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ANTINCENDIO

MODALITA’ DELLA DISCIPLINA

• PREVENZIONE
riduzione delle cause di incendio
• PROTEZIONE PASSIVA
qualità dell’edificio
• PROTEZIONE ATTIVA
impianti di estinzione
CAUSE E DINAMICHE DI UN INCENDIO

Lo sviluppo di un incendio ha sempre come origine l’innesco


di una combustione che si viene a verificare per cause
accidentali, colpose e in alcuni casi dolose.
Affinché il fenomeno di combustione possa avere inizio
devono essere presenti contemporaneamente tre elementi
fondamentali che costituiscono il cosiddetto triangolo del
fuoco.
Questi elementi sono il comburente, il combustibile e
l’energia.

IL TRIANGOLO DEL FUOCO


E’ sufficiente che uno di questi venga a
mancare perché il fenomeno non si
verifichi. In prima analisi sembra quindi
molto semplice effettuare una efficace
azione preventiva evitando la coesistenza
di questi tre fattori, ma di fatto questi
elementi sono costantemente presenti in
ogni momento della nostra vita di tutti i
giorni.
Infatti il comburente più diffuso e comune
è l’ossigeno. Questo è presente nell’aria
in percentuale di circa il 21% e pertanto
non può essere eliminato.
Combustibili sono la maggior parte delle
cose che ci circondano e che
contribuiscono a soddisfare le nostre
necessità ed a favorire il nostro confort.
In particolare tutto ciò che è costituito da
legno, carta, materie plastiche e sostanze
di sintesi, tessuti, e sostanze a base
organica in genere.
L’energia è una qualsiasi fonte di calore che può innalzare la
temperatura di una sostanza combustibile fino a favorire
l’inizio della sua decomposizione, con la conseguente
emissione di sostanze combustibili volatili che,
combinandosi con l’ossigeno ed in presenza di una fonte di
calore, innescano il processo di combustione.
Nonostante si ponga sempre più attenzione per prevenire le
cause di innesco ( scintille, corti circuiti, sovratemperature,
fiamme libere, ecc) utilizzando sempre più frequentemente
sistemi di controllo, di regolazione e di sicurezza sempre più
sofisticati, la casualità, il verificarsi di anomalie o la semplice
incuria alcune volte sono purtroppo ancora vincenti.

Per incrementare maggiormente i margini di sicurezza


possiamo soprattutto intervenire cercando di limitare al
massimo, ed ove è possibile, l’utilizzazione di sostanze
combustibili e/o facilmente infiammabili, principalmente
negli ambienti ove il rischio di incendio risulta essere
elevato, ma anche in tutti quei casi nei quali la scelta di un
materiale incombustibile al posto di un prodotto
combustibile è possibile, favorendo così una maggior
sicurezza.
Inoltre anche fra i prodotti combustibili, il comportamento
all’incendio non è uniforme, ma è definito da alcune
caratteristiche intrinseche del materiale, quali la facilità di
innesco, la velocità di propagazione di fiamma, nonché il
potere calorifico superiore, che consentono di definirne il
grado di partecipazione all’incendio e quindi la pericolosità.
Il potere calorifico superiore rappresenta la quantità massima di calore
che può essere sviluppata da un volume unitario o da una massa
unitaria di materiale quando si verifica una combustione completa.
Di seguito vengono forniti i P.C.S. di alcune famiglie di materiali ed il
corrispondente quantitativo di legno che sviluppa pari calore in caso di
combustione.

Pertanto, maggiore sarà la quantità di materiale combustibile presente


in un ambiente e maggiore sarà il suo potere calorifico, tanto più sarà
elevato il potenziale calorifico che si potrà sviluppare nell’intero locale
nel caso si dovesse verificare un incendio.

Tale grandezza viene solitamente indicata col termine di

carico di incendio

e rappresentata dall’equivalente quantitativo di Kg di legna per m2 di


superficie orizzontale del locale, in grado di fornire lo stesso
potenziale calorifico sviluppabile al m2 da tutti i materiali combustibili
presenti nell’ambiente.
Pertanto la nascita e lo sviluppo di un incendio sono fortemente
condizionati dalla natura dei materiali presenti sul luogo ove si
verifica, anche se altri fattori quali la tipologia della sorgente di
innesco, le dimensioni e la geometria dell’ambiente, la ventilazione
ecc giocano ruoli molto importanti.
Possiamo dividere lo sviluppo dell’incendio in tre fasi distinte:

Una prima fase di nascita e di crescita durante la quale si viene a


verificare l’innesco della combustione ed inizia la propagazione delle
fiamme alle aree vicine alla zona di innesco. Questo provoca
l’insorgere di fumi e gas caldi che innalzano la temperatura delle aree
vicine al fronte di fiamma, favorendone la decomposizione con
conseguente crescita della zona interessata dalle fiamme. Tale
fenomeno sarà tanto più rapido quanto maggiore sarà
il calore sviluppato e tanto più veloce sarà la decomposizione delle
sostanze presenti.

