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[40] Queste sono le note, e sono a tal guisa composte, per dar' un facile principio à
quest'impresa; dove m'occorre dire, che non debbia in modo alcuno passare, da un passaggio à
l'altro, senza haver'il primo molto bene inteso, et apparato; et dove m'occorre dire anchora, che s'io
non ho posta chiave in questi essempi; l'ho fatto accioche si possano cominciare in ogni nome di
voce, dico, ut, re, mi, fa, sol, la, Cosi ascendendo, come descendo, e tanto in spatio, quanto in riga,
et a tutte queste cose, aggiongo quest' altra, che quantunque, questa quinta, e questa ottava, nelle
quali tutt'i passaggi si contengono, siano cosi variate, non dimeno si ponno tra loro mescolare,
togliendo hora il principio, e mezzo dell'un' passaggio col' fin dell'altro; et hora per il contrario. Si
porgono dunque prima le note dirette, et appresso le raddoppiate, senza dir hora, in qual luogo, et in
qual sillaba del madrigale si debbiano far'il passagio, poi che sin qui, non iscrivo d'altro, che del
modo d'acquista[41]re la dispositione, et attezza della gorga. Ma perche poco anzi niente sodisfatto
si sentirebbe il discepolo, se dopò haver'acquistata la disposition della gorga, con l'industria, et
ordine sopradetto, non sapesse applicare, i passaggi al madrigale, ò ad altra cosa che cantasse; per
cio scrivendo qui sotto, questo madrigale, ragioneró pi [sic. Ovviamente: di] molte regole, che sono
a' cotal proposito necessarie.
Madrigale Lasciare il velo
[58] E io anchora sò, che questo madrigale è vecchio, ma l'hò voluto mettere solo per
essempio, accioche il buon cantante osservi in qual si voglia cosa che se gli para inanzi da cantare,
quei ordini, e regole ch'in questo osservate si veggono; lequali accioche più chiaramente
s'intendano; Ecco che da me si scrivono.
La prima dunque regola, è, che non si facciano passaggi in altri luoghi, che nelle cadenze, per
che cuncludendosi L'armonia, nel Cadimento, con molta piacevolezza, vi si puo scherzare, senza
disturbo de gli altri compagni; ma non per questo, si prohibisce, che prima che s'arrivi alla cadenza
non si possa passare, da una ad un'altra nota, con qualche vaghezza, ò fioretto, si come di passo in
passo nel sopra stampato madrigale, osservato si vede in quei luoghi però, dove si può comportare,
e dove pare che stia bene.
La seconda regola, è, che nel madrigale non si fac[59]ciano più di quattro, o cinque passaggi,
accioche l'orecchia gustando di rado la dolcezza; si renda sempre più, d'ascoltar desiderosa. Il che
non avvenirebbe, se' continuamente passaggiando si cantasse, Percioche i passaggi di piacevoli,
diventarebbono noiosi, quando l'orecchia appieno satia ne divenisse; E questo ogni giorno tenemo
inanzi à gli occhi, poi che molti se veggono di coloro i quali senza osservare semituoni, e bemolli, e
senza ancho isprimere come stanno, le parole; non attendono ad altro ch'a passaggiare,
persuadendosi ch'inquesto modo, l'orecchia s'addolcisca. Onde, perche divengono fastidiosi, sono
da tutto'l mondo biasimati.
La terza regola è, che si debba far il passaggio; nella penultima sillaba della parola, accioche,
co'l finimento della parola, si finisca ancho il passaggio.
La quarta è, che piu volontieri si faccia il passaggio nella parola, e sillaba dove si porta la
lettera, [60] o, in bocca co'l passaggio, che nell'altre; Et accioche questa regola sia meglio intesa,
hora la dichiaro, le vocali (com'ogniun sà) sono cinque, delle quali, alcuna come è lo, u porta uno
spaventevole tuono all'orecchia; oltre che passaggiando con esso; pare appunto, rappresentare un
Lupo ch'ulula; Onde non posso se non meravigliarmi di coloro, quali nella prima sillaba del
madrigale ch'incomincia, Ultimi miei sospiri, fanno il passaggio, non posso (dico) se non
meravigliarmene; si per che non si deve in modo alcuno passaggiando, entrare, e si anchora perche
conquesta vocale s'aumenta lo spavento, et ombra del tuono. Et alcuna, si come è lo, i, portandosi
co'l passaggio, rappresenta un'animaletto che si vada lagnando. per haver ismarrita la sua madre;
pure si può concedere ch'al soprano istia manco brutto il passaggiare per lo, i, ch'all'altre voci.
