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Materiali dielettrici

I materiali dielettrici hanno idealmente una conducibilità elettrica nulla, sono, cioè, isolanti elettrici. Materiali
ceramici la cui conducibilità elettrica è minore di 10-8 S cm-1 appartengono a questa categoria e hanno gap di
banda dell'ordine di 2-8 eV. Sono usati principalmente nei capacitori e come isolanti elettrici. Per poter essere
utilizzati in pratica devono possedere alcune caratteristiche:

a) elevata resistenza dielettrica, ossia devono poter sopportare elevati voltaggi senza degradarsi e divenire
conduttori.

b) bassa perdita dielettrica, ossia in un campo elettrico alternante la perdita di energia elettrica sotto forma
di calore deve essere minimizzata.

La conduttività elettronica di ceramici isolanti è trascurabile a temperatura ambiente e la conduzione


elettrica avviene principalmente mediante diffusione ionica. Quindi ioni con piccolo raggio ionico tendono a
diffondere più facilmente e quando presenti come impurezze contribuiscono significativamente alla
conduzione elettrica del materiale. Anche molecole come l'acqua assorbite alla superficie del materiale
possono contribuire alla conducibilità. La dissociazione dell'acqua sulla superficie o nei pori del materiale
genera ioni molto mobili con perdita di potere isolante.

Oltre alle caratteristiche elettriche particolari, gli isolanti ceramici devono avere proprietà termiche,
meccaniche e chimiche superiori, specialmente quelli utilizzati in microelettronica come isolanti.

L’applicazione di una differenza di potenziale attraverso un dielettrico porta a una polarizzazione di carica
all'interno del materiale benché non ci sia una mobilità a lunga distanza di ioni o elettroni. La polarizzazione
sparisce quando il voltaggio è rimosso. I materiali ferroelettrici (descritti più avanti) sono tipi speciali di
dielettrici con la proprietà di mantenere una polarizzazione residua anche dopo che il campo elettrico è stato
rimosso. Le proprietà dielettriche possono essere definite dal comportamento di un materiale in un
capacitore a piatti paralleli. Questo consiste di due piatti conduttori paralleli e separati da una distanza d,
piccola rispetto alle dimensioni lineari dei piatti (vedi Figura 1).

Figura 1

Quando tra i piatti c'è il vuoto, la capacitanza C0 è definita come:

dove ε0 è la permittività del vuoto e A è l'area dei piatti. Quindi C0 dipende solo da A e da d. Applicando una
differenza di potenziale, V, tra i piatti una quantità di carica Q0 viene immagazzinata al loro interno, e vale la
relazione
Se si pone una sostanza dielettrica tra i piatti e si applica la stessa differenza di potenziale, la quantità di
carica immagazzinata aumenta a Q1 e la capacitanza cresce di conseguenza a C1. La costante dielettrica ε’ del
dielettrico è legata a questo aumento di capacitanza come

Il valore di ε’ dipende dal grado di polarizzazione o di spostamento di carica che avviene nel materiale.
Nell'aria ε’ = 1. Nella maggior parte dei solidi ionici ε’ = 5-10. Nei materiali ferroelettrici, come BaTiO3, ε’ = 103-
104.

Ferroelettricità

La ferroelettricità fu scoperta nel 1920 nel sale di Rochelle da J. Valasek [J. Valasek (1920). "Piezoelectric and
allied phenomena in Rochelle salt". Physical Review 15, 537]. Un materiale ferroelettrico è l’analogo elettrico
di un materiale ferromagnetico. I materiali ferroelettrici sono infatti caratterizzati dalla possibilità di
mantenere una polarizzazione residua anche dopo che un campo elettrico esterno è stato rimosso. In genere,
all’aumentare della differenza di potenziale V applicata a una sostanza dielettrica si ha un aumento
proporzionale della polarizzazione indotta, P, o della carica immagazzinata, Q. Questa semplice relazione
lineare tra P e V non vale per i materiali ferroelettrici, come mostrato in Figura 2. Si osserva un
comportamento più complesso, con un ciclo di isteresi.

Figura 2

La polarizzazione che si osserva aumentando il voltaggio non è riprodotta nel diminuire il voltaggio. I
ferroelettrici mostrano una saturazione di polarizzazione, Ps, ad elevato campo elettrico (per BaTiO3 Ps = 0.26
C m-2 a 23 °C) e una polarizzazione rimanente Pr, che è il valore mantenuto quando V = 0. Per ridurre la
polarizzazione a zero occorre applicare un campo opposto.

