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2
ALCUNI SCRITTI
DETTATI INEDITI.
ALCUNI SCRITTI
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DETTATI INEDITI
DI
UGO FOSCOLO .
LUGANO
C.
Gius. Pouggia .
1829.
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Sull' origine e i limiti della Giustizia . Orazione
per laurea in legge 22 I
Lezioni di Eloquenza. Lezione Prima + 31
Capo I. La letteratura è annessa alle facoltà
naturali
"
33
Capo II. Le facoltà naturali soro annesse allo
studio 34
Capo III. Le facoltà naturali, e lo studio nella
letteratura , sono annessi ai bisogni della
società 36
Capo IV. I bisogni della società dipendenti
dalla letteratura sono annessi alla verità , » 39
Capo V. La letteratura è annessa alla lingua 40
Capo VI. La lingua è annessa allo stile , e lo
stile alle facoltà naturali d'ogni individuo 44
Trasunto dalla lezione prima. Dei fondamenti e
dei mezzi della letteratura 55
Capo I. La letteratura è annessa alle facoltà
ivi
naturali
Capo II. Le facoltà naturali sono annesse allo
56
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studio
Gapo III. Le facoltà naturali e lo studio sono
annesse ai bisogni della società . » iri
Capo IV , I bisogni sono annessi alle verità . 57
Capo V. La letteratura è annessa alla lingua » 58
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Sull'origine e i limiti della Giustizia . Orazione
per laurea in legge * + I
Lezioni di Eloquenza. Lezione Prima 31
Eapo I. La letteratura è annessa alle facoltà
naturali 4 33
Capo II. Le facoltá naturali sono annesse allo
studio » 34
Capo III, Le facoltà naturali , e lo studio nella
letteratura , sono annessi ai bisogni della
società 36
Capo IV. I bisogni della società dipendenti
dalla letteratura sono annessi alla verità . 39
Capo V. La letteratura è annessa alla lingua 41
Capo VI. La lingua è annessa allo stile , e lo
stile alle facoltà naturali d'ogni individuo 44
Trasunto dalla lezione prima. Dei fondamenti e
dei mezzi della letteratura . 55
Capo I. La letteratura è annessa alle facoltà
naturali iyi
Capo II. Le facoltà naturali sono annesse allo
studio 56
Capo III. Le facoltà naturali e lo studio sono
annesse ai bisogni della società . ivi
Capo IV, I bisogni sono annessi alle verità . 57
Capo V. La letteratura è annessa alla lingua , 58
Capo VI . La lingua è annessa allo stile , e lo
stile alle facoltà naturali d'ogni individuo 66
VI
3
i
1
AVVERTIMENTO..
1
I nostri torchi non sono stranieri agli Scritti di
Ugo Foscolo. I saggi sopra Petrarca ( 1) , il Dante illu
strato ( 2 ) , il Discorso sopra Bocaccio ( 3 ) , attestano la
ferma fede che portiamo e di onorare la nostra impre
sa , e di farci grati gli italiani, col nome di quell'illu
stre. Già stiamo per riprodurre in luce altri frutti
di lui , sortiti nel suolo nativo , e qualche altro che
sarebbe venuto a luce nella terra ospitale che lo ac
colse , se la morte nol toglieva innanzi tempo all'amore
degli stranieri , e alla gloria d' Italia. Intanto , e per
preludio quasi del più che siam deliberati di fare , dia
mo fuori le lezioni, che il Foscolo leggeva dalla Cat
tedra universitaria di Pavia ; le quali furono da un
uditore compilate , per quanto sappiamo , nell'atſo
della lezione . Piacerà forse a' lettori di riscontrare
in questi dettati que' principj medesimi d'una lette
ratura larga , pensata , universale , desunta da sottili
e perspicaci analisi , che ebbero poscia un più ampio
sviluppo delle opere maggiori di lui ; che sono a noi
sontemporanei, e pur erano buona pezza innanzi diyisati
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GLI EDITORI.
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SULL'ORIGINE EI LIMITI
DELLA
GIUSTIZIA .
