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LA

RIVOLUZIONE FRANCESE: la fase monarchico-costituzionale




Abbiamo visto come il 1789 si chiuda con avvenimenti molto importanti come la presa
della Bastiglia, l’abolizione dei diritti feudali, la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e
del cittadino.
Abbiamo anche visto come la Rivoluzione si sia ormai diffusa in tutto il territorio
francese coinvolgendo anche le classi popolari.
Di fronte a questi eventi il re assume una posizione ostile e intransigente,
abbandonando la via della mediazione tra nobiltà e terzo stato, e appoggiando i nobili:
non riconosce né l’abolizione dei diritti feudali annunciata dall’Assemblea né la
Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino.
Anzi pensa bene di abbandonare Parigi per rifugiarsi a Versailles.
Quindi lascia il cuore della Rivoluzione per non ascoltare il desiderio di cambiamento
della nazione, del suo popolo.
Ma nell’ottobre del 1789 accade un episodio incredibile: una folla di donne, subito
seguita dalla piccola borghesia, da masse popolari, dalla Guardia Nazionale e dai
rappresentanti del Terzo Stato, marcia verso Versailles e invade gli appartamenti reali.
Cosa volevano? Destituire il re? Assolutamente no. Volevano semplicemente che il re
tornasse a Parigi per risolvere i loro problemi che erano la crescita incontrollata dei
prezzi, la carestia, il disordine sociale. La folla penetra negli appartamenti reali e si
placa solo quando il re accetta di tornare a Parigi e di risiedere nel palazzo delle
Tuileries.
Di fatto è un prigioniero politico simbolico. Firma l’abolizione dei diritti feudali ma
rifiuta categoricamente di riconoscere il valore costituente dell’Assemblea. Il re non
vuole trasformare la sua monarchia da assoluta a costituzionale perché questo
significa limitare i suoi poteri e riconoscere i diritti dei cittadini.

Il periodo che va dalla fine del 1789 alla metà del 1791 produsse grandi cambiamenti,
tutti promossi ed elaborati dall’Assemblea costituente:
1- Ottobre 1789: l’Assemblea nazionale costituente stabilisce i criteri dei diritti
politici. Il diritto di voto è a suffragio maschile ristretto: possono votare solo i
maschi che abbiano compiuto 25 anni e che pagano le tasse equivalenti a 3
giornate di lavoro. Con questi criteri solo 4.000.000 di cittadini maschi hanno
diritto al voto (e si entra in contraddizione con la Dichiarazione dei diritti
dell’uomo e del cittadino). Restano escluse dal voto le donne e tutti gli altri
maschi. Per essere eletti le condizioni sono ancora più restrittive: bisognava
essere maschi e pagare almeno 52 lire di imposte (solo 50.000 uomini hanno
queste caratteristiche). È chiaro che solo i borghesi (piccoli o grandi) hanno i
requisiti per votare è per essere eletti ed è per questo che si parla di rivoluzione
borghese.
2- Novembre 1789: si enuncia l’esproprio dei beni ecclesiastici (edifici, terreni,…)
che diventano beni dello Stato e che vengono usati come garanzia per
l’emissione degli assegnati. Le confische non sono dettate da un sentimento
anticlericale ma dall’assoluta necessità di evitare la bancarotta.
3- Gennaio 1790: l’Assemblea vota una riorganizzazione amministrativa e
territoriale della Francia. La Francia viene divisa in 83 dipartimenti a loro volta
articolati in cantoni e questi ultimi in comuni. I poteri e l’autonomia degli organi
periferici erano amplissimi e ciascuna unità amministrativa era gestita da
deputati eletti dalla popolazione locale. Seguendo i principi del liberalismo,
l’Assemblea abolisce le dogane interne e cancella i privilegi di monopolio.
4- Luglio1790: l’Assemblea vota la Costituzione civile del clero con la quale si
chiede al clero di giurare fedeltà alla Francia e alla Costituzione e dopo alla
Chiesa e al Papato. Molti preti si rifiutano (refrattari) e molti accettano
(costituzionali). Accettano metà dei sacerdoti e solo 7 vescovi su 130.