L'altre vocali che rimangono, si ponno senza sempolo[4] portare, pure fando fra loro comparatione,
dico che l'o è la migliore, percioche con essa si rende la voce piu tonda, e con l'al[61]tre, oltre che
non cosi bene s'unisce il fiato, perche si formino i passaggi, sembianti al ridere, pure non
istringendo tanto questa regola; mi rimetto al buon giudicio del cantante.
La quinta regola è, che quando si ritrovano quattro, o cinque di conserto, mentre cantano,
l'uno debbia dar luogo all'altro; per che se, due o tre tutti in un tempo passaggiassero,
confonderebbono l'armonia. E di quanto in queste regole si comprende, si vede manifesto essempio
sopra scritto Madrigale.
[62] Io penso finqui havere adempito quanto V. S. m'ha comandato; hora perche tutti i musici,
dopo d'havere à questi miei ordini ubbidito, sapranno da perloro formare i passaggi, voglio qui sotto
per loro sodisfatione e mia metterne alcuni, i quali nel cantare, con qualche gratia riescano; dove
terrò quest'ordine; prima ponerò le cadenze; e dopò i passaggi (io dico i più belli) perche se volesse
mettere tutti quelli con i quali si può la cadenza variare, empirei il foglio più tosto di passaggi da
sonar, Che da cantare, aggiongendovi, Vago augelletto passaggiato nell'aria sua[5]:
Cadenze, passaggi e madrigale Vago augelletto
[77] Sò ben, io certissimo, che molti invidiosi giudicaranno questa mia nuova inventione, non
solo esser vana, ma anchora edificata sopra il falso. Vana diranno, perch'il passaggiare viene dalla
Natura, Falsa perche mentre i passaggi si fanno molte falsità si commettono. Onde brevemente
rispondo ch'è ben vero che la dispositione della gorga viene dalla Natura, ma che senza queste mie
regole si possa apparare il modo del passaggiare, è pure impossibil cosa, perche se la Natura da
l'attezza l'Arte porge il modo, senza il quale non si farebbe cosa alcuna buona, Anzi dico di più, che
la Natura come madre liberalissima, à tutti ha dato il modo di poter vincere quest'impresa (non parlo
hora di qualche scilinguato disgratiato e bastardo di lei, il quale non è stato meritevole di questo
dono). Ma perche non vogliono osservare e faticare quanto vi bisogna, fando ingiuria à loro istessi,
si riputano indegni di tal virtù. E che ciò sia il vero disiderarei ch'i detti invidiosi lo provassero, che
sono certo che se togliessero tanta fatica, quanta è necessa[78]ria à questi miei ordini
accaparebbono quello che per la loro pigritia biasimano, se pure non fossero eglino tanto disgratiati,
che non fossero venuti al mondo per altro, che per dir male. E brevemente rispondo ancora ch'è ben
vero, che nel passaggiare si fa qualche errore, ma perch'il passaggio con la sua velocità, e dolcezza
cuopre il difetto di modo che nè asprezza, nè falsità vi si conosse. per questo non saprei ch'altro
consigliare à questi invidiosi, se non che tacciano, et imparino perch'in conclusione il vero modo di
cantar cavaleresco, e di conpiacere all'orecchia, è il cantar di gorga. E di questo parere anco è il S.
D. Gio. Domenico da Nola, il S. D. Gio. Ant. Filodo, il S. Stefano Lanno, il S. Rocco e finalmente il
S. Gio. Tomasso Cimelli, i quali oltre che potrebbono un'altra volta riformar la musica quando ella
fusse perduta, fanno professione di modestia, di bonta, di virtù, e d'ogn'altra cosa ch'appartiene à
spirito angelico, e divino. Or sù, chi non la sà l'impari.
E per dimostrare quanto sia buono l'animo, che [79] tengo di servire, et aiutare, fino à
scilinguati à questa bellissima impresa, ecco che soggiongo i più belli, e sicuri rimedij per fare
buona voce ch'ho potuto nella mia profession raccorre.[6]
Assai giovevole rimedio à far buona voce, è l'usare spesse volte gli argomenti, onde Nerone
alquale tanto dilettava la musica, non havea à sdegno (come riferisce Suetonio tranquillo) l'usargli
per potere più dolcemente poi cantare.