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so se vera o falsa opinione: e più in quella parte
della morale che , tanto dal volgo quanto dagli
scienziati , è chiamata giustizia ; e che dalla ca
panna alla reggia , dall'altare al patibolo , dal
contado all'università , dalle isole selvagge alle
metropoli più colte della terra , da tutta la cir
conferenza in somma sino al centro della società ,
sembra che regni come anima universale. E non
dimeno in due diverse sembianze la giustizia si
mostra nel mondo : una per voce della filosofia
metafisica , che sublime ed eloquente la innalza
sul trono dei numi; l'altra nei fatti del genere
umano , che non le dà per simboli se non la for
tuna delle armi e il calcolo dell'interesse. La sua
dottissimi pro
prima e celeste sembianza'a voi ,
fessori , che la sapete rappresentare con facondia
pari al sapere , a voi giovani , che la vagheggiate
con tanto amore , è sì nota , ch'io non ardisco
parlarne , tanto più che a me non fu dato mai
di vederla e di ravvisarla. Bensì potrò abboz
zarvi le sembianze che la giustizia assume dalla
forza , e sotto le quali soltanto io posso cono
scerla. Sulla verità del diritto , benchè incompren
sibile a me , io mi rimetto in voi ; dell'esperienza
del fatto piacciavi udire alcuna parola , e forse
non senza frutto per la presente occasione. Forse
anche vaneggio col volgo , e dove l'error mio sem
brassevi correggibile , vi prego d'apmaestrarmi;
4
ma se , come io temo , mi conosceste insanabi.
le , esaudite almeno questa preghiera. = ..
Non mi dannate tra' reprobi, ma compian
getemi co’traviati. =
Certo - io ragionava, o mi pareva --- certo che
se la giustizia ha a che fare con me , col mio , e
con tutto ciò che mi è caro , io sono obbligato
in onore e in coscienza a vedere cosa ella sia , o .
almeno come e fin dove proceda.
Le scienze fisiche , e le arti che ingannano
le noje e diradano le tenebre della vita , inco
minciano dall'esperienza e dai fatti ; e perchè non
la scienza della giustizia ? -- Parte invece da prin
cipi ; ma i fatti s'accordano a quei principi?
Guardai d'intorno a me , e parveni d'affermare
che no. M'attenni adunque al metodo delle al
tre umane cognizioni , e decretai di esaminare la
giustizia coll ' esperienza de' fatti , e badate di
grazia , ch'io procedeva se non con buon meto
do , almeno senza verun pregiudizio. ---- Ma i fatti
de’ tuoi tempi , io dissi a me stesso , per quanto
ti sembrino prepotenti a convincere che la giur
stizia dipende dalla forza , sono venuti in brevis
sima età , e fra pochi mortali, ove tu voglia con
siderare tanti secoli e tante nazioni , dalle quali
la giustizia fu sempre adorata , come eterna, in
dipendente e potentissima per sè stessa. Allora
lessi le storie , e la più antica , antica tanto che
il genere umano era in sì tenui primordi, che
5
1
LEZIONI DI ELOQUENZA.
LEZIONE PRIMA.
CAPO I,
1
34
è solo atto alla grande e bella, ed utile let.
teratura , perchè solo potrà esercitarla valendo
si pienamente dell'uso della parola.
Da questo primo capo emerge . 1. Che sen
za queste doti non si può essere degnamente let
terato . 2.° Che chiunque , a cui mancano queste
doti, non conseguirà se non la pedestre, inutile ,
e venale letteratura.
CAPO JI .
CAPO IV.
CA PO V.
i.' CA PO VI.
CAPO II. i
CA PO IV.
CAPO V.
CAPO VI.
1
65
come si può osservare in Plauto, ne' giureconsulti,
e fin nello stesso Lucrezio , che pure ha fama
di colto scrittore , e nei frammenti di Lucilio .
Questa osservazione si può fare anche nel dia
letto lombardo , in cui si dice bel per bello , fam
per fame , giust per giusto.
