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SILVANA MUSELLA GUIDA

DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO


RITRATTO DI UN PRINCIPE NELL’EUROPA RINASCIMENTALE

Giovanni da Nola (?), Stemma del Viceré Don Pedro de Toledo,


Marmo scolpito, Secolo XVI, Pozzuoli, Via Gian Battista Pergolesi 6

[L’approfondita e ampia ricerca di Silvana Musella Guida parte dall’analisi


degli oggetti descritti nell’inventario post mortem di Don Pedro de Toledo,
Vicerè di Napoli dal 1532 al 1553, e giunge a descrivere con grande efficacia
lo stile di vita e il modello culturale di uno degli uomini di Stato più autore-
voli del XVI secolo. Quello proposto è un appassionante viaggio attraverso le
residenze principesche di Castel Nuovo, di Pozzuoli e del palazzo vicereale di
Napoli e attraverso le loro decorazioni e gli arredamenti rinascimentali. Il gu-
sto classico degli spazi domestici e dei giardini rivive sul filo narrativo. I pre-
ziosi oggetti – abilmente confrontati con gli oggetti coevi rintracciati dall’au-
trice nelle collezioni dei musei di tutto il mondo – si materializzano davanti
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agli occhi increduli del lettore appassionato che sedotto sembra quasi toccare ze di caso e due ceste di salciccioni alla napoletana; «strepitano le infinite faccende
con mano le collezioni di cristalli, i corredi da tavola e i corredi da scrivania. della cucina»1, sguatteri agli ordini dei cuochi, le concole e le caldare borbottano sul
La minuziosa descrizione dei lussuosi ed eleganti abiti e degli accessori con- fuoco alimentato dalla legna raccolta a Campiglione, i mastelli accolgono le man-
sente di rintracciare non solo le preferenze stilistiche e il modello estetico di dorle bianche per essere pestate, le lancelle de acqua rosata sono pronte per irro-
rare i capponi lessati disposti sulle cocome con le armi di sua eccellenza. È tutto un
Don Pedro ma di comprendere appieno il programma di comunicazione socio-
tramestio in una foschia di fumi e odori, nei bagliori di piatti d’oro e d’argento.
politica attuato dal “Gran Viceré”. L’analisi del meraviglioso monumento se-
La sala è pronta, circondata dalle «tapezzerie fine et bellissime et vanno attaca-
polcrale ordinato al celebre scultore Giovanni da Nola costituisce il cuore pul-
te fino alla volta delle camere»; le tavole sono disposte a far corona a quella vice-
sante della strategia vicereale di propaganda politica.].
reale fiancheggiata dalle mense sulle quali fanno mostra gli acquamanili e i rin-
frescatoi, le giarre e le salsiere. Su una delle tavole, coperta dai bianchissimi me-
1. La ricchezza di una fonte documentaria dimenticata sali, è una fontana grande di argento dorato baccellata, smaltata con l’allegoria
della musica e innalzata su colonnette, coronata da una figura all’antica; sull’al-
Il Maggiordomo Maggiore Lope de Mardones è occupatissimo, distratto dalle sue man-
tra è una fontana tutta guarnita di radiche di corallo. Su quella del vicerè ri-
sioni giornaliere per i preparativi del pranzo di gala. Deve parlare con Diego de Medina splendono d’oro e d’argento, di perle, di diamanti, di zaffiri e di smeraldi una con-
per prendere dalla Torre dell’Oro le stoviglie d’argento e per consegnargli l’elenco dei fettiera grande con cammei a figure sul piede e sull’invaso, una grande coppa con
commensali; fa appello al repostero Geronimo de Sampietro perché porti nella sala gran- uguali ornamenti e uno giarro grande con un cammeo con Venere e Cupido. Si
de le tovaglie bianchissime di tela delle Fiandre che Fatima ha appena apprettato assi- sentono tintinnare i vetri di una nuova foggia di bichieri a navicella provenienti
curandosi personalmente che fossero lavate e stirate in modo tale da illuminare le stovi- da Venezia, un omaggio ai tanti capitani di galere seduti alla mensa. Sul fondo
glie d’argento. Incontra il guardarobiere Francesco de Guevara, della nobile famiglia dei della sala è Don Pedro vestito con «una robba de cremosi guarnita de velluto, al-
signori di Potenza, con il mozzo di camera Vincenzo Bruno che si avviano con passo sicu- la quale erano appicciate cinquanta ciappe de oro», occupa il posto d’onore a lui
ro nelle stanze del vicerè per preparare e rinfrescare gli abiti di Don Pedro per la sera. riservato come rappresentante dell’imperatore, «con gravità et maestà grande […]
Nel Palazzo è tutto un andirivieni; gli uomini di fatica si apprestano a disporre le sotto il baldacchino, tenendo da un lato la moglie, da l’altro le due figliuole», que-
tappezzerie d’oro e d’argento con le storie di Paride ed Elena alle pareti della sa- ste sono entrambe «di conveniente bellezza, ma riccamente vestite», la madre «per
la grande, i cavalletti e le tavole per le mense e le credenze. il tempo che tiene è anch’essa assai bella […] né sta con menor gravità del mari-
Entrano nel castello i carri con le sporte colme di dentici grossi, di ombrine e di raje, to, non va men in ordine di quel che se gli conviene». Attorno al vicerè si trovano
di polli, di oche e di faggiani. Dalle case della Duchesca arrivano i cofani con le pez- i numerosi gentiluomini che indossavano abiti dai tessuti preziosissimi: damaschi
paonazzi ed ermellini, collari d’oro e berrette ingioiellate2.
–––––––
Entrano i paggi vestiti di panno rosso con manica di velluto, ognuno ha tra le ma-
Desidero ringraziare quanti con suggerimenti e ricerche hanno contribuito alla riu-
scita di questo saggio; Riccardo Naldi che ha seguito la ricerca iconografica del monu- ni un piatto d’argento con le armi di sua eccellenza; sfilano dinanzi a tutti gli in-
mento sepolcrale di San Giacomo degli Spagnoli. Linda Martino, Rita Pastorelli ed vitati accompagnati dalla soave musica di un organo a sei mantici.
Ileana Creazzo della Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Napoletano, che han- Inizia il banchetto.
no prestato la loro competenza per il reperimento di parte del corredo iconografico.
Flavia Petrelli, della Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Napoletano, per aver Questo non è l’incipit di un romanzo d’epoca, ma più semplice-
reso possibile i sopralluoghi a San Giacomo degli Spagnoli e con lei l’Officina del Restauro mente la rappresentazione scenica di un banchetto ufficiale sugge-
di Francesco Esposito. Pierluigi Leone de Castris prodigo di consigli e suggerimenti su rita dai beni e dagli oggetti descritti nell’inventario post mortem di
molti aspetti della ricerca. Ermanno Guida per la pazienza e l’affetto con cui ha parte-
Don Pedro Alvarez de Toledo, vicerè spagnolo del Regno di Napoli
cipato ai miei sopralluoghi e ha eseguito le fotografie. Anna Buonaiuto Bisogni che ha
collaborato alla trascrizione dell’inventario con interesse e dedizione. –––––––
Per l’importanza dell’inventario che ha dato origine alla ricerca si è ritenuto di 1
Il verso citato nell’esergo è ripreso dal celebre Baldus di Teofilo Folengo, cfr.
pubblicarlo integralmente in redazione commentata, comparato con l’inventario spa- FACCIOLI 1987, 265.
gnolo, nel prossimo numero di Samnium. 2
Il verso citato nell’esergo è ripreso da CONIGLIO 1959, 348.
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dal 1532 al 1553. L’esergo ricostruisce fedelmente l’aura della corte gegneristiche opere di tensostruttura che riproducevano il comfort e
durante le numerose occasioni d’incontro che si organizzavano nelle il lusso degli ambienti domestici agli spettacolari letti a baldacchi-
residenze più lussuose del vicerè. Sullo sfondo di Castel Nuovo o del no. Le descrizioni degli oggetti, in alcuni casi riconducibili a quelli
palazzo principesco di Pozzuoli si svolgeva la frenetica attività del provenienti dalle collezioni reali del Museo del Louvre e del Museo
maggiordomo maggiore e del piccolo esercito di domestici intenti a del Prado, permettono di esplorare i “fasti toledani”.
realizzare una scenografia indimenticabile per la ‘società dello spet- Dai documenti emerge con chiarezza lo stile comportamentale e
tacolo’3. il gusto del vivere che divenne per i successori di Don Pedro un ve-
Allo stato della ricerca sono state trovate due versioni dell’inven- ro e proprio paradigma etico ed estetico. S’intuiscono le preferenze
tario post mortem di Don Pedro4. La redazione napoletana dell’in- letterarie del vicerè, il suo costante e appassionato interesse per la
ventario non è mai stata oggetto d’esame nella sua interezza5. La ric- valorizzazione culturale ed economica dell’area flegrea che era sta-
chezza e la molteplicità dei materiali inventariati permettono di co- ta gravemente colpita dall’attività sismica e dall’eruzione dei vul-
struire un quadro preciso e circostanziato degli oggetti appartenuti cani che disegnano il territorio. La villa di Pozzuoli divenne ben
al «Gran Vicerè»: si rileva il valore simbolico e la funzione d’uso di presto un luogo di svago, un’azienda agricola ma anche e soprat-
ogni materiale rintracciando le gerarchie degli oggetti secondo la clas- tutto uno strumento di riappropriazione di un luogo ricco d’arte e
sica suddivisione di beni primari e di lusso. di cultura6.
L’inventario svela l’organizzazione interna delle residenze rico- L’inventario rileva con straordinaria accuratezza l’identità ve-
struendo nel dettaglio gli spazi domestici, sia pubblici sia privati, e stimentaria del vicerè: austera, modellata secondo il gusto dell’an-
gli arredamenti. Come guardando un cortometraggio tridimensiona- tico tanto nell’abbigliamento pubblico quanto in quello privato, co-
le, il lettore può entrare nelle spendide camere dei palazzi e ammi- sì in quello civile come in quello militare o da ‘pompa’7. Senza con-
rare la rigorosa eleganza degli oggetti e dei materiali d’arredo pro- siderare le preziose informazioni che i documenti offrono per rico-
venienti dalle migliori manifatture europee. Può meravigliarsi di- struire i fasti della tavola e delle abitudini alimentari del vicerè e
nanzi alla grandiosità del corredo da viaggio e da guerra: dalle in- della sua corte. Numerose informazioni permettono poi di osser-
vare gli aspetti più intimi della vita di Don Pedro, dalle pratiche
––––––– utilizzate per l’igiene personale a quelle per la cura del corpo e per
3
Il numero delle cerimonie, matrimoni, funerali, ingressi trionfali, caroselli, gio- la bellezza.
chi dei tori e quant’altro, senza contare le feste religiose, che si svolgevano a Napoli Dal ritratto di Tiziano, o piuttosto della sua scuola e, in partico-
negli anni di cui si parla, era esorbitante; su questo argomento mi riservo di ritor- lare, dal grandioso monumento sepolcrale, commissionato a Giovanni
nare per l’importanza che tali occasioni offrivano al sottile gioco delle apparenze.
4
Nel 1946 Benedetto Nicolini acquistò per l’Archivio di Stato di Napoli, dal li- –––––––
braio Francesco Patarino, una copia dell’inventario post mortem del vicerè Don 6
La lettura critica degli inventari, e la comparazione con gli oggetti ancora con-
Pedro de Toledo, trascritta nel 1670 dall’originale redatto dal notaio Francesco de servati, è il metodo di analisi suggerito da Peter Thornton per poter restituire il gu-
Angelis, per conto degli eredi del vicerè; acquisto di notevole importanza, tenendo sto del tempo (THORNTON 1992, 17).
conto che molti dei documenti riguardanti il vicerè sono oggi custoditi in Spagna. 7
Da questo momento si farà di frequente riferimento al gusto dell’antico o ai
NICOLINI 1946/47, 251; per l’inventario, cfr. Archivio di Stato Napoli. Inventarium modelli antichi o alle arti dell’antichità elementi che, com’è noto, caratterizzaro-
ms. 135, copertina in pergamena: Inventario dei beni di D. Pedro di Toledo, Sett.e no il Rinascimento e furono posti all’evidenza e teorizzati dagli umanisti; poco è
1670; per l’originale spagnolo, cfr. España. Ministerio de Cultura. Sección Nobleza stato detto sulla ricaduta che il recupero ebbe sull’abbigliamento o, più in gene-
del AHN, Osuna, leg. 425, 3 (da questo punto citati come A.S.na., Inventario e rale, in quel complesso mondo delle apparenze. Indizi su un ritorno all’antica, in-
A.S.ma., Inventarium). Sulla discussione dello stato patrimoniale del vicerè alla teso come moderazione, si colgono già nelle leggi suntuarie napoletane medioe-
sua morte e per l’esame dei beni inventariati, cfr. HERNANDO SÁNCHEZ 1993, 38-40; vali e dopo più di un secolo furono discusse negli scritti pedagogici napoletani
cfr. IDEM 1994, 150-55. della seconda metà del Quattrocento (cfr. VITALE 2002, 16 e MUSELLA GUIDA 2007).
5
L’inventario fu consultato da Elio Catello in copia fornitagli da Giulio Pane; Per un’ampia discussione sul recupero dell’antico nell’arte italiana cfr. D ACOS
CATELLO 1979, 77-84. 1979, 5-68.
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da Nola – che rappresenta una vera e propria sintesi dell’ideologia cato poi su ordine di Filippo II11. Molti degli oggetti preziosi furono vendu-
estetica ed etica del vicerè – si evince la sua volontà di auto-rappre- ti, gli argenti fusi; mentre i mobili, in parte, furono comprati dal figlio di
sentarsi come uomo di giustizia, cavaliere invitto, uomo di cultura, Don Pedro, Don Garcia, nel 1558 per un valore di quasi seimila ducati12.
collezionista d’antichità e custode della memoria antica del territo-
rio partenopeo. La scelta del gusto dell’antico sembra divenire stru-
2. I luoghi ovvero lo spirituale dell’arte
mento efficace per la celebrazione del potere vicereale a lui affidato
dall’imperatore Romano. Durante i vent’anni trascorsi a Napoli, Don Pedro dedicò, com’è
La figura di questo ‘principe ideale’, studiata dalla letteratura ma noto, grande attenzione all’ampliamento e alla gestione dello spazio
controversa nella sua dimensione storiografica, sembra riemergere metropolitano cercando nel contempo di migliorare e di valorizzare
con nuove sfaccettature anche attraverso l’analisi degl’interessi let- l’organizzazione architettonica urbana ed extraurbana. Le residen-
terari8. La sua educazione all’esercizio del potere iniziata a Toledo, e ze principali del vicerè furono: il Castel Nuovo e il palazzo vicereale
sicuramente completata a Napoli, emerge anche dalla tipologia dei (di proprietà del demanio) mentre fuori la cinta muraria vi erano la
testi conservati nella sua biblioteca; molti dei titoli rivelano gli inte- residenza di Pozzuoli e la villa alla Duchesca (di sua proprietà).
ressi di un gentiluomo moderno che adeguò le sue conoscenze alla La sua prima dimora fu il Castel Nuovo, la residenza reale di ori-
cultura che la società napoletana del tempo esprimeva, confutando gine angioina utilizzata anche dai sovrani della dinastia aragonese,
quanto espresso dalla storiografia più tradizionale a proposito dell’uo- soprannominato ‘Nuovo’ proprio a seguito delle ristrutturazioni or-
mo che aveva poco studiato e che mostrava un carattere più incline dinate da Don Pedro dal 1534 alla sua morte13. All’inizio del vicere-
alle armi che alle lettere9. gno, Don Pedro decise di far ampliare la città ad ovest di Castel Nuovo
L’esame critico dell’inventario, comparato con le cronache coeve e (allontanandosi dalla zona più commerciale che si estendeva ad orien-
una ricognizione sugli oggetti d’arte ancora conservati nelle collezioni te) e di costruire un nuovo quartiere (i cosiddetti qiartieri spagnoli)
private o nei musei d’arte, sembra dare una nuova dimensione alla all’interno del quale avrebbe spiccato un palazzo reale, simbolo del-
figura del vicerè Don Pedro da Toledo, che più d’ogni altro non volle la nuova èra spagnola. I lavori iniziarono dalla realizzazione dei giar-
sottrarre alla città di Napoli il ruolo di capitale perso proprio a se- dini e proseguirono con la costruzione di un complesso residenziale
guito della conquista spagnola10. composto da numerosi immobili completato intorno al 1549. È pos-
I beni di Don Pedro alla sua morte furono oggetto di numerose conte- sibile, come suggerisce Filangieri, che il vicerè non li abitò mai; di
stazioni provenienti sia dalla seconda moglie Vincenza Spinelli, che dal certo una parte cospicua dei suoi beni alla sua morte erano custodi-
suo successore il cardinale Pedro Pacheco Ladrón de Guevara che im- ti ancora in Castel Nuovo14. Tuttavia la biblioteca e una parte dei
mediatamente dopo la sua nomina a vicerè ne ordinò il sequestro sbloc- suoi oggetti personali trovavano posto nel nuovo palazzo15.
–––––––
––––––– 11
A conclusione delle complesse trattative di successione per i debiti e il volere pa-
8
Per la biblioteca del vicerè, cfr. HERNANDO SÁNCHEZ 1988 e NICOLINI 1946/47. terno, Don Garcia mandò in Spagna al fratello Fadrique alcuni pezzi di grande va-
9
GALASSO 1965, 154; Scipione Miccio (MICCIO 1846, 7-89), così si espresse circa la lore simbolico come un blasone d’argento e dei gioielli regalati dalla regina di Polonia
sua educazione: «Or questo don Pietro fu curiosamente ammaestrato nella sua fan- e duchessa di Bari Bona Sforza y Aragón, come la catena d’oro regalatagli dalla città
ciullezza, da un maestro savio e sagace, dal quale fu introdotto ne le lettere umane; di Napoli; cfr. HERNANDO SÁNCHEZ 1993, 37-40 e IDEM 1994, 155-6.
ma egli subito dimostrò ne’ suoi gesti di essere più tosto inchinato a la virtù attiva 12
Cfr., HERNANDO SÁNCHEZ 1993, 38-40, con i riferimenti archivistici.
che a la speculativa. Del che accortosi il discreto maestro, fece con il duca suo padre, 13
Cfr. FILANGIERI 1934 e ID. 1940.
che lo levasse dallo studio delle lettere, e che lo indirizzasse ad imprendere dottrina 14
Come si vedrà più avanti nel testo alcuni beni personali di Don Pedro erano cu-
conveniente a’ principi; poiché a quella era naturalmente inchinato. Per le che il du- stoditi «intus Rium palatium parcus» custoditi da «Vinco. Bruno mozo de camera de
ca lo diputò paggio al servizio del re Cattolico, che, per sua buona sorte, allora re- sua ex.tia», il che potrebbe indicare, differentemente dalle ipotesi del Filangieri, che
gnava». egli avesse già occupato alcuni ambienti; cfr. A.S.na., Inventario, f. 25-25v.
10
Su questi aspetti cfr., in breve, MUTO 1994, 7-63. 15
A.S.na., Inventario, f. 27; HERNANDO SÁNCHEZ 1988, e IDEM 1993, 36.
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L’appartamento da lui abitato all’arrivo a Napoli, situato nell’ala «due case grande con giardini nominate la Duchesca grande, et
est del Castello, era quello utilizzato da Federico d’Aragona, ristrut- Duchesca piccola, consistenteno in molti membri, site dentro la Cità
turato e accresciuto del grande scalone, della loggia sul mare e del- de Napoli iuxta lo Monasterio de la Magdalena de Nap, iuxta la ecc.ia
la sala adiacente, oggi detta di Carlo V, perchè pare vi abbia sog- de S.to Crispino, e de S.to Petro ad Ara»19. Dai materiali riportati
giornato, l’imperatore al ritorno dalla battaglia di Tunisi. Nel 1547- nell’inventario post mortem di Don Pedro si rileva che gran parte del-
1550 furono iniziati nuovi lavori nell’ala nord, già abitata da Alfonso la residenza era adibita a magazzini per gli approvvigionamenti del-
e Ferrante d’Aragona, ristrutturati come nuovo alloggio del vicerè. la corte; vi erano custodite derrate alimentari, animali, cavalli e bo-
È probabile che nei piani superiori dell’ala nord fosse collocata la fa- vini, ed erano alloggiati numerosi schiavi che provvedevano alla ma-
mosa ‘guardaroba’ vicereale, proprio negli stessi luoghi dov’era quel- nutenzione della tenuta20.
la aragonese. L’ingente patrimonio di oggetti d’oro, d’argento e di pie-
tre preziose era invece custodito nella cosiddetta Torre dell’Oro già
forziere dei reali aragonesi16. La cavallerizza vicereale non era di-
stante da Castel Nuovo perchè situata in «plathea Incoronate huius
civitatis.», davanti l’antica chiesa dell’Incoronata, oggi sottostante la
via Medina.
In una zona a limite della cinta muraria orientale della città vi era
la villa della Duchesca: celebrata da Paolo Giovio come esempio del
‘ben vivere’17. La residenza faceva parte delle proprietà personali del
vicerè ed era situata come rivelano i documenti nello spazio «tra le
mura, Santa Caterina a Formello, e Castel Capuano, oltre un giar-
dino della regia Corte contiguo al Castello, e che estendevasi verso
il Monastero della Maddalena». Si trattava di un’antica proprietà di
Alfonso II d’Aragona, acquisita poi da Don Pedro come feudo su di-
sposizione di Carlo V, nel 1547. Destinata per legato testamentario
al primogenito Don Fradrique, passò a Don Garcia nel 1569 e poi a
«D. Pietro iuniore suo figlio, e da costui passò al figliuolo, un secon-
do D. Garzia; e quindi alla sua morte pervenne a D. Giuseppe Federico.
Da costui nacque D. Federico Vincenzo Alvares di Toledo, che pos-
sessore anch’egli di quel feudo, lasciollo poscia al suo figliulo D.
Achille Vianelli (1803-1894), Veduta di Pozzuoli con torre di don Pedro de Toledo,
Antonio, marchese di Villafranca e duca di Ferrandina. Finchè que- Matita su carta, 23.3x34, Iscrizioni testo: 27 marzo 1824,
sti alla sua volta con istrumento del 23 luglio 1760 ne vendette il pos- Napoli Museo di San Martino
sesso consistente in case, censi, rendite, strade e piani, al Principe di
S. Nicandro D. Domenico Cattaneo per ducati 107.593 e gr. 80»18. Le La residenza che maggiormente espresse l’idea di magnificentia,
fu certamente quella di Pozzuoli legata integralmente a lui nel pro-
––––––– getto, affidato all’architetto Ferdinando Maglione che si occupò dell’or-
16
Cfr. FILANGIERI 1934 e FILANGIERI 1936-40, e LEONE DE CASTRIS 1990, 35-61. La
Torre dell’Oro è proprio in angolo tra l’ala est e quella nord. –––––––
17
GIOVIO 1984, 296; cfr. infra, II. 4. 19
A.S.na., Inventario, f. 52v.
18
Per la citazione, cfr. COLOMBO 1884, 563-74; cfr. anche, HERNANDO SÁNCHEZ 1994, 20
A.S.na., Inventario, ff. 52v, 53; per i documenti cfr., LEOSTELLO 1883; cfr. infra,
152 e CONIGLIO 1984, 528. II.1, II.1.1, II.1.2.
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ganizzazione dell’intero assetto urbanistico della città flegrea21.


Con Pozzuoli, il vicerè ebbe un legame così intenso che impose nel
testamento al figlio Don Garcia a cui la destinò, di non venderla e
di non dividerla22. Il paradigma natura-artificio-antichità della vil-
la di Pozzuoli, già adottata per la ristrutturazione dei giardini di
Castel Nuovo e per i giardini del Palazzo Reale, fu il motivo do-
minante dell’architettura toledana23. La tenuta flegrea legò stret-
tamente la sua nascita agli eventi naturali che contrassegnarono
il secondo quarto del Cinquecento, eventi che destarono una mag-
giore attenzione del vicerè alla cittadina demaniale già avampo-
sto strategico e militare24.
Nel 1538 a seguito delle rovinose scosse sismiche nell’area, per evi-
tare lo spopolamento della zona, il vicerè, dopo aver emanato un ban-
do che invitava la popolazione a ritornare ad abitare nella cittadina
esonerandoli dal pagamento dei tributi, incaricò Maglione di pro-
gettare per lui una villa fortificata. In breve essa divenne meta di
prìncipi, letterati e artisti25. La misura dell’appassionato interesse
mostrato da parte di Don Pedro per la zona, da sempre presidio mi-
litare, località strategica e approdo marittimo sicuro oltre che luogo Achille Vianelli (1803-1894), Veduta del Palazzo di Don Pedro dal largo
della Malva, 1820 ca., matita e inchiostro su carta, 23.3 x 340,
salubre e terapeutico grazie alla presenza delle acque sulfuree – ce- Napoli Museo di San Martino, inv. 11762
lebrato nel famoso trattato De balneis puteolani – è riscontrabile at-
traverso alcuni testi presenti nella sua biblioteca come il De confla- 3. Naturalia e artificialia a Pozzuoli
grazione agri puteolanu di Simone Porzio e il De balneis terrae labo- Il “vicerè urbanista”27 volle dare un nuovo assetto alla città flegrea
ris di Pedro da Eboli26. a partire dalla ricostruzione delle fortificazioni. Nella parte nuova
del borgo scelse di fondare il suo palazzo e una torre, protetti da un
–––––––
21
Cfr. HERNANDO SÁNCHEZ 1994, 518 e ss. dove discute la tradizione dei giardi- fossato che circondava i giardini della Starza. L’ampio terreno era
ni naturalistico-archeologici napoletani e la tradizione letteraria dal Pontano al «arbustato e seminatorio, di cui i frutti pendenti appartengono al si-
Tansillo. gnore […] mentre il suolo, coltivato a grano, è affittato al contadi-
22
Cfr., HERNANDO SÁNCHEZ 1993, 37. no»28. Il maestoso palazzo si trovava dunque all’interno di un ampio
23
Cfr., IASIELLO 2003, 7 nt 19. podere coltivato, i celebri Horti toledani del Capaccio, a ortaggi e ad
24
Cfr., HERNANDO SÁNCHEZ 1994, 521. Da un documento dell’archivio mediceo si
evince che prim’ancora della costruzione della fastosa villa di cui si parla, Don Pedro
alberi di frutta. Si trattava dei prodotti più tipici dell’agro puteola-
avesse già una residenza a Pozzuoli dove fu colto da uno dei primi terremoti. Il 24 no che, com’è noto, furono spesso rievocati per la bontà e la bellezza
febbraio del 1537, Alessandro Strozzi scrisse a Cosimo dei Medici: «A Pozzuoli fur- da Giovan Battista del Tufo29.
no il primo giorno di quadrigesima grandissimi tremuoti rovino assai case, il duo-
mo et la casa dove era il vicerè ne rovino parte così si ridussono a dormire in cam- –––––––
pagna» (cfr. www.documents.medici.org, foliostart49). 27
La definizione è adottata in PANE 1979, 81-95 e 161-82.
25
Cfr. VENDITTI 2006, 251-87; cfr. anche BUONO 2007, 35-83. 28
L’inventario dice starsa; cfr. A.S.na., Inventario, ff. 49, 50, 52; MUTO 1994, 32, e
26
H ERNANDO SÁNCHEZ 1988, 26; A.S.na., Inventario, ff. 28-29; A.S.ma., LEPRE 1978, 21.
Inventarium, ff. 18v, 19. Per la descrizione dell’eruzione, cfr. S UMMONTE 1675, 29
Cfr. CAPACCIO 1607, 46 e ss. 142; del Tufo cita numerose volte la città di Pozzuoli
Tomo IV, Libro VII, 131. a proposito delle famose acque e per i gustosi frutti e ortaggi, che arrivavano a Napoli
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In questo ampio spazio architettonico, identificabile con chiarezza mora moderna, con uno cavalletto impiombato»34. Le sculture antiche
grazie alle riproduzioni realizzate tra la fine del XVI e il XVIII se- andavano a completarsi con quelle moderne. Le fontane del giardino
colo attraverso i disegni e i dipinti di numerosi artisti – da Francisco grande dovevano destare gran meraviglia per la ricchezza dei mate-
de Hollanda (1539) a Didier Barra (1650) e anche nel bassorilievo riali molti dei quali al momento della morte del viceré risultavano an-
che ricorda la messa in fuga del Barbarossa da parte di Don Pedro, cora in custodia, e forse non in opera, del giardiniere Ioan Rocca. Vale
nel monumento sepolcrale di San Giacomo degli Spagnoli a Napoli, la pena di seguire nel dettaglio la descrizione di una delle fontane: si
ben definito nei rapporti volumetrici nel disegno di Francesco Antonio componeva di «quaranta sei pezi de coralli tra grandi, et piccoli, ser-
Letizia del 1774, sebbene a quella data l’urbanizzazione avesse già veano ale due fontane, che stanno fabricate al muro dela porta del
modificato il contesto con l’edificazione di numerose case di notevo- ditto giardino, et sobto una de epse fontane nce è una statua de mar-
le altezza30 – si aprivano due ampi giardini posti sul retro del palaz- mora, in la quale è scolpita una Venere, che tene una quanquiglia con
zo. Nella parte antistante il Palazzo era separato dal mare dal cosi- uno Copido sobto, […] tre figure antique de donna de marmora.». In
detto largo della Malva sul quale dominava la fontana che caratte- un’altra «nce scolpita una papara de marmora»; vi era poi una fonta-
rizza più di un disegno di Achille Vianelli31. Il terreno agricolo, che na più piccola «de marmora in la quale nce stanno sculpite, una Diana
come si è già avuto modo di segnalare era soprannominato starsa, si ad alto con le tre etate, quale venne da Genua»; una terza sempre di
dispiegava sotto la rupe dell’odierno Rione Terra. Oltre alle coltiva- marmo era composta da «tre maruze de marmora». Vi era poi «una
zioni di grano, ortaggi e frutti del mediterraneo vi erano una spet- altra fontana de marmora, sta fabricata al muro de la loggetta del dit-
tacolare «vigna, et giardino, dentro la quale nce è una fontana, uno to giardino, in la quale sta sculpita una statua, che tene uno giarro,
molino de acqua con sue rote et tutti soi necessary»32. e tre figlioli con uno cantaro de marmora, dove corre l’acqua»35.
I giardini erano il luogo della magnificenza dove si fondevano ar-
moniosamente tanto i naturalia quanto gli artificialia: la flora e la
fauna della macchia mediterranea erano incastonate tra fontane, sta-
tue, epigrafi e frammenti scultorei antichi33. Alcune delle antichità
erano collocate «in la grotte del ditto giardino […] quattro pezi de
marmora con certi pedi de sopra […] pezi de marmora tra teste, et
corpi […] due tavolette de epitaffy de marmora […] una testa de mar-

–––––––
via mare: «Gran Piacere prendereste/ quando arrivar vedreste, ogni mattina,/per
via della marina, al fondo tutti/ di rari e dolci frutti e di lattuche/ i navilî e fellu-
che, e carri e some/ per l’altre porte, e com’ogni contento/ vien da Pozzuol, da Vico e
da Sorrento.» (I. 515-522) cfr. DEL TUFO 2007, 37 e passim.
30
Cfr. VENDITTI 2006, 262-9.
31
I disegni del Vianelli con le vedute di Pozzuoli, degli anni ’20 dell’Ottocento, cu-
stoditi al Museo di San Martino a Napoli, sono quattro; tre ritraggono il palazzo da
differenti punti di vista del Largo della Malva (invv. 21512, 11762, 19615). Cfr., DE
SETA -BUCCARO 2006, 210, VENDITTI 2006, 277, BUONO 2007, 66-8. Pier Francesco di Bartolomeo detto Pierino da Vinci (Vinci, Firenze, 1530 ca.
32
Cfr., A.S.na., Inventario, f. 52. Pisa 1553), Giovane dio fluviale accompagnato da tre bambini,
33
Tra i libri della biblioteca nell’inventario è segnalato «uno libro intitulato li marmo, 1,36 m, 0,48 m, Parigi Museo del Louvre
epitaffy de Roma» (A.S.na., Inventario, f. 28v) segno dell’interesse epigrafico pe-
raltro assai diffuso a queste date e oggetto di collezionismo a Napoli dove vi era- –––––––
no numerose collezioni antiquarie già dall’età aragonese; cfr. IASIELLO 2003, in 34
Cfr., A.S.na., Inventario, f. 51v.
particolare, 41 e ss. 35
Cfr., A.S.na., Inventario, f. 51v.
252 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 253