Buono anco rimedio è il tenere una piastra di piombo nel stomaco, si come anco il medesimo
Nerone facea[7]. Ancora sono buone le sequenti pillole, massimamente quando la voce e guasta per
soverchia humidità, togliansi quattro fiche seche, levandone le scorze, e togliasi una mezza
dramma[8] di calamento[9], e parimente un scropolo[10] di gomma arabica[11], e pestisi ogni cosa
insieme nel mortaio, e facciasi ballotte. delle quali se ne tenerà una in bocca la notta continoamente,
e 'l di. Ecco questo altro, togliasi una drama di ligoritia[12], e due d'incenso, e togliasi anco uno
scropolo di safrano[13], e pestando ogni cosa [80] insieme, e congiongendole con il rob[14] di vino
o d'uva si usarà poi appoco appoco. Il brodo del cavolo[15] al medesimo effetto giova molto.
Et à tutti questi non è inferiore rimedio per l'asprezza della voce il togliere la cassia[16], dico
il mangiarla nel cannuolo, con il coltello, e parimente è molto approvato rimedio il lochsano di
Mesoe[17], si come buono rimedio ancora è il gargarismo fatto con un poco di sandaraca[18], et
aceto squillitico[19], et alquanto miele, e questo sia detto brevemente intorno alle cose ch'entrano
per la bocca quando il difetto della voce viene d'humidità nella gola che quando si disiderasse
rimedio per fuora, si potrà usare questo suffomiggio senza entrare ad empiastri, unguenti, et altre
ontioni per esser cose di molto fastidio, e bruttezza. Togliasi, incenso sandaraca stirace[20],
calamento[21], e mettendosi ne' carboni sene toglia il fumo per lo naso, e per la bocca. Et quando
per avventura per causo secca, la voce fosse cattiva, il che rare volte avviene. Togliasi oglio
violato[22], e con esso si mescoli tanto zuccaro che l'uno, e l'al[81]tro divenga come miele, e questo
s'inghiottisca appoco appoco, e massimamente quando se và à coricare sene toglia un cochiaro, et à
questo proposito è buono ancora il brodo di gallina. E le fiche seche con humidità molta[23]. Hò
voluto brevemente sovvenire à chi tiene bisogno di rimedio, per mostrare quanto io sia largo della
professione, e d'ogni altra cosa mia, e bascio le mano di V. S.
[1] I numeri fra parentesi quadre, inseriti nel testo ripetono quelli delle pagine dell'edizione originale.
[2] Il Maffei espone qui una teoria fisiologica dell'emissione della voce, che, allo stato attuale delle nostre indagini sull'argomento,
non siamo in grado di dire se e da chi fosse già stata formulata. È facile tacciare di ingenuità scientifica, come accade, il nostro
medico-filosofo-musicista. Prescindendo dal fatto che per giungere alla comprensione della funzione vibratoria delle corde vocali
occorrerà giungere ad Antoine Ferrein (1693-1769), è invece interessante osservare il procedimento logico attraverso il quale la
medicina si sforza di giungere alla comprensione del fenomeno. Non si dimentichi che non possono esistere conoscenze fisiologiche
senza la conoscenza di quelle anatomiche e nell'anno 1562, nel quale il Maffei scrive la sua "Lettera....", sono passati appena
diciannove anni dalla pubblicazione degli "Humani corporis fabrica libri septem" (1543) di Andrea Vesalio.
[3] Dalla descrizione che il Maffei ora farà della laringe si capisce che egli conosce perfettamente il trattato del Vesalio; anzi
addirittura egli si avvale delle parole dell'anatomico traducendole letteralmente, in parte, o riassumendo le altre per brevità.
[4] È in corso la ricerca per stabilire se la parola abbia un significato o se, semplicemente, si tratti di un refuso. Nanie Bridgman
scrive al suo posto: scrupolo, ma avrebbe senso anche: scempio.
[5] Sono pure in corso le indagini per individuare il madrigale originale, la cui parte di soprano è stata passaggiata. Nanie Bridgman
non ne fa parola e per parte nostra fino a questo momento siamo soltanto in grado di dire con sicurezza che non si tratta del sonetto di
Francesco Patrarca – Canzoniere (Rerum vulgarium fragmenta) – musicato da Girolamo Scotto (Di G. S. il primo libro de li
madrigali a doi voci..., Scotto, Venezia, 1551).
[6] Dopo averci inconsapevolmente informati sullo stato delle conoscenze sull'anatomia e la fisiologia della fonazione ai suoi tempi,
il Maffei ci fornisce ora quello sulla farmacologia.