In una molecola la polarizzabilità, α, è legata al momento di dipolo indotto da un campo elettrico E secondo
questa relazione

In un solido la polarizzazione P dipende dal numero di molecole per unità di volume, N

P può anche essere espresso come


dove ε0 è la permittività del vuoto e χ è la suscettività elettrica. La suscettività elettrica dipende dalla
temperatura e pertanto anche la polarizzabilità P di un solido dipende da T. Per un materiale dielettrico la
dipendenza della suscettività elettrica χ da T è simile a quella per la suscettività magnetica (legge di Curie)

dove C è detta costante di Curie. I materiali ferroelettrici mostrano il valore massimo della costante dielettrica
vicino al punto di Curie, Tc, al di sopra del quale la polarizzazione è distorta per effetto delle vibrazioni
termiche e la suscettività elettrica obbedisce alla legge di Curie-Weiss

I materiali ferromagnetici sono caratterizzati dalla assenza di un centro di simmetria cristallografico

In Tabella sono rappresentate alcune sostanze ferroelettriche. Tutte queste sostanze sono caratterizzate da
strutture in cui un catione, ad esempio Ti4+ in BaTiO3, può spostarsi notevolmente, di circa 0.1 Å, rispetto agli
anioni vicini. Questi spostamenti generano dei dipoli e le elevate costanti dielettriche che sono caratteristiche
dei materiali ferroelettrici. Questo spostamento è illustrato schematicamente in Figura 3.

Figura 3
La struttura della perovskite cubica del BaTiO3, che è stabile sopra i 393 K, non possiede un momento di
dipolo perché le cariche sono distribuite in modo simmetrico (specie detta paraelettrica, cioè non
ferroelettrica). Il materiale ha un normale comportamento dielettrico anche se con una costante dielettrica
elevata. Sotto i 393 K (Tc) si hanno delle transizioni di fase e le distorsioni strutturali inducono una
polarizzazione spontanea, con i singoli ottaedri TiO6 sempre polarizzati. L'effetto del campo elettrico esterno
è quello di allineare tutti i dipoli con il campo. La condizione di saturazione si raggiunge quando l'allineamento
è completo. Da misure di Ps è stato possibile stimare lo spostamento di circa 0.1 Å del Ti nel reticolo, come
dimostrato da misure di diffrattometria a raggi X. Lo spostamento di 0.1 Å è piccolo se confrontato con la
distanza media Ti-O di 1.95 Å negli ottaedri TiO6. Al di sotto di 393 K, la struttura cubica di BaTiO3 si trasforma
in una struttura tetragonale, mentre sotto 278 K in una struttura ortorombica e infine sotto 183 K in una
struttura romboedrica (Figura 4).

Figura 4

Rispetto alla fase cubica, si ha un allungamento lungo uno degli assi (direzione [100]) nella fase tetragonale,
lungo una delle diagonali di faccia (direzione [110]) nella fase ortorombica e lungo la diagonale di corpo
(direzione [111]) nella fase romboedrica. Lo ione Ti4+ si muove in queste tre direzioni successivamente man
mano che il cristallo viene raffreddato a partire dalla fase cubica (in cui gli ioni Ti4+ stanno al centro degli
ottaedri).

Oltre alla costante dielettrica e alla polarizzazione, altre proprietà (come la capacità termica) mostrano
variazioni anomale alle tre transizioni di fase. La variazione di Ps (saturazione di polarizzazione) con la
temperatura è mostrata in Figura 5.
Figura 5

L'allineamento dei dipoli è in tutto simile a quanto accade per gli spin nei materiali magnetici. Pertanto, se
tutti i dipoli dovuti agli ottaedri TiO6 distorti sono allineati nello stesso modo si ottiene un ferroelettrico
(Figura 6a). Allo stesso modo si possono avere allineamenti antiferroelettrici (Figura 6b) o ferrielettrici (Figura
6c). Nella Figura ogni freccia rappresenta schematicamente un ottaedro TiO6 distorto.

Figura 6

Nei ferroelettrici come BaTiO3, si formano strutture a domini in cui dipoli adiacenti TiO6 si allineano paralleli
(Figura 7). I domini sono di dimensioni variabili ma sono di solito grandi, decine o centinaia di angstroms.
Nell’ambito di ciascun dominio i dipoli hanno una orientazione comune. La polarizzazione netta di un
materiale ferroelettrico è la risultante vettoriale della polarizzazione dei singoli domini.