Quest’ultima è oggi conservata al Museo del Louvre a Parigi. Si della proprietà fondiaria. È doveroso segnalare i celebri versi di Luigi
tratta della scultura di Pierino da Vinci (Pier Francesco di Bartolomeo Tansillo che immortalarono nella memoria della letteratura rinasci-
Vinci, ca. 1530 – Pisa, 1553), donata dallo scultore, a dire del Vasari, mentale il profondo convincimento del vicerè di dedicare la medesima
ad Eleonora de Toledo e da lei affidata al fratello Don Garcia perché attenzione allo ‘spirituale dell’arte’ e all’economia della vita materiale:
la portasse con le galere a Napoli. Il giovane dio fluviale reca tra le
Io non so, se da scherzo o da dovero
mani sul lato sinistro, un grosso contenitore con un cartiglio all’in-
Voi diceste l’altrier su quella torre,
vaso, uno giarro, con un foro dal quale verosimilmente doveva sgor-
che per testa vi va novo pensero;
gare l’acqua, sostenuto sulle spalle di tre bambini, tre figlioli36.
e che ‘l giardin, che desiaste tôrre 5
La scultura del giovane dai tratti femminei di forte sapore miche-
qui in riva al mar, più non v’agrada, accorto
langiolesco, rende tangibile la qualità degli interventi scultorei “ar-
de l’errore e del danno ove s’incorre;
chitettati” per il giardino. Getti d’acqua grandi e piccoli emergevano
ma in cambio di giardin (nel che v’esorto),
dalle sculture antiche e moderne e andavano a decorare sontuosa-
Voi voreste incontrar villa o podere,
mente lo spazio aperto utilizzato per i banchetti estivi perchè sem-
che a pro vi fosse insieme et a diporto39. 10
pre nel giardino grande vi era «uno quatro grande de tavola de ma-
gnare de marmora con suo pede de marmora, quale tene quattro ban-
chi de marmora intorno, et quattro sedetori de marmora intorno il 4. Pozzuoli e le relazioni commerciali e artistiche tra Napoli e Firenze
paviglione»37.
L’ingresso del Palazzo di Pozzuoli era ornato da «dui quatri de te-
La sistemazione e l’utilizzo dei giardini sembrano corrispondere a
la, in uno nce è pintata la Cità de Hierusalem, et in l’altro il s.to
quanto suggeriva Giovanni Pontano nel De Splendore; la disposizio-
Sepulchro»40. In uno dei lati era posta una piccola cappella ricorda-
ne e scelta delle piante e degli arredi, fontane e quant’altro, erano
ta nell’inventario per il modesto, per qualità e per numero, corredo
improntati al gusto dei giardini cittadini con tutte le comodità ed il
d’altare. Proprio in questo piccolo ambiente intervenne, su invito del
lusso necessario per l’allestimento dei banchetti e per esaltare la pas-
vicerè, Giorgio Vasari nella seconda metà degli anni ’40, dove dipin-
seggiata degli ospiti38.
se «a fresco […] una cappella, ed alcuni ornamenti di stucchi sotti-
Il giardino era parte integrante di un ampio podere, secondo le te-
lissimi»41. L’intervento a Pozzuoli del pittore fiorentino doveva, nei
stimonianze dell’inventario che evidenziano la presenza delle attrez-
progetti di Don Pedro, essere più esteso e investire anche due logge
zature agricole, che era organizzato secondo una gestione capitalistica
delle quali è oggi difficile, tra i frammentari resti del complesso edi-
lizio, ricostruirne l’ubicazione42. Il vicerè non mancò di rivolgersi, ap-
–––––––
36
«Finito questo fiume, il Vinci ne fece dono a Luca [Luca Martini], il quale lo pre- –––––––
sentò alla Duchessa et a lei fu molto caro perché allora, essendo in Pisa don Grazzia di
39
Luigi Tansillo, Il Podere: (http://it.wikisource.org/wiki/Il_podere).
Tolledo suo fratello venuto con le galee, ella lo donò al fratello, il quale con molto pia-
40
A.S.na., Inventario, f. 49. Hernando Sánchez trascrive: «en el jardín del palacio
cere lo ricevette per le fonti del suo giardino di Napoli a Chiaia.», cfr. VASARI 1849, vol. hay dos telas pintadas, la una esta pinta la çiudad de Jerulasalen y la otra el puer-
V, p. 287. È dalla citazione vasariana che si ritenne l’opera collocata nel giardino di to de Salerno»: cfr., HERNANDO SÁNCHEZ 1993, 52.
Chiaia. La citazione inventariale mi sembra sufficientemente chiara per ritenere che la
41
Cito da LEONE DE CASTRIS 1996, 100 (ma in 1568, VII, 676-7).
giusta sistemazione fosse il giardino di Don Pedro a Pozzuoli; cfr. HERNANDO SÁNCHEZ
42
Nelle Ricordanze Vasari, in due lettere, ricorda i rapporti con Don Pedro de
1993, 53, che la ritenne anch’egli per il giardino di don Garcia. Al Museo del Louvre è Toledo, a proposito di una seconda commissione per una tavola con la Crocifissione
segnalata come proveniente dal Palazzo del Balzo di Napoli (Palazzo Petrucci a San per la cappella del palazzo di Pozzuoli che trascrivo di seguito:
Domenico Maggiore?) ma non è chiaro come pervenne ai Del Balzo; Parigi Museo del 1545 /[144] Ricordo come a dì 14 d’aprile 1545 Don Pietro di Tolledo, Vicierè di
Louvre, Département des Sculptures, inv. Legs Basile de Schlichting, 1915. R.F. 1623. Napoli si prese a fare da esso per ordine, e lettere di Messer Ottaviano de’ Medici, qua-
37
A.S.na., Inventario, f. 51v. le era, con commessione dello Illustrissimo Duca Cosimo suo genero, venuto da Fiorenza,
38
PONTANO 1965, 277, 236-7. che io lo servissi. Una loggietta lavorata di stuchi a figure, ornamenti, grotesche,
254 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 255

profittando della sua presenza a Napoli per conto degli Olivetani, al Eleonora, per dieci sculture maiolicate, che è possibile dovessero poi
pittore fiorentino che aveva agito sulla cultura locale recandovi, con trovare collocazione proprio nei giardini di Pozzuoli, delle quali oggi
la «sua formula matura, misto di correttezza disegnativa toscana e si è persa ogni traccia45.
di classicismo in delicato equilibrio fra la lezione di Michelangelo e La proprietà di Pozzuoli si completava con il podere di Campiglione
la tradizione raffaellesca, […] una sintesi efficace fra il linguaggio località caratterizzata da un ampio cratere, boschivo, con due case
elegante e monumentale della “maniera moderna”»43, il segno di quel- «a più membri», posta in alto a ridosso di Pozzuoli; qui vi era un al-
la volontà di aggiornamento su quanto la cultura artistica italiana levamento bovino ed equino di notevole portata con 98 animali tra
andava proponendo. tori, giovenche, vitelli, cavalli e somari e attrezzi per la lavorazione
Purtroppo l’inventario non descrive nel dettaglio l’appartamento del latte46.
abitato da Don Pedro eppure non manca di segnalare le sue prefe- L’iniziativa edilizia del vicerè conseguì un notevole consenso pres-
renze stilistiche grazie alla descrizione della scultura posta sulla por- so l’aristocrazia locale e napoletana; Luigi Tansillo nel Canzoniere
ta della camera da letto: «uno satiro de marmora senza braccie, et gli dedicò tre sonetti dai toni encomiastici, per quanto di parte es-
gambe». Sicuramente si trattava di un reperto di scavo forse proprio sendo egli continuo del vicerè e poi del figlio Garcia, e augurò che il
ritrovato tra quelli dell’area dove insisteva il palazzo44. fato potesse accogliere il vicerè con benevolenza. Val la pena di ri-
In occasione dell’allestimento del palazzo di Pozzuoli, le relazioni portarli integralmente per coglierne meglio il senso:
artistiche e commerciali tra Napoli e Firenze s’intensificarono. Nel
Pel medesimo: ai campi Flegrei che accolgan bene il Viceré che si reca nella
1542 furono inviate a Napoli dieci teste vetriate ordinate a Santi di
sua villa.
Michele Buglioni (1494 – 1576) da Elenora da Toledo per il padre. Si
Cuma, Baia e Pozzuol, non basse prede
trattava verosimilmente di busti, o forse di clipei, di maiolica ovve-
del re degli anni, ch’ogni altezza atterra,
ro di ceramica invetriata, di tradizione robbiana nel genere di quel-
ove che sia, di qua l’uscio si crede
li già impiegati a fine Quattrocento a Napoli nella famosa villa rea-
le di Poggioreale. Scaglionati tra il 15 aprile e 28 settembre del 1542, –––––––
sono tre pagamenti al Buglioni e a Lorenzo Marignolli, entrambi scul- 45
Trascrivo la sintesi dei documenti conservati presso l’Archivio Mediceo; 15 apri-
tori al servizio al di Cosimo dei Medici dal tempo delle sue nozze con le 1542: [...] Et addì detto che pagasse al Marignolle scudi III per conto delle teste di
terra. Fa per mandare al Vicerè di Napoli [Pedro de Toledo] [...]; 27 luglio 1542: [...]
––––––– Feci una poliza a Michel Ruberti che pagasse al Marignolle et a Santi Buglione scu-
fogliami e colorita piena di storie lavorate in fresco per quel prezzo che finita monta- di VIII sopra le teste di terra per mandare a Napoli [...]; 28 settembre 1542: [...] Feci
va detta opera e che per lo scomodo di detta, per essere discosto da Napoli miglia X, sottoscriptione a uno conto del Marignolle e di Sancti Buglioni di scudi 25 per le X
a Pozzuolo in sulla marina, convenimmo che detto Don Pietro dovessi darci stanze, teste di terra vetriate per la duchessa [Eleonora di Toledo] per mandar a Napoli. Saldo
letti e provisione per il vitto d’acordo. Apresso fu finita detta opera al’ultimo di luglio per m.o Tribolo. A Michel Ruberti [...]; cfr. www.documents.medici.org, folio start, 10,
1545 valeva detta scudi 250, non mi fu pagato altro che scudi ottanta di grossi sette 13, 17. Guido Donatone ritenne che i busti fossero per la villa di Chiaia di don Garsia.
per ordine di Raffaello Acciaiuoli e Giuliano Tovagli in Napoli sotto dì 14 d’agosto I documenti specificano trattarsi di una commissione per il vicerè, a quella data è
1545, scudi 80. verosimile che l’interesse di Don Pedro fosse tutto rivolto alla realizzazione della re-
[152] Ricordo come a dì 4 di settembre 1545 Orsancha Segretario di Don Pietro di sidenza puteolana, peraltro è anche verosimile che si volesse lì imitare quanto an-
Tolledo, Vicierè di Napoli, mi alloga a fare una tavola con un Cristo in Croce per la cora era visibile nella prestigiosa villa di Poggioreale. Cfr. DONATONE 1980, 229. Per
sua Capella colorita a olio et a’ piedi Santa Maria Madalena e San Giovanni e la l’attività del Buglioni, cfr. MARQUAND 1921.
Nostra Donna con dua putti che ricolgono il sangue; la quale fecie il mercato di det- 46
A.S.na., Inventario, f. 47v. Allo stato attuale restano della villa pochi ele-
ta Don Antonio sagrestano del Convento di Monte Oliveto di Napoli, che furono scu- menti, la Torre e il palazzo che hanno subito numerose distruzioni e ingloba-
di quaranta di lire sette per ciascuno scudo, che tanto ne fui contento, ci[o]è scudi 40. menti dalla fine dell’Ottocento ad oggi; recentemente le costruzioni superstiti
Cfr. DEL VITA 1929, 48. sono state oggetto di restauri. Cfr. VENDITTI 2006. Delle proprietà di Campiglione
43
LEONE DE CASTRIS 1996, 95. non restano che pochi ruderi di scarso rilievo storico (comunicazione orale del
44
A.S.na., Inventario, f. 49v. prof. Giulio Pane).
256 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 257

al pianto eterno, che si fa sotterra. che in voi tornò a fiorir quel seme antico
O paradiso, a cui dal ciel si diede di valor, di grandezza e di virtute,
grazia e virtù maggior, ch’all’altra terra, che spento fu, passa il millesimo anno47.
poscia ch’il mio signor messo ha qui il piede,
Il poeta celebra il luogo e augura che la presenza di Don Pedro al-
ratto fugga ogni mal ch’a lui fa guerra!
lontani gli assalti nemici, ed infine loda l’interesse per le antichità
Sempre v’arrida e sempre accresca il cielo
che si rinnovò nel vicerè in forma di virtù e grandezza.
all’aria, all’erba, al foco, alle fontane,
Durante i lavori di costruzione riemersero dal suolo antiche co-
il bel ch’appare e la virtute interna;
struzioni romane, delle botteghe per la lavorazione del vetro, poi in-
tal che ogni cor qui goda, ogni mal sane,
globate nel palazzo, che contribuirono ancor più alla conoscenza del-
salvo la piaga che nell’alma io celo,
le antiche vestigia già ampiamente esibite dal territorio48.
la quale io prego Amor che faccia eterna.

Allo stesso: dimorante allora nella villa a Pozzuoli, la quale si rallegri venendo
5. Arredi e corredi: «Supellectlem vocamus omne domesticum instru-
rinnovato in lui l’antico valore romano.
mentum, ut vasa, lances, textilia, lectos et id genus, caetera sine
Quest’aria, questa terra e questo mare,
quibus comode vivi non potest»49
che piacquer tanto a quegli antichi illustri,
che memorie vi fêr, che gli anni e i lustri Nicola Maffei con stupore e ammirazione ma anche con un certo
non pon, coi denti eterni, divorare; disappunto, legato a considerazioni di carattere economico, nella vi-
è ben degno ch’a voi debban giovare sita al palazzo dei Sanseverino osservò che «sei o sette camere su-
sopr’ogni clima, ch’il sol vago lustri, perbe, le quali gli costano quattro delle sue terre, però che le ha ven-
onde Pozzuol per voi s’orni ed illustri dute, per fare quelle pompe»; visitando poi la residenza di Alfonso
e splenda il nuovo, al vecchio onor già pare. d’Avalos scrisse: «in tutte le camere [vi sono] letti a varie foggie fat-
Vedendo al mondo oggi per voi rivolto ti con fornimenti di velluto de raso, di damasco, con oro, con argen-
il valor di quei chiari invitti eroi, to, con franze poste sopra essi a varie manere, però in campo largo.
che l’uscîr, già mill’anni son, di vista, Sulle tavole in cambio di tapeti vi sono velluti cremesini, morelli, et
s’allegran, signor mio, di veder voi d’altri colori»50. Sembra che in ogni ambiente dei palazzi napoletani
come chi perde cosa amata molto, ci fossero letti molto ricchi a disposizione degli ospiti di rango, forse
e, dopo lungo tempo, la racquista. allestiti in occasione della visita dell’imperatore Carlo V, ragione del-
la presenza dell’ambasciatore inviato a Napoli dalla corte di Mantova.
Al medesimo: che nel Toledo ritorna a fiorire il seme romano.
Mentre a mirar le pietre che fur messe qui sù,
tant’anni son, voi gli occhi alzate, signor, meravigliando, –––––––
alto onor fate’al nobil uom, che la gran mole eresse.
47
LUIGI TANSILLO, Il canzoniere, Sonetto CLXIV, CLXV, CLXVI; i sonetti dedica-
Quanto foran maggior, quanto più spesse ti a Don Pedro de Toledo sono 5 (www.italicon.it/index.asp? co@epge=risorse01&-
Titolo=tx245) e TANSILLO 1996, 28-30.
di voi le meraviglie a l’altra etate, 48
Cfr. VENDITTI 2006, 285.
se Fortuna magnanima aguagliate 49
Cito da VITALE 1987, 28, ma in PONTANI 1518, 137r, v.
a gl’illustri desir le forze avesse. 50
CONIGLIO 1959, 349. I due nobili citati dal Maffei avevano entrambi partecipa-
Pur, malgrado di lei, ch’ha il cor sì iniquo, to alla campagna di Tunisi e insigniti dell’Ordine del Toson d’oro, cfr. HERNANDO SÁN-
qualor l’alte opre vostre fian vedute CHEZ 1993, 287. Sulle dimore napoletane Labrot sottolinea che a «partire dal 1550,
salvo alcune eccezioni, la dimora napoletana assorbe le energie e divora i patrimo-
sapran color, che dopo voi verranno,
ni.», cfr. LABROT 1979, 36.
258 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 259

I nobili napoletani vivevano da re51! nei vari magazzini55. I primi ad essere enumerati sono quelli prove-
L’arrivo del vicerè Don Pedro da Toledo determinò il rapido de- nienti da Firenze, tutti custoditi in contenitori più o meno elabora-
clino dell’abitazione feudale, conseguenza della diminuzione del ti: un «forziero ferrato», una «balice de panno azuro» un «forciero co-
potere militare della nobiltà napoletana, causata dalle profonde perto de coyro rosso»56; seguono quelli, preziosissimi, della guarda-
trasformazioni dei nuovi organi di governo cittadini52. Si affermò roba di Castel Nuovo, poi quelli di alcuni ambienti del Palazzo vice-
con forza la necessità di abitare in città. La nobiltà, lusingata reale ed infine quelli della residenza di Pozzuoli. Ognuno dei diver-
dalla possibilità di divenire la “corte” del vicerè, si espose al gio- si gruppi è in custodia del “mozo de camera” del “creato de camera”
co e al giogo del potere vicereale restando imbrigliata nelle ma- del “repostero”, nel caso della biancheria da tavola del despensiero,
glie delle trasformazioni in atto53. L’abitare vicereale divenne un o «in potere dele lavandare» o, ancora, nei casi in cui si trattava di
modello aggiornato del vivere, del conversare, del ricevere ce- oggetti in uso dai membri della famiglia, «in potere de la s.ra Maria
dendo alle più moderne necessità dell’abitazione. Abbandonata Pigmentella» camarera della marchesa di Villafranca57.
la dimora austera feudale del barone e del cavaliere, la città di- Tutto era in deposito. Solitamente i paramenti e gli arazzi di mag-
viene il luogo più ambito per la costruzione dei palazzi e delle giore pregio si custodivano, sostituiti da parati di minor pregio e di
ville “fuori porta” che vanno ad arroccarsi sulle colline e verso più agevole manutenzione; gli apparati variavano anche in ragione
Riviera di Chiaia54. delle stagioni e delle occasioni. Giovan Battista Del Tufo lo rimarca
I paramenti, arazzi, tendaggi, coperte per tavoli, per le sedie e per con chiarezza58:
il letto, sono inventariati in un elenco che ne indica solo l’ubicazione
Ai superbi palazzi tapezzati,
secondo la staggione,
or di razzi or di seta or di brocati,
–––––––
51
Non è solo un’affermazione umoristica, ma risponde ad una realtà ben eviden- vengano l’altre persone,
te attraverso l’inventario dei beni feudali confiscati ai nobili dissidenti dagli spagnoli; onde fra quei splendori
cfr. CORTESE 1931. Di fatto i nobili del Regno possedevano più abitazioni in città e in
campagna, di frequente al palazzo cittadino si associava la villa fuori porta; cfr. –––––––
LABROT 1979, 29 e ss.; nella seconda metà del XVI secolo il castello feudale è in ra-
55
Gli inventari post mortem del Cinquecento difficilmente rendono conto dell’ubi-
pida decadenza, cfr. GALASSO 1978 (b), 744 e ss. cazione degli arredi; i beni mobili, ed in particolare i tessili, sono inventariati in elen-
52
In realtà gia dalla seconda metà del Quattrocento a Napoli era in atto tra la no- co e/o secondo l’ordine delle casse nei quali erano custoditi. Probabilmente accadeva
biltà di seggio una trasformazione dell’educazione rivolta ad una maggiore attenzio- nei casi in cui l’immobile non era oggetto d’eredità, come appunto per le residenze
ne alle conoscenze letterarie e al saper vivere da “cortigiano”, approfonditi da un nu- istituzionali di Don Pedro, Castel Nuovo e il Palazzo vicereale. L’inventario della vil-
mero notevole di scritti di natura pedagogica; questo atteggiamento determinò an- la di Pozzuoli lascia un margine di spazio per comprendere la distribuzione degli am-
che la trasformazione del palazzo cittadino come accadde per quello di Diomede Carafa bienti.
già nel 1466. Negli anni a seguire, soprattutto nella prima metà del Cinquecento, il
56
A.S.na., Inventario, ff. 19v, 21v, 58v.
maggiore dibattito si svolgerà tra nuovi ceti emergenti che aspiravano all’ammissio-
57
Donna di notevole prestigio assai stimata e rispettata a Napoli; alla morte del
ne ai seggi; cfr. VITALE 1987, 31-2, 64 e ss.. Sull’aristocrazia napoletana, cfr. MUTO vicerè andò a vivere con Eleonora de Toledo a Firenze, HERNANDO SÁNCHEZ 1994, 470.
2003, 615 e ss. L’importanza a lei accordata fu tale da ricevere doni di valore come «…una tassetta,
53
Cfr. AJELLO 1996. La politica imperiale tese alla costituzione nelle province di seu coppetta de argento consignata per Diego de Medina repostero, quale pesa once
una corte fastosa che rispecchiasse quella del governo centrale, cfr. HERNANDO SÁN- nove, et una quarta et sta notata in lo inventario fatto in Fiorenza, et dice in epso,
CHEZ 2001, 462 e ss. una coppetta bianca indorata, con la quale beve la s.ra Pimientella, et se conserva
54
Una dettagliata descrizione di questo fenomeno, con l’indicazione precisa per restituirla a detta s.ra attentoche in excambio de un altra, che la ex.tia sua, che
dell’espansione edilizia a Napoli è in LABROT 1979, 43-99. Per le trasformazioni dei stea in gloria have donata, se la reteneva, et al ditto Diego se li è fatto descarrico.»,
comportamenti aristocratici, cfr. VITALE 1987; VISCEGLIA 1988 e ID. 1992. Hernando (A.S.na., Inventario, f. 54v).
Sánchez (HERNANDO SÁNCHEZ 1993, 41) sottolinea che il lusso della corte vicereale
58
Cfr. THORNTON 1992, 44-53. Cfr., per l’abitare in Italia nel Rinascimento, AJMAR-
non fu esente da critiche soprattutto da parte di Juan de Valés. WOLLHEIM Marta - DENNIS Flora 2006.
260 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 261

che escon vivi dagli ori, et oro, in lo quale sono figurati li mistery dela passione de nstro
senza starvi a pensare, vi potriano alloggiare s.re»; ancora «uno altro panno piccolo de raza de seta, et oro, in lo
e papi e re e monarchi e imperadori59. quale è figurata la adoratione de tre Magi» e, infine, sempre di «la-
na, et seta, in li quali è figurata la creazione del mondo»61. L’inte-
6. La guardaroba in Castel Nuovo: gli apparati resse del vicerè per i temi tratti dall’antico negli addobbi domestici
sembra di vecchia data, ed è testimoniato dai panni giudicati usati
Nella «guardaroba» erano custoditi oggetti di grande valore: gli ar- «in li quali è figurata la historia de Romulo e Remulo.». Agli arazzi
genti, gli arazzi e i tessuti con oro e argento. Gli arazzi, circa un’ot- istoriati si accompagnavano i quattordici «porteri de raza tutti fi-
tantina alcuni en suite, per la maggior parte erano con storie tratte gurati, et usati», ovvero quei rivestimenti che andavano a coprire fi-
dall’antico. Un piccolo numero aveva una funzione puramente deco- nestre e porte al fine di connotare l’ambiente come involucro unita-
rativa, essendo di “verdure”; pochi erano con storie sacre. rio. Completavano la collezione, quattro panni a carattere decorati-
Sicuramente quelli di maggiore pregio, probabilmente provenien- vo con verdure e due panni piccoli sempre istoriati ma senza l’indi-
ti da Bruxelles, centro dove la nuova corte imperiale amava soggior- cazione delle storie62.
nare, dovevano essere assai sfarzosi. La serie di sette «de seta, et oro, Insieme agli arazzi per gli ambienti di rappresentanza nei palaz-
in li quali è pintata la historia de Paris, et Helena», i due con le sto- zi vicereali si poteva disporre di innumerevoli apparati di differenti
rie di Vulcano ed ancora uno con la Storia di Lucrezia, in tutto die- tessuti di grande pregio, spesso a più colori, completati da portiere e
ci, furono venduti a Bernardo Valdaura «fiammingo di Bruges» col- copritavolo. Vediamo: «diece panni de velluto verde et carmesino con-
lezionista e forse anche mercante a cui Pietro Aretino dedicò il gu- sisteno in tele ottanta due, et sono de alteza de palmi quattordici […]
stoso Dialogo nel quale la Nanna insegna a la Pippa a esser putta- tre sopreporta del preditto velluto de quattro pezi l’uno, et ogn’uno
na60. Vi erano gli arazzi con storie sacre sempre in seta e oro «in tre è de palmi tre, et quarto de alteza»63. Si trattava di un addobbo di
de epsi sono certe pittur de differente fantasie, et in l’altro nce figu- circa 40/45 metri lineari per oltre tre metri d’altezza, in grado di co-
rata la tentazione di s.to Antonio»; un altro panno «de raza de seta, prire la superficie di una grande stanza o addirittura di più ambienti,
completata da ferze di lunghezza inferiore per rivestire gli spazi so-
––––––– pra le porte. Dello stesso genere se ne contano ancora due, uno in
59
Cfr. DEL TUFO 2007, 15-6. velluto azzurro e arancio (ranciato), e uno sempre in velluto, aran-
60
A.S.na., Inventario, f. 32v. Su Bernardo Valdaura al quale anche l’umanista cio e paonazzo; la ricchezza di questi parati era riposta nell’accop-
spagnolo Juan Luis de Vives, al servizio del duca d’Alba, già dagli anni ’20 del
piamento dei colori e nella qualità dei materiali. Il parato azzurro e
Cinquecento, dedicò una raccolta di sonetti, non sono disponibili molte notizie. Negli
anni in cui gli fu dedicato il Dialogo dall’Aretino (1536 ca.), risiedeva a Napoli. A
arancio si completava, infatti, con tre panni di altezza maggiore in
conclusione della dedica è un esplicito omaggio al vicerè: «fate riverenza a Don damasco dello stesso colore, il che indica che le ferze operate si al-
Pedro di Toledo, marchese di Villa Franca e vicerè di Napoli, in mio nome.».
Probabilmente era un mercante se, nelle stesse pagine, l’Aretino, scrisse «E se io –––––––
vi teneva in fantasia quando consacrai i tre giorni dei Capricci al Bagattino, per 61
A.S.na.,. Inventario, ff. 32v-33.
avere egli la qualità dei gran maestri (che io odio per grazia de la loro avarizia), 62
A.S.na., Inventario, ff. 33-33v. Il numero degli arazzi è notevole soprattutto al
uscivano forse in campo a nome vostro: solo per aver voi di quelle parti le quali confronto con quelli elencati nell’inventario dei Lannoy; cfr. LEONE DE CASTRIS 2008,
hanno i grandi uomini che io per lor vertù adoro, e sète mercatante nel procaccia- 113. Le collezioni di arazzi nella Napoli del Cinquecento erano assai consuete come
re e re nel dispensare, né senza quale vi congiugneste di carnal benivolenzia col rilevato da Labrot e dallo stesso Leone de Castris, che ricorda quelli di Vincenzo di
tanto animoso quanto infelice Marco di Nicolò». Cfr. www.pelagus.or/it/Libri/Dialo- Somma principe di Colle, di Giovan Matteo Flores, del viceré Pedro Afan de Ribera
go,_di_Pietro_Aretino_1.html. Bernardo Valdaura è menzionato come collezionista duca di Alcalà, di Garcia de Toledo, Martos de Gorostiola, e di Giovan Battista Tocco
di antichità nella lista dei quarantasette proprietari di «musei» di antichità napo- principe di Montemiletto (cfr. LABROT 1972, 109-10; LABROT 1993, 175-6, 247 note
letani redatta dal Goltz e tradotta dal Capasso. Cfr. LEONE DE CASTRIS 1996, 24, 75-87; LEONE DE CASTRIS, 1996, 14, 24 note 23-26).
nota 23, Capasso 1901, 251, nota 1. 63
A.S.na., Inventario, f. 33.
262 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 263

ternavano a quelle di velluto, creando pur nell’unità coloristica dell’in- «de panno rosso piano con suo tornialetto, et cappitella con francie
sieme, una variazione determinata dal disegno del damasco64. La so- de seta negra […] uno […] de scotto verde con sua cappitella, et tor-
brietà dei tessuti uniti, era spezzata da alcuni accessori come le «sei nialetto vecchio […] uno […] de scotto azuro vechio.»67. Non è facile
spallere, et una soprafenestra moresche usate» che evidentemente orientarsi. Nel caso del raso figurato possiamo solo avanzare l’ipote-
davano un tocco esotico all’ambiente, cosa assai consueta a quel tem- si che si tratta di un tessuto operato, ricamato o addirittura dipinto,
po ma prevalentemente ottenuta con i tappeti medio orientali uti- trattamento che ritroviamo in uso anche sui panni di lana. Nel caso
lizzati per coprire i tavoli. Nei palazzi vicereali, come rilevava il Maffei della guarnizione a frasche de velluto verde sul damasco arancio di
nella sua visita ai palazzi nobiliari, per i tavoli e le sedie furono scel- fondo, si può con pochi margini di dubbio pensare ad una decorazio-
te coperture coordinate all’addobbo delle pareti. È il caso del «sopre- ne “in applicazione” e/o “a riporto”, tecnica ad ago molto in uso nel
tabola de tela de oro pavonaza lavorata con friso de velluto carmesi- Cinquecento e nel Seicento forse di origine spagnola o della bassa
no con sua francia de oro, et seta carmesina», probabilmente utiliz- Italia, assai adatto alla confezione di ferze da parato per la sua ap-
zata con più d’uno degli apparati per la congiunzione delle due dif- pariscenza e facilità di lavorazione68. Le tecniche decorative in uso a
ferenti tonalità di rosso65. Non mancavano nelle residenze vicereali quel tempo, erano già assai raffinate; per i cortinaggi dei letti furo-
addobbi in cuoio dorato di produzione spagnola molto di moda già no impiegati pochi accessori come le frange e i ricami; spicca per dif-
dalla seconda metà del Quattrocento; un arredo completo, sebbene ficoltà di identificazione quello in «damasco azuro frappato de vellu-
usato, era custodito nella guardaroba di Castel Nuovo. Si trattava di to ranciato» che sembra indicare sicuramente la sovrapposizione di
«quaranta uno panno, cinque sopreporta, quattro sopra fenesta, una tessuti diversi, velluto e damasco, in differenti colori, azzurro e aran-
sopre mesa, et dui panni de coyro de oropella de spagna usati» ap- cio, applicati forse con un drappeggio o con un’arricciatura69. La de-
parato costosissimo e di grande pregio del quale disponiamo solo di scrizione inventariale ci suggerisce anche quanti elementi compone-
indicazioni sommarie che non consentono di orientarci sul disegno66. vano il letto a padiglione: la cupola, il tornialetto70.
–––––––
7. La guardaroba in Castel Nuovo: il letto 67
A.S.na., Inventario, f. 34v.
68
Cfr., in breve, CARMIGNANI 2005, 164 e ss. e MUSELLA GUIDA in DI NATALE
Il letto era del tipo a baldacchino, correntemente denominato co- 2001, 566-7 dove si presentano delle bordure in gros giallo e velluto rosso conser-
me lit à la romaine: semplici assi di legno su cavalletti e un padi- vate nella Collezione De Ciccio al Museo di Capodimonte a Napoli. Assai efficace per
glione pendente dal soffitto, al quale erano agganciati su tre lati dei il genere di lavoro di cui si parla nel testo è il Ritratto di Bindo Altoviti di Girolamo
da Carpi (circa 1501 - 1556?), datato alla metà del ’500, passato sulle Aste di Sotheby
cortinaggi a formare l’alcova. In Castel Nuovo si conservavano sei
a Londra nel 2008 (cfr. Old Master Paintings Evening Sale, 3 Dec 08, London, New
padiglioni tutti di gran ricchezza; uno «de raso figurato ranciato, et Bond Street, lotto 35; http://browse.sothebys.com/?browsesort=lot_sort_number&cat-
turchino con sua cappitella, et tornialetto con le francie del medesi- =1&dp=Old+Master+Paintings&event_id=28679&g=1&hp=&hpc=&i=1&nb=1&pa-
mo, […] uno de damasco ranciato con sua cappitella, et tornialetto ge=2&sale_id=L08036&u1=dp) con, sullo sfondo un tendaggio nero con foglie ver-
guarnito de frasche de velluto verde con france de seta verde […] uno di in raso, “in applicazione” dove si scorgono anche i punti di fermatura dei di-
paviglione de panno rosso con suo tornialetto, et cappitella con frap- versi pezzi.
69
Il Passero frappato e tagliato, della Question de amor, li traduce da achuchilla-
pa ad frasche de velluto verde; et francie de velluto verde» uno altro do, contado, entrellado, Sabba Catiglione parla di frappamenti, stracciamenti, ta-
gliamenti; cfr. CIRILLO MASTROCINQUE 1980, 211.
––––––– 70
Uno degli affreschi con le Storie di Sant’Aspreno, di Agostino Tesauro, 1517-
64
Il damasco è un tessuto unito la cui preziosità risiede nel disegno ottenuto dal- 1519, nella Cappella di Tocco nel Duomo di Napoli, presenta un letto di questo tipo;
la stessa armatura in trama e in ordito che determina un effetto chiaroscurale che Cfr. LEONE DE CASTRIS – GIUSTI 1985, 206-13, fig. 8.18. Peter Thornton, presenta di-
lascia emergere la decorazione. versi dipinti in cui sono presenti letti a padiglione nessuno napoletano; inoltre scri-
65
A.S.na., Inventario, f. 33v/34. ve che un contributo importante alla definizione del “letto alla romana” fu dato dal
66
A.S.na., Inventario, f. 37v; sui parati di cuoio, cfr. THORNTON 1992, 85-9. ritrovamento del dipinto murale con le Nozze Aldobrandini nel quale si intravede un
264 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 265