La seconda fase è la fase di sviluppo vero e proprio durante la quale


abbiamo la propagazione dell’incendio. Il fuoco si estende a tutti i
materiali combustibili presenti vicino al luogo di origine incrementando
fortemente la temperatura dell’ambiente tanto che, anche a causa del
forte irraggiamento che ne consegue, si viene a verificare la
propagazione dell’incendio anche a zone non a diretto contatto col
fronte di fiamma. L’emissione di fumi, sempre più densi ed opachi, e
di gas caldi cresce in rapida progressione.
In tali condizioni il crescente sviluppo dell’incendio comporta un
sempre maggiore consumo dell’ossigeno che partecipa alla
combustione; pertanto l’atmosfera diventa sempre più povera di
ossigeno e sempre più irritante per la presenza delle sostanze
tossiche rilasciate dai prodotti in combustione.
In alcuni casi durante questa fase si può verificare un fenomeno
estremamente pericoloso e devastante chiamato flash – over.
Il flash-over è una condizione di incendio generalizzato che può
avvenire durante la fase di sviluppo dell’incendio e ne rappresenta il
culmine. I gas caldi che si sono accumulati nell’ambiente si
incendiano simultaneamente con l’effetto di una esplosione
provocando un elevatissimo rilascio di calore e pertanto un forte
aumento delle temperature.
Tutto ciò che c’è di combustibile nell’ambiente brucia ed in presenza
di aperture quali porte e finestre abbiamo la fuoriuscita di fiamme con
la conseguente propagazione dell’incendio agli ambienti circostanti.
Pertanto la zona dell’incendio non è più circoscritta all’ambiente dove
si è sviluppata ma si estende alle aree vicine.

La terza ed ultima fase è quella


dell’estinzione.
Una volta che il fuoco ha divorato,
come abbiamo visto in modo più o
meno violento, tutto ciò che poteva
bruciare si estingue per mancanza
di sostanze che lo possono
alimentare.
Al di là degli interventi che possono
prevenire e minimizzare i rischi di
innesco di incendio, è parte
integrante dell’aspetto sicurezza
l’utilizzazione di sistemi e materiali
che possano segnalare
tempestivamente la situazione di
pericolo e far sì che l’incendio si
limiti alla sola fase di crescita o che
quest’ultima venga protratta nel
tempo il più a lungo possibile prima
di degenerare nella fase di sviluppo.
Questo consente la possibilità di evacuazione delle persone presenti
nell’area interessata e la maggior salvaguardia dei beni, consentendo
un più rapido spegnimento ad opera dei vigili del fuoco.

Si tratta pertanto di intervenire nella fase progettuale in funzione delle


condizioni di rischio prevedendo l’impiego di sistemi di protezione
attiva quali per esempio :
- rivelatori di fumo, temperatura, fiamma, gas
- sistemi di allarme,
- sistemi di spegnimento manuale e/o automatico
- evacuatori di fumo e calore

e di protezione passiva quali :


- l’utilizzazione di materiali non combustibili al posto di materiali
combustibili e facilmente infiammabili
- la protezione delle strutture con materiali resistenti al fuoco aventi la
scopo di incrementare il tempo di mantenimento dell’integrità
funzionale della struttura prima del collasso, permettendo così
l’evacuazione delle persone ed un più rapido e sicuro lavoro di
spegnimento da parte dei V.V. F.F.
- la compartimentazione delle aree a rischio con lo scopo di
ostacolare la propagazione dell’incendio
- l’evacuazione naturale dei fumi e del calore
I due sistemi di protezione attiva e passiva sono complementari,
pertanto la loro utilizzazione associata consente di ottenere i migliori
livelli di sicurezza.
Per quanto riguarda la propagazione dell’incendio questa può
avvenire per uno o più dei seguenti fenomeni :
- convezione
- irraggiamento
- conduzione
- per effetto di tizzoni

Convezione : il calore prodotto da un materiale in fase di incendio si


trasmette all’aria circostante, riscaldandola e mettendola in
movimento con conseguente trasferimento di calore a superfici e/o
oggetti non ancora interessati dal fuoco.

