merito intrinseco di ciò che non può
esserlo. Finché la sensazione seguente: “È formidabile! Ci sono
molte cose là dentro che non conosco! Bisogna che mi metta a
leggerlo tutto!”,” annuncia la colonizzazione nascente della
teoria.

Ogni rivoluzionario deve fare i suoi errori, ma non serve a


niente ripetere quelli che sono già stati fatti e superati da altri.
Il problema è di scoprire continuamente un equilibrio tra
l’appropriazione di certezze e l’esplorazione di nuovi terreni.
Mi sembra che la concezione sia l’aspetto da cui meno può
essere dispensato il dietrista che tenta di uscire dal suo circolo

20
La società del situazionismo ed altri scritti

vizioso. Una volta che un progetto è scelto ed iniziato,


consultare un testo o una persona è meno mistificante perché il
punto di contatto è più stretto e più preciso.

È importante distinguere il dietrista, che si trova in una


posizione difficile a causa del suo rapporto con gli altri
rivoluzionari, dalla massa di parassiti-cortigiani che trovano
semplicemente appassionante associarsi ai rivoluzionari, o
almeno farlo sapere nel loro ambiente. Il parassita-cortigiano si
immagina più avanzato delle masse perché la sua
frequentazione più o meno accidentale di rivoluzionari gli
permette di sapere da quale lato gira il vento. Vorrebbe
apprezzare gli atti radicali degli altri esteticamente, come degli
spettacoli migliori che quelli di cui dispone di solito. Dunque,
anche come spettatore della rivoluzione, non vede tutto il
processo delle contraddizioni e delle irregolarità della
rivoluzione, ma soltanto i suoi ultimi risultati visibili. In questo
senso, è lo spettatore non della rivoluzione, ma del suo
recupero. Può ben vedere migliaia di persone nelle vie, ma non
può ascoltare gli argomenti di milioni di conversazioni; se la
rivoluzione non evolve in modo chiaro, lineare e cumulativo,
proclama allora che non esiste più(4) (ed i peggiori tra i
parassiti-cortigiani a tal riguardo sono i rivoluzionari
pensionati). Il parassita-cortigiano non cerca di trasformare il
mondo ma di arrivare a una riconciliazione con quelli che
vogliono trasformarlo. Se i suoi comodi sono disturbati, si
lagna del movimento rivoluzionario, esattamente come ci si
lagnerebbe di una merce difettosa o di un politico che lo
avrebbe denunciato, e crede di dare prova d’autonomia

21
La società del situazionismo ed altri scritti

minacciando di ritirare il suo prezioso voto di fiducia. Il


dietrista serio non esiterà a separarsi dai suoi migliori camerati
se non vede un altro mezzo per sviluppare la sua autonomia;
finché il parassita-cortigiano abbandona senza pensarci due
volte tutte le sue pretese rivoluzionarie se si trova in un
ambiente in cui queste non sono più di moda.

Come farsi degli amici ed influenzare la storia


“ ‘Come?’ voi domandate. È un capitolo abbastanza vasto, lo
ammetto. E cercando di raccogliere materiali per riempirlo,
dobbiamo prendere a prestito dei sentieri sinuosi ed incerti,
giacché ciò dipende per molti di voi, dal vostro pubblico, dal
vostro soggetto, dal vostro materiale, dalle vostre occasioni,
ecc. Speriamo tuttavia che le proposte sperimentali discusse ed
illustrate più in là vi siano utili e preziose.”

—Dale Carnegie, Come sviluppare la fiducia in sé


ed influenzare la gente con il discorso

L’eroe di un poema del Rinascimento scopre (sulla luna, credo)


la dimora di tutte le cose perse nella storia, tutte le cose che
sono state smarrite e mai trovate. Immaginate di andare a
vedere, raccolti su una pila enorme, tutti i progetti situazionisti
persi! È tuttavia probabile che per trovarli dovremmo proprio
andare sulla luna, poiché, come osserva Swift: “i piagnucolii
appassionati e le battute di spirito penose sono trasportate
delicatamente, grazie alla loro leggerezza estrema (...) e (...) le

22
La società del situazionismo ed altri scritti

ampollosità e le buffonerie che sono per natura sublimi e di


scarso peso, salgono più in alto di tutto il resto.”

Quante volte abbiamo visto un progetto promettente,


cominciato con entusiasmo, divenire noioso ed essere allora
abbandonato? Quante volta abbiamo visto un progetto
espandersi (ed un buon progetto ha quasi sempre la tendenza ad
espandersi) al punto di dominare il suo iniziatore, al punto che
quest’ultimo si trova completamente sprofondato
nell’immensità del compito che si è imposto e finisce per
rifiutare la totalità della sua esperienza, come un militante del
P.C., completamente svuotato dopo gli anni trenta. Quanti non
torneranno mai? Ahimè!

Certamente, è vero che nella maggior parte di questi casi non


abbiamo probabilmente perso molto: come un teorico potrebbe
condurre a termine i compiti organizzativi delle masse se non
riesce ad organizzare il proprio lavoro in corso? Si crede
realmente che si possa criticare l’economia se non si è
realizzata l’economia della propria critica?

Occorre stabilire la morfologia del progetto unico. Ad esempio:


concezione —> inizio —> espansione —> riorientamento —>
sfrondamento —> attacco finale —> realizzazione —>
ripercussioni; o forse anche: preliminari —> orgasmo —>
rilassamento. Ed occorre certamente coltivare l’arte
dell’interdipendenza dei progetti. Nonostante gli omaggi che
sono di tanto in tanto resi a parole a Fourier, quante volte
vediamo un rivoluzionario variare coscientemente la sua
attività, scegliere due o tre tipi di progetti diversi per poter

23
La società del situazionismo ed altri scritti

passare dall’uno all’altro secondo il suo umore? O scegliere un


progetto per il suo valore educativo in modo tale che, come
alcuni musicisti, scopre nello stesso tempo quanto comunica?
O anche, ricercare accuratamente il rapporto ottimale di
collaborazione/rivalità con i suoi compagni?

Non possiamo intervenire fra i lavoratori se non sappiamo


come intervenire nel nostro lavoro. Gli agitatori devono essere
agitati. “Preparate dei nuovi successi, per piccoli che siano, ma
quotidiani.”

(Sì, noi possiamo prevedere che un competentismo sorgerà


dalla divulgazione delle tecniche critiche (per esempio, si
potrebbe veder diffondersi la capacità di redigere un volantino,
grossolanamente “corretto”, in non importa quale occasione).
Ma questa proliferazione distruggerà alla base la
monopolizzazione di un’immagine situazionista per mezzo di
una minoranza trascurabile di individui, cosa che
dialetticamente provocherà il superamento qualitativo di questo
cattivo uso.)

***

“È difficile decidere se l’irresolutezza rende l’uomo più


infelice o disprezzabile; e se è sempre più sconveniente
prendere una decisione sbagliata, o non prenderne nessuna.”

—La Bruyère, I caratteri

24
La società del situazionismo ed altri scritti

L’alfa e l’omega della tattica rivoluzionaria, è la decisione. La


decisione è la grande chiarificatrice: è lei che permette tutte le
messe a punto. Come un raggio di sole che finisce per bucare
un cielo coperto, la proposta concreta scioglie la nebbia della
speculazione. Il metodo più semplice per l’individuazione delle
cazzate è di osservare se le decisioni di un individuo lo
spingono ad agire e se la sua azione lo spinge a prendere
decisioni: “Ah, comprendo, pensi x: ciò che significa che farai
y?” Panico! “Oh... no... oh, volevo soltanto dire che...”

Esaminiamo l’entusiasmo della conversione ad una religione o


ad una mania: è il breve momento in cui si fa una scelta
cosciente fra vari modi di sottomissione al dato. Si fa il grande
passo e si decide di servire Cristo, di aderire ad un club o ad un
gruppo politico. Tuttavia l’eccitazione è attribuita al contenuto
della scelta.

La società mercantile contiene questa contraddizione: deve


suscitare questi entusiasmi appassionati, allo stesso tempo per
garantire il funzionamento regolare del mercato ideologico, e
garantire la sopravvivenza psicologica dei suoi consumatori;
ma gioca con il fuoco agendo in questo modo: una decisione
può comportarne un’altra. La maggior parte dei rivoluzionari
conseguenti possono risalire il corso della loro evoluzione fino
ad un momento decisivo in cui si sono decisi — o,
generalmente, sono caduti — riguardo un atto secondario ma
concreto. Abbastanza spesso, esitavano, dubitavano di sé stessi,
pensavano che ciò che facevano era forse da stupidi, ed in ogni
caso poco importante. Ma retrospettivamente, ci si può spesso
accorgere che quella conversazione, lettera, opuscolo, o non

25
La società del situazionismo ed altri scritti

importa cosa, segnava un punto di partenza — dopo di ciò,


niente fu più esattamente uguale. In realtà, l’imbarazzo e la
mancanza di abilità sono praticamente il segnale che un
individuo sta perdendo la sua verginità rivoluzionaria. Nella
sovversione, si può partire da non importa dove. Ma il potere
soggettivo dell’atto è proporzionale al grado di sovversione
non soltanto di una situazione, ma anche della persona stessa
come parte di questa situazione. Una lunga esperienza ha
provato che la cosa più appassionante, e spesso anche più
essenziale, è cominciare a criticare il ramo sul quale si è seduti.
La pratica della teoria comincia da sé stessi.

***

“In caso di dubbio far entrare un uomo, revolver in mano.”

—Raymond Chandler

La decisione è intervento, perturbazione, delimitazione. Ha un


carattere arbitrario, aristocratico, dominatore. È la mediazione
necessaria, l’argomento che si impone imponendosi a sé stesso.
La decisione è la limitazione aggressiva: un atto è reso
possibile dall’eliminazione di tutti gli altri atti possibili.
Decidere è far intervenire un elemento limitativo arbitrario. (Le
parole “decisione” e “concisione” vengono tutte e due dal
latino: tagliare, recidere.)

L’elemento limitativo può anche essere accidentale. Basta


semplicemente che la parte del caso sia calcolata. Le

26
La società del situazionismo ed altri scritti

esperienze dei surrealisti erano generalmente poste sotto il


segno di un abbandono dichiarato all’irrazionale ed
all’imprevedibile — e questo equivale ad ammirare la sua
impotenza. L’azione del caso è di per sé naturalmente
conservatrice e tende a riportare tutto all’alternanza di un
numero limitato di varianti ed all’abitudine. Il caso non è
evocato qui per sé stesso, ma in quanto agente di contro-
condizionamento. L’impiego sistematico del caso è un
“ragionato disordine” del comportamento, secondo il principio
che il decondizionamento non segue un strada diversa dal
condizionamento stesso. In generale, un condizionamento
dominato rivela la faccia nascosta del condizionamento
dominante.

Viviamo dentro una nebbia così spessa che la distinguiamo


appena — come pesci che provassero a comprendere “l’acqua”
—; introduciamo una routine in più, una routine
sufficientemente arbitraria perché possiamo distinguerla e
conseguentemente modificarla come un fumatore che per
smettere di fumare decide di sostituire all’inizio il tabacco con
le caramelle. Avendo scoperto un feticcio, lo voltiamo contro sé
stesso. Bruciare o deturnare le merci non avrebbe alcun senso
per individui che non ne fossero dominati. Ma poiché siamo
realmente stregati dalla merce spettacolo, possiamo
trasformare l’incanto in contro-incanto, il feticcio in talismano.
L’anti-estetica anti-manipolatrice del deturnamento non ha
un’altra base: meno un’immagine è magica, meno possiede
autorità per manipolare l’osservatore (nel caso-limite, la
comunicazione trae esclusivamente il suo potere dalla sua

27
La società del situazionismo ed altri scritti

verità); più un’immagine è magica, più l’autorità già esistente è


utilizzata per denunciare le condizioni che potevano rendere
possibile tale manipolazione. Non ci resta altro da aggiungere
se non che il deturnamento non è fatto per demistificare
soltanto gli altri.

***

“Niente chiarisce meglio un caso quanto l’esporlo a qualcun


altro.”

—Sherlock Holmes

“La cosa più facile è giudicare ciò che ha contenuto e solidità;


già più difficile è afferrarli; ma più difficile ancora è riunirli
entrambi e farne la somma”, come diceva Georg Hegel,
qualche tempo fa, in un’altra prefazione ad un’altra
Fenomenologia. È ben noto che il semplice fatto di buttare giù
una questione sulla carta e provarvi a rispondere, può sovente
aiutare a sbrogliare una matassa di confusioni. (Ad esempio:
“Quali sono gli ostacoli che incontro attualmente in questo
progetto?” “Qual è la mia posizione rispetto a quella teoria? o
rispetto a quella persona?” “Qual è il ruolo di questa o
quell’ideologia nella società presa nel suo insieme?” “Quali
sono le scelte che si offrono ora?” Il segreto risiede in parte
nella chiarificazione intrinseca che deriva dalla concentrazione
su una questione precisa(5), ed in parte nella demistificazione
soggettiva che proviene dall’oggettivazione del problema:
“esprimendo” (oggettivando) i dati, si effettua un

28
La società del situazionismo ed altri scritti

“distanziamento” che permette meglio di venire alle prese con


il problema (ammettendo che si tratti di qualcosa con cui si
possa venire alle prese). Questo processo di oggettivazione è
l’elemento essenziale dell’efficacia soggettiva reale di tutte le
religioni, terapie ed altri programmi di “perfezionamento di sé”
(come, ad esempio, la confessione ad un sacerdote o ad uno
psicoanalista).

La pratica della teoria si preoccupa meno delle vittorie — le


vittorie si prendono cura da sé — che dei problemi. Si tratta
meno di trovare delle soluzioni che di sollevare dei problemi
validi e di porli correttamente. Essa ricerca legami, incroci,
scelte che “facciano la differenza”. Lo scopo della sovversione
non è di confondere le cose ma di chiarirle — ed è
precisamente ciò che fa piombare lo spettacolo dominante in
una tale confusione. Se la sovversione ci sembra estranea lo è
soltanto perché questo mondo è realmente estraneo a noi. Al
contrario della pubblicità, l’ “arte che dissimula l’arte”, il
deturnamento è l’arte che rivela la sua arte, che spiega come è
giunta lì e perché non può restarvi.

Ponendo le vere questioni, forziamo le polarizzazioni più


radicali, e inseriamo il dialogo ad un livello più elevato. È ciò
che fa la nostra “influenza sproporzionata” che rende i nostri
nemici pazzi furiosi. La nostra strategia è una sorta di
“disfattismo rivoluzionario” — incitiamo al rigore ed alla
pubblicità, anche se si applicano in primo luogo contro di noi.
Il nostro metodo consiste nell’esporre i nostri metodi; la nostra
forza viene dal fatto che sappiamo come far contare i nostri
errori.

29
La società del situazionismo ed altri scritti

Se il teorico possiede qualche influenza, la esercita


precisamente a provocare il deperimento di questo stato di
cose. In questo senso, deturna sé stesso, deturna la sua
posizione de facto. Democratizza tutto ciò che lo separa
realmente dagli altri proletari (metodi, conoscenze
specializzate) e demistifica le separazioni apparenti (le sue
realizzazioni sono la prova non delle sue capacità stupefacenti,
ma delle capacità stupefacenti del movimento rivoluzionario
della sua epoca). Gli piacerebbe che le sue teorie si
impadronissero delle masse, che facessero corpo con la teoria
propria delle masse. Ma, ancora più importante, cerca di fare in
modo che anche la sconfitta delle sue teorie contribuisca alla
progressione del movimento che le ha provate e trovate
insufficienti. Anche se la sua teoria della pratica sociale
fallisce, desidera che la maniera in cui pratica socialmente la
teoria sia a sua volta esemplare in sé stessa, ed istruttiva per il
modo in cui espone al grande giorno l’avanzamento di questa
teoria.

Va bene superare, ma è ancora meglio incitare al prorpio


superamento!

Essendo la pratica della teoria la pratica della chiarezza,


qualsiasi individuo che si dica rivoluzionario dovrebbe essere
capace di definire in che cosa consista la sua attività: ciò che ha
fatto, ciò che sta facendo, ciò che si propone di fare. Questa è
una base minima assoluta, senza la quale qualsiasi discussione
sulla teoria, la tattica, ecc., è soltanto uno sproloquio inutile.
Dirsi rivoluzionario per meno di questo è un insulto — non si
dovrebbe mai dover indovinare se qualcuno sta dicendo

30
La società del situazionismo ed altri scritti

cazzate, quali siano le possibilità che compia ciò che ha


vagamente promesso di fare.

La teoria è la “vera confessione” che il proletariato fa a sé


stesso in modo permanente, l’incantesimo che esorcizza i falsi
problemi per porre quelli veri. Soltanto, il proletariato può
“esprimere sé stesso” soltanto nella lotta per i mezzi
d’espressione. Quale che sia la diversità soggettiva di milioni
di miserie distinte e contradittorie, la soluzione è unitaria ed
oggettiva perché la diversità della miseria è mantenuta con
mezzi unitari ed oggettivi. Per il proletariato, “fare la somma”
delle sue condizioni è inseparabile dal regolare i suoi conti con
tutto ciò che, e tutti coloro che, le mantengono.

Il deturnamento affettivo: alternativa alla sublimazione


“Ed ho giocato dei begli scherzi alla follia.”

—Rimbaud, Una stagione all’inferno

Il principale difetto di tutte le psicanalisi — anche quella di


Reich — è di considerare la nevrosi, o il carattere, come un
fenomeno separato, e dunque ammettere implicitamente (anche
come ideale inaccessibile) la possibilità di un “individuo sano”
all’interno della società attuale. Ma attaccare il carattere
nell’isolamento è un tentativo destinato al fallimento, perché il
carattere non funziona nell’isolamento. Per la maggior parte, se
vengono dissolte, le formazioni caratteriali non fanno che

31
La società del situazionismo ed altri scritti

ricostituirsi in una forma leggermente diversa; la sola


alternativa è la pazzia o la morte. Il carattere è la miserabile
difesa del mondo contro la sua miseria. L’esigenza di
dissolvere le difese caratteriali è l’esigenza di dissolvere le
condizioni contro le quali abbiamo bisogno di difese. Non ci
sono psicanalisi rivoluzionarie, c’è soltanto un uso
rivoluzionario della psicanalisi.

Generalmente si ammette da molto tempo che l’attività politica


è spesso soltanto una povera compensazione al fallimento
personale. Ma è anche vero che la nostra attività “personale”
nell’insieme è soltanto una povera compensazione al fallimento
rivoluzionario. Una rimozione rafforza una repressione. La
fissazione caratterologica tende a riprodursi sotto forma di
fissazione ideologica, e viceversa. Un blocco personale rafforza
un blocco teorico. L’ideologia è una difesa contro la
soggettività, ed il carattere una difesa contro la pratica della
teoria.

Una persona che tenta di criticare qualcuno o qualcosa che


prima rispettava, ad esempio, avvertirà spesso le resistenze
edipiche classiche, come se fosse sul punto di uccidere suo
padre; dubbi su di sé, senso di colpa, esitazioni, finendo per
sgonfiarsi all’ultimo momento. Osservate quanto è frequente
che una persona che ha fatto una critica perfettamente giusta, si
senta costretta ad aggiungere delle scuse: “Sono spiacente, l’ho
fatto perché ne ero costretto; ora proverò a rimediare a questo
apportando un contributo positivo.”

32
La società del situazionismo ed altri scritti

deternamento affettivo: attività critica doppiamente-riflessa


soggettivamente, cioè interazione cosciente tra l’attività critica
ed il comportamento affettivo; orientamento di un sentimento,
di una passione, ecc., verso il suo oggetto appropriato, verso
la sua espressione realizzabile ottimale.

La nozione di deturnamento affettivo è indissolubilmente


legata al riconoscimento degli effetti soggettivi del lavoro del
negativo, ed all’affermazione di un comportamento ludico-
distruttivo, cosa che la oppone in ogni punto alle posizioni
classiche della psicanalisi o del misticismo.

Al livello più semplice, il comportamento affettivo e l’attività


critica possono essere opposti uno all’altro, l’uno manipolato in
rinforzo all’altro, senza che ci sia nessuna relazione particolare,
diretta, tra loro (o, almeno, non una relazione cosciente). In
ragione dell’interconnessione delle rimozioni e delle
repressioni, quando il soggetto rompe una costrizione, una
fissazione o un feticcio, i due poli della mistificazione politica
— empirismo ed utopismo — vengono indeboliti
simultaneamente per fare posto alla padronanza pratica degli
eventi. L’effetto di spettacolo è rotto, dissolvendo l’apparenza
d’ineluttabile impotenza o, il che è lo stesso, la nebbia dei
molteplici progetti “possibili” che non saranno mai realizzati.

Reich notava che quando la sua analisi raggiungeva un punto


sensibile, il paziente poteva far risalire alla superficie un
abbondante materiale finora respinto — come trappola, come
distrazione superficiale, come un’ “offerta di corruzione”
dell’analista. Ho scoperto che si può sistemare la propria “auto-

33
La società del situazionismo ed altri scritti

analisi” in un modo tale da gratificarsi di quest’ “offerta”, nelle


forme di una energia e di una lucidità storica temporaneamente
accresciute. Il carattere prevarrà; ma si può sottoporlo ad un
ricatto, fargliela pagare mettendolo al supplizio.

Per contro, alcuni brevi interventi sovversivi possono essere


intrapresi in modo un po’ arbitrario o volontaristico, con la
semplice intenzione di evadere del solco in cui ci si è avviati.

In modo più diretto, e dunque più complesso, il contenuto di un


affetto può essere collegato al contenuto dell’attività critica, la
loro “interazione” si trasforma allora da ostacolo inconsciente
in alleanza cosciente.

Il deturnamento affettivo non pretende di realizzare le passioni,


né di distruggere definitivamente le frustrazioni. Mentre la
sublimazione sostituisce una realizzazione su un piano in
cambio di una non-realizzazione su un altro — sostituzione
caratterizzata dalla rimozione del desiderio originale — il
deturnamento affettivo proclama apertamente che alla sua
origine vi è il desiderio frustrato. Benché il suo scopo sia di
restituire colpo su colpo ciò che causa la frustrazione, è d’altra
parte distinto da ogni sindrome di vendetta (fissazione
sull’oggetto odiato che elimina anche il desiderio originale) per
il fatto che il soggetto domina: l’oggetto particolare
dell’aggressione (se ne ce n’è uno) è considerato come un puro
mezzo.

Quest’amore perduto, questo sogno che si conclude troppo


presto — tutte le occasioni mancate sono altrettanti fatti che

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La società del situazionismo ed altri scritti

richiedono di essere storicamente corretti. Per riprendere una


definizione che è stata applicata al cubismo poetico, il
deturnamento affettivo è una “dissociazione ed una nuova
combinazione di elementi, cosciente e deliberata”, la
giustapposizione di un affetto e di un progetto rivoluzionario
andando fino al punto di superamento di uno o dei due
elementi iniziali. Il superamento può essere una semplice
negazione — un esorcismo degli aspetti disfattisti dell’affetto o
del progetto — o può essere una questione più positiva
d’arricchimento reciproco. È soltanto attraverso una
perversione spettacolare che il desiderio può essere visto come
una cosa che semplicemente “arrivi” a qualcuno, che sia la
presentazione unilaterale di un oggetto fisso ad una persona,
che non deve che aspettare di “averne” il desiderio.
L’espressione “concepire un desiderio” contiene l’idea che
l’individuo partecipi allo sviluppo dei suoi desideri. Ogni
possibilità realizzata esige di essere realizzata ancora di più.
Donando una compagnia storica al vecchio desiderio, il
deturnamento affettivo ne genera un nuovo.

Nulla è più prevedibile del recupero delle nostre tecniche, sotto


forma di sessioni di incontro, ad esempio, o di happening,
dedicate alla terapia “anti-caratteriale” e poste in una
“prospettiva radicale”. (Sarebbe una forma più pura e meno
diffusa dell’ideologia che si cerca attualmente nei tentativi di
“terapia radicale” o di “cultura alternativa”, ideologia che
spiega la popolarità enorme di Reich i cui lavori vengono più o
meno coscientemente considerati come l’anello mancante nella
ricerca di un riformismo psico-sociale realizzabile.) Basta dire

35
La società del situazionismo ed altri scritti

che non è cambiando noi stessi che cambieremo il mondo —


illusione che trova la sua verità nell’impresa stalinista della
“costruzione della società socialista” mediante la costruzione
dell’ “uomo socialista” (secondo il modello di Procuste). Colui
che dichiari che un migliore funzionamento del suo essere è
una vittoria rivoluzionaria non procura che della pubblicità per
il sistema. Il deturnamento affettivo rompe con la nozione di
cura permanente. O la rimozione riappare — come
sfruttamento o come sintomo modificati — o non è mai
scomparsa: chi pretende una liberazione fondamentale
all’interno della società mercantile proclama la sua
fondamentale compatibilità con la reificazione. Illusione della
permanenza o permanenza dell’illusione.

Tutte le tecniche sono permesse, e non soltanto la psicanalisi:


occorre soltanto che partano da una comprensione demistificata
della totalità e che contengano la loro critica. Il deturnamento
affettivo è una battaglia continua e disincantata nelle
condizioni di doppio potere permanente nell’individuo.

Dormienti svegliatevi!
Le forze che vogliono sopprimerci devono inizialmente
comprenderci — e così facendo crollano. L’incoscienza stessa
dello spettacolo lo pone già fino ad un certo punto a nostra
disposizione: come se bruscamente avessimo le città per noi
soli, come un bambino che corre fra le rovine calme di una tela
di De Chirico. Quando deturnate un film, una pubblicità, un
edificio, una stazione di metropolitana, demistificate la loro

36
La società del situazionismo ed altri scritti

apparente inviolabilità; per un momento li dominate; non sono


che dei semplici oggetti, della tecnologia. Ma è proprio vero?
Non avete l’impressione di sentirvi un po’ come a casa fra
loro?

Mettere davanti l’immagine della lotta di classe che ci presenta


come separati dallo spettacolo, cede di fronte al nemico senza
che noi vi ci siamo misurati, perché questa immagine ci separa
dalla nostra essenza. Lo spettacolo non è soltanto l’immagine
della nostra alienazione, è anche la forma alienata delle nostre
aspirazioni reali. Da cui la sua influenza su di noi. Le
immaginazioni compensative traggono il loro potere delle
nostre immaginazioni reali. Di conseguenza, nessun
puritanesimo verso lo spettacolo. Non è un “semplice” feticcio;
è anche un feticcio reale, il che vuol dire che è realmente
magico, è realmente una “fabbrica di sogni”, espropria
realmente l’avventura umana. La passione di Maldoror esprime
perfettamente l’atteggiamento ambivalente da assumere verso
lo spettacolo: abbracciarlo teneramente e francamente e
durante questo tempo, dopo una carezza innamorata e delicata,
strappargli il cuore.

Sperimentiamo ancora nell’oscurità. L’arma più potente che la


società possiede è la sua capacità a di impedirci di scoprire le
armi che noi possediamo già — le loro istruzioni per l’uso.
Dobbiamo praticare un’ “analisi delle resistenze” sulla società
stessa, interpretando soprattutto non il suo contenuto, ma le sue
resistenze “all’interpretazione”. Ogni azione sovversiva è
sperimentale, come il gesticolare di un bambino a moscacieca.
È facendo la storia che si impara a comprenderla; è giocando

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La società del situazionismo ed altri scritti

contro il sistema che si scoprono le proprie debolezze, là dove


reagisce. In ultima analisi, è questo che è realmente questione
nella “deriva”: siamo sicuri che sia una coincidenza che la
critica moderna dell’urbanismo e dello spettacolo sia nata dalle
ricerche “psicogeografiche” degli anni cinquanta? Si impara
più precisamente come il sistema opera osservando come opera
sui suoi più precisi nemici.

Il movimento rivoluzionario è un laboratorio che provvede ai


suoi materiali. Tutte le alienazioni vi riappaiono in una forma
concentrata. I suoi fallimenti sono altrettanti filoni che celano i
minerali più preziosi. Il suo principale compito è sempre quello
di esporre la sua miseria, che sarà continuamente presente, sia
nella forma di semplici ricadute nella miseria dominante del
vecchio mondo che combatte, sia in quella delle nuove miserie
create dai suoi stessi successi stessi. Questo sarà sempre il
“presupposto di ogni critica”. Quando il dialogo si sarà armato,
potremo tentare le nostre possibilità sul terreno del positivo.
Fino a quel momento, il successo di un gruppo rivoluzionario è
triviale o pericoloso. Seguendo in ciò la produzione mercantile,
dobbiamo apprendere a forgiare organizzazioni di cui sia
prevista “l’obsolescenza”. La rivoluzione perde tutte le sue
battaglie, eccetto l’ultima. Il nostro scopo deve essere di fallire
chiaramente, ogni volta, a molte e molte riprese. Tutto ciò che
è frammentario ha il suo posto di riposo, il suo posto nello
spettacolo. Ma la critica che vuole finirla con il Grande Sonno
non deve poter “trovare da nessuna parte il riposo”.

Siate crudeli con il vostro passato e con coloro che vorrebbero


trattenervici.

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La società del situazionismo ed altri scritti

KEN KNABB
Maggio 1974

[NOTE]

1. L’individuo folle scopre questa “unità della vita individuale”


al prezzo del non-intervento. Si pone lui stesso fuori dalla
storia, al di là di ogni possibilità di collaborazione. Occorre del
metodo nella nostra pazzia.

2. nostra: La “Fenomenologia” non è un libro che farò


apparire. Il suo sviluppo è uno dei compiti proletari globali del
decennio prossimo. Per il momento, non siamo per così dire
giunti che al punto di provare a descriverne l’insieme dei
contenuti. I prossimi episodi (studi in profondità, casi di studio,
altre prefazioni, critiche di questa qui presente) saranno fatte
da... chi?

3. “Ma, prima di essere distribuzione dei prodotti, è


distribuzione: 1) strumenti di produzione, e 2) (e questa è
un’altra determinazione dello stesso rapporto) distribuzione dei
membri della società tra i vari tipi di produzione
(subordinazione degli individui a rapporti di produzione
determinati). La distribuzione dei prodotti è manifestamente
soltanto il risultato di questa distribuzione, che è inclusa nel
processo di produzione stesso e determina la struttura della

39
La società del situazionismo ed altri scritti

produzione.” (Marx, Introduzione alla critica dell’economia


politica.)

4. “E’ ridicolo, in effetti! E che la storia sia ricca di cose così


ridicole! Si ripetono in tutti i periodi critici. Non vi è nulla di
stupefacente! Si tratta del passato, si vede tutto con un occhio
favorevole, si riconosce la necessità dei cambiamenti e delle
rivoluzioni che hanno avuto luogo; tuttavia, ci si oppone con
tutti i mezzi alla loro applicazione alla situazione presente. Per
miopia e pigrizia, si trasforma il presente in eccezione alla
norma.” (Feuerbach, Principi della filosofia del futuro.)