Ai letti a padiglione se ne sommavano altri di differente struttu- za medio orientale, associato al damasco arancione non era comple-
ra con cortinaggi sospesi ad un cielo quadrangolare. to e l’inventario precisa che «in questo letto, non ncè coperta, ne tor-
Di questi ultimi ne sono enumerati diciassette. Il più sontuoso è nialetto, perché dicono che non ce foro fatti»74. Tra i tessuti impiega-
quello «de broccato ricco de tre alti [lati?], consiste in un celo, in lo ti prevalgono il damasco e il velluto, spesso associati per creare, pur
quale sono tre tele con lloro pendenti fiochi, et francie de oro, et se- nell’unità coloristica, quegli effetti chiaroscurali che tanto piacque-
ta carmesina, et tene due cortine, et una cortina tene tre pezi, et l’al- ro ai pittori del tempo. I colori sono il rosso, il carmesino, il paonaz-
tra quattro, et tene sua coperta de pezi quattro, tutti con francie de zo e l’arancio, l’azzurro ma anche il pardiglio e il leonato, colori me-
oro, et seta carmesina con suo tornialetto, che consiste in dui pezi, no appariscenti, forse usati nelle stagioni più fredde, nelle quali si
et uno de epsi tene pezi tre, et l’altro de tre pezi, et uno palmo, dela usavano panni di lana; i padiglioni di «ciamellotto senza acqua, ne-
simile tela de oro con francie ut s.a […] due cortine del medesimo let- gro con sua coperta, et tornialetto guarnito de francie de seta negra»,
to de damasco carmesino con francie de seta carmesina, et oro» do- e «de scotto azuro vecchio» erano entrambi tessuti di lana di gran va-
ve per broccato ricco potrebbe intendersi il tessuto broccato in oro, lore importati dall’Inghilterra o dalla Germania75.
forse riccio, probabilmente di fondo carmesino come i cortinaggi in I cortinaggi per il letto comunemente in uso erano in tessuti più leg-
damasco che lo completavano e le frange di seta e oro71. Il letto si geri ed economici; per la frequenza con cui erano adoperati erano ge-
completava con la coperta e dello stesso tessuto erano anche i sopre- stiti della camarera di Maria Pimentel76: questi erano in tela di lino di
tavola, guarniti con frange di seta; ve n’erano di velluto verde, di pan- Cambrai o in tela di seta, ricamati con filati di seta nera o di diversi
no «de grana con uno passamano de oro […] uno […] de tela de oro, colori e guarniti con zagarelle e/o frange di seta. I più ricchi sembra-
et velluto azuro fornito con suo sopretavola con francie de oro, et se- no essere il «paviglione de cambraya con uno lavore de seta gialla, et
ta azura […] de damasco azuro, et giallo con francie de seta del pre- carmesina fatto ad frasche con france de seta gialla, et rossa» e in te-
ditto colore», non molti ma preziosi per manifattura e per la qualità72. la «de rosciato fatto ad cancella perciato guarnito de francette de seta
La varietà dei tessuti impiegati è notevole; quello de grana reca- bianca, et uno lavore de filo de punto bianco con suo tornialetto, et cap-
mato de tela de oro, era guarnito da un probabile ricamo a riporto pitella» o «tutto bianco de rosciato con uno lavore fatto ad rosette de
con tela d’oro73; quello de oro moresco forse di broccato di provenien- filo bianco con sue francette de ditto filo ad castelluccio senza tornia-
––––––– letto, et cappitella»77. Le descrizioni rimandano a raffinate lavorazio-
letto che diverrà un modulo per molti artisti della cerchia di Raffaello (cfr. THORNTON ni ad ago che dovevano investire i bordi con reti, con ricami a punto
1992, 124 e ss.). Un bellissimo letto “alla romana” è nell’affresco, il Concepimento di reale e con lavori a riporto e applicazioni di differenti tessuti.
Scipione, di Pedro de Rubiales al Campidoglio a Roma, pittore che fu a Napoli negli Sul letto le coperte, coltre, quindi i copriletto, le lenzuola e i cuscini. I
anni ’40 del Cinquecento per affrescare la cappella della Sommaria in Castel Capuano.
copriletto erano, come s’è visto, in completo con i cortinaggi ma poteva-
Un letto dello stesso genere è nel dipinto la Nascita del Battista, di un pittore della
sua cerchia a Santa Maria la Nova a Napoli; in un bellissimo disegno di Marco Pino
con la Natività della Vergine, al Departement des Arts Graphiques del Louvre, è il- –––––––
lustrato ancora un letto di grande eleganza con la base lignea in evidenza e le ric-
74
A.S.na., Inventario, f. 33.
che cortine raccolte negli angoli (cfr. LEONE DE CASTRIS 1996, 136 e ss., 152, 167, 222).
75
Potrebbe anche trattarsi di un apparato usato nei giorni di lutto cosa verosimi-
Una vera ricerca in questo senso non è mai stata fatta, pertanto gli esempi che si le se nello stesso inventario per due panni ne è precisato l’uso «due sopremese de lut-
propongono sono frammentari. to, et uno dossell’ de panno de lutto»; A.S.na., Inventario, f. 38. Il «ciamellotto senza
71
A.S.na., Inventario, f. 33v.. Complementi d’arredo di questa fattura costavano acqua» indica un tessuto di lana senza marezzatura procedimento decorativo a pres-
da un massimo di 230 ad un minimo di 70-80 ducati; interessante per le valutazio- sione che determinava effetti di lieve chiaroscuro. Lo scotto era un tessuto di lana
ni è l’inventario del 1582 dei beni dei Loffredo ad Amendolara in Calabria; cfr. GALASSO ruvida analogo alla rascia; i tessuti di lana erano anche colorati e a righe. Cfr.
1978 (b), 750-1. THORNTON 1992, 75, 375, nota 2, 3.
72
A.S.na., Inventario, f. 33, 33v, 34v.
76
Per il ruolo delle donne nel controllo della biancheria domestica, Cfr. MUSELLA
73
Colore cremisi detto anche grana de Spagna o grana de’ tintori tratto da un pic- GUIDA -SCOGNAMIGLIO CESTARO 2006.
colo cocco che si trovava sopra una qualità di leccio.
77
A.S.na., Inventario, f. 43v.
266 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 267

no essere di differente tessuto e in, qualche caso, anche assai particola- presentava a vista: forse erano lenzuola di sopra. Circa una trenti-
ri ed inusuali come quella di «penne de pappagallo de india»78. General- na erano in tela d’Olanda, di Cambrai e di Reims82; uno di questi «tra-
mente erano in tela bianca, spesso d’Olanda, arricchite da lavorazioni versero de tela lavorato con uno lavore de seta, et filo bianco usato
ad ago e forse anche imbottite; la descrizione delle «sei coltre de tela assai» si accoppagnava ad «uno fondo de tela del ditto traversero»
bianca lavorate ad uso de spagna con diversi lavori» e forse anche le al- evidentemente un lenzuolo che gli si sottoponeva83. Alcuni sembra-
tre sei di tela d’Olanda lavorate «de differenti lavori fatti in Napoli» sem- no potersi accoppiare con i cortinaggi dei letti per il colore dei rica-
brano corrispondere alle coltri imbottite79. Don Pedro ne portò con se, nel mi. I traverseri si accompagnavano ai cuscini; di particolare bellez-
suo ultimo viaggio, sei «piccole de notte» una delle quali rimase a Firenze za dovevano essere «i quattro coscini grandi, et dui piccoli de tela de
alla figlia Eleonora80. È probabile che le coperte fossero anche di lana di olanda con uno lavore largo de punto reale con certi uccelli de diversi
produzione locale come la «coperta de letto de ferrandina rossa», proba- colori»84. Non è facile orientarsi sui punti di ricamo impiegati: «lavo-
bilmente dalla provincia di Matera, o comunque in quell’area nella qua- re stetto de seta negra […] lavore stretto de seta azura ad modo de
le su intervento dei Doria, a cui Carlo V concesse numerosi feudi, fu av- rete […] lavore largho de seta carmesina ad modo de reti novi […]
viata o comunque potenziata la lavorazione della lana81. uno lavore mezano de seta carmesina»; quando si parla di reti biso-
Infine, le lenzuola. Prevalentemente in tela d’Olanda bianca, era- gna orientarsi sullo sfilato siciliano, molto impiegato nel secolo XVI
no custodite da Maria Pimentel. Ce n’erano cinquanta, nuove e usa- o anche sul filet e il ricamo “a punto reticello”, lavorazioni assai in
te, sufficienti per soddisfare il fabbisogno della famiglia: donna voga già dalla fine Quattrocento; teli ricamati con questa lavorazio-
Vittoria, moglie di Don Garcia, donna Sofia e Don Luigi. C’è da chie- ne sono conservati in numerosi musei italiani e stranieri85.
dersi cosa fossero i traversieri o traverseri sempre citati con i cusci- Di materassi ne sono inventariati circa un centinaio con differen-
ni e lavorati ad ago con gli stessi colori e disegni. Probabilmente si ti rivestimenti di varie qualità di lana. Se ne trovano «de lana fina
trattava di traverse ovvero teli sistemati sulle coltri il cui bordo si con le faccie de tela fina […] de lana commone con le faccie de tela
grossa», grandi e piccoli e diversamente rivestiti «uno matarazo pic-
––––––– colo, et dui coscini de tela verde […] dui matarazi de raso azuro» e
78
L’uso delle piume nell’abbigliamento disposte a coprire un supporto tessile è di
origine medioevale. In alcuni inventari trecenteschi li troviamo applicati ai mantel- per differenti usi «cinque matarazi de lana fina per lo letto de cami-
li e ai cappelli e alludevano per la luminosità e la varietà dei colori ai segni del po- no» molti dei quali forse anche lasciati a vista86. I supporti in legno
tere. Nel tempo divennero meno usuali, se non usate singolarmente sui berretti. E’
possibile si potesse trattare di una coperta proveniente dall’America latina e speci- –––––––
ficamente dal Perù; cfr. QUILTER 2005, 70-1. Ringrazio Norma BÀEZ, coordinatrice del 82
Tra le lenzuola sono segnalate «vinti septe lenzole de roano fra piccole, et gran-
dipartimento del restauro dell’Università Tecnologica Equinoccia di Quito che mi ha de» roano potrebbe indicare la provenienza, nel testo da me sciolto come Reims, seb-
sottoposto la bibliografia specifica. bene il Filangieri nelle annotazioni all’inventario post mortem di Giovan Battista
79
Per dare calore si usavano le coperte trapuntate imbottite di lana o cotone in Brancaccio redatto il 25 gennaio 1500, a proposito di «uno robone domo de roa info-
fiocchi; queste lavorazioni si datano già al Trecento ma numerosi sono gli inventari derata de damaschino pagonaczo» traduce roa in Panno o drappo di Rouen, il che se-
cinquecenteschi in cui sono citate. Due simili si conservano al Victoria and Albert gnalerebbe un tessuto di lana; non si può escludere che a Rouen si fabbricassero an-
Museum di Londra ed è trapunta con le storie di Tristano e Isotta (inv. 1391-1904), che tele di lino o di cotone poiché è più difficile pensare a lenzuola di lana (cfr. Archivio
una gemella è al Museo del Bargello a Firenze. Filangieri, Napoli, Archivio B. 46 «Inventarii» 30-1).
80
A.S.na., Inventario, f. 20v. 83
A.S.na., Inventario, f. 46.
81
In Basilicata si producevano panni di lana già nel Tre e Quattrocento; queste ma- 84
A.S.na., Inventario, f. 45v.
nifatture ebbero un crollo nel Cinquecento, forse per l’accentramento delle manifattu- 85
Per le citazioni, cfr., A.S.na., Inventario, f. 45v. Al museo del Bargello a Firenze e al
re tessili nella capitale voluto dagli aragonesi; i Doria dopo il loro insediamento cerca- Museo Poldi Pezzoli a Milano se ne conservano numerosi che sembrano rispondere ad
rono di riorganizzare nei loro feudi lucani tali lavorazioni; cfr. ZOTTA 1981. Per il con- alcune delle descrizioni del nostro inventario (cfr. CARMIGNANI 2005, 69, 71, 76-8). A Napoli
sumo dei tessuti nell’Italia meridionale, cfr. AYMARD 1976; per i panni di lana, cfr. nella collezione De Ciccio al Museo di Capodimonte, al Museo Filangieri, e a Palermo al-
AYMARD 1971. Per la tipologia dei panni e per il commercio della lana e dei manufatti la Galleria Regionale di Sicilia (cfr. D’AMICO 1998) se ne conservano molti altri.
in Basilicata e in Puglia e le relazioni con il Nord Italia, cfr. RESTAINO-VERRASTRO 2002. 86
A.S.na., Inventario, ff. 21, 35, 38.
268 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 269

sui quali il materasso si poggiava, i fornimenti, erano tutti indorati


e l’inventario li annota accoppiando ognuno al suo parato87.

8. La vita all’aperto: il letto da campo


Il letto da campo si associa alle campagne militari, anche se mol-
ti uomini di rango, cardinali, ambasciatori, dame o comunque chi era
soggetto a frequenti spostamenti, durante il corso del Cinquecento
se ne provvide per potersi alloggiare comodamente. Possedere un let-
to da campo si confaceva alla propria immagine; divenne in breve un
vero e proprio status symbol. Non ci deve quindi meravigliare di tro-
varne numerosi immagazzinati nella guardaroba di Castel Nuovo; il
vicerè si spostava di frequente dentro e fuori il regno e come lui gli
altri membri della famiglia88. Tra il Quattro e il Cinquecento sono
frequenti anche gli spostamenti delle donne al seguito delle campa-
gne militari o delle cacce, e numerosi documenti pittorici ne fanno
fede. Peter Thornton ricorda il preziosissimo letto da campo portato
nel 1493 da Bianca Maria Sforza nel corredo ma avverte che la pri-
ma menzione esplicita di questa comodità è del 1507 e fu realizzata
per Sigismondo d’Este duca di Ferrara89.
Una xilografia della Bibbia Malermi della fine del Quattrocento,
conservata alla British Library, ci introduce in una “casa da viaggio”,
una tenda lussuosa entro la quale è un letto con tutti gli accessori,
abbondanti di panni90.
Anche la serie degli arazzi della Battaglia di Pavia, al Museo di
Capodimonte, fornisce indicazioni sul corredo della nobiltà viaggiante
e sui partecipanti alle scorrerie militari91.

–––––––
87
«uno fornimento de legname indorato per lo letto de tela de oro, et velluto azu-
ro […] de legname indorato per lo letto de tela de oro moresco […] de legname indo-
rato per lo letto de grana guarnito de oro […] de legname indorato per lo letto de pan-
no colorato […] de legname indorato, et lavorato per lo letto de rete». Cfr. A.S.na.,
Inventario, f. 35.
88
Su questi aspetti Hernando Sànchez riporta alcune descrizioni tratte da fonti
documentarie fiorentine e napoletane, cfr. HERNANDO SÁNCHEZ 1993, 43, nota 27.
89
Cfr., THORNTON 1992, 145.
90
Cfr., THORNTON 1992, 201, fig. 229.
Da Il libro del sarto, Milano, XVI secolo,
91
Cfr. Napoli 1999, in particolare l’arazzo con l’Invasione del campo francese e fu- cc. 4-6r Venezia, Fondazione Querini, Stampalia
ga delle dame e dei civili al seguito dell’esercito di Francesco I. (Per questa immagine si ringrazia Antonio Fancello)
270 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 271

Il vicerè possedeva sei letti da campo completi corredati d’ogni ap- 9. I mobili: sedie, armadi, mense …
parato tessile e con i «fornimenti de legname»92. Tra quelli più preziosi
È ormai noto, dopo gli studi approfonditi di Peter Thornton, che i
custoditi nella guardaroba di Castel Nuovo troviamo un «letto piccolo
mobili in uso nel Rinascimento possono riassumersi in sedie, tavoli
de campo de tapezaria de oro, et seta dela historia, de Paris consisten-
da mensa, armadi, stipi, scrittoi e leggii. Molti di questi non aveva-
te in nove pezi» composto di nove arazzi con le storie del principe troia-
no una collocazione fissa ma erano allestiti di volta in volta secondo
no93. Gli altri sono citati alla spagnola come cama de campo e sono tut-
le necessità. Le sedie erano quasi tutte rivestite di tessuto nei brac-
ti di tessuti pregiati. L’elenco ci può fornire i dettagli: una «cama de cam-
cioli e forse anche nella spalliera sul modello di quelle identificate
po de grana fornito con sua coperta et sopretavola, racamato de vellu-
nell’inventario come “sedie spagnole”, con quattro montanti a sezio-
to azuro, tutto guarnito de francie de seta azura […] una cama de cam-
ne quadrata. Se ne conservavano quarantasei nuove «de velluto car-
po de rete bianche de filo, che consiste in uno celo, quattro cortine, quat-
mesino con francie de oro, et seta carmesina […] de velluto carmesi-
tro maniche, et uno tornialetto […] una altra cama de campo dela dita
no vecchie […]de velluto leonato […] de velluto carmesino musiate
sorte […] una altra cama de campo de filo indente lavorata ad rete, che
da dentro, et fora nove […] de velluto pavonazzo tutte musiate den-
consiste in tanta pezi come la sopraditta […] una cama, et camera de
tro, et fora […] de velluto verde musiate de fora con soi chiavi indo-
panni de tela bianca de pezi venti con le zagarelle de seta carmesina»94.
rati […] de velluto rosso piane con soi francie de seta rossa […] e vin-
Particolarmente rappresentativa era quella de grana, le altre sembra-
ti sei […] guarnite de velluto de diverse sorte vecchie»96. Che il mo-
no rispondere ad un criterio di maggiore praticità, essendo di rete di fi-
dello corrisponde alle sedie alla spagnola sembra suggerirlo una del-
lo indente, ovvero in tela di canapa grossa e rada, o in tela bianca, guar-
le citazioni che fa riferimento ai chiavi indorati, evidentemente i chio-
nita solo con zagarelle e seta carmesina. I letti da campo confezionati
di con la testa dorata che fissavano il tessuto97. Il comfort di queste
con materiali meno preziosi sembrano assolvere solo la funzione di pro-
sedie era assicurato dai preziosissimi cuscini e dai panni sediali di-
tezione dagli agenti esterni di un ambiente aperto; l’ultima citazione in-
sposti sulle sedute di maggiore rango in occasioni cerimoniali. Il lus-
serita nell’inventario riguarda un complesso di panni per rivestire una
so dei cuscini e dei panni è molto evidente per i materiali impiegati
camera utilizzati probabilmente in quelle occasioni in cui si rendeva di-
«tela de oro morata con le francie del medesimo con bottoni, et fiochi
sponibile un alloggio di fortuna. I supporti per il letto erano cavalletti
de seta carmesina et oro […] de velluto carmesino usati con bottoni,
e tavole di scarso valore proprio citati a parte come fornimenti.
et fiochi de seta […] de velluto verde usato con soi fiochi, et bottoni
La tipologia dei letti da viaggio e da trasporto agli inizi del Cinque-
del medesimo de damasco azuro lavorati ad schiachi, et rosette con
cento a Napoli doveva essere assai varia, se il pittore Andrea Sabatini
frappe de velluto amariglio, et francie de seta azura, et amariglia»98.
da Salerno nei Funerali di San Benedetto, dipinto conservato presso
La descrizione di quest’ultimo comunica una forte suggestione per la
l’Abazia di Montecassino, databile agli anni 1520-1530, illustrò un
ricchezza della manifattura e dei tessuti; si trattava di un damasco
bellissimo letto da trasporto, sul quale è adagiato il santo, con spal-
a scacchi con applicazioni di rosette in velluto giallo e fasce drap-
liere in legno intarsiato o dipinto di grande modernità, il che segna-
peggiate.
la l’evoluzione della tipologia e la sua elaborazione come arredo sta-
Nella residenza di Pozzuoli i cuscini per il padiglione esterno era-
bile, con spalliere montanti e quant’altro, sebbene non ve ne sia al-
no, viceversa, di tessuto più resistente ed isolante «de feltro, et de
lo stato attuale alcuna traccia95.
coyro, che serveno ali banchi del paviglione del ditto giardino»99.
–––––––
92
A.S.na., Inventario, f. 35.
93
A.S.na., Inventario, f. 33v. –––––––
94
A.S.na., Inventario, ff. 33v, 34v, 47. 96
A.S.na., Inventario, f. 35v.
95
GIUSTI-LEONE DE CASTRIS, 193. Nell’inventario dei beni dei Loffredo di Amendolara 97
A.S.na., Inventario, f. 35v. Cfr. THORNTON 1992, 86, tav. 208.
compaiono due lettiere su piedi de stalla, con 4 tavolette di abete che sembrano rispon- 98
A.S.na., Inventario, f. 35v. Amariglio, color giallo verdastro; cfr. RICCIO 2005, 33.
dere nella fattura a un letto stabile nel genere del dipinto citato; cfr. GALASSO 1978, 757. 99
A.S.na., Inventario, f. 51v.
272 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 273

Le donne avevano le loro sedie di dimensioni minori, con le gam- segie de coyro de riposo, nce ne manca un altra, che dice se la piglia-
be più corte, per una seduta, quasi accovacciate, tal da consentire di ta la s.ra Viceregina». Su questa sedia di particolare comodità, pos-
svolgere alcuni lavori come il cucito e raccogliere in grembo gli at- siamo solo avanzare l’ipotesi che fosse con poggiapiedi; un aiuto a de-
trezzi. Nell’inventario se ne ritrovano solo due e piuttosto usate «due terminarne la configurazione può venire dal progetto ben dettagliato
segie piccole de donna musiate dentro, et fora nove, una de velluto e descritto in un disegno del 1595 conservato alla Bibliothèque Nazionale
pavonazzo, et l’altra de velluto carmesino»100. Singolari erano «le due di Bruxelles, della sedia destinata a Filippo II di Spagna in tarda età101.
Fin qui solo sedute di lusso. È possibile però che l’inventario non
riporti interamente tutti gli oggetti d’uso presenti nei palazzi, e che
ne trascuri alcuni di scarso valore come panche o sgabelli utilizzati
anche durante le cerimonie ufficiali e/o private. L’inventario segna-
la sei dosselli di grande valore perché «de imbroccato riccio, et tela
de oro de tre lati guarnita con soi francie de oro, et seta carmesina
consistente in cinque tele […] de velluto pavonazo usato con sue fran-
cie, et cordone del medesimo […] dui altri dosselli de velluto verde
[…] de velluto leonato guarnito de francie de seta del medesimo co-
lore» che crediamo possano trattarsi di panneggi disposti sul muro a
fornire un appoggio per sedute senza spalliera102. Che fossero utiliz-
zati per l’allestimento di ambienti in occasione diverse sembra sug-
gerirlo uno di questi inventariato con «due sopremese de lutto, et uno
dossell’ de panno de lutto» . Si trattava di due panni en suite utiliz-
zati nei giorni di lutto dove tradizionalmente dal letto alle gualdrappe
dei cavalli tutto si ammantava di nero103.
Sugli armadi l’inventario ci fornisce scarse indicazioni circa la for-
ma; le citazioni suggeriscono solo che fossero assai capienti come i
due alloggiati in un ambiente del regio parco dove Maria Pimentel
conservava la biancheria a lei affidata in custodia: «uno armario de
noce dentro lo quale sono sei cassette, in le quale se sono trovate le
infre robbe»; l’essenza impiegata era comunque di pregio104.
–––––––
Sedia da invalido per Filippo II di Spagna,disegno ad inchiostro,
101
Cfr. THORNTON 1992, 189.
Bruxelles, Bibliothèque Nazionale (da THORNTON 1992, p. 189) 102
A.S.na., Inventario, f. 35.
103
A.S.na., Inventario, f. 38; CANELLA 2003; le leggi suntuarie napoletane artico-
––––––– lano numerose disposizioni sui funerali e sul lutto già dalla seconda metà del ‘500;
100
A.S.na., Inventario, f. 43. Per il lavoro femminile nelle case, cfr. Marta Aimar- cfr. MUSELLA GUIDA 2007, e SCOGNAMIGLIO CESTARO 2007. Nel 1552 una disposizione
Wollheim, in AJMAR- WOLLHEIM - DENNIS 2006, 152-63. Al Département des Arts emanata proprio da Don Pedro, stabilisce che il lutto andava osservato solo per un
Graphiques del Louvre a Parigi, è conservato un disegno di Polidoro da Caravaggio, anno: «Item in quanto alo guardare dele Donne piu de un anno del marito se se de-
Studi di figure in movimento, datato dal Leone de Castris agli anni ’20 del Cinquecento clara che non debiano piu de uno anno tenere lutto in non uscire de casa et stare con
con una donna seduta su una sedia piccola, (cfr. LEONE DE CASTRIS 2001, 224, 243, finestre serate.»; cfr. Declaratione et noua ordinatione dela pragmatica sopra il ve-
fig. 281. I disegni dal vero di Polidoro presentano numerosi elementi utili al nostro stire. Con el Bando de le Monete, Biblioteca Società Napoletana di Storia Patria, CUO-
discorso; per l’abbigliamento si segnala quello del Musée Atger di Montpellier, con MO OP 1. SER. 331 (20.
bellissime figure di popolane (cfr., IDEM 2001, 221, fig. 273).
104
A.S.na., Inventario, f. 44.
274 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 275

Sui tavoli è più facile orientarsi. Partiamo dalle citazioni inventa- Di certo non potevano mancare tavoli per scrivere o piccoli scrittoi;
riali: «due tavole de noce con lloro pedi, che l’una se agionge con l’al- la descrizione più completa, con tutto il corredo necessario alla scrit-
tra […] una mesa de tre pezi lavorata […] una mesa lavorata de mu- tura, è sicuramente la «scrivania larga guarnita de argento, et la sa-
sia […] cinque mese grande de ligname bianco con lloro pedi […] una luadera de argento lavorata de matre perle» probabilmente in uso pro-
mesa piccola de marmora intagliata de porfido»105. Il primo è certa- prio del vicerè, perché collocata nelle sue stanze. Di piccoli scrittoi ne
mente della tipologia più semplice da allestire all’occasione, la se- ritroviamo cinque, in legno, in cuoio, intarsiati d’osso con i piedi a zam-
conda sembra invece indicare un tavolo di raffinata fattura, più gran- pa di leone o con i piedi a palla, una gamma completa per tutte le esi-
de del primo perché composto di tre pezzi. Entrambi però presenta- genze109. Al Victoria and Albert Museum di Londra se ne conservano
no i piedi e non i cavalletti, forse torniti o intagliati. Il terzo è in tar- un certo numero di bella fattura; tra questi spicca quello in legno di-
sia, forse in legno e avorio, o in due differenti essenze, lavorazione pinto confrontabile con le nostre descrizioni solo per la tipologia110.
molto usata tra Quattro e Cinquecento; il quarto è più interessante.
Si tratta di un piccolo tavolo di marmo con inserti di porfido, forse di
10. I “fasti toledani”: l’argenteria, i cristalli di rocca, le pietre dure…
produzione romana o fiorentina. La seconda ipotesi sembra probabi-
le per i rapporti di parentela tra il vicerè e la corte medicea dove «Et dove si misero a desinare et con la Viceregina ancora tutti e
Cosimo I, il consorte di Eleonora de Toledo, manifestò un precoce in- tre in una tavola fornita nella stessa maniera che si farebbe al me-
teresse per la lavorazione delle pietre e subito dopo per il commesso. desimo re»111.
Roma ebbe, però, la precedenza cronologica per tali lavorazioni; il pic- Il lungo lavoro di descrizione e annotazione dell’inventario prende
colo tavolo poteva rappresentare un omaggio al vicerè dal fratello il l’avvio dal “tesoro” custodito nella guardaroba in Castel Nuovo; circa
cardinale Juan, suo valido appoggio ed intermediario presso la Curia 218 oggetti prevalentemente d’argento ma anche in materiali diversi,
romana106. Forse della stessa provenienza, ma di gran lunga più im- databili, come suggerisce Carlos José Hernando Sánchez, dopo il 1540,
ponente per qualità del disegno, era anche la «tavola quattra de mar- anno in cui un incendio distrusse la Torre dell’Oro e la maggior parte
mora lavorata ad fogliame con certe arme in mezo lavorata ad qua- dei beni in essa custoditi112. A questi primi vanno aggiunti quelli in uso
quiglie, et festoni» conchiglie, foglie, armi, festoni, un trionfo difficile
da confrontare con quanto oggi è rimasto107. Al Metropolitan Museum –––––––
di New York è conservato un tavolo, di considerevoli dimensioni che 109
Per saluadera ritengo possa intendersi sandracchiera, ovvero il contenitore per
arredava una delle stanze del Palazzo Farnese a Roma, attribuito a la polvere di sandracca utilizzata per asciugare l’inchiostro. Le descrizioni sono: «uno
scriptorio de legname de noce […] una scrivania de coyro guarnita dentro de velluto
Jacopo Vignola e datato intorno al 1565 che può costituire, in man-
azuro […] uno scriptorio mufiato de osso bianco, con soi pedi ad ciampa de leone […]
canza di elementi di confronto, un utile riferimento108. uno altro scriptorio de noce con soi pedi fatti ad palla […] uno altro scriptorio de no-
ce piccolo con soi pedi fatti ad palla […] uno altro scriptorio piccolo senza pedi co-
––––––– perto de coyro negro»; (A.S.na., Inventario, ff. 21, 27v, 32v). Per la tipologia, cfr.
105
A.S.na., Inventario, f. 37v. THORNTON 1992, 222-9.
106
Per la lavorazione delle pietre, cfr. GIUSTI 1988; per il Cardinale don Juan de 110
Cfr. http://collections.vam.ac.uk/objectid/O8682.
Toledo, cfr. HERNANDO SÁNCHEZ 2001, 101-17. Un documento del 18 maggio del 1575 111
MORSELLI 2002, 365; 3 maggio1603 era vicerè da un mese Juan Alfonso Pimentel
riferisce che per l’allestimento della sua villa alla riviera di Chiaia Don Garcia fece d’Herrera (1603-1610), conte di Bonavente. Il fasto della corte vicereale è inalterato
venire da Roma «quattro camini et quattro palle mischio, quattro quadretti d’un pal- ancora a queste date; in seguito, nel susseguirsi dei vicerè, le arti a Napoli ebbero
mo l’uno in circa et un pezzo di pietra mischio»; cito da IASIELLO 2003, 7 nota 19, ma uno strepitoso incremento su sollecitazioni provenienti proprio dall’ambiente di cor-
in BERTOLOTTI 1877, 22s. te. Su questi aspetti, cfr. GONZALEZ-PALACIOS 1984.
107
A.S.na., Inventario, f. 32v. 112
Il numero è calcolato sui lotti ovvero su uno o più oggetti facenti parte di un
108
Cfr. ALVAR GONZALEZ-PALACIOS in GIUSTI 1988, 43-4. Per la lavorazione delle gruppo connotato dalla funzione d’uso (esempio brocca e bacile o gruppi di posate o
pietre dure a Roma e il tavolo Farnese del Metropolitan Museum di New York, cfr. piatti). HERNANDO SÁNCHEZ 1993, p. 51, nota 65 dove è riportato un resoconto fatto
GONZALEZ-PALACIOS 1993, 369-77. da Pirro Musefilo a Cosimo I dei Medici.
276 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 277