Figura 7
L’applicazione di un campo elettrico ad un ferroelettrico porta a un cambio nella polarizzazione netta, in
seguito a diversi processi possibili:

a) La direzione di polarizzazione dei domini può cambiare. Ciò accade se tutti i dipoli TiO 6 in un dominio
cambiano la loro orientazione disponendosi come in un dominio adiacente.

b) Il valore di P in ogni dominio può crescere, specialmente se un certo grado di casualità nell’orientazione
dei dipoli era presente prima dell’applicazione del campo.

c) La migrazione dei contorni dei domini può avvenire in modo che i domini orientati in modo favorevole
crescono a spese dei vicini orientati meno favorevolmente, finché si ottiene un unico dominio.

Lo stato ferroelettrico è caratteristico delle basse temperature in quanto aumentando il moto termico si
distrugge l'ordinamento dei dipoli. La temperatura a cui questo avviene è appunto la temperatura
ferroelettrica di Curie, Tc. Al di sopra di Tc il materiale si comporta da paraelettrico o, più semplicemente,
non-ferroelettrico. La transizione che avviene a Tc è quindi un esempio di transizione di fase ordine-disordine.

Alti valori della costante dielettrica si osservano anche oltre Tc (Figura 8) ma non viene mantenuta alcuna
polarizzazione residua in assenza di campo applicato.

Sopra Tc, ε’ è dato dalla legge di Curie-Weiss

dove C è la costante di Curie e θ la temperatura di Curie-Weiss. Il comportamento secondo Curie-Weiss è


caratterizzato da un plot lineare di (ε’)-1 versus T. Normalmente Tc. e θ o coincidono o differiscono di pochi
gradi.

Figura 8

Una condizione necessaria perché un cristallo presenti polarizzazione spontanea e sia ferroelettrico è quindi
che il suo gruppo spaziale sia non centrosimmetrico. Spesso la simmetria della fase paraelettrica stabile sopra
Tc è centrosimmetrica e la transizione con aumento di ordine che si verifica per raffreddamento implica
semplicemente un abbassamento di simmetria, con il passaggio ad un gruppo spaziale non centrosimmetrico
(Figura 9).
Figura 9

Sono note varie centinaia di materiali ferroelettrici di cui un gran numero sono perovskiti con struttura
distorta, che contengono cationi che si ‘trovano bene’ in un intorno ottaedrico distorto (Ti, Nb, Ta). Non tutte
le perovskiti però sono ferroelettriche, ad esempio BaTiO3 e PbTiO3 lo sono mentre CaTiO3 no. Ciò è
probabilmente legato alle dimensioni ioniche, con gli ioni grandi che espandono la cella unitaria, provocando
un allungamento delle distanze Ti-O e consentendo agli ioni Ti4+ più flessibilità di movimento all’interno degli
ottaedri. Ci sono cationi che sono legati in modo asimmetrico agli ossigeni vicini per via di coppie di non
legame presenti nello strato di valenza. È il caso di Sn2+, Pb2+, Bi3+, ecc.

Gli ossidi ferroelettrici sono utilizzati nei capacitori per le loro elevate costanti dielettriche, in particolare in
prossimità di Tc (vedi Figura precedente). Per massimizzare il valore di ε' nelle applicazioni pratiche è
necessario spostare il punto di Curie in modo da portarlo a temperatura ambiente. Il punto di Curie di BaTiO3
è 120 °C, ma può essere abbassato quando gli ioni Ba2+ o Ti4+ vengono parzialmente sostituiti da altri ioni. La
maggior applicazione commerciale dei materiali ferroelettrici è nella produzione dei capacitori e i materiali
più usati sono il BaTiO3 e il PZT (titanato zirconato di piombo) che sono usati sotto forma di ceramici
policristallini. Le elevate costanti dielettriche di questi materiali, rispetto a quelle di materiali convenzionali
quali TiO2 o MgTiO3 fanno sì che a parità di volume un capacitore abbia una capacitanza da 10 a 1000 volte
maggiore. I ferroelettrici sono anche utilizzati nella produzione di termistori anche se in questo caso non si
sfrutta la loro ferroelettricità quanto la loro resistività elettrica.

Una polarizzazione spontanea di tipo analogo si manifesta nei materiali antiferroelettrici. In questi, si
formano ancora dipoli individuali ma disposti in modo antiparallelo rispetto ai dipoli adiacenti. Di
conseguenza, la polarizzazione spontanea netta è zero. Sopra la temperatura di Curie antiferroelettrica il
materiale ritorna al suo stato normale paraelettrico. Esempi di antiferroelettrici (con le relative temperature
di Curie) sono: zirconato di piombo, PbZrO3, 233 °C; niobato di sodio, NaNbO3, 638 °C; ammonio
diidrogenofosfato, NH4H2PO4, -1250 °C.