Irraggiamento : Il calore viene trasmesso per mezzo di onde


elettromagnetiche emesse dalla zona di combustione che si trova ad
alta temperatura, e viene pertanto trasferito ad altre superfici senza
l’intervento di alcun mezzo di trasporto.

Conduzione : il calore si trasmette dal materiale in combustione alle


zone a diretto contatto, propagandosi per via solida. Questo è l’unico
sistema di trasmissione che può intervenire in un solido o fra più solidi
a diretto contatto fra loro.

Per effetto di tizzoni : durante lo sviluppo dell’incendio possono


essere prodotte scintille e/o particelle incandescenti che se
trasportate da fenomeni di convezione o più semplicemente dal vento
possono favorire la propagazione agli edifici o agli oggetti circostanti.
LA COMBUSTIONE
Combustione: reazione chimica fra due sostanze (sviluppo di fiamme ed
energia)

Comburente (generalmente O2) + Combustibile (solido, liquido o gas)

Condizioni per lo sviluppo di un incendio:


1) Combustibile e comburente in opportune percentuali
2) Contatto fra combustibile e comburente
3) Temperatura di infiammabilità (TMIN. emissione vapori dal
combustibile per formare con il comburente una miscela infiammabile) ed
accensione (TMIN. miscela inizia a bruciare)
4) limiti inf. e sup. di infiammabilità in % di volume aria
5) limiti inf. e sup. di esplosività
6) temperatura teorica di combustione (TMAX che si può raggiungere
nella combustione completa di un combustibile con una quantità teorica
d’aria) . Temperatura incendio

MODI DI ESTINZIONE

Per interrompere la combustione:

- azione meccanica (o di SEPARAZIONE)


- azione di SOFFOCAMENTO con interposizione di incombustibile
- azione di RAFFREDDAMENTO (sottrazione di Q): T < TACCENS
- azione di catalisi negativa (o INIBIZIONE CHIMICA): agisce direttamente
sulla combustione con idrocarburi alogenati (Halon)
CLASSIFICAZIONE INCENDI
La classificazione del CEN (Comitato Europeo di Normalizzazione) si
basa sul tipo di materiale coinvolto:
- classe A (solidi combustibili)
- classe B (liquidi infiammabili)
- classe C (gas infiammabili)
- classe D (metalli leggeri combustibili)
- classe E (apparecchiature elettriche sotto tensione)

PREVENZIONE INCENDI
insieme provvedimenti e metodi intesi ad evitare l’insorgere degli incendi e
impedirne la propagazione.

DPR n. 577/82 (Regolamento generale servizi prevenzione incendi): servizio di


interesse pubblico con i seguenti obiettivi:
- sicurezza della vita umana
- incolumità persone
- tutela dei beni e ambiente

Ministero dell’Interno . emanazione norme tecniche in relazione alla conformità


edifici civili ed industriali alle norme di prevenzione incendi.
Fase progettuale:
- Vie di esodo
- Autorimesse
- Locali per impianti tecnologici (CT, UTA, cabina elettrica, etc.)
- Compatibilità materiali e strutture con l’attività nell’edificio
- Controllo dei VVFF
PREVENZIONE INCENDI
1. Provvedimenti per ridurre al minimo le probabilità di innesco di incendio
- imp. elettrici
- messa a terra
- ventilazione naturale / meccanica
- materiali
-dispositivi di sicurezza

2. Provvedimenti per rendere minimi i danni prodotti da un incendio


- uscite sicurezza, impianti allarme acustico
- luci sicurezza
- scale a prova di fumo e protette
- sfogo fumo e calore

PROTEZIONE ANTINCENDIO
Insieme di interventi volti a limitare i danni conseguenti ad un incendio

1. Protezione passiva
- strutture a REI adeguato
- distanze sicurezza
- ventilazione naturale / meccanica
- protezione strutture combustibili