5. “La discussione di queste prospettive conduce a porre la


questione: In quale misura l’I.S. è un movimento politico? (...)
Il dibattito raggiunge una certa confusione. Debord propone,
per individuare chiaramente l’opinione della Conferenza, che
ciascuno risponda per iscritto ad un questionario che chiede se
si ritenga che ci siano delle ‘forze nella società sulle quali l’I.S.
può appoggiarsi? Quali forze? In quali condizioni?’ ” (La
Quarta Conferenza dell’I.S. a Londra (settembre 1960), in I.S.
n. 5.)

40
La società del situazionismo ed altri scritti

AVVISO
riguardo la società dominante e coloro che la
contestano

BERKELEY-SAN FRANCISCO — novembre 1974

Considerato,
che “la critica che va al di là dello spettacolo deve saper
attendere”;
Considerato,
che la società spettacolare ci mantiene in una schizofrenia
sociale organizzata, offrendo fantasie utopistiche o nostalgiche
senza conseguenze pratiche, o l’impegno empirico
nell’attualità senza coscienza della totalità;
che quest’organizzazione dominante della confusione trova la
sua espressione naturale, ed il suo rafforzamento, nel
movimento stesso che mira ad opporvisi — nella forma
organizzativa astratta che precede il suo contenuto o
nell’associazione concreta che resta inconsapevole della sua
forma;
Considerato,
che la critica incessante del milieu rivoluzionario, lontano
dall’essere un atteggiamento meschino o “settario”, è una
tattica centrale, poiché questo milieu tende a riprodurre in sé
stesso, in forma concentrata, le principali contraddizioni e
miserie della società dominante che combatte;
il nostro disprezzo per quasi tutte le organizzazioni radicali
esistenti, che, presentando sé stesse come leadership da seguire
o come esempio di uno stile migliorato di vita da imitare,
generano illusioni sulla possibilità di un cambiamento
fondamentale senza il rovesciamento completo di tutte le

41
La società del situazionismo ed altri scritti

condizioni esistenti, la negazione dell’economia mercantile e


dello Stato;
Considerato,
che la prossima rivoluzione esige che, per la prima volta nella
storia, le masse proletarizzate sviluppino la coscienza pratica
della loro lotta, non mediata da capi o specialisti;
che un secondo attacco internazionale contro la società di
classe, che è cominciato in modo diffuso negli anni ’50 e che
ha ottenuto la sua prima vittoria decisiva nelle lotte aperte della
fine degli anni ’60, sta già entrando in una nuova fase, gettando
via le illusioni e le imitazioni dei fallimenti di mezzo secolo fa
per iniziare a confrontarsi con i suoi veri problemi;
che negli Stati Uniti, dopo un decennio di lotte diffuse, che
mettono in dubbio tutti gli aspetti della società moderna ma per
la maggior parte a partire da prospettive ingenue o separatiste,
ora sono i lavoratori stessi che iniziano a lottare
autonomamente contro il regno della separazione, contro
l’istituzione del lavoro ed il suo rovescio, gli svaghi alienati
consumati passivamente;
che mentre qui la nuova lotta di classe non è rimasta indietro
rispetto a quelle che avevano luogo negli altri paesi
industrializzati moderni, la sua coscienza di sé stessa è rimasta
indietro (il fatto che non ci si può ancora procurare i principali
testi dell’Internazionale Situazionista nella più avanzata società
spettacolare non è che l’espressione più eclatante di questo
sottosviluppo teorico);
che i proletari devono confrontarsi con l’immensità dei loro
compiti, i compiti di una rivoluzione che questa volta dovranno
condurre loro stessi;
che se siamo “difficili da comprendere”, non è perché il nostro
linguaggio è inutilmente complesso, ma perché i problemi del
movimento rivoluzionario moderno sono necessariamente

42
La società del situazionismo ed altri scritti

complessi; e che è il progresso stesso di questa lotta verso il


momento della semplificazione radicale della questione sociale
che inizia a renderci meno difficili da comprendere;
Considerato,
che un’organizzazione rivoluzionaria non può in alcun modo
essere da sé un’alternativa alla società dominante; che finché le
masse non hanno creato le condizioni per la costruzione di una
vita sociale liberata, impadronendosi e trasformando la
tecnologia materiale ed rovesciando ogni autorità esterna a sé
stesse, ogni realizzazione radicale positiva tende ad essere
recuperata nel sistema come riforma reale o come rivoluzione
spettacolare;
che la funzione dell’organizzazione rivoluzionaria come quella
della teoria e della pratica rivoluzionaria in generale è
fondamentalmente negativa, critica, attaccando gli ostacoli alla
realizzazione delle condizioni di una creatività sociale positiva;
che se devono essere realizzate in pratica, le tendenze e le
divergenze teoriche devono essere tradotte in questioni
organizzative;
Considerato,
che la pratica della teoria comincia a casa propria;
Noi dichiariamo,
che non costituiamo un’organizzazione rivoluzionaria
permanente, formale o informale, anche qualora alcuni fra noi
dividano o abbiano diviso la stessa casella postale;
che ciascuno di noi, scrivendo un testo o traducendo un testo di
un altro, parla al movimento rivoluzionario soltanto a nome
proprio, per quanto le basi generali della teoria rivoluzionaria
moderna siano riconosciute da tutti noi;
che se alcuni di noi hanno discusso o anche collaborato ad
alcuni progetti, abbiamo spesso evitato tali discussioni o
collaborazioni, preferendo l’uno o l’altro di noi fare da sé i

43
La società del situazionismo ed altri scritti

propri errori piuttosto che contare sulla protezione dei buoni


consigli dei suoi compagni;
che nella misura in cui ci associamo tra noi o con altri,
definiamo le modalità e delimitiamo l’ambito di tale
collaborazione; mirando sempre ad incitare le correnti radicali
al rigore e all’autonomia, rifiutiamo il contatto con quelli che
hanno scopi contrari o con quelli che mancano delle basi
concrete per tale collaborazione;
che la decisione di proseguire indipendentemente le nostre
rispettive attività è basata su considerazioni particolari e non su
un qualunque anti-organizzazionismo spontaneista;
che queste considerazioni comprendono: il desiderio di
ciascuno di noi di sviluppare il massimo d’autonomia teorico-
pratica; il desiderio di favorire lo sviluppo di strategie distinte
in una rivalità proficua; lo stato della lotta per la teoria pratica
in questo momento e in questo luogo;
che questa decisione è suscettibile di cambiamento quando la
realtà delle nostre situazioni o del movimento rivoluzionario
avrà reso possibili ed avrà definito forme d’associazione più
appropriate ai compiti che ci diamo.
TITA CARRIÓN, ROBERT COOPERSTEIN, ISAAC
CRONIN,
DAN HAMMER, KEN KNABB, GINA ROSENBERG,
CHRIS SHUTES

44
La società del situazionismo ed altri scritti

Allora.
Pensate di avere qualcosa di comune con noi (oltre alla miseria
che ognuno condivide)... Vedete qualcosa di interessante in ciò
che diciamo... Cose che voi stessi avete già pensato... Vi
togliamo le parole dalla bocca...
Non datevi la pena di farcelo sapere.
Smettetela di inviarci i vostri inutili elogi, le vostre opinioni
oziose, le vostre noiose questioni, le vostre vane richieste di
incontrarci. Non vogliamo sentir parlare del vostro “accordo”
con noi finché non sbocca su qualcosa di pratico.
Pensate di avere qualcosa in comune con noi? Provatelo.

45
La società del situazionismo ed altri scritti

La società del situazionismo


“Il sistema di consumo mercantile, anche se una teoria
situazionista costituita non fosse mai esistita come possibile
fonte d’ispirazione, contiene implicitamente il suo
situazionismo.”
—Daniel Denevert, Teoria della miseria, miseria della teoria

1
Il secondo attacco del proletariato contro la società di classe è
entrato nella sua seconda fase.

2
La prima fase, che è cominciata in modo diffuso negli anni ’50
e che ha raggiunto il suo punto culminante con le lotte aperte
della fine degli anni ’60, ha trovato la sua espressione teorica la
più avanzata nell’Internazionale Situazionista. Il situazionismo
è l’ideologizzazione diretta o implicita della teoria
situazionista, nel movimento rivoluzionario e nella società nel
suo insieme.

3
L’I.S. ha teorizzato tutto il movimento mondiale nel momento
stesso in cui partecipava a questo stesso movimento, facendo
“passare l’aggressività dei blousons noirs sul piano delle idee”,
e dando un’implicazione pratica immediata alle sue posizioni
teoriche. Presentava così un modello al movimento
rivoluzionario, non soltanto nella forma delle sue conclusioni,
ma anche mostrando con l’esempio il metodo della negazione
permanente; ed è in questo stesso metodo che si trova la
ragione per la quale le sue conclusioni furono quasi sempre
giuste.

46
La società del situazionismo ed altri scritti

4
Generando in molti dei suoi partigiani le stesse esigenze che
praticava essa stessa, e forzando i meno autonomi a diventare
autonomi almeno riguardo ad essa, l’I.S. dimostrò che sapeva
educare rivoluzionariamente. Nello spazio di alcuni anni, si è
assistito ad una democratizzazione dell’attività teorica, che non
era stata raggiunta — ammesso che sia stata ricercata — nel
vecchio movimento in un secolo. Marx ed Engels non sono
riusciti a suscitare dei rivali; nessuna delle correnti del
marxismo ha mantenuto la prospettiva unitaria di Marx.
L’osservazione di Lenin nel 1914 che “nessuno dei marxisti
dopo mezzo secolo aveva compreso Marx” è in realtà una
critica della teoria di Marx, non perché fosse troppo difficile,
ma perché non aveva riconosciuto e calcolato la sua relazione
con la totalità.

5
La natura stessa degli errori dei situazionisti — esposti e
criticati da loro senza alcuna pietà — è una conferma dei loro
metodi. I loro fallimenti, come i loro successi, servono a
mettere a punto, chiarire e forzare delle decisioni. Nessun’altra
corrente radicale nella storia aveva conosciuto un tale grado di
dibattito teorico pubblico intenzionale. Nel vecchio movimento
proletario, la polarizzazione teorica conseguente costituiva
sempre l’eccezione, l’esplosione che seguiva era contraria alle
intenzioni dei teorici stessi, e si arrivava a ciò soltanto come
ultima risorsa, quando il mantenimento di un’unità fittizia non
era ovviamente più possibile. Marx ed Engels hanno lasciato
passare l’occasione di dissociarsi pubblicamente dal
Programma di Gotha perché “questi asini di giornali borghesi
hanno preso questo programma molto seriamente, vi hanno
letto ciò che non contiene e lo hanno interpretato come

47
La società del situazionismo ed altri scritti

comunista; ed i lavoratori sembrano fare lo stesso” (Engels a


Bebel, 12 ottobre 1875). Così, difendendo con il silenzio un
programma contro i suoi nemici, lo hanno difeso anche contro i
suoi amici. Quando Engels diceva nella stessa lettera “se la
stampa borghese avesse contato un solo individuo con spirito
critico, avrebbe smontato questo programma frase per frase,
avrebbe esaminato il contenuto reale di ogni frase, avrebbe
dimostrato il suo non senso con la più grande chiarezza,
avrebbe rivelato le sue contraddizioni ed i suoi spropositi
economici (...) ed avrebbe reso l’intero nostro partito
terribilmente ridicolo”, descriveva come una deficienza della
stampa borghese ciò che effettivamente era una deficienza del
movimento rivoluzionario del suo tempo.

6
L’espressione concentrata della sovversione storica attuale è
diventata decentralizzata. Il mito monolitico dell’I.S. è saltato
per sempre. Durante la prima fase, questo mito aveva una certa
base oggettiva: al livello in cui operava, l’I.S. non aveva seri
rivali. Ora, si assiste ad un confronto pubblico ed
internazionale di teorie e di ideologie situazioniste autonome
che nessuna tendenza riesce a monopolizzare. Qualsiasi
ortodossia situazionista ha perso il suo punto di riferimento
centrale. A partire da questa fase, ogni situazionista, o presunto
tale, deve seguire la sua strada.

7
Le prime critiche del situazionismo sono rimaste
fondamentalmente astoriche. Misuravano la povertà teorica dei
pro-situs rispetto alla teoria della prima fase. Vedevano bene la
miseria soggettiva e le contraddizioni interne di questo milieu,
ma non la sua posizione in relazione alla somma dei vettori
teorici e pratici di un momento dato; non hanno colto questa

48
La società del situazionismo ed altri scritti

“prima applicazione non dialettica” come la debolezza


qualitativa dell’insieme, come un necessario “momento del
vero”. Anche Le tesi sull’I.S. ed il suo tempo — che sono per
tanti riguardi l’espressione sommaria della prima fase nel suo
punto di transizione con la seconda — hanno appena accennato
all’aspetto propriamente storico del situazionismo.

8
Ad ogni tappa della lotta, la realizzazione parziale della critica
genera un nuovo punto d’equilibrio proprio con la società
dominante. La teoria sfuggendo ai suoi formulatori, tende,
attraverso la sua autonoma inerzia ideologica, a formularsi in
tutte le permutazioni e combinazioni possibili; ma soprattutto
in quelle che riflettono gli sviluppi e le illusioni nuove del
momento. Presi nella transizione dalla prima alla seconda fase,
i pro-situazionisti del “riflusso del dopo-maggio”
personificavano l’inerzia di una teoria confermata.
Quest’inerzia ideologica — attraverso la quale i partigiani della
teoria situazionista hanno affrontato in modo lacunoso i nuovi
sviluppi nella loro pratica, in quella del proletariato ed in quella
della società nel suo insieme — ha misurato la debolezza del
movimento situazionista; mentre la rapidità, senza precedenti
nella storia, con la quale si generava la sua negazione interna
— sabotandosi da sé stesso per sostenere un’esplosione che gli
era già sfuggita e preparare il terreno per una nuova fase —
conferma la sua verità fondamentale.

9
I pro-situazionisti hanno visto le questioni della seconda fase
nei termini della prima. Trattando le nuove lotte dei lavoratori,
diffuse e relativamente coscienti, come atti nichilisti isolati di
un’epoca anteriore alla quale sarebbe mancato soprattutto la
proverbiale “coscienza di ciò che hanno già fatto”, i pro-situs

49
La società del situazionismo ed altri scritti

hanno soltanto mostrato che mancava loro la coscienza di ciò


che altri stavano già facendo, e la coscienza di tutto ciò che
mancava effettivamente ancora. In ogni lotta, vedevano la
stessa semplice conclusione totale ed identificavano il
progresso della rivoluzione con l’appropriazione di questa
conclusione da parte del proletariato. Così, concentrando
astrattamente l’intelligenza della pratica umana al di sopra del
processo complesso dello sviluppo della lotta di classe, gli
attivisti pro-situs furono i candidati bolscevizzanti di un
fantasioso colpo della coscienza di classe; hanno sperato con
questa scorciatoia di far passare nella realtà il loro programma
consiliarista, di cui hanno trascurato le implicazioni per la loro
incomprensione o per la loro impazienza.

10
L’I.S. non si è applicata fino ad applicare la sua teoria
nell’attività stessa della formulazione di questa teoria, benché
la natura stessa di questa teoria abbia implicato la necessità
della sua democratizzazione ed abbia così messo la questione
all’ordine del giorno. Nel dopo-maggio, né l’I.S., né la nuova
generazione di ribelli che aveva ispirato, non avevano
realmente esaminato il processo della produzione teorica, né
nei suoi metodi, né nelle sue ramificazioni soggettive, oltre ad
alcuni procedimenti vaghi ed empirici. Il contraccolpo della
realizzazione parziale della teoria situazionista li ha spinti,
senza difese, dal delirio megalomane all’incoerenza, in una
serie di reazioni a catena di rotture senza contenuto,
nell’impotenza, e finalmente, fino alla rimozione in massa di
tutta l’esperienza senza che si siano mai chiesti ciò che gli
stava accadendo.

11

50
La società del situazionismo ed altri scritti

Anche se l’I.S. ha attirato molti partigiani poco preparati, il


fatto stesso che tanta gente senza esperienza particolare della
politica rivoluzionaria, né alcuna attitudine o gusto per essa,
abbia pensato di trovare nell’attività situazionista un terreno
dove potrebbe impegnarsi in maniera autonoma e conseguente,
è una conferma della radicalità della teoria e dell’epoca. Se il
milieu situazionista ha manifestato tante pretese ed illusioni,
ciò era soltanto il normale effetto collaterale della prima
vittoria di una critica che ha fatto esplodere tante pretese della
società dominante, e tante illusioni su di essa.

12
Nella misura in cui le ideologie ostili della prima fase hanno
deliberatamente mascherato tutto ciò che aveva rapporto con i
situazionisti — compresi i concetti più esplicitamente associati
a loro — la scoperta ulteriore della critica situazionista aveva
quest’effetto inverso ed esagerato di conferire ai situazionisti
un monopolio apparente della comprensione radicale della
società moderna e della sua opposizione. Di qui il carattere
brusco, fanatico, di una improvvisa conversione religiosa che
ha rivestito l’adesione alla critica situationniste (che spesso ha
dato luogo ulteriormente, con un atteggiamento esattamente
simmetrico, ad un rifiuto di questa in toto). Al contrario, il
giovane rivoluzionario che ora aderisce alle posizioni
situazioniste tende ad essere meno incline a quest’eccesso
fanatico, proprio perché le diverse sfumature della lotta
situazionista e del suo recupero sono diventate un aspetto
familiare del suo mondo.

13
Nel contesto della seconda fase, la rivoluzione non è più un
fenomeno apparentemente marginale, ma un fenomeno
visibilmente centrale. I paesi sottosviluppati hanno perso il loro

51
La società del situazionismo ed altri scritti

apparente monopolio della contestazione; ma le rivoluzioni non


si sono fermate, sono semplicemente diventate moderne, e
somigliano sempre più alle lotte nei paesi progrediti. La società
che proclamava il suo benessere è ora ufficialmente in crisi. I
gesti di rivolta un tempo isolati contro una miseria essa stessa
apparentemente isolata, ora sanno di essere generali,
proliferano, straripano e scoraggiano ogni sforzo per contarli. Il
1968 fu il momento in cui i movimenti rivoluzionari iniziarono
a vedersi in compagnia internazionale, ed è questa nuova
visibilità mondiale che ha fatto definitivamente volare in pezzi
le ideologie che vedevano la rivoluzione ovunque, eccetto nel
proletariato. Il 1968 fu anche l’ultimo momento in cui le rivolte
importanti potevano sembrare rivolte di studenti.

14
Il proletariato ha iniziato ad agire da sé, ma finora solo appena
per sé. Le rivolte continuano, come durante gli ultimi
cent’anni, come reazioni soprattutto difensive: appropriazione
delle fabbriche abbandonate dai loro proprietari, o
appropriazione delle lotte abbandonate dai loro dirigenti (in
particolare nei periodi di dopo-guerra). Se dei settori del
proletariato hanno iniziato a parlare per sé stessi, devono
ancora elaborare un programma internazionalista francamente
rivoluzionario, ed esprimere effettivamente i loro scopi e le
loro tendenze in modo internazionale. Se questi settori del
proletariato fungono già da esempio ai proletari di altri paesi, è
ancora attraverso la mediazione de facto dei gruppi radicali, e
dell’informazione spettacolare.

15
Quest’ideologia della prima fase che insisteva sulla
realizzazione concreta del cambiamento radicale senza cogliere
il negativo o la totalità, ha trovato la sua realizzazione nella

52
La società del situazionismo ed altri scritti

proliferazione di quelle che sono state chiamate le istituzioni


parallele. L’istituzione parallela differisce dal riformismo
classico essendo soprattutto un riformismo immediato ed
autogestito, che non attende lo Stato. Recupera l’iniziativa e
l’energia dei piccoli malcontenti, ed è un indicatore sensibile
dei difetti del sistema e delle loro soluzioni possibili. La
produzione parallela — il cui sviluppo in margine all’economia
ricapitola lo sviluppo storico della produzione mercantile —
svolge la funzione di correttivo free-enterprise all’economia
burocratizzata. Ma la democratizzazione e la
“autogestionarizzazione” delle strutture sociali, benché
generatrici di illusioni, sono anche un fattore favorevole allo
sviluppo della critica rivoluzionaria. Lasciano dietro di sé le
questioni superficiali della lotta, mentre preparano un terreno
più sicuro e più facile a partire dal quale è possibile volgersi a
quelle essenziali. Le contraddizioni nella produzione fondate
sulla partecipazione democratica, e nella distribuzione parallela
rendono facile il deturnamento dei loro beni e dei loro mezzi, al
punto da permettere delle “Strasburgo delle fabbriche” quasi-
legali.

16
La nozione hippie di trip esprime il fatto che quando le merci
diventano più abbondanti, più adattabili e più disponibili, la
merce particolare si svalorizza a favore dell’insieme. Non si
trova nel trip una merce o un’idea particolari, ma un principio
d’organizzazione che permette di selezionare fra tutte le merci
e tutte le idee. Per contrasto con il blocco di tempo in cui “tutto
è compreso”, che è ancora venduto come una merce distinta, il
carattere di merce del trip che è indefinitamente ampio (arte,
artigianato, passatempi, manie, sottoculture, stili di vita,
progetti sociali, religioni), e che comporta un complesso più
flessibile di merci e di stars, è nascosto dietro l’attività quasi

53
La società del situazionismo ed altri scritti

autonoma che l’individuo ha l’impressione di dominare. Il trip


esprime il momento in cui lo spettacolo è diventato così
sovrasviluppato che diviene partecipativo. Trova l’attività
soggettiva che manca allo spettacolo, ma si scontra con i limiti
del mondo dominato dallo spettacolo; limiti che sono ancora
assenti nello spettacolo finché resta separato dalla vita
quotidiana.

17
L’indebolimento dell’impero esclusivo del lavoro, e
l’estensione di conseguenza dello svago e della sua
frammentazione, danno luogo alla nascita del dilettantismo
sempre più esteso della società moderna. Lo spettacolo
presenta l’agente segreto che sa a quale preciso grado di
temperatura il saké deve essere servito, ed inizia le masse alle
tecniche della vita esotica ed ai piaceri sofisticati prima
riservati alle classi superiori. Ma il “nuovo uomo del
Rinascimento” di cui lo spettacolo celebra l’elogio resta ancora
lontano dal controllo della propria vita. Quando lo spettacolo
diventa sovrasviluppato e vuole disfarsi della miseria e
dell’unilateralità della sua origine, riconosce semplicemente di
non essere che un parente povero del progetto rivoluzionario.
Può moltiplicare i divertimenti e renderli più partecipativi, ma
la loro base mercantile li respinge inevitabilmente nella matrice
del consumo. Degli individui isolati possono, in una caricatura
di Fourier, riunirsi sulla base di sfumature sempre più precise
di gusti spettacolari comuni, ma questi legami li lasceranno
nonostante tutto distinti gli uni dagli altri e dalla totalità
sociale; e l’attività appassionata ricercata affonderà nella sua
trivialità. Il nuovo cosmopolita resta storicamente provinciale.

18

54
La società del situazionismo ed altri scritti

All’insoddisfazione crescente, suscitata dalla sua tendenza


verso l’uniformità del minimo comune denominatore, lo
spettacolo risponde diversificandosi. Le lotte sono incanalate in
lotte per un posto nello spettacolo; ciò conduce allo sviluppo
semi-autonomo di diversi spettacoli destinati a gruppi sociali
specifici. Ma il potere singolare di uno spettacolo gli viene
soltanto dall’essere stato posto per un momento al centro della
vita sociale. Così l’incremento delle scelte spettacolari riduce
al tempo stesso il potere spettacolare, che dipende
dall’importanza e dall’asservimento totalitario della pseudo-
comunità che lo spettacolo riunisce. Lo spettacolo deve
contraddittoriamente essere tutto per tutti gli uomini
individualmente, e riaffermarsi continuamente come loro unico
ed esclusivo principio d’unificazione.

19
Lo spettacolo risuscita ciò che è morto, importa ciò che è
straniero, reinterpreta ciò che esiste. Il tempo necessario
perché una cosa acquisisca il giusto grado di banalità barocca
per essere “retro” diminuisce continuamente; l’originale è
lanciato sul mercato simultaneamente alla sua caricatura, dalla
quale spesso si può appena distinguere; le discussioni sulle
opere artistiche si circoscrivono sempre di più intorno ad
un’unica questione intesa ad accertare se una certa è una
parodia o no. Ciò esprime il disprezzo crescente per lo
spettacolo culturale avvertito dai suoi produttori e dai suoi
consumatori. La società produce uno smaltimento sempre più
rapido di stili e ideologie, pervenendo a un delirio che non
sfugge a nessuno. Nella misura in cui tutte le permutazioni e
combinazioni possibili sono utilizzate, le miserie e le
contraddizioni individuali si fanno conoscere, e la forma
comune che soggiace ai diversi contenuti inizia a distinguersi;
“cambiare illusione ad un ritmo accelerato dissolve poco a

55
La società del situazionismo ed altri scritti

poco l’illusione del cambiamento”. Con l’unificazione


mondiale esercitata dallo spettacolo, diventa sempre più
difficile idealizzare un sistema perché è in una regione diversa
del mondo; ed la circolazione mondiale delle merci e quindi
delle persone rende sempre più vicino lo storico incontro dei
proletariati dell’Est e dell’Ovest. Il riciclaggio permanente
della cultura essicca e dissolve tutte le vecchie tradizioni per
lasciare spazio soltanto alla spettacolare “tradizione del
nuovo”. Ma il nuovo perde la sua novità, e l’impazienza della
novità generata dallo spettacolo può trasformarsi in impazienza
di realizzare e distruggere lo spettacolo, la sola idea che resta in
permanenza realmente “nuova e diversa”.

20
Poiché la teoria situazionista è una critica di tutti gli aspetti
della vita alienata, le sfumature diverse dei situazionismi
devono riflettere, in una forma concentrata, le illusioni generali
della società; le difese ideologiche generate dai situazionisti
prefigurano le difese ideologiche del sistema.

21
La teoria situazionista ha chiuso il cerchio quando la sua critica
della vita quotidiana arriva a fornire il vocabolario sofisticato
per una giustificazione dello statu quo. Ad alcuni individui
sono state rimproverate la mancanza di “attitudine al
godimento”, di “senso del gioco” o anche di “soggettività
radicale”, perché hanno espresso la loro insoddisfazione verso
gli pseudo-piaceri autocompiacenti nell’ambiente situazionista;
inoltre sono stati accusati di “volontarismo” o di
“militantismo” per avere proposto concretamente dei progetti
radicali o attività più sperimentali del solito.

56
La società del situazionismo ed altri scritti

22
Il vaneigemismo è una forma estrema dell’anti-puritanesimo
moderno che deve fingere di prendere piacere da ciò che è
supposto darne. Come il cittadino che afferma la sua preferenza
per “la vita in campagna” benché, per una ragione o per
un’altra, non ci vada mai, e che, quando ci vada, si annoi presto
e ritorni in città, il vaneigemista deve fingere il piacere perché
la sua attività è per definizione “appassionnante”, anche
quando quest’attività è in realtà noiosa o inesistente. Facendo
sapere a tutti che “rifiuta il sacrificio” e che egli “chiede tutto”,
non differisce dall’uomo delle pubblicità che “esige il meglio”,
se non per il grado delle sue pretese e per il suo riconoscimento
ideologico — spesso appena più che simbolico — degli
ostacoli che incontra sulla via della sua realizzazione totale.
Dimenticando l’insoddisfazione e la noia quando sono
denunciate in modo noioso, nel momento in cui anche le
ideologie più retrograde diventano sinceramente pessimiste ed
autocritiche nella loro decomposizione, il vaneigemista
presenta un’immagine effettiva di soddisfazione del presente.

23
L’egoismo ideologico vaneigemista considera come essenza
radicale dell’umanità la condizione più alienata dell’umanità,
che si rimproverava alla borghesia che “non lasciava esistere
un altro legame tra l’uomo e l’uomo al di fuori del freddo
interesse”; differendo solo casualmente dalla versione borghese
che prevede mezzi diversi di realizzazione per questo
agglomerato di ego isolati. Questa posizione è smentita
dall’esperienza storica reale delle rivoluzioni, e spesso anche
dalle azioni di quelli che la invocano.

24

57
La società del situazionismo ed altri scritti

Lo spirito critico dei situazionisti, come pure la loro


“arroganza” calcolata ed il loro utilizzo spesso adeguato degli
insulti — una volta usciti dal contesto della lotta attiva per
cambiare la vita — trovano un posto naturale in un mondo in
cui tutti sono presentati con uno spettacolo d’inferiorità, e dove
ciascuno è incoraggiato a pensare che sia “diverso”; dove ogni
turista cerca di evitare “i turisti” e dove ogni consumatore si
vanta di non di credere alle pubblicità (illusione di superiorità
spesso intenzionalmente programmata nei messaggi
pubblicitari, per facilitare la penetrazione simultanea e
subconscia del messaggio principale). L’individuo pseudo
critico afferma, attraverso le sue critiche disdegnose e senza
conseguenze, la sua superiorità statica sugli altri individui che
hanno illusioni più semplici o almeno differenti. Lo humour
situazionista — prodotto dalla contraddizione tra le possibilità
latenti dell’epoca e la sua assurda realtà — una volta che cessa
di essere pratico, si avvicina semplicemente allo humour
popolare medio di una società in cui il buon spettatore è
largamente soppiantato dallo spettatore cinico.

25
Come reinvestitori delle ricchezze culturali del passato, i
situazionisti, una volta che si è perso l’uso di queste ricchezze,
si ricongiungono alla società spettacolare come semplici
promotori di cultura. Il processo della rivoluzione moderna —
la comunicazione che contiene la sua critica, il dominio
permanente del presente sul passato — si innesta al processo di
una società che dipende dallo smaltimento permanente delle
merci, dove ogni nuova menzogna critica le menzogne
precedenti. Il fatto che un’opera abbia qualcosa a vedere con la
critica dello spettacolo — perché contiene un elemento di
“radicalità autentica” o rappresenta un momento della
decomposizione dello spettacolo che è stato teoricamente

58
La società del situazionismo ed altri scritti

esposto — è appena svantaggioso per essa dal punto di vista


dello spettacolo. Sebbene i situazionisti abbiano ragione a
segnalare gli elementi deturnabili dei loro predecessori,
simultaneamente guadagnano per loro un posto nello spettacolo
che, poiché il qualitativo gli manca così crudelmente, fa buona
accoglienza all’affermazione che si può trovare qualcosa sul
mercato fra le merci culturali. Il frammento deturnato è
riscoperto come frammento; quando l’uso sparisce, il consumo
rimane; i deturnatori sono deturnati.