[9] «Calamento o Calaminta, nome volgare della Satureia calamintha. Erba aromatica delle Labiate, in due principali varietà
(Satureia calamintha o Melissa calamintha e Calamintha officinalis), usata come condimento o per le sue proprietà officinali
(depurative e lenitive)» (Tesoro della Lingua Italiana delle Origini. Per il suo uso nel medioevo cfr. appunto la voce calamento.
[10] Scropolo o scrupolo. Unità di misura usata, dal Medioevo, in farmacia. Secondo il Battaglia (op. cit.) corrisponde a g 1,296.
[13] Safràn o zafferano. Crocus sativus. «Noto fino dall'antichità, lo zafferano è un eupeptico [desta l'appetito e agevola la
digestione, n.d.r.], uno stimolante nervoso e un emmenagogo [= che ristabilisce o rende regolari le mestruazioni n.d.r.]. Questa ultima
proprietà lo fa utilizzare clandestinamente come abortivo» (E. Maugini, op. cit., p. 479).
[14] «Il Rob, overo robub (che robub li chiamano piu rob insieme nel numero del piu) ha quella differenza dal siroppo: che quello è
succo composto con mele, overo con zuccharo, ò con materia altra simile (intendendo però di que' siropi, che vanno fatti di succhi) &
questo è succo semplice inspissato al Sole, ò al fuoco, & venuto à quella consistenza, nella quale veggiamo la sappa [sappa = sapa,
mosto cotto e concentrato per mezzo dell'ebollizione, usato per lo più come condimento (Battaglia, op. cit.)] essere ridotta dalle
donne, ò altro, che la faccia, nel cuocerla nel tempo dell'estate nelle vendemie, la cui sappa essa ancora, come è noto, è detta rob, &
assolutamente intesa per lo piu nobile d'ogni altro, per la dignità del vino tra tutti i succhi: benche nella piu parte de robub vi si
mescoli del mele, ouero del zuccharo,o penidi, o cosa altra simile, è ciò fatto a sola cagione, che li succhi si conservino, nè si
corrompino.»(Gierolamo Calestani, Delle osservationi di G. C. parmigiano Parte seconda... Venezia, De Franceschi, 1580, p. 1).
[15] La medicina popolare attribuisce alle foglie del cavolo (Brassica oleracea)
interessanti e curiose proprietà antinfiammatorie e cicatrizzanti; per esempio la foglia
contusa viene anche applicata sulle articolazioni dolenti. Oggi sappiamo che il cavolo
è ricco di vitamina C ed ha proprietà antiossidanti e protettive nei confronti del
complesso fenomeno della carcinogenesi.
[16] Cassia fistula o Cassia in canna. Albero del genere Cassia, originario dell'India e dell'Arabia, coltivato nelle regioni tropicali,
specialmente nelle Antille. La polpa nera del suo frutto (legume), depurata costituisce la polpa di Cassia ad azione lassativa e
decongestionante.
[17] Il lochsano di Mesoe corrisponde al Loch Sanum di Mesuè il Giovane. Il Loch
era un elettuario con consistenza simile al miele che di solito veniva leccato per
ottenere una lenta assunzione. Mesuè il Giovane, famosissimo medico e farmacologo
contemporaneo di Avicenna (decimo secolo d.C.), scrisse un antidotario che fu
celebre per tutto il Medioevo ed il Rinascimento. Molte preparazioni farmaceutiche
da lui descritte furono usate sino all'inizio del XIX secolo, tra queste anche due Loch:
il Loch ad asma, a base di scilla, marrubio, issopo, iris, mirra e zafferano; il Loch
Sanum, a base di cinnamomo, issopo e liquirizia. Col tempo le formule di questi Loch
sono state abbondantemente variate e complicate dai diversi autori di trattati di
materia medica, pertanto non è agevole conoscere esattamente le formule originarie.
Ecco la formula del Loch Sanum di Mesuè riportata nella usatissima Farmacopea
Universale di Nicolas Lemery nell'edizione parigina del 1761. «Prendete uva
passa,fichi secchi recenti, datteri ana once due - Una trentina di giuggiule e di sebeste
(frutti della Cordia sebestena L.) - Semi di fieno greco dramme cinque - Semi di lino,
di anice, di finocchio ana mezza oncia - Cannella, iris, calaminta, liquirizia ana mezza
oncia. - Fate bollire tutto questo in due pinte di acqua sino a che essa si riduca alla
metà. Cuocete questa colatura con due libbre di zucchero d'orzo sino a consistenza di
miele e poi aggiungete le seguenti droghe polverizzate: Pinoli sbucciati dramme
cinque - Mandorle dolci sbucciate,liquirizia, gomma adragante, gomma arabica,
amido, ana dramme tre - Radici di iris dramme due - Un pugno di foglie di issopo e
di capelvenere. Di tutto ciò fate un Loch secondo arte". (Centro di Informazione sul
Farmaco - Società Italiana di Farmacologia in collaborazione col dott. Pierangelo Lomagno,
storico della Farmacia).