presso il palazzo vicereale e piccoli gruppi reperiti qua e là in luoghi d’Oltralpe soprattutto di natura morta116. La citazione del secondo
diversi. Il lungo elenco annota la forma, la dimensione, i particolari or- gruppo descrive la tipologia ceramica per differenziarla dal prezioso
namentali e, talvolta, la manifattura di provenienza e il peso. vaso in celadon verde chiaro117. Una raccolta così eccezionale non è
Dai materiali del secondo nucleo, quello collocato nel palazzo vi- unica a Napoli in quegli anni. Francesca de Mumbel, moglie di Charles
cereale, emergono, più che altrove, le preferenze del vicerè. Si trat- de Lannoy, viceré di Napoli nel 1523, nel ‘24 e nel ’25, principe di
ta di un gruppo di novantadue oggetti di diversa manifattura, vetri, Sulmona, ne possedeva «doj cascie de abete pienj de erba con vasi de
cristalli di rocca, coralli, maioliche, vasi di scavo e quant’altro, una porcellana» molte delle quali ereditate dal figlio Orazio segnalate
vera e propria wunderkammer, un piccolo gabinetto di curiosità; le dall’inventario redatto alla sua morte nel 1597: «Doi baciletti di por-
sole descrizioni sono in grado di rendere conto della strepitosa qua- cellana» e «Un altro vaso et una scotella grande con guarnitione d’ar-
lità. Alcuni sembrano oggetti d’uso personale del vicerè, come le «due gento» più «Cinquanta pezzi di porcellana di diverse sorte grandi e
tasse de oro una piccola, et una altra grande, una ad spina pescie de piccole»118. L’uso delle porcellane importate dall’Oriente, a Napoli, era
peso de una libra, once quattro, et tre quarte, et l’altra ad ponta de forse assai più frequente di quanto oggi non si pensa. Nel corso de-
diamante de peso de una libra, et otto once de oro de scuro»113. gli scavi praticati in occasione di restauri e adeguamenti struttura-
li, alla fine degli anni ’90, al Palazzo Reale di Napoli è venuta alla
luce una discarica dei residui di cucina chiusa alla fine del Cinquecento
11. Le porcellane orientali, le ceramiche e il gusto esotico
in occasione della ristrutturazione del palazzo vicereale. Tra i tanti
Mi piace avviare l’esame delle porcellane annotando i gruppi di og- frammenti ceramici rinvenuti, tutti di notevole valore per la cono-
getti secondo l’origine dello stile che richiamano l’attenzione dello scenza e il commercio di tali prodotti, vi erano anche dodici fram-
studioso in quanto costituiscono una novità nel campo del collezio- menti di porcellane Ming, era Wanli (1573-1619), primo segnale con-
nismo meridionale. Il primo è un consistente gruppo di sessantaset- creto del consumo e della vendita di porcellane orientali in città pe-
te porcellane, «tredeci scotelle de porcellame, una grande, et l’altra raltro documentati già dall’ultimo ventennio del XV secolo119.
piccola […] quattro vasi de porcellame grandi lavorati, cioè li tre de
–––––––
azuro, et bianco, et l’altro de verde chiaro con suo soprecoppa guar- 116
Ricordo il bellissimo Convivio degli Dei, del 1501, di Giovanni Bellini alla
nito de attone» e «cinquanta nove vasetti de porcellame, et dui de- National Gallery of Art di Washington, dove sono presenti tre bacili in porcellana
frescatori», ai quali va ad aggiungersi ancora un vasetto «detto pe- tra le mani degli dei il che sembra consacrarli come oggetti di alto valore rappre-
zolana de porcellame con suo pede, et maniche de argento indorate, sentativo, proprio negli anni in cui divenne più consueto accumularli. L’imperatore
tene due teste ale maniche indorate»114, custodito nella guardaroba Carlo V possedeva una serie di piatti decorati in Cina con il suo monogramma;
Filippo II aveva una collezione di porcellane orientali di circa tremila esemplari; cfr.
di Castel Nuovo forse anche per la preziosa montatura115. Si tratta-
HONOUR 1963, 41. Nell’inventario dei beni di Don Alfonso de Guevara, signore di
va sicuramente di porcellane orientali del tipo bianco blu prodotte Potenza redatto nel gennaio del 1593, lasciati in proprietà a Maria Filomena
durante la dinastia Ming, forse era Jiajin (1522-1566), importate dai Vernecchia del Convento di Maria Reginae Coeli di Napoli dove si trovavano la mo-
portoghesi gia dall’inizio del Cinquecento, da tempo entrate nelle col- glie Donna Portia de Guevara Comitilla di Potentia e Donna Beatrice sorella di Don
lezioni di principi e regnanti di tutta Europa per il loro valore in- Alfonso è segnalato un vasetto di porcellana (cfr. Archivio Filangieri, Archivio A, B.
46 «Inventarii» 1).
trinseco e apotropaico, e ritratte sempre più spesso dai pittori 117
Termine applicato a vasellame di grès e porcellana rivestito da una coperta di
colore che varia dal verde chiaro al verde oliva per la presenza di ossido di ferro cot-
––––––– to in atmosfera riducente. In Europa prese il nome dai nastri delle vesti del pasto-
113
A.S.na., Inventario, f. 25v. rello Céladon protagonista del romanzo L’Astrée di Honoré d’Urfé (1568-1626); cfr.
114
Ibidem, ff. 26, 47, 17v. CATERINA 1986, 81.
115
A.S.na., Inventario, ff. 26v, 27, 47; l’ultimo nucleo è sempre nel palazzo vice- 118
Cfr. LEONE DE CASTRIS 2008, 113, 4, e Appendice 1 e 2, 120, 130, 132.
reale ma «ritrovate dentro uno altro armario de noce in ditto loco, recomandati ad 119
Cfr. ARBACE 2001, 114; la studiosa riferisce, senza citare la fonte, che il 10 ago-
ditta fatima, et per lei consignate». sto del 1487 «Giuliano de Manso, detto degli specchi, chincagliere, vende per sette
278 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 279

A questo già importante nucleo di porcellane orientali si andava ad no diverse quantità de vascelli de vetro christallino de Venetia, et
aggiungere un piccolo corredo di maioliche di Urbino, ovvero «i dui fia- verde de fiandre» con ogni buona probabilità, proprio per il rilevan-
schi, due tasse, due salere, uno piatto grande, et sei mezani de creta pin- te numero, utilizzati per la mensa124. Sorprendente la quantità e la
tati de lavore de urbino»120, probabilmente istoriate o con “raffaellesche”. forma, tutte navicelle, probabilmente per mescere l’acqua in vetro
Chiude il breve esame dei materiali ceramici, la cospicua raccolta bianco trasparente, come suggerisce l’aggettivo cristallino, e in ver-
dei «quaranta vasi antiqui de creta tra grandi, et piccoli de diverse de; un raro esemplare conservato al Museo di Murano ne suggerisce
fatture» sui quali è impossibile fare ipotesi circa la forma e la deco- la tipologia125.
razione per la genericità della citazione121. A queste navicelle si accompagnavano ancora trentaquattro «vasi
Vera e propria curiosità, sono, i «dui vasi de noce de india lavorati ad grandi de christallo di Venetia», un «vaso grande de christallo de
figure guarniti con lloro pedi, che posano sopra tre mamze, et soi sopre Venetia con suo soprecoppa, et ponta ad modo de diamante […] quat-
coppe de argento indorate» a cui devono aggiungersi due altri simili tro vasi ala imperiale de vetro de Venetia, tre de epsi indorati, et l’al-
nella fattura conservati in Castel Nuovo «uno vaso de bever‘ fatto de tro inargentato […] una scotella piccola de lo ditto cristallo» sui qua-
una noce de India historiato tutto guarnito de argento indorato con uno li è difficile argomentare o trovare termini di confronto calzanti.
antiquaglio di tre teste sopra, et uno pede con tre delfini sopra de ar- Durante il Cinquecento a Venezia si raggiunse infatti un’altissima
gento indorati […] e il fiaschetto fatto de una noce de India con suo boc- specializzazione che condusse a lavorazioni assai ricercate ed elabo-
cale de oro smaltato con suo guarnimento de seta negra et oro»122. Il ge- rate che richiedevano grande perizia nella realizzazione126.
nere potrebbe confrontarsi con la coppa conservata al Victoria and Albert Ai vetri si acompagnavano un numero notevole di oggetti in cri-
Museum di Londra di provenienza olandese datata al 1576 per il pun- stallo di rocca; mi piace elencarli per conservarne intatta l’emozione
zone presente sulla montatura in argento, o ancora meglio con la cop- che provoca l’insieme. Sembra quasi di vederli:
pa del Metropolitan Museum di New York, datata al 1533-34123.
Uno vaso de christallo de rocca lavorato ad ponta de diamante con sua ponta, et
pede de oro/uno giarro grande de christallo de rocca guarnito de argento indora-
12. I vetri e cristalli di rocca to con suo soprecoppa/uno altro giarro piccolo de christallo de rocca guarnito al
pede, et labro de oro./due barchette de christallo de rocca guarnite ali pedi de oro
Importanti e di diversa provenienza, i vetri e i cristalli di rocca
con uno sopre coppa. una tassa piana de christallo de rocca./una tassa piccola con
erano custoditi in tre armadi. Un’imponente raccolta di vetri di
suo pede de oro smaltato./una altra tassa de christallo de rocca con lo pede smal-
Venezia a forma di vascello «tre armary de abete, dentro li quali so-
tato./una altra tassa de christallo liscia con una manicha, et pede con cerchio de
––––––– oro. /una altra coppa de christallo piccola con guarnizione al pede con uno botto-
ducati “cinque scodelle di porcellana color celeste”». Durante gli scavi della ne de oro smaltato./Item una altra tassa del medesimo christallo senza guarni-
Metropolitana di Napoli sotto il Museo Archeologico Nazionale sono stati ritrovati zione rotta, et incollata./ Item una altra coppa verde del medesimo christallo smal-
altri frammenti di porcellane orientali in un sito riconosciuto come un fondaco, evi-
dentemente una bottega di ceramiche e porcellane; (comunicazione orale professo- –––––––
ressa Lucia Caterina che ringrazio per le segnalazioni). 124
A.S.na., Inventario, f. 26.
120
A.S.na., Inventario, f. 37v. 125
Cfr. MARIACHER 1959, tav. 50; DORIGATO 1986, 16; chissà se il sonetto del Tansillo
121
A.S.na., Inventario, f. 27v. «in laude d’una nuova foggia di bichieri da lui dati al vicerè», non facesse proprio rife-
122
A.S.na., Inventario, ff. 17v, 26. rimento a queste navicelle; cfr. HERNANDO SÁNCHEZ 1993, 45 nota 34. I vetri di Venezia
123
Londra, Victoria and Albert Museum, Manifattura olandese, Coppa, cocco in- giunsero a Napoli da Firenze; un documento del 3 settembre 1547 dell’Archivio Medici,
tagliato e argento, 1576, (inv. 4893:1, 2-1858), cfr. http://collections.vam.ac.uk/objec- annota «… due casse de’ vasellami di Venetia …» da mandare a Napoli insieme ad un
tid/O93251; e Hans van Amsterdam (notizie dal 1535–65) Coppa con coperchio, coc- fico d’india, (cfr., The Medici Archivi Project, Doc, 7103. f. 89, 1547 sept 3; http://docu-
co intagliato e argento dorato, 1533-34, New York, Metropolitan Museum (donazio- ments.medici.org/document_details.cfm?entryid=7103&returnstr=orderby=yearmo-
ne J. Pierpont Morgan, 1917, 17.190.622ab), cfr. http://www.metmuseum.org/toah/- dern,docmonthnum,docday@is_search=1@result_id=40).
hd/kuns/ho_17.190.622ab.htm. 126
A.S.na., Inventario, f. 26.
280 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 281

tata/una pimintera de christallo de rocca guarnita de argento con suo pede, et so- Madrid, già del Delfino di Francia figlio di Luigi XIV in parte eredi-
precoppa de argento indorato127. tata da Filippo V primo re di Spagna della dinastia dei Borbone. Il
A questo nucleo devono aggiungersi ancora pochi pezzi, ma di al- piede di una Coppa ovale del Louvre può ben rendere l’idea della la-
tissimo valore documentario, parte di un corredo d’altare della cap- vorazione così detta «ad ponta de diamante»131. Le «due barchette de
pella di Castel Nuovo: «una croce de xrpallo de rocca guarnita de ar- christallo de rocca guarnite ali pedi de oro con uno sopre coppa». po-
gento indorato posta sopra un monte similmente del ditto Christallo trebbero trovare un riscontro nella Fonte da tavola in forma di “ga-
guarnito de argento indorato con suo pede incavato, et uno calice si- lera”, attibuita alla bottega dei Saracchi di Milano, conservata al
milmente de christallo di rocca guarnito de argento indorato con ot- Museo di degli Argenti di Palazzo Pitti a Firenze della metà del se-
to quaquiglie de S.to Jacovo del medesimo xrpallo, et sua patena de colo XVI132.
argento indorata, tutti pesano libre dudeci, otto once, et due quarte, In Italia settentrionale, in Veneto e in Lombardia e a Roma, già
cioè la croce con lo monte libre nove, sei once, et due quarte, et lo ca- dai primi decenni del Cinquecento, ci fu una prima grande e raf-
lice libre tre, et due once […] quarantauno pezo de xrpallo de rocca, finata produzione di cristalli di rocca incisi su disegni dei grandi
che con pezi cinque a complemento de pezi quarantasei, che manca- artisti e dalle antiche monete, medaglie e cammei, collezionate da-
no in epsi fanno dui candelieri compliti». La descrizione trova con- gli umanisti e mecenati del tempo. Tra questi maestri intagliato-
fronto con i pezzi smembrati di due candelieri e una croce conserva- ri va ricordato Giovanni Bernardi (1496-1553) autore, con l’orafo
ti nella Galleria delle cose rare della collezione Farnese, oggi esposti Manno di Bastiano Sbarri, della famosa cassetta Farnese oggi al
al Museo di Capodimonte di Napoli128. Sempre custoditi in Castel Museo di Capodimonte133. Questo prezioso oggetto, commissionato
Nuovo vanno ricordati ancora due piccoli oggetti: «una brocca di fer- dal giovanissimo cardinale Alessandro Farnese a Roma fu prece-
ro indorata con sua manica de christallo de rocca con li capi de oro» duto da un’accurata progettazione da parte del Bernardi già pri-
e la «tassa de christallo de rocca con uno filetto de oro intagliata, et ma del 1543; tra le placchette in cristallo di rocca incise, l’Amaz-
smaltata de negro al pede con sua veste» per la presenza delle guar-
nizioni in smalto su oro129. La preziosità di questi materiali è rimar-
cata dal loro essere anche oggetto di dono; il «vaso de cristallo de roc- –––––––
131
Gli oggetti a cui si fa riferimento sono: 1. Parigi, Coppa ovale, metà XVI seco-
ca con suo pede de argento lavorato, quale dicono che sua ex.tia lo
lo, Montatura in argento dorato, Parigi, vers 1680, H.: 17 cm.; L.: 14 cm.; L.: 9 cm.
dono al s.re Principe di Bisignano» fu destinato a Pietro Antonio Antica collezione del Delfino, figlio di Luigi XIV, Parigi Museo del Louvre, Département
Sanseverino con il quale Don Pedro aveva un debito di riconoscenza des Objets d’art (inv. MR 307); 2. Parigi, Coppa circolare con coperchio, metà XVI se-
per essersi, il discendente di una nobile e antica casata napoletana colo; Piede: Milano, metà XVI secolo. Montatura en argento dorato, Paris, metà se-
di tendenza filo-francese, schierato dalla sua parte nelle riforme isti- colo XVI; H.: 20,50 cm.; D.: 7 cm. Antica collezione del Delfino, figlio di Luigi XIV,
tuzionali130. Parigi Museo del Louvre, Département des Objets d’art (inv. MR 304); 3. Milano,
Tazza, 1600 ca. Montatura in argento dorato, H.: 17 cm.; L.: 45 cm. Entrata nella
Per avere un’idea della magniloquenza di tal patrimonio, si può collezione di Louis XIV entro il 1673 e il 1681 Parigi Museo del Louvre, Département
fare riferimento alle collezioni del Louvre a Parigi e del Prado a des Objets d’art (inv. MR 277); 4. Atelier Miseroni?, Milano, Navicella, cristallo di
rocca, ultimo quarto del secolo XVI, Montatura in oro smaltato e argento dorato,H.:
––––––– 20 cm.; L.: 45,50 cm. Parigi, Museo del Louvre, Département des Objets d’art (inv.
127
A.S.na., Inventario, ff. 25v e 26v. MR 276) (Cfr.: http://cartelfr.louvre.fr/cartelfr/visite?srv=rs_display_res&langue=fr&cri-
128
Cfr., Linda Martino in COLLEZIONE FARNESE 1996, 167-71. tere=cristal+roche&operator=AND&nbToDisplay=5&x=0&y=0) 4. Manifattura ita-
129
A.S.na., Inventario, ff. 17v, 18. liana (Milano?), Brocca con coperchio, metà XVI secolo, H.: 14 cm.; L.: 12,5 cm. Antica
130
A.S.na., Inventario, ff. 55v. A Pietro Antonio Sanseverino risulta ancora desti- collezione del Delfino, figlio di Luigi XIV, Madrid Museo del Prado (inv. N. 116); (cfr.
nata «una sella de velluto negro, quale dicono se donò al Prencipe de Bisignano per IÑIGUEZ 1969, 121).
ordine de sua ex.tia» (A.S.na., Inventario, f. 54v). per il ruolo svolto dal Sanseverino, 132
Cfr. Mario Scalini, in CANEVA – SOLINAS 2005, 108 scheda I.52.
cfr. HERNANDO SÁNCHEZ 1994, 271 e passim. 133
Cfr. Linda Martino in COLLEZIONE FARNESE 1996, 134-5.
282 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 283

zonomachia, la Battaglia dei Centauri, la Caccia el cinghiale utilizzati per fare musica durante i ricevimenti, e «uno orologio pic-
Calidonio, il Trionfo di Bacco e di Sileno, il Combattimento delle colo fornito con soi contrapesi» evidentemente da tavolo137.
Amazzoni, il Combattimento tra i centauri e i Lapiti, la Corsa del- Tutto quanto fin qui descritto, evoca una Napoli vicereale parti-
le quadrighe, Meleagro alla caccia del cinghiale, il Trionfo di colarmente dinamica, con un andirivieni di mercanti, d’intermedia-
Dionisio e una Battaglia navale egli vi incluse anche La battaglia ri e di consiglieri artistici pronti a soddisfare le esigenze di una raf-
di Tunisi, evidente omaggio all’imperatore spagnolo, da un dise- finata società. Non è da escludere che in un ambiente così vivace le
gno di Francesco Salviati conservato al’Ecole National Supérieure manifatture napoletane già rinnovate dall’innesto, in età aragonese,
des Beaux-Arts di Parigi134. Al momento del montaggio si preferì di artigiani provenienti da Firenze, Venezia e da Genova potessero
non fare attraverso l’incisione un così esplicito riferimento all’im- conquistare nuovi spazi di mercato e contrastare l’importazione138. In
pero e fu eliminata; la sistemazione delle placchette tra lapislaz- molti settori dell’abbigliamento furono introdotti cambiamenti, come
zuli e argento smaltato, subì una variazione nel numero. Per for- per la produzione delle calze, ma è certo che la stessa lavorazione dei
tuna la lastra ovale incisa non andò dispersa ed oggi si conserva tessuti subì un incremento quantitativo e qualitativo. Nell’oreficeria,
al Metropolitan Museum di New York135. Le relazioni tra Roma e dove da tempo operavano maestri di grande abilità, con ogni buona
Napoli, come s’è accennato, furono in quegli anni intense, è quin- probabilità furono introdotte nuove lavorazioni come l’incisone delle
di possibile ipotizzare che alcuni dei materiali collezionati dal vi- pietre dure. L’orafo Ottaviano Galeota nel 1536 fu pagato proprio per
cerè provenissero dal prestigioso atelier del Bernardi coadiuvato l’incisione e la montatura di «una corniola grande con figure della
dallo Sbarri. Molte delle descrizioni degli oggetti in pietre dure, storia di Paride, incastrate e intagliate in oro»139. Se non si tratta di
porfido, agata, diaspro, lapislazzuli e i cammei, completati da pre-
ziose montature rimandano alla cultura romana matura del se- –––––––
condo quarto del Cinquecento. Satiri in argento dorato e smaltato
137
A.S.na, Inventario, f. 47v. Da ricordare, a proposito del gioco degli scacchi il
dipinto, tra i tanti, di Sofonisba Anguissola, Partita a scacchi, al Museum Narodowe
come i manici per la coppa di porfido: «guarnita de argento indo-
di Poznam, 1555 ca. che mostra una bella scacchiera in tarsia. Cfr. Marta Ajmar
rato, tene sua soprecoppa, et pede de argento indorato, et due ma- Wollheim, in AJMAR- WOLLHEIM - DENNIS 2006, 206-21 e Flora Dennis in IBIDEM,
niche fatte ad satiri de argento indorate» tre grifoni per la salie- 228-43.
ra, una medusa scolpita su un turchese e i cammei potrebbero es- 138
Cfr. CIRILLO MASTROCINQUE 1957, IDEM 1968, IDEM 1980. Ancora nella seconda
sere tutti oggetti provenienti da Roma136. metà del Cinquecento numerosi sono i documenti che ricordano la presenza di tes-
Tra le indiscusse preziosità non possiamo trascurare di citare lo sitori genovesi a Napoli, evidentemente naturalizzati, che assumono altri tessitori:
«16 febbraio 1577/ Stefano Pigliasco è messo ad apprendre l’arte con Pirro Antonio
«schiacheio guarnito de madreperle con suoi pezi» evidentemente per
de lo Solaro, genovese tessitore di velluto. (Anielllo Rosanova prot. Del 1576-77 a
il gioco degli scacchi, che il vicerè portò con se nel suo ultimo viag- cart. 187)/9 luglio 1571. Roberto della Torre, genovese si mette ad apprendere l’ar-
gio, e i due organi custoditi presso il palazzo vicereale «uno […] gran- te di tesser velluti con Battista Tesconio genovese./(Anielllo Rosanova prot. Del 1576-
de con sei manteci de sobro […] uno altro organetto piccolo basso con 77 a cart. 423)/20 giugno 1583. Convenzione di Giuseppe Bonavita, falegname con
sua cascia, et manteci de sobto con variati consonanti», probabilmente Pietro Antonio Mignone tessitore di velluti per la fattura di un telaio da tessere vel-
luto lavorato, pel prezzo di ducati nove./ (Anielllo Rosanova prot. Del 1583 a cart.
194)/20 agosto 1593. Santoro Canzaniello di Gragnano si pone a lavorare con Francesco
Rovano, tessitore di velluti. (Giacomo Aniello Jovene prot. Del 1592-96a cart. 137)/22
––––––– aprile 1595. Giovan Domenico de Torti di Napoli si mette ad apprender l’arte con
134
Cfr. SLOMANN 1926, fig. 57. Cesare de Stasio di Napoli, tessitore di damasco.(Giacomo Aniello Jovene prot. Del
135
Cfr. SLOMANN 1926, fig. 58. Al Museo di Capodimonte a Napoli tra gli oggetti 1595-97 a cart. 116)/14 giugno 1596 Bartolomeo Cannavacciuolo e Giacomo Aniello
della Collezione Farnese, si conserva una placchetta in piombo con il medesimo sog- De Bonis fanno società nell’arte del tessere la seta in un filatojo del detto Bartolomeo
getto, cfr. Luciana Arbace in COLLEZIONE FARNESE 1996, 238-9. sito nella piazza di S.a Caterina Spinacorona»; cfr., FILANGIERI DI SATRIANO 1891,
136
«due scotelle de aghata con le maniche, una piccola, et l’altra grande […] uno passim.
salsaretto de aghata.»; cfr., A.S.na., Inventario, ff. 25v, 26, 26v. 139
Cfr. CATELLO 1979, 80 e 84 note 30-1.
284 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 285

un’occasionale commissione, cosa difficile da ipotizzare, forse la la- 13. I coralli


vorazione delle pietre dure, almeno negli oggetti di piccole dimen-
L’inventario di Don Pedro offre l’occasione di aggiungere qual-
sioni, a Napoli deve risalire a qualche anno prima dell’arrivo di
che piccola notizia sulla lavorazione del corallo a Napoli e ricor-
Giovanni Dosio che concise con il trionfo del commesso marmoreo e
dare quanto consenso riscosse nelle oreficerie personali di dame e
in generale dei lavori litici140.
cavalieri. Proprio per il valore di naturalia fu impiegato in rami.
Nel 1603 Vincenzo I Gonzaga, in visita a Napoli, acquistò abiti
Frequentemente fu lavorato in modo complementare per utensili
e argenterie e ne restò così soddisfatto da ordinarne anche dopo il
e gioielli. Almeno dall’età angioina la pesca del corallo fu pratica-
suo ritorno a Mantova. Le richieste di tessuti si orientavano sul
ta a Napoli e in alcuni centri costieri, tuttavia la lavorazione si
velluto cremisino col fondo d’oro, sul damasco cremisino bello e
diffuse con maggiore intensità dal secolo XVI estendendo l’impie-
buono, sulla cataluffa semplice e sul velluto ma anche verso ma-
go nella pratica medicinale. Numerosi documenti lo testimoniano;
teriali di maggiore praticità, come la teletta rigata, le calzette e i
tra questi è significativo quello pubblicato da Gaetano Filangieri
taffettà; una notevole varietà di mercanzie riscosse i favori del du-
in cui si apprende che l’8 marzo del 1482 l’ebreo trapanese Aronne
ca che di certo doveva avere una sensibilità ben educata alla mi-
Gergentano assunse in bottega a Napoli un conterraneo per aiu-
gliore qualità degli oggetti141. La capitale era da lungo tempo un
tarlo nella lavorazione di paternostri; è il primo segnale della pre-
centro di produzione, raccolta e consumo non solo delle più belle
senza di artigiani trapiantati a Napoli143. Questa testimonianza,
stoffe che l’industria serica del Rinascimento produceva ma anche
avvalorata da altri documenti scaglionati lungo il corso del
di tanti manufatti suntuari e tutto quanto potesse avere valore di
Cinquecento, lasciano credere che il corallo e le sue lavorazioni
scambio. L’importanza e il ruolo centrale di Napoli all’interno del-
fossero facilmente reperibili a Napoli. Il vicerè possedeva tra i suoi
la rete commerciale europea è testimoniato dalla presenza in città
beni personali al palazzo vicereale «una cortellera coperta de vel-
di numerose aziende mercantili tra le quali spiccano per impor-
luto pavonazo con quattro cortelli, tre con maniche de christallo,
tanza quella degli Strozzi e quella dei Capponi. Tali aziende eb-
et guarnite de argento indorate, et smaltate, et l’altro con una ma-
bero relazioni commerciali con tutta l’Europa e con le nuove terre
nica de corallo, et più una brocca con una manica de christallo, et
oltreoceano; la loro presenza si può considerare un segnale dell’im-
uno tridente con una manica de corallo»144; più due fontane, una
portanza e del ruolo giocato dalla capitale del Regno142.
«guarnita tutta de radiche de corallo» e un’altra «de coralli dentro
una cascia»145; tutto custodito tra i suo beni personali al palazzo
––––––– vicereale e in Castel Nuovo. Le fontane, come suggerisce Gina
140
RUOTOLO 1974; GONZALEZ PALACIOS 1984, 290-92. Maria Concetta Di Natale mo- Carla Ascione, erano forse dei fastosi trionfi da centro tavola sul
stra attraverso un’abbondante documentazione che numerosi orafi siciliani lavora- genere dell’alzata, cosiddetta «montagna di corallo», acquistata a
vano, già dalla seconda metà del Cinquecento, pietre dure, cristalli di rocca e smal- Trapani da Francesco Ferdinando d’Avalos, per farne dono nel 1570
ti; cfr. DI NATALE 2001, 42-3.
141
Cfr. Italo Massimiliano Iasiello in MORSELLI 2002, 357, 362, nota 53. Sul viag-
a Filippo II di Spagna146. La più ricca e singolare applicazione del
gio a Napoli di Vincenzo I, cfr. Giuseppina Pontari e Giovanna Aita in IBIDEM, 363- corallo si ritrova però, come già s’è detto, nella villa di Pozzuoli,
70, entrambi i saggi offrono uno spaccato della Napoli dei primissimi anni del Seicento dove probabilmente se ne prevedeva un maggiore impiego se mol-
assai interessante. La stessa Eleonora da Toledo portò nel suo corredo nove paia di
calze e più tardi ne ordinò altre ai calzettai napoletani: ORSI LADINI-NICCOLI 2005, –––––––
133, 146 e 147, nota 29. Sullo sviluppo delle manifatture tessili a Napoli, cfr.
143
Per la pesca e la lavorazione cfr. il monumentale testo di TESCIONE 1968; ASCIONE
PETRACCONE 1978 e CIRILLO MASTROCINQUE 1980, 198-207. Un bel repertorio di tes- 2001, 101 e FILANGIERI DI SATRIANO 1981, vol. IV, 344-5.
suti meridionali è in FRANGIPANE 1933, 59, 61 e passim; cfr. anche MUSELLA GUIDA
144
A.S.na, Inventario, f. 26v.
2004, 241-53. Nel 1585 il Garzoni cita Napoli come luogo di produzione dei tessuti
145
A.S.na, Inventario, ff. 27v e 38.
rigati (GARZONI 1996, 391-2).
146
Cfr. S ALOMONE 1895, A SCIONE 2001, 103-4 e D I N ATALE 2001, 33, 66 no-
142
cfr. CIRILLO MASTROCINQUE 1980, 201. Per le aziende cfr. MELIS 1990, 367 e ss. ta 96.
286 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 287

ti pezzi rustici e lustri non erano ancora in opera all’atto della com- sco di Giulio Romano nella Sala di Psiche al Palazzo Te di Mantova
pilazione dell’inventario147. è solo uno tra i tanti esempi che si propone per visualizzare il fa-
Nel consultare i numerosi documenti, capitoli matrimoniali ed in- sto delle mense. L’oro, l’argento, le pietre preziose e semipreziose
ventari post mortem, del Cinquecento numerose citazioni riconduco- provenienti dal Sud America ebbero un larghissimo favore nei sa-
no alle lavorazioni in corallo. Nel 1490 la magnifica damigella Ippolita lotti bene di tutta Europa; furono impiegate nell’abbigliamento
Toraldo portava nel corredo «inserte septe de paternoste de ambra come negli oggetti d’uso. Furono collezionate, lavorate o grezze,
de jayecte et de coralle»148, Andrea da Ponte nel 1478 aveva un pa- per la forma e per il colore; per la curiosità che destavano e per i
ternostro149 e nel 1510 la Marchesa di Polignano ne riceve dieci in do- presunti poteri a loro attribuite. Possederle significava custodire
te150; nei beni inventariati alla morte di Francesca di Mumbel nel il mondo intero tra le mani153.
1548 c’è un corallo a forma di serpe, mentre il figlio Orazio, nel 1593, Entriamo nell’argomento presentando le differenti tipologie: ba-
lascia un paio di braccialetti in perle, oro e coralli e una scatola pie- cili, giarre, saliere, candelieri, vernecati ovvero scodelle a due ma-
na di rami di corallo151. La raccolta più ricca di oggetti sacri e profa- nici, coppe e coppette, tazze, tazzine e tazzoni, cucchiai e cucchiaioni
ni, con un largo impiego di corallo rosso e nero, allo stato attuale, un «cochiaro grande de argento de bevere acqua con suo pizo lar-
sembra essere quella di Don Alfonso de Guevara, già signore di go», coltelli e forcine, caccia medolla, saliere e pepiere, fiaschi, ser-
Potenza, inventariati alla sua morte nel 1593152. vile, profumiere, boccali, piatti grandi, mezzani e piccoli, vasi «per
tener agresta», ovvero salsiere154 e salsaretti, vasi per l’olio, cas-
suole, barchette «serve per bevere acqua»; oviere (portauova), ce-
14. La camera del tesoro
stini per la frutta, rinfrescatoi, cocame 155, bariletti, scatole, sco-
Difficilissimo è affrontare l’esame delle argenterie e delle ore- delle, bracieri, confettiere, brocche, scaldavivande, canne di fonta-
ficerie conservate nella torre dell’Oro a Castel Nuovo. Descritte e na e fontane, e, in conclusione di tanta ricchezza, un raffinato pro-
pesate per essere valutate, nel loro complesso evocano un fasto fuma letto.
straordinario degno dei celebri dipinti sui fasti degli dei; l’affre- A tutto quanto sintetizzato si va ad aggiungere il corredo d’altare
composto da ampolle, pissidi, calici, croci, candelieri e incensiere.
––––––– Alle tipologie nelle annotazioni si associano il colore e la tecnica
147
A.S.na, Inventario, f. 49v. Forse l’impiego dei rami di corallo più interessante di lavorazione e, in alcuni casi, il luogo di provenienza. Il colore sin-
risulta in un candeliere «con branca di corallo con cinque rami per tenere cinque can- teticamente è semplificato con il bianco per distinguerlo dall’argen-
dele» segnalato dall’inventario, del 1522, del monastero di Santa Maria della Sapienza to indorato soprattutto in quegli oggetti in cui entra in combinazio-
a Napoli; cfr. ASCIONE 2001, 102, 107 nota 12.
148
Cfr. Archivio Filangieri, Napoli, Archivio A, B. 46 «Inventarii» 19.
ne con l’argento. La tecnica maggiormente impiegata fu certamente
149
Cfr. Archivio Filangieri, Napoli, Archivio A, B. 46 «Inventarii» 6. lo sbalzo le descrizioni ne rilevano i vari elementi decorativi, «lavo-
150
Cfr. Archivio Filangieri, Napoli, Archivio A, B. 46 «Inventarii» 38. rate ad quaquiglie156 […] piccata de fora […] ystoriata […] ad ponta
151
LEONE DE CASTRIS 2008, 111, 122, 128, 134.
152
Li trascrivo per esteso per migliore comprensione: corona di coralli grossi tondi –––––––
con sette spartimenti d’oro smaltati con la croce d’oro smaltata, chè della signora don- 153
A Napoli ad alcune pietre venivano attribuite proprietà taumaturgiche come
na beatrice e ce la donò la signora D. Isabbella sua madre/corona di coralli grossi ton- segnala un inventario del 1597, in cui il diaspro viene considerata una pietra «sta-
di con sette spartimenti d’oro smaltata con sue rosette smaltate e spartimenti di par- gna sangue»; BEVERE 1897, 331. Lo stesso valore terapeutico si ritrova in alcuni in-
ternostelli d’oro per ogni corallo con la croce d’oro smaltata/un cortello damaschino ventari siciliani; cfr. Maria Concetta Di Natale, in ABBATE 2001, 67.
con la manica d’osso turchesco, de li tre che li altroi doi che le maniche di corallo si 154
Syropus de agresta, cfr. SANTORO 2006, n. 8, 465- 84. Agresta: f. tipo di salsa per
diedero al signor Don Francesco /Un crocifisso di corallo piccolo con la croce d’argento condimento, cfr. DEL TUFO 2007, I 230, 380, 423; V 956, Agresti: m. pl. “grappoli d’uva
indorata./Certi coralli rossi paternostri negri et cazzafelli de vitro torchino./Doi pez- acerba” IDEM, III 182.
zi di coralli grossi. Cfr. Archivio Filangieri, Napoli, Archivio A, B. 46 «Inventarii» 1. 155
Forse cocoma o cucuma, tegame con coperchio.
Per la lavorazione del Corallo nel Seicento, cfr. ASCIONE 1984 e IDEM 1991. 156
Conchiglie o lumache.
288 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 289