26
Un concetto così vitale quanto quello di situazionista conosce
necessariamente nello stesso tempo gli usi più veri e più
menzogneri, con una moltitudine di confusioni intermedie.

27
Come con altri concetti teorici fondamentali, non si può
eliminare la confusione interessata che si applica al concetto di
situazionista eliminando l’etichetta di situazionista. Le
ambiguità di questo termine riflettono le ambiguità della critica
situazionista stessa, al tempo stesso separata della società che
combatte e facendone parte, al tempo stesso partito separato e
negazione di questa separazione. L’esistenza di un “milieu
situazionista” distinto, che è sia concentrazione sociale della
coscienza rivoluzionaria avanzata che personificazione sociale
del situazionismo concentrato, esprime le contraddizioni dello
sviluppo ineguale della lotta cosciente in quest’epoca. Anche se
essere esplicitamente situazionista può essere appena la
garanzia di una pratica intelligente, non esserlo praticamente è
una garanzia di obiettivi di falsificazione, o di un’ignoranza
sempre più difficile da mantenere involontariamente. Lo
“spettacolo” sarà considerato come un concetto specificamente
situazionista, finché sarà considerato soltanto come un

59
La società del situazionismo ed altri scritti

elemento periferico tra gli altri della società. Ma quando questa


società respinge simultaneamente i suoi aspetti centrali e la
teoria che li ha articolati più radicalmente, e pensa così di
prendere due piccioni con una fava trattando insieme questi
due elementi della realtà che non si lasciano ridurre in
categorie, essa conferma la loro reale unità; come quando, ad
esempio, la bibliografia di un lavoro associa in una stessa
rubrica “vita quotidiana, società di consumo e temi
situazionisti”.

28
Per l’I.S., l’etichetta situazionista è servita a decidere tra
l’incoerenza dominante ed un’esigenza nuova. L’importanza di
questo termine deperisce nella misura in cui le nuove esigenze
sono in gran parte conosciute e praticate, nella misura in cui il
movimento proletario diventa situazionista. Tale etichetta
facilita anche la categorizzazione spettacolare di ciò che
rappresenta. Ma questa categorizzazione espone nello stesso
tempo la società alla coerenza delle diverse posizioni
situazioniste che un’etichetta unica rende possibile; il lato della
barricata a favore del quale tenderà questa bilancia dipende
dall’insieme dei significati posseduti dal termine in un
momento dato. È l’incisività del termine che è in gioco nei
diversi confronti per sapere se qualcuno o qualcosa è
situazionista; è una vittoria considerevole di questa incisività il
fatto che il termine “pro-situazionista” sia stato riconosciuto
universalmente come peggiorativo. Benché la loro associazione
all’etichetta non possa servire a difendere degli atti, in un certo
senso gli atti dei situazionisti difendono il termine
“situazionista”, contribuendo a presentarlo come una bomba
troppo concentrata e troppo pericolosa perché la società vi
giochi. Così, la società che presenta con poche difficoltà alcuni
dei suoi settori come “comunisti”, “marxisti” o “libertari” trova

60
La società del situazionismo ed altri scritti

ancora impossibile o imprudente presentare uno dei suoi aspetti


come “situazionista”, mentre lo avrebbe certamente già fatto se
per esempio un senso “nashista” (opportunista e neo-artistico)
del termine fosse prevalso.

29
Ai suoi inizi, quando nessun’altra le si avvicinava, la critica
situazionista sembra così intrinsecamente anti-ideologica ai
suoi difensori, che difficilmente possono immaginare un
situazionismo, che non sia un’enorme menzogna o un
malinteso. “Non c’è situazionismo”, è una “parola priva di
senso” dichiara l’Internazionale Situazionista n. 1. Una
semplice distinzione basta a difendere il termine dal cattivo
uso. La Quinta conferenza dell’I.S. decide che tutti i lavori
artistici prodotti dai suoi membri devono essere esplicitamente
definiti “anti-situazionisti”. Ma la critica situazionista, che si
oppone per definizione alla sua ideologizzazione, non può
definitivamente o assolutamente separarsene. L’I.S. scopre una
tendenza “infinitamente più pericolosa della vecchia
concezione artistica contro cui abbiamo tanto lottato. Era più
moderna quindi meno evidentemente chiara (...) Il nostro
progetto si è formato contemporaneamente alle tendenze
moderne all’integrazione. Vi è quindi un’opposizione diretta,
ed anche una certa somiglianza, in quanto siamo realmente
contemporanei (...) noi siamo obbligatoriamente sulla stessa via
dei nostri nemici — quasi sempre davanti a loro” (I.S. n. 9).

30
È notorio che l’intelligentsia moderna ha spesso utilizzato
alcuni elementi della teoria situazionista; un tempo senza
riconoscerlo, più recentemente riconoscendolo spesso (un tale
plagio è divenuto molto difficile da mascherare, ma allo stesso
tempo l’associazione spettacolare con i situazionisti aumenta il

61
La società del situazionismo ed altri scritti

prestigio di questo plagio, più di quanto la rivelazione della sua


dipendenza verso di loro non lo diminuisca). Ma ancora più
significative sono le molte manifestazioni teoriche ed
ideologiche che, senza alcuna influenza diretta dei situazionisti,
ed anche senza conoscere la loro esistenza, sono
ineluttabilmente condotte verso le stesse questioni e le stesse
formulazioni, perché quest’ultime non sono nient’altro che gli
aspetti fondamentali intrinseci della società moderna e delle
sue contraddizioni.

31
Nella misura in cui la teoria situazionista si sviluppa e si
approfondisce, la società moderna deve recuperarne sempre
maggiori elementi; semplicemente per comprendere un minimo
del suo funzionamento e della sua opposizione, o per costruire
lo spettacolo che rifletterà ciò che è più generalmente
desiderato; altrimenti, respingendo l’esistenza di questa teoria,
si espone ai suoi “angoli ciechi” che crescono di conseguenza.

32
Tutto ciò che l’I.S. ha detto sull’arte, il proletariato, la vita
quotidiana, l’urbanismo, lo spettacolo, si trova oggi sparso
ovunque, meno l’essenziale. Nell’anarchia del mercato
ideologico, le ideologie particolari incorporano elementi della
teoria situazionista, separandoli dalla loro totalità concreta; ma
se si considerano queste manifestazioni nel loro insieme, esse
riuniscono effettivamente questi elementi come una totalità
astratta. Tutta l’ideologia modernista, presa in blocco,
costituisce il situazionismo.

33

62
La società del situazionismo ed altri scritti

Il situazionismo è il furto dell’iniziativa al movimento


rivoluzionario, la critica della vita quotidiana condotta dal
potere stesso. Lo spettacolo si presenta, se non come
l’iniziatore, almeno come il forum necessario dove si possono
discutere le idee della sua distruzione. Le tesi rivoluzionarie
non appaiono come le idee dei rivoluzionari, cioè legate ad
un’esperienza ed un progetto preciso, ma piuttosto come un
accesso improvviso di lucidità dei dirigenti, delle stars e dei
mercanti di illusioni. La rivoluzione diventa un momento del
situazionismo.

34
La società del situazionismo non sa di esserlo; sarebbe troppo
prestarle questa lucidità. Solo il proletariato può comprendere
la sua totalità distruggendola. È il campo rivoluzionario
soprattutto, che genera le diverse illusioni e le sfumature
ideologiche che possono sostenere il sistema e giustificare uno
statu quo restaurato. I successi stessi delle rivolte, che sono
arrivate ad un punto d’equilibrio ambiguo con il sistema,
servono in parte a fare la pubblicità della grandezza di un
sistema che può generare ed adattarsi a tali successi radicali.

35
È nell’essenza del situazionismo di non essere realizzabile
immediatamente, né completamente. Non vuole essere preso
alla lettera, ma seguito ad una minima distanza; se questa
distanza è soppressa, la mistificazione appare.

36
Producendo il suo situazionismo, la società fa volare in pezzi la
coesione delle altre ideologie, fa piazza pulita delle
falsificazioni arcaiche ed accidentali, e riunisce i frammenti

63
La società del situazionismo ed altri scritti

che può reintegrare. Ma concentrando così la falsa coscienza


sociale, la società prepara la strada all’espropriazione di questa
coscienza espropriata. Il carattere sofisticato del recupero
costringe i rivoluzionari a disingannarsi, la sua unità spinge il
conflitto verso un livello più elevato, e gli elementi di
situazionismo diffusi universalmente incitano al loro
superamento, in regioni in cui ancora non si erano neppure
sviluppati a partire da una base teorica locale.

37
L’I.S. fu esemplare non soltanto per ciò che ha detto, ma
soprattutto per tutto ciò che non ha detto. La prolissità diluisce
il potere della critica. La discussione sui punti che non fanno la
differenza offusca i punti che la fanno. Quando sale sulla
tribuna dello pseudo-dialogo dominante, la verità si trasforma
in un momento della menzogna. I rivoluzionari devono saper
tacere.
KEN KNABB
1976

64
La società del situazionismo ed altri scritti

La realizzazione e la soppressione
della religione

Quanto a stronzate, in quantità e in varietà, nessun’altra attività


umana supera la religione. Se, inoltre, si tiene conto della sua
complicità con la dominazione di classe nel corso della storia,
non ci si stupirà che si sia attirata il disprezzo e l’odio di un
numero sempre crescente di persone, in particolare dei
rivoluzionari.

I situazionisti hanno ripreso la critica radicale della religione,


abbandonata dalla sinistra, e l’hanno estesa alle sue forme
moderne e secolarizzate — lo spettacolo, la lealtà sacrificale
verso i capi o le ideologie, ecc. Ma il loro attaccamento ad una
posizione unilaterale e non dialettica verso la religione si è
riflesso su alcuni difetti del movimento situazionista,
rafforzandoli. Sviluppandosi a partire dalla prospettiva secondo
la quale, per essere superata, l’arte deve essere ad un tempo
realizzata e soppressa, la teoria situazionista non ha saputo
vedere che una posizione simile doveva essere adottata nei
riguardi della religione.

La religione è l’espressione alienata del qualitativo, “la


realizzazione fantastica dell’uomo”. Il movimento
rivoluzionario deve opporsi alla religione, ma non per
preferirle un amoralismo volgare o un buon senso filisteo.
Deve prendere posizione dall’altro lato della religione. Non
essere da meno di essa, ma di più.

65
La società del situazionismo ed altri scritti

Quando i situazionisti trattano la religione, è generalmente


soltanto nei suoi aspetti più superficiali e più spettacolari,
confutati con disprezzo da coloro che non sono capaci di
confutare nient’altro. Eccezionalmente, riescono ad ammettere
vagamente Jakob Boehme o la Fraternità del Libero Spirito nel
loro pantheon, perché l’I.S. li ha citati in modo favorevole; ma
mai nulla che li toccherebbe intimamente. Questioni che
meriterebbero un esame ed un dibattito vengono messe da parte
perché sono state monopolizzate dalla religione o perché sono
state formulate in termini a connotazione religiosa. Alcuni
possono presentire l’insufficienza di un tale rifiuto, ma non
sanno come si potrebbe agire diversamente su un terreno
talmente tabù, e dunque anche loro tacciono o ricorrono a
banalità. Per essere gente che vuole “superare tutte le
acquisizioni della cultura” e realizzare “l’uomo totale”, i
situazionisti spesso ignorano in modo sorprendente le
caratteristiche più elementari della religione.

Non si tratta di aggiungere una dose di religione per completare


la nostra prospettiva, per creare un situazionismo “dal volto
umano”. Non si umanizza uno strumento, un metodo critico.
(La nozione di “umanizzare il marxismo” rivela semplicemente
la natura ideologica del suddetto marxismo). Si tratta di
esaminare gli angoli ciechi e le rigidità dogmatiche che si sono
sviluppati a partire da un attacco critico contro la religione,
attacco che è stato in gran parte legittimo. È proprio quando
una posizione teorica ha prevalso che diventa ad un tempo
possibile e necessario criticarla con più rigore. La formula
approssimativa che aveva valore di provocazione in un

66
La società del situazionismo ed altri scritti

contesto anteriore diventa la base di nuove ideologie. Un


progresso qualitativo si accompagna spesso ad un ritardo
apparentemente paradossale.

Non basta spiegare la religione con il suo ruolo sociale o il suo


sviluppo nella storia. Occorre scoprire il contenuto che si
esprime nelle forme religiose. Poiché i rivoluzionari non si
sono realmente confrontati con la religione questa non cessa di
assillarli. Poiché la sua critica è rimasta astratta, superficiale,
volgarmente materialista la religione rinasce continuamente
sotto nuove forme, anche fra quelli che prima si opponevano
per tutte le buone ragioni “materialiste”. I situazionisti possono
osservare con compiacenza che “tutte le chiese si
decompongono” e non notare che si assiste anche, e questo
precisamente nei paesi industriali più progrediti, alla
proliferazione di migliaia di religioni e di neo-religioni.
Qualsiasi nuova manifestazione religiosa è un segno del
fallimento della teoria radicale nell’esprimere il significato
autentico e nascosto che si ricerca attraverso queste forme.

La religione comprende molti fenomeni dissimili e


contraddittori. Messi da parte i suoi aspetti puramente
apologetici, offre rituali esteticamente attraenti; sfide morali;
forme di contemplazione “per ritrovarsi”; principi per
organizzare la propria vita; una comunione che si trova di rado
nel mondo profano; ecc. Facendo saltare questo conglomerato,
la rivoluzione borghese non ha distrutto la religione, ma è
servita, fino ad un certo punto, a separarne i diversi aspetti.
Trovandosi indipendenti, alcuni elementi della religione che,

67
La società del situazionismo ed altri scritti

all’origine, erano pratici sono costretti a ridiventarlo, o a


scomparire.

Le vie e le tecniche neo-religiose sono innumerevoli:


modifiche o combinazioni di religioni tradizionali; terapie
psicologiche o psicofisiche; tirocini di auto-perfezionamento;
tecniche di meditazione; psichedelìa; attività adottate come
“modi di vita”; esperienze comunitarie... Una volta
demistificate, razionalizzate, messe sul mercato, queste
pratiche, in una certa misura, sono adottate per il loro valore
d’uso, piuttosto che imposte da un sistema istituzionalizzato
che le monopolizza. Certamente, gli usi che se ne fanno sono
molto diversi, spesso banali o per un semplice scopo
d’evasione; e molte delle vecchie superstizioni e mistificazioni
persistono anche senza la ragion d’essere sociale che le
rafforzava in principio. Ma questa sperimentazione popolare
non è soltanto un riflesso della decomposizione sociale, è
anche un importante fattore positivo nel movimento
rivoluzionario attuale, l’espressione largamente diffusa di gente
che prova a riprendere possesso della propria vita. La teoria
situazionista ha oscillato tra due visioni: quella di gente
completamente alienata che un bel giorno scoppia, liberando
tutta la sua rabbia e la sua creatività respinte; e quella di
microsocietà di rivoluzionari che vivono già secondo le
esigenze più radicali. Non è riuscita a trattare le esperienze più
ambigue che oscillano tra il recupero e la radicalità, dove le
contraddizioni si esprimono e si sviluppano; le abbandona al
recupero che, apparentemente conferma le sue posizioni. Non
si tratta di essere più tolleranti verso queste esperienze, ma di

68
La società del situazionismo ed altri scritti

esaminarle e criticarle più a fondo, invece di respingerle con


disprezzo.

Nella misura in cui sviluppiamo una critica più radicale, più


profonda della religione, si possono prevedere degli interventi
sul terreno religioso simili a quelli che faceva l’I.S. ai suoi inizi
sul terreno artistico ed intellettuale; attaccare, ad esempio, una
neo-religione non soltanto nella prospettiva “materialista”
classica, ma perché non va abbastanza lontano secondo i suoi
stessi termini, perché non è, per così dire, abbastanza
“religiosa”.

Si dimentica spesso che la teoria rivoluzionaria non è fondata


su preferenze o principi, ma sull’esperienza del movimento
rivoluzionario. La base della critica del “sacrificio”, ad
esempio, non consiste nel fatto che uno debba essere egoista
per principio — che è una brutta cosa essere altruista, ecc. —
ma viene dalla constatazione che il sacrificio e l’ideologia
sacrificale tendono ad essere fattori importanti nel
mantenimento della gerarchia e dello sfruttamento. È soltanto
una felice coincidenza storica se l’attività rivoluzionaria attuale
ha tendenza ad essere interessante e piacevole, e se farsi
strumento della manipolazione politica non è soltanto
sgradevole, ma anche non strategico. I situazionisti avevano
ragione a mostrare e ad affermare l’aspetto ludico delle lotte
radicali o l’aspetto radicale di atti ludici in apparenza poco
importanti (il vandalismo, ecc.). Ma la coincidenza di tali
constatazioni ha condotto molta gente alla seducente
conclusione, se non del tutto logica, che l’attività rivoluzionaria
è per definizione piacevole; o anche che il piacere è per

69
La società del situazionismo ed altri scritti

definizione rivoluzionario. Il problema è piuttosto di sapere


come affrontare le situazioni in cui il piacere immediato non
coincide necessariamente con le necessità rivoluzionarie;
cercare le forme per avvicinare entrambi i lati (il deturnamento
affettivo), ma senza dissimulare le contraddizioni quando
questo ravvicinamento non è possibile.

Gli stessi situazionisti che mostrano la stupidità del sinistrismo


che riduce le lotte dei lavoratori a questioni puramente
economiche, riducono a loro volta la rivoluzione a questioni
puramente “egoiste” quando insistono sul fatto che la gente
lotta — o almeno dovrebbe lottare — soltanto “per sé stessa”,
“per il piacere”, ecc. Le loro esortazioni “a rifiutare il
sacrificio” si sostituiscono a qualsiasi analisi, o conducono ad
analisi false. Denunciare il maoismo, per esempio,
semplicemente perché si basa sul “sacrificio”, non risponde ai
sentimenti comunitari sani e generosi il cui recupero è
all’origine dell’attrattiva del maoismo. Ciò che è
controrivoluzionario nel maoismo, non è il sacrificio in sé
stesso ma il tipo di sacrificio e l’uso che ne è fatto. La gente
non ha soltanto accettato, quando era necessario, di subire la
povertà, la prigione e di altre sofferenze per la revoluzione,
spesso l’hanno fatto con gioia, considerando il comfort
materiale come relativamente secondario, trovando una
soddisfazione più profonda nella coscienza dell’efficacia e
della bellezza dei loro atti. Ci sono vittorie che non sono
visibili per tutti, dei momenti in cui si può vedere che si è “già
vinta” una battaglia, anche se può sembrare superficialmente
che niente sia cambiato.

70
La società del situazionismo ed altri scritti

È necessario distinguere tra la devozione di principio ad una


causa che può comportare qualche sacrificio dei più stretti
interessi egoistici, e la degradazione dinanzi ad una causa che
esige il sacrificio del “meglio di sé” — la propria integrità, la
propria onestà, la propria magnanimità. Mettendo
esclusivamente l’accento sui piaceri immediati che si possono
trovare nell’attività rivoluzionaria (a causa di un entusiasmo
ingenuo o allo scopo di seduzione politica o sessuale), i
situazionisti si sono esposti alle obiezioni di coloro che la
respingono su questa base, delusi nelle loro aspettative di
divertimento.

Si comprende perché l’anti-sacrificio sia stato un pilastro


dell’ideologia situazionista risparmiato dalla critica. In primo
luogo, fornisce una difesa eccellente contro il fatto di dover
rendere conto a sé o agli altri: si possono giustificare molte
inadempienze dicendo semplicemente che non si provava
un’attrazione appassionata a fare questo o quello. In secondo
luogo, l’individuo che non è rivoluzionario che per il suo
piacere sarà, si può supporlo, indifferente oppure
controrivoluzionario quando ciò gli converrà meglio. Per
evitare che si noti questo corollario imbarazzante, sarà dunque
costretto a postulare che l’attività rivoluzionaria è sempre
automaticamente piacevole.

Il successo stesso dell’I.S. ha contribuito alla giustificazione


evidente di una posa anacronistica che proviene dalle
circostanze accidentali delle sue origini (nell’avanguardia
culturale francese, ecc.) ed anche forse dalla personalità di
alcuni dei suoi principali animatori. L’aggressività del tono

71
La società del situazionismo ed altri scritti

situazionista riflette la volontà di ridefinire la rivoluzione


nell’individuo reale, impegnato in un progetto che vuole
abolire tutto ciò che esiste al di fuori di sé. A differenza del
militante, il situazionista è naturalmente pronto a reagire contro
la manipolazione. Benché tale atteggiamento si opponga a
quello elitario, può facilmente divenire tale in relazione a quelli
che non possiedono quest’autonomia o questo rispetto di sé.
Avendo provato l’emozione di prendere possesso della propria
storia (o almeno identificandosi con quelli che l’hanno fatto),
arriva a provare impazienza e disprezzo per la docilità
dominante. Da questa sensazione perfettamente comprensibile
ad una posa neoaristocratica, c’è soltanto un passo. Questa
posa non è sempre il segno di proverbiali “aspirazioni
gerarchiche”, piuttosto è che, frustrato dalla difficoltà di
intervenire sensibilmente nella società dominante, il
situazionista cerca una compensazione cercando di intervenire
sensibilmente almeno nel milieu rivoluzionario, di esservi
riconosciuto come avente ragione, come chi ha compiuto delle
azioni radicali valide. Il suo egoismo si converte in egotismo.
Comincia a credere di meritare un rispetto inusuale ad essere
così insolitamente antigerarchico. Difende con arroganza il suo
“onore” o la sua “dignità” quando qualcuno ha la sfrontatezza
di criticarlo, e trova nell’I.S. e nei suoi precursori riconosciuti
uno stile che va d’accordo con questo nuovo modo di vedersi.

Un’insoddisfazione intuitiva, causata da questo stile egotista, è


all’origine di una gran parte delle discussioni svolte talvolta
erroneamente in termini di “femminilità” e di “mascolinità”.
Non c’è nulla intrinsecamente di “maschile”, per esempio, nel

72
La società del situazionismo ed altri scritti

fatto di scrivere; le donne dovranno apprendere come farlo se


non vogliono restare impotenti. Ciò che non devono
apprendere, è l’assurda posa neoaristocratica che ha
caratterizzato l’espressione situazionista prevalentemente
maschile.

Alcuni situazionisti non hanno avuto alcuna inclinazione


naturale particolare per questa posa. Ma è stato difficile isolarla
e dunque evitarla, poiché le accuse “d’arroganza”,
“d’elitarismo”, ecc., sono dirette spesso a torto proprio sugli
aspetti più incisivi della pratica situazionista. È difficile non
sentirsi superiore quando ricevi questa o quella pseudo-critica
che hai già ascoltato e respinto cento volte. Inoltre, la falsa
modestia può essere ingannevole. Ci sono cose che non si può
lasciar passare. Benché un rivoluzionario non debba pensare
che sia (lui o il suo gruppo) essenziale al movimento, né quindi
che debba essere difeso con tutti i mezzi, deve difendere le sue
azioni nella misura in cui crede che riflettano aspetti importanti
di questo movimento. Non si tratta di conservare segretamente
la modestia e altre virtù che Dio riconoscerà e ricompenserà
alla fine, ma di partecipare ad un movimento mondiale la cui
essenza stessa è la comunicazione.

La scena situazionista, fornendo un terreno favorevole alla


vanità ed agli intrighi di sette, ha attirato gente che non ha
molto a vedere con il progetto rivoluzionario; individui che, in
altre circostanze, sarebbe stata bellimbusti, dandies, intriganti,
dilettanti, cortigiani, parassiti. È vero che il movimento
situazionista ha reagito contro molti di questi individui con un
vigore che era forse inaspettato, e che ha scoraggiato molti altri

73
La società del situazionismo ed altri scritti

dal pensare di potersi pavoneggiare impunemente. Ma spesso


non a causa del loro ruolo pretenzioso, ma perché non
potevano mantenere questo ruolo in modo abbastanza credibile.
Reciprocamente, la scena situazionista è apparsa ripugnante ad
altri individui seri sotto diversi aspetti, che consideravano
quest’egoismo pretenzioso come un anacronismo molto
distante da qualsiasi rivoluzione alla quale avrebbero potuto
interessarsi. Nel vedere questa pretesa apparentemente legata
alla radicalità incisiva dei situazionisti, molta gente li ha
respinti, in modo semplicistico, tutti e due in blocco, per
impegnarsi in altre vie che, sebbene più limitate, evitassero
almeno questa posa ripugnante. Il movimento che contava
sull’attrazione radicale dell’attività anti-ruolo ed anti-
sacrificale ha finito per rifiutare gente che non aveva alcun
desiderio di sacrificarsi al ruolo situazionista reazionario.

Il situazionista egoista ha una concezione abbastanza filistea


della liberazione umana. Il suo egoismo è soltanto il rovescio
dell’umiliazione di sé. Raccomanda il “gioco” in un senso
puerile, come se la semplice rottura delle costrizioni fosse
automaticamente produttrice di piacere. Evocando il bambino,
simpatizza non soltanto con la sua disposizione alla ribellione,
ma anche con la sua impazienza e la sua irresponsabilità. La
sua critica “dell’amore romantico” non viene soltanto dalla
percezione delle illusioni e dalla possessività nevrotica che vi
si trova, ma anche da una semplice ignoranza dell’amore e
delle proprie possibilità. Non è tanto la comunità umana
alienata che lo molesta quanto ciò che gli impedisce di
parteciparvi. Quello che sogna realmente, sotto lo sproloquio

74
La società del situazionismo ed altri scritti

situazionista, è una società spettacolare cibernetica che dia


soddisfazione ai suoi capricci nelle forme più svariate e più
sofisticate. Nella sua insistenza forsennata sul “piacere senza
limiti”, sulla soddisfazione di una “moltiplicazione infinita di
desideri”, resta un consumatore, e dei più frequenti. Se non
ama la “passività”, non è tanto perché il fatto di esservi
costretto frena i suoi slanci creatori quanto perché ha una
necessità frenetica di attività e perché non sa che cosa fare se
non è circondato da molte distrazioni. Della contemplazione
come momento dell’attività, o della solitudine come momento
del dialogo, non conosce nulla. Benché abbia sempre
“l’autonomia” alla bocca, gli manca il coraggio di agire senza
preoccuparsi di ciò che gli altri penseranno di lui. Non è la sua
vita che prende seriamente, è il suo io.

La teoria critica non presenta una verità “oggettiva”


immutabile. È un attacco, una formulazione che è stata astratta
dalla realtà, semplificata e spinta all’estremo. Il principio è: “se
ti va, prendilo”. La gente si vede costretta a chiedersi in quale
misura la critica suoni vera, e ciò che ne farà. Coloro che
vogliono fuggire il problema si lagneranno della sua ingiusta
unilateralità, e perché non presenta il quadro completo.
Reciprocamente, il rivoluzionario che ignora la dialettica e che
vuole affermare il suo estremismo, approverà la critica (finché
non è diretta contro lui) come una valutazione oggettiva ed
equilibrata.

Molte delle stravaganze teoriche rivoluzionarie vengono dal


fatto che, in un ambiente in cui la “radicalità” è alla base del
prestigio, si ha interesse a fare dichiarazioni sempre più

75
La società del situazionismo ed altri scritti

estremiste e ad evitare tutto ciò che potrebbe essere preso come


testimonianza dell’indebolimento dell’intransigenza verso ciò
che è ufficialmente cattivo. Così i situazionisti vedono
abbastanza di buon occhio le aspirazioni ludiche o erotiche (“è
soltanto necessario che vadano alla fine delle loro implicazioni
più radicali”, ecc.) pur rifiutando con insulti le aspirazioni
morali, benché queste non siano più ambigue di quelle.

Come reazione esagerata alla complicità generale della morale


con l’ordine dominante, i situazionisti si identificano spesso
con l’immagine che di loro si fanno i loro nemici, e ostentano
la loro “immoralità” o “criminalità”. Tale identificazione non è
soltanto puerile, non ha praticamente alcun significato al
giorno d’oggi in cui un libertinaggio irresponsabile è uno dei
modi di vita più largamente accettati ed esaltati (benché la
realtà resti di solito ben inferiore all’immagine). È la borghesia
che fu denunciata nel Manifesto Comunista per non “avere
lasciato sussistere altro legame, tra l’uomo e l’uomo, che il
freddo interesse”. Se dobbiamo servirci delle opere di un Sade
— vivo esempio dell’alienazione umana — o di un
Machiavelli, non è come manuali per condurre le nostre
relazioni, ma come espressioni insolitamente candide della
società borghese.

L’ideologia egoista antimoralista ha senza alcun dubbio


contribuito a tutte queste rotture inutilmente acrimoniose ed in
mala fede che ha conosciuto il milieu situazionista. Certo, i
situazionisti sono spesso persone sicuramente simpatiche; ma
quasi a dispetto di tutto il loro ambiente ideologico. Ho visto
situazionisti sentirsi impacciati e quasi scusarsi di aver

76
La società del situazionismo ed altri scritti

compiuto una buona azione (“non era un sacrificio...”). Manca


una teoria per tutta la bontà spontanea che possono avere. Il
vocabolario etico di base si trova rovesciato, confuso e
dimenticato.

Il fatto che si possa appena usare una parola come “bontà”


senza apparire démodé dà un’idea dell’alienazione questa
società e dei suoi oppositori. I concetti delle varie “virtù” sono
troppo ambigui per essere usati senza essere stati criticati e
precisati, ma i loro contrari non lo sono di meno. I concetti etici
non devono essere lasciati al nemico senza lotta; devono essere
contestati.

Un fattore importante che rende le persone insoddisfatte della


propria vita, è la loro povertà morale. Da ogni parte, li si
incoraggia ad essere piccini, meschini, vendicativi, rancorosi,
codardi, avidi, gelosi, disonesti, avari, ecc. Si potrebbe dire che
la pressione del sistema toglie loro una buona parte del biasimo
per queste colpe; ma ciò non rende meno sgradevole il fatto di
averle. Un fattore importante nell’estensione dei movimenti
religiosi è che rispondono a questa preoccupazione morale, che
ispira alla gente una certa pratica etica che dà loro la pace di
una buona coscienza, la soddisfazione di dire ciò che pensano e
di agire di conseguenza (unità del pensiero e della pratica per
cui sono chiamati “fanatici”). Il movimento rivoluzionario,
anch’esso, dovrebbe poter rispondere a questa preoccupazione
morale, non offrendo un insieme rassicurante, stabilito, di
norme di condotta, ma mostrando che il progetto rivoluzionario
è il focolare attuale di ciò che ha del senso, il terreno di
espressione più coerente della compassione; un terreno dove gli

77
La società del situazionismo ed altri scritti

individui devono avere il coraggio di fare le migliori scelte che


possono e seguirle, senza ignorare le conseguenze negative ma
evitando di nutrire un inutile senso di colpa.