Le caratteristiche degli antiferroelettrici sono piuttosto diverse da quelle dei ferroelettrici. Lo stato
antiferroelettrico è non-polare e non si verifica l’isteresi, benché si possa avere un grande aumento di ε'
vicino a Tc (per PbZrO3, e' circa 100 a 200 °C, ma e' circa 3000 a 230 °C).

Talora l’arrangiamento antiparallelo dei dipoli nello stato antiferroelettrico è solo marginalmente più stabile
dell’arrangiamento parallelo nello stato ferroelettrico, e una piccola variazione delle condizioni può dare
luogo ad una transizione di fase. Per esempio, l’applicazione di un campo elettrico a PbZrO3 produce un
cambiamento da antiferroelettrico a ferroelettrico (Figura 10). L’intensità del campo richiesto dipende dalla
temperatura. Il comportamento della polarizzazione è il seguente: a basso campo non si ha isteresi e PbZrO3
è antiferroelettrico; a campi alti positivi o negativi si hanno cicli di isteresi e PbZrO3 è ferroelettrico.

Figura 10

Esiste un fenomeno di polarizzazione analogo in cui la struttura è antiferroelettrica solo in certe direzioni. Ad
esempio, lungo la direzione x la polarizzazione netta è zero e la specie è antiferroelettrica, mentre nella
direzione z si ha una netta polarizzazione spontanea (Figura 11).

Figura 11

Una tale struttura è nota come ferrielettrica; esempi sono Bi4Ti3O12 e il tartrato monoidrato di litio e
ammonio. Il legame d’idrogeno può giocare un ruolo importante in certi materiali ferroelettrici e
antiferroelettrici. KH2PO4 (ferroelettrico) e NH4H2PO4 (antiferroelettrico) sono entrambi costituiti da tetraedri
PO4 isolati, che si collegano attraverso gli ioni K+, NH4+ e legami d’idrogeno. I legami di idrogeno collegano
ossigeni su tetraedri PO4 adiacenti. Le due strutture differiscono principalmente nelle posizioni degli idrogeni
nei legami d’idrogeno. Ogni tetraedro forma legami con i quattro tetraedri adiacenti in un network
superdiamante. In ciascun legame d’idrogeno O-H…O gli H sono spostati più vicini ad un ossigeno o all’altro.
Per ogni unità PO4 quindi due H sono ‘più vicini’ e due sono ‘più lontani’. Nelle forme paraelettriche ad alta
temperatura di KH2PO4 e NH4H2PO4 le posizioni H sono disposte in modo casuale a dare una struttura
disordinata. Nella forma ferroelettrica, a bassa temperatura, di KH2PO4 gli idrogeni si dispongono ordinati in
modo da essere tutti associati al lato superiore di ciascun tetraedro (Figura 12a). Questi idrogeni sono
responsabili indirettamente della polarizzazione spontanea nei tetraedri PO4 perché gli atomi P si spostano,
allontanandosi da questi atomi H. Ciò genera dipoli di direzione parallela all’asse cristallografico c. Per
invertire la direzione dei dipoli non è necessario invertire fisicamente i tetraedri, ma basta semplicemente
un piccolo movimento degli atomi H lungo il legame d’idrogeno per ottenere lo stesso effetto (Figura 12b).
Questo movimento di atomi H quasi perpendicolarmente a c porta a invertire i dipoli parallelamente a c.
Nella specie antiferroelettrica NH4H2PO4, i due idrogeni di ciascun tetraedro sono associati con un ossigeno
‘superiore’ e un ossigeno ‘inferiore’ (Figura 12c); ciò crea dipoli in una direzione perpendicolare a c. Le
direzioni dei dipoli su tetraedri adiacenti sono invertite e quindi la polarizzazione netta sull’intero cristallo è
nulla.