di diamante […] ad dinarello […] ad bastione […] con li frisi in- Tabella delle quantità degli oggetti da tavola per tipologia
dorati, et rose in mezo indorate […] ad cochiara … ad ale de spor- Piatti con le armi di sua ex.tia 298
teglione157… ad canale … petriata indorata dentro […] ad ova, et 150 piccoli
canali […] lavorato ad cicella […] certi tagly ad fogliagy […] ad 50 di servizio
10 grandi di servizio
coda de pavone […] ad schiacci […] lavorata ad onde»; ma non è 53 più piccoli
difficile trovare la presenza di lavorazioni di origine medio orien- 25 grandi
10 mezzani
tale e/o spagnola come «le due cocome de rame ala moresca» o Bacili le armi di sua ex.tia 19
«dui fiaschi de argento con catene, et tappatori con mascar indo- Bacile con le arme de casa Pignatello 1
rati, et bianchi senza arme lavorati ala damaschina […] una quar- Bacile 1
Giarri 11
ta altra coppa de argento lavorata alla damaschina con suo co- Giarri de oglio 3
perchio de argento, et sopra de epso uno antiquaglio indorata Saliere 16
Saliere di maiolica 2
dentro […] una tassa de argento con un codaletto sopra lavorata Canestre de argento per tener frutti 6
ala damaschina con certe maschiare» che possiamo riconoscere Canestri e cestelli (uso non specificato) 5
nell’agemina superficiale o nel niello; ed infine ad opera de filo Rinfrescatoi 3
Candelieri 40
riconoscibile nella lavorazione in filigrana158. Questa tecnica è ap- Candelieri con le arme de sua ex.tia 2
plicata in oggetti sacri e profani: «uno perfumaturo de argento Scodelle 23
Salsiere 10
indorato, et biancho lavorato ad opera de filo, che posa sopra tre Coppe 51
leoni […] una coppa de argento tonda liscia indorata con suo co- Bicchieri 2
Fiaschi 11
perchio, et pede de opera de filo, […] uno paro de candeleri d’ar- Fiaschetti 3
gento bianchi lavorati ad opera de filo con certi uccelli, et frasche Fiaschi de coyro negro fatti à leccie 14
con doi tenitori da tenere candele, et una figura de velero per fiaschi de coyro de diversi colori de leccie 26
fiaschi grandi de coyro de leccie 2
candelero […] una croce de argento con la imagine de nostro sig. fiaschi de mastice lavorati de filo de argento 2
re, et altre due imagine, indorata lavorata ad opera de filo con fiaschetto fatto de una noce de India 1
fiaschetto de Iunchetti160 1
suo pede fatto ad calice con le arme de sua ex.tia»159. Molti dei ma- Boccali 3
teriali inventariati si completavano con piccole sculture lavora- Candelieri 42 solo 2 con le armi
te a fusione come le conchiglie, i manici a forma di leone e piedi de sua ex.tia
Scodelle 23
a zampa leonina, Veneri e maschere che fungono da impugnatu- Tazze 78 totale
re, e così via. 3 per salve
Tazzette 14
Gli oggetti per la mensa quasi tutti con le armi del viceré, lascia- Tazzoni 15
no però stupiti per il gran numero e la varietà. La tabella riassunti- Cucchiai 34
Cocchiaretti 2
va rende maggiormente evidente quanto si va dicendo. Cocchiaroni 3
Oviere 4
Caccia midollo 7
––––––– Forcine 15
157
Lo sporteglione è un uccello. «Ma, essendo vista no iuorno da Tadeo, che comm’a Vasi 6
sportegliene volava sempre ’n tuorno a chella negra notte de la schiava, diventaie Tegami 12
n’aquila in tener mente fitto ne la perzona di Zoza, lo scassone …»; cfr., BASILE 2003, Profumiere 10
6, 65. Ossero 1
Servigliette 2
158
A.S.na, Inventario, ff. 2, 2v, 3, 3v, 4v, 5, 6, 6v, 8, 9, 10, 12, 13. Bellissime de-
scrizioni su tali lavorazioni sono in CELLINI 1811, 31-44. –––––––
159
A.S.na, Inventario, ff. 8v, 11, 13. 14v. 160
Probabilmente di canne di bambù.
290 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 291

È molto interessante rilevare che erano in uso forchette a due reb- segni per oggetti in argento di Giulio Romano per la corte dei
bi per quasi tutti i commensali, uso inconsueto presso le corti euro- Gonzaga166. Il disegno, per un ovaiolo, con i Dioscuri che fuoriesco-
pee, dove in molte si andava ancora discutendo se fosse più igienico no dalle uova, abbracciati da Zeus in forma di cigno, visualizzano
mangiar con le mani o con le posate161. Tazze e coppe di varie gran- una tipologia rara, ma presente nel corredo vicereale, sebbene le
dezze tre delle quali evidentemente per brindare, perché segnalate citazioni sembrano riguardare oggetti di maggiore semplicità.
come per salve, ed ogni comodità come i bacili e gli acquamanili, i te- Tuttavia il naturalismo presente nei disegni di Giulio Romano cor-
gami con coperchio e i cesti per la frutta. Singolari sono le servigliette, risponde alle numerose citazioni che evocano composizioni assai
dal francese serviette, forse dei portatovaglioli oggetti entrati in uso fantasiose167. Almeno due saliere, quella «de argento tutta indora-
solo alla fine del Seicento presso la corte di Luigi XIV162. ta con quattro pedi con uno cavallo, et una imagine sopra, et ima-
Riconoscere le provenienze manifatturiere è cosa difficile. Elio gine de relevo intorno de epsa» e l’altra «de iaspide con suo pede de
Catello ritenne che buona parte degli oggetti dell’inventario potes- argento con tre griffi de soi labri de argento indorati» sembrano fa-
sero essere di lavorazione napoletana163. Altri segnalati come alla to- re riferimento ad oggetti complessi paragonabili ai disegni di Giulio
desca provenivano probabilmente dall’area germanica o dai Paesi Romano. Il modellato della brocca con conchiglie e manici con ma-
Bassi. schera e collo di cigno, al Victoria and Albert Museum di Londra,
Un cenno, per dare l’idea del gusto fastoso e del valore celebrati- appare non lontano dalle citazioni del nostro inventario che fa ri-
vo degli oggetti da pompa, meritano il bellissimo bacile e acquama- ferimento alle «maniche fatte ad delfino […] dui lupi per maniche
nile detti di Carlo V, conservati al Museo del Louvre a Parigi, mani- […] due manichette afferrate ad due maschiare.»168.
fatturati ad Anversa e datati al 1558/59 sui quali sono sbalzati due I canestri per frutta e i cestelli citati potrebbero trovare un possi-
momenti della celebre battaglia di Tunisi del 1535; sul bacile, La pre- bile modello in un raro oggetto punzonato NAPL conservato al
sa di Tunisi e sulla brocca, L’imbarco dopo la battaglia164. Numerosi Rijkmuseum di Amsterdam di grande valore storico perché donato a
sono gli oggetti del nostro inventario con sbalzi istoriati, «una tassa Massimiliano di Egmond, Conte di Buren, probabilmente anch’egli
de argento historiata bianca con figur indorate da dentro, et fora […] a Napoli con Carlo V al rientro da Tunisi169.
dui bacili de argento grandi bianchi lavorati ad figura incavate con Un bacile e una brocca conservati nella cappella del tesoro nel
certi animali, con le arme de casa Pignatello», purtroppo senza al- Duomo di Napoli, e un piatto conservato nel Museo della Cattedrale
cuna segnalazione del soggetto165. di San Paolo di Mdina, tutti di manifattura napoletana, presentano
Nell’affannoso tentativo di dare corpo a tanto lusso qualche ele- sbalzi corrispondenti ad alcune delle nostre descrizioni: «una salera
mento può essere ricavato, dall’esame delle collezioni coeve e dai di- de argento ad monumento con tre cascette con suo coperchio indo-
rato intagliato ad fogliagy, tene quattro pedi ad bottone […] quattro
–––––––
161
NOLFI 1689; il Banchetto per le nozze di Lucrezia Bini e Giannozzo Pucci, a candeleri de argento indorati, et bianchi con lloro pedi ad ciampa de
Firenze in collezione Pucci di Sandro Botticelli è quasi il manifesto dei cambiamen- leone, lavorati ad fogliagy […] uno paro de candelieri grandi de ar-
ti introdotti nella Firenze della fine del Quattrocento dalle famiglie egemoni dei gento con tre arpie, et ciampe de leone ali pedi con fogliagy, et ma-
Medici, Pucci e Bini e della nuova funzione che il lusso assume per le classi sociali schere, et arme de sua ex.tia de peso de libre cento cinquanta nove»;
emergenti. Cfr. ELIAS 1988, 255-9.
le maschere e le foglie che si alternano a circoscrivere lo stemma ne-
162
Versailles 1993, 207-13. Nel 1535 di ritorno da Tunisi in viaggio per Napoli
Carlo V sostò a Cava ospite dei Sanseverino; il giovedì mattina al suo risveglio en- –––––––
trarono in camera quattro paggi «… e ciascheduno portò un piatto coperto, lo primo 166
Cfr. Ugo Bazzotti in MORSELLI 2002, 93-109, 100-1.
con quattro salvietta o stuiavocche sottilissimi; …» il piatto coperto citato potrebbe 167
«due over de argento con tre pedi la una ad ciampe de leone indorate […] due
corrispondere alle servigliette del nostro inventario; cfr. SALAZAR 1909, 111. over de argento con tre pedi la una ad ciampe de leone indorate»: A.S.na, Inventario,
163
CATELLO 1979, 80. f. 13v.
164
Parigi Museo del Louvre, invv. MR 341, MR 351. 168
A.S.na, Inventario, f. 12, 26v.
165
A.S.na, Inventario, ff. 2, 12v. 169
Cfr., CATELLO 1973, tav. II.
292 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 293

gli oggetti segnalati in qualche misura sembrano riconducibili con gentieri napoletani è riconosciuta ma in questo caso si richiedeva
alcune delle nostre descrizioni170. un aggiornamento dei modelli al centro toscano173.
Naturalmente sono solo ipotesi, le descrizioni inventariali sono Le argenterie da mensa erano disposte su tovaglie rigorosamente
frequentemente sintetiche e lacunose, giova il fatto che l’area pro- bianche in damasco di lino affidate alla custodia di «Geronimo de
duttiva è abbastanza circoscritta territorialmente e nella rete di Sanpetro repostero de robbe bianche»174. Probabilmente una scelta di
collegamenti. L’oreficeria meridionale, infatti, non restò estranea sobrietà per dare maggiore risalto ai preziosi ed elaborati oggetti. A
alle influenze stilistiche provenienti dalla Spagna, e da quelle aree Napoli durante il corso del Cinquecento si assiste ad un mutamento
geografiche dove si estese il suo dominio imperiale. In un paese in nel gusto; le tovaglie in seta o in lino d’Olanda e di Cambrai, ma an-
continua trasformazione con la presenza di commercianti e ban- che di Cava dei Tirreni o di Gaeta, alla fine del Quattrocento erano
chieri provenienti da tutta Europa attirati dalle due corti vicereali assai elaborate; generalmente erano ricamate nei bordi o comunque
- che intrecciarono proficui rapporti con le altre corti italiane e “listate” ovvero guarnite con galloni o frange o con inserti di diverso
straniere, nel continuo attivismo precedente le fastose cerimonie tessuto e colore. In molti casi erano arricchite con sfilati siciliani;
per i principi, gli imperatori e i vicerè, con la nuova edificazione o Camilla Carafa ne portò dodici in corredo, molte interamente in bian-
ristrutturazione di tanti edifici nobiliari - molti maestri d’arte si co altre ricamate in seta di differenti colori e in nero175. Le più pre-
spostarono per prestare la loro opera. Dalla Spagna al Sud Italia ziose, con ricami in oro e in argento, furono portate in dote dalla
da Napoli alla Sicilia, si assiste ad un’intensa mobilità capace di Duchessa Donna Felice Maria Orsino di Gravina nel 1569176. Nel tem-
determinare una costante circolazione di modi e di mode contri- po il damasco in lino delle Fiandre si diffuse rapidamente e guada-
buendo non poco all’omologazione del gusto moderno171. Un esem- gnò maggiore consenso.
pio delle procedure messe in campo per la realizzazione dei mo-
delli, proviene da Firenze; il 15 luglio 1535 Alessandro dei Medici
15. Gli oggetti più preziosi
invia a Penne in provincia di Pescara ad un signore sconosciuto,
ma che possiamo supporre essere un membro della famiglia Insieme a tanti oggetti d’uso spiccano per qualità di lavorazione
d’Avalos, un messaggio con il quale propone «quanto alli argenti una confettiera, una giara e una coppa ricchissime di pietre prezio-
non accasca dire altro se non commendarvi et della diligentia et se, perle e di cammei. Si tratta di «una confittera grande de argento
della sollecitudine usate nelle cose nostre. S’è dato ordine che qui
si faccin’ certi modelli di stagno et vi si mandino per che li faccia- –––––––
173
Un esempio della circolazione dei materiali in Europa e la conseguente diffu-
te poi fare d’argento in Napoli alla similitudine di decti modelli e’
sione del gusto, proviene dai due bacili, conservati al Museo Regionale Pepoli di
quali facti vi si manderanno»172. A questa data la perizia degli ar- Trapani, uno di Elias Lenker di fattura anteriore al 1578, e l’altro di manifattura
spagnola o tedesca di metà Cinquecento, entrambi già del vicerè di Sicilia Carlo
––––––– Aragona Tagliavia Principe di Castelvetrano. Il secondo documenta la lavorazione a
170
Cfr., CATELLO 1973, tav. II, IV; il piatto di Mdina, del diametro di 45 cm, reca «ad ponta di diamante» documentata negli inventari siciliani; cfr. Valeria Sola in
il punzone dell’argentiere G. TB. e il punzone NAPL a lettere staccate con corona, e ABBATE 2001, 109-10.
il punzone consolare. In San Lorenzo Maggiore a Napoli è inoltre conservata una cro- 174
A.S.na, Inventario, f. 38v.
ce processionale, datata 1562 con il bollo consolare che da un’idea delle probabili la- 175
Cfr. Archivio Filangieri Napoli, Archivio A B.46 «Inventarii» 29; le conside-
vorazioni (CATELLO 1973, tav. III, con riferimenti e illustrazioni anche di altri og- razioni sono sorrette dai numerosi inventari, da noi consultati, scaglionati lun-
getti). go il corso del Cinquecento e del Seicento; su questi pensiamo di ritornare più
171
Maria Concetta di Natale riferisce di diversi argentieri napoletani che lavora- diffusamente con una specifica pubblicazione; cfr. MUSELLA GUIDA-SCOGNAMIGLIO
no in Sicilia tra la fine del Quattrocento e la prima metà del Cinquecento; cfr. DI CESTARO 2006.
NATALE 2001, 29-30. 176
Cfr. BNN sezione Manoscritti e Rari, X aa. 24; su questo inventario che pre-
172
The Medici Archivi Project, Doc, 109. f. 214, 1535 Jul 15. La lettera successiva senta numerosi elementi d’interesse, non ultimo l’apprezzo dei capi inventariati, ab-
da conferma dell’ordine fatto a Napoli. biamo in corso uno studio specifico.
294 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 295

tutta indorata, quale se sparte in dui pezzi principali grandi, et la guarnizione, dale quale pendono quattro perle, et dali festoni del pe-
prima parte tene per ornamento, et guarnimento otto camei grandi de di epso pendeno altre quattro perle grosse»179. Si tratta di una broc-
intorno, et in mezo uno altro cameo grande, tene quattro balasci, et ca d’argento con coperchio con quattro pezzi di agata, un cammeo con
quattro zaffiri grandi, et etiam tene sedici rosette de perle, ogni ro- Venere e Cupido per pomello ed altri dieci cammei che facevano co-
setta con tre perle, tene ancora intorno ala coppa, et in mezo dudeci rona al coperchio intervallati da rosette composte da sei rubini, due
perle, et in la secunda parte de ditta confittera, che è il pede tene du- formate da sei diamanti e sei di tre perle e così di seguito in una de-
deci camei grandi, li quattro ad figur, tene ancora sei rosetti di dia- scrizione più sintetica ma che comprende anche i festoni e le perle
manti, ad sei diamanti per ogni rosetta, et ancora tene due rosette pendenti, elementi formali che l’accostano alla confettiera.
de rubini a sei rubini per rosetta, et uno diamante piccolo in mezzo Infine è descritta «una coppa con suo suprecoppa de argento in-
ad ogni rosetta, tene ancora quattro zaffiri grandi, tene ancora tren- dorata, et lavorata, in la quale sono otto camei lavorati ad figure, due
ta sei perle grande perguarnisione, le quale pendeno da certi festo- de epse lavorate ad Istorie, l’uno dela conversione di San Paulo, et
ni, che tene per guarnitione il ditto pede, dico che le quattro perle laltro con il carro del Sole, et in la ditta coppa sono per guarnizione
pendono dali quattro festoni, et le altre pendeno da teste de anima- al pede due rosette de rubini con sei robini per ogni rosetta, et uno
li posti intorno dele rosette de diamanti»177. Il contenitore a forma di smiraldo in mezo, et ancora due rosetti de diamanti a sei diamanti
coppa con coperchio d’argento dorato supportava nove cammei gran- per rosetta, et ancora sono due balasci, et dui zaffiri, che pendono ot-
di nel coperchio, quattro zaffiri grandi, sedici rosette ognuna com- to perle pendente dudeci rosette de perle à tre perle per rosetta, et
posta di tre perle, in tutto quarantotto, più dodici altre perle sul bor- ancora otto perle poste per guarnitione de la ditta coppa, et ancora
do. Sull’invaso vi erano dodici cammei quattro dei quali istoriati, sei sono in la soprecoppa sedeci perle fisse, et ancora due rosette de dia-
rosette con sei diamanti ciascuna, e due rosette con sei rubini ed un manti ad cinque diamanti per ogn’una, et ancora tene altre due ro-
diamante al centro; vi erano inoltre quattro zaffiri grandi e trenta- sette de rubini, la una con sei robini, et un diamante, et l’altre con
sei perle grandi che facevano da ghirlanda, intervallati da teste di quattro robini, et tre diamanti, tene ancora una statua de figure, la
animali; da questa pendevano dei festoni con trentasei perle che si quale tene un zaffiro grande per scudo, et tene una perla per ponta
allungavano sul piede. Non è difficile immaginarla sebbene non tro- de lanza, che tene in la mano, pesano tutte le sopradette tre partite
vi alcun riscontro negli oggetti conservati nei musei europei e con le gioie, et perle in uno redutte in libre sexanta otto, cinque on-
d’Oltreoceano. La fattura rimanda però alla imponente scatola del ce, et tre quarte, et meza»180. La descrizione rimanda alla medesima
Museo del Prado, con cammei antichi e moderni di grandi e più pic- lavorazione degli altri due oggetti a meno di una differente colora-
cole dimensioni, del tesoro del Delfino di Francia178. zione determinata da alcuni smeraldi che si andavano ad aggiunge-
Nell’inventario vi è poi «uno giarro de argento indorato, lo quale re ai diamanti, agli zaffiri e ai rubini.
se tene sopra quattro aghate, tene detto giarro diece camei grandi La preziosità determinata dai materiali e dalla lavorazione è in-
per guarnizione lavorati ad figure, tene per coperchio lo ditto giarro discussa e probabilmente proprio per questo fornirono la possibilità
una Venere con Copido, de un cameo tutto lavorato, tene intorno det- di essere capitalizzati. Forse tanti di quei cammei con Venere e Cupido,
to giarro quattro rosette de robini con sei robini in ogn’una, et le due con il Carro del Sole, con la Conversione di san Paolo e chissà che al-
de diamanti con sei diamanti in ogn’una, et tene ancora per guarni- tro, in seguito furono impiegati per guarnire altri preziosi oggetti in
tione sei rosette de perle ad tre perle per rosetta, et tene ancora se- nuove collezioni. Ci spiace pensarlo181!
deci perle poste in lo coperchio, tene ancora uno balascio, et uno zaf-
firo, che tene uno figliolo dale mano, tene ancora quattro teste per –––––––
179
A.S.na, Inventario, f. 16v.
––––––– 180
A.S.na, Inventario, f. 17.
177
A.S.na, Inventario, f. 16. 181
Per l’impiego dei cammei nell’Ottocento provenienti da più antiche collezioni,
178
IÑIGUEZ 1989, 64-9, si tratta di una scatola del 1600. cfr. ALCOUFFE 1994. Per le collezioni napoletane del secolo XVI, cfr. CAPASSO 1901.
296 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 297

Nulla è possibile riferire circa i dipinti che dovevano contribuire la cappa de grana ed altri drappi le pigliò a credito a Roma dalli mer-
all’arredamento delle sale se non che l’inventario annota ottantasei canti Fiorentini banchieri»183.
quadri tra piccoli e grandi sui quali è impossibile fare supposizioni182. L’abbigliamento per l’ingresso a Napoli era degno di un principe
spagnolo; ricco d’oro e d’argento nei preziosi tessuti presi a credito.
La prima apparizione del vicerè si presentò abbagliante, in seguito
intervennero molti cambiamenti a ridefinirne l’immagine pubblica184.
La città di Napoli si preparava a vivere una stagione assai diffici-
le. Il fasto del trionfo, inaugurato con l’entrata di Carlo V a Napoli,
fu conservato durante il lungo governo di Don Pedro che attuò un
preciso programma teso a diffondere un’immagine di ricchezza an-
che in assenza dell’imperatore185. L’abbigliamento del vicerè, così esu-
berante nella descrizione del Miccio, mutò ben presto per amman-
tarsi d’austerità e di autorevolezza in apparente contrasto con la ma-
gnificenza di quel che s’è tentato di evocare ma in realtà in perfetta
sintonia con la celebrazione del potere imperiale.
Un contributo di non scarso valore deve attribuirsi alla qualità dei
tessuti e dei loro colori che, al di la dei complessi significati simboli-
ci stratificati nel tempo, erano un segno di preziosità legato alla più
o meno complessa tecnica tintoria dei filati; il rosso, nelle sue decli-
nazioni, e il nero furono i colori più difficili da realizzare e tradizio-
nalmente tra i più cari sul mercato. Nell’economia del guardaroba
Cerchia di Tiziano, Ritratto di Don Pedro de Toledo come Cavaliere dell’Ordine
di Santiago, olio su tela, cm 139,2 x 117: Iscrizione in alto a destra: ANNUM toledano sono i colori predominanti. I tessuti con oro o argento sono
AGENS XXXXI, Monaco, Bayerische Staatsgemäldesammlungen, Alte Neue in minima percentuale, il velluto, il damasco e il raso, guadagnano
Pinakothek, (inv. WAF 1085) una posizione dominante gareggiando con i panni di lana, general-
mente d’importazione.
16. L’immagine del vicerè Le tipologie vestimentarie adottate privilegiate sono le robe e i sai.
Il 4 settembre del 1532 il vicerè entrò solennemente a Napoli «ve- Il taglio stesso di questi due indumenti, ampio e lungo, con mani-
stito con un sajone con le maniche all’italiana di broccato d’oro tira- che o senza, aveva in Spagna caratterizzato il ceto degli intellettua-
to riccio sopra riccio molto ricco con una catena d’oro molto grossa, li –gentes de ropa larga- segnalando l’adozione di un abbigliamento
con un cappello di tela d’oro tirato, involto con un cordone d’oro ti- estraneo ai cambiamenti della moda186. L’utilizzo da parte delle clas-
rato, e con suo pennacchio di penne bianche, sopra uno bello cavallo si sociali dominanti assunse così valore di modestia legata alla mi-
leardo bianco, fornito con sella, e lo fornimento de velluto bianco e
ciappe e fibbie dorate, frangiate di seta bianca ed oro tirato. Cavalcò –––––––
per tutti i Seggi, e sempre alla banda ritta il sindaco detto Fabrizio 183
Cfr. SALAZAR 1908, 715-6. Cfr. anche SUMMONTE 1675, Tomo IV, LibroVII, 84.
Colonna dello Seggio di Porto, e lo duca di Mont’alto dall’altra ban- 184
Per la moda spagnola cfr. BERNIS 1962; VENTURELLI 1999, e SCOGNAMIGLIO
da. Entrarono dentro Castello Nuovo con lo Sig.e Alarcone castella- CESTARO 2006, 289-376.
no nelle 23 ore», fu detto che «la teletta d’oro per lo sajo e gippone, e
185
HERNANDO SÁNCHEZ 2001, 460, 463.
186
Cfr., BERNIS 1962, 9-10. Sul colore nero cfr. ora PASTOREAU 2008, dove viene di-
––––––– scussa l’etica del colore nero (95-99), i tempi di adozione da parte delle differenti clas-
182
A.S.na, Inventario, f. 27v; HERNANDO SÁNCHEZ 1993, 52. si sociali e alcune delle innovazioni tintorie (90-92).
298 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 299

sura di origine medioevale. Il colore andava rafforzare la severità trata in uso da tempo e che costituiva il maggior vanto dei sarti na-
della foggia e l’ammantava di significati. Piccoli dettagli andavano a poletani, la loro destrezza e il lusso della manifattura190.
sottolineare il taglio e la ricercatezza della manifattura; è il caso del- Tra gli abiti incontriamo anche pochi capi tradizionalmente in uso
la «… robba de raso negro con due bande de velluto foderata de taf- in Spagna di ascendenza moresca: «una robba de coyro moresca ve-
feta, ala quale erano appicciate vintiquattro ciappe de oro, et forno chia de diversi colori senza maniche» e un completo composto da «due
descositi ut s.a» o di quella «de cremosi guarnita de velluto, alla qua- cammise de tela sobtile bianche ala moresca […] due robbe moresche,
le erano appicciate cinquanta ciappe de oro», ed anche di quella coor- una de teletta de seta rossa, et bianca listata, et l’altre de raso car-
dinata con il saio «robba de velluto negro inforrata de taffetà con due mesino, et bianco»191. Le due robe erano forse due marlote, ovvero due
fasciette de francie […] uno sayo de velluto negro dela preditta guar- sopravesti ampie e lunghe fin sotto il ginocchio che andavano a co-
nitione»187. Le guarnizioni in tessuto erano generalmente dello stes- prire la camicia lunga fino alle anche, con maniche molto ampie ma
so colore ma di differente armatura, raso su velluto, raso su dama- fermate al polso, ricche di pieghe che partivano dalle spalle192. Con
sco, ma anche di armatura uguale, raso su raso, con fodere in qual- piccole modifiche l’abbigliamento moresco o alla turca, sappiamo che
che caso di colore contrastante. Per ragioni di protezione dagli agen- fu in uso in tutta Europa per almeno un secolo; gli abiti da casa e al-
ti atmosferici al velluto o al raso è associata per la fodera la pelle cune sopravesti avevano spesso questa foggia. Il vicerè ne possede-
«robba de velluto leonato figurato con guarnimento de velluto pavo- va una «robba turchesca de raso azuro de fiori leonati con sua fode-
nazzo, et foderata de pelle bianche» raggiungendo un effetto di so- ra de tela pardiglia» forse utilizzata in privato193.
bria ricercatezza nel contrasto dei tre colori il leonato, sorta di mar- A completamento dell’abbigliamento era posta la cappa. Dal secondo
rone chiaro, con il rosso cardinalizio del paonazzo e il bianco avorio quarto del secolo questa diviene più corta contribuendo a determinare
della pelle; anche un leggera imbottitura contribuiva a dare mag- nella figura un andamento piramidale. Don Pedro ne possedeva nove tut-
giore protezione, come nella «robba accottonata de grana con guar- te di tessuti adatti a ripararsi dal freddo e dalla pioggia; capi pratici e
nimento de felba rossa» che il vicerè aveva portato con se a Firenze188. confortevoli, in lana di differenti qualità con guarnizioni di velluto194.
Nulla si concede al ricamo e/o ai galloni in oro e in argento; cedimenti Interessanti sono le descrizioni che presentano la cappa in completo con
al lusso sono riservati solo alle guarnizioni, come nelle «tre gonnel- la capirotte o capirote, termine spagnolo che va a definire un copricapo
le, una de raso bianco guarnita de velluto, un’altra de raso negro di foggia quattrocentesca, sorta di mazzocchio che circondava la testa ve-
guarnita de velluto negro, et un altra de velluto rosso guarnita de lata da un panno, la toca o tocca, che cadeva sopra la spalla195. Lo stesso
broccato tutti recamati con vernili»189. copricapo si accompagnava alla gramaglia, o cappa da lutto, molto usa-
La roba era indossata sul saio e sul giubbone. Don Pedro posse- ta dai letterati. Alcuni di questi capi non rientravano già da tempo nei
deva quindici giubboni, dei quali dieci erano di raso nero, uno leo- guardaroba aristocratici e potrebbero apparire fuori moda se non fossi-
nato, uno di raso paonazzo con le calzabraghe della medesima fat- mo portati a considerarli come una precisa scelta dettata dalla volontà
tura; altri quattro erano in tela bianca. La ricercatezza dei primi ri- di orientarsi su un’apparenza di stabilità definita attraverso forme “clas-
siedeva anche qui nella fattura; in alcuni le maniche erano di diffe- siche” poco soggette alla frivolezza dei continui cambiamenti della moda,
rente tessuto, il velluto in quello di raso, o anche «de armesi con fa- peraltro assai consistenti proprio dal secondo quarto del Cinquecento.
scette de velluto tagliate per guarnitione», secondo una foggia en-
–––––––
190
A.S.na., Inventario, f. 37. Sul punto cfr. SCOGNAMIGLIO CESTARO 2005, 242-84 e
––––––– ID. 2008.
187
A.S.na., Inventario, f. 19. 191
A.S.na., Inventario, ff. 37, 38v.
188
A.S.na., Inventario, ff. 19v, 20. Adelaide Cirillo Mastrocinque riferisce cha a 192
Cfr., BERNIS 1962, 97, fig. 228.
Napoli agli inizi del ‘500 si producevano “velluti raffigurati” introdotti da un tessito- 193
A.S.na., Inventario, f. 38v.
re fiorentino chiamato da Ferrante d’Aragona; cfr., CIRILLO MASTROCINQUE 1980, 200. 194
A.S.na., Inventario, ff. 19v, 20, 36.
189
A.S.na., Inventario, ff. 44v; la gonnella equivale al saio, Cfr., BERNIS 1962, 91. 195
A.S.na., Inventario, f. 36 e BERNIS 1962, 92.
300 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 301