[18] (Sandaracca, sandracca, dall'arabo sandarus). Resina ottenuta incidendo la corteccia di alcune Cupressacee (Callitris
quadrivalvis e Thuja aphylla) e costituita per il 90% di acini resinacei, che si presenta incolore ed è messa in commercio in lacrime e
masserelle dure, friabili, gialle, traslucide; è solubile in alcool, acetone, etere etilico e insolubile in acqua, ed è usata in farmacia, per
preparare lacche, vernici con l'alcool, cemeti dentari e linoleum (Battaglia, op. cit.). Sempre secondo il Battaglia, dice Zuccheo
Bencivenni (Firenze, prima metà del sec. XIV) nel Libro della consolazione delle medicine simplice solutive... Nuovamente distincto,
corretto e diligentemente revisto (Venezia, 1521): «La sandaraca con lo aceto è di somma utilitate ». Dice inoltre il Fasciculo di
medicina vulgare (1494): «De la rectificazion del aere... Suffumiga la tua camera la matina e la sera con mastice, incenso, mirra
terbertina, sandaraca, cipresso».
[19] «Lo squillitico aceto si fa così. Togli la cipolla squilla e tienila per un dì e per una notte in aceto e cuoci e cola.» (Piero de'
Crescenzi, Trattato dell'agricoltura di P. de' C. traslatato nella favella fiorentina... ridotto a miglior lezione da Bartolomeo
Sorio..., Verona, Vicentini e Franchini, 1852, vol III, p. 348). Squilla: «Nome comune di alcune Gigliacee [sic] appartenenti al genere
omonimo [sic] e, in partic., dell'Urginea maritima (o Scilla maritima), nota anche come cipolla marina o scilla.» (Battaglia,op. cit.)
[20] Stirace o storace «Balsamo che si ricava in partic. dalla liquidambra (Liquidambar orientalis) la cui corteccia viene bollita in
acqua, spremuta attraverso sacchi di crine in modo da ottenere una resina liquida, di colore verde-grigio che, col tempo,si ispessisce
e diventa nera, gradevolmente profumata, usata in medicina per curare alcune malattie della pelle e come antiparassitario contro gli
acari della scabbia e i pidocchi, e in profumeria per fissare il profume delle essenze (Battaglia, op. cit.).
[21] Calamento = Calaminta (Satureia calamintha). «Del Calamento. Cap XXIIII. [(Calaminthe (in caratteri greci)],
Calaminthe, il calamento anche si chiama nepeta, è calda et secca in terzo grado. Et n'è di due sorti, di quella delle pianure, et di
quella de monti. quella de monti è molto più efficace. ma contra la tosse et l'asma, et contra il dolor freddo del stomaco, et contra il
catarro frigido, che descende dal capo: tollendo della sua polvere in un ovo, ò bevendo la sua decottione. contra al descendimento de
l'uvole, si faccia gargarismo di di questa con aceto...» (Bartolomeo Boldo, Libro della natura et virtù delle cose che nutriscono...,
Venezia, Guerra, 1576).
[22] «I fiori [di viola (Viola odorata)] contengono tracce di acido salicilico, mucillaggini, pigmenti antocianici, olio essenziale
costituito da aldeidi ed alcoli alifatici non saturi. La radice contiene dei saponosidi ed un alcaloide (odoratina = triacetonamina) che
avrebbe proprietà ipotensive. I fiori sono emollienti [attenuano e calmano l'infiammazione aumentando l'idratazione dei tessuti
infiammati e diminuendo certe sensazioni moleste (es. senso di bruciore nella laringe, necessità di tossire, ecc.)] e bechici. In
profumeria viene usata l'essenza dei fiori e delle foglie. Le radici sono espettoranti e, ad alte dosi, emetiche [provocano il vomito]
(Maugini, op. cit.).
[23] È da osservare che il Maffei non cita ancora fra le erbe utili alla voce l'erisimo (Sisymbrium officinale), che oggi è considerato
l'erba dei cantanti per antonomasia. Questa pianta, infatti, era già conosciuta e utilizzata nell'antichità, ma fu accuratamente studiata
soltanto nel XVI secolo e, verosimilmente, il nostro non la considerava ancora degna di essere presa in considerazione.