Sei sulla pagina 1di 9

Introduzione

Gentile e la cultura italiana

Hervé A. Cavallera

A considerare la storia culturale italiana della prima metà del Novecento


è abbastanza chiaro che Giovanni Gentile (1875-1944) e Benedetto Croce
(1866-1952) sono state le due figure chiave della cultura italiana1. Del resto,
di là dal superamento del positivismo e dall’affermazione delle proprie fi-
losofie, lo stesso impegno politico ha contribuito ulteriormente, sia pure in
campi opposti a diffondere il loro pensiero. E tuttavia, se l’incidenza crocia-
na, oltre che in filosofia, è stata particolarmente rilevante in campo di critica
letteraria, verosimilmente il pensiero e l’attività di Gentile hanno penetrato
in profondità più campi del sapere e hanno goduto maggiore continuità
nella vita universitaria italiana.
In occasione del centenario della nascita del filosofo, Antimo Negri pub-
blicava un libro che era un po’ il bilancio del pensiero gentiliano e della sua
eredità2. Ivi Negri, dopo essersi soffermato su quanto il pensiero di Gen-
tile avesse stimolato quello di Croce, individuava una presenza gentiliana
1
Un testo recente su i due pensatori è Croce e Gentile. La cultura italiana e l’Europa, diretto
da Michele Ciliberto, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 2016.
2
Cfr. A. Negri, Giovanni Gentile, 2 voll., La Nuova Italia, Firenze 1975. Il primo volume
(Costruzione e senso dell’attualismo) è la ricostruzione della filosofia attualista, mentre il secondo
(Sviluppi e incidenza dell’attualismo) ne registra la fortuna critica. Mi piace ricordare che poco
prima della sua scomparsa Negri mi chiese se volessimo riprendere il volume e aggiornarlo,
ma il tempo gli mancò.
48 | Hervé A. Cavallera

nella stessa cultura antifascista (Antonio Gramsci3, Piero Gobetti4 ecc.) e


si soffermava su coloro su cui il filosofo aveva più chiaramente influito.
Distingueva così in filosofia una prima generazione attualista (Giuseppe
Saitta, Vito Fazio-Allmayer, Vladimiro Arangio-Ruiz, Guido De Ruggiero),
una “destra” attualista di chiara impostazione confessionale (Armando Car-
lini, Vincenzo La Via, Gaetano Chiavacci, Augusto Guzzo, Felice Battaglia,
Gustavo Bontadini, Michele Federico Sciacca), una “sinistra” attualista di
impostazione laica (Ugo Spirito, Guido Calogero, Franco Lombardi, Cleto
Carbonara) – e a tali pensatori occorrerebbe, a mio avviso, aggiungere al-
tri che hanno pienamente operato nel secondo Novecento, come Vito A.
Bellezza, lo stesso Antimo Negri e i discepoli dei discepoli come Vincenzo
Pirro e anche l’autore di queste pagine. Ma ancora, riprendendo Negri, San-
tino Caramella, Balbino Giuliano, Luigi Stefanini, il primo Mario Casotti.
L’attualismo – sempre seguendo Negri – aveva altresì determinato in peda-
gogia il pensiero di Giuseppe Lombardo-Radice, Gino Giuseppe Ferretti,
Ernesto Codignola, Luigi Volpicelli. In filosofia del diritto l’attualismo aveva
influenzato Arnaldo Volpicelli, Angelo Ermanno Cammarata, Widar Cesari-
ni-Sforza, Giuseppe Maggiore, Antonio Pigliaru; in storia Adolfo Omodeo
e Delio Cantimori. In estetica, critica letteraria e linguistica Gentile aveva in-
fluenzato Luigi Russo, Giulio Bertoni, ma anche un critico cinematografico
come Luigi Chiarini.
Sono tanti nomi e importanti. Ma una puntualizzazione va fatta. Non si
tratta di ripetitori, bensì di autori che hanno seguito o riconsiderato l’attuali-
smo, lo hanno condiviso e discusso e hanno cercato di svilupparlo.

***
Anni fa, in una antologia di lettere a lui inviate, Giuseppe Prezzolini scri-
veva: «oggi considero il Gentile come una personalità più viva di quella del
Croce, che opera ancora nel campo del pensiero, perché l’attualismo del
Gentile è un lievito e non un cibo. Il sistema del Croce è completo, finito,
perfezionato come una enciclopedia in varie edizioni; e non lascia più nulla
da elaborare. Il loro destino è un po’ quello di Platone e di Aristotile. Platone