Figura 12

Piroelettricità

I materiali piroelettrici mostrano analogie con quelli ferroelettrici in quanto anch'essi sono non-
centrosimmetrici ed esibiscono una polarizzazione spontanea, Ps. Diversamente dai ferroelettrici però la
direzione della polarizzazione non può essere invertita applicando un campo elettrico. Ps è di solito
dipendente dalla temperatura:

dove π è detto coefficiente piroelettrico. La dipendenza da T è legata alla espansione termica per via del
riscaldamento, che modifica anche la dimensione dei dipoli. Un esempio di cristallo piroelettrico è ZnO che
ha la struttura della wurzite. Contiene un arrangiamento esagonale compatto di ioni O2- con gli ioni Zn2+
posizionati nei siti tetraedrici di un tipo. Dato che tutti i tetraedri (distorti) orientati nello stesso modo
possiedono un momento di dipolo il cristallo ha una polarizzazione netta, impurezze molecolari polari sono
assorbite sulle superfici del cristallo per neutralizzare le cariche superficiali. Questo determina il fatto che
spesso l’effetto piroelettrico non si osserva a T costante, ma solo quando il cristallo viene scaldato, variando
così Ps.

I cristalli piroelettrici sono usati come dei rilevatori di radiazione infrarossa. Uno dei migliori materiali trovati
sino ad ora per questa applicazione è il solfato di triglicina.

Piezoelettricità

Sotto l'azione di uno stress meccanico applicato a un cristallo di materiale piezoelettrico si verifica una
polarizzazione che carica elettricamente le facce opposte del cristallo. Anche in questo caso occorre che il
cristallo sia non-centrosimmetrico. Il verificarsi della piezoelettricità dipende dalla struttura cristallina del
materiale e dalla direzione dello stress meccanico. Ad esempio, il quarzo sviluppa una polarizzazione quando
soggetto a stress compressivo lungo la direzione [100] ma non lungo la [001]. La polarizzazione P e lo stress
σ sono legati dalla relazione

dove d è il coefficiente piezoelettrico. Molti sistemi contenti tetraedri come ZnO e ZnS sono dei piezoelettrici,
dato che lo stress meccanico deforma i tetraedri. Uno dei materiali piezoelettrici più importanti è il già citato
PZT, zirconato titanato di Pb, una serie cioè di soluzioni solide di PbZrO3 e PbTiO3.

I cristalli piezoelettrici sono stati usati a lungo come trasduttori per convertire energia meccanica in energia
elettrica (e viceversa), elementi bimorfi nei microfoni, casse acustiche, generatori sonar, filtri per la selezione
di frequenze, ecc. La maggior parte di tali applicazioni utilizza PZT, quarzo, sale di Rochelle o Li2SO4·H2O.

Si parla di effetto piezoelettrico diretto quando i cristalli si polarizzano elettricamente in conseguenza di una
deformazione meccanica di natura elastica; viceversa quando i cristalli si deformano elasticamente se
sottoposti all’azione di un campo elettrico si parla di effetto piezoelettrico inverso (o effetto Lippmann). Il
segno della polarizzazione si inverte a seconda che la deformazione sia dovuta a una compressione o a una
trazione. L’effetto piezoelettrico diretto fu scoperto intorno al 1880 da Pierre e Jacques Curie nel quarzo
(SiO2) (vedi Figura 13).

Figura 13

L’asse ottico (asse z), vedi Figura a destra, è l’asse di simmetria ternario del cristallo trigonale, gli assi elettrici
(x1, x2, x3), tre assi binari complanari a 120° tra loro, congiungono i vertici opposti dell’esagono su un piano
perpendicolare all’asse z e gli assi meccanici (y1, y2, y3) congiungono i punti medi dei lati dell’esagono. Curie
tagliò un cristallo di quarzo ricavandone una lamina a forma di parallelepipedo la cui sezione frontale
rettangolare è evidenziata in giallo in Figura 13. Applicando una forza F lungo la direzione dell’asse elettrico,
sulle facce perpendicolari a tale asse si manifestano due cariche opposte (q1 e -q1), con q1 = kF. Applicando
una forza F lungo l’asse meccanico (direzione perpendicolare alla precedente), sulle stesse facce del caso
precedente, cioè sulle facce perpendicolari all’asse elettrico, si manifestano due cariche opposte (q2 e -q2)
legate alla forza mediante la relazione: q2 = -k(L/e)F, dove k è la stessa costante precedente, L ed e sono le
dimensioni della sezione del parallelepipedo ed F è la forza applicata. Applicando una forza F lungo l’asse
ottico non si produce alcun effetto di polarizzazione.

La piezoelettricità è stata anche osservata nelle polveri cristalline di 20 aminoacidi costituenti le proteine (sia
gli L-isomeri che i D-isomeri). Ciò ha posto le basi per lo studio della piezoelettricità delle proteine.

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