L’immagine più bella ed appropriata al discorso che si va facendo lo dicesse l’Imperatore, per loche, il Mastro de Cerimonie le dimandò,
è certamente il dipinto attribuito alla cerchia di Tiziano conservato come si era coperto: rispose, perche havea lo catarro, et alteratosi, si
alla Alte Neue Pinakothek di Monaco196. Il vicerè è interamente ve- partì da quella brigata, e messosi sopra la sua Capitania uscì dal por-
stito di nero con un giubbone in raso e le calzabraghe, coperte in par- to, per andarsene con la sua squadra, il che vedendo l’Imperatore da
te da una roba probabilmente in panno o in velluto con ampie ma- una finestra, dimandò di quelle galere, che partivano, perloche infor-
niche corte e rigonfie sulla spalla, quasi dei baragoni, a mostrare la mato della cosa, mandò a chiamare Virginio Orsino, onorandolo, co-
manica sottostante; forse quella «robba de velluto negro con uno col- me a tal personaggio si conveniva.»200.
laro alto, et meze maniche inforrate de taffettà con due fascette de Don Pedro possedeva cinque copricapo di velluto nero probabilmente
velluto» che segnala l’inventario197. Il collo e la bordura delle para- simili nella foggia ovvero con una calotta contornata da una minusco-
monture è di pelliccia, guarnizione che non si ritrova tra gli abiti in- la falda ingioiellata con puntali, bottoni, rosette e catenette. Proviamo
ventariati. Siamo alla presenza di un ritratto celebrativo con desti- ad immaginarli «de velluto negro con novantauno paro de pontali smal-
nazione pubblica, probabilmente commissionato negli anni quaran- tati negri, et bianchi con una midaglia historiata, et uno cameo in me-
ta del Cinquecento, forse al culmine di quella metamorfosi compor- zo […] de velluto negro con cinquantasei para de bottonetti de oro smal-
tamentale che caratterizzò i primi anni napoletani del vicerè. Don tati de negro, et guarniti con filo de catena de oro […] de velluto ne-
Pedro è fisicamente assai imponente nell’autorevolezza della postu- gro guarnita con ottanta rosette de oro fatte ad gruppo smaltate de ne-
ra, con il bastone del comando in una mano e la spada impugnata gro, et bianco con trine de oro da tre in tre guarnito […] de velluto ne-
nell’altra. Il volto è lievemente scorciato incorniciato dalla barba già gro guarnita de catenette de oro ala francesa da tre in tre con vinti
canuta - aveva intorno ai cinquant’anni - e con gli occhi rivolti al di una rosette de oro intorno ala piegha smaltate de azuro, et bianco […]
la della tela. Piccolissimi e misurati dettagli di grande raffinatezza de velluto negro guarnita con una catenetta de oro da tre in tre, qua-
rafforzano i gesti. I polsini della camicia, una delle otto «camise de le barrette ut sa nominate erano dentro due barrette con le arme de
giorno lavorate de seta negra» che fuoriescono dalla roba sono mi- sua ex.tia»201. È possibile orientarsi sulle forme dei cappelli e dei gioiel-
nuscoli volant ricamati di nero come la lattughina del collo198. Aggiunge li, puntali, bottonetti, rosette, catenette, e arme. Il Ritratto d’uomo di
severità e decoro la bellissima collana dell’ordine di Santiago «de oro Tiziano del Boston Museum Fine Art ci mostra l’impiego dei puntali
con la croce de s.to Jacovo dentro una scatoletta» segnalata dall’in- sul cappello, all’incirca una novantina, tre o quattro per ogni gruppo202.
ventario tra gli oggetti provenienti da Firenze199. Piccole preziosità che già si potevano osservare sul cappello e sulle ma-
Alla sobrietà delle vesti corrispose, viceversa, la grande ricerca- niche dell’austero Francesco Ferrante d’Avalos, morto nel dicembre del
tezza dei berretti; il copricapo era un segno distintivo nella gerarchia 1525, nel ritratto del Museo Correr a Venezia203. Una raffigurazione
del consenso all’interno dei ranghi della corte e ragione di incidenti che consente di visualizzare meglio il primo dei cappelli citati, è quel-
di carattere relazionale. Non a tutti era consentito di portarlo in pre- –––––––
senza di una personalità di grado superiore. Gregorio Rosso segnala 200
ROSSO 1770, 107-8; sul rituale del copricapo Gregorio Rosso torna nuovamente
un episodio occorso a Virginio Orsino, Conte dell’Anguillara (1498- quando documenta il viaggio di ritorno da Tunisi con numerosi commenti segnalan-
1548) a Cagliari nel 1534, all’arrivo della flotta imperiale. Egli «ve- do anche che la consuetudine era spagnola: Uso di Spagna nel coprirsi avanti il
dendo quasi tutte le persone di conto mettersi le coppole, ò cappelli Padrone. Cfr. IDEM, 11-112. Con ogni buona probabilità a Gentile Virginio Orsino era
stata rimarcata l’inopportunità perché filopapale almeno fino all’elezione di Paolo
in testa, avanti l’Imperatore, dello stesso modo fece esso, senza che
III; Carlo V mediò per cattivarsi il consenso e gli armamenti del valoroso capitano.
––––––– 201
A.S.na., Inventario, f. 20. Pare che le spille con i cammei fossero di gran moda
196
Cfr. Marcel Grosso in SPINOSA 2006, 160-1. e considerate un ornamento assai sobrio; Benvenuto Cellini ne ricorda due tra le sue
197
A.S.na., Inventario, f. 36v. opere, una Leda con cigno e un Ercole e il leone di Nemea, Cellini Vita, libro I, cap.
198
A.S.na., Inventario, f. 20v, a quelle segnalate si devono aggiungere altre otto XXV e cap. XLI; cito da LEVI PISENSKY 1966, 155.
camice delle quali sei camice erano da notte. 202
Tiziana Scarpa in SPINOSA 2006, 130-1.
199
A.S.na., Inventario, f. 21. 203
QUONDAM 2007, fig. 9.
302 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 303

lo di Carlo V dipinto da Bernard van Orley conservato al Museum of Complemento indispensabile era il colletto; anche di questi Don
Fine Art di Budapest204. Sulla gorra, varietà del tipo di copricapo in- Pedro ne possedeva un certo numero, rigorosamente neri, di velluto
dossato dall’imperatore nel dipinto, con le piccole gioie, barrette e bot- e di raso, o di colore carmesino guarnito di velluto nero con bottoni
tonetti, compare anche un cammeo con la corona imperiale; il primo e rosette d’oro di notevole consistenza benchè anch’essi, all’atto del-
berretto segnalato dall’inventario del vicerè doveva essere assai simi- la redazione dell’inventario, fossero scuciti e pesati208. Alcuni erano
le nella foggia ma addirittura più ricco perché guarnito anche da una con maniche ed altri senza maniche. Si trattava di veri e propri in-
medaglia istoriata oltre che dal cammeo205. dumenti simili al gilet che arrivava appena alla cintura e copriva in
Alcuni superstiti esemplari ci possono indicare la qualità della fat- parte la camicia. Possiamo riconoscerlo nel ritratto di Carlo V del
tura dei piccoli monili che decoravano i cappelli e le robe nere cita- Museo del Louvre; sopra la camicia, interposto alla roba guarnita da
te. Le settantaquattro ciappe d’oro, citate nell’inventario, erano bot- un collo di pelliccia, è un davanti in colore giallo, a losanghe forse ot-
toni tondi con piccoli motivi geometrici e forse finti castoni come quel- tenute da impunture, con maniche della stessa fattura e colore con
lo di manifattura siciliana conservato nella chiesa madre di Sutera; tagli verticali al polsino a lasciar emergere la camicia209.
le rosette viceversa potrebbero trovare qualche riscontro con quelle Stivali di cuoio da pioggia, scarpe scamosciate e di velluto e pantofole,
in oro smaltate in nero ed altri colori, arricchite da perle e pietre, anche in velluto nero, completavano il guardaroba210. La biancheria per-
conservate al Museo del Bargello a Firenze206. Tuttavia Don Pedro di sonale, differentemente da quella femminile, nell’economia dell’intero pa-
questi monili ne conservava assai di più nelle sue stanze: «cinquan- trimonio vestimentario può considerarsi relativamente modesta: sette
ta quattro para de bottoni fatti ad pontali de oro con zagarelle de se- fazzoletti, moccatori, una decina di bavarelli, una dozzina di tovaglie de
ta negra […] trenta septe para de ciappe de oro smaltate de azuro, mano, dieci toccati bianchi, e insieme a questi, altri minuti oggetti d’uso
et bianco quattro bottoni de oro tondi […] una catenetta de oro sub- personale come lo «stuchio guarnito con tutto suo fornimento de pettini
tile […] trenta septe para de pontali de oro con zagarelle de seta ne- de ebano, netta orechie, et altre cose necess.e ad epso», uno specchio d’ar-
gra» da applicare in diverse occasioni e su differenti abiti207. gento con le armi del vicerè e la spugna per asciugare la testa211.
–––––––
––––––– 208
«uno colletto de velluto negro tagliato […] uno altro colletto de raso tagliato, do-
204
Cfr. www.srepmuvesreti.nu, inv. 1335 e QUONDAM 2007, fig. 32; una copia del ve erano dui bottoni de oro, dal quale forno descositi per pesarnosi in freme con li al-
dipinto con piccole modifiche nell’abbigliamento è conservata al Museo del Louvre a tri bottoni, ciappette, et rosette, che stanno appicciati ale altre veste, che di di sobto se
Parigi, inv. 2120; per la verità le differenze tra i due dipinti andrebbero commenta- descriveranno … uno altro colletto de carmesino guarnito de velluto negro, al quale
te ma mi riservo di farlo in altra sede. Montaigne nel suo Voyage in Italie osserva erano uno bottone de oro, et trenta septe rosette de oro, et forno descositi ut supra […]
che gli uomini e le donne per distingure a quale partito appartenessero, filo france- uno colletto de velluto negro inforrato de taffettà […] uno altro colletto de velluto ne-
se o filo spagnolo, portavano a sinistra o a destra le guarnizioni di fiori o altro, se- gro con due fascette tagliate senza maniche […] uno altro colletto de velluto piano infor-
gno dell’importanza del berretto o comunque della testa come parte del corpo atta a rato de taffetà senza maniche […] uno altro colletto de velluto tagliato con una fascet-
comunicare lo status, cito da LEVI PISETZKY 1966, vol. III, 15. ta senza maniche […] uno altro colletto de armesi tagliato con due fascette de velluto
205
Per la gorra, cfr. BERNIS 1962, 18-9, 92-3, figg. 28-34. A proposito dei coprica- tagliato senza maniche […] uno altro colletto de velluto tagliato senza maniche, et vec-
po mi piace ricordare alcuni bellissimi disegni di Polidoro da Caravaggio conservati chio […] uno altro colletto de armesi tagliato con due fascette revolte per guarnitione
in diverse collezioni italiane e straniere, ed in particolare un disegno con l’autori- de epso senza maniche […] uno altro colletto de armesi con fascette tagliate senza ma-
tratto del pittore a Parigi, presso la Néerlandais, Fodation Custodia, collection F. niche […] uno altro colletto de armesi guarnito il corpo, et maniche de fascette de vel-
Lugt, che presenta una berretta simile alla gorra appoggiata su una sorta di tur- luto da due in due, et tagliato da fascette ad fascette […] uno altro colletto de velluto
bante fermato sulla fronte da una rosetta. Anche il Ritratto di cavaliere dell’ordine de felba con maniche […] uno altro colletto de velluto de felba senza maniche […] uno
gerosolimitano, della National Gallery di Londra presenta un cappello a falda più altro colletto de felba de velluto senza maniche.»; A.S.na., Inventario, ff. 18v, 36v, 77.
larga su un turbante nero, cfr. LEONE DE CASTRIS 2001, 11, 13, 313. Sulla biancheria cfr. MUSELLA GUIDA - SCOGNAMIGLIO CESTARO 2006, 41-60.
206
Per i bottoni siciliani cfr. DI NATALE 2001, 303; per gli oggetti del Bargello, cfr. 209
Cfr. BERNIS 1962, 84-5. Per il dipinto cfr. la nota 208.
SFRAMELI 2003, 142. 210
A.S.na., Inventario, ff. 18, 19 e 19v.
207
A.S.na., Inventario, ff. 47 e 47v. 211
A.S.na., Inventario, ff. 19v, 27v e 28.
304 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 305

Non è ancora noto chi fu il sarto che realizzò i suoi abiti, e quelli re e quant’altro-, disegnando così una piccola mappa geografica de-
dell’intera famiglia; è possibile però che presso il palazzo vicereale gli apporti culturali e commerciali. Ciò che maggiormente ci inte-
fosse allestito un laboratorio con cucitrici, sarti e ricamatori, come ressa sono quelle segnalazioni che definiscono la foggia ovvero i se-
accadde a Firenze presso la corte medicea212. Nella guardaroba, tra i gni delle forme, irrilevanti nel nostro inventario in quanto al luogo
tanti oggetti preziosi, erano infatti custoditi un certo numero di ta- di provenienza soprattutto se confrontato con l’analisi dell’inventa-
gli di tessuto e preziose guarnizioni evidentemente in attesa di es- rio post mortem di Inigo II d’Avalos di circa cinquant’anni prima. La
sere impiegati213. “geografia della moda” era in quell’occasione assai più complessa e
Se tra le righe s’è cercato di rendere visibile, pur perdendomi in varia; la mappa tracciata sull’inventario di Don Pedro è assai più ri-
mille rivoli di minute descrizioni con la volontà di scoprire i segni di dotta circa la provenienza delle fogge216. Siamo forse, a questa data,
quel vestire-apparire, la consapevolezza delle scelte rivolte ad un pro- di fronte al consolidarsi tra le classi egemoni di quella forma all’ita-
gramma d’immagine che, come nel ritratto, rendesse evidente la bel- liana tanto agognata dal Castiglione217? La corte vicereale napoleta-
lezza del «corpo», quella dei «panni» in correlazione contrappositiva, na, nel suo essere espressione del potere imperiale e parte di un va-
entrambe, con la bellezza dell’«anima», resta da capire quale potes- sto impero, divenne il crocevia di tante esperienze politiche, econo-
se essere l’ambito culturale di riferimento di tale programma214. Moda miche, diplomatiche e commerciali, oltre che dinastiche, dotandosi
spagnola, francese, napoletana …; in apertura Scipione Miccio indi- così di un indiscusso internazionalismo, ponendosi in breve come cen-
ca il taglio della manica del sajone come all’italiana, l’inventario se- tro di adozione e diffusione di un nuovo modello vestimentario e più
gnala un «cappello de lana ala tudesca» e una berretta «de velluto generalmente comportamentale. L’itinerario della nuova forma ita-
negro guarnita de catenette de oro ala francesa»215. E ancora qualche liana sembra passare per Napoli attraversare Firenze e raggiunge-
abito “alla moresca” e “alla turca”, e qualche lavoro di ricamo se- re in breve la Francia e oltre.
gnalato come fatto a Napoli, oltre i differenti luoghi di provenienza
dei tessuti, elementi caratterizzanti l’apparenza –trame, filato, colo-
17. «L’armatura come seconda pelle del gentiluomo moderno»

––––––– Dall’abbigliamento “civile” al corredo del cavaliere. Nel suo insie-


212
ORSI LADINI-NICCOLI 2005, 171-8. me l’inventario propone diversi capi suddivisibili in due diversi grup-
213
«uno pezo de dobletto de seta bianca de una canna./cinque palmi in circa de/te- pi l’uno per l’abbigliamento da parata e/o da torneo e l’altro da com-
la de argento riccio bianco./altri cinque palmi in circa de velluto negro lavorati ad battimento con caratteristiche ben distinguibili nel colore, nel mate-
schiacheti. /una fascia de velluto negro recamata de rascia./cinquanta quattro para
riale e nella forma.
de bottoni fatti ad pontali de oro con zagarelle de seta negra. /trenta septe para de
ciappe de oro smaltate de azuro, et bianco. /quattro bottoni de oro tondi». Cfr. La tabella (nella pagina successiva) rende in sintesi il numero delle ti-
Inventario, f. 44v, 45, 47, 47v. Nell’nventario del corredo di nozze di Camilla Carafa, pologie e delle quantità.
del 1500, è segnalato un «telarello con tutte le ordegne da fare frise d’oro» (cfr. Archivio Mi piace iniziare l’esame dagli abiti che si indossavano sotto la co-
Filangieri, Napoli, Archivio A, B. 46 «Inventarii» 29); in molti altri inventari del razza che sembrano quasi contrapporsi all’abito civile soprattutto per
Cinquecento, sono numerose le segnalazioni di tessuti filati ed altri materiali ac- l’adozione di sgargianti colori.
cantonati, in attesa di essere utilizzati, o di tele manifatturate in casa, come le «due
para de lenczola sottile de tela de la casa de qacto peczi l’uno» dell’inventario post
In questi capi il colore domina incontrastato, pur nell’unità della
mortem del Castello d’Ischia, di Inigo d’Avalos del 1503, (cfr. Archivio Filangieri, foggia. Spiccano nel gruppo «sei para de calce de rascia guarnite de
Napoli, Archivio A, B. 46 «Inventarii» 35). velluto de li infri colori, bianco, rosso, pavonazzo, torchino, leonato,
214
Cito liberamente da QUONDAM 2007, 28. et negro, servevano per ornare la persona de sua ex.tia», «sei gepponi
215
Avverte la Bernis che l’aggettivo francés per gli spagnoli del Cinquecento pote-
va equivalere a flamenco perché essi intendevano più che il dominio dei Valois, gli –––––––
stati nordici degli Asburgo e cioè le Fiandre; cfr. BERNIS 1956, 23-4, e CIRILLO 216
Cfr. MUSELLA GUIDA-SCOGNAMIGLIO CESTARO 2006, 10 e QUONDAM 2007, 132-4.
MASTROCINQUE 1980, 213. 217
Cfr. QUONDAM 2007, 133-4.
306 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 307

Calze 17 paia scarpe» d’acciaio, probabilmente semplici, ovvero senza alcuno sbal-
Casacche 6 zo o damaschinatura come era consuetudine nelle armature da pa-
Celate 6 rata del Cinquecento di produzione italiana221. È particolarmente in-
Coperte 5
consueto, per quell’abbigliamento che andò a caratterizzare la “se-
Corazze 2
Corregge 6
conda pelle” del cavaliere per evidenziarne il ruolo, non ritrovare
Fornimenti 17 neanche una corazza istoriata. Se così fosse stato, la descrizione in-
Gipponi 6 ventariale sarebbe stata più circostanziata per enfatizzarne il valo-
Girelli 9 re. La semplicità della corazza si potrebbe ritenere una scelta preci-
Guarnimenti 25 sa dettata dal medesimo programma di “distinzione” già evidente
Mazza ferrata 1
nell’abbigliamento civile. Sembra suggerirlo l’elegante san Giorgio
Morrioni 2
Scarpe 1 della pala con la Madonna col Bambino e santi, del Museo Nazionale
Selle 33 di Lucca, esposta a Bologna in occasione della mostra dedicata ad
Selle alla ginetta 11 Amico Aspertini; il santo guerriero interamente coperto della coraz-
Staffe 46 za grigio acciaio, affida unicamente al cappello, alla sottilissima strin-
Strenghe 72
ga reggi spada e ai legacci della giubba emergenti dallo scollo, la ri-
Spade 9
Rotelle 1
cercatezza del suo abbigliamento222. L’elemento che caratterizza for-
temente la figura del cavaliere è proprio il cappello, dall’alto pen-
de raso ripontati de li preditti colori», «sei casacche de velluto con sei nacchio bianco, ricoperto di piccole piume rosse e ciuffetti bianchi,
girelli de velluto, ricamate deli preditti colori con lloro fiochi, et fran- posto su un turbante nero quasi una matassa di fili, completato da
cie de seta deli medesimi colori» e «sei dozane de strenghe de arma- catenelle e fermagli, una con cammeo, e nastri neri. Qui il copricapo
re de li p.ti colori»218. Bianco, rosso, paonazzo, turchino, negro e leo- è il solo segno di distinzione sulla corazza dalla classica semplicità,
nato, colori vivaci per abiti da sfoggiare nei tornei in corrisponden- elemento che, come s’è detto, andava a connotare fortemente l’abbi-
za coloristica con le armi dei personaggi a cui si recava omaggio, o gliamento civile di Don Pedro e probabilmente anche quello da com-
in battaglia per intimidire gli avversari; di questo rendono conto i battimento e da parata.
già citati arazzi della Battaglia di Pavia, al Museo di Capodimonte Si deve pertanto ipotizzare che la celebrazione del ruolo del vicerè,
e quelli dei Valois, uno dei quali con il Carosello di Bayonne, al Museo nelle occasioni in cui indossava l’armatura, fosse affidata ad altri ele-
di Palazzo Pitti a Firenze219. Tutto era coordinato dalle stringhe per menti. I fornimenti del cavallo e tutte le loro guarnizioni erano, in-
i cavalli, alle gualdrappe, dalle corregge alle guaine delle spade e al- fatti, assai più ricercati. Tra questi le corde dei ginetti, cavalli di raz-
le selle e, naturalmente, tutte le guarniture composte di diversi pez- za spagnola di piccola taglia snelli e veloci, erano di filo d’argento la-
zi: elmetto, gola, petto, schiena, lama di panciera e fiancali da cor- vorati alla moresca, forse ageminati, con borse di seta e perle. Le co-
regge, spallacci, bracciali e manopole220. perte dei cavalli e delle carrette erano in velluto dai vivaci colori ri-
Don Pedro possedeva due corazze complete; «una coraza, uno pa- camate e guarnite di frange e passamani.
ro de gambali, bracciali, gorgiarino, celata, scarpe, et due visere» e Molte delle selle erano di velluto; delle «nove selle da cavallo de
un’altra «con sua gola, dui bracciali, et uno paro de gambali senza armare» sei erano con guarnizioni degli stessi colori dei giubboni del-

––––––– –––––––
218
A.S.na., Inventario, f. 21v; suppongo che girelli stia per rotelle.
221
A.S.na., Inventario, f. 38v.
219
FRIEDER 2008, 24 e ss.
222
Cfr. EMILIANI-SCAGLIETTI KELESCIAN 2008, 158-9. L’uso del cappello di piume o
220
GODOY-LEYDI 2003 dove sono ben illustrati i vari pezzi che compongono le ar- “peloso” sembra essere in uso a Napoli già nel 1503 come rilevato da un’inventario
mature. pubblicato dal Bevere; cfr., BEVERE 1897, fasc. II, 322.
308 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 309

le calzabraghe e delle casacche citate; i supporti erano di «acciaro in- ben ventotto barde e quattro gualdrappe dipinte227. Con ogni buona
dorato» e di acciaio bianco, e tutte erano corredate di «staffe, et guar- probabilità la ricerca deve evidentemente orientarsi all’interno del-
niment[i] del medesimo»223. le corporazioni dei pittori come per quei corredi in tessuto, di cui ab-
Alcuni dei dipinti del Palazzo Farnese a Caprarola eseguiti tra il bonda il nostro inventario, bisogna scrutare le corporazioni dei rica-
1563 e il 1565 da Taddeo Zuccari, nella Sala dei fasti farnesiani, nel matori e/o apparatori per ritrovare notizie circostanziate. Qualche
celebrare fatti d’arme, trattati, investiture e ambascerie, dispiegano labile ipotesi può essere fatta nel caso della citazione della «sella
sulle pareti il maggior lusso che in quegli anni si potesse vedere nel- mantuana de velluto negro»228 della quale non è segnalato il mate-
le corti italiane. Nei riquadri con Francesco I riceve solennemente a riale di supporto e degli arcioni; poteva forse trattarsi di una sella
Parigi nel 1540 Carlo V, Il Cardinal Alessandro Farnese si incontra dipinta a Mantova dove Giulio Romano e la sua equipe dal 1524 ave-
nel 1544 a Worms con Carlo V e Ferdinando d’Austria, e Paolo III vano inaugurato queste lavorazioni per i Gonzaga delle quali resta
presenzia a Nizza nel 1538 alla riconciliazione e al patto di alleanza memoria negli antichi inventari imperiali229.
tra Carlo V e Francesco I, i grandi della storia sfoggiano abiti e ca- Il nostro inventario segnala diverse selle di velluto, bianche con
valli bardati di straordinaria ricchezza. Nella scena della riconcilia- gli arcioni dipinti, di velluto pardo (marrone), di morado, de carmessi,
zione tra Carlo V e Francesco I i due cavalli in primo piano, uno di azzurro, e nero, tutte con frange d’oro alcune con gli arcioni indora-
profilo e l’altro visto dal retro, inquadrano la scena; il primo a sini- ti, qualcuna di queste ricamata o ripontata230. Le citazioni potrebbe-
stra, ammantato di una bianca gualdrappa e con la sella dorata con ro trovare un confronto con alcuni esemplari superstiti, emersi dal-
smalti e cammei, prende addirittura un terzo dello spazio. L’altro re- le cantine del Palazzo d’Avalos a Vasto, datate tra la fine del
ca finimenti simili arricchiti da perle, che rimandano alla «corda ala Cinquecento e i primi anni del Seicento, datazione che potrebbe an-
ginetta lavorata de seta negra, et perle» del nostro inventario224. che contenersi entro la fine del Cinquecento per il disegno dei rica-
La lavorazione a Napoli delle armature non è sufficientemente do- mi che mostrano stringenti affinità con le selle in acciaio a decora-
cumentata sebbene la toponomastica segnali una strada della Sellaria, zioni ageminate, in oro su acciaio, di manifattura milanese231.
già via Toscana nel Medioevo, come tra le più importanti dell’età vi- Un apparato da cavallo vero e proprio trionfo di materiali di straor-
cereale, divenuta poi dei Gepponari e, infine, a metà del XVI, defi- dinaria fattura, probabilmente donato dalla città di Palermo al vicerè
nitivamente detta della Sellaria proprio per la presenza di quelle Marcantonio Colonna in occasione del suo sbarco nel capoluogo sicilia-
maestranze addette alla lavorazione dei finimenti dei cavalli225. no nel 1577 dopo la battaglia di Lepanto, conservato alla Galleria
Sfuggono inoltre informazioni sulle maestranze che si adoprarono, Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis, ci consente di entrare in di-
nella costruzione e decoro delle selle e rotelle da parata dipinte. Tali retto contatto con la ricchezza delle produzioni meridionali232. Argento
lavorazioni erano diffuse in varie città italiane, e frequentemente ve-
–––––––
devano il coinvolgendo pittori affermati, come Polidoro da Caravaggio, 227
Cfr. DE CASTRIS 2001, 206, 210 nota 20 con la bibliografia relativa agli inven-
presente a Napoli, proveniente da Roma, almeno dal 1523226. A con- tari. Cfr. GODOY - LEYDI 2003, 493-6, schede 91-5. La barda è l’armatura completa
ferma di questa attività specialistica resta memoria negli inventari del cavallo.
dell’armeria di Carlo V dove si segnala la provenienza da Napoli di 228
A.S.na., Inventario, f. 23, 24, 24v, 25 dove sono «tre selle de coyro negro ala fran-
cesa», 37, 37v «quattro selle de donna vechie coperte de panno» 38v, 54v, e una di
––––––– velluto nero, donata «al Prencipe de Bisignano per ordine de sua ex.tia».
223
A.S.na., Inventario, f. 23. 229
Alcune di queste provenienti dalla collezione del conte di Arundel furono ac-
224
A.S.na., Inventario, f. 36; FALDI 1981, 172-3. quistate a Mantova nel 1613; DE CASTRIS 2001, 200, 210 nota 10, con i riferimenti bi-
225
Cfr., DORIA 1982, 440, 461, che segnala anche una via nuova degli Armieri in bliografici.
cui la presenza degli armaiuoli è controversa o comunque sparita dalla fine del 230
A.S.na., Inventario, ff. 24v.
Cinquecento se Giovan Battista Del Tufo segnala in quella via la presenza di nu- 231
Cfr. GODOY - LEYDI 2003, passim.
merose botteghe di negozianti di stoffe; cfr. DEL TUFO 2007, 279, IV 1119, 1620. 232
Cfr., ACCASCINA 1931; Elvira D’Amico, in ABBATE 2001, 115-6, e Idem, in DI
226
Cfr., LEONE DE CASTRIS 2001, 197. NATALE 2001, 375-7.
310 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 311

sbalzato e dorato, smalti dipinti, e perle, per le staffe, velluto ricamato Come s’è detto in apertura del saggio il monumento funerario di
in oro e argento sbalzato per la sella e la gualdrappa, in una esibizione Giovanni da Nola eseguito in collaborazione con Annibale Caccavello
di molteplici tecniche e di sgargianti colori di grande effetto materico per e Giovan Domenico D’Auria, oggi nel coro della chiesa di San Giacomo
un apparato araldico e mitologico dal complesso valore simbolico233. Oggetti degli Spagnoli a Napoli, può dirsi una vera e propria sintesi dell’ideo-
simili per la preziosità si ritrovano tra i beni del vicerè, accompagnati da logia estetica ed etica del vicerè. L’indagine sul progetto iconografi-
altri di maggiore resistenza e praticità. È il caso delle «nove selle da ca- co può contribuire a definire l’immagine che il vicerè volle traman-
vallo de armare guarnite tutte de velluto deli sei colori dele casache, et dare ai posteri235.
del medesimo lavore ut sa. nominati» come delle quattro, «due de accia- Brevemente la storia. A partire dal 1540 fu dato inizio alla co-
ro indorato, una guarnita de velluto rosso, et l’altra de velluto negro, due struzione della chiesa di San Giacomo degli Spagnoli, commissiona-
de acciaro bianco, l’una de velluto torchino, et l’altra de velluto ranciato, ta all’architetto Ferdinando Manlio. Era il primo intervento di un più
tutte con le staffe, et guarnimento del medesimo, et cegne»234. ampio complesso architettonico completato con la costruzione di un
ospedale destinato agli spagnoli residenti in Napoli236. Probabilmente
negli stessi anni fu commissionato a Giovanni da Nola il monumen-
18. Giovanni da Nola e il Monumento funebre per Don Pedro de Toledo
to funebre, da trasportare poi in Spagna, come era già accaduto per
e Maria Ossorio Pimentel
il grandioso complesso per Raimondo de Cardona scolpito dallo stes-
so Giovanni da Nola e poi trasportato a Bellpuig in Catalogna237. Don
Pedro morì a Firenze dove fu sepolto238; sette anni più tardi il figlio
Don Garcia volle far completare il monumento e alloggiarlo nella
chiesa ormai finita239. L’epigrafe collocata sul fronte del monumento
reca, infatti, la data del 1570. La guida del De Stefano, del 1560, non
ricorda il monumento nella descrizione della chiesa di San Giacomo
degli Spagnoli240. A queste testimonianze dirette si aggiunge il so-
netto del Tansillo, uno dei due che ricordano lo scultore nolano, de-
dicato come tanti altri al vicerè, in cui i tre personaggi originari di
Nola, il poeta stesso, Girolamo Albertini e Giovanni da Nola, sono
contestualmente citati per le opere che immortaleranno Don Pedro:
Se non può Nola ergervi altari e tempii,
et a voi rinnovar l’antica usanza,