3
Su Gentile e Gramsci cfr. A. Del Noce, Il suicidio della rivoluzione, Rusconi, Milano
1978, pp. 121-198,
4
Sul gentilianesimo di Gobetti cfr. A. Del Noce, Il suicidio della rivoluzione, cit, pp. 94-
111.
Introduzione - Gentile e la cultura italiana | 49

non era un vero filosofo, perché risolveva i problemi con una favoletta, ma
da sant’Agostino a Lutero, da Galileo a Kant ha “svegliato” cento filosofi e
suscitato cento eresie; mentre Aristotile (Croce) ha ancora oggi la risposta
pronta per tutte le domande (fino alla neo-scolastica) ma non ha dato vita a
un nuovo sistema»5. Orbene, al di là del fatto che i miti di Platone non erano
e non sono delle “favolette”, Prezzolini coglie nel segno rilevando la vitalità
dell’attualismo.
Infatti tutti i pensatori che sono stati nominati (e ad essi occorrerebbe
aggiungerne altri ancora come Salvatore Valitutti) hanno cercato di continuare
il pensiero del maestro o di partire, nella loro speculazione, dall’attualismo in
quanto l’atto è appunto pensiero pensante e non pensiero pensato, attività e
non definizione conclusa. Gli stessi esiti di alcuni gentiliani in chiave cattoli-
ca e di altri in senso areligioso ne è la testimonianza.
In altri termini, l’attualismo non viene meno con la scomparsa di Gentile,
ma perdura nella cultura italiana di tutto il secolo. E tuttavia il libro del 1975
di Antimo Negri era a suo modo coraggioso in quanto esplicitava qualcosa
che alcuni studiosi, pur di formazione neoidealista volevano rimuovere.
Il dopoguerra, infatti, aveva visto il declino di quelle parti politiche di
cui Gentile e Croce erano stati corifei. Non solo il fascismo tragicamente
concluso, ma lo stesso liberalismo, sostituito, nella egemonia politica, da altri
partiti. Ciò aveva generato un affrettato giudizio sulla fine del neoidealismo,
nonostante molti allievi del Gentile fossero ancora in cattedra e che lo stesso
attualismo si poneva continuamente come un interlocutore, sia pure talvolta
da contrastare.

***
In un volume pubblicato per la prima volta nel 1955, Eugenio Garin af-
fermava: «in breve volger d’anni, dopo il fatale ’43, sono scomparsi gli uomi-
ni che alla cultura italiana del ‘900 avevano dato tono e colore. Primo, in una
fine tragica in cui parve culminare un’antica crisi, fu spento il Gentile. Poi,
quasi bruciati dalle vicende, gli Omodeo come i de Ruggiero; ultimo, dopo
aver parlato ancora a una generazione, il Croce, con una serenità che parve
goethiana. […] In quell’“angolo di Napoli”, tra le fiamme che ardevano in
Santa Chiara gli antichi monumenti, parve bruciare l’ultima grande filosofia

5
G. Prezzolini, Il tempo della Voce, Longanesi-Vallecchi, Milano-Firenze 1960, p. 327.
50 | Hervé A. Cavallera

della storia: il moto dello Spirito eternamente scandito a priori»6. Che era un
po’ chiudere sbrigativamente i conti con un passato ancora recente.
Sul tema Garin sarebbe tornato successivamente, individuando nel ’68
la grande svolta: «dopo la grande illusione del ’68, mentre passano le ultime
ebbrezze, si appanna lo smalto dei sacri testi, e al posto di Hegel e Marx, si
riaffacciano Heidegger e Nietzsche. Con la tematica della “crisi”, si ripropo-
ne l’anti-intellettualismo, e oggi si riscopre Bergson»7.
In verità, della questione se la cultura italiana fosse ancora idealistica si
era discusso nella prima metà del 1963 presso l’Istituto di filosofia dell’Uni-
versità di Roma e gli atti furono pubblicati nel numero 11/12 di «De homi-
ne» del 1964. Ivi appaiono contributi di Franco Lombardi, Augusto Guzzo,
Ugo Spirito, Pietro Piovani, Forrest Williams, Giorgio Fano, Paolo Filiasi
Carcano, Guido Calogero, Carlo Antoni, Gaetano Calabrò, Tullio de Mauro,
Augusto Guerra. Guzzo chiudeva il suo intervento (Idealismo 1963) con le
seguenti parole: «una volta, trentotto anni fa, in un discorso inaugurale, oltre
che dell’anno accademico, di tutta la mia carriera universitaria, osai mettere
all’indicativo il grande augurio e, insieme, imperativo eschileo Tò d’eû nikàto.
Rispettiamo netta e forte la coscienza che è imperativo, compito, augurio a
cui dobbiamo dar seguito noi stessi, dedicandoci a fondo a quest’opera, e
invocando per alleato l’intero universo, che partecipi di tanto sforzo e della
trasfigurazione e rinascita a cui chiamiamo lui insieme con noi. Eppure è
quest’augurio il senso di quel che ‘è’: dall’ideale i ‘fatti’. Perciò ‘idealismo’»8.
Il che mostra come nel filosofo vi fosse ancora un idealismo in atto, sia pure
e anzi naturalmente alla luce dei nuovi sviluppi. Da parte sua, Ugo Spirito
individuava l’eredità dell’attualismo nel pervenire ad una metafisica come
scienza. «Per chi convenga in questa conclusione, tutto il pensiero di Gentile
acquista il significato storico di un programma che deve ancora svolgersi e
realizzarsi nell’avvenire»9, che significava nient’altro che porre il proprio iti-
nerario speculativo come continuità dell’attualismo10. Così, attraverso alcuni