2. Protezione attiva
- estintori
- idranti (capacità, portata e pressione della fonte idrica)
- impianti spegnimento
ESTINTORI ED IDRANTI
Protezione attiva: presidi antincendio (apparecchiature) impiegate per
evitare la propagazione del fuoco.
Apparecchiature:
– elementi portatili: ESTINTORI – contiene un agente estinguente
(polvere, CO2, Halon) proiettato sul fuoco sotto l’azione di una pressione
interna
– elementi fissi: IDRANTI – collegate a tubazioni (manichette) provviste di
lancia). Per portare acqua sul luogo dell’incendio è necessario che abbia:
- pressione
- portata
- continuità di erogazione
Gli IDRANTI si suddividono in:
a) Idranti a servizio di edifici civili /industriali (bocchette antincendio). A
muro (uscite o pianerottoli scale) ad H=1,20-1,30 m dal pavimento in
cassetta metallica.
b) Idranti sottosuolo. All’Aperto, ad una profondità di circa 0,70 m, indicati
da chiusini in ghisa ellittici.
c) Idranti a colonna fuori terra. Ai lati di strade o piazze (HFT~0,90m;
hINT~0,70 m)

IL CARICO D’INCENDIO
Metodologia:
– Planimetria edificio, Locali
– Calcolo carico d’incendio Q, indici di valutazione I,
coefficienti di riduzione K
– Riferimento: Circolare n. 91/61 (nata per gli edifici in
acciaio, ma applicabile anche ad altri edifici)
La classe del locale (del piano o dell’edificio) C si ricava
moltiplicando il carico d’incendio Q per un coefficiente di
riduzione K.
C=QxK

C = classe dell’edificio (min.)


Q = carico d’incendio (kg.legna equivalente)
IL CARICO D’INCENDIO
Metodologia in dettaglio (Circ. n. 91/61):
1. sommare indici di valutazione I desunti da tabella
2. determinare K (0,2-1)da grafico: K = f (I)
3. calcolare Q: il carico d’incendio è un parametro che indica la quantità
media (per unità di superficie) di “legna standard” a cui sono rapportati i
materiali presenti nei locali dell’edificio.
4. calcolare la classe del locale che esprime la resistenza al fuoco che
devono avere le strutture del locale:
- classe 15, 30, 45, 60, 90, 120, 180
5. prescrizioni per edifici con H > 30 m
6. determinazione spessori delle strutture
7. gabbie scale e ascensori (non completamente esterne ed isolate):
pareti in cls armato di smin=20 cm (o acciaio rivestito di cls)
8. edifici con H > 30 m e classi 120 e 180 scale ed almeno 1 ascensore a
prova di fumo

RESISTENZA E REAZIONE AL FUOCO


Resistenza al fuoco dei componenti in funzione di:
- destinazione d’uso
-carico d’incendio

Resistenza al fuoco: t (min) esposizione incendio (standard) durante il quale


il componente deve conservare:
1. stabilità meccanica (R): resistenza;
2. tenuta ai prodotti della combustione (E): non lasciar passare né produrre
fiamme, vapori o gas caldi sul lato non esposto;
3. isolamento termico (I): ridurre la trasmissione del calore

Stabilito il massimo carico d’incendio si determinano le caratteristiche delle


strutture (compartimentazioni) in funzione della classe dell’edificio.

REAZIONE AL FUOCO dei materiali: grado di partecipazione del materiale


combustibile al fuoco cui è sottoposto (da classe 0 – incombustibili – fino a
classe 5).
RESISTENZA AL FUOCO DELLE STRUTTURE
t (min) esposizione incendio (standard) durante il quale il componente
deve conservare:
1. stabilità meccanica (R): resistenza;
2. tenuta ai prodotti della combustione (E): non lasciar passare né
produrre fiamme, vapori o gas caldi sul lato non esposto;
3. isolamento termico (I): ridurre la trasmissione del calore

La caratteristica R è una caratteristica della struttura portante dell’edificio


Per il cemento armato dipende soprattutto dallo spessore del copriferro.
Le strutture in acciaio hanno caratteristica R praticamente nulla (devono
essere protette dal calore per evitare che si raggiunga la temperatura di
rammollimento)
Per le strutture in legno esistono normative per il calcolo che utilizzano il
metodo della sezione residua. (attenzione ai particolari costruttivi!)