L’atto compassionevole non è rivoluzionario in sé, ma è un


superamento momentaneo delle relazioni sociali mercantili.
Non è lo scopo, ma è della stessa natura dello scopo. Deve
riconoscere i suoi limiti. Quando diviene soddisfatto di sé, ha
perso la sua compassione.

A che pro le evocazioni liriche di future rivalse sui burocrati,


sui capitalisti, sui poliziotti, sui sacerdoti, sui sociologi, ecc.?
Servono a compensare la mancanza di sostanza di un testo e
non riflettono di solito neppure i veri sentimenti del loro
autore. È una vecchia banalità di strategia dire che se il nemico
sa che in ogni modo sarà ucciso, combatterà fino alla fine
piuttosto che arrendersi. Certamente, non si tratta di essere non
violento, non più che di essere violento, per principio. Coloro
che difendono violentemente questo sistema attirano la
violenza su sé stessi. È del resto notevole che le rivoluzioni
proletarie sono di solito molto magnanime. La vendetta si
limita in generale ad alcuni attacchi spontanei contro i
torturatori, la polizia o i membri della gerarchia evidentemente
responsabili di atti crudeli, e si placa rapidamente. Giustificare
alcuni “eccessi” popolari è una cosa; richiederli come tattiche
essenziali è un’altra. Il movimento rivoluzionario non ha alcun
interesse a ricorrere alla vendetta; ma neanche ad impedirla.

È ben noto che il Taoismo ed lo Zen hanno ispirato numerosi


aspetti delle arti marziali orientali: superamento della coscienza

78
La società del situazionismo ed altri scritti

dell’ego, in modo da evitare l’ansietà che interferisce con


l’azione lucida; non resistenza, in modo da volgere la forza
dell’avversario contro di lui invece di affrontarlo direttamente;
concentrazione rilassata, in modo da non sprecare la propria
energia ma far convergere tutte le forze in un punto al
momento dell’impatto. Ci si può probabilmente servire
dell’esperienza religiosa, in un modo analogo, per arricchire
tatticamente quest’arte marziale suprema che è la teoria-pratica
rivoluzionaria moderna. Tuttavia, la rivoluzione proletaria ha
poco in comune con la guerra classica, trattandosi meno di due
forze similari che si affrontano direttamente, che di una
maggioranza schiacciante che sviluppa la coscienza di ciò che
potrebbe essere in qualsiasi momento. Nei paesi più sviluppati,
il successo di un movimento è maggiormente dipeso, in
generale, dalla sua radicalità, e dunque dalla sua capacità di
contagio, che dal numero di armi di cui poteva disporre. (Se il
movimento è sufficientemente diffuso, l’esercito passerà dalla
sua parte, ecc.; altrimenti, le armi da sole non basteranno, se
non per dar vita a un colpo di Stato minoritario.)

Si devono riesaminare le esperienze dei movimenti radicali non


violenti, religiosi o umanisti. I loro difetti sono numerosi ed
evidenti. La loro affermazione astratta di “umanità” è
un’affermazione dell’umanità alienata. La loro fede astratta
nella buona volontà dell’uomo li conduce a tentare di
influenzare moralmente i dirigenti, ed incoraggiare un’ “intesa”
reciproca piuttosto che cercare una comprensione radicale. Il
loro ricorso a leggi morali trascendenti rafforza la capacità del
sistema di fare la stessa cosa. Le loro vittorie ottenute

79
La società del situazionismo ed altri scritti

manovrando l’economia come un’arma sono allo stesso tempo


vittorie dell’economia. Le loro lotte non violente si basano
ancora sulla minaccia della forza, evitano solo di esserne
direttamente gli agenti, lasciando questa cura “all’opinione
pubblica” e così, in ultima analisi, generalmente allo Stato. I
loro atti esemplari diventano spesso dei semplici gesti
simbolici, che permettono a tutte le parti di continuare come
prima, con la differenza che le tensioni si sono ridotte, che la
coscienza si è ridotta “manifestandosi”, “avendo mantenuto
fedo ai propri principi”. Identificandosi ad un Gandhi o a un
Martin Luther King, lo spettatore si dà una ragione per
disprezzare coloro che attaccano l’alienazione in modo meno
magnanimo; e non per fare nulla lui stesso, essendo la
situazione troppo “complessa” poiché si trovano persone ben
intenzionate da entrambi i lati. Questi difetti e altri sono stati
rivelati teoricamente e praticamente da tempo. Non è più
questione di moderare la sete di potere dei dirigenti, la loro
crudeltà o la loro corruzione con rimproveri etici, ma di
sopprimere il sistema nel quale tali “abusi” possono esistere.

Tuttavia, questi movimenti hanno a volte ottenuto dei successi


notevoli. A partire da alcuni interventi esemplari, si sono estesi
come un incendio ed hanno profondamente screditato il sistema
e l’ideologia dominanti. Nei loro migliori momenti hanno usato
— e spesso inventato — delle tattiche molto radicali, contando
sulla propagazione contagiosa della verità, del qualitativo,
come arma fondamentale. La loro pratica comunitaria fa
vergognare altri ambienti radicali, e sono stati spesso più
espliciti sui loro obiettivi e sulle difficoltà per raggiungerli di

80
La società del situazionismo ed altri scritti

molti movimenti più “avanzati”. I situazionisti hanno adottato


un’ottica spettacolare della storia rivoluzionaria fissandosi sui
suoi momenti più visibili, più diretti e più “avanzati”. Questi
momenti spesso devono gran parte della loro forza viva alla
lunga influenza preparatoria di correnti più discrete, più sottili.
Erano spesso “avanzati” semplicemente perché circostanze
esterne accidentali li hanno spinti a forme ed atti radicali. Sono
spesso falliti perché non sapevano molto bene ciò che facevano
né ciò che volevano.

I movimenti rivoluzionari e i movimenti religiosi hanno sempre


avuto tendenza a generare una sorta di divisione del lavoro sul
piano della morale. Esigenze non realistiche, quasi terroriste,
intimidiscono le masse al punto che adorano i loro propagatori
più di quanto si ispirano a loro, e che lasciano volentieri un
impegno totale a quelli che hanno le qualità e la devozione
apparentemente necessarie per fare ciò. Il rivoluzionario deve
sforzarsi di demistificare l’apparente qualità straordinaria
evidente dei meriti che può avere, guardandosi dal sentirsi o
sembrare superiore a causa di una modestia manifesta. Non
deve essere più ammirevole che esemplare.

La critica radicale permanente è stata un fattore chiave nel


potere sovversivo dei situazionisti; ma il loro egoismo gli ha
impedito di condurre questa tattica fino alla fine. Immerso in
tutto questo sproloquio a proposito di “soggettività radicale” e
di “padroni senza schiavi”, il situazionista non impara ad essere
autocritico. Si concentra esclusivamente sugli errori degli altri,
e la facilità con cui assume questo metodo difensivo rafforza il
suo ruolo “tranquillo”. Ricevendo di mala grazia le critiche,

81
La società del situazionismo ed altri scritti

mutila la sua attività; e quando finalmente una critica lo


raggiunge a causa delle sue conseguenze pratiche, può essere
traumatizzato al punto di abbandonare ogni attività
rivoluzionaria, non conservando della sua esperienza che il
rancore contro quelli che lo hanno criticato.

Per contrasto, il rivoluzionario che accetta volentieri la critica


ha una più grande flessibilità tattica. Confrontandosi con una
critica che gli è fatta, può servirsi “offensivamente” dei punti
deboli di questa critica, confutandola dimostrando le sue
contraddizioni e i suoi assunti nascosti. Oppure può prendere
un atteggiamento di “non resistenza” e servirsi degli aspetti più
forti di questa critica come punto di partenza, trasformandola e
accettandola in un contesto più profondo di quello che
pretendeva di avere. Anche se ha ragione in proporzione
schiacciante, può scegliere di concentrarsi su errori abbastanza
sottili da parte sua, anziché rifriggere quelli più evidenti degli
altri. Non critica ciò che c’è di più criticabile ma ciò che c’è di
più essenziale. Si serve di sé stesso come di un mezzo per
affrontare questioni più generali. Mettendosi da sé in
imbarazzo, imbarazza gli altri. Più un errore è esposto
concretamente e radicalmente, più è difficile per gli altri evitare
di mettersi in causa da sé stessi. Anche coloro che si rallegrano
dell’apparente caduta di un nemico in qualche sorta di
esibizionismo masochista, si rendono rapidamente conto che la
loro vittoria è inutile. Sacrificando la sua immagine, il
rivoluzionario mina l’immagine degli altri, sia smascherandoli
sia svergognandoli. La sua strategia differisce da quella che
consiste “nel sovvertire il nemico con l’amore”, non

82
La società del situazionismo ed altri scritti

necessariamente avendo meno amore, ma avendo più coerenza


nella sua espressione. Può essere crudele riguardo ad un ruolo
o ad un’ideologia, pur amando la persona che ne è prigioniera.
Se induce della gente a mettersi in causa in modo profondo,
forse anche traumatico, gli importa poco che pensino
momentaneamente che sia un tipo sporco che non agisce se non
per malizia. Desidera spingere gli altri a partecipare, anche
trascinandoli in una polemica pubblica contro di lui.

Abbiamo bisogno di sviluppare un nuovo stile, uno stile che


conservi l’incisività dei situazionisti ma con una magnanimità
ed una umiltà che lascino da parte i loro egoismi ed i loro
intrighi senza interesse. La meschineria è sempre
controrivoluzionaria. Comincia da te stesso, compagno, ma non
fermarti lì.

Appendice
Communalism: From Its Origins to the Twentieth Century
[Comunalismo: Dalle sue origini al Ventesimo secolo] di
Kenneth Rexroth (Seabury, 1974) contiene un’esposizione
vigorosa delle vie per cui la dialettica della religione ha
continuamente generato tendenze che sono state delle spine al
piede della società dominante e dell’ortodossia religiosa,
particolarmente nelle forme dei movimenti millenaristi e delle
comunità utopistiche. Sebbene lo stile aneddotico di Rexroth

83
La società del situazionismo ed altri scritti

serva spesso ad illustrare in modo conciso un aspetto, una gran


parte del suo gossip in merito alle manie e delle illusioni dei
comunalisti, anche se divertente, offusca questioni essenziali
che non ha esaminato con abbastanza rigore. Considera i
movimenti comunalisti in gran parte nei loro termini — la
natura della loro vita comunitaria, le trappole che hanno
incontrato, per quanto tempo sono durati. Gli importa più di
sapere se la società dominante è riuscita a distruggerli, che di
sapere se sono riusciti a far breccia. Ed in effetti, nei casi in cui
ebbero un certo effetto sovversivo, ciò fu soltanto accidentale.
Molte correnti religiose che esercitarono una forza più
coscientemente radicale nelle lotte sociali, come il gandhismo
o i quaccheri nel movimento antischiavista, non assunsero
ovviamente una forma comunalista, e dunque non sono trattate
nel suo lavoro.

Nel periodo che segue la sconfitta del primo attacco proletario,


quando la maggior parte degli intellettuali si degradò nello
stalinismo, nella reazione o nell’ignoranza storica intenzionale,
Rexroth fu uno dei pochi a mantenere una certa integrità ed
intelligenza. Continuò a denunciare il sistema a partire da una
prospettiva che era profonda anche se non rivoluzionaria in
modo coerente. Nella “sinistra” della cultura, criticò molti
aspetti della separazione tra la cultura e la vita quotidiana, ma
senza proseguire fino alla conclusione più radicale: attaccare la
separazione come tale, esplicitamente ed in modo coerente.
Poiché la società reprime la creatività, immagina “l’atto
creatore” come il mezzo di una sovversione sottile della società
per mezzo del qualitativo; ma concepisce in gran parte

84
La società del situazionismo ed altri scritti

quest’espressione creativa in termini artistici, culturali (“Scrivo


poesia per sedurre le donne e rovesciare il sistema capitalista”).

Rexroth ha certamente esercitato un’influenza determinante su


numerose persone — anch’io, tra gli altri. Ma quest’influenza,
sebbene salutare per molti riguardi, purtroppo non ha condotto
ad una teoria-pratica rivoluzionaria abbastanza lucida. Non ha
saputo riconoscere molte delle caratteristiche e delle
espressioni della rivoluzione moderna, assimilandole troppo
rapidamente al fallimento del vecchio attacco proletario. Come
non riesce a vedere la possibilità di una rivoluzione, le sue
analisi sociali contengono descrizioni lucide quanto pietose
proteste liberali. Ripiomba nella nozione di una “società
alternativa” composta da individui che praticano con
discrezione una comunità autentica negli interstizi della società
condannata; secondo la tesi che, anche se ci sono poche
possibilità di evitare una apocalisse termonucleare o ecologica,
questo è il modo più soddisfacente per condurre la propria vita
mentre si aspetta. La proliferazione di individui che conservano
valori radicalmente diversi è un rifiuto pratico dell’ideologia
mercantile, una critica viva dell’effetto di spettacolo. È una
delle basi possibili della rivoluzione moderna. Ma questi
individui devono cogliere le mediazioni storiche attraverso le
quali questi valori potrebbero essere realizzati. Senza di ciò,
tendono a ricadere in una volgare compiacenza riguardo alla
loro superiorità verso coloro che non hanno compiuto tale
rottura, e si inorgogliscono di una loro inconciliabilità con il
sistema proprio quando si integrano.

85
La società del situazionismo ed altri scritti

Raccomando particolarmente il saggio di Rexroth su Martin


Buber in Bird in the Bush (New Directions, 1959).

KEN KNABB
Marzo 1977

86
La società del situazionismo ed altri scritti

Lettera aperta al gruppo


“Libertaire” di Tokio
Verso la fine del nostro incontro quindici giorni fa, il sig. Miura
mi ha invitato a raggiungervi quando sarei ritornato a Tokio.
Per una sconsigliabile cortesia ho detto che l’avrei fatto. Vorrei
dunque chiarire la mia posizione. In realtà non riprenderò
contatto con voi quando ritornerò a Tokio, perché il nostro
unico incontro, per quanto breve, è stato abbastanza. Il vostro
gruppo non mi interessa.
Contrariamente alla vostra opinione per cui, ammesso che altri
anarchici abbiano molti dei difetti che ho criticato, voialtri
“anarchici giapponesi” siete in qualche modo diversi, devo dire
che siete purtroppo tipici, che non vi distinguete affatto dagli
anarchici degli altri paesi. Frugate nei cadaveri di Proudhon,
ideologo maschilista del piccolo capitalismo cooperativo; del
“nostro Bakunin”, protobolscevico; di Kropotkin, sostenitore
della prima guerra mondiale; della C.N.T. spagnola, che aveva
collaborato in precedenza con lo Stato e che prova ancora una
volta ad “organizzare” burocraticamente le lotte del proletariato
radicale spagnolo; e di alcuni vecchi imitatori asiatici. Volete
costruire una storia mitica per voi stessi perché non sapete
come fare la vera storia ora.
Vagamente coscienti della vostra impotenza, sperate di farla
scomparire riunendo le vostre impotenze individuali. Ma ciò
che accade in realtà, è che quella poca energia creatrice che
ancora avete va sprecata nella discussione continua e
nell’infinita prosecuzione di progetti spettacolari ed inutili
come quello di una rivitalizzata “Federazione anarchica”.
Come la maggior parte degli anarchici, avete sviluppato una
pietosa incoscienza collettiva per difendervi da qualsiasi sfida
al vostro compiacimento. Confrontati con una critica pratica,

87
La società del situazionismo ed altri scritti

voi non ne avete “mai sentito parlare”, o l’avete “dimenticata”,


oppure siete “troppo occupati”. Soltanto uno fra voi conosceva
la mia lettera e le tesi della Società dello spettacolo che sono
apparse in Anarchism n. 4 del CIRA. Gli scritti degli anarchici
giapponesi sono così noiosi che non vi date neppure la pena di
leggere le pubblicazioni dei vostri compagni?
Non sono ancora capace di leggere in giapponese la vostra
rivista Libertaire, ma le farneticazioni incoerenti degli articoli
in inglese sono penose quanto basta. Forse quella è soltanto
responsabilità dei due redattori. Forse gli altri non hanno alcun
ruolo nella rivista. (O soltanto un ruolo subalterno?) Quando vi
ho chiesto quali altri progetti avete, alcuni hanno parlato
vagamente del vostro “sostegno” alla lotta di Sanrizuka, ma
non sapevano precisare le modalità concrete di questo
“sostegno”, né spiegare in quale prospettiva strategica a lungo
termine siete impegnati. Un altro ha detto semplicemente che
era “un operaio”, lasciando intendere apparentemente che ciò
lo scusava da non si sa quale altra attività perché era troppo
occupato. Qual è dunque lo scopo della sua adesione al vostro
gruppo? In definitiva, qual è l’obbiettivo del vostro gruppo?
Può darsi che vi abbia giudicato eccessivamente sulla base
delle due o tre persone che hanno parlato di più. Forse uno o
due di voi sono più seri. Se è così, è compito loro cominciare,
partendo dalle critiche che accettano, a ridefinire i progetti (per
quanto piccoli e modesti che siano, ma concreti), e ad agire. È
precisamente quello che per voi è impossibile fare in
“Libertaire”. La tolleranza collettiva di cazzate senza fine
neutralizza ogni concreto sforzo individuale in un miscuglio di
“opinioni” contraddittorie e senza seguito. Il vostro gruppo non
è altro che un ostacolo alle vostre possibilità reali.
Abbasso lo Stato! Abbasso l’anarchismo ammuffito!
KEN KNABB
Fujinomiya, 5 novembre 1977

88
La società del situazionismo ed altri scritti

La breccia in Iran
La sollevazione in Iran è l’evento più bello dalla rivoluzione
ungherese del 1956. Ha fatto tremare tutti i poteri del mondo ed
ha smascherato la loro collusione. I regimi arabi sono allarmati
quanto Israele. La burocrazia cinese si è trovata esposta con i
pantaloni calati: essa aveva sostenuto lo Scià e denunciato
l’opposizione al suo regime (continuando così la politica di
Mao e Chou, che lo lodavano per il suo “anti-imperialismo”).
Quanto alla burocrazia russa, lungi dal “fomentare disordini” in
Iran, ha sempre mirato a mantenere un regime stabile e
fortemente poliziesco, come ovunque alle sue frontiere, in
modo che il contagio della rivolta non arrivi a contaminare il
popolo russo. Ha venduto armi allo Scià ed ha consegnato alla
S.A.V.A.K. gli iraniani radicali in fuga. Solo quando lo Scià è
stato sul punto di essere rovesciato ha iniziato prudentemente a
giocare sui due tavoli. Il rumore di sciabole tra la Russia e gli
Stati Uniti d’America era esclusivamente a beneficio degli
spettatori. L’ambasciatore William Sullivan riconosceva:
“Controllavamo il Laos, ma in Iran, questo paese terribilmente
importante per noi, né noi né chiunque altro possiamo farci
nulla. Per un’ironia della sorte, tutte le grandi potenze — gli
Stati Uniti, l’Inghilterra, la Francia, la Cina e l’Unione
Sovietica — sono preoccupate per ciò che avviene in Iran.”
(New York Times, 13 novembre 1978.)
La possibilità che l’insurrezione di massa possa travolgere la
mediazione burocratica o religiosa, ecco che cosa si trova
dietro l’orrore di tutti i poteri per il “caos” o il “vuoto di
potere” in Iran. Il movimento iraniano non è essenzialmente
religioso; il margine parziale d’immunità concessa
all’espressione religiosa gli ha semplicemente fornito un
esordio ed un punto di convergenza. Le donne, che prima

89
La società del situazionismo ed altri scritti

portavano il velo in segno di sfida allo Scià, sfidano ora


Khomeini rifiutando di portarlo; i suoi emissari hanno dovuto
comunicargli che gli operai del petrolio “non rispettano la
religione”; lo stimolo ed il contagio del movimento hanno già
spinto molti religiosi a oltrepassare i suoi diktats. La
distruzione di banche, di depositi e di cinema non è una
reazione contro la “modernizzazione” o l’
“occidentalizzazione”, è della stessa natura dell’attacco contro
l’alienazione delle sommosse moderne in Occidente, da Watts
a Danzica.
C’erano, e ci sono ancora, ovvie contraddizioni tra il clero, la
borghesia e l’esercito. Ma nessuno poteva fare a meno degli
altri due. Nonostante la sua retorica intransigente, Khomeini
negoziava dietro le quinte e, come il Fronte Nazionale, da
tempo si era premurato di conservare l’esercito il più possibile
intatto, avvertendo i suoi seguaci di non spingersi troppo oltre
con le provocazioni. Alla fine, nella seconda settimana di
febbraio, elementi radicali lanciarono l’attacco finale senza di
lui, e gli forzarono la mano. All’esercito, sul punto di
dissolversi, non rimaneva che riconoscere il suo governo; era la
sua ultima possibilità di arginare l’insurrezione popolare.
Come in Portogallo sulla scia della caduta del regime fascista,
l’impraticabilità politica di un intervento esterno aggiunto alla
debolezza ed alle contraddizioni delle forze dominanti interne
in Iran può aprire per qualche tempo il campo a
sperimentazioni sociali parzialmente libere. Gli scioperanti che
sono tornati al lavoro soltanto sulle loro basi; le persone che
hanno occupato e gestito le loro città, “obbedendo soltanto a sé
stesse” — tutti questi fatti illustrano situazioni di doppio potere
che non sono state completamente controllate. Nonostante gli
appelli di Khomeini, centinaia di migliaia di armi, sequestrate
dai gruppi della guerriglia o distribuite al popolo, non sono
state ancora restituite. Ed i movimenti autonomisti curdi, beluci

90
La società del situazionismo ed altri scritti

ed azeri stanno valutando le loro possibilità e possono


estendere l’insurrezione ai paesi vicini già in piena crisi, dove
vivono ampi settori di questi stessi popoli.
I dirigenti e commentatori fingono di vedere in ogni azione
radicale l’opera dei comunisti o di altri estremisti. In realtà, il
partito “comunista” iraniano — il partito Tudeh — si è da
tempo screditato con il suo riformismo ed il suo servilismo
rispetto alla politica estera russa. Benché praticamente spazzato
via dalla polizia dello Scià, tuttavia ha approvato la sua
“rivoluzione dall’alto” mentre denunciava le sollevazioni di
massa del 1963 e del 1978. Recentemente si appellava ad una
coalizione governativa per lavorare alla “normalizzazione
dell’economia” e “porre fine alla crisi attuale quanto più
rapidamente possibile”.
Quanto ai gruppi della guerriglia ed agli studenti militanti,
sebbene in gran parte disillusi dai diversi regimi “comunisti”,
imitano l’organizzazione gerarchica e la pratica della
manipolazione che hanno condotto a tali burocrazie
capitalistiche di Stato. Sessant’anni di controrivoluzione
stalino-leninista non hanno insegnato loro niente. Aumentano
l’inquinamento ideologico con il loro linguaggio stereotipato,
abbassano la coscienza degli operai “patrioti e grandi
lavoratori” (applauditi proprio per la loro alienazione) con i
loro ritornelli sulla “direzione corretta”, il “clero progressista”,
l’ “esercito popolare”, gli “stati operai”, ed altre contraddizioni
dello stesso genere. Ma chi si batte per il vero potere dei
Soviet?
Un governo “popolare” non può difendere la rivoluzione,
perché deve difendersi dalla rivoluzione. Ma una volta che ha
disarmato e demoralizzato il popolo, chi può difenderlo dalla
reazione? Mossadegh ha preparato il terreno per il golpe della
CIA inviando l’esercito contro gli scioperanti e i dimostranti;
Ben Bella ha preparato il terreno a Boumédienne, che ha

91
La società del situazionismo ed altri scritti

liquidato le isole d’autogestione in Algeria, ed Allende (con il


sostegno di Castro) ha preparato il terreno a Pinochet
attaccando gli operai ed i contadini che si erano armati e si
erano impadroniti delle fabbriche e delle terre.
La questione fondamentale non è domandarsi quale
combinazione di forze terrà lo Stato, ma di sapere se gli operai
si affermeranno autonomamente contro di esso. Se non parlano
per sè stessi, i burocrati lo faranno al loro posto. Se non
comunicano le loro esperienze e loro analisi (impadronendosi,
per esempio, delle tipografie o delle stazioni radiofoniche), i
mass media continueranno a censurarle o a falsificarle. Il solo
mezzo per difendere la rivoluzione, è di estenderla. Anche se
sarà vinta, sarà più laborioso demolirla. Un movimento
riformista o burocratico non interesserà affatto operai che
vivono già in società riformiste o burocratiche. Solo un
movimento che rompe radicalmente con tutto il sistema troverà
presso di loro un eco, guadagnerà il loro appoggio per opporsi
a qualsiasi intervento dell’esterno, ed ispirerà loro una rivolta
parallela. “Le prossime rivoluzioni possono trovare un aiuto
nel mondo soltanto attaccando il mondo, nella sua totalità”
(Internazionale Situazionista).
Ogni volta che la gente inizia a fare da sé la propria storia,
riscopre i momenti più forti dei tentativi repressi del passato.
Una rivolta come quella dell’Iran è una breccia, un varco,
un’apertura, che spezza la confusione organizzata e la passività
forzata, pone le questioni in termini concreti. È il momento
della verità sociale.
UFFICIO DEI SEGRETI PUBBLICI
12 marzo 1979

92
La società del situazionismo ed altri scritti

Banalità
Il “mondo libero” non è libero; il “mondo comunista” non è
comunista. Il vecchio movimento proletario non è riuscito a
rovesciare la società di classe e si è smarrito nelle varianti
riformiste o burocratico-totalitarie del capitalismo classico.
Ovunque nel mondo la gente è ancora alienata dalla propria
attività (ciò che è obbligata a produrre le si rivolta contro come
una potenza estranea) e dunque tutti sono alienati gli uni dagli
altri. Lo sviluppo moderno del capitalismo ha generato un
nuovo stadio di quest’alienazione: lo spettacolo, nel quale ogni
comunicazione tra gli individui è mediata dalle immagini che
sono presentate loro, dalle “informazioni” o dalle avventure
vissute per procura fino alle lodi encomiastiche delle merci e
dei burocrati.
Ma questo sistema non ha risolto tutte le sue contraddizioni;
nel corso degli ultimi due decenni sono apparse, in tutte le
regioni del mondo, nuove lotte che mettono in causa diversi
aspetti del sistema e che tendono a rifiutare la mediazione
burocratica. Il progetto fondamentale implicitamente implicato
in queste lotte, è l’abolizione dello Stato e di ogni potere
gerarchico, dell’economia mercantile e del lavoro salariato. Le
precondizioni tecnologiche per una simile trasformazione
esistono già. La forma di organizzazione sociale capace di
realizzarla è stata prefigurata dai consigli operai che apparvero
durante le rivoluzioni represse nei primi decenni di questo
secolo: assemblee generali democratiche degli operai e di tutti
gli altri che si riconoscono nel loro progetto, assemblee che
dissolvono ogni potere esterno e si federano a livello
internazionale, eleggendo delegati incaricati di compiti precisi
e che possono essere revocati in qualsiasi momento.

93
La società del situazionismo ed altri scritti

Non si può contribuire a tale rivoluzione facendo ricorso ai


metodi manipolatori che riproducono le relazioni gerarchiche
dominanti. Il compito dei rivoluzionari è di favorire la
coscienza, l’autonomia e la coerenza delle lotte radicali senza
diventare una nuova “direzione” che le dominerebbe. Per
questa ragione, ed anche perché l’opposizione “costruttiva”
tende ad integrarsi nel sistema, le tattiche appropriate sono in
grande misura “negative” o critiche: si tratta di attaccare le
istituzioni e le ideologie che rafforzano la sottomissione al
sistema, e di segnalare le possibilità ed i limiti delle lotte contro
di esso, pur lasciando la gente libera di scegliere in che modo
rispondere alle situazioni così esposte.
Si tratta di fronteggiare il mondo reale nel quale viviamo; di
legare teoria e pratica in un’attività sperimentale, per resistere
alla tendenza della teoria a pietrificarsi in ideologia. Tutto ciò
che aveva qualche valore nell’arte o nella religione può essere
realizzato soltanto superandole come sfere distinte, mettendo in
gioco la creatività e la ricerca della realizzazione sul terreno
della vita quotidiana. “In una società che ha soppresso ogni
avventura, la sola avventura possibile resta la soppressione di
questa società.”
UFFICIO DEI SEGRETI PUBBLICI
Aprile 1979

94
La società del situazionismo ed altri scritti

La guerra e lo spettacolo
L’orchestrazione della guerra del Golfo fu una dimostrazione
luminosa di ciò che i situazionisti chiamano lo spettacolo — lo
sviluppo della società moderna pervenuta allo stadio in cui le
immagini dominano la vita. La campagna di relazioni
pubbliche fu altrettanto importante della campagna militare. Il
modo in cui avrebbe giocato questa o quella tattica nei mass
media diventò una questione strategica principale. Non era
molto importante che i bombardamenti fossero realmente
“chirurgici”, purché la copertura lo fosse; se le vittime non
comparivano, era come non ce ne fossero. L’“effetto Nintendo”
ha funzionato così bene che i generali euforici hanno dovuto
mettere in guardia contro un eccesso d’euforia generale, per
timore di un ritorno di fiamma. Le interviste di soldati nel
deserto hanno rivelato che essi dipendevano, come chiunque
altro, quasi completamente dai mass media per sapere ciò che
si presumeva stesse accadendo. La dominazione dell’immagine
sulla realtà è stata percepita da tutti. Una parte importante della
copertura mediatica era dedicata alla copertura della copertura;
nello spettacolo stesso furono presentati dei dibattiti
superficiali su questo nuovo grado raggiunto dalla
spettacolarizzazione universale istantanea ed i suoi effetti sullo
spettatore.
Il capitalismo del XIX secolo alienava l’uomo a sé stesso
alienandolo dai prodotti della sua attività. Quest’alienazione si
è intensificata con la mutazione progressiva di questi prodotti
in “produzioni”, che contempliamo passivamente. Il potere dei
mass media è soltanto la manifestazione più evidente di questo
sviluppo; fondamentalmente lo spettacolo copre tutto ciò che si
è trasformato, dalle arti fino agli uomini politici, in
rappresentazioni autonome della vita. “Lo spettacolo non è un

95
La società del situazionismo ed altri scritti

insieme di immagini, ma un rapporto sociale tra individui,


mediato dalle immagini” (Debord, La società dello spettacolo).
Oltre ai profitti legati al commercio delle armi, al controllo del
petrolio, agli intrighi del potere internazionale e ad altri fattori
che sono stati così ampiamente discussi che non è necessario
ritornarvi qui, la guerra è stata terreno di contrasti tra le due
forme di base della società dello spettacolo. Nello spettacolare
diffuso la gente si ritrova persa in mezzo alla varietà di
spettacoli, di merci, di ideologie e di stili concorrenti, che sono
offerti al loro consumo. Lo spettacolare diffuso proviene dalle
società dove regna la pseudo-abbondanza (l’America è il
prototipo e resta sempre il leader mondiale incontrastato della
produzione di spettacoli, nonostante il suo declino d’altronde);
ma si propaga anche nelle regioni meno sviluppate — dove è
uno dei principali mezzi da cui sono dominate quest’ultime. Il
regime di Saddam è un esempio della forma concorrenziale, lo
spettacolare concentrato, dove la gente è condizionata ad
identificarsi nell’immagine onnipresente del capo totalitario, a
compensazione del fatto che sono privati praticamente di tutto
il resto. Questa concentrazione delle immagini si accompagna
di solito ad una concentrazione del potere economico, il
capitalismo di Stato, dove è lo Stato che è diventato l’impresa
capitalista unica, che possiede tutto (la Russia di Stalin e la
Cina di Mao ne sono esempi classici); ma può altresì essere
importata nelle economie miste del terzo mondo (come l’Iraq
di Saddam) o anche, in tempo di crisi, nelle economie molto
sviluppate (come la Germania di Hitler). Ma nell’insieme lo
spettacolare concentrato è soltanto un palliativo rudimentale
per regioni che non sono ancora riuscite a raggiungere la
panoplia delle illusioni dello spettacolare diffuso, ed alla lunga
finirà per soccombere alla forma diffusa, più flessibile (come è
accaduto recentemente in Europa dell’Est ed in U.R.S.S.).

