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Politecnico di Torino

Corso di “Evoluzione dei veicoli aerospaziali”

Carrello, decollo e atterraggio

Anno Accademico 2015/2016


Paolo Maggiore

Evoluzione dei veicoli aerospaziali - a.a. 2015/2016 - Paolo Maggiore 1


CARRELLO D'ATTERRAGGIO
Il carrello d'atterraggio ha due scopi principali:
1) permettere movimenti controllati dell'aeroplano al suolo (corsa di decollo, decelerazione
all'atterraggio, spostamenti da e per le aree di parcheggio)
2) assorbire e dissipare l'energia cinetica "verticale" (legata alla componente VZ) posseduta
dal velivolo al momento del contatto al suolo, durante l'atterraggio.


V0  V  velocità orizzontale
VZ = velocità verticale

1
mVZ2  E Z  energia cinetica "verticale"
2
2
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ARCHITETTURE DI CARRELLO: SEMPLICE E A FORCELLA

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CARRELLO D'ATTERRAGGIO
La figura successiva illustra un sistema di comandi di volo primari, con due
differenti soluzioni costruttive, per un piccolo aeroplano.

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CARRELLO: AMMORTIZZATORE
L'ammortizzatore a sua volta svolge due funzioni:

1) elastica, ovvero deve assorbire l'energia EZ,


impedendo che essa possa danneggiare le
strutture del velivolo, trasformandola in energia
potenziale (grazie a compressione di un mezzo
elastico, un gas)

2) dissipatrice, ovvero deve trasformare l'energia


meccanica in calore, smorzando così le
oscillazioni che nascono a causa della tendenza
alla restituzione dell'energia potenziale da parte
del gas.

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CARRELLO D'ATTERRAGGIO
La disposizione delle gambe deve garantire inoltre la soddisfazione di un'esigenza primaria:
quella della stabilità statica del velivolo al suolo, impedendone il ribaltamento. Allora, le
gambe del carrello andranno collegate alla struttura in modo che il baricentro del velivolo cada
all'interno del poligono ottenuto congiungendo i centri delle ruote.

La soluzione più diffusa è quella a triciclo, costituita da un carrello principale, più robusto,
formato da due gambe affiancate, e da una terza gamba.

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CARRELLO D'ATTERRAGGIO
Esistono due soluzioni tipiche per il carrello a triciclo: quella posteriore (presenza di un ruotino
di coda), diffusa nei velivoli ante guerra, e quella anteriore, più moderna, in cui esiste un vero
e proprio carrello anteriore.

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STERZATURA CARRELLO
Altra funzione svolta dal carrello è quella di dare al velivolo la possibilità di sterzare durante il
rullaggio. Per garantire l'assolvimento di questa funzione (riferendosi all’architettura più
diffusa, quella a triciclo) si dota di capacità sterzanti la gamba che supporta il ruotino
(anteriore o posteriore) e si dà capacità di frenatura differenziale sulle due ruote del carrello
principale.

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NUMERO RUOTE
L'architettura del carrello a triciclo ha alcune varianti spesso legate all'esigenza di distribuire il
peso di velivoli molto grandi su un numero elevato di ruote.

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CONFRONTO TRA DUE ARCHITETTURE
La moderna diffusione dell'architettura di carrello a triciclo anteriore è dettata da una serie di
vantaggi che sono ora esaminati.

Triciclo posteriore Triciclo anteriore

Assetto regolabile in rullaggio Assetto obbligato in rullaggio

Facile rotazione al decollo Rotazione difficile al decollo

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CONFRONTO TRA DUE ARCHITETTURE

Triciclo posteriore Triciclo anteriore

Scarsa visibilità a terra Migliore visibilità a terra

Operazioni di carico scomode Piano di carico orizzontale

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CONFRONTO TRA DUE ARCHITETTURE

Triciclo posteriore Triciclo anteriore

Carrello più pesante, costoso e ingombrante


Rischio di ribaltamento in frenata

Rischio di ridecollo al contatto col suolo

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CONFRONTO TRA DUE ARCHITETTURE

Rullaggio instabile
FC

Fa

Rullaggio stabile
FC

Fa

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DECOLLO

Definiamo anzitutto il decollo suddividendolo in tre fasi: rullaggio, manovra e salita.