NORME PARTICOLARI

-EDILIZIA SCOLASTICA (DM 26 agosto 1992)


-STRUTTURE ALBERGHIERE (DM 9 aprile 94)
-CIVILE ABITAZIONE (DM 9 n.246/87)
-OSPEDALI E CASE DI CURA (….)
-LOCALI DI PUBBLICO SPETTACOLO (…)
-IMPIANTI DI PRODUZIONE CALORE ALIMENTATI DA COMBUSTIBILE
GASSOSO (D.P.R. 412 del12/4/96)
SISTEMI DI VIE DI USCITA

l’esodo delle persone minacciate da un incendio è universalmente


riconosciuto come problema di capitale importanza, per la cui
risoluzione devono essere adottati provvedimenti tecnici
irrinunciabili, che hanno per scopo la tutela della incolumità delle
persone dalla minaccia di un incendio, e cioè dagli effetti del
calore, del fumo, dei gas tossici e del panico.

I PERICOLI DEL FUMO E DEL PANICO


Nel caso di un esodo di emergenza, con presenza di un incendio, si
determinano
condizioni particolarmente negative:
- Se un individuo deve spostarsi insieme ad un gruppo di persone, ci si
rende facilmente conto che ciò comporta l'insorgenza di alcuni problemi,
soprattutto se lo spostamento deve avvenire con rapidità. Gli
inconvenienti tendono ad aumentare notevolmente se lo spostamento
avviene in condizioni di emergenza, anche se la folla si trova in luoghi
aperti; è noto infatti che, in alcuni casi, l'uscita precipitosa da alcuni stadi
di calcio affollati ha causato, in passato, numerose vittime schiacciate
dalla folla in preda al panico.
Se invece l'esodo di emergenza di un gruppo di persone deve avvenire
da un luogo chiuso ed in presenza di incendio e fumi di combustione, alle
difficoltà ordinariamente prevedibili per un comportamento umano già di
per sé non controllato, si aggiungono gli effetti negativi dovuti
all'ambiente reso particolarmente ostile dalla presenza dell’incendio, e ciò
può facilmente produrre nell'individuo situazioni di panico.
Il fumo prodotto da un incendio (costituito principalmente da una
sospensione nell'aria di particelle solide, liquide e gassose, quali residui
incombusti, ceneri, vapore acqueo) è più leggero dell'aria perché è caldo,
tende a diffondersi rapidamente (con velocità dell'ordine di qualche metro
al secondo), ed a salire verso l'alto (soffitto e/o piani superiori),
trasportando i gas di combustione, spesso estremamente tossici e letali.
La pericolosità dei fumi è dovuta sia al fatto che determina difficoltà di
respirazione (irrita le mucose ed è soffocante), sia al fatto che riduce od
annulla completamente la visibilità rendendo molto più difficile la fuga
delle persone presenti e l'opera dei soccorritori; il fumo provoca inoltre
una diminuzione della concentrazione di Ossigeno, in misura spesso
pericolosa per la respirazione.

Pertanto il pericolo dell’incendio per la vita umana è rappresentato molto


spesso, più che dal contatto diretto con le fiamme (con conseguenti
ustioni), dalla abbondante produzione di fumi e di gas tossici, e dalla
conseguente rapida e spesso incontrollata diffusione e propagazione
della miscela fumo - gas tossici all’interno degli edifici.

ORGANIZZAZIONE DI UN SISTEMA DI VIE DI USCITA

In linea generale per “sistema di vie di uscita” si intende l’insieme dei percorsi
(orizzontali, inclinati o verticali) che conducono, dall'interno di un edificio, verso un
"luogo sicuro" rispetto agli effetti provocati dall'incendio; tali percorsi possono
comprendere corridoi, locali di disimpegno, vani di porte, scale, rampe, passaggi.

A tal riguardo si riportano le seguenti definizioni ufficiali:


• sistema di vie di uscita (DM 16.11.1983), o anche via di emergenza (D.Lgs.
626): percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle persone che
occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro.
• uscita di emergenza (D.Lgs. 626): passaggio che immette in un luogo sicuro.
• luogo sicuro (DM 16.11.1983): spazio scoperto, ovvero compartimento
antincendio, separato da altri compartimenti mediante spazio scoperto o filtri a
prova di fumo, avente caratteristiche idonee a ricevere e contenere un
predeterminato numero di persone (luogo sicuro statico), ovvero a consentire il
movimento ordinato (luogo sicuro dinamico).
• luogo sicuro (D.Lgs. 626): luogo nel quale le persone sono da considerarsi al
sicuro dagli effetti determinati dall'incendio o altre situazioni di emergenza.
Nella progettazione (o nella verifica) di un sistema di vie d'uscita si
devono sempre valutare alcuni elementi fondamentali, che riguardano
principalmente i seguenti aspetti:
• dimensionamento e geometria delle vie d'uscita;
• sistemi di protezione attiva e passiva delle vie d'uscita;
• sistemi di identificazione continua delle vie d'uscita (segnaletica,
illuminazione ordinaria e di sicurezza, etc.).