96
La società del situazionismo ed altri scritti

Nello stesso tempo, la forma diffusa tende ad assorbire alcuni


tratti particolari della forma concentrata.
La guerra del Golfo ha riflesso questa convergenza. Il mondo
chiuso dello spettacolare concentrato di Saddam si è attenuato
sotto i fuochi universali dello spettacolare diffuso, mentre per
quest’ultimo la guerra serviva come pretesto e campo di
sperimentazione per l’introduzione di tecniche tradizionali di
potere di tipo “concentrato” — censura, orchestrazione del
patriottismo, esclusione dei punti di vista dissidenti. Ma i mass
media sono talmente monopolizzati, talmente pervasivi e
invadenti e (nonostante qualche accenno di mugugno) talmente
asserviti alla politica di governo che metodi apertamente
repressivi sono stati appena necessari. Gli spettatori, che
potevano credere di stare esprimendo il loro punto di vista con
piena indipendenza, rifriggevano la solita solfa e dibattevano le
stesse pseudo-questioni che i mass media avevano infuso loro
giorno dopo giorno, e come in qualsiasi altro sport adeguato
allo spettacolo, “sostenevano” lealmente il proprio gruppo
nazionale nel deserto, applaudendo.
Quest’influenza dei mass media si è trovata ancora rafforzata
dal condizionamento intimo degli spettatori. Socialmente e
psicologicamente repressa, la gente è attirata dagli spettacoli di
violenza, che permette alle loro frustrazioni accumulate di
esplodere collettivamente in orgasmi di orgoglio e di odio
socialmente accettabili. Privati di realizzazioni effettive nel
loro lavoro e nei loro svaghi, partecipano, per procura, a
progetti militari che, loro sì, hanno effetti ben reali ed
innegabili. Mancando di comunità autentica, si eccitano
all’idea di contribuire ad uno scopo comune, fosse anche
soltanto combattere qualche nemico comune, e reagiscono
rabbiosamente contro chiunque osi contraddire l’immagine
dell’unanimità patriottica. La vita degli individui può essere un
fiasco, la società può anche decomporsi, ma tutte le difficoltà e

97
La società del situazionismo ed altri scritti

le incertezze sono temporaneamente dimenticate da quella


specie di sicurezza di sé che procura loro l’identificazione con
lo Stato.
La guerra è l’espressione più perfetta dello Stato, ed il suo
migliore garante. Come il capitalismo deve creare dei bisogni
artificiali per le sue merci sempre più superflue, lo Stato deve
incessantemente creare dei conflitti artificiali di interessi che
richiedano il suo intervento violento. Il fatto che lo Stato
fornisca accessoriamente dei “servizi sociali” non fa che
camuffare la sua natura profonda di protettore, in altre parole di
ricattatore. Il risultato della guerra tra due stati è come se ogni
Stato avesse fatto la guerra alla sua popolazione — che deve in
seguito pagare le spese. La guerra del Golfo fornisce a tale
riguardo un esempio particolarmente enorme: molti Stati si
sono affrettati a vendere armi per miliardi di dollari ad un altro
Stato, per massacrare in seguito centinaia di migliaia di
coscritti e di civili in nome della neutralizzazione del suo
formidabile e pericoloso arsenale. Le multinazionali che sono
proprietarie di questi stati si tengono ora nuovamente pronte a
ricavare ancora più miliardi facendo nuove scorte di armi, e
ricostruendo i paesi che hanno devastato.
Qualunque cosa accada in Medio Oriente per le complesse
conseguenze della guerra, una cosa è già certa: l’obiettivo
centrale di tutti gli stati costituiti o in gestazione, superando i
loro discordanti interessi, sarà di accordarsi nello schiacciare o
recuperare ogni movimento popolare realmente radicale. Bush
e Saddam, Moubarak e Rafsandjani, Shamir ed Arafat sono
tutti complici su questo punto. Il governo americano, che
insisteva pietosamente sul fatto che la sua guerra “non era
diretta contro la popolazione irachena, ma soltanto contro il suo
crudele dittatore”, ha appena dato a Saddam una nuova “luce
verde”, questa volta per massacrare e torturare gli iracheni che
si sono coraggiosamente sollevati contro di lui. Alcuni ufficiali

98
La società del situazionismo ed altri scritti

americani ammettono apertamente che preferiscono il


mantenimento di un regime militar-poliziesco in Iraq (con o
senza Saddam) a qualunque forma d’indipendenza democratica
che potrebbe “destabilizzare” la regione — ovvero potrebbe
ispirare alle popolazioni vicine ribellioni simili contro i loro
dirigenti.
In America, il “successo” della guerra ha deviato l’attenzione
dai problemi sociali acuti che il sistema è incapace di risolvere,
rafforzando il potere delle tendenze militariste fra i dirigenti e
la compiacenza degli spettatori imbottiti di patriottismo.
Mentre questi sono occupati a contemplare le eterne riprese
sulla guerra e ad esultare alle sfilate della vittoria, la questione
più importante resta quella di comprendere ciò che capiterà alla
gente che non è stata ingannata dallo show.
***
La cosa più significativa nel movimento d’opposizione alla
guerra del Golfo è stata la sua spontaneità e la sua diversità
inattese. Nello spazio di alcuni giorni, un po’ ovunque centinaia
di migliaia di persone, di cui la maggioranza non aveva mai
preso parte ad una manifestazione, organizzarono o
parteciparono a veglie, blocchi di edifici ufficiali, teach-in e
tutta una serie di altre azioni. In febbraio le organizzazioni che
avevano chiamato alle enormi marce enormi di gennaio —
alcune fazioni di queste avrebbero di norma provato ad
organizzare una “unità popolare” sotto il loro controllo
burocratico — riconobbero che il movimento sfuggiva
completamente a qualsiasi possibilità di centralizzazione e di
controllo, ed acconsentirono a lasciare all’iniziativa della base
locale l’impulso del movimento. La maggior parte dei
partecipanti aveva in un primo momento considerato le grandi
marce semplicemente come punti d’incontro restando più o
meno indifferenti alle organizzazioni che ne erano
ufficialmente responsabili (spesso non si davano neppure la

99
La società del situazionismo ed altri scritti

pena di restare ad ascoltare i tradizionali discorsi declamatori).


Il vero scambio non fu tra la tribuna ed il pubblico, ma
piuttosto fra gli individui che portavano cartelli da casa,
distribuivano i loro opuscoli, suonavano la loro musica,
facevano il loro teatro di strada, discutevano le loro idee con i
loro amici o degli sconosciuti, trovando in queste occasioni una
specie di comunità, di fronte alla follia.
Ma quale pasticcio se queste persone diventano dei semplici
numeri, se si lasciano incanalare verso progetti politici d’ordine
quantitativo che riducono tutto al minimo denominatore
comune, se raccolgono penosamente suffragi per eleggere
politici “radicali” che li tradiranno inevitabilmente, se
raccolgono firme per sostenere leggi “progressiste” che,
ammesso che passino, produrranno nella maggior parte casi
soltanto un magro effetto, se reclutano “capi” per fare numero
in manifestazioni la cui ampiezza sarà in ogni caso
sottovalutata o semplicemente ignorata dei mass media. Se
vogliono contestare il sistema gerarchico, è necessario che nei
loro metodi e nei loro rapporti respingano la gerarchia. Se
vogliono spezzare lo stupore indotto dallo spettacolo, dovranno
fare appello alla loro immaginazione. Se vogliono stimolare
altra gente, dovranno arrischiarsi in esperienze impegnative.
Coloro che non si sono lasciati ingannare dalla guerra hanno
appreso, se non se ne erano resi conto prima, a quale punto i
mass media falsifichino la realtà. La partecipazione personale
ha reso questa presa di coscienza più viva. Prendere parte ad
una marcia per la pace di centomila persone ed accorgersi in
seguito che i mass media non gli dedicano più tempo di una
manifestazione di alcune decine di persone in favore della
guerra, ecco un’esperienza edificante, che fa sentire ciò che è la
strana irrealtà dello spettacolo, e che nello stesso tempo rimette
in questione la fondatezza delle tattiche basate sulla
propagazione dei punti di vista radicali attraverso i mass media.

100
La società del situazionismo ed altri scritti

Anche quando la guerra era in corso gli oppositori hanno visto


che dovevano confrontarsi con queste questioni, e nelle
innumerevoli discussioni e simposi “sulla guerra ed i mass
media” non esaminavano soltanto le menzogne flagranti e i
black-out ufficiali, ma anche le più sottili tecniche di
deformazione mediatica — immagini caricate emotivamente;
eventi collocati fuori dal loro contesto storico; limitazione degli
argomenti alle opzioni “realiste”; presentazione dei punti di
vista di oppositori posti in modo tale che sembrare
insignificanti; personalizzazione di realtà complesse (Saddam =
Iraq); oggettivazione delle persone (“danni collaterali”); ecc.
Queste analisi perdurano ancora, generando una vera industria
di articoli, di conferenze e di libri, che studiano tutti gli aspetti
della falsificazione mediatica.
I più ingenui vedono le falsificazioni come semplici errori o
tendenze che potrebbero essere correttese un numero
sufficiente di spettatori telefonasse per lagnarsi, o se facesse
pressione sui mass media perché allarghino un po’ la gamma
dei punti di vista. Nel suo aspetto più radicale, questa
prospettiva si manifesta nella tattica limitata ma comunque
esemplare che consiste nel riunirsi per manifestare dinanzi alla
sede di alcuni mass media.
Altri, coscienti che i mass media sono proprietà degli stessi
centri di interessi che possiedono lo Stato e l’economia, e che
dunque serviranno sempre questi stessi interessi, si
preoccupano di propagare tramite mass media alternativi
l’informazione passata sotto silenzio. Ma la profusione di
notizie sensazionaliste generosamente lanciate nello spettacolo
è talmente soffocante, che la rivelazione di una nuova
menzogna, di uno scandalo o di un’atrocità supplementare
raramente produce altro che maggiore confusione e cinismo.
Altri ancora tentano di aprire una breccia in quest’apatia
ricorrendo alle tecniche di manipolazione della propaganda e

101
La società del situazionismo ed altri scritti

della pubblicità. Una pellicola antimilitarista, ad esempio, si


presume di norma che produca un effetto “potente” se presenta
una valanga di immagini sugli orrori della guerra. L’effetto
subliminare che produce in definitiva una tale valanga va
invece a favore della guerra — trovarsi presi in un irresistibile
attacco di caos e di violenza (per quanto rimanga
confortevolmente vissuto per procura, contemplandolo), è
proprio quello che, nella guerra, è eccitante per degli spettatori
disincantati. Bombardare la gente di immagini che si
succedono ad un ritmo accelerato e che suscita emozioni
intense non fa che rafforzare ancora di più la sensazione
familiare di confusione, di fronte ad un mondo che sfugge loro.
Gli spettatori, la cui attenzione non può essere mobilitata oltre i
trenta secondi, possono provare momentaneamente disgusto
per la guerra, alla vista di bambini bruciati dal napalm, ma
possono altrettanto facilmente essere incitati ad una furia
fascista il giorno seguente da altre immagini — delle immagini
di gente che brucia la bandiera, ad esempio.
Nonostante i loro messaggi esplicitamente radicali, o supposti
tali, i mass media alternativi hanno riprodotto generalmente il
rapporto dominante spettacolo-spettatore. Si tratta di minare le
basi di questo rapporto — di combattere il condizionamento
che prima di tutto predispone la gente alle manipolazioni
mediatiche. il che significa in definitiva combattere
l’organizzazione sociale che produce questo condizionamento,
che trasforma in spettatori di avventure prefabbricate la gente
resa incapace di creare le proprie avventure.
UFFICIO DEI SEGRETI PUBBLICI
3 aprile 1991

102
La società del situazionismo ed altri scritti

L’Ufficio dei Segreti Pubblici raccomanda:


“La dialettica può spezzare i mattoni?”
di René Viénet
— Pacific Film Archive, Berkeley, 19 marzo 1992, 7:30 p.m.

“Immaginate un film di kung fu in cui i lottatori di arti


marziali declamano aforismi situazionisti sul superamento
dell’alienazione mentre burocrati decadenti esercitano ironie
sullo stallo della rivoluzione. Questo è quanto troverete
nell’insolente riadattamento ad opera di René Viénet di un film
cinese di scazzottature. Influente situazionista, Viénet ha tolto
la colonna sonora ad un ordinario prodotto d’esportazione di
Hong Kong e vi ha sbattuto sopra il suo dialogo
impressionante... Una brillante, acre e sfrenata critica del
fallimento del socialismo nella quale i lottatori di arti marziali
controbattono ai colpi ideologici con stoccate teoriche di
Debord, di Reich e di altri... L’obiettivo di Viénet è inoltre il
meccanismo del cinema e in che modo esso serva l’ideologia.”

—Nota di Programma del PFA

103
La società del situazionismo ed altri scritti

Da quando Debord ha ritirato definitivamente tutti i suoi film


dalla circolazione, Può la dialettica spezzare i mattoni? è
virtualmente l’unico esempio disponibile di un uso
situazionista del cinema. La pellicola di Viénet è un prodotto
molto inferiore a uno qualunque di Debord, ma è più che
meritevole di essere visto per il coerente uso della tecnica
situazionista del détournement — il deturnamento degli
elementi culturali già esistenti per nuovi scopi sovversivi. Altri
registi hanno usato alcuni aspetti di questa tecnica, ma soltanto
in modi confusi e semi-coscienti, o per fini puramente
umoristici come in What’s Up Tiger Lily? di Woody Allen.

Il film di Viénet è ancora più divertente, ma il suo humour


proviene non tanto dalla satira di un assurdo genere di film
quanto dal suo insidiare il rapporto spettacolo-spettatore al
cuore di una società assurda. Sia nel suo contenuto sociale-
critico che nella sua forma auto-critica, presenta uno stridente
contrasto con il riformista piagnucoloso e il militante
scalmanato che caratterizzano i media apparentemente più
radicali. Rovesciando il potere persuasivo del medium contro
sé stesso (i caratteristi criticano la trama, il loro ruolo in essa e
la funzione degli spettacoli in generale), neutralizza
costantemente la tendenza degli spettatori ad identificarsi con
l’azione filmica, ricordando loro che l’avventura reale — o la
sua mancanza — ha luogo nella loro propria vita.

UFFICIO DEI SEGRETI PUBBLICI


Marzo 1992

104
La società del situazionismo ed altri scritti

Corrispondenza sulla
questione della religione
(Jean-Pierre Baudet e Ken Knabb)

Ti ringrazio molto per avermi inviato il tuo libro Public Secrets


[Segreti pubblici]. Ciò mi ha permesso di leggere integralmente
quanto hai scritto sulla religione (e talvolta di rileggere,
giacché tempo fa ne avevo già letto alcune parti). Certamente
la religione è una questione che deve essere affrontata oggi per
la semplice (sebbene deplorevole) ragione che a differenti
livelli ed in vari modi, la religione non è scomparsa, come si
poteva immaginare (e sperare) alcuni decenni fa. Al contrario,
in tutti i paesi moderni una moderna sorta di religione
(l’economia) domina ancora il popolo, con la sua etica, la sua
teologia ed i suoi sacerdoti, e nondimeno le religioni
tradizionali sopravvivono altrettanto bene; e nei paesi con
strutture più antiquate, le forme tradizionali della religione non
soltanto sopravvivono, ma crescono e si rafforzano molto, in
particolare nelle regioni islamiche del mondo. Sembra dunque
evidente che è impossibile trascurare la questione della
religione.

The Realization and Suppression of Religion fu scritta nel 1977


da un punto di vista americano, voglio dire da un paese in cui
la società dello spettacolo era già interamente sviluppata, e
dove era già ovvio che alcuni nuovi tipi di religione (le sette)

105
La società del situazionismo ed altri scritti

non erano (come si poteva credere, a torto, da una prospettiva


europea) una semplice compensazione dovuta a un grado
incompiuto dello spettacolo, e così destinati a scomparire, ma
che al contrario, tutti e due, lo spettacolo completamente
sviluppato e la religione, sono risultati fenomeni congiunti che
possono coesistere. In una parola, lo spettacolo (benché sia una
sorta di religione più appropriata ai “tempi moderni”) non ha
rimpiazzato la religione, non ha realizzato ciò che si attendeva
da un punto visto strettamente radicale. Ma ciò, non deve aver
condotto ad un’analisi più profonda della questione: quale tipo
di religione è scomparsa, e quale tipo è rimasto?

In passato, la “religione” comprendeva molti elementi diversi,


o contraddittori. Tra di essi, alcuni sono stati ovviamente
recuperati dallo spettacolo, altri sono stati lasciati indietro e
dovettero essere risolti con mezzi (religiosi) tradizionali. Ma
quali sono gli elementi che sono rimasti? Apparentemente, gli
elementi che presenti sono più o meno legati con quella che
potrei chiamare la dimensione “medica” (o “igienica” o
“terapeutica” o “californiana”) della religione; nella società
moderna, la gente ha ovviamente dei bisogni che riguardano un
“equilibrio personale” che si possono alleviare soltanto
attraverso tecniche essenzialmente terapeutiche, diciamo, semi-
religiose.

Ma sappiamo tutti che questo era un solo aspetto delle religioni


del passato. La religione cercava di essere allo stesso tempo
questo tipo di “medicina” ma anche un sistema di conoscenza
(mitologia, storie della genesi, pratica magica, comprensione
della natura); una direzione per l’arte e l’estetica; un modo di

106
La società del situazionismo ed altri scritti

strutturare lo scambio sociale ispirato dalle cosiddette relazioni


dell’uomo con gli dei ed il mondo in generale; ed infine ma
non per ordine d’importanza, un tentativo dell’uomo di
valutare sé stesso, la sua vita e la sua morte, il contrasto tra il
suo corpo finito e la sua anima “infinita” — tutto questo
mescolato insieme in un contesto completamente alienato e che
cerca di condurlo ad una totalità coerente, posta quasi senza
eccezione sotto il controllo di un potere già dominante o in
formazione. Naturalmente noi sappiamo che non si può trovare
nessuna attività o aspetto contemporaneo dell’umanità che non
abbia origine nella religione, perché la religione fu per molti
millenni l’elemento unitario dell’umanità. Così la storia delle
epoche successive, cominciando dagli antichi imperi in
Mesopotamia, Egitto e India, iniziò lentamente il lungo e
irreversibile movimento di scomposizione centrifuga che ha
condotto alla odierna estrema divisione di conoscenza e
pratica. Ma ricordando tutto questo siamo autorizzati a parlare
di “religione” per dare rilievo alla gran quantità di sette odierne
e ai bisogni “religiosi”? Questi bisogni sono troppo terapeutici
per essere considerati come una religione da un punto religioso,
e troppo religiosi per essere accettati come puramente
terapeutici da un punto di vista anti-religioso. Tutto ciò spiega,
dal mio punto di vista, come dal tuo tentativo di fare una sintesi
non può arrivare nulla di buono: ciò che rimaneva della
religione era soprattutto la dimensione “terapeutica”, cioè più
prosaica, quella che le religioni dominanti (almeno quelle
occidentali) hanno sempre respinto come una prospettiva
inferiore, come una parte essenzialmente non religiosa della
religione: un ritrovare l’equilibrio che non doveva essere

107
La società del situazionismo ed altri scritti

ricercato per sé stesso, ma doveva arrivare in aggiunta alla


coscienza (vedere Freud). La religione, quando era forte, non
pensò mai di essere adottato soltanto dal gente debole e
malata. Non pensi che tutte le religioni del passato sarebbero
state piuttosto sconvolte da una simile giustificazione medica?
Bene, naturalmente non mi preoccupo assolutamente di ciò che
le antiche religioni avrebbero pensato di questo: ma il loro
punto di vista non era estremamente più ricco di quello
terapeutico, e pertanto il loro disprezzo non sarebbe “giusto”.

Per queste ragioni, credo che la teoria dello spettacolo avesse


perfettamente ragione a mostrare la religione sostituitta in gran
parte dall’economia e dallo spettacolo. Ciò che ne era rimasto
erano soltanto parti, frammenti di religione. La necessità di
sentirsi parte di un’unità, o di essere sé stessi, che turba la
gente di tanto in tanto, può ad esempio essere soddisfatta da
una società libera dove l’uomo sarebbe praticamente una parte,
una parte personale, originale ed insostituibile dell’intero (ecco
perché l’Atene classica non aveva alcun bisogno di una vera
religione: le domande che la religione può soltanto porre
stavano già per essere risolte dalla democrazia attiva), ma
nell’attesa (molto lunga) la gente ha continuato a cercare di
risolvere i problemi con le credenze, con la fede, e
naturalmente i rivoluzionari possono soltanto essere contro
questi metodi, queste ninne-nanne, questi anestetici. La
mancanza di una soluzione appropriata deve essere
sperimentata e sentita da tutti: questa è davvero la soluzione
sana, nella misura in cui la salute ha qualcosa a che vedere con
l’intelligenza! Il fatto di praticare lo yoga, per esempio, o altre

108
La società del situazionismo ed altri scritti

tecniche di rilassamento per la propria salute personale, sono


per me una questione strettamente personale, come quelle di
bere vino o fare l’amore; non si deve diffondere o denunciare
tali cose pubblicamente, e non le si dovrebbe mescolare alle
idee sociali, alla teoria radicale, ecc. (d’altra parte, credo che il
vino o l’erotismo siano alla fine più compatibili con una vita
sociale emancipata che il sedersi tutto il giorno su un tappeto di
preghiera). Credo dunque che la tua argomentazione abbia una
base doppia e contraddittoria: quando vieni attaccato sulla
questione dello Zen, ti difendi dicendo che si trattava soltanto
di una questione personale, ma poi cerchi di fare propaganda
al tutto. Così, hai provato a conciliare il popolo con attività
(buddhismo ed attivismo critico) che non hanno nulla in
comune, e che non possono avere nulla in comune. [...]

La tua analisi e la tua critica si occupa solo della religione


Cristiana, mentre il Buddhismo è trattato come “un’esperienza
personale” positiva (“lo Zen in particolare è più una pratica che
un sistema di credenze”, pag. 145). Perché non ti piace la prima
e ti piace il secondo? Un trattamento davvero ingiusto. E tu
realmente pensi che la descrizione del tuo soggiorno a
Tassajara può essere presa come “una traccia di come potrebbe
essere la vita”? Naturalmente la vita potrebbe essere così, ma
sarebbe il caso? E tu presumi che il popolo combatta e lotti per
una simile “vita”? [...]

Io penso che nessuno dei tuoi lettori europei potrebbe


approvare pubblicamente questa parte del tuo libro, ed io
altrettanto, io sicuramente la ripudierei alla prima occasione.

109
La società del situazionismo ed altri scritti

Suppongo che tu sia cosciente di tali conseguenze, e vorrei


sapere cosa ne pensi.

—JEAN-PIERRE BAUDET
Parigi, marzo 1997

***

Se gli anarchici e gli ultragauchistes mi considerano troppo


situazionista (ma per ragioni ben diverse), i situazionisti stessi
mi hanno spesso visto come uno abbastanza eretico. Per citare
soltanto l’esempio più evidente, il mio opuscolo La
realizzazione e la soppressione della religione (1977) era una
sfida quasi inaudita indirizzata all’interno di tutto il milieu. Le
diatribe di Michel Prigent riprodotte alla fine di Public Secrets
danno un’idea delle reazioni più deliranti che ha causato. Una
risposta più seria si può leggere in una lettera di Jean-Pierre
Baudet, un situazionista parigino con referenze abbastanza
ortodosse (autore o traduttore di alcuni libri di Champ Libre
che ha frequentato Debord per un certo tempo). Come la
maggior parte dei situs francesi, Baudet era sconcertato dalla
mia violazione del tabù situazionista contro la religione, ma si
è reso conto che nell’opuscolo vi era troppa sostanza per essere
semplicemente respinto. Vent’anni dopo, la questione non è
scomparsa.

Baudet comincia riconoscendo che avevo ragione a segnalare


la vitalità persistente della religione quando i radicali

110
La società del situazionismo ed altri scritti

“materialisti” tradizionali (compresi i situazionisti) avevano


dichiarato con sufficienza che era sul punto di scomparire:

Certamente la religione è una questione che deve essere


affrontata oggi per la semplice (sebbene deplorevole) ragione
che a differenti livelli ed in vari modi, la religione non è
scomparsa, come si poteva immaginare (e sperare) alcuni
decenni fa. (...) The Realization and Suppression of Religion
[La realizzazione e la soppressione della religione] fu scritta
nel 1977 da un punto di vista americano, voglio dire da un
paese in cui la società dello spettacolo era già interamente
sviluppata, e dove era già ovvio che alcuni nuovi tipi di
religione (le sette) non erano (come si poteva credere, a torto,
da una prospettiva europea) una semplice compensazione
dovuta a un grado incompiuto dello spettacolo, e così destinati
a scomparire, ma che al contrario, tutti e due, lo spettacolo
completamente sviluppato e la religione, sono risultati
fenomeni congiunti che possono coesistere. (...) Ma ciò, non
deve aver condotto ad un’analisi più profonda della questione:
quale tipo di religione è scomparsa, e quale tipo è rimasto?

Baudet continua discutendo su vari aspetti della religione, e


concludendone che presto troppa attenzione ai suoi aspetti
“terapeutici”, che trova validi ma limitati. Ma il mio opuscolo
non era un tentativo di trattare le grandi questioni storiche che
evoca, per quanto interessanti possano essere. Lo scopo
principale dell’opuscolo era di confrontare il movimento
situazionista con alcuni flagranti problemi nella sua teoria e
nella sua pratica. Ho sollevato “la questione della religione”
perché credevo che il punto debole dei situazionisti a proposito

111
La società del situazionismo ed altri scritti

della religione avesse una relazione molto stretta con questi


problemi. Il contrasto tra l’atteggiamento dialettico dei
situazionisti verso l’arte ed il loro atteggiamento non dialettico
verso la religione saltava agli occhi. L’originalità sovversiva
dei situazionisti veniva in grande misura dal fatto che
riconoscevano al tempo stesso gli aspetti positivi dell’arte (arte
come terreno della creatività) ed i suoi limiti (la sua tendenza
ad incanalare la creatività in un quadro limitato); di modo che
il progetto rivoluzionario poteva essere visto come ciò che
implica in una volta “la realizzazione e la soppressione
dell’arte” mediante l’estensione della creatività a tutti gli
aspetti della vita. In un modo simile, credevo che si potesse
considerare la religione, nonostante tutti i suoi ovvi elementi di
merda, come un terreno dove alcune questioni fondamentali
(etica, integrazione personale, comunione sociale, senso della
vita) sono state poste più profondamente, benché entro dei
quadri limitati (e generalmente perniciosi). Rifiutando
completamente la religione, i situazionisti sono rimasti
all’oscuro delle esperienze e delle prospettive che avrebbero
potuto essere loro utili, e sono caduti nell’errore di un
atteggiamento volgarmente “egoista” che ha incoraggiato
l’adozione di ridicoli ruoli neo-aristocratici e li ha lasciati in
imbarazzo quando le cose non hanno preso la piega che si
aspettavano.

Baudet non discute nessuno di questi argomenti, benché si


trovasse in una buona posizione avendo esperienza dei
problemi che ho segnalato. Invece di chiedersi se le soluzioni
che ho cercato possano avere qualcosa a che fare con questi

112
La società del situazionismo ed altri scritti

problemi, dichiara categoricamente che non c’è nessun


collegamento possibile:

Hai provato a conciliare il popolo con attività (buddhismo ed


attivismo critico) che non hanno nulla in comune, e che non
possono avere nulla in comune.

Ho ricevuto esattamente la stessa protesta dai buddhisti radicali


che ho criticato, che non possono immaginare come le mie
tattiche “conflittuali” e che “seminano la discordia” potrebbero
conciliarsi con i valori buddhisti ai quali si aggrappano.

Io penso che nessuno dei tuoi lettori europei potrebbe


approvare pubblicamente questa parte del tuo libro, ed io
altrettanto, io sicuramente la ripudierei alla prima occasione.
Suppongo che tu sia cosciente di tali conseguenze, e vorrei
sapere cosa ne pensi.

Un po’ più tardi Baudet ha cessato ogni contatto con me,


verosimilmente a causa di questi aspetti religiosi, dato che non
ha mai espresso nessun’altra obiezione al libro. Fino ad ora,
tuttavia, né lui né nessun altro dei lettori europei che
dovrebbero disapprovarmi ha mai criticato pubblicamente il
libro. Li invito a farlo.

—KEN KNABB

113
La società del situazionismo ed altri scritti

Estratto di un opuscolo pubblicato nell’aprile 2000

Introduzione ai film di Guy Debord

Se riusciremo a venir fuori da questo imbroglio e a creare una


società sana e liberata, le generazioni future si volgeranno a
Guy Debord come a colui che avrà contribuito a questa
liberazione più di chiunque altro nel XX secolo.