–––––––
235
Per il monumento, sul quale non esiste ancora uno studio approfondito che ne
Giovan Angelo da Montorsoli (?), Progetto per il sepolcro di Don Pedro de Toledo
in San Giacomo degli Spagnoli a Napoli, penna su carta, Madrid Biblioteca Nacional, scandisce la cronologia, cfr., per l’apparato fotografico, MIDDIONE 2004, 99-124; ABBATE
B16-49, f. 104r. Iscrizione al margine: Disegno del Mausoleo de P. Rosso (Villafranca 1992, 251-8, POESCHKE 1992, 162, cat. nn. 166-7, NALDI 2003, 489, nota 72. Per l’ap-
(marc. de) en Santiago e Napoles: nel riquadro al centro: Storia di pozolo parato iconografico, cfr. KUHLEMANN 2002, 83-101.
236
HERNANDO SÁNCHEZ 1988, 465-6.
––––––– 237
VASARI 1991, 25. Dove è anche riferito che i marmi di Carrara per la tomba «fu-
233
Cfr., FAGIOLO-MADONNA 1981, 38. Una magnifica barda su supporto tessile do- rono donati e condotti a Napoli dallo illustrissimo et eccellentissimo Signore Cosmo
nata a Carlo Emanuele I, duca di Savoia, da Filippo III di Spagna nel 1603, ma di de’ Medici Duca di Fiorenza» Per il sepolcro di Belpuig, cfr. YEGUAS I GASSO 2005.
fattura più antica, 1585 ca, è all’Armeria Reale di Madrid; cfr. GODOY - LEYDI 2003, 238
Cfr. MICCIO 1846, 86.
324-59, 488-90. 239
Cfr. CROCE 1894, 122.
234
A.S.na., Inventario, f. 23. 240
DE STEFANO 1560, 56.
312 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 313

col valor di tre figli ella ha speranza Un disegno conservato alla Biblioteca Nazionale di Madrid nel tac-
di sacrarvi oggi a più lontani tempi. cuino di Giovan Vincenzo Casale, allievo di Giovan Angelo da Mon-
L’un fa dal ferro altrui stampar gli esempi, torsoli, arricchisce le nostre conoscenze ma allo stesso tempo rende
sopr’ or, de la real vostra sembianza, ancor più problematiche le già complesse vicende attributive, sebbe-
e vuol, quand’ogni età, ch’al mondo avanza, ne fornisca indicazioni sulla possibile data di committenza244. Il di-
la fama udrà, che il volto ancor contempi. segno, incollato dietro un foglio con la planimetria di villa Doria a
L’altro qual cera tratta il marmo, e dàlli Fassolo, forse di mano di Perin del Vaga databile agli inizi degli an-
di sua man forma, e, con stupor de l’arte, ni ’30 del Cinquecento, è un progetto di massima per la tomba del
de’ vostri illustri onor l’orna ed intaglia. Vicerè sul cui fronte compare, nel riquadro centrale l’indicazione del
Io, ch’eternar con marmi e con metalli bassorilievo che si doveva collocare, storia di Pozolo, si tratta quindi
non vi posso, vi onoro con le carte, di uno schizzo databile non prima del 1544 anno dell’incursione del
e, se non l’opra, il buon voler mi vaglia241. Barbarossa a Pozzuoli e della famosa impresa di Don Pedro245. Lo
Il poeta ricorda nei versi l’Albertino già nella sua funzione pub- schizzo nel suo complesso trova elementi di confronto con il monu-
blica, maestro razionale della Zecca, pertanto l’inizio dei lavori non mento funebre così come oggi si può ammirare, ne differisce nell’idea
può essere collocato prima del 1539. Non si conoscono altre opere di generale orientata a realizzare un fronte dal profilo simile a quello
Giovanni da Nola commissionate dal vicerè. Se il sonetto non deve di una nave. Di questa idea resta il segno nelle mensole sulle quali
leggersi solo come auspicio e/o suggerimento, è a questa data che po- poggiano le Virtù e nei panneggi agitati dal vento delle vesti delle
trebbe porsi almeno la commissione, sebbene la collaborazione con bellissime donne di cui si dirà più avanti. Potrebbe trattarsi di un
gli scultori Annibale Caccavello e Giovan Domenico D’Auria con il disegno di Giovan Angelo da Montorsoli, lo scultore noto a Napoli per
Merliano, documentata solo dal 1547, porta a spostare in avanti l’ese- aver realizzato la tomba di Iacopo Sannazzaro in Santa Maria del
cuzione del lavoro242. D’altra parte il rilievo con il contrattacco sfer- Parto, presente in città nel 1536, ma già in contatto con l’ambiente
rato al corsaro Barbarossa è episodio del 1544 il che sembrerebbe imperiale a Messina per l’ingresso di Carlo V, e poi di ritorno a Napoli
confermare la possibilità di una datazione da collocarsi non prima nel 1547246. Il consenso riscosso presso i primi committenti napole-
della seconda metà degli anni quaranta243. tani e l’attività nell’orbita imperiale potrebbe aver spinto Don Pedro
a rivolgersi a lui per la realizzazione di alcune sculture per la sua
villa di Pozzuoli, citate nel nostro inventario come provenienti da
––––––– Genova, città dove il Montorsoli lavorò al servizio di Andrea Doria
241
TANSILLO Luigi, Il Canzoniere, Sonetto CLXI, Al medesimo: che tre nolani
(l’Albertino, il Miriliano ed il T.) lo immortaleranno nel metallo, nel marmo, nei versi.
dal 1539 al 1545, e forse anche per il monumento funebre247. In più
242
Un documento notarile del 1547 rende noto il sodalizio dei tre scultori in occa- occasioni la corte medicea si era posta come intermediaria tra il vi-
sione della commissione del sepolcro di Colantonio Caracciolo; cfr. CACCAVELLO 1896, cerè e gli artisti fiorentini e il Montorsoli, proveniente dall’alunnato
LXXXIX-LXXX, e NALDI 2007, 17, 23 n. 53, 62, 71 n. 9. La collaborazione tra i tre michelangiolesco e attento “restauratore” di sculture antiche, si pre-
scultori per il monumento è avallata più dalla tradizione che da accertamenti docu-
mentari e dalla supposizione che lo scultore nolano in tarda età fosse sempre coa- –––––––
diuvato da collaboratori. Inoltre non compare tra le commissioni annotate da Annibale 244
Il taccuino è conservato alla Biblioteca Nacional di Madrid, B16-49, f. 100r. Cfr.
Caccavello nel suo Diario, redatto per gli anni 1540-1547; cfr. CACCAVELLO 1896 e LANZARINI 1998/99.
KUHLEMANN 2002, 87. 245
Cfr., LANZARINI 1998/99, 185, 188-9. Giovan Vincenzo Casale fu a Napoli ripe-
243
Ritengo possibile una lavorazione protrattasi nel corso degli anni che andreb- tute volte al servizio di Orazio de Lannoy e poi a Capua dove realizzò il ripristino
be a giustificare anche il contributo degli scultori afferenti la bottega del Merliano; della navigabilità del Volturno; cfr., DI RESTA 1985, 49, 60.
cfr. NALDI 2007, 68, 99, 106 n. 38, dove si confronta il rilievo con la Conversione di 246
Cfr. Birgit Lasche in POESCHKE -KUSCH -WEIGEL 2002, 61-81.
San Paolo di Giovan Domenico D’Auria in Santa Maria delle Grazie a Caponapoli 247
Cfr., BOCCARDO 1989; il Montorsoli da Genova venne a Napoli tra il 1540 e il
con il rilievo Il vicerè accoglie Carlo V presso porta Capuana. ‘43 per completare la tomba del Sannazzaro.
314 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 315

sentava con credenziali sufficienti per assolvere alle necessità di ag- mantello. Sul capo un elegante elmo piumato che ai lati prende le
giornamento dell’ambiente napoletano248. forme del nautilus e si chiude sulla fronte con la testa di leone. Sulla
Il monumento, di notevoli dimensioni e d’inusuale struttura ar- falda due delfini. La Temperanza nuda nel busto e coperta dalla cin-
chitettonica249, si presenta a pianta centrale quadrata costituita da tola in giù da un peplo appena fermato in vita da una cintura orna-
un basamento a due gradini sui quali si erge un ampio altare dove ta solo nelle fibbie con due rosette, reca nella mano sinistra il fuoco,
trovano posto due inginocchiatoi ad anfora, contrassegnati sul fron- e con la destra una briglia. La Prudenza si presenta semplicemente
te dai rispettivi stemmi dei due personaggi: inginocchiati in preghiera come una donna in atteggiamento di modestia, raccolta in se, quasi
sono, a sinistra di chi guarda, Don Pedro, e a destra la moglie don- a volersi ben scrutare nel suo intimo (atteggiamento solitamente
na Maria Ossorio Pimentel250. La decorazione che investe il complesso esemplificato con lo specchio), con il capo coperto ma senza i segni
in ogni sua parte può riassumersi in quattro differenti temi: caratteristici quali il serpente e appunto lo specchio; ma per quanto
1. l’ornamento, festoni e decorazioni architettoniche; gli attributi siano mancanti la congiunzione, a tergo del monumen-
2. episodi della vita di Don Pedro (i tre rilievi in alzato); to, con la la Giustizia, indirizza l’interpretazione verso la personifi-
3. Allegorie (virtù con i richiami nella predella degli esempi storico- cazione delle virtù morali dell’uomo sociale di Aristotele nella lettu-
mitologici); ra della Politica data da San Tommaso d’Aquino251. La Giustizia ve-
4. Epigrafe. stita all’antica con chitone e mantello, che si gonfia quasi si espo-
Il basamento è adorno di un ricco festone di fiori e frutti, sorretto nesse al vento della tolda di una nave, reca il globo nella mano sini-
agli angoli da busti femminili (forse delle sirene o addirittura stra e con la destra appoggiata sulla fronte indica la corona che le
Partenope la mitica personificazione della città di Napoli) e in due cinge il capo quasi a segnalare la sua sovranità sulle altre virtù252. Il
punti mediani da teste di Medusa, quasi un ornamento effimero che modellato delle figure rivestite di veli sottili che le scoprono intera-
in buona misura rimanda agli apparati trionfali antichi rivisitati in mente, appaiono mutuate dalla scultura antica. È probabile, come
chiave moderna. Agli angoli le quattro Virtù cardinali: Giustizia, suggerisce Kuhlemann che Giovanni da Nola e la sua cerchia aves-
Prudenza, Temperanza e Fortezza, quattro bellissime donne dal viso sero diretta conoscenza delle collezioni presenti a Napoli e in parti-
classico diversamente abbigliate ma non tutte con gli attributi ico- colare quella di Diomede Carafa dove si conservava la maestosa Venere
nografici propri. Sul fronte anteriore la Temperanza e la Fortezza; a pudica, citata da Goethe, poi acquisita dai Musei vaticani253.
tergo la Prudenza e la Giustizia. Il tema imperante, sebbene tutto da scoprire e di non immediata
La Fortezza veste la lorica con le spalline a testa di leone, coperta visibilità, è quello della Giustizia; la predella del basamento nella
da un lungo mantello appuntato sulla spalla destra con una fibula; parte piana rivela molti rilievi dedicati ad esempi antichi di giusti-
al centro tra i seni, unica guarnizione, è una fibula con la testa di zia. I dodici medaglioni si presentano quindi come spiegazioni e de-
Medusa. La lorica assume tratti di eleganza femminile per la cintu- clinazioni delle Virtù con ogni buona probabilità ispirate, forse an-
ra legata sotto il seno alla quale si annodano i lembi di un secondo
–––––––
251
Cfr. D’AQUINO 1996, 62. Kuhlemann suggerisce viceversa che la personificazio-
––––––– ne debba intendersi come Giustizia divina rivolta ad indirizzare quella terrena del
248
Cfr. LASCHKE 2002, 61-81. Per i restauri del laocoonte, cfr. REBAUDO 2007. vicerè; cfr. KUHLEMANN 2002, 94-5.
249
PANOFSKY 1964. 252
Anche in questo caso gli attributi iconografici si riducono al globo, raro, sosti-
250
Riccardo Naldi segnala le affinità della struttura, epigrafe affiancata degli stem- tuito alla bilancia e/o alla spada. È possibile che in questo caso indichi il dominio sul
mi e telamoni, dei due sepolcri di Annabale Caccavello per Odet de Foix e Pedro di mondo e che quindi rimandi come accade nel ciclo di Ercole all’impero di Carlo V.
Navarro in Santa Maria la Nova databili agli anni cinquanta del Cinquecento, e al 253
Cfr. KUHLEMANN 2002, 95-6. GOETHE, 1980, 563-6, 601 nota. Goethe incontra a
sepolcro di Colantonio Caracciolo in San Giovanni a Carbonara per il quale entraro- Roma l’antiquario Antonio Rega che portava una scultura, Danzatrice o Musa, che
no in società i tre scultori Annabale Caccavello, Giovanni da Nola e Giovan Domenico egli ricorda di aver visto nel cortile di Palazzo Carafa. Per la collezione Carafa, cfr.
D’Auria, databile alla fine degli anni Quaranta; cfr. NALDI 2007, 62. in sintesi, IASIELLO 2003, 110-18.
316 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 317

che nello schema compositivo, al testo che riscosse durante il di contorno sono elementi foliacei intercalati ad emblemi quali il ser-
Rinascimento un indiscusso successo i Factorum et dictorum memo- pente attorcigliato ad un albero fiorito, simbolo di fertilità e forse del
rabilium libri di Valerio Massimo, testo peraltro presente in due dif- rinnovamento della vita, e da un’erma incrociata a due fiaccole e fe-
ferenti edizioni, nella biblioteca di Don Pedro254. stoni vegetali, allusione alla sacralità delle nozze.

Giovanni da Nola, Il Silenzio, (a1) particolare della predella


del monumento funerario in San Giacomo degli Spagnoli a Napoli
Sintesi dell’iconografia del monumento
I soggetti illustrati sono, da sinistra di chi guarda:
Quello anteriore (a), sul fronte dove sono inginocchiati Don Pedro a1. un uomo, abbigliato all’antica con un mantello che lo ricopre
e la moglie, in ovali e quadrangoli, che nell’impaginazione ricorda- interamente e lascia intravedere una camicia di foggia cinquecente-
no assai da vicino le incisioni dell’Emblemata di Andrea Alciato sca, siede nel suo studiolo e rivolge il capo all’indietro per scrutare
nell’edizione augustana del 1531255, propone tre rilievi. Gli ornamenti le pagine di un libro aperto su un leggio che si completa in un ap-
poggio a forma di testa umana, forse una maschera. L’ambiente è ric-
––––––– co di libri, quasi un rimando alla biblioteca toledana, disposti sopra
254
A.S.na., Inventario, f. 31, A.S.ma., Inventarium, f. 22, 22v; cfr. NICOLINI 1946/47, e sotto il tavolo e appoggiati ad esso; una clessidra, simbolo della
257. Si trattava della traduzione in spagnolo del testo curata nel 1495 da Ugo de Morte e/o del Tempo, si erge sul tavolo. Potrebbe trattarsi di un’al-
Urries e quella del 1487 da Diego Rodriguez de Almella; in HERNANDO SÁNCHEZ 1988,
non è menzionato. Sulla diffusione del testo nel Rinascimento, cfr. GUERRINI 1981 e
lusione alla vita meditativa o forse al Silenzio, componente essen-
GUERRINI 1985, 45-93. ziale dell’impegno intellettuale, secondo la versione dell’Alciato, seb-
255
Le edizioni dell’Emblemata sono numerosissime solo nel secolo XVI, dal 1534 bene la figura, rivolta con il capo verso il retro non rechi il dito sul
al 1584 (cfr. sito della Memorial University di Newfoundland and Labrador in naso segno appunto del silenzio. Le fattezze della figura sembrano
Canada) e ancora del XVII secolo; le edizione presentano differenti illustrazioni in- ricordare quelle di Don Pedro. I diversi elementi presenti nel rilievo
cise relative ai versi che l’accompagnano; è assai difficile fare ipotesi circa le co-
e l’allusione alla vita meditativa, potrebbero indicare le differenti
noscenze dello scultore dei testi su citati; di certo lo schema della predella ed al-
cune figurazioni mostrano qualche affinità. virtù del committente che incrociò l’esercizio del potere, con gli inte-
318 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 319

ressi intellettuali, specificamente maturati a Napoli; l’atteggiamen- Sui lati b e c i temi trattati nei bassorilievi sono episodi storici
to meditativo e l’interesse per la conoscenza potrebbero leggersi co- esemplari in tema di giustizia. Nel primo ricorrono:
me lo scrutare il vero del De officiis, qualità a supporto della pratica b.1 La Giustizia di Ottone III (980-1002): una donna reca nella ma-
politico-ammministrativa256. no destra una testa decapitata, quella del marito, e ritrae la sinistra
a2. Una donna con un rocchetto tra le mani è intenta a filare, ai da una sbarra rovente sostenuta da un soldato. La storia è nota: la
suoi piedi gli strumenti del lavoro, un arcolaio e un cesto ricolmo di moglie dell’imperatore accusò un conte di averla insidiata, quest’ul-
gomitoli di filato. Potrebbe trattarsi di un’allusione alle Ore, o più timo fu condannato a morte. La contessa raccolse la testa del mari-
genericamente allo scorrere del tempo e quindi ad una delle tre to e, per dimostrarne l’innocenza, si sottopose alla prova del fuoco
Parche257. che risultò a suo favore. Ottone, riconosciuta l’innocenza del conte,
Le due figure, quella maschile e quella femminile, esprimono una mandò al rogo l’imperatrice260.
quieta serenità determinata dall’applicazione al proprio lavoro, qua-
si segno della Temperanza virtù che s’incrocia con la Fortezza, en-
trambe presenti ai due angoli dell’alto basamento.
a3. In quest’ultimo, un uomo è intento al lavoro nei campi e batte
con una pertica il frumento ai suoi piedi. Sullo sfondo si scorgono un
albero e i merli di una torre; in secondo piano, a sinistra delle otri
piene e, a destra delle brocche una delle quali per il coperchio a for-
ma di testa umana quasi un canopo. Il paesaggio potrebbe alludere
ai Campi Elisi, su cui impera Crono, e al Palazzo di Ade, con la fon-
te della Memoria sintetizzata dalle brocche, luogo di gioia dove splen-
de perpetuo il giorno. Un concreto riferimento allo scorrere del
Tempo258. Fanno da corona, nelle cornici rettilinee, rami d’olivo e fe-
stoni d’alloro chiara allusione alla virtù e tre erme bifronte simbolo
della Prudenza, attributo tra i più essenziali al governante259.

–––––––
256
I versi dell’Emblemata che definiscono il Silenzio nella traduzione in italiano
Giovanni da Nola, Camillo e il maestro dei Falerii, (b1) particolare
del 1551 recitano: Mentre sta queto e tien la bocca chiusa,/ Non è dal savio differen- della predella del monumento funerario in San Giacomo degli Spagnoli a Napoli
te il matto;/Perche la lingua lui medesmo accusa,/Ch’è; de la sua pazzia vero ritrat-
to./Onde a coprir la mente in lui confusa/Impari da l’esempio qui ritratto./Tenga chiu-
b 2-3 Il secondo e il terzo rilievo sembrano riferirsi allo stesso te-
se le labra, e stretti i denti,/Et un novello Harpocrate diventi. Emblema XI.
257
Cfr. HALL 1983, 399-400, ma soprattutto GUERRINI 1985, 55-6. ma, svolto in una breve sequenza; si tratta dell’episodio narrato da
258
Per l’attività a cui è impegnato l’uomo maturo, si potrebbe anche pensare ad una Plutarco, Livio e Valerio Massimo di Camillo e il maestro di Falerii.
rappresentazione della «fase tecnologica» della civiltà umana, così come presentata da Il generale romano Camillo in assedio alla città di Falerii, punì il tra-
Vitruvio «e numerosi suoi seguaci rinascimentali», sebbene l’evolversi delle capacità sem- dimento di maestro di scuola che voleva consegnargli i suoi alunni
bra qui essere in pieno avanzamento per la presenza della costruzione in tutto compiu-
ta sullo sfondo; cfr. PANOFSKY 1999, 55; l’osservazione viene fuori dall’esame dei disegni –––––––
e delle incisioni del Trattato d’architettura del Filarete (1470) e del Vitruvius (1547) che 260
HALL 1983, 221; il tema fu trattato in un dittico di Dirk Bouts (Haarlem 1410
Panofsky presenta a sostegno dell’analisi del dipinto di Piero di Cosimo Vulcano ed Eolo ca. - Lovanio 1475), La giustizia dell’imperatore Ottone, Il supplizio del conte inno-
maestri di umanità, dove gli edifici sono costruiti con tronchi d’albero appena sbozzati, cente (ca. 1473-1475) commissionato nel 1468 da un magistrato per l’hôtel de ville di
cfr. PANOFSKY 1999, figg. 20-23; cfr. HALL 1983, 387-8 e GRAVES 1983, 197, 31c. Lovanio è oggi conservato Musées royaux des Beaux-Arts de Belgique di Bruxelles
259
Cfr. HALL 1983, 391. (invv. 1447-1448); cfr. http://www.opac-fabritius.be/fr/F_database.htm.
320 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 321

come ostaggi. Nel primo dei due rilievi un ragazzo è offerto ai solda-
ti romani, nel secondo un uomo ignudo, trattenuto da un giovane,
per punizione è bastonato261.
Lato c 1-2-3
Forse in questi tre bassorilievi suddivisi nelle fasce mediane da
clessidre, simbolo del tempo e della Vanitas, e da putti alati che ver-
sano acqua in vasi, probabile allusione alla fonte della conoscenza,
sono ricordati tre episodi esemplari relativi alla giustizia di Alessandro,
forse Alessandro e Timoclea, nel primo bassorilievo e la Rinuncia al
bottino di conquista (Plutarco 15, p. 67), nel secondo, dove un solda-
to a piedi conduce per le briglie un cavallo; sullo sfondo due uomini
in catene, in primo piano scudi, vasi ed altri oggetti militari. Nel ter-
zo rilievo un vecchio accoglie due ragazzi in catene a lui condotti da
un soldato, soggetto assai generico e di difficile lettura262.
Il quarto lato (d) è infine dedicato ad Ercole tema che non poteva
essere trascurato poiché a questa data che «l’icona simbolica di Ercole
Giovanni da Nola, Ercole e Atlante, (d1) particolare della predella
è luogo comune diffuso in tutta Europa, proprio come emblema del del monumento funerario in San Giacomo degli Spagnoli a Napoli
moderno principe»263. I tre rilievi ricordano due delle dodici fatiche e
un episodio poco consueto, almeno nell’iconografia rinascimentale, quella che caratterizza il secondo rilievo con Ercole e il leone di Nemea.
ovvero l’Uccisione di Ergino. Si tratta in ogni caso di un omaggio alla gloria dell’imperatore di
1d. Ercole/Atlante regge il globo terrestre; il rilievo fa riferimento Spagna. Se la figura maschile dovesse identificarsi in Ercole andrebbe
al noto episodio dell’undicesima fatica, quando Ercole si recò nel giar- letta come omaggio al vicerè che su delega imperiale regge il gran
dino delle Esperidi per raccogliere i pomi d’oro da portare ad Euristeo. peso dello stato265. È il Tansillo a suggerire quest’ipotesi sintetizzata
Nereo aveva consigliato ad Ercole di non cogliere le mele con le pro- nei versi:
prie mani ma di servirsi di Atlante alleggerendolo nel frattempo Al Gran Toledo, che sostien di Carlo
dell’enorme peso che gravava sulle sue spalle264. È possibile quindi Il gran mondo, com’Ercole di Atlante
individuare nella figura, possente e barbuta, curva sotto il gran pe- E’l mio Signor del ponderose Regno
so, Atlante o lo stesso Ercole sebbene la fisionomia sia diversa da Riposa sopra voi le maggior some
E riposar le sue vi puote Atlante266
–––––––
261
Cfr. HALL 1983, 170-1. Il tema fu trattato da Plutarco (Vita di Camillo, X), Tito 2d. Ercole e il Leone Nemeo prima delle fatiche dell’eroe qui co-
Livio (v, 27) et Valerio Massimo; si ritrova in due dipinti di Nicolas Poussin (Les perto dalla pelle di leone nella ben nota iconografia diffusissima an-
Andelys, 1594 - Roma, 1665), l’uno, del 1637, conservato al Museo del Louvre a Parigi
che su tanti oggetti d’arte e, tra questi, sulle armature da parata267.
(inv. 7291) e l’altro alla The Norton Simon Foundation di Pasadena (inv. F. 1970.14.P).
cfr., anche KUHLEMANN 2002, 96-7.
3d. L’Uccisione di Ergino. La scena si presenta nella configurazio-
262
Kuhlemann suggerisce potersi trattare anche di episodi della vita di Temistocle, ne piuttosto generica: due guerrieri l’uno di profilo e l’altro di spal-
il leader politico, capace di trasformare Atene da piccola città agricola in impero ma- –––––––
rinaro, figura di sicuro interesse per Don Pedro. Cfr. PLUTARCO 1983 e KUHLEMANN 265
Cfr. QUONDAM 2003, 155-208 dove è esaminata la letteratura rinascimentale
2002, 96-7. che adotta e sviluppa il mito d’Ercole.
263
Cfr. QUONDAM 2003, 115. 266
TANSILLO 1782, 229.
264
GRAVES 1983, 467. 267
QUONDAM 2003, 19-21.
322 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 323

le, si allontanano da un uomo ripiegato a terra ferito o morto. Si trat- Il quarto lato accoglie l’epigrafe stretta tra i due stemmi:
ta probabilmente di un’allusione all’astuzia di Ercole che con un pu-
PETRUS TOLETUS/ FRIDERICI DUCI ALVAE FILIUS/MARCHIO VILLAE
gno di uomini tese un’imboscata ai Mini costringendoli alla resa268.
FRANCHE REG. NEAP. PROREX/TURCAR HOSTIUMQ OMNIUM’ SPE SO-
Separano i tre medaglioni figurati due differenti emblemi: le cla-
BLATA/RESTITUTA IUSTITIA. URBA. MOENIUS ARCE, FOROQ/AUCTA MU-
ve incrociate sormontate dalla pelle di leone e l’Idra di Lerna ben
NITA, & EXORNATA DENIQ TOTO REG. DIU ITIJS/ET HILARI SECURITA-
identificabile dalle fattezze del drago dalle molteplici teste.
TE REPLETO, MONUMENTUM/VIVENS IN ECCLESIA DOTATA/ET A FUN-
Sull’alto basamento che sostiene il vicerè e la viceregina inginoc-
DAMENTIS ERECTA PON. MAN/VIX AN LXXIII REXIT XXIOB
chiati su tre lati sono i rilievi, di bellissima fattura che passa dallo
MDLIII.VII.KSL.FEB./MARIAE OSORIO PIMENTAL CONIUGIS CLARIS IMA-
stiacciato all’altorilievo, con episodi della vita di Don Pedro: l’impre-
GO GARSIA REG. SICIL. PROREX/MARISQ.PRAESECTUS PARENTIBUS
sa del 1538 contro i Turchi ad Otranto, il saccheggio di Ugento e
OPT.P./MDLXX.
Castro e la fuga via mare dei nemici269, Il vicerè accoglie Carlo V pres-
so porta Capuana in Napoli al ritorno dalla spedizione a Tunisi e l’im- Negli angoli, erme/telamoni sorreggono l’architrave con metope e
presa contro il corsaro Barbarossa quando tentò di sbarcare a Pozzuoli. triglifi270.
In quest’ultimo rilievo il golfo di Pozzuoli, il Rione Terra, le isole di La realtà storica è riassunta nei tre episodi che esaltano le imprese
Ischia e Procida fanno da ampio sfondo all’appostamento delle trup- dell’imperatore e le strategie politiche militari spagnole in relazione
pe guidate da Don Pedro sulle colline che circondano la cittadina fle- all’impero ottomano alle quali lo stesso vicerè fece da supporto dal
grea. Il bassorilievo lascia ampio spazio al dettagliato paesaggio apren- Regno di Napoli.
dosi sul vasto giardino della residenza toledana della quale s‘intra- Illuminante per la comprensione del programma iconografico e per
vede la torre, affettuosa memoria della tanto amata proprietà. la strategia comunicativa adottata nel monumento è proprio il rilie-
vo con l’entrata di Carlo V271. Il corteo guidato dal vicerè, a piedi a
–––––––
fianco al suo cavallo, preceduto da un gruppo di giovinetti che suo-
268
Cfr. GRAVES 1983, 423. Si potrebbe però anche trattare dell’Uccisione di Cicno,
episodio della vita di Ercole in cui Cicno, figlio di Marte e Pirene, predatore delle of- nano le trombe, si snoda fuori Porta Capuana; Don Pedro veste la lo-
ferte portate dai pellegrini al tempio di Apollo a Delfi, fu ucciso da Ercole accompa- rica alla romana ed è seguito da numerosi capitani tutti in arme con
gnato dal fido Iolao. Questo episodio narrato da Apollodoro, Erodono e Igino trovò gli scudi, le alabarde e le insegne. Lo sfondo rimarca il corteo mili-
ampio spazio nell’iconografia rinascimentale diffuso attraverso il poemetto, attribuito tare dando maggiore profondità di campo alla folla di soldati attra-
ad Esiodo, ma in realtà di autore anonimo del VI secolo, Lo scudo di Ercole; cfr.
QUONDAM 2003, 116-7. Si tratta dell’episodio, sempre relativo all’undicesima fatica, –––––––
accaduto durante il percorso seguito da Ercole per raggiungere il giardino delle 270
L’architrave con le metope e i triglifi ha stringenti affinità formali e stilistiche
Esperidi; GRAVES 1983, 467. In tal caso l’ordine delle figurazioni dovrebbe essere 1, con quello già presente nell’altorilievo dei Prigioni che separava la parte superiore
Ercole e il leone Nemeo, 2. l’Uccisione di Cicno, 3. Ercole e Atlante, sebbene non sia con la lorica gli scudi e le lance del Trofeo della Rocca di Mondragone oggi al Museo
possibile pensare ad una errata collocazione dei rilievi essendo il basamento compo- Campano di Capua; cfr. NALDI 2007, 69, fig. 67.
sto di un’unica lastra marmorea. 271
Kuhlemann insinua l’ipotesi che il rilievo possa ricordare l’ingresso del Vicerè
269
A l’impresa partecipò anche Luigi Tansillo che accompagnò il vicerè a Castro, a Napoli nel 1532 piuttosto che quello di Carlo V, per l’assenza delle grandi scultu-
assalita e distrutta, nonostante sul mare fossero impegnate le galere comandate da re con Partenope e il Sebeto, all’ingresso della Porta Capuana, dell’apparato effime-
Don Garcia e Andrea Doria. ro preparato in suo onore, commissionato a Giovanni da Nola. Questo rilievo ha le
Quel cane ingordo, che, latrando, corse/da l’oriente a depredare il nido/de l’aqui- caratteristiche di memoria piuttosto allussiva all’avvenimento reale che di docu-
la vittrice, ed all’Aufido/non pur diede terror, ma al Tebro, forse;/quando rabbioso mentazione storica come si cerca di dimostrare nel testo. Cfr., KUHLEMANN 2002, 98-
il piè d’Italia morse,/del venir vostro a pena intese il grido, /signor, che l’onde del 100; l’autore stabilisce inoltre un legame tra questo e il più antico rilievo del Trionfo
calcato lido/gli sembrâr fiamma, e il piè timido torse./Di che fronda l’Ibero e il Tago, di Alfonso d’Aragona nell’arco di Castel Nuovo. Anche su questo sarei propensa a
chiaro/via più per voi che per l’arena d’auro,/coroneran vostre onorate chiome?/Quanti prendere le distanze per la differente intonazione tra i due bassorilievi. Nel primo
mai capi invitti onor di lauro/ebber dal Tebro, vinsero e fugaro/con l’arme l’avver- Don Pedro riveste il ruolo di condottiero, mentre Alfonso sulla carretta, elevato ri-
sari, e voi col nome. Cfr. TANSILLO 1996, 49. spetto al corteo è la personificazione del Principe.
324 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 325