Il dimensionamento delle vie di uscita dovrà tenere conto di molteplici


aspetti, tra i quali assumono particolare importanza:
• la valutazione dei fattori di rischio nei locali interessati (es.: livello del
rischio di incendio, tipologia ed informazione delle persone presenti,
attuazione di un sistema di gestione della sicurezza, etc);
• il “massimo affollamento ipotizzabile” nei locali;
• la capacità di esodo dell'edificio (es.: capacità di deflusso, numero di
uscite, larghezza delle uscite, livello delle uscite rispetto al piano di
campagna, etc.).

L’organizzazione di un sistema di vie di uscita deve considerare i


seguenti aspetti:
• Occorre sempre prevedere, in generale, almeno due diverse vie di
esodo idonee per il raggiungimento di un luogo sicuro (es.: spazio
scoperto, scala a prova di fumo, compartimento antincendio separato da
filtro a prova di fumo, etc.), che deve poter essere raggiunto entro un
tempo molto limitato, valutabile in generale in 1 o 2 minuti.
• Due percorsi di esodo possono esser considerati alternativi quando, a
partire da ciascun punto di riferimento,formano un angolo maggiore di45°
• Devono essere evitati, per quanto possibile, percorsi di uscita in
un'unica direzione; qualora non possano essere evitati, la distanza da
percorrere fino ad una uscita di piano o fino al punto dove inizia la
disponibilità di due o più vie di uscita, non dovrebbe essere in generale
superiore a 15 metri.
• La lunghezza massima di un percorso di uscita (fino al raggiungimento
di un luogo sicuro) non deve essere mediamente superiore a 40 - 45
metri (salvo quanto diversamente previsto da norme specifiche).
Nel caso l'uscita dal locale adducesse ad una scala a giorno o ad una
scala protetta, non essendo tali scale considerabili “luoghi sicuri”, nel
computo della lunghezza massima del percorso di uscita deve
generalmente rientrare anche lo sviluppo lineare della scala.
• La larghezza minima delle uscite di sicurezza e dei percorsi di esodo
deve essere, in generale, di almeno 1,20 metri, salvo diverse specifiche
indicazioni normative.
• Le porte delle uscite di emergenza, quelle in corrispondenza delle
uscite di piano, ed ogni porta sul percorso di uscita, devono essere
apribili generalmente nel senso di esodo e, qualora siano chiuse, devono
poter essere aperte facilmente ed immediatamente da parte di qualsiasi
persona che abbia bisogno di utilizzarle in caso di emergenza.
• Nei piani degli edifici in cui è prevista la presenza di persone con
capacità motorie ridotte od impedite, devono essere previsti, in generale,
“spazi calmi” dimensionati in base al numero dei possibili utilizzatori.

Le considerazioni precedenti hanno carattere generale, e sono svincolate


dal quadro di riferimento normativo; per le effettive modalità applicative
occorre riferirsi a:
• Per le “attività soggette a controlli di prevenzione incendi” ai sensi del
DM 16.2.1982 e/o del DPR 689/59, le caratteristiche delle vie ed uscite di
emergenza sono descritte nelle normative tecniche specifiche relative
alle varie attività (quando esistenti);
• Nei casi e/o per gli aspetti non normati, per la progettazione di un
sistema di vie d'uscita per “attività soggette a controlli di prevenzione
incendi” , si applicano i criteri tecnici generali di prevenzione incendi.
• Per quanto riguarda i "luoghi di lavoro", le caratteristiche delle vie ed
uscite di emergenza sono descritte nel DPR 547/55, nel D.Lgs. 626/94
e nel DM 10.3.1998.
DEFINIZIONI NORMATIVE

ALTEZZA AI FINI
ANTINCENDI DEGLI EDIFICI
CIVILI:
Altezza massima misurata dal
livello inferiore dell’apertura più
alta dell’ultimo piano abitabile
e/o agibile, escluse quelle dei
vani tecnici, al livello del piano
esterno più basso.

