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Il ferro viene assorbito a livello del duodeno.

Il ferro legato al gruppo eme è di


più facile assorbimento rispetto al ferro non eme. La carne contiene circa il 40%
di ferro eme e il 60% di ferro non eme. Del ferro contenuto nella carne, eme e non
eme, ne viene assorbito circa il 10-30%,[10] percentuale che sale fino al 40% se si
considera il solo ferro eme[11]. Gli alimenti vegetali contengono solo ferro non
eme di più difficile assorbimento, infatti del ferro di origine vegetale si assorbe
infatti meno del 5%[10]. In totale una persona priva di carenze assorbe in media
circa il 10% del ferro introdotto con la dieta[11].

Del ferro introdotto con la dieta circa l'80% è incorporato nel gruppo eme (non è
influente lo stato di ossidazione); il restante 20% è immagazzinato come ferro non
emico che deve essere necessariamente nella forma ridotta[12].

La riduzione avviene facilmente a pH acido, quindi nello stomaco o in presenza di


sostanze riducenti come la vitamina C.

Nelle cellule e nei fluidi corporei (sangue e linfa) il ferro non è mai libero, ma
è legato a specifiche proteine di trasporto. All'interno delle cellula della mucosa
intestinale il ferro si lega all'apoferritina; il complesso neoformato si chiama
ferritina. Dopodiché il ferro viene liberato e ossidato per raggiungere il circolo
sanguigno. Nel sangue il ferro viene nuovamente ridotto e si lega alla
transferrina. Come tale viene trasportato al fegato dove si deposita come ferritina
ed emosiderina. Dal fegato, a seconda delle necessità dell'organismo, il ferro
viene trasportato ai vari organi, ad esempio al tessuto muscolare, dove è
fondamentale per la sintesi della mioglobina o a livello del midollo osseo rosso
dove è impiegato per la sintesi dell'emoglobina.

Il ferro-eme è una sostanza pro-ossidante che favorisce la formazione di N-nitroso


composti nel lume intestinale e in generale la produzione di radicali liberi.

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