Guy Debord (1931-1994) è stato il personaggio più influente


dell’Internazionale Situazionista, il noto gruppo che svolse un
ruolo chiave catalizzando la rivolta del maggio 1968 in
Francia. L’influenza dei suoi scritti è profonda, ed abbastanza
evidente per quelli che sono capaci di andare oltre le apparenze
superficiali. In compenso, i suoi film, altrettanto notevoli, sono
molto meno conosciuti, almeno finora.

Ciò è dovuto al fatto che praticamente non sono stati


accessibili. I primi tre film sono stati raramente presentati,
benché il primo abbia causato qualche breve scandalo negli
anni 50. Gli ultimi tre sono stati proiettati un po’ più
generosamente a Parigi negli anni 70 ed all’inizio degli anni
80, ma altrove poca gente ha avuto la possibilità di vederli. Poi,
nel 1984, Gérard Lebovici, l’amico ed editore di Debord (che
aveva anche finanziato i suoi ultimi tre film), fu assassinato.
Irritato dall’atteggiamento della stampa francese, che
propagava le voci sulle pretese “losche frequentazioni” di
Lebovici e che in alcuni casi non temeva di insinuare che
Debord stesso avrebbe potuto avere qualche relazione con

114
La società del situazionismo ed altri scritti

l’omicidio del suo amico, Debord ritirò dalla circolazione tutte


le sue pellicole. Eccetto alcune proiezioni private, nessuno non
ne ha più visto nessuno fino al 1995, quando, poco dopo la
morte di Debord, due film (e un video che aveva appena
completato) furono mostrati su una rete via cavo francese. Da
allora alcune copie video pirata di questi tre lavori sono
circolate, ma i film sono rimasti inaccessibili fino al 2001,
quando Alice Debord ha iniziato a renderli disponibili
nuovamente.

Tecnicamente ed esteticamente, le pellicole di Debord sono fra


le opere più brillanti e innovative della storia del cinema. Ma,
effettivamente, non sono tanto “opere d’arte” quanto
provocazioni sovversive. A mio parere sono i più importanti
film radicali che siano mai stati fatti, non soltanto perché
esprimono la più profonda prospettiva radicale del secolo
scorso, ma perché non hanno avuto alcuna seria concorrenza
cinematografica. Alcuni film hanno rivelato questo o
quell’aspetto della società moderna, ma quelli di Debord sono i
soli che presentano una critica coerente di tutto il sistema
mondiale. Alcuni cineasti radicali hanno fatto riferimento, a
parole, allo straniamento brechtiano, cioè ad incitare gli
spettatori a pensare ed agire da sé stessi invece di spingerli
all’identificazione passiva nell’eroe o nell’intreccio, ma
Debord è praticamente il solo che abbia veramente realizzato
quest’obiettivo. A parte alcuni lavori di livello nettamente
inferiore e che sono stati influenzati da lui, i suoi film sono i
soli che abbiano fatto un uso coerente della tattica situazionista
del détournement degli elementi culturali esistenti per nuovi

115
La società del situazionismo ed altri scritti

obiettivi sovversivi. Il deturnamento è stato spesso imitato, ma


nella maggior parte dei casi soltanto in modo confuso e
semicosciente, o per uno scopo puramente umoristico. Non si
tratta soltanto di giustapporre a caso degli elementi incongrui,
ma piuttosto (1) di creare una nuova unità coerente che (2)
critica a sua volta il mondo esistente e la sua relazione con
questo mondo. Alcuni artisti, cineasti ed anche pubblicitari
hanno usato delle giustapposizioni simili superficialmente, ma
la maggior parte di esse è lontana dal realizzare (1), per non
dire di (2).

Le opere di Debord non sono né discorsi filosofici da torre


d’avorio, né proteste militanti ed impulsive, ma degli esami
implacabilmente lucidi delle tendenze e delle contraddizioni
più fondamentali della società in cui viviamo. Ciò vuol dire che
si deve rileggerle (o nel caso dei film, rivederli) numerose
volte, ma ciò vuol dire anche che rimangono pertinenti come
prima, mentre innumerevoli mode radicali o intellettuali sono
apparse e scomparse. Come ha notato Debord nei Commentari
sulla società dello spettacolo, nei decenni che sono seguiti alla
pubblicazione della Società dello spettacolo (1967) lo
spettacolo è diventato più pervasivo che mai, al punto di
soffocare praticamente ogni coscienza della storia pre-
spettacolare e ogni possibilità anti-spettacolare: “il dominio
spettacolare è riuscito ad allevare una generazione piegata alle
sue leggi.”

Come risultato di questo nuovo sviluppo, quelle frasi di Debord


che in precedenza erano respinte perché esagerate o
incomprensibili sono ora respinte, con la stessa superficialità,

116
La società del situazionismo ed altri scritti

perché ovvie e banali; e quelle persone che prima sostenevano


che l’oscurità delle idee situazioniste dimostrava la loro
insignificanza ora sostengono che la loro notorietà dimostra la
loro obsolescenza. Ma coloro che pensano che i situazionisti
siano stati recuperati perché alcuni frammenti delle loro opere
sono stati esibiti nei musei, sezionati nelle università o discussi
nei mass media non si sono probabilmente presi la briga di
rileggerle recentemente.

I nostri agitatori hanno fatto passare ovunque delle idee con le


quali una società di classe non può vivere. Gli intellettuali al
servizio del sistema, peraltro ancora più visibilmente in declino
di esso, cercano oggi di maneggiare questi veleni per trovare
degli antidoti; ma non vi riusciranno. Avevano fatto prima i più
grandi sforzi per ignorarli, ma invano: tanto è grande la forza
della parola detta a suo tempo. . . Che non si chieda ora quanto
valevano le nostre armi: sono rimaste in gola al sistema delle
menzogne dominanti. [In girum...]

Oso dire che la stessa cosa si dimostrerà vera con i film di


Debord, nonostante tutti gli sforzi per neutralizzarli.

Essendo il diagnosta più penetrante dell’epoca attuale, non è


affatto sorprendente che la notorietà di Debord sia crescente, né
che questa notorietà consista, in così gran parte, di voci ostili
sulla sua vita privata e di ridicole idee errate sui suoi progetti e
le sue prospettive. Fortunatamente, è capace di spiegarsi e di
difendersi da sé stesso, così non credo che sia necessario per
me cercare di farlo qui al posto suo.

117
La società del situazionismo ed altri scritti

Mi permetterò tuttavia di citarlo ancora una volta, per confutare


una delle falsificazioni più grezze e più diffuse, che vorrebbe
presentarlo come un artista o uno letterato attento solo allo stile
che avrebbe attraversato una fase radicale ma che si sarebbe in
seguito disilluso e rassegnato:

Dal primo momento, ho trovato giusto dedicarmi al


rovesciamento della società, ed ho agito di conseguenza. Ho
preso questo partito in un momento in cui quasi tutti credevano
che l’infamia esistente, nella sua versione borghese o nella sua
versione burocratica, avesse il più roseo futuro. E da allora,
non ho, come gli altri, mutato avviso una o più volte, con il
cambiare dei tempi; sono piuttosto i tempi che sono cambiati
secondo le mie idee. Vi è in questo di che dispiacere ai
contemporanei. [In girum...]

Anche coloro che si lagnano della “oscurità” di Debord devono


essere capaci di comprendere queste parole senza difficoltà.

Non pretendo che Debord sia al di là di ogni critica, ma


semplicemente che la maggior parte delle critiche che sono
state fatte finora è erronea o irrilevante. Va da sé che il fatto di
venerarlo passivamente va contro tutto ciò che incarnava. Si
tratta di comprendere bene ciò che ha da dire, di utilizzare ciò
che sembra pertinente e di ignorare ciò che non lo sembra. La
vera questione posta in questi film, non è di sapere ciò che
Debord ha fatto della sua vita, ma ciò che voi farete della
vostra.

***

118
La società del situazionismo ed altri scritti

L’edizione francese di queste sceneggiature non contiene


alcuna nota o altri testi. Per la presente edizione ho aggiunto
alcuni documenti (tutti di Debord) e altro materiale connesso.
Benché mi sia astenuto generalmente dal proporre commenti
esplicativi, ho incluso delle note informative abbastanza
complete, comprese le fonti della maggior parte dei riferimenti
e dei deturnamenti che conosco, come pure tutte le annotazioni
di Debord su In girum... Sarò riconoscente a coloro che mi
segnaleranno errori o omissioni nelle note, o che mi forniranno
proposte per migliorare le traduzioni.

L’edizione francese presenta le sceneggiature secondo una


maniera interlineare abbastanza complessa. Per ragioni
tecniche le ho riordinate in due colonne separate. La colonna di
sinistra presenta il testo principale come voce fuori scena (e
questa voce è generalmente quella dello stesso Debord). La
colonna di destra descrive le immagini corrispondenti e altro
materiale occasionale (musica, sottotitoli, didascalie, brani di
altri film). Un’immagine o una sequenza di immagini comincia
durante la riga di testo che è direttamente di fronte, e continua
fino a che non è indicata un’altra immagine. Le illustrazioni,
che si trovano alla fine di ogni sceneggiatura, sono le stesse che
sono state scelte da Debord per l’edizione francese.

Queste traduzioni saranno utilizzate anche per sottotitolare i


film. Nel momento in cui questo libro va in stampa il timing e
le altre modalità della sottotitolatura non sono ancora state
determinate, ma se tutto andrà bene è probabile che le versioni
sottotitolate in inglese saranno disponibili nel 2004. Si possono
trovare le ultime informazioni sui film sul mio sito Internet

119
La società del situazionismo ed altri scritti

“Bureau of Public Secrets”. Vorrei ringraziare Alice Debord,


che ha preso la gradita decisione di far circolare nuovamente i
film, e che mi ha fatto l’onore di chiedermi di tradurli; Michèle
Bernstein, James Brook, Daniel Daligand, Alice Debord e
Mateusz Kwaterko, che hanno fornito informazioni, critiche e
suggerimenti; Jeanne Smith per la bella grafica del libro, e per
avermi aiutato tecnicamente nell’impaginazione delle
sceneggiature; e le persone di AK Press, che hanno accettato di
assumersi l’onere di un progetto che è risultato
eccezionalmente complicato (ma anche appassionante). Saluto
inoltre i precedenti traduttori e tutti gli altri che hanno
contribuito a diffondere le sceneggiature e le copie video
quando le pellicole erano inaccessibili e quasi sconosciute.

KEN KNABB
Aprile 2003

120
La società del situazionismo ed altri scritti

Cancello d’ingresso ai vasti reami


Letture consigliate, dalla letteratura alla rivoluzione

(Introduzione)

Ho sempre amato leggere, e mi hanno sempre incuriosito i libri


che piacevano agli altri. Quali erano le loro personali
preferenze? Quali libri li hanno influenzati di più? Quali sono
quelli che sceglierebbero se si trovassero bloccati su un’isola
deserta? Quali raccomandano più caldamente, e perché?
Spesso mi sono stati chiesti dei consigli. Ho pensato che
potrebbe essere interessante stilare un elenco generale dei libri
che mi entusiasmano di più.
Questo progetto mi ha impegnato per un anno. Ho riletto
dozzine di libri e riesaminato centinaia di altri per vedere se
erano buoni come li ricordavo, o per comparare le traduzioni
recenti con quelle che avevo letto a suo tempo. Era anche
l’occasione giusta per colmare le lacune nelle mie letture — dei
libri che, per una ragione o per un’altra, non avevo mai trovato
il tempo di leggere, ma che ho ritenuto di dover esaminare per
sapere se meritavano di essere inseriti nella mia lista.
Una volta completata la mia selezione, ho cercato di spiegare
ciò che trovavo di significativo in ogni opera, e di farlo con
parole mie. Dato che Kenneth Rexroth ha detto tante cose
eccellenti su un bel numero di opere che ho incluso (e in molti
casi era stato lui a spingermi a leggerle), sarebbe stato fin
troppo facile citare le sue note in extenso. Ho deciso così di
non tenerne conto (a parte una o due brevi eccezioni). In
compenso, ho inserito numerosi collegamenti ai saggi di
Rexroth presenti su questo sito web e che vi si riferiscono.
I miei commenti non pretendono di essere esaustivi, ma
puntano semplicemente a segnalare alcune delle ragioni per cui

121
La società del situazionismo ed altri scritti

voi potreste leggere queste opere. Alcune sono discusse più


ampiamente perché sono meno conosciute, mentre i classici
famosi possono richiedere solo una o due frasi, in particolare
quando la mia opinione non differisce da quella generale dei
lettori e dei critici, che hanno descritto i loro meriti meglio di
quanto io possa sperare di fare.
La parte letteraria dell’elenco non è, infatti, molto originale.
Molte delle mie scelte si ritrovano in altre liste (vedi la sezione
“Books on Books” e l’Appendice I). Il fatto che differenti tipi
di persone di epoche e di luoghi differenti tendano nondimeno
a scegliere all’incirca le stesse opere è una conferma della loro
universalità e della loro perdurante rilevanza.
Le principali differenze si trovano nelle altre sezioni. La
maggior parte degli elenchi di opere consigliate sono
soprattutto letterari, comprendendo forse alcune opere storiche
e filosofiche, qualcuna di teoria sociale, e ancora meno di
teoria radicale. Invece questa lista contiene quasi altrettante
opere di analisi sociale radicale che di letteratura. Vi sono un
certo numero di opere che toccano altre aree nelle quali ho un
particolare interesse, come per la scienza e il buddismo zen,
oppure per l’intrattenimento più leggero (romanzi polizieschi,
di fantascienza, umoristici, a fumetti). È una selezione
personale, non un “canone”.
I radicali possono domandarsi perché tutta questa letteratura o
perché tutti questi studi sul buddismo. Coloro che praticano lo
Zen o gli appassionati di letteratura possono domandarsi perché
tutti questi libri sulla rivoluzione. Quali che siano le vostre
tendenze, spero che coglierete l’occasione di esplorare le aree
nelle quali non avete già familiarità.
Non ho presentato nessuna “analisi radicale” di questi testi. Ma
non si deve ritenere che mi trovi d’accordo con essi soltanto
perché non faccio critiche. Presumo che i lettori siano dotati di
una sufficiente prospettiva storica per non scandalizzarsi se

122
La società del situazionismo ed altri scritti

un’opera vecchia di qualche secolo non segue gli ultimi


dettami del politicamente corretto. Solo coloro che ignorano la
storia immaginano che popoli di epoche passate potessero, e
avessero dovuto, vivere secondo gli standard correnti
(compreso l’uso di una fraseologia approvata ufficialmente che
probabilmente sarà sorpassata tra cinque o dieci anni). Si tratta
di sapere ciò che quei popoli hanno fatto nelle situazioni in cui
si trovavano. Se foste capaci di di mettervi al loro posto — e
non potrete sperare di farlo senza leggere la loro storia e la loro
letteratura — scoprireste che i loro dilemmi non differivano
tanto da quelli che dobbiamo fronteggiare oggi.
Quando vedete, per esempio, che persone intelligenti e ben
intenzionate di altre epoche erano capaci di pensare che la
schiavitù era normale o che le donne erano per natura inferiori
agli uomini, voi vi rendete conto che le opinioni più illuminate
che sono prevalse in seguito hanno richiesto secoli di lotte, e
che voi probabilmente non avreste fatto di meglio se foste stati
in quella stessa situazione; e che voi e i vostri contemporanei
avete forse degli ottenebramenti che sembreranno altrettanto
pazzeschi alle future generazioni. Ciò non implica che dobbiate
cessare di combattere i mali esistenti in nome di un
“relativismo culturale” vigliacco, ma che potete combatterli
con un po’ più di umiltà e un po’ meno di autocompiacimento.
Personalmente, trovo la maggior parte della letteratura
“radicale” trita e noiosa, anche se simpatizzo per i suoi
obiettivi. Troverete alcune opere letterarie “radicali” in questo
elenco, ma soltanto perché si tratta di documenti di grande
ricchezza umana, non a causa del loro messaggio sociale. I veri
classici sono radicali non perché preconizzano il rovesciamento
del capitalismo, ma perché riflettono i valori più fondamentali
della vita umana, valori che implicitamente contraddicono i
sistemi sociali che disumanizzano e alienano il popolo. Una
delle ragioni per le quali la gente vi ritorna continuamente è

123
La società del situazionismo ed altri scritti

che essi sollevano questioni difficili invece di offrire facili


risposte.
Per ragioni simili, non mi sono sforzato di presentare un
“bilancio” politicamente corretto. Virginia Woolf aveva ragione
a segnalare (in Una stanza per sé) che se Shakespeare avesse
avuto una sorella dotata quanto lui, lei non avrebbe avuto le
stesse opportunità di coltivare quei doni. Resta il fatto che,
poiché la maggior parte delle donne (e della gente di colore,
delle classi inferiori, ecc.) non avevano simili opportunità fino
ad un’epoca recente, la grande maggioranza dei libri più
essenziali, sono stati scritti da “maschi europei bianchi morti”.
Non si risolve quest’ingiustizia storica pretendendo che non sia
così. La citazione seguente, riguardo ai primi tra quei “maschi
europei bianchi morti”, cioè gli antichi Greci, si applica
altrettanto bene alle opere classiche di ogni epoca e di ogni
luogo:
Il primato dei Greci nel Pantheon della letteratura occidentale
non è né un caso né il risultato di una decisione imposta da
un’autorità superiore; è il riflesso del valore intrinseco di
quegli scritti, della loro originalità e del loro genio. Non è stato
un ukase accademico a rendere la traduzione per “Penguin”
dell’Odissea di E.V. Rieu, uno dei grandi best-seller della storia
editoriale, e i registi e gli sceneggiatori che ritornano
ossessivamente sui capolavori del teatro greco non sono guidati
dagli imperativi ideologici della classe dominante.
Quanto al curriculum scolastico multiculturale che è
l’ideale degli accademici radicali di oggi, non c’è
evidentemente nessuna obiezione fondata all’inclusione di
nuove opere che offrano una prospettiva più ampia allo
studente. Ma queste opere entreranno in competizione con le
antiche, e se non sono allo stesso livello, presto o tardi saranno
rifiutate con disdegno dagli studenti stessi; solo un regime
totalitario può imporre lo studio continuo di testi mediocri o di

124
La società del situazionismo ed altri scritti

filosofie marginali. Finché si lascerà libero corso all’idea greca


della competizione, non ci sarà alcun bisogno di preoccuparsi
sul posto futuro dei Greci nei programmi scolastici. Anche se
sono temporaneamente tralasciati in certi settori, essi
ritorneranno; in effetti, potrebbero guadagnare un pubblico più
largo proprio perché testi rigettati. Hanno resistito al passare
del tempo — più di duemila anni — e sono diventati un
elemento di base del nostro carattere, della nostra natura.
[Bernard Knox, The Oldest Dead White European Males — I
più antichi defunti maschi europei bianchi]
Naturalmente vi è una preponderanza di libri britannici e
americani in questa lista, dato che è la mia cultura. Ma vi è
anche un buon numero di opere francesi perché leggo il
francese, e un buon numero di opere cinesi e giapponesi perché
si dà il caso che siano di mio gusto. Qualcun altro avrebbe
potuto, con uguale giustificazione, inserire più opere tedesche o
spagnole o arabe o africane. Delle donne avrebbero scelto
probabilmente più autrici femminili. Ma loro possono discutere
di tali autrici meglio di me. Se non siete soddisfatti di ciò che è
inserito od omesso qui, vi incoraggio a pubblicare le vostre
raccomandazioni.
Altri includerebbero più opere recenti. In effetti, io penso che,
dopo i situazionisti e il Maggio ’68, la creatività più
innovatrice, abbia teso a prendere delle forme non letterarie.
Ho letto pochissima letteratura post-1970, e nella maggior
parte non l’ho trovata molto interessante. Ci sono senza dubbio
alcuni buoni scrittori recenti che ho ignorato, ma ad ogni modo
gli scrittori contemporanei sono già abbastanza discussi.
Per ragioni un po’ diverse, ugualmente non ho inserito quasi
nessuna opera politica successiva al 1970 (vedi la nota
all’inizio della sezione “Modern History and Revolution”).
Quest’elenco può far conoscere alle persone istruite qualche
libro che non conoscono, o forse dare loro una nuova

125
La società del situazionismo ed altri scritti

prospettiva su ciò che hanno già letto. Ma tali persone non


hanno un gran bisogno di questo tipo d’informazione. Quando
si ha familiarità con alcune delle opere più importanti, non è
difficile trovare la propria strada verso ulteriori esplorazioni.
La mia preoccupazione primaria — la cosa che mi ha ispirato
più di ogni altra nel realizzare questo elenco — è il numero
decisamente più elevato di persone, in quest’epoca di crescente
ignoranza, che ha letto poche o nessuna di queste opere.
Come ha notato Guy Debord, negli ultimi decenni “il dominio
spettacolare ha potuto educare una generazione piegata alle sue
leggi” (Commentaires sur la société du spectacle —
Commentari sulla società dello spettacolo). Egli in seguito ha
notato che “la lettura resta l’unica porta d’ingresso rimasta ai
vasti domini dell’esperienza umana pre-spettacolare”. Spero
che questo elenco aiuti la gente a fuggire i modelli spettacolari
e a cominciare da sé ad esplorare questi domini.
Fortunatamente, la lettura dei grandi libri del passato, benché
talvolta impegnativa, è una delle attività più soddisfacenti della
vita. Nel momento attuale, è anche una delle rare attività che
restano accessibili a quasi tutti, ricchi o poveri, giovani o
vecchi, malati o in buona salute, incarcerati o liberi. La grande
maggioranza di questi libri si trova nelle biblioteche pubbliche
o nelle librerie d’occasione. Molti sono archiviati sulla rete. Un
numero rispettabile di essi può essere ottenuto anche in carcere
dove un numero sempre crescente di noi viene imprigionato da
un sistema sociale sempre più malato.

Alcuni dicono di non avere il tempo di leggere — e tuttavia


ogni giorno passano ore a consumare le imbecillità ben poco
soddisfacenti propinate dai mass media.
Altri leggono un numero rispettabile di libri, ma raramente
arrivano a leggere quelli che sono i più grandi, dato che sono

126
La società del situazionismo ed altri scritti

occupati in permanenza a cercare di seguire il rinnovamento


continuo delle mediocri novità librarie che le campagne
pubblicitarie impongono come dei must, prima di essere
dimenticati l’anno seguente.
Se avete poco tempo per la lettura, a maggior ragione si devono
leggere i libri migliori ora.
Vi prego di non scoraggiarvi per il numero di libri che ho
raccomandato. Siate felici che ce ne siano tanti di buoni da
leggere!
KEN KNABB
Ottobre 2004

127
La società del situazionismo ed altri scritti

Riflessioni sulla sollevazione in Francia

Un nuovo e, per alcuni aspetti, originale movimento radicale è


emerso in Francia. A partire da febbraio con una protesta
contro il CPE, una legge che consente di licenziare più
facilmente i giovani lavoratori, ha preso forma una
contestazione ben più estesa e generale. Nei due mesi che sono
seguiti, milioni di persone hanno partecipato a manifestazioni,
ad occupazioni di scuole superiori e di università; uffici
pubblici sono stati invasi, stazioni ferroviarie ed autostrade
sono state bloccate, migliaia di persone sono state arrestate. Un
compresso presentato dal Presidente Chirac il 31 marzo è stato
rifiutato praticamente da tutti. Il 10 aprile, il governo cede e
ritira il CPE.

I media americani hanno reagito in maniera ancora più ottusa


del solito, accusando solennemente la gioventù francese di
“rifiutare il progresso” e la “modernizzazione” -- cioè di non
voler comprendere che una “sana economia” necessita che noi
si ritorni alle condizioni di servaggio che regnavano nel “libero
mercato” del 19° secolo. Ma dietro il disappunto dei
commentatori si poteva percepire il loro imbarazzo: il sistema
americano del “libero mercato” è un modello che non ha molto
successo e gli Stati Uniti sono parecchio indietro alla Francia e
a molti altri paesi in materia di sanità pubblica, di sicurezza sul
lavoro e in altre forme di protezione sociale.

Tuttavia in Francia come altrove la protezione sociale è stata


erosa in questi ultimi anni nella misura in cui i padroni della

128
La società del situazionismo ed altri scritti

società hanno sbriciolato le riforme che erano stati costretti a


concedere nel secolo scorso (sicurezza sociale, garanzia
dell’impiego, diritti dei lavoratori ed altri programmi di stampo
socialdemocratico). Il CPE (Contrat Première Embauche --
Contratto di Primo Impiego) era un altro passo indietro.
Avrebbe permesso ai padroni di licenziare ogni lavoratore d’età
inferiore ai 26 anni in qualunque momento, durante i primi due
anni di impiego, senza dover giustificare il licenziamento e
senza pagare indennità. La pseudo-logica di questa misura era
che la “flessibilità” addizionale avrebbe spinto i datori di
lavoro ad assumere più volentieri dei giovani, diminuendo la
disoccupazione (lo stesso tipo di ragionamento di chi pretende
che il miglior mezzo per diffondere il benessere consista nel
ridurre le tasse dei più ricchi, supponendo che l’incremento dei
loro profitti ricada a beneficio dei poveri). In realtà, il CPE
avrebbe permesso di licenziare delle persone, per esempio, a
causa della loro razza o del loro sesso o perché impegnate in
qualche attività radicale, in qualche forma di resistenza o
semplicemente perché sulla soglia dei due anni ed è più
economico sostituirle con nuovi “apprendisti”. Ognuno si
rendeva conto che se il padronato avesse ottenuto ciò, sarebbe
capitato il peggio. Era uno schiaffo, la prova più evidente del
disprezzo con il quale il capitalismo opprime il popolo.
“Vogliono poterci gettare via come dei vecchi Kleenex.” “Se tu
accetti questo tipo di contratti, il prossimo datore di lavoro lo
vedrà sul tuo CV e non ti assumerà con un contratto
permanente. Sarai preso in un circolo vizioso di precarietà. Già
adesso i giovani non trovano in affitto un alloggio perché i
proprietari richiedono che l’affittuario abbia un reddito tre

129
La società del situazionismo ed altri scritti

volte superiore all’affitto dell’alloggio. Nessuno potrà trovare


dove vivere con un CPE.” “Ma io non mi rassegno. Ciò che
accade va ben oltre il CPE. C’è un malessere generale. Siamo
stufi di essere la generazione Kleenex, i disponibili, che si
fanno fregare dai padroni e fottere dal governo. Ci vuole un
cambio di regime completo in Francia -- la fine della Quinta
Repubblica. Sta morendo davanti ai nostri occhi.”

Benché il movimento sia stato provocato dal CPE, ciò che lo


stimolava era il rifiuto della precarietà in generale --
l’incertezza generata dallo smantellamento delle protezioni
sociali, le paure e i sospetti reciproci prodotti da un sistema di
competizione sfrenata, gli attacchi crescenti alle libertà civili e
ai diritti dell’uomo, gli stress fisici e mentali provocati dalla
distruzione delle comunità e dal degrado dell’ambiente e la
minaccia ultima di un’apocalisse nucleare o ecologica. (Si
suscita il panico nella gente brandendo le minacce
rappresentate dai “terroristi”, dai “maniaci sessuali”, dagli
immigrati, dalle minoranze razziali e da altri capri espiatori,
precisamente per distrarre l’attenzione dalle minacce ben più
serie generate dal sistema.) L’insicurezza dell’impiego non è
che un aspetto di questa generale insicurezza, ma è quella che
colpisce più direttamente la gente nella misura in cui strati
sempre più larghi della popolazione si vedono relegati al rango
di precari -- lavoratori a tempo parziale, interinali, stagionali,
migranti, lavoratori in nero, stagisti ed apprendisti sottopagati o
non pagati ed altri ancora in tutte le altre situazioni di
precarietà. Questo “precariato” è una nuova sorta di
sottoproletariato, che non soltanto “non ha niente da vendere

130
La società del situazionismo ed altri scritti

tranne la sua forza lavoro”, ma che spesso ha poche possibilità


di venderla; una vasta sottoclasse intrappolata in un limbo di
lavori temporanei sottopagati, di temporanee indennità di
disoccupazione, di traffici, di prostituzione, di piccola
criminalità quando i soldi non sono sufficienti o sono finiti e
che da lì scivola verso l’internamento nell’industria carceraria
delle prigioni dove il sistema applica la sua “soluzione finale”
al problema della disoccupazione: il ritorno alla schiavitù.

(Il “problema della disoccupazione” è, con ogni evidenza,


puramente artificiale. In una società sana, il fatto che ci sia
meno lavoro da svolgere sarebbe causa di gioia nella misura in
cui il lavoro rimanente verrebbe equamente suddiviso,
riducendo il lavoro necessario per ciascuno. Ma il capitalismo,
che ha sviluppato delle capacità tecnologiche tali che potrebbe
facilmente ridurre il lavoro necessario a quasi niente, conserva
la sua esistenza sopprimendo questa potenzialità, costringendo
la gente ad offrirsi per dei compiti assurdi allo scopo di
ottenere dei fogli di carta che potranno scambiare con le cose
di cui hanno necessità.

La ritirata governativa del 10 aprile è stata una vittoria morale


gratificante per gli insorti, ma allo stesso tempo ha tagliato loro
l’erba sotto i piedi. L’ampio sostegno popolare si è indebolito e
le occupazioni di edifici scolastici si sono fermate. (Gli studenti
di Rennes 2, che erano stati i primi ad occupare e a bloccare
l’università, a partire dal 7 febbraio, ebbero l’onore di essere
gli ultimi a cedere, il 18 aprile.) Nondimeno migliaia di
persone hanno proseguito la lotta in vari modi, chiedendo il
ritiro di altre leggi simili al CPE e di altre penalizzanti gli

131
La società del situazionismo ed altri scritti

immigrati ed esigendo la scarcerazione di tutte le persone


arrestate nel corso di questo conflitto e delle rivolte nelle
periferie del novembre scorso. Se il movimento ha sospeso la
lotta, non è stato sconfitto. Lo spirito di ribellione è tuttora
molto attivo, benché la maggior parte di coloro che hanno
preso parte alla sollevazione prendano una pausa per respirare
e per considerare verso dove dirigersi.