Nel biennio in questione nascono anche i club politici che si radicano e si diffondono
sul territorio. Si tratta degli antenati dei partiti politici. Essi si danno uno statuto,
un’organizzazione, un programma cioè degli obiettivi da raggiungere. E hanno dei
responsabili.
La loro nascita è favorita dall’art.11 della Dichiarazione che stabilisce la libertà di
stampa che permette la circolazione delle idee sotto forma di giornali, manifesti,
riviste, volantini,…I principali gruppi politici sono:
- Cordiglieri: prendono il nome dal convento dei cordeliers (frati minori
conventuali). Tra i suoi esponenti di rilievo ricordiamo Danton, un avvocato e
Marat un medico. La loro posizione ideologica è repubblicana.
- Foglianti: prendono il nome dal convento circostanze in cui si riunivano. Sono
guidati da La Fayette e da Sieyès. Sono monarchici moderati e vogliono una
monarchia costituzionale.
- Giacobini: prendono il nome dal convento in via Saint-Jacques (Giacomo) in cui
si riunivano. Il massimo esponente è Robespierre che dall’iniziale posizione
monarchico costituzionale passa ad un repubblicanesimo radicale e
intransigente. Essi sono molto organizzati sul territorio: hanno più di 450
sezioni in tutta la Francia. All’interno dei giacobini si forma la corrente dei
girondini, guidati da Brissot, un avvocato, che appoggiano la borghesia
mercantile. I giacobini, invece, si legano ai sanculotti, cioè il popolo urbano di
Parigi.


E in tutto questo fermento politico il re cosa fa? Il re non firma nulla di tutto quello
che l’Assemblea Costituente propone ed elabora: la Francia tutta vuole la Costituzione
ma il re NON LA VUOLE!
Il re comincia a tramare contro la Rivoluzione e progetta di scappare, probabilmente
in Austria, dove già sono fuggiti molti nobili. Ma il 20/21 giugno del 1791 il re con la
famiglia abbandona segretamente Parigi ma a Varennes viene riconosciuto e
ricondotto a Parigi scortato da una folla sdegnata. Il prestigio della Corona è
definitivamente compromesso. Ora è un prigioniero politico reale e non più
simbolico!
Appare chiaro a tutti che il re non vuole la Costituzione. Si indebolisce il partito
monarchico e si rafforza quello repubblicano. Così, nel Campo di Marte, il 17 luglio
1791 il popolo chiede la destituzione del re. Ne nasce un’insurrezione che viene
sedata nel sangue dalla stessa Guardia Nazionale.
Il 3 settembre 1791 finalmente viene votata la Costituzione: la Francia è una
monarchia costituzionale. Si approvano tutti i provvedimenti elaborati. La
Costituzione afferma il principio che la sovranità deriva dalla nazione e non da Dio e
che i suoi poteri sono divisi (Locke):
- Potere esecutivo: spetta al re e ai suoi ministri;
- Potere legislativo: spetta all’Assemblea Legislativa che viene eletta ogni due
anni e che ha poteri di controllo sull’operato del governo;
- Potere giudiziario: spetta a magistrati che vengono regolarmente eletti

Il re la firma ma NON LA VUOLE!
Così il 1 ottobre 1791 l’Assemblea costituente si scioglie e lascia il posto all’Assemblea
legislativa che fatica non poco ad elaborare una linea politica forte perché il dibattito
tra le diverse anime della Rivoluzione continua ad essere acceso (illuminismo, deismo,
coinvolgimento del popolo, ruolo delle donne,…).
E nel frattempo i nobili fuoriusciti dal regno e rifugiatisi in Austria progettano una
controrivoluzione con l’aiuto della monarchia austriaca. Quando i rivoluzionari lo
vengono a sapere cominciano a discutere sulla guerra preventiva. Ci sono coloro che
sono favorevoli alla guerra (girondini e re) e chi è sfavorevole alla guerra come i
giacobini che temono l’avvento di una dittatura militare.
Il 20 aprile 1792 l’Assemblea vota quasi all’unanimità la Dichiarazione di guerra
all’Austria sostenuta dalla Prussia. Gli eventi bellici sono sfavorevoli alla Francia e
questo comincia ad alimentare le accuse di tradimento del re. La conferma si ha
quando l’Austria oltre a chiedere la resa incondizionata chiede che nulla di male venga
fatto al re e alla sua famiglia.
Il popolo parigino è furioso: assalta il palazzo del re massacrando le guardie svizzere
a sua difesa. Il re allora cerca rifugio nell’Assemblea che però, questa volta non lo
difende e lo dichiara decaduto dalle sue funzioni. Il re viene imprigionato nella
prigione del tempio.
È la fine della monarchia costituzionale.

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