Si perde adunque il vero significato di molte
voci nella lingua, come è parlata dal popolo. Ma
quando le invasioni di barbari seppelliscono le
belle arti , e invadono le biblioteche ; la lingua
de letterati si perde anch'essa : onde non rimane
di sè che il volgare dialetto , pure guasto dalla
modificazione de secoli , che passano dal barba
rismo alla coltura. Ecco lo stato della lingua la
I tina nel decimo secolo ed undecimo , due secoli
e mezzo circa prima di Dante. Da questo venne
che nella lingua latina si scrisse allora diversa
mente da quello che si pronunciasse. I francesi
ne dànno pure esempio di questa necessaria mo
dificazione , scrivendo per esempio autrefois , e
pronunciando otfoà ecc.
Così i latini sincoparono dominus in donnus,
ed in don ; che divenne presso gli spagnuoli ti
tolo di signoria , particolarmente negli abati. Tra
lasciata la finale dei vocaboli , diventarono dubbj
i casi , ed ecco come nacque la necessità degli
articoli , e insieme la completa differenza della
italiana colla lingua latina. Da prima però i no
stri italiani parlavano e scrivevano latino , finchè
7
66
per piacere di essere intesi" anche dal popolo ,
stabilirono delle regole nel dialetto volgare , e si
decisero di comporre in quello , giudicandolo non
indegno di perfezione. . In fatti avevano già il
i vantaggio nelle variate . finali dei verbi, che non
necessitavano il pronome : e notisi che, fra i molti,
ha pur questo ' vanto la lingua italiana sulla fran
cese, di sottointendere dinanzi alle persone prima
e seconda ecc. de verbi i pronomi , perchè mentre
da noi si dice amo, ami, ama, e amano , si sotto
intende io , tu , quegli ; dove i francesi scrivendo
aime , aimes, aime , aiment , sempre pronuncia
no èm ; sicchè se non vi si aggiunge - je - tu -
il - ils, ecc ., non si saprebbe da chi venisse l'a
more. Valendosi dunque alla meglio i primi let
terati italiani delle congiunzioni, e degli articoli,
scrissero nella patria lingua : gli articoli però così
moltiplicati tolsero alla lingua il natio pregio di
pienezza e di rotondità del periodo ; di che si
può convincersi confrontando , per esempio , la
traduzione di Sallustio scritta da Alfieri, coll’ori
ginale latino. Nei libri di Dante , Petrarca , e
Boccaccio stanno i veri fondamenti della lingua
italiana. Nel secolo X l'Italia trovavasi nello stato
degli ateniesi. Si divideva questo nostro suolo in
tante repubbliche , ognuna delle quali aveva un
dialetto suo proprio ; breve però fu la vita di
quelle repubbliche , da che. Federico I. ° occupò
tutta l'Italia. A' suoi tempi , i provenzali parlavano
67
il dialetto plebeo romano , quindi la loro lin
gua chiamavasi
romana . Allora gl'italiani comin
ciarono a far uso della propria lingua, massime
- in Napoli, come può vedersi per esteso nel risor
gimento d'Italia dopo il mille, di Bettinelli. Da
quel primo modo di parlare trasse Dante la sua
lingua , che poi si elevò e propagò in tutta Italia ,
e fissò la sua sede in Toscana. Ma le altre parti
dell'Italia servivano ancora sotto il giogo della
tirannia e della superstizione , quindi taceano gli
oratori , limitata la letteratura a leggi scritte ,
teologia , e cronache
.. !!!
I genj si occupavano nelle speculazioni di
commercio , o venivano impiegati nelle corti alle
cabale de' gabinetti. Così la lingua italiana non
poteva divenire letteraria , e i begli ingegni dor
mivano , affermando quel detto di Omero :
Che Giove non concesse allo schiavo di pensare .
SECOLO XIII.
Dante scrisse un romanzo intitolato vita
nuova ( 1 ). Se bene si esamini, ogni voce qui ha
SECOLO XV.
SECOLO XVIII.
61
ASEP
FIXE.
فوز تارآزاء: : .