Alcuni radicali hanno rimproverato a questo movimento


d’essere “riformista”, per essersi concentrato sul rifiuto di
alcune leggi e non facendo una critica più esplicita del
capitalismo e del salariato. Questa obiezione non è appropriata
per almeno due ragioni. Dapprima è ovvio che la gente
reagisca contro particolari misfatti senza attendere che sia
possibile mirare a cambiamenti sociali più fondamentali. (Per
di più, è poco probabile che arrivino mai a un tale stadio di
sviluppo se non hanno mai saggiato la loro forza o sviluppato
le loro capacità critiche in lotte più immediate.) In seguito,
molti dei partecipanti alla ribellione esprimevano abbastanza
chiaramente la loro opposizione all’intero sistema, anche se
non avevano seguito i loro critici ripetendo pedissequamente le
loro banalità radicali in ogni paragrafo. Tra tutti i manifesti,
volantini e dichiarazioni, non sarebbe facile trovarne uno solo
che faccia l’elogio del salariato. I manifestanti non dicevano
“Per favore, dateci un lavoro, saremo soddisfatti”. Loro
dicevano: “Ci troviamo in una situazione intollerabile. Quelli
che governano questa società sono responsabili di questa
situazione. Sono loro che devono fare qualcosa. È un problema
loro risolverla. Noi faremo pressione fin quando non se ne

132
La società del situazionismo ed altri scritti

occuperanno. Se si dimostreranno incapaci, troveremo degli


altri mezzi”. Mi sembra che non si possa chiedere di più a un
movimento sociale di massa nella situazione attuale.

Altri hanno osservato questo movimento dall’alto come se


fosse una mera ribellione di giovani borghesi “privilegiati”
destinati a divenire l’élite di questa società. È vero che gli
studenti sono stati la colonna vertebrale della rivolta. Ma gli
studenti delle università francesi non possono più essere
considerati oggi come una élite (le vere élite del futuro
provengono da alcune molto selezionate Grandes écoles). Una
porzione sempre crescente di essi proviene da un ambiente
operaio o impiegatizio ed anche coloro che sono usciti dalla
piccola borghesia sono costretti a rendersi conto che il futuro è
ben lungi dall’essere garantito. Per di più, gli studenti medi,
rappresentativi di una popolazione ancora più variegata, hanno
partecipato al movimento in maniera più significativa degli
universitari. C’è stata anche una considerevole partecipazione
dei “banlieusards”, la gioventù d’origine immigrata dei ghetti
suburbani che si era lanciata nella rivolta furiosamente e
disperatamente in novembre, sebbene in questa caso si debba
ammettere che divisioni e tensioni siano rimaste (C’è stato
qualche caso in cui delle gang di giovani “banlieusards” hanno
attaccato dei giovani manifestanti, senza che la polizia sia
intervenuta. Ciò ha fatto nascere il sospetto di collusioni tra la
polizia ed elementi delle gang; tuttavia questi incidenti sono
stati abbastanza sporadici.)

In ogni modo, invece di cavillare sottolineando le differenze di


classe come se rappresentassero una sorta di fato

133
La società del situazionismo ed altri scritti

meccanicistico, è più saggio osservare ciò che hanno fatto gli


insorti. Una buona parte delle assemblee generali tenute negli
istituti scolastici occupati era aperta agli altri settori della
popolazione favorendo il dialogo e la collaborazione con i
lavoratori, gli immigrati, i pensionati, i disoccupati e i precari.
Gli studenti erano poco interessati alle questioni strettamente
“studentesche” e davano l’impressione di essersi liberati dei
difetti per i quali i loro predecessori erano stati criticati in
modo caustico nel classico pamphlet situazionista De la misère
en mileiu étudiant (1966). Se il loro programma era piuttosto
ad hoc, nondimeno sembravano aver assimilato le numerose
lezioni tratte dalle lotte radicali precedenti. Nelle assemblee
generali hanno isolato le burocrazie sindacali studentesche e
imposto la democrazia diretta, praticando un libero dibattito,
votando su tutte le questioni importanti e si sono coordinati con
le altre assemblee del paese per mezzo di delegati con un
mandato stretto (Questa insistenza su rigorose procedure
democratiche, che era stata un’esigenza poco ascoltata dei
situazionisti e di pochi altri “estremisti radicali” nel Maggio
1968, era là una pratica che sembrava talmente evidente che
non era stato neppure il caso di discuterne.) Il coordinamento
nazionale non ha in alcuna maniera sconfinato a danno della
fondamentale decentralizzazione del movimento. La gente
nelle differenti città ha usato la propria immaginazione per
portare avanti una notevole varietà di azioni sperimentali di
loro propria iniziativa, senza aspettare che qualcuno dicesse
loro cosa fare. Non c’erano leader -- o migliaia di leader,
dipende da come si definisce il termine. (Nessuno ha prestato
attenzione ai patetici tentativi dei media di designare il

134
La società del situazionismo ed altri scritti

presidente del sindacato studentesco come il leader del


movimento.) Durante le manifestazioni hanno saputo resistere
al tentativo di essere guidati come pecore sui percorsi previsti
dalla polizia o dai servizi d’ordine dei sindacati, spesso
sfuggendo alla fiumana per condurre azioni indipendenti.
Hanno rifiutato il tentativo di dividere il movimento in
“casseurs” (vandali) violenti e manifestanti “responsabili”,
rimanendo concentrati sul loro obiettivo, accettando tutta una
varietà di tattiche e di tendenze per arrivarci. Mentre
detestavano i partiti di destra al potere, non erano meno
diffidenti verso i partiti di sinistra. Se alcuni di loro finiranno
per votare, tra qualche tempo, per il male minore, lo faranno
senza grandi illusioni. Hanno imparato dalla loro esperienza
che l’azione diretta è più efficace (ed anche molto più
liberatrice e divertente).

Nel Maggio 1968, il contagio di una rivolta giovanile condusse


al primo grande sciopero generale selvaggio in Francia, 11
milioni di lavoratori occuparono le fabbriche ed i posti di
lavoro del paese. La possibilità che questo scenario si ripetesse
era nella mente di molte persone quando numerosi lavoratori
hanno cominciato ad unirsi alla lotta. Ma gli stessi sindacati
che avevano sabotato la rivolta del 1968 sono riusciti, una volta
di più, a contenere gli sforzi verso uno sciopero generale. La
partecipazione dei lavoratori al movimento è stata significativa,
ma è rimasta racchiusa nel quadro delle manifestazioni
controllate e delle brevi interruzioni del lavoro puramente
simboliche. Sembra abbastanza probabile che una delle ragioni
che hanno condotto il governo a cedere sia il fatto che alcune

135
La società del situazionismo ed altri scritti

forme d’azione dei lavoratori cominciavano a sfuggire alla


camicia di forza sindacale. Quelle azioni sono cessate quando i
sindacati hanno potuto applaudire alla “vittoria” del 10 aprile.

Ma i giovani ribelli non erano fissati sugli scioperi o sulle


occupazioni di fabbriche, non attendevano passivamente che si
estendessero. Proseguivano dritti e portavano avanti i loro
blocchi e le loro occupazioni. Innanzitutto nelle loro scuole,
poi in tutti gli altri luoghi. Per dare un’idea della stupefacente
quantità e varietà di azioni di questo genere, ecco un estratto di
un dispaccio dell’Agenzia France Presse di una sola giornata:

Serie di azioni blitz anti-CPE in tutta la Francia

A Parigi, dopo la Gare de l’Est [stazione ferroviaria] nella


mattinata, almeno un migliaio di studenti medi e universitari
hanno invaso i binari per 15 minuti alla Gare Saint-Lazare, poi
alla Gare du Nord hanno bloccato il traffico ferroviario per
un’ora e mezza. Alla Gare du Nord, i manifestanti hanno
gettato pietre all’indirizzo delle forze dell’ordine. Poi i giovani
manifestanti hanno cercato di penetrare sulla Périphérique
[l’autostrada che circonda la città], il cui accesso era sbarrato
dalle forze dell’ordine. A Porte de la Chapelle, alcuni
manifestanti si sono serviti di un bus come di un ariete per
colpire le auto della gendarmeria.
Le vie d’accesso all’aeroporto d’Orly erano state turbate da
disordini nella mattinata ad opera di dimostranti.

136
La società del situazionismo ed altri scritti

A Toulouse, alcune centinaia di persone hanno invaso la


strada ferrata in vari punti della città. Cinque studenti e un
funzionario di polizia sono stati feriti leggermente, secondo i
vigili del fuoco, durante la violenta evacuazione dai binari della
stazione Matabiau, bloccata per circa due ore. Nella periferia di
Toulouse, studenti e sindacalisti hanno bloccato vari accessi
delle officine Airbus a Colomiers e a Saint-Martin-du-Touch.
Sempre nel Sud-Ovest, la polizia di Narbonne ha disperso
una manifestazione sui binari della ferrovia. Undici persone
sono state arrestate. Durante la mattina, un’operazione di
“pedaggio gratuito” si era svolta al casello di Narbonne-est.
Nel Nord, da 500 a un migliaio di manifestanti hanno
occupato per meno di un’ora i binari della ferrovia presso la
stazione di Lille-Flandres, causando il ritardo di vari treni. A
Boulogne-sur-Mer (Pas de Calais) studenti medi e universitari
hanno bloccato per due ore gli accessi stradali alla zona
industriale del porto.
Nel Grande Ovest, pioniere della mobilitazione, i
manifestanti hanno bloccato gli assi stradali a Nantes, Rennes,
Lorient e Quimper. A Rennes, centinaia di studenti hanno
invaso la facoltà di Diritto, che non è in sciopero, e
saccheggiato il locale del sindacato studentesco UNI, vicino
all’UMP e favorevole al CPE.
Davanti alla cattedrale di Rouen, uno studente del Grand-
Couronne, dell’età di 18 anni, prosegue da otto giorni lo
sciopero della fame contro il CPE.
Nei pressi del campus universitario di Grenoble un
centinaio di studenti, muniti di nasi da clown e con dei codici a
barre impressi sulla pelle, hanno invaso un supermercato per

137
La società del situazionismo ed altri scritti

un’ora, al grido “Consumate! Consumate! Ci hanno messo in


vendita”.
Circa 150 studenti medi e universitari hanno bloccato per
più di un’ora e mezza il ponte dell’Europa, sul Reno, tra
Strasbourg e Kehl (Germania).
Alla periferia di Nancy, una cinquantina di studenti di
medicina ha bloccato l’autostrada per 40 minuti. Nei pressi di
Reims, sull’autostrada A4, diverse decine di studenti hanno
condotto un’operazione “pedaggio gratuito” dalle 8 alle 10 di
mattina.
A Clermont-Ferrand, una cinquantina di studenti hanno
realizzato uno sbarramento rallentando il traffico per un’ora.
Una manifestazione di oppositori al CPE si è svolta senza
incidenti nel centro di Lyon. La circolazione è stata paralizzata
a Limoges da alcuni sbarramenti per una buona parte della
giornata.
Nel centro di Caen, gli scontri, intervenuti in serata tra le
forze dell’ordine e diverse centinaia di giovani che
manifestavano, hanno causato diversi feriti.
[AFP, 6 aprile 2006, con l’aggiunta di alcune frasi di una
versione leggermente differente apparsa su Libération.]

Questo dispaccio è stato scelto a caso: praticamente qualsiasi


altro giorno di marzo o dell’inizio di aprile presenta una simile
abbondanza di azioni. Queste azioni erano sicuramente quelle
di cui i giornalisti dell’AFP erano informati e che ritenevano le
più adatte alla diffusione nei media: molte altre meno visibili o
di dimensioni più modeste erano continuamente portate avanti
in decine di città in tutto il paese. Altre lotte recenti, come la

138
La società del situazionismo ed altri scritti

rivolta dei disoccupati del 1998, avevano già sviluppato azioni


simili, ma l’importanza e la varietà di quelle che questo
movimento ha realizzato sono senza precedenti.

Alcune di queste azioni sono state annunciate in anticipo e


hanno radunato migliaia di persone. Ma molte altre furono
avviate nell’ispirazione del momento da gruppi più piccoli.
Questi blitz, questi raid sono, indubbiamente, l’aspetto più
originale e più promettente del movimento. Qualche decina o
qualche centinaio di persone convergevano improvvisamente in
un luogo preciso, agendo e disperdendosi rapidamente per
evitare o ridurre al minimo gli arresti. L’obiettivo era sovente
tenuto segreto fino all’ultimo minuto, in modo che la polizia
non sapesse dove mandare rinforzi. In numerose occasioni, lo
scopo era quello di invadere qualche edificio -- un
supermercato, la redazione di un giornale, una stazione radio o
televisiva, un ufficio postale, un ufficio di collocamento,
un’agenzia di lavoro interinale, gli uffici di una Camera di
Commercio o la sede di un partito politico. In altri casi si
trattava di bloccare un punto nevralgico della circolazione --
una stazione ferroviaria, un incrocio, un’autostrada, una
metropolitana, un ponte, un bus terminal, un aeroporto.
Talvolta il blocco era parziale, come nel caso di “operazioni
traffico lumaca” o “barriere filtro” (bloccando le strade in
maniera che le vetture non possano passare che lentamente in
modo che ad ogni conducente si possa consegnare un
volantino, o bloccando gli ingressi di un immobile per poter
parlare a chiunque entri od esca).

139
La società del situazionismo ed altri scritti

Al disturbo del funzionamento normale degli affari, i


“disturbatori” univano sovente elementi creativi o educativi --
graffiti, installazione di pannelli o di striscioni talvolta di
grandi dimensioni e difficili da rimuovere (il vincitore in questa
categoria lo striscione di più di 30 metri fissato su una gru a
Digione), distribuzione di volantini che spiegavano e
contestavano il ruolo sociale dell’istituzione contro cui
agivano, discussioni con lavoratori e passanti, messa in opera
di varie forme di teatro di strada. Frequentemente i blitz erano
organizzati in serie, con destinazioni alternative nel caso in cui
il primo obiettivo fosse troppo controllato. E, cosa piuttosto
nuova per la Francia (che era per questo aspetto un po’ in
ritardo sugli altri paesi), molte di queste azioni erano
organizzate da gruppi via email e subito dopo comunicate in
rete, con testi, foto e anche dei video, facilitando il
coordinamento delle azioni e permettendo a tutti gli altri,
dentro e fuori del paese, di comparare e valutare le differenti
tattiche che si sarebbero potute adottare nelle loro situazioni.

Poiché questi blitz erano condotti in maniera indipendente da


differenti gruppi di persone, i risultati erano naturalmente
molto diversi. Certi furono poco interessanti ed altri furono dei
completi flop. Ma se si osservano alcuni dei più originali, si
può notare che una nuova forma di pratica radicale è apparsa in
questo momento, una forma che non è stata ancora riconosciuta
o teorizzata. Ma si deve sperare che gli autori di questi
interventi ci forniranno i resoconti dettagliati delle loro
esperienze, comprese le analisi degli obiettivi a cui miravano e
di ciò che è stato realizzato, o di ciò che è fallito. Per il

140
La società del situazionismo ed altri scritti

momento, può essere utile comparare le azioni più riuscite con


altre forme d’azione, più o meno, agit-prop (cioè azioni il cui
fine è di educare radicalmente, di ispirare o di spingere il
popolo alla sovversione).

Le azioni di “testimonianza” non violente hanno il merito di


insegnare la calma e di sciogliere i nodi dell’odio, ma la paura
di offendere chiunque sia le impedisce spesso di andare
all’offensiva. I blitz sono una forma d’azione più aggressiva
(benché restino, di solito, ancora relativamente non violenti)
che disturbano di più le istituzioni e i rappresentanti dell’ordine
regnante. Le feste della controcultura possono essere molto
piacevoli, ma hanno la tendenza a contenere molta
autosoddisfazione, “celebrando” con compiacenza questa o
quella identità sociale. Anche i blitz possiedono uno spirito
giocoso e casinista, ma coloro che vi prendono parte non
perdono di vista i loro motivi di risentimento e non coltivano
illusioni sulla situazione nella quale si trovano. La convergenza
improvvisa in un luogo particolare ricorda le “flash mobs” (e
possono esserne stati parzialmente ispirati); ma una volta che la
folla arriva a destinazione, la sua attività è in generale piuttosto
inoffensiva, mentre i blitz hanno come fine esplicito quello di
attaccare gli obiettivi. Le manifestazioni di massa hanno la
forza del numero, ma gli manca la flessibilità che permette ai
membri di un blitz di spostarsi rapidamente, di disperdersi e di
riunirsi secondo le necessità. Questa è stata la ragione
principale dello sviluppo delle tattiche dei “black bloc” in
questi ultimi anni. Ma i black bloc si sono spesso persi nei
fantasmi stupidi dei combattimenti di strada o di guerriglia

141
La società del situazionismo ed altri scritti

urbana. I blitz cercano di evitare di confrontarsi laddove il


sistema è forte e cercano di sfruttare i suoi punti deboli.
Combattono sia sul terreno delle idee e dei sentimenti che su
quello della forza fisica. Mentre le azioni dei black bloc hanno
la tendenza ad essere impulsive, puramente distruttive e si
prendono grossolanamente sul serio, i blitz contengono
maggiori elementi di calcolo, di creatività e di humour. Il teatro
guerrilla ha il merito di abbandonare la scena tradizionale e di
portare il suo messaggio al mondo, ma una certa separazione
spettacolo/spettatore vi sussiste: la lezione radicale rimane
ancora presentata a un pubblico. I blitz rendono la loro lezione
esemplare disturbando l’istituzione che criticano, ostacolando
sicuramente di più la passività del “pubblico” presente sui
luoghi. Alcune delle loro azioni hanno qualcosa di surrealista.
Una delle più popolari consisteva nell’invadere un edificio
pubblico semplicemente spostando tutti i mobili sul
marciapiede. Era, ostensibilmente, una sorta di espulsione
simbolica destinata a richiamare le vere espulsioni che hanno
luogo costantemente. Ma la ricollocazione bizzarra era con
tutta probabilità ancora più stupefacente (essendo anche meno
rischioso legalmente) che se fosse stato tutto saccheggiato. E
ciò dava senza alcun dubbio un effetto di disorientamento più
efficace delle realizzazioni di certi artisti concettuali che
ottengono il permesso ufficiale di modificare temporaneamente
il paesaggio urbano. Al loro meglio, alcuni blitz hanno
qualcosa che ricorda lo stile delle azioni di disturbo realizzate
dai situazionisti nel periodo precedente al Maggio 1968. Finora
nessuno di questi blitz è stato lucido ed articolato quanto gli
scandali situazionisti, ma -- grazie al numero ben più elevato di

142
La società del situazionismo ed altri scritti

coloro che vi hanno partecipato -- sono stati più numerosi e


aggressivi fisicamente.

Inutile dire si deve considerare queste categorizzazioni in modo


piuttosto aperto. Esse sorvolano su un gran numero di azioni,
alcune più precise di altre, alcune mescolandosi con altre. Per
esempio, alcune correnti non violente hanno preso l’offensiva;
alcune flash mobs hanno avuto un aspetto critico ed alcune
azioni dei black bloc sono state simili ai blitz (infatti, i blitz
sono probabilmente in parte un’evoluzione dei black bloc ai
quali l’esperienza ha insegnato a divenire più coscienti e a
precisare i loro obiettivi). Questi paragoni non sono che un
primo tentativo per inserire i blitz in una prospettiva, per
chiarire ciò che sono e potrebbero essere.

Mentre la maggior parte dei blitz francesi miravano a bloccare


o a fermare il “business as usual”, alcuni hanno preso un
orientamento opposto, aprendo le cose -- aprendo le porte delle
stazioni metro e permettendo a tutti di viaggiare gratuitamente,
occupando i caselli autostradali e lasciando passare le vetture
senza pagare o permettendo alla gente di entrare gratuitamente
in un museo o ad un concerto. Questo genere di azioni non può
che essere caldamente raccomandato. Si riavvicinano a, e
potrebbero ispirare, una tattica ancora più esemplare: lo
sciopero sociale o lo “sciopero distributivo” con il quale i
lavoratori continuano la loro attività ma in un modo che spezza
le costrizioni dell’economia di mercato -- i cassieri dei grandi
magazzini non facendo pagare i clienti, i lavoratori donando
ciò che hanno prodotto o rifiutando di farsi pagare peril
servizio che prestano. Il problema degli scioperi puramente

143
La società del situazionismo ed altri scritti

negativi e dei blocchi è che essi infastidiscono più il pubblico


che i dirigenti. Quando gli addetti ai trasporti pubblici bloccano
il traffico, hanno spesso il sostegno del pubblico all’inizio, ma
in pochi giorni questo si allenta. Tuttavia se questi addetti
continuano il loro lavoro facendo viaggiare tutti gratuitamente,
il pubblico ne sarebbe entusiasta e gli dispiacerebbe che non
duri di più. Questo genere di azione fa piacere a tutti, salvo ai
padroni, e dà un’idea della maniera in cui una società liberata
potrebbe funzionare. Ed è difficile da fermare, soprattutto se si
diffonde. Giacché è praticamente impossibile sostituire masse
di lavoratori che occupano i settori chiave dell’economia.

Questo evidenzia i limiti dei blitz. Dei gruppi provenienti


dall’esterno possono bloccare o disturbare temporaneamente
qualcosa, ma non possono portare avanti uno sciopero e meno
ancora uno sciopero distributivo. La grande massa dei
lavoratori resta l’unica forza capace, non solamente di bloccare
il sistema, ma anche di farlo ripartire in un modo
fondamentalmente differente.

La sollevazione francese ha tuttavia mostrato fino a quale


punto il sistema possa essere scosso, anche se da coloro che
hanno scarso peso economico o politico. Se gli insorti non sono
riusciti a provocare uno sciopero generale, tuttavia hanno fatto
molto di più di quanto ognuno, loro stessi compresi, avrebbe
immaginato. Ciò che conta in tali lotte, non è soltanto il
risultato immediato, ma le ricche lezioni dell’esperienza stessa.

Questo è stato uno dei rari momenti in cui il cambiamento


qualitativo diviene veramente possibile, quando tutte le

144
La società del situazionismo ed altri scritti

possibilità sono nell’aria e i ragionamenti abituali non si


applicano più; quando la gente è strappata dal suo stupore
abituale, indotto dallo spettacolo, e getta un’occhiata sulla vera
vita, sulla vita come potrebbe essere se noi non fossimo in
chiodati ad un sistema assurdo. Un ostacolo rovesciato porta a
rovesciarne un altro, poi un altro ancora. Mentre ciò accade, i
partecipanti al movimento possono appena credere a quello che
sopportavano nel “tempo antico”. Quando finisce e loro
ricadono di nuovo nella condizione di spirito “normale”,
restano stupefatti di ciò che hanno osato fare durante quel
magico intervallo.

Questo non dura a lungo -- qualche ora, qualche giorno,


qualche settimana nel migliore dei casi. Minacciato di
distruzione, l’ordine regnante getta tutte le sue forze in gioco.
Non solamente le sue ovvie forze di repressione fisica, ma
anche tutto un vasto arsenale di metodi più sottili che gli
permettono di creare confusione, distrarre, dividere e
indebolire coloro che gli si oppongono. Di fronte a una tale
pressione, una rivolta non può restare immobile. La sua sola
possibilità di difendersi è di estendersi.

Ma anche se il movimento attuale non è andato più in là, ha già


ottenuto due vittorie. La prima è di aver costretto il governo a
cedere. La seconda, molto più importante, è l’esperienza del
movimento stesso. La sua stessa esistenza è una confutazione
dell’ingannevole “saggezza” convenzionale che è prevalsa così
a lungo: “La rivoluzione è obsoleta. Non c’è alternativa al
sistema regnante. Non possiamo fare nulla, a parte mendicare
qualche riforma. Non siate troppo radicali altrimenti vi

145
La società del situazionismo ed altri scritti

alienerete il favore del pubblico”. La sollevazione in Francia ha


demolito questi miti. Nello spazio di qualche settimana tutta
una generazione è stata politicizzata. Coloro che vi hanno
partecipato non saranno più come prima e la loro creatività e la
loro audacia ispireranno i popoli del mondo negli anni a venire.

BUREAU OF PUBLIC SECRETS


22 maggio 2006

146
La società del situazionismo ed altri scritti

Documenti della sollevazione anti-CPE in Francia


(febbraio–aprile 2006)

Nota introduttiva: Questi documenti sono solo un piccolo


campione di quanto gli amici francesi mi hanno inviato o di
quanto ho scoperto in rete. Spero che daranno un'idea del
genere di cose che sono emerse lì e degli argomenti che sono
state discussi. Vi sono anche numerosi collegamenti a risorse
in rete dove ci si può informare sul movimento e sugli eventuali
sviluppi che potrebbero esservi. Questi collegamenti saranno
costantemente aggiornati. —Ken Knabb, 22 maggio 2006.

Aprire la breccia

Il caos per i nostri bambini


Il loro “Contratto di Primo Impiego” (CPE) ne è la prova
supplementare: la guerra-lampo condotta dai capitalisti per
ridurre i salariati alla condizione di sotto-classe di schiavi
arriverà a buon fine se non si farà nulla per ostacolarla.

In questa lotta, coloro che hanno ancora delle illusioni sul


prossimo avvenire di aver assicurato il proprio comfort
nell'asservimento, al riparo di dittature, guerre, radiazioni,
carestie e penuria energetica, sono dei suicidi.

147
La società del situazionismo ed altri scritti

Tu non ti integrerai in questa società, è questa società che ti


disintegrerà. Farà il possibile per amputare la tua intelligenza
perché tu sia incapace di constatare questa evidenza.

Se tu t'intestardisci a conformarti all'ordine sociale, la tua vita


continuerà a deteriorarsi rapidamente e i tuoi figli non
sopravviveranno. Presto non sarai più capace di adattarti
facilmente a questa esistenza, costruita su un solo modello
possibile, quella della produzione di nocività nella
sollecitazione al consumo di quelle nocività nella noia e nelle
restrizioni crescenti. E sei sicuro che, facendo il lacchè oggi, ti
garantisci il tuo futuro?

Quale futuro?

La tua unica soluzione è di riscoprire la tradizione di lotta


portata avanti dalla classe operaia e dai movimenti
d'avanguardia.

Ora è il momento di prendere coscienza. Il momento in cui


devi abbandonare il tuo scetticismo, la tua rassegnazione, le tue
false preoccupazioni sul tuo ego, per combattere per la
sopravvivenza dell'umanità, la tua, è questo, adesso.

Non aspettare di risvegliarti quando avrai un microchip sul


braccio, che sostituirà il poliziotto nella tua testa.

Non aspettare di crepare di cancro, come tanti, sempre di più,


dei tuoi vicini, per smetterla di filosofeggiare passivamente
sull'inquinamento (se almeno tu filosofeggi) e comincia a
cercare di salvare ciò che resta della natura.

148
La società del situazionismo ed altri scritti

Non aspettare di essere un “serial consommatueur”


[consumatore seriale, ma non solo, perché nel consumo vi è
qualcosa di omicida. Nota di Omar Wisyam] e di aver perso
tutti i tuoi sentimenti umani per aprire gli occhi e cominciare a
cambiare i rapporti tra le persone.

Non aspettare di essere incapace di lottare per cominciare a


farlo. Sarà troppo tardi domani, se non ritorni alla radice del
tuo essere, di te stesso, già adesso, se tu non ti radicalizzi. Nel
campo avversario, loro, l'hanno già fatto.

E non dimenticare che ogni minuto guadagnato può assicurare


la sopravvivenza biologica della specie che sta scomparendo,
annientata dalla logica capitalistica.

Il tempo gioca contro di te.

Contrastare il loro Programma di Sterminio

I fanatici che sono al potere non avevano previsto che la rivolta


della gioventù raggiungesse una tale ampiezza.

La loro urgenza di applicare il programma di distruzione della


civiltà conforme all'agenda imposta dalle multinazionali li
conduce a confondere la massa con quell'avanguardia della
stupidità che monopolizza lo spazio mediatico. Questo errore
strategico spinge la borghesia a irrigidirsi sulle sue posizioni.

149
La società del situazionismo ed altri scritti

Non potendo più convincere di niente, il Potere è deciso a


stroncare ogni contestazione.

In queste circostanze, bisogna che l'unità tra tutti gli sfruttati si


consolidi e si radicalizzi. Per farlo, è necessario che tu sia
cosciente di essere un proletario, in un'epoca in cui il sistema
educativo, sostanzialmente, non è che una fabbrica per formare
il bestiame salariato per le condizioni di produzione.

La contestazione deve superare il quadro rivendicativo. È


assolutamente necessario tenere a distanza le organizzazioni
sindacali il cui programma si riassume oggi nel sabotare il
potenziale contrattacco proletario che le sfide catastrofiche dei
nostri tempi esigono

Questa situazione di scontro ci offre le preziosa occasione di


riaprire i terreni pratici e teorici ostruiti da 30 anni, per porre di
nuovo la questione di un nuovo mondo. Azioni autonome e
liberi dibattiti sono già stati avviati.

Consolidiamo i contatti tra salariati, studenti medi ed


universitari, disoccupati ed altri prigionieri e organizziamo
l'azione dei gruppi autonomi di difesa!

La questione della Rivoluzione deve ritornare al centro dei


dibattiti, ma evitiamo le formule consumate ereditate dai
fallimenti del passato. In questo senso, è inevitabile stendere
l'inventario delle aporie del pensiero rivoluzionario, per
discutere sul modo per portare vittoriosamente la società ad
una rimessa in causa fondamentale. Discutiamo le norme che
intendiamo sostituire a quelle in vigore oggi, i principi che

150
La società del situazionismo ed altri scritti

vorremmo proporre agli uomini per rimpiazzare le leggi inique


del mercato ...

L'uomo ritroverà a tentoni il filo perduto.

RAPACES e FRANÇOIS LONCHAMPT


(marzo 2006)

Tutto è possibile ...

Dopo la rivolta dei giovani delle periferie, che hanno aperto


una breccia contro la vera violenza sociale del Potere di coloro
che hanno effettivamente distrutto tutto (convivialità,
accoglienza, quartieri, impieghi, servizi pubblici, protezione
sociale, salute, clima, risorse naturali, specie viventi,
agricoltura, paesaggio ...) il movimento della gioventù
studentesca contro il CPE-CNE e contro la legge
sull'in-“eguaglianza delle possibilità” ha creato una situazione
nuova e provoca la possibilità di un risveglio collettivo di
milioni di persone.

Quando la macchina comincia a bloccarsi, anche gli ingranaggi


cominciano a interrogarsi sulla loro funzione. La gente
comincia a vedere più chiaramente nel lavaggio del cervello,
nelle menzogne e nelle truffe organizzate.

151
La società del situazionismo ed altri scritti

La gente osa vivere, quello che non fa più di solito. I padroni, i


capi e la gerarchia diventano inutili. Gli ordini non vengono
più rispettati. I muri della separazione crollano. Le questioni
individuali si trasformano in questioni pubbliche, mentre le
questioni pubbliche che sembravano lontane ed astratte
diventano questioni pratiche ed immediate. L'ordine stabilito è
analizzato, criticato, preso in giro. Le persone ricominciano a
parlarsi. Come si ferma il lavoro salariato, la pressione
frenetica del tempo calcolato crolla come una cappa di piombo.
La propaganda pubblicitaria, i politici e la montatura mediatica
monologano nel deserto. Il consumo passivo divenuto risibile
come vuoto da riempire è rimpiazzato dall'incontro, dal
confronto e dal dialogo. Il problema del denaro può perdere il
suo carico d'angoscia nello sviluppo della solidarietà, se la
contestazione si estende e prende a travolgere le strutture del
dominio.