6
E. Garin, Cronache di filosofia italiana. 1900/1943, II ed., Laterza, Bari 1959, pp. 525-
526.
7
E. Garin, Agonia e morte dell’idealismo italiano, in A. BAUSOLA et Al., La filosofia italiana
dal dopoguerra a oggi, Laterza, Roma-Bari 1985, p. 28.
8
A. Guzzo, Idealismo 1963, in «De homine”. A. III, 1964, nn.11/12, p. 84.
9
U. Spirito, L’eredità dell’attualismo, in «De homine”. A. III, 1964, nn.11/12, p. 96.
10
Sulla filosofia di Ugo Spirito come continuità dell’attualismo cfr. H. A. Cavallera,
L’azione e il dubbio. Pedagogia e metafisica nel pensiero di Ugo Spirito, Edizioni Magistero, Bologna
Introduzione - Gentile e la cultura italiana | 51

protagonisti della filosofia, il secondo Novecento si caratterizzava nella luce


dell’idealismo.
Che non si tratti di una mera impressione è peraltro testimoniato dalla pre-
senza a Roma, nel maggio del 1975, di circa 80 studiosi provenienti da tutto il
mondo per ricordare a Roma Giovanni Gentile11. Oltre a importanti pensatori
d’Oltralpe come K. G. Fischer, A. Galatoli Landi, A. J. Gregor, H. S. Harris, J.
Moreau, vi erano per gli italiani allievi di Gentile come Spirito, Calogero, Bel-
lezza, per fare qualche nome e tanti pensatori (come Augusto del Noce, Vitto-
rio Mathieu, Emanuele Severino, sempre limitandoci nei nomi) che avrebbero
segnato il secondo Novecento. Gentile continuava ad essere presente, anche
nello stesso essergli contro, nel panorama della filosofia italiana.

***
Vero è che già nei primi anni ’70, continuando la Storia della filosofia di E. P.
Lamanna, interrotta per la scomparsa dell’autore, Vittorio Mathieu precisava
che Gentile era arrivato, in fondo, a sostenere che non c’è altra storia che
dell’Assoluto. Il che avrebbe posto, sempre secondo Mathieu, un problema
che avrebbe riguardato la seconda metà del secolo. «Di conseguenza la filo-
sofia successiva a Gentile dovrà rompere questa posizione per procedere: o
riassorbendo la stessa necessità di una dialettica, in favore di una immanenza
più immediata dell’assoluto a sé stesso, o, all’opposto, riaffermando il punto
di vista del finito come persona, come uomo “incarnato”, come esistente. La
prima posizione è la più fedele, senza dubbio, allo spirito di Gentile, ma ne
lascia cadere il posticcio hegelismo, e ne mette a nudo (nella sua formulazio-
ne più coerente) il motivo gnostico. Le altre danno luogo alle varie correnti,
non più gentiliane, della filosofia italiana postgentiliana […]. Nell’immediato
dopoguerra assistiamo così a una sorta di diaspora gentiliana, che tuttavia ha
alle proprie spalle qualcosa di comune: un’esperienza di pensiero radicale,
condotta sino alle estreme conseguenze, con un coraggio senza limiti, e che,
anche volendolo, non si riesce più a dimenticare»12. Appunto. L’attualismo

1988. Sul pensiero di Spirito in tale prospettiva cfr. altresì, di H. A. Cavallera, Educazione
ed estetica in Ugo Spirito, Pensa Multimedia, Lecce-Brescia, 2010: Etica e politica in Ugo Spirito,
Pensa MultiMedia, Lecce-Brescia 2010.
11
Cfr. Enciclopedia 76-77. Il pensiero di Giovanni Gentile, diretta da U. Spirito, 2 voll. Istituto
della Enciclopedia Italiana, Roma 1977.
12
V. Mathieu, in E. P. Lamanna – V. Mathieu, Storia della filosofia. La filosofia del Novecento,
tomo I, Le Monnier, Firenze 1971, p. 408.
52 | Hervé A. Cavallera