verso le lance che si stagliano sulle mura della città. Nel gruppo si drate de raso rosso & con sai del ditto raso & barrete del medesimo
distingue una figura maschile di spalle, nuda nel busto e nelle gam- velluto» il che ci restituisce un’immagine di modernità, proprio per
be di fianco al cavallo senza sella rivolto ai soldati che lo seguono, il rimando alla foggia francese, seppure di abbigliamento omologato
evidente richiamo ai rilievi antichi ed ai più recenti affreschi dei al rango274. Lo stesso Don Pedro assente del tutto dalla cronaca del
Trionfi di Cesare del Mantegna, presto divenuto modello inegua- De Lega, dal Summonte fu ricordato vestito di velluto nero come Don
gliabile272. Il rilievo non ha solo un valore celebrativo astratto ma con Ferrante d’Aragona275. Il trionfo dell’imperatore viene ad assumere
la presenza di un piccolo e “sfumato” gruppo di popolani e gente co- nel bassorilievo le forme del trionfo all’antica sebbene da più parti
mune è ricordato il consenso delle masse attraverso l’ampia parteci- l’evento sia narrato con numerosi particolari che illustrano un abbi-
pazione. D’altra parte l’entrata dell’imperatore a Napoli oltre a ri- gliamento e dei comportamenti di tutt’altro genere276.
chiamare l’attenzione sul protagonista nella sua funzione politica, Ogni dettaglio nel sepolcro rende più esplicito il progetto comuni-
celebrava il suo ritorno da Tunisi dopo i successi conseguiti contro i cativo. La lorica di Don Pedro è simile a quella della Fortezza, se ne
turchi, ragione per porre l’attenzione sul suo ruolo di condottiero e differenzia per la conchiglia che pende dalla spallina e segnala l’ap-
soldato invitto. Confortati dalle numerose cronache coeve che minu- partenenza all’ordine di Santiago. Il modello non si discosta dalle ve-
ziosamente si dilungano sullo svolgersi dell’evento e diffusamente re armature da parata di manifattura italiana o tedesca, che attra-
sull’abbigliamento dei partecipanti per celebrarne la pompa e la ma- verso la più o meno complessa elaborazione degli elementi decorati-
gnificenza, possiamo confrontare la verità raccontata con quella re- vi contribuì a definire l’habitus del gentiluomo moderno; il rilievo as-
stituita dal rilievo273. In una di queste cronache, tra le tante a dispo- –––––––
sizione, la descrizione degli abiti di lusso è rimarcata con forza ed è 274
Cfr. DE LEGA 1535, 2, 2v. l’incisione del frontespizio rappresenta Carlo V a ca-
segnalata in apertura con queste parole: «Per il che a le diecenove vallo «… andava l’Imperatore vestito de velluto morato, e con uno cappello alla
hore del detto giorno prencipalmente si parti dala maggior chiesa Borgognona dello medesimo con lo suo tosone in petto,…» (ROSSO 1770, 117) e con
«una penna molto bella bianchissima» (SALAZAR 1909, 116). Per la cronaca del De
della città detta solenne generale & pomposa processione andando
Lega, cfr. TOSCANO 2002, 378 e ss.. Cfr. nota 215.
in contra a sua Maiesta per insino fuor la porta Capoana de detta 275
Cfr. CIRILLO MASTROCINQUE 1958, 11 e SUMMONTE ed. 1749. vol. V, 195. Spiega
citta: … la moltitudine de nobili & signalati Prencipi Duchi Conti Tobia R. Toscano che l’assenza del vicerè dalla cronaca del De Lega è una precisa vo-
Marchesi Baroni nobili & altri cittadini che uscirono ad incontra sua lontà dettata dall’intenzione di fare del trionfo di Carlo V il trionfo di Napoli senza
Ma. certo mi mancherebbe la lena taccio di nomarli havisitandove «incrinare l’atmosfera di idillio glorioso con una nota di realismo politico.»; inoltre
solo che furono infiniti tutti benissimo [in] ordine co varie & diverse l’apparato scenico per l’ingresso dell’imperatore era dettato dai due letterati napole-
tani, Marc’Antonio Epicureo e Bernardino Rota, che enfatizzarono l’offerta di fedeltà
belle libree de staffieri & paggi chi de velluto & chi de raso de varii
della città e della nobiltà napoletana, proprio nel momento in cui si tentava di ri-
colori secondo le loro imprese»; più avanti la descrizione si fa più det- muovere Don Pedro dal suo incarico, cfr. TOSCANO 2002, 383-5.
tagliata e i nobili di Seggio sono descritti «tutti sovra candidissimi 276
Le cronache descrivono diversamente le vesti; molte le fanno apparire di gran
cavalli & con robbe lunghe a la francese de velluto carmisino info- lusso con accessori d’oro e di perle, altre insistono sui colori scuri, divenuti poi, a tor-
to, un segno caratteristico dell’abbigliamento spagnolo (cfr. PASTOUREAU 2008, 100-5)
e così via. La verità forse non è ne l’una ne l’altra, sicuramente il lusso era determi-
––––––– nato dalla preziosità dei vari collari degli ordini cavallereschi e/o dalle spade dei ca-
272
«La campagna di Tunisi segnò il momento della idealizzazione classicista di valieri, dalle gioie sui cappelli, e da dettagli in tessuti con oro o argento ma soprat-
Carlo V, ma il valore simbolico dell’evento fu potenziato e amplificato dal ritorno in tutto dalle combinazioni dei vari tessuti e colori; molti di questi elementi erano segni
Italia»; cfr. VISCEGLIA 2001, 6. di appartenenza e segnalavano le gerarchie a secondo della combinazione, come il gial-
273
Cito solo quella del DE LEGA 1535, e rimando all’ampia bibliografia sulle cro- lo e rosso per i Portieri dei Seggi di Napoli oppure quelli degli Eletti della città «ve-
nache dell’ingresso di Carlo V in Napoli citate in MEGALE 2001, 593, nota 12; cfr. a stiti con robboni di velluto carmesino, scarpe, e barrettoni di velluto carmosino, calze
questo proposito anche CIRILLO MASTROCINQUE 1958, HERNANDO SÁNCHEZ 2001, 447- di scarlatto, e giopponi di raso carmosino». Cfr. ROSSO 1770, 117-9, dove sono segna-
521 passim, TOSCANO 2001 e VISCEGLIA 2001, 15-25; sugli apparati trionfali in onore lati i colori degli abiti di tutti gli organi cittadini. Cfr. anche, HERNANDO SÁNCHEZ 2001,
di Carlo V in Sicilia e a Napoli, cfr. anche, LEONE DE CASTRIS, 2001, 373-412. 515-21. L’argomento va sicuramente approfondito e mi riservo di ritornaci.
326 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 327

sume così i caratteri della raffinatezza orafa e attraverso la delica- che rende un sasso nudo via più caro
tezza del rilievo simula la damaschina e l’incisione. Il marmo resti- di quante gemme il mar tutto dar possa.
tuisce la foggia di un modello assai diffuso e si accosta alla lorica Ma assai più invidieran l’alta ventura
all’antica dell’imperatore Carlo V, oggi conservata presso l’Armeria del marmo, che le stelle destinaro
del Palazzo Reale di Madrid, realizzata nel 1546 da Bartolomeo da ad esser tomba di sì nobil’ossa!279
Pesaro in bronzo dorato e in damaschina d’oro e d’argento277. Il mor- Non è però del tutto da escludere l’ipotesi di un diretto interven-
rione con il vistoso pennacchio, che separa Don Pedro e la moglie in to dello stesso Tansillo nell’elaborazione del progetto iconografico. Lo
ginocchio, reca sull’elmo elementi foliacei e floreali non dissimili da suggerisce la rilettura del Discorso sopra la collana d’oro che la no-
quelli adottati da Eliseus Libaerts nell’armatura di Erik di Svezia bilissima città di Napoli dona allo Illus. don Garsia de Toledo con-
tanto da spingerci a frugare più a fondo tra il corredo del vicerè al tenuto ne I sonetti […] per la presa d’Africa, del 1551, dedicato a
fine di ritrovare indizi che ci inducano a supporre possedesse ogget- Gonzalo Fernandez de Cordova duca di Sessa280. Il “discorso” è un ve-
ti di tale manifattura. ro e proprio progetto, ricco di raccomandazioni e suggerimenti per
Infine dopo aver messo in campo tanti argomenti con la tensione l’esecuzione del lavoro, indirizzato a Marco Andrea Dancora, à M.
di ricercare un programma iconografico elaborato per tramandare Hannibal Dancora, et M. Lorenzo de Lorenzi Orefici Eccellentiss., gli
un’immagine del vicerè rispondente a quella forma del vivere (etica orafi che si erano rivolti a lui affinché trovasse «qualche belle fanta-
ed estetica) in perfetta rispondenza con le quelle del gentiluomo mo- sie» per adornare la collana281. Questa si componeva di quindici me-
derno, habitus guadagnato a Napoli “attraverso la metamorfosi del daglie legate insieme, evidentemente da catene, che illustravano in
cavaliere guerriero”278, senza, a questo punto, essere in grado di po- sette storie i fatti salienti della campagna d’Africa, ognuna delle qua-
ter attribuire tale progetto ad alcuno degli intellettuali vicini a Don li era accompagnata da un’inventione, ovvero da una storia antica,
Pedro, mi piace ricordare come il Tansillo consegnò alla posterità la tratta da episodi esemplari tramandati dagli scrittori greci o/e ro-
maestria dello scultore capace di commemorare le gesta e diffonde- mani. La collana si completava con la quindicesima medaglia che ca-
re la fama del Gran Vicerè: deva sul petto, con il ritratto di Don Garcia282. La scelta del metallo
Quando, dopo mill’anni e mille lustri, prezioso, come egli stesso spiega nella sesta invenzione, impiegato
verran le genti ad onorar la tomba, per la manifattura dell’onorificenza era giustificata dalla consuetu-
Giovanni, ond’oggi il nome tuo rimbomba
–––––––
sovra quanti fur mai scultori illustri, 279
Luigi Tansillo, il Canzoniere, Sonetto CLIX, Pel medesimo: quando lo scultore
beata man, che col martello illustri Giovan Miriliano da Nola lavorava intorno alla tomba di lui.
le glorie altrui, più ch’altri con la tromba,
280
BNN, Sezione Manoscritti e Rari XXV I 116; cfr. TANSILLO 1882, LXXVI, 279
(diran); pura per l’aria, qual colomba, e ss.
281
TANSILLO 1551, 19. Luigi Tansillo più volte richiamato nel testo, era stato no-
voli tua fama, e ‘l mondo corra e lustri.
minato continuo, insieme al poeta Garcilaso de La Vega all’arrivo del vicerè a Napoli;
Lodando ammireran l’alta scoltura, dopo la nomina di Don Garcia quale generale delle galere napoletane, il poeta fu in-
––––––– caricato di accompagnare il giovane nelle sue imprese, nel 1537 accompagnò Don
277
QUINTANA LACACI 1987, 114, 123; PFAFFENBICHLER 1998, 38. Riccardo Naldi sot- Pedro in Puglia, nel 1538 don Garcia in Sicilia, nel 1540 e nel 1545, perlustrò le co-
tolinea, in più punti, il ruolo guida esercitato dal sepolcro del Toledo sui successivi ste del regno fino a Malta e alle coste africane, ed infine nel 1547 ancora in Africa
e coevi sepolcri di Giovanni da Nola, di Annibale Caccavello e Giovan Domenico contro il Barbarossa. Da qui i numerosi sonetti del Canzoniere a lui dedicati e la co-
D’Auria, e sul Trofeo della Rocca di Mondragone, il che conforta in merito alla cer- noscenza diretta dei luoghi dove si svolsero le campagne. Solo a quella d’Africa del
tezza di trovarsi di fronte ad un progetto iconografico forte e innovativo in linea con 1551 non partecipò; nell’imminenza delle sue nozze fu dispensato dal partire. Cfr.
la cultura del tempo. Cfr. NALDI 2007, 67-70 e passim. TANSILLO 1882.
278
Uso in parte l’espressione di Amedeo Quondam, che ringrazio per aver solleci- 282
«… Et nel rimanente, che fara quel pezzo estremo, che pende sul petto in mezzo,
tato l’approfondimento dell’inventario in oggetto; cfr. QUONDAM 2003, VII. si sculpirà la persona sua come in miraglia.»; cfr. TANSILLO 1551, 20.
328 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 329

dine romana, tramandata da Plinio, di donare ai loro guerrieri valo- AUTORI E OPERE CITATI
rosi collane d’argento, mentre a quelli stranieri collane d’oro per te-
ABBATE, Francesco
stimoniare a questi ultimi la stima per il loro valore nata dal desi-
1977 Su Giovanni da Nola e Giovan Tommaso Malvisto, in “Prospettiva”,
derio che «un Capitano et un huomo si valoroso et illustre fusse suo n. 8, 1977, 48-53.
di natione.»283. Le sette invenzioni erano accompagnate da motti trat- ABBATE, Francesco
ti da Virgilio, Plinio il Vecchio, Aulo Gellio e Ovidio284. 1992 La scultura napoletana del Cinquecento, Donzelli, Roma 1992.
Dall’analisi dell’inventario, del quale molti aspetti risultano sicu- AGOSTI Barbara, AMIRANTE Francesca, NALDI Riccardo
ramente poco approfonditi, non possiamo a questo punto trarre del- 2001 Su Paolo Giovio, don Conzalo II de Córdoba duca di Sessa,
Giovanni da Nola (tra lettere, epigrafia, scultura), in “Prospettiva”,
le conclusioni definitive se non confermare quanto in apertura si è nn. 103-4, 2001, 47-76.
annunciato; Don Pedro Alvarez de Toledo Marchese di Villafranca AJELLO, Raffaele
arrivò a Napoli con la ferma intenzione di assolvere al suo mandato 1996 Una società anomala. Il programma e la sconfitta della nobiltà na-
come interprete della politica imperiale. Assunse le fattezze del prin- poletana in due memoriali cinquecenteschi, ESI, Napoli 1996.
cipe moderno attraverso ogni manifestazione esteriore nonostante ALCIATI, Andrea
1540 Emblematum libellus, Parisiis ex officina Christiani Wecheli, sub scu-
gli attacchi provenienti dall’interno e dall’esterno del Regno. Si con-
to Basiliensi, in vico Iacobeo & sub Pegaso in vico Bellouacensi, 1540.
frontò con il gusto del tempo e confermò per Napoli il ruolo di capi- ALCOUFFE, Daniel
tale. Diede nuova forma alla città e la dotò di strutture urbanistiche 1994 Luigi Valadier au Louvre ou l’Antiquité exaltèe, Catalogo della
ed istituzionali adeguate per quanto non tutte e sempre condivise. Mostra a cura di Daniel Alcouffe, Parigi 17 novembre 1994-13 feb-
«Ma giudicando l’uomo, non bisogna dimenticare che era spagnuolo braio 1995, Réunion des Musées Nationaux, Parigi 1994.
e governatore per conto di Spagna, e che, servendo alla politica cat- ALDIMARI, Biagio
1682 Pragmaticae, edicta, decreta, regiaeque sanctiones regni Neapolitani,
tolica ed assolutista, serviva alle proprie idee. Se, rispetto alle no- pluribus additis, suisque locis optima methodo, Iacobi Raillard,
stre, si vuol considerare come un generale nemico, sia pure; ma fu, Napoli 1682.
a ogni modo, un gran generale»285. Concludo ricordando le parole di ALICARNASEO, Filonico (Costantino Castriota)
Benedetto Croce, dichiarazione di profonda ammirazione e allo stes- Sd Vita di don Pietro di Toledo, BNN ms. X-B-67.
so tempo velata proposta di indagine sulla personalità in esame, per ANNECCHINO, Raimondo
1996 Storia di Pozzuoli e della zona flegrea, A. Gallina, Napoli 1996.
lasciare aperto ogni ragionamento sul quale ci siamo soffermati.
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–––––––
1991 Storia del Corallo a Napoli dal XVI al XIX Secolo, Electa, Napoli
283
Scrive Plino nel libro trentesimo terzo al capo secondo, che Romani i loro sol-
1991.
dati forastieri honoravano con Collane d’oro, et i suoi propry naturali con collane d’ar-
2001 Il Corallo a Napoli. Storia di un collezionismo tra viceregno e re-
gento. A qualunque persona delle due si applichi il motto vi stà bene: se à Sebeto, mo-
gno, in Splendori di Sicilia. Arti decorative dal Rinascimento al
stra egli di desiderare che un Capitano et un huomo si valoroso et illustre fusso suo
Barocco, Catalogo della Mostra, a cura di Maria Concetta Di Natale,
di natione. Se al signor Don Garzia, mostra egli, che per l’affetione grande ch’egli ha-
Edizioni Charta, Milano 2001, 101-07.
ve à Napoli, et per essersi creato vorrebbe nel dono da Napoli fatto à lui, esser trat-
AYMARD, Maurice
tato da Napolitano, et non da esterno. Cfr. TANSILLO 1551, 25v.
1971 Production, commerce, et consommation des draps de laine du XIIe
284
Cfr. Appendice documentaria per la trascrizione completa del testo.
au XVIIe siecle, in “Revue historique”, n. 246, 1971, 5-12.
285
CROCE 1894, 122.
330 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 331

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344 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 345

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nute degne di memoria e di lettura, Antonio Bulifon, Napoli 1675. 2002 Le Muse e i Colossi: apogeo e tramonto dell’umanesimo politico na-
TANSILLO, Luigi poletano nel “trionfo” di Carlo V (1535) in una rara descrizione a
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346 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 347

VISCEGLIA, Maria Antonietta APPENDICE 1


1988 Il bisogno di eternità. I comportamenti aristocratici a Napoli in età
moderna, Guida, Napoli 1988. Sonetti del S. Luigi Tansillo per la presa d’Africa. El Disegno d’una collana
1992 Signori, patrizi, cavalieri in Italia centro-meridionale nell’età mo- d’oro, che S. Don Garzia di Toledo. All’Illustriss. S. Duca di Sessa
derna, Laterza, Roma 1992. Napoli, 1551287
2001 Il viaggio cerimoniale di Carlo V dopo Tunisi, in “Dimensioni e p. 4
problemi della ricerca storica”, 2, 2001, 5-50. Invita gli scrittori latini e toscani a celebrar Don Garzia e, gli altri spagnoli
VITALE, Giuliana vincitori d’Africa.
1987 Modelli culturali nobiliari a Napoli tra Quattro e Cinquecento, in […]
“Archivio Storico per le Province Napoletane”, XXVI, 1987, 1- 48. p. 4v
2002 Modelli culturali nobiliari nella Napoli Aragonese, Carlone Editore, AL DUCA DI SESSA/Su’l Medesimo Proposito.
Salerno 2002. […]
WEISE, Georg p. 5
1952 Il problema dell’opera personale di Giovanni da Nola, in “Bollettino A DON GARZIA
di storia dell’arte”, 1952, 65-79. […]
YEGUAS I GASSO, Joan p5v
2005 Giovanni da Nola e la tomba del vicerè Ramon de Cardona. Il tra- AL MEDESMO
sferimento da Napoli a Belpuig e i legami con la scultura in […]
Catalogna, in “Napoli Nobilissima”, VI, 2005, 3-30. p. 6
ZOTTA, Silvio ALLA CONTESSA DI NOLA/ Per gli giudicij che si facean nella Corte Cesarea
1981 Rapporti di produzione e cicli produttivi in regime di autoconsu- dell’Assedio d’Affrica
mo e di produzione speculativa. Le vicende agrarie dello stato di […]
Melfi nel lungo periodo (1530-1730), in Problemi di storia delle p. 6v
campagne meridionali nell’età moderna e contemporanea, a cura AL DUCA DI SESSA./Su’l Medesimo Proposito.
di Angelo Massafra, Dedalo, Bari 1981, 221-289. […]
p. 7
A DON GARZIA
[…]
p. 7v
AL VECERE DI NAPOLI/Per la morte di don Ferrante di Toledo.
[…]
p. 8
AL MEDESMO
[…]
p. 8v
AL SEPOLCRO DI/Don Ferrante
[…]
p. 9
A DON GARZIA
[…]
p. 9v

–––––––
287
Biblioteca Nazionale Napoli, Sezione Manoscritti e Rari XXV I 116. Si pubbli-
ca in questa sede, per brevità, solo una parte dello scritto omettendo la Dedica e i so-
netti dei quali si trascrive solo l’intestazione.
348 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 349

A DIO ta, et conoscendosi quanto giovamento sia stato à Sicilia, al Regno nostro, et al
[…] resto d’Italia, pare à me possa convenevolmente adornarsi la Collana, che à lui
pp. 10-12 si darà delle
DEL DONO CHE DON/Garzia fe’ à Napoli Ritornando vittorioso da Africa p. 20
[…] sottoscritte historie, et inventioni. havendosi rispetto alla persona, che rice-
p. 12v ve il dono: et alla Città, ch’el fa, et alle cause, perche si dona, et alle difficultà
A DON GARZIA con le quali si vinse: et al paese dove si è vinto: et all’utile, che tal vittoria ri-
[…] porta. Sarà dunque la Collana di quindeci pezzi: sette si scolpiranno di historie
pp. 13/13v appertinenti all’ordine della impresa, eligendo le più notabili: et et sette de in-
SI LODANO, IL PRINCIPE/Doria & Giovan di Vega ventione convenienti et adattate alla verità del fatto et alla gloria del detto si-
[…] gnore. Et nel rimanente, che sara quel pezzo estremo, che pende sul petto in
p. 14 mezzo, si sculpirà la persona sua come in miraglia. Saranno i detti pezzi tra-
AD ANTONIO DORIA mezzati et incatenati di manera che sempre dopo l’Historia segua l’inventione.
[…] le quali [ta] s’appigliaranno l’una all’altra non meno de intendimento, che di lo-
pp. 14v-16 co. Non lasserò di ricordarvi, che si come io mi sono ingegnato di fare, che le
PER UN FALCONE FUGGI/to di mano à Don Garzia in quel ch’egli/tornò p. 20v
d’Africa & ripigliato inventioni non solamente sodisfacciano allo intelletto, ma che dilettino à gli
[…] occhi, trovando cose da sculpirsi, c’habbia bella apparenza, si come si po’ vede-
p. 16v-17 re nella invention del carro triomphale, et in quella di Sicilia, et in tutte l’altre,
AL GARIGLIANO QUAN/do il Duca di Sessa il varcò cosi anchora vi debbiate ingegnar voi di fare, che le nude historie et le inven-
[…] tioni si vestano et si aiutino di adornamenti, et di fregi, ponendogli et spargen-
p. 17v dogli dove à voi parra che meglio si convengano. Et che si come io nelle nove in-
AL MEDESMO ventioni m’hò servito d’antichi versi hor di Virgilio hor d’altri (il che in si fatte
[…] cose tene gratia) che cosi voi nelle moderne historie debbiate servire d’antichi
pp. 18-18v trophei, et d’arme, et insegne.
SIGNOR MIO
La prima Historia.
[…]
La dipartita, che fanno le Galere da Napoli
p. 19
p. 21
DISCORSO DI LUIGI TAN/sillo sopra la Collana d’oro che la nobilissima/Città
con le genti et con le artiglierie et con l’altre munitioni necessarie all’espu-
di Napoli dona allo Illus. S. Don/ Garzia di Toledo per la vittoria di/ Africa et il
gnation delle terre, et de luoghi forti: le quali il signor don Garzia conduce da-
disegno à Marco/Andrea Dancora, à M. Han/nibal Dancora, et M./ Lorenzo de
tegli dal padre.
Lorenzi/ Orefici Eccellentiss.
In questo dono et in questo honore che la Città nostra destina al S. don Garzia, La prima Inventione.
non l’ha ella da trattare et da honorare come novo soldato; ma come capitano Una quercia, sotto la quale da l’una banda si veda una pietra con fiamme al-
esperto: havendo da diciotto anni, che egli si è ritrovato à servitio del suo Rè te sopra, che faccian vista di bruciare carni et altre cose postevi sù: et da l’altra
quasi in tutte l’imprese fattesi tra lo spatio di un’huomo, che prema sopra una conca un vello, donde paia uscir molta acqua.
p. 19v Saranno le parole.
questo tempo: tre anni Cavallier privato, & quindeci Capitano. Hallo da ono- CERTISSIMA SIGNA SEQUUNTUR. Verso di Vergilio.
rare non come Capitano in mare, benchè vi sia, per haversi avaluto del mare E’ scritto nel libro de Giudici al capo sesto, che essendo Gedeon da Dio elet-
solamente nel passaggio, ma come Capitano in terra: percioche in terra egli hà to à liberare gli Israeliti dalla oppressione degli eserciti Orientali, chiese segni
governato, in terra egli hà combattuto, & in terra egli hà vinto. Et tre Città for- à Dio, per li quali conoscesse egli et credesse che Dio era seco et
tiss. [me] egli have espugnate, et tutte tre con assalti di terra, et tutte tre in p. 21v
Barberia: et l’una posta con ordine dopo l’altra nella sua riviera. Et vedendosi quai, gli chiese, gli hebbe. L’un de segni fù, che poste sopra una pietra delle
dell’acquisto di questa ultima, cioè di Africa, quasi dal consentimento di ogni carni et del pane et dell’altre cose, l’Angiolo d’Iddio accese la pietra, et il suo fo-
nazione che ivi sia intervenuta, darsi à lui la maggior parte della gloria, anchor co consumò cio che sù v’era. L’altro fù, ch’egli pregò Dio, che se egli doveva es-
che altri honoratissimi Capi vi siano stati al governo, et dell’altre due prime tut- sere il liberatore del popolo suo, facesse che tutta la terra fosse asciutta et sec-
350 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 351

ca, et un vello da lui rinchiuso nell’Arca solo fosse bagnato et molle, et desto La quarta Inventione
Gedeon per tempo, trovò si come egli havea detto, la terra secca, et il vello mol- Uno scoglio di forma triangolare, cinto d’ogni intorno di mare: et una Donna,
le: si che premendolo empio del’acqua, ch’indi versò, una conca. et combatte il che vi sieda su, coronata il capo di fiamme, et la vesta
buon Capitano, et consegui la promessa vittoria. p. 23v
E la invocation di Dio et la osservanza della religione necessaria et lodevole sparsa di biade: che dinota Sicilia. Et tenga nella mano destra, come per dar-
in ogni nostro movimento: ma più che in cosa che noi cominciamo si è nelle guer- la altrui una corona di Lauro. Et il motto dica.
re: dove la importanza è più grande, et il pericolo è piu presente. Et se Gentili, SERVILEM DEMIS: TRIUMPHALEM DO.
c’hebbero et falsi dei et falsa re- Scrive Aulo Gellio nel libro settimo delle notti attiche al quarto capo che an-
p. 22 ticamente i servi che si vendevano, solevano andar coronati di fronda: et il me-
ligione, tanto nelle loro imprese quegli invocaro, et questa osservaro, hor desimo autore nel libro quinto al capo sesto racconta molte corone, che si dava-
che debbiamo far noi Cristiani, che ‘l vero Dio havemo, et la vera religione? no ai vincitori, et tra l’altre quella di Lauro.
Non è da dubitare, per quel che si è veduto nel fine di questa guerra di Africa, Considerando quato à Sicilia importino queste vittorie havute, mi pare, che
et si vide nello espugnar dell’altre due terre che Dio fù nel principio invoca- la inventione convenga, et che ella sia più presta ad honorare il vincitore, come
to, et Dio resse il mezzo; et il fine loro furono opere de la mano di Dio, il che più prossima à i pericoli.
il signor Don Garzia stesso hà più volte con meco detto. Per esser dunque sta-
La quinta Historia.
ta et la causa de l’imprese santa, et l’imprese sante, hò voluto, che questa
Quella mole, ò vogliamo dire quel bastione, che il signor Don Garzia col pro-
prima inventione si cavi anco dale sante scritture, et che gli auspici et gli au-
prio ingegno
gurij siano santi.
p. 24
La seconda Historia. trovò, et se ne hà due volte servito à diversi usi una in festa, et altra in
La Calibia terra fortissima et dal signor guerra, la festa, che fù delle solenni ch’io vedessi giammai nel porto di Messina,
Don Garzia presa con batteria lunga, et con quando egli prima macchinò far di due Galere un’edificio, che si stesse saldo
assalto sanguinoso. su l’acqua, si che vi si potesse sù far ogni esercitio: et la guerra hora in Africa,
p. 22v dove non è stata meno utile et gloriosa questa tal macchina che fusse alhora
quella piacevole et vaga, che senza dubio ella fù la scala con che si prese
La seconda Inventione
Africa. Potrete vedere (se non vi rincrescerà d’andarvi) à Pozzuolo nel Giardino
Un paese dove siano et terre et castella et arbori di palme, di modo che mo-
picciolo del palazzo del Vicerè mio padrone il suo esempio, fatto dal medesi-
strino essere Barberia, et il motto dica.
mo maestro che fè lo esemplare, il quale è dopo la grandezza in ogni altra co-
TIBI SE PERITURA RESERVAT. Verso di Virgilio.
sa simile à quello d’Africa. Le schiere de soldati, la battaglia, et la presa
Vonno molti, che si nomini la Calibia quasi il capo di Libia; pronosticasi dun-
d’Africa: sopra la quale Città già presa, se vi piacerà voi potrete ponere que-
que, che havendo il signor Don Garzia cominciato dal capo, ch’è la Calibia, deb-
ste parole.
ba vincer il corpò, ch’è tutto il paese.
p. 24v
La terza Historia. ACCIPE OMEN. Il che dinota, che debba detto signore pigliarsi per augurio
Monisterio terra pur fortissima et per forza presa. la presa d’Africa, si come io dissi sù de la Calibia: cio è che si come egli ha vin-
to questa Città nominata Africa hora, cosi nel futuro debba vincere la Provincia
La terza Inventione
tutta: la quale hà l’istesso nome et è la terza parte del mondo.
Il Po, il Tevere, et l’Arno, fiumi più nobili et più famosi d’Italia, per signifi-
car tutta La quinta Inventione
p. 23 Un carro trionafale tirato da quattro Elefanti: et senza huomo, che sù vi se-
lei stessa, o la maggior parte di lei, et il motto. da. Et con un motto
TIBI NOS DEBERE FATEMUR. Verso di Ovidio. MERUISSE VERA LAUS
Mostra Italia, o’l più di lei, devere al signor Don Garzia, poi che le va espu- Scrive Plinio nel libro ottavo della sua historia naturale al capo secondo, che
gnando le Città più infeste et più nocive. nel triopho di Pompeo Magno il quale egli ebbe dopo vinta l’Africa il suo carro
fù tirato da gli Elefanti: cosa più veduta innanzi à Roma. Et perche
La quarta Historia.
p. 25
L’insidie di Draut per terra nello assedio di Africa: et lo assalto improviso,
noi non possiamo dare al signor Don Garzia il medesmo trionpho, gli faccia-
che fece à nostri, et il soccorso animoso et à tempo, che’l signor Don Garzia lor
mo honore con confessargliene, et attribuirgliene il merito.
diede; et la scaramuzza di quel giorno.
352 SILVANA MUSELLA GUIDA DON PEDRO ALVAREZ DE TOLEDO 353

La seta Historia Don Garzia si porranno


Un guerriere, che stia tra schiere di soldati di modo che gia si conosca esser queste parole
egli il capo; partendo à loro et dando schiavi et prede et spoglie di nemici et fi-
gli potrebbe mettere un motto sopra la testa che dicesse. MIHI SAT HONOR. PRIMAM MERUI QUI LAUDE CORONAM. Verso di Virgilio.
Se vi parrà di metterlovi. Et se no, di senza pure l’historia starà bene, et che se Vi quadra bene, poi che nella impresa d’Africa, com’io dissi sopra, non è sta-
gli veda un’altare da presso dove paia che voglia sacrificare. Che po’, ne debba to capo solamente il signor Don Garzia, quantunque il più abbia fatto egli et
far’un capitan Christiano et di sangue illustre dopo havuta una gran vittoria se travagliato. Et se paresse ad alcuno, che dicesse meglio, MERUIT che no, che
non premiar gli huomini et ringratiar Dio? no MERUI, si come ho messo io: perche non paia, che quel signor si lodi egli
p. 25v stesso io vò che dica MERUI. Et mi vaglio della ragione che la Eccellenza del
Vece Rè disse l’altrihier disputandosi sopra questo T se egli era da levarsene, ò
La sesta Inventione
da lasciarvisi: laquale fù questa, che se’l signor
Un Sebeto, non gia steso come è proprio dei fiumi, ma assiso: che col manco
p. 27v
braccio s’appoggi sopra l’urna, et con la destra mano tenga una collana d’oro et
la porga ad un Guerriere et il motto. Don Garzia à suo costo si facesse lavorar da voi questa opera, o altra fusse,
ARGENTEUS CHARIOR. et su la testa sua mettesse MERUI, farebbe di sconvenevole, ancorche dicesse
Scrive Plino nel libro trentesimo terzo al capo secondo, che Romani i loro sol- il vero: ma sendo ella fatta farsi da altri, per honorarne lui, vi si po’ mettere
dati forastieri honoravano con Collane d’oro, et i suoi propry naturali con col- qualsiasi titolo honorato: et parole di vanto, che dalla muta immagine si finga-
lane d’argento. A qualunque persona delle due si applichi il motto vi stà bene: no esser dette.
se à Sebeto, mostra egli di desiderare che un Capitano et un huomo si valoroso
et illustre fusso suo di natione. Se al signor Don Garzia, mostra egli, che per
l’affetione grande ch’egli have à Napoli, et per essersi creato vorrebbe nel dono
da Napoli fatto à lui, esser
p. 26
trattato da Napolitano, et non da esterno.
La settima et ultima Historia
Il dono, che’l signor Don Garzia tornando vittorioso d’Africa fece alla Città di
Napoli, ricordevole et grato de benefici da lei ricevuti nel partire. Il dono, se vi
ricordate, era un pezzo di grandiss[imo] d’arteglieria et sette schiavi Africani
ben nati, fanciulli, et belli, et di pari etate, vestiti riccamente et su’l Cannone
cavalcati l’un presso à l’altro: et altri schiavi, et assai di numero, che per la Città
tiravano lo smisurato peso, et trombetti, et sonatori d’altri istrumenti dintorno
à detto pezzo et altre genti che l’accompagnavano à guisa di trionpho.
p. 26v
La settima et ultima Inventione
Partenope nostra Sirena fatta della forma ch’ella si finge, et con la sua lira
in mano: et le parole. IACTET SUOS NUNC ROMA TORQUATOS.
E’ scritto da molti historici, et più minutamente da Aulo Gellio nel libro no-
no al capo terzo decimo di Manlio Cavallier Romano, ch’uccise quel bravissimo
francioso: gli troncò il capo, e gli tolse una collana d’oro, ch’egli portava al col-
lo: et cosi sozza disangue se la mise al suo, onde poi egli et tutti i suoi descen-
denti huomini valorosi furono nominati Torquati dal Torque in latino, che in
lingua nostra viene à dir Collana.
p. 27
Nel pezzo quintodecimo et pendente su’l pet
to dove sarà scolpita la persona del S.

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