Esperienze come la Comune di Parigi, le collettività della


Spagna libertaria, l'autogestione, i consigli operai, la
democrazia diretta, che sono state per molto tempo emarginate
riemergono, per esempio, nelle assemblee generali sovrane.
Tutto sembra possibile e molte cose lo diventano veramente. La
gente impara più cose sulla società in una settimana che
durante degli anni passati a studiare le “scienze sociali”
all'università o a farsi indottrinare dalla propaganda a
ripetizione dei detentori della verità.

Al di là dell'obbligatorio preliminare del ritiro del CPE, la


gioventù pone la questione del suo avvenire, che è anche
l'avvenire del mondo. Ma la dittatura dell'economia capitalista

152
La società del situazionismo ed altri scritti

ha già risposto: aumento di produttività, concorrenza,


mercificazione di tutte le attività umane, potenza industriale-
militare, sfruttamento, disuguaglianze crescenti,
disoccupazione, miseria e barbarie. Quel mondo demenziale,
quella società lì, la gioventù proletarizzata di oggi afferma con
forza di non volerli. Di fronte alle strategie politiche di
ricambio che non mancano di riapparire, i poveri ridiventano
una figura pericolosa per tutti i poteri e nell'azione collettiva
diretta essi riscoprono le loro capacità di pensiero, d'iniziativa,
di solidarietà e di auto-organizzazione.

CNT (liberamente adattato da “L'effervescence des situations


radicales” — L'effervescenza delle situazioni radicali*)
(Rhône, 18 marzo 2006)

*Varie frasi tratte da La Joie de la Révolution (traduzione


francese di The Joy of Revolution — La gioia della rivoluzione
– di Ken Knabb) circolavano nel movimento — postate sul
web, inviate nelle mail-list o adattate nei graffiti e nei
volantini, in alcuni casi da persone che ne ignoravano la fonte
e che presumevano si trattasse di un testo scritto sugli
avvenimenti attuali. Il volantino sopra riportato, prodotto dai
membri della sezione di Rhône della CNT (Confédération
Nationale du Travail, un sindacato anarchico), incorpora o
adatta alcuni passi del Capitolo 3 a proposito delle situazioni
radicali. [Nota del Bureau of Public Secrets]

153
La società del situazionismo ed altri scritti

Viva il blocco generale selvaggio

Lo sciopero era il modo d'azione dei secoli passati.

Il blocco è a poco a poco divenuto il nuovo modo d'azione


della nostra epoca: Bloccare le facoltà, le scuole superiori, le
strade, gli uffici, le fabbriche, i magazzini, i media, internet,
etc. Ecco la soluzione o l'inizio della soluzione.

Bloccare Parigi deve essere il fine da raggiungere.

I veri casseurs (teppisti) sono i capitalisti in colletto bianco e


cravatta.

La vera racaille (teppa) è la teppa borghese, le sue menzogne, il


suo sfruttamento, i suoi bei quartieri, la sua sottomissione al
mercato, alla redditività al 15%.

La democrazia è la democrazia diretta delle assemblee generali,


non quella del Parlamento, del resto disprezzato da un
Villepin ...

La vita non è il 10%, il 50% neanche il 100% dello SMIC. Non


è leccare il padrone per non essere cacciato fregando i propri
colleghi e svolgendo mansioni imbecilli. Non è neanche andare
a votare per un candidato qualunque che tradirà le sue
promesse.

Mai da molto tempo non si era stati così vicini alla “rottura”,
quella vera, con un sistema che sembra incrollabile ma è in
fondo così fragile.

154
La società del situazionismo ed altri scritti

Ancora uno sforzo per rovesciarlo.

LES AFFRANCHIS (Gli affrancati)


(Parigi, 28 marzo 2006)

Appello agli stranieri

Noi vediamo che la vostra stampa, le vostre televisioni, le


vostre radio ci presentano come dei pazzi egoisti che rifiutano i
“necessari cambiamenti” che i re dell'economia pretesa
“liberale” decretano.

In verità, noi combattiamo una legge che ha come scopo


distruggere i diritti dei lavoratori, che le lotte dei nostri
progenitori avevano conquistato. Noi combattiamo una legge
che stabilisce che i padroni potranno cacciarci quando vogliono
senza doverci dare spiegazioni e senza dover pagare indennità
di licenziamento. Noi combattiamo la tendenza generale di un
preteso “modernismo”, applicata dalla maggior parte dei
governi, che mira a ricreare le condizioni di quasi schiavitù che
regnavano nel XIX° secolo per i lavoratori e i disoccupati,
prima che il movimento proletario riuscisse a imporre dei
cambiamenti sociali.

Agendo in questo modo,noi non ci battiamo solamente per noi


e per i nostri figli ma per il benessere e la dignità di tutti gli
esseri umani. Non credete all'immagine caricaturale che di noi
la vostra stampa vi presenta. Contestate quell'immagine.

155
La società del situazionismo ed altri scritti

Se sono così agitati contro di noi, è perché hanno paura che voi
possiate prendere esempio dalla nostra ribellione. Hanno paura
che voi facciate come noi. Ed hanno ragione, perché siamo tutti
nella stessa barca.

Noi non vogliamo che questa barca venga affondata dagli


attuali padroni del pianeta, che accumulano sempre più denaro
mentre costringono sempre più gente alla povertà e alla
miseria. Ammutinati contro questi capitani distruttori, noi
cerchiamo di dirigere questa barca verso un mondo migliore.

Sosteneteci. Unitevi a noi.

UN GRUPPO DI SCIOPERANTI
(Saint-Nazaire, 3 aprile 2006)

Vittoria!

Il MEDEF [Mouvement des Entreprises de France],


organizzazione rappresentativa padronale, vuole esprimere,
attraverso questo comunicato, tutta la sua soddisfazione
riguardo gli ultimi avvenimenti.

In effetti, il ritiro del CPE, ha svolto perfettamente il suo ruolo


di osso gettato in pasto ai sindacati, con la complicità dei
media. Questa manovra ha permesso di salvaguardare ciò che
vi è d'essenziale per noi nella legge sull'uguaglianza delle
possibilità e nei provvedimenti precedenti: CNE, apprendistato

156
La società del situazionismo ed altri scritti

a 14 anni, lavoro notturno a 15 anni, lavoro notturno per le


donne, RMA, CIVIS ...

L'essenziale del nostro progetto di flessibilità e di precarietà


generalizzate è stato salvato!

D'altronde, noi ne usciamo fuori ancora una volta come i veri


vincitori, dato che gli aiuti diretti e indiretti agli imprenditori
(riduzione dei carichi sociali, sovvenzioni per le assunzioni)
saranno aumentati. Visto questo risultato netto, chiediamo
l'apertura immediata di nuovi negoziati!

Un tale successo non sarebbe stato possibile senza il sostegno


assiduo e continuo dei sindacati, che hanno fatto tutto il
possibile per spegnere il movimento sociale. Che siano
ringraziati tramite un aumento sostanzioso delle loro
sovvenzioni.

In effetti, per noi il grande pericolo sarebbe stato che la


contestazione globale emersa in occasione di questo
movimento si estenda e si intensifichi, sulle sue stesse basi
autonome, senza sindacati né organizzazioni politiche,
strutturata in assemblee generali decentralizzate e praticando
azioni dirette di blocchi mobili.

Lo sciopero generale è stato evitato, tutto è bene ciò che finisce


bene.

Sappiamo di poter contare su tutti i partiti politici, di destra e di


sinistra, per impedire ogni rinascita del movimento,
appellandoci all'attesa dei risultati delle elezioni del 2007.

157
La società del situazionismo ed altri scritti

Viva la Francia, Viva la Repubblica,

Viva la flessibilità e la crescita economica,

E soprattutto viva il denaro!

P.S.: non possiamo evitare di ringraziare il ministro


dell'interno, per aver saputo manganellare, schedare ed
arrestare tutti quei giovani rivoltosi che in ogni modo non
sarebbero stati mai dei lavoratori docili ed obbedienti.

Firmato: Il Comitato Esecutivo del MEDEF


10 aprile 2006

(p.p.v.: Collettivo Libertario della Val d'Oise)

158
La società del situazionismo ed altri scritti

Opinioni francofone
sull’Ufficio dei Segreti Pubblici
(Bureau of Public Secrets)

Si vede perfettamente ciò che separa Semprun da Trenkle.


Laddove il primo, per spiegare il mondo per quello che non va,
si focalizza sulla produzione industriale e le nuove tecnologie,
il secondo, partendo dalle contraddizioni tra forze produttive e
rapporti di produzione, tenta di definire il quadro che
permetterà di porre la scienza e le tecnologie di fronte alla
prova delle scelte in base alle quali noi aspiriamo a vivere in
una società più libera, più giusta, più solidale,più ricca di
potenzialità diverse. È altresì la questione della democrazia che
qui viene posta. Ci si dovrà ritornare.
Nella sua opera La gioia della rivoluzione Ken Knabb
consacra un paragrafo alle “obiezioni dei tecnofobi”. Questo
saggista, iscrivendosi in una corrente di pensiero diversa da
quella dei membri del gruppo Krisis (anarchico per il primo,
marxista per i secondi), anticipa in qualche modo la riflessione
di Norbert Trenkle. Egli nota che “i tecnofobi e i tecnofili [che]
si accordano per trattare la tecnologia separatamente dagli altri
fattori sociali, non divergono che nelle loro conclusioni,
egualmente sempliciste, che enunciano che le nuove tecnologie
sono liberatorie in sé stesse o alienanti in sé stesse. Knabb
precisa tuttavia che “la tecnologia moderna è così strettamente

159
La società del situazionismo ed altri scritti

mescolata a tutti gli aspetti della nostra vita che non potrebbe
essere soppressa bruscamente senza annientare, in un caos
mondiale, miliardi di persone”. Egli si appoggia ai seguenti
esempi (spesso citati, ma sempre pertinenti): “Dubito che i
tecnofobi vorranno realmente eliminare le poltrone a rotelle
motorizzate; o disinserire meccanismi ingegnosi come quello
che permette al fisico Stephen Hawking di comunicare
malgrado la sua paralisi totale; o lasciar morire una partoriente
che potrebbe essere salvata dalla tecnologia medicale; o
accettare la ricomparsa di malattie che una volta uccidevano o
invalidavano regolarmente una notevole percentuale della
popolazione; o rassegnarsi a non poter mai visitare gli abitanti
di altre regione del globo a meno che non possano essere
raggiunti a piedi, e a non poter mai comunicare con loro; o
restare senza far niente quando degli uomini muoiono a causa
di carestie che potrebbero essere soffocate dal trasporto di
viveri da un continente all’altro”.
Ken Knabb in seguito fa l’inventario delle tecnologie che
dovrebbero sparire: in primo luogo il nucleare, ma anche le
industrie che producono merci inutili o superflue. Per contro, di
altre (dall’elettricità agli strumenti chirurgici, passando per il
frigorifero e la tipografia), “tratta di farne miglior uso [...]
sottomettendole al controllo popolare e introducendovi alcuni
miglioramenti d’ordine ecologico”. Knabb riprende il
sempiterno esempio dell’automobile in termini simili a quelli
di Trenkle. Precisiamo che l’EdN [Encyclopédie des
Nuisances] non può essere assimilata alla tendenza più
fondamentalista dell’ecologia alla quale si riferisce
principalmente Ken Knabb. Jean-Marc Mandosio consacra

160
La società del situazionismo ed altri scritti

d’altronde varie pagine di Apres l’effondrement a confutare le


tesi di John Zerzan, il principale pensatore di quella corrente,.
Troppo vicino in definitiva a Heidegger (il quale, a causa della
sua vicinanza [compagnonnage] al nazismo puzza troppo di
zolfo per ritrovarsi nel pantheon enciclopedico, tra gli
spregiatori della tecnica). E Mandosio non intende risalire alla
preistoria per cercare l’essenza della tecnologia. La società
industriale gli basta. Come dire che gli enciclopedisti, che
affermano chiara e forte la loro opposizione alla “società
industriale”, diventano più prudenti, più evasivi, se non più
modesti quando si affrontano le questioni del “come fare” o del
“come vivere” che la distruzione di questa società implica.
Max Vincent — Du temps que le situationnistes avaient raison
(febbraio 2007)
[Dell’epoca in cui i situazionisti avevano ragione]

Faccio mia l’analisi di uno dei miei osservatori politici


preferiti, François Talmont: “I situazionisti erano noiosi,
pretenziosi e fuori strada. I post-situazionisti, sono la stessa
cosa, ma in peggio.” Naturalmente, questa verità generale non
deve far dimenticare che ci sono, come spesso capita, delle
eccezioni. Una di queste è ai miei occhi il caso intrigante di
Ken Knabb, la cui autobiografia, scritta nel 1997, si può
leggere sul suo sito Bureau of Public Secrets, nella versione
originale in inglese (Confessions of a mild-mannered enemy of

161
La società del situazionismo ed altri scritti

the State) piuttosto che in una traduzione francese purtroppo


costellata di refusi e di errori (Confessions d’un ennemi
débonnaire de l’Etat). Traspare da questo documento un certo
fascino, legato sia agli aspetti pittoreschi e sorprendenti della
personalità dell’autore, che alle sue qualità letterarie, e in
primo luogo alla limpidezza d’espressione, molto differente
dallo “stile situazionista strano e tortuoso”.
Nato nel 1945 in Louisiana in un ambiente rurale
cattolico, passò la sua infanzia nelle fattorie familiari del
Middle West. Dopo gli studi in una università dell’Illinois
(fondata sul modello di quella di Chicago, descritta
scherzosamente come “una università protestante in cui dei
professori ebrei insegnano la filosofia cattolica a degli studenti
atei”), si trasferì in California e si sistemò definitivamente a
Berkeley. “Non dovendo provvedere ai bisogni di una
famiglia”, ha vissuto di “redditi che non hanno mai superato la
soglia ufficiale di povertà”, guadagnando giusto il minimo
vitale, in particolare giocando a poker e guidando taxi,
preservando per sé il massimo di tempo libero. L’autore
ripercorre l’evoluzione dei suoi gusti letterari (tra gli altri
James Joyce, Henry Miller, Kenneth Rexroth di cui è uno dei
migliori conoscitori, e la canzone francese) e delle sue idee
politiche (il passaggio dal cristianesimo all’ateismo, il
gauchisme, la controcultura anarchica, infine il situazionismo
di cui è uno dei migliori specialisti, avendo tradotto e
pubblicato nella fine degli anni ’70 una Situationist
International Anthology). Egli indica parallelamente diverse
passioni che l’hanno animato, come il bridge, le droghe
(peyotl, psilocibina, LSD, erba), la musica, gli sport (Karate,

162
La società del situazionismo ed altri scritti

basket, tennis, scalata) e il buddismo zen.


Leggendo la storia della sua vita, Ken Knabb mi ha dato
l’impressione di un uomo curioso, modesto ed onesto. Capisco
la sua delusione di fronte agli impostori stalinisti delle Black
Panthers. Mi domando come ha potuto arrivare a pensare che
l’anarchismo non era che una “ideologia come tutte le altre,
con la sua galleria di eroi e di idee feticizzate” senza
comprendere che sarebbe andata nella stessa maniera con i
situazionisti. Non manca di esprimere delle riserve davanti a
costoro, analizzando l’uso fatto da loro e dai loro seguaci delle
“rotture di tipo situazionista”, che conducevano a che “degli
antagonismi personali sempre più insignificanti fossero trattati
come gravi differenze politiche”. Ma certamente Knabb resta
prigioniero di un certo modello ideologico. Rimpiango che non
rimpianga niente raccontando della sua aggressione bislacca al
poeta anarchico Gary Snyder, che ammirava tuttavia, ma al
quale rimprovera principalmente d’essere stato applaudito dai
suoi ascoltatori nel corso delle sue letture pubbliche, cosa che
rivelava “la natura fondamentalmente spettacolare
dell’evento”! Si ricade in pieno sciamanismo ideologico. Allo
stesso modo è solo per superstizione situazionista che,
all’uscita della sua antologia dell’IS, quando piovono le
domande, rifiuta ogni lettura, ogni intervista, ecc, privando il
pubblico e provando sé stesso di contatti che sarebbero potuto
essere fruttuosi. A parte l’autobiografia, il materiale disponibile
sul suo sito mi ispira gli stessi sentimenti contrastanti. Ammiro
il suo lavoro d’archivista e di editore di Rexroth,ma non
comprendo perché perda tempo a fissare puntigliosamente una
raccolta dei Graffiti du soulèvement anti-CPE del 2006, che

163
La società del situazionismo ed altri scritti

sono di una banalità e pure di una stupidità impressionante (del


genere “Pace tra i popoli, guerra tra le classi”, “Vogliamo
vivere” o ancora “Nello sciopero c’è un sogno” [Dans Grève il
y a Rêve], si vede quale livello).
Infine, è un mistero come ce ne sono dappertutto, le sue
Confessioni mi sono piaciute, meritavano di farne un libro.
Philippe Billé — Un marxiste zen (blog, settembre 2007)

Secrets Publics è il terzo libro che Ken Knabb pubblica in


francese, benché si presenti sempre come il “traduttore
americano dei film di Guy Debord e di una antologia
dell’Internazionale Situazionista”.
Ken Knabb ha così ben assimilato la lingua e la cultura
francesi che io ho talvolta l’impressione di rivolgermi ad un
compatriota. Egli conserva tuttavia la caratteristica molto
nordamericana di un’enunciazione chiara e diretta, senza
l’ansia di apparire intelligente, o soltanto interessante. L’opera
avrebbe potuto chiamarsi “L’IS per i mediocri”? No, benché si
possa incontestabilmente farne un uso del genere — è il primo
libro da leggere per chi non conosce niente, né sulla critica
radicale, né sulla controcultura nordamericana.
Secrets Publics è anche il libro di un autore. Si vede
delinearsi man mano dalle pubblicazioni di Knabb un pensiero
forte e personale. Il tono senza manierismi non deve consentire
di ignorare la varietà di esperienza e di erudizione, tanto meno

164
La società del situazionismo ed altri scritti

la scioltezza e la sottigliezza. Ken Knabb è implicato


personalmente in tutto ciò che scrive; è sempre presente come
attore, non come testimone od osservatore. Questo gli permette
di navigare come nessuno altro sui temi più diversi senza
assumere pose né rovinarsi la faccia.
Jean-Pierre Depétris (sito web, ottobre 2007)

Secrets Publics, di Ken Knabb sta per uscire per le edizioni


Sulliver. Ho già parlato del sito di Ken a proposito
dell’inserimento in rete dell’opera e della vita di Kenneth
Rexroth. Dopo averlo scoperto, ho tradotto qualche testo di
Rexroth, poi passando da un argomento all’altro, qualche
pagina per il libro in preparazione. Ken è un atipico. Già è
americano — scherzo ... — situazionista un pizzico zen e si
interessa di ciò che capita al di là della siepe del suo giardino.
Bene, come ogni situazionista che si rispetti, ama le
controversie e lo spezzare il capello in quattro, se non in otto.
La raccolta è una buona testimonianza sulla storia
misconosciuta del situazionismo negli USA e sulla traiettoria di
un tipo atipico.
L’occasione di salutare qui il lavoro di Sulliver, che come
altre piccole case editrici, riescono ancora a stampare qualcosa
d’altro del bollito misto best seller.
“Noi ci dedichiamo alla lingua non sottomessa. Alla
lingua che si sforza di sottrarre il linguaggio alla servitù e alla

165
La società del situazionismo ed altri scritti

povertà alle quali vorrebbe ridurlo il pensiero standardizzato: E


noi daremo la parola a quei testi che sapranno esprimere gli
appelli, i lamenti, le rivolte della parte fragile del mondo.”
E poi, se non acquistate il libro, potete leggerlo gratis
praticamente tutto sul sito di Ken.
Lo so, non dovevo dirlo. Scusami, Ken, non lo rifarò ...
Didier Mainguy (sito web, ottobre 2007)

Ken Knabb è americano e situazionista (una cosa non


impedisce — o quasi — l’altra). Secrets Publics (Sulliver)
riunisce la maggior parte dei suoi scritti, ma comprende anche
una parte autobiografica appassionante, “Confessions d’un
ennemi débonnaire de l’État”, documento
veritierosull’itinerario diun radicale americano. Dalla sua felice
infanzia nel Missouri al suo impegno politico, ma pure dalla
sua passione per la musica country e il blues al suo gusto per la
meditazione zen, Ken Knabb è un personaggio al tempo stesso
piuttosto singolare ed emblematico della nostra generazione.
Traduttore dei film di Guy Debord, si esprime tuttavia in una
lingua chiara e concreta, non priva di humour, non ultima tra le
sue qualità. Leggere il suo libro è un modo per uscire dai nostri
cliché sull’America — e indubbiamente per comprenderla
meglio.
Évelyne Bloch-Dano (sito web, dicembre 2007)

166
La società del situazionismo ed altri scritti

Un vento di libertà e d’immaginazione è soffiato sull’America


del Nord degli anni sessanta, ed in particolare sulla costa
occidentale. Si riassumeva nella formula più concisa possibile:
do it! È inquietante che quella libertà e quell’immaginazione
siano finite per sigillarsi in un’industria dello spettacolo che
diviene sempre più una parte pachidermica e strategica del
mercato mondiale.
Dei marginali tentativi di “sbrogliarsela” hanno generato
dei modi di vita e delle economie parallele fino a modificare
quelli che dominavano. Anche lo sviluppo del personal
computer, di internet e della programmazione free sources non
hanno seguito un percorso molto diverso.
L’opera di Ken Knabb, Secrets Publics, è una di quelle
che meglio comprendono e descrivono questo doppio processo.
Certo, non lo fa come un sociologo o uno “specialista”. Le
scienze umane dimenticano che se l’osservazione obiettiva è un
fattore importante della conoscenza, l’esperienza lo è ancora di
più, poiché da essa dipende in definitiva ciò che vi è da
osservare. Knabb parla a partire dalle sue esperienze dirette,
per quanto modeste esse siano.
La controcultura americana era antispettacolare senza
saperlo. Questo Ken Knabb lo sapeva. E voleva che lo sapesse.
La sua prima vera “azione” fu piuttosto modesta: la
distribuzione di un volantino in occasione di una lettura
pubblica del poeta Gary Snider, nel 1970.
“Non abbiamo bisogno di poeti preti”, tale ne era il titolo,
come il contenuto. Nella sua opera, Secrets publics, racconta
l’avvenimento con la massima sincerità. È evidente che

167
La società del situazionismo ed altri scritti

l’autore critica in primo luogo sé stesso come fan di Snyder.


Altrettanto evidente è che se la sua critica aveva raggiunto uno
scopo e aveva fatto evolvere qualcuno, si trattava in primo
luogo di lui stesso.
Simili notazioni potrebbero apparire ironiche. Ken Knabb
ha tuttavia ragione ad insistere; non si comprende realmente
qualcosa se non vi si è implicati personalmente. [...]
Knabb, di una nuova generazione, non è mai stato molto
sensibile al contenuto propriamente artistico dell’IS, non più di
quanto lo fosse riguardo alla cultura americana. I suoi gusti
letterari ed artistici erano contemporaneamente più “classici”
(per sua propria ammissione) e più “cosmopoliti”. Ma non è di
una questione di gusti il caso di parlare. [...]
Non è, ad ogni modo, il caso di riportare Knabb all’IS,
non più che a Kenneth Rexroth, o alla controcultura degli Stati
Uniti. Egli segue, come ha sempre fatto, la sua propria strada
senza preoccuparsi molto di etichette e di appartenenze —
diciamo semplicemente che la sua strada è passata di lì.
Questo modo di procedere, senza cercare di assumere le
pose di una “personalità”, né di farsi portaparola di qualcuno,
ed ancora meno di nascondersi sotto l’anonimato di un
“collettivo”, è il segno più distintivo di Ken Knabb. Egli è
inoltre consustanziale alle sue posizioni.
Ne risulta, come secondo segno distintivo, un’estrema
chiarezza ed una grande semplicità, che nello stesso tempo lo
distingue e lo pone nelle propaggini dei situazionisti. [...]
In ciò che costituisce il suo stile più personale, il suo
marchio, Ken Knabb si ritrova contemporaneamente sia nelle
propaggini sia molto distante dall’IS. Meglio ancora, ciò che

168
La società del situazionismo ed altri scritti

più lo caratterizza, quella maniera di porsi al centro del mondo


e da lì di parlare senza pose e con la massima semplicità, mi
pare che sia paradossalmente anche il segno di un più generale
cambiamento d’epoca.
Le idee non sono mai completamente separabili da coloro
che le enunciano, dalle loro pratiche e dalle loro esperienze.
Non lo sono neanche dal modo in cui sono enunciate e diffuse.
Knabb è tra coloro che meglio lo hanno compreso, e meglio
sono riusciti nel passaggio da un’epoca ad un’altra. Vi è
pervenuto senza averne parlato molto, come se i metodi, la
tecnica, fossero impliciti.
Sa usare perfettamente le risorse del computer e di
internet, più “personali”, come i situazionisti erano stati maestri
di quelle della brochure, del volantino, della rivista, più tipiche
del “gruppo”, e nell’adeguazione del contenuto ai mezzi messi
in opera. Tutti i suoi scritti sono in linea, in open source, e in
varie lingue, sul sito del Bureau of Public Secrets, come le
traduzioni dall’Internazionale Situazionista e una buona parte
delle opere di Kenneth Rexroth.
Se ne potrebbe concludere, lo si crede sovente, che il
cambiamento d’epoca di cui parlo sia determinato dalle nuove
tecnologie della comunicazione, e forse anche dalle imprese
che le commercializzano. Ma sarebbe dimenticare un po’
troppo presto che tutto era già in opera al tempo del ciclostilato
e poi della fotocopia. Sarebbe ignorare soprattutto nessuna
tecnica permette di sapere a che e come se ne serve l’economia.
Quando lo si sa, si fa dimenticare. Se basta per questo
pagare cari gli utensili hardware e software, o essere bravi “in
informatica”, la cosa sarà meno rara. I linguaggi di

169
La società del situazionismo ed altri scritti

programmazione, il personal computer e internet sono notevoli


utensili per utilizzare il segno scritto del pensiero, per
permettere a ciascuno di essere al centro di una rete nella quale
tutti coloro che vi si raccordano possono essere al centro della
loro, per seguire la propria strada senza essere intralciati
incontrando quelli che seguono la loro, perché la libertà di
ciascuno rafforza, e non limita, quella di tutti. Ancora, è
necessario (e quasi sufficiente) che lo si voglia fare!
Per parlare anch’io per esperienza diretta, raramente ho
trovato un modo più efficace e più flessibile di lavorare, tra i
tanti, che nei miei scambi con Ken Knabb, in particolare per
delle traduzioni. Benché siamo separati da un continente,
quanto contrastava con la pesantezza e i tempi morti abituali ad
attività comparabili in un quadro più professionale.
Ancora una volta, una tale notazione potrebbe apparire di
scarso rilievo, se non insignificante. Io la metterei volentieri in
parallelo con una certa impressione d’irrealismo che suscitano
le teorie di Knabb, e che lui non si dà neanche la pena di
nascondere. Che vi è infine di irrealistico nelle sue posizioni?
Soltanto che una una nuova forma di organizzazione del lavoro
umano potrebbe generalizzarsi senza fatica e nella felicità
generale.
Questo sapere “irrealista” non dovrebbe celare quest’altro
aspetto più pratico: questo modo di organizzazione,
indipendentemente dal fatto che sia più libero, più piacevole e
più degno dell’uomo , è efficace ed inventivo? Se lo è più
dell’organizzazione coercitiva e gerarchica che lo blocca,
prenderà il tempo che gli servirà, ma si generalizzerà.

170
La società del situazionismo ed altri scritti

Jean-Pierre Depétris, estratti da Ken Knabb, l’Internationale


Situationniste et la contre-culture nord-américane
(gennaio 2008, articolo in corso di pubblicazione nella rivista
Gavroche)

Ken Knabb. Secrets Publics. Escarmouches de Ken Knabb.


Editions Sulliver, 2007. 408 p. couv. Illustr. Index.
Ken Knabb, figlio del baby boom americano, e senza dubbio
già conosciuto dai nostri lettori per la sua opera su Kenneth
Rexroth, apparsa sull’Atelier de Création Libertaire, ma anche
dagli internauti dove il suo “Bureau of Public Secrets” presenta
in inglese numerosi testi del situazionismo. Egli riunisce nel
presente libro una gran parte dei suoi scritti, da un primo
volantino del 1970 contro il culto del poeta che si erige come
grande prete, fino ad un commentario del 2006 sul movimento
francese anti-CPE.
Oggi quando gli avvenimenti si “zappano” e si
dimenticano, tutto pare effimero, in particolare l’attualità
americana. Si comincerà la lettura di quest’opera con
l’autobiografia dell’autore (pag. 207). Si percepiscono così
nella loro interiorità le esperienze di gioventù, le figure tutelari,
la scoperta dell’anarchismo, l’esperienza buddista,
l’investimento incondizionato nell’avventura situazionista.
Questo comunitarista profondamente indipendente esprime
attraverso volantini, pamphlet e manifesti la sua critica

171
La società del situazionismo ed altri scritti

ponderata del movimento hippie, della nuova sinistra


americana, del buddismo impegnato e, più recentemente, della
corrente detta primitivista. Questi sguardi su figure maggiori
come su gruppi effimeri lasciano intravedere le influenze fluide
che si esercitano su una certa parte dell’opinione pubblica
americana come su alcune delle sue pieghe nascoste.
Ronald Creagh, (marzo 2008, resoconto in corso di
pubblicazione nella rivista Réfractions: recherches et
expressions anarchistes)

Attraverso una scrittura semplice e chiara, Ken Knabb fornisce


in questa raccolta preziosi consigli ai rivoluzionari in erba e
permette agli “anziani” di rimettere in questione alcune loro
concezioni. Se quest’opera non affronta le ragioni per cui fare
la rivoluzione (se voi non ne sentite la necessità, ci sono scarse
possibilità che un qualunque testo la susciti per voi), potrete
trovarvi numerose tracce per rispondere alle questioni d’ordine
pratico e teorico con le quali si confronta presto o tardi
chiunque sia desideroso di trasformare radicalmente la società.
Infokiosque des Schizoïdes Associés (aprile 2008, introduzione
alla loro edizione PDF di La Joie de la Révolution)

172

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