ALTEZZA DEI PIANI: Altezza massima tra pavimento e intradosso del


soffitto.

COMPARTIMENTO ANTINCENDIO: Parte di edificio delimitata da


elementi costruttivi di resistenza al fuoco predeterminata e organizzato
per rispondere alle esigenze della prevenzione incendi.

FILTRO A PROVA DI FUMO: Vano delimitato da strutture con


resistenza al fuoco REI predeterminata, e comunque non inferiore a 60,
dotato di due o più porte munite di congegni di autochiusura con
resistenza al fuoco REI predeterminata, e comunque non inferiore a 60,
con camino di ventilazione di sezione adeguata e comunque non
inferiore a 0,10 m2 sfociante al di sopra della copertura dell’edificio,
oppure vano con le stesse caratteristiche di resistenza al fuoco e
mantenuto in sovrapressione ad almeno 0,3 mbar, anche in condizioni
di emergenza, oppure aerato direttamente verso l’esterno con aperture
libere di superficie non inferiore a 1 m2 con esclusione di condotti.
LUOGO SICURO: Spazio scoperto ovvero compartimento antincendio
separato da altri compartimenti mediante spazio scoperto o filtri a prova
di fumo avente caratteristiche idonee a ricevere e contenere un
predeterminato numero di persone (luogo sicuro statico), ovvero a
consentirne il movimento ordinato (luogo sicuro dinamico).

INTERCAPEDINE
ANTINCENDI: Vano di
distacco con funzione di
aerazione e/o scarico di
prodotti della combustione
di larghezza trasversale
non inferiore a 0,60 m, con
funzione di passaggio di
persone di larghezza
trasversale non inferiore a
0,90 m. (…)
Superiormente è
delimitata da “spazio
scoperto”

SPAZIO SCOPERTO: Spazio a cielo libero o superiormente grigliato


avente,anche se delimitato su tutti i lati, superficie minima in pianta (m2)
non inferiore a quella calcolata moltiplicando per tre l altezza in metri
della parete più bassa che lo delimita. La distanza fra le strutture verticali
che delimitano lo spazio scoperto deve essere non inferiore a 3,50 m.
(…)
CAPACITÀ DI DEFLUSSO O DI SFOLLAMENTO: Numero massimo di
persone che, in un sistema di vie d uscita, si assume possano defluire
attraverso una uscita di «modulo uno». Tale dato, stabilito dalla norma,
tiene conto del tempo occorrente per lo sfollamento ordinato di un
compartimento.
DENSITÀ DI AFFOLLAMENTO: Numero massimo di persone assunto
per unità di superficie lorda di pavimento (persone/m2).
LARGHEZZA DELLE USCITE DI CIASCUN COMPARTIMENTO:
Numero complessivo di moduli di uscita necessari allo sfollamento totale
del compartimento.
MASSIMO AFFOLLAMENTO IPOTIZZABILE: Numero di persone
ammesso in un compartimento. È determinato dal prodotto della densità
di affollamento per la superficie lorda del pavimento.
MODULO DI USCITA: Unità di misura della larghezza delle uscite. Il
«modulo uno», che si assume uguale a 0,60 metri, esprime la larghezza
media occupata da una persona.
SCALA DI SICUREZZA ESTERNA: Scala totalmente esterna, rispetto al
fabbricato servito, munita di parapetto regolamentare e di altre
caratteristiche stabilite dalla norma.
SCALA A PROVA DI FUMO: Scala in vano costituente compartimento
antincendio avente accesso per ogni piano mediante porte di resistenza al
fuoco almeno RE predeterminata e dotate di congegno di autochiusura da
spazio scoperto o da disimpegno aperto per almeno un lato su spazio
scoperto dotato di parapetto a giorno.
SCALA A PROVA DI FUMO INTERNA: Scala in vano costituente
compartimento antincendio avente accesso, per ogni piano, da filtro a
prova di fumo.
SALA PROTETTA: Scala in vano costituente compartimento antincendio
avente accesso diretto da ogni piano, con porte di resistenza al fuoco REI
predeterminata e dotate di congegno di autochiusura.

MODULO DI USCITA: Unità di misura della larghezza delle


uscite. Il «modulo uno», che si assume uguale a 0,60 metri,
esprime la larghezza media occupata da una persona.
USCITA: Apertura atta a consentire il deflusso di persone
verso un luogo sicuro avente altezza non inferiore a 2,00
metri.

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