VTO = 1.2 Vmin


xr xm xs

Rullaggio Manovra Salita

VTO VTO VZ
VTO hTO
V=0

xTO

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STUDIO DELLA FASE DI RULLAGGIO

D T
DR x
W

Le relazioni che regolano il moto sono:

L<W
W
T  D  DR  x con T = T(t)
g
DR  f  W  L
dove:
DR è la resistenza per attrito col terreno di tutte le ruote del carrello (principale e anteriore), e f
è il coefficiente di attrito volvente ruote/suolo, variabile tra 0.03 e 0.05 in base alle condizioni
ambientali (asciutto/bagnato) e alla tipologia del rivestimento della pista. Molto importante per
il decollo è la legge di variazione della spinta generata dai propulsori. 15
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STUDIO DELLA FASE DI RULLAGGIO
Nell’ipotesi di effettuare il rullaggio ad un assetto costante occorre ora definire il valore del
coefficiente di portanza ad esso associato. Il problema comporta la determinazione di una
condizione di ottimo tra due opposte tendenze, nel tentativo di accorciare lo spazio
necessario al raggiungimento della velocità di decollo:

1) quella di aumentare la portanza generata dall’ala per sgravare le ruote del carrello durante
il rullaggio, riducendo l’attrito al rotolamento

2) quella di diminuire la portanza generata dall’ala per ridurre, in tal caso, la resistenza
aerodinamica indotta
D

Dindotta + DR

Dindotta

DR = f (W-L)

CLR
(CLR)ott 16
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CLOTT IN RULLAGGIO
A questo proposito è da considerarsi che il coefficiente di portanza in rullaggio ottimale è
ottenibile:

1) agendo sull’equilibratore, per velocità oltre le quali si può sollevare la coda per
velivoli con carrello a triciclo posteriore

2) a mezzo d’estrazione degli ipersostentatori, per velivoli con carrello a triciclo


anteriore

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Estensione ipersontentatori

Decollo Atterraggio

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Geometria ipersontentatori

Spoiler

Slat

Posizione di decollo

Guida del flap

Posizione di
Flap atterraggio

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STUDIO DELLA FASE DI MANOVRA
Dopo aver raggiunto, al termine di un rullaggio lungo xR effettuato in un tempo tR,
la velocità di decollo VT0, inizia la fase di manovra, ossia la rotazione attorno ad un
asse parallelo a y e passante per l’asse di rotazione delle ruote del carrello
principale. La rotazione è necessaria per far raggiungere all’aereo l’incidenza di
portanza massima necessaria all’involo.

Le equazioni che regolano questa fase del decollo sono:

  M R / J R tm  1 s  se velivolo caccia


tm  2 s
    dt tm  3 s  se grosso velivolo da trasporto

    dt xm = VTO tm

dove  è l’angolo di beccheggio e JR è il momento di inerzia del velivolo attorno


all’asse yR. 20
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ROTAZIONE AL DECOLLO

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STUDIO DELLA FASE DI SALITA
Anche la fase di salita può essere studiata con l’approssimazione di ritenere
costante la velocità (in particolare la componente orizzontale VTO) e l’incidenza del
velivolo. Per quanto riguarda l’incidenza si deve considerare la riduzione della
stessa non appena il velivolo assume una componente di velocità verticale verso
l’alto Vz a causa della composizione di moti:
V 
α  arctg z 
 VTO 
 VZ 
L’incidenza effettiva sarà quindi:  eff        arctg 
 VTO 

Bisogna considerare il benefico effetto di tale riduzione di incidenza che assicura


dall’insorgenza dello stallo oltre a quello, meno gradito, della riduzione della
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portanza.
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STUDIO DELLA FASE DI SALITA
Empiricamente si può assumere che la composizione delle velocità causi una riduzione della
portanza del 5% circa. Sotto quest’ipotesi si può scrivere:
V  VTO
1
L  C L max  VTO
2
S  0.95  cost
2
Considerando, per semplicità, la portanza parallela al peso (dato il piccolo angolo di salita) è
possibile calcolare un valore approssimato dell’accelerazione verticale impartita al velivolo
dalla portanza subito dopo la rotazione:
L W
z  0.95
W /g
Come ulteriore ipotesi semplificativa si impone, per semplicità, che l’accelerazione si
mantenga costante per il tratto della salita fino al superamento dell’ostacolo convenzionale;
in tal caso, applicando le formule del moto uniformemente accelerato, si ottiene:
z  z  t
1
z  z  t 2
2
2  hTO
e imponendo z = hTO si ricava: t   xTO  x R  xm  x sal
z 
 tTO  t R  tm  t sal
e poi: xsal  VTO  t sal
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PRESCRIZIONI NORMATIVE SUL DECOLLO
Stante l’importanza, dal punto di vista della sicurezza, del decollo su tale fase della missione
si è particolarmente puntata l’attenzione degli Enti normativi.
Oltre alla già vista prescrizione che fissa la velocità del decollo VTO ad un livello superiore
del 20% rispetto alla velocità minima di sostentamento, è stata preoccupazione degli Enti
normativi tenere conto della possibilità che durante il decollo avvenga la piantata di uno dei
motori, facendo sì che tale evento, almeno sui plurimotori da trasporto, non risulti rischioso.
Le prescrizioni di cui sopra si sono basate sulla cosiddetta “Distanza Bilanciata di Decollo”
(DBD o, in inglese, Field Balanced Lenght), caratteristica dei plurimotori e qui di seguito
definita.
Si consideri un plurimotore (con n motori) in decollo che, ad un certo punto del decollo, sia
soggetto al guasto di un motore (piantata di un motore) perdendo il contributo di spinta
relativo. Immaginando di assumere come variabile indipendente, chiamata xG, l’ascissa,
lungo la pista di decollo, in cui si verifica la piantata di un motore, si può tracciare la curva
xTO* = f(xG); è possibile quindi diagrammare, in funzione di xG, la lunghezza occorrente per
un decollo effettuato normalmente effettuato sino a xG e di lì in poi con un motore in meno.
E’ chiaro che xTO* sarà tanto minore quanto più xG è grande, perché si sarà sfruttata
maggiormente l’azione accelerante del motore destinato poi a venir meno. Si noti che se il
guasto avviene per xG = xTO (dove xTO è la lunghezza normale di decollo, discussa in
precedenza) sarà xTO* = xTO perché il decollo è ormai avvenuto.
Alla curva di xTO* = f(xG) si sovrapponga la curva: xF = f’(xG), dove xF è data da xG più lo
spazio che l’aereo (supposto arrivato a xG con la velocità normalmente raggiunta in tal punto
della pista in un normale decollo) impiega ad arrestarsi, avendo il pilota deciso di rinunciare
al decollo.
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PRESCRIZIONI NORMATIVE SUL DECOLLO

Come si vede dalla figura,


Spazio
xF cresce all’aumentare di xF xF = xG + spazio di frenata a partire da xG
xG partendo da 0: infatti
per piccoli xG anche xF
sarà piccolo per le
seguenti ragioni:

1) xG è una parte di xF;


DBD
2) essendo, in tal caso, xTO* = lunghezza di decollo con un
motore guasto a partire da xG
piccole le velocità xTO
raggiunte, sarà breve lo xTO*
spazio di frenata.
Evidentemente il
ragionamento si rovescia
per xG elevati.

45°

xNR xTO Distanza di guasto del motore

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PRESCRIZIONI NORMATIVE SUL DECOLLO
Come si vede esiste un valore di xG = xNR per cui le due curve xTO* e xF si intersecano:
l’ordinata delle due curve in tal punto è nota con la sigla di DBD.
Il manifestarsi del guasto di un motore alla ascissa xNR rappresenta la situazione più gravosa:
infatti se la piantata del motore si verifica per xR < xNR il pilota potrà rinunciare al decollo e
arrestarsi, occupando un tratto di pista (misurato a partire dal punto in cui inizia il rullaggio) di
lunghezza xF sicuramente inferiore alla DBD. Se la piantata di un motore si verifica per xG >
xNR il pilota potrà comunque decollare in una lunghezza (sempre misurata a partire dal punto
in cui inizia il rullaggio) pari a xTO*, maggiore del normale xTO, ma minore della DBD.

Quindi la DBD rappresenta la maggior lunghezza di pista occupabile nel caso peggiore che la
piantata di motore avvenga proprio ad xNR. Si noti che se la piantata avviene prima conviene
abortire il decollo, mentre se la piantata di motore avviene oltre xNR conviene continuare il
decollo.

L’imposizione normativa consiste nel fatto che ad un aeroplano (con le sue caratteristiche, un
certo peso W e tenendo conto della quota dell’aeroporto e delle condizioni atmosferiche per
la loro influenza sulle azioni aerodinamiche e propulsive, nonché delle condizioni della pista
per quanto riguarda coefficienti d’attrito e possibile decelerazione in frenata) è permesso
iniziare il decollo solo se la DBD è minore (di un margine specificato, assunto come fattore di
sicurezza) della lunghezza della pista.

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PRESCRIZIONI NORMATIVE SUL DECOLLO
Una prescrizione normativa complementare a quella sulla DBD si preoccupa del caso che la
piantata di uno dei motori avvenga durante la fase di salita, imponendo che l’aereo riesca
ancora a salire con una angolo di rampa  non inferiore ad un valore specificato min.

Le equazioni che regolano il moto in salita sono le seguenti e dalla loro soluzione si ricava
quanto deve valere la spinta disponibile massima in modo che con la piantata di un motore si
possa ancora volare con angolo di rampa min

 L  W cos  min  0
 n 1
TD  D  W sin  min  0
 n
V  VTO
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ATTERRAGGIO

xd xm xf

Discesa Manovra Decelerazione


Vavv

Vmin Vmin

hL V=0

xL

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