rimane come un centro motore e lo è anche attraverso le istituzioni culturali


che Gentile ha istituito e diretto.
Infatti Gentile, oltre ad essere il ministro autore della più organica ri-
forma della scuola italiana, durante il Ventennio fascista realizzò una serie
considerevole di istituzioni culturali di cui fu presidente: l’Istituto Interu-
niversitario Italiano (1923); l’Istituto Nazionale Fascista di Cultura (1925);
l’Enciclopedia Italiana (di cui fu direttore scientifico dal 1925); l’Istituto Ita-
liano di Studi Germanici (inaugurato nel 1932 e di cui fu presidente dal
1934); l’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente (1933), l’Istituto
mazziniano (1934); il Centro Nazionale di Studi Manzoniani (1937); la Do-
mus Galileana (1941). Fu inoltre Regio Commissario (1928) e poi Direttore
(1932) della Scuola Normale Superiore di Pisa e dal 1930 Vicepresidente
della Università Bocconi13.
Gentile si mostra un ottimo organizzatore culturale e un manager che sa
circondarsi di collaboratori capaci. Basti pensare allo staff della Enciclopedia
Italiana e al rapporto col suo allievo Giuseppe Tucci, il grande tibetologo,
che farà dell’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente un punto di
riferimento internazionale. Si tratta per lo più di istituzioni che resteranno
dopo fascismo, anche perché Gentile intese l’attività scienetifica come libera
da ogni condizionamento partitico.
Basta tutto questo a rendere la sua figura centrale nella storia della cultura
italiana14.

***
Il fatto è che lo stesso rapporto di Gentile col fascismo, col liberalismo,
col marxismo ha generato nel corso degli anni una serie innumerevole di
studi (di Aldo Lo Schiavo, Stelio Zeppi, Dario Faucci, Maia Luisa Cicalese
ecc.) che ne illustrano la complessità15. Si è trattato infatti del grande proget-
13
Su Gentile organizzatore di cultura cfr. H. A. Cavallera, Riflessione e azione formativa:
l’attualismo di Giovanni Gentile, Fondazione Ugo Spirito, Roma 1996, pp. 275-304.
14
Per tale aspetto cfr. H. A. Cavallera, Ethos, Eros e Thanatos in Giovanni Gentile, Pensa
MultiMedia, Lecce 2007, pp. 11-51. In particolare sulla Normale di Pisa cfr. P. Simoncelli,
La Normale di Pisa. Pensioni e consensi (1928-1938), Franco Angeli, Milano 1998; sulla Bocconi
cfr. Faremo gende università. Girolamo Palazzina - Giovanni Gentile. Un epistolario (1930-1938),a
cura di M. A. Romani, Università Commerciale Luigi Bocconi, Milano 1999.
15
Per un’analisi delle interpretazioni del pensiero e dell’opera di Gentile, dalla morte al
nuovo secolo, cfr. H. A. Cavallera, L’immagine del fascismo in Giovanni Gentile, Pensa Multi-
Media, Lecce 2008, pp. 77-250.
Introduzione - Gentile e la cultura italiana | 53

to della realizzazione dello Stato etico, in qualche modo il ritorno dell’ideale


platonico della filosofia al potere16. Il cinquantenario (1994) della morte di
Gentile è poi ricordato con una serie di convegni, tra cui almeno da ricorda-
re, anche per le sigle di istituti di origine gentiliana che lo hanno sostenuto,
è quello organizzato in Campidoglio dal Comune di Roma in collaborazione
con l’Istituto della Enciclopedia Italiana, l’Accademia dei Lincei, la Fonda-
zione Gentile, l’Istituto Italiano di Studi Germanici, l’Istituto Italiano per
il Medio ed Estremo Oriente, la Scuola Normale di Pisa, l’Università Boc-
coni di Milano, l’Università degli Studi di Pisa, l’Università degli Studi “La
Sapienza” di Roma17. Gentile è ormai fuori dall’ostracismo dell’immediato
dopoguerra e la sua importanza nella storia della nazione italiana è ormai
riconosciuta esplicitamente.
Vanno così ricordati alcuni contributi di studiosi non gentiliani che han-
no per così dire “preparato” il nuovo clima. Così nel 1989 Salvatore Natoli
parla di Gentile come filosofo europeo (e non meramente chiuso nell’am-
bito italiano) che anticipa varie tesi di Heidegger18; nel 1990 nel suo volume
postumo Del Noce ribadisce in Gentile il nesso del filosofo e del riforma-
tore religioso e politico19. Sono altresì da ricordare i numerosi e importanti
studi che a Gentile dedica un importante filosofo come Gennaro Sasso20,
più vicino a Croce che a Gentile.
In questo contesto, mentre escono ampie biografie21, si tende a rivedere
una pagina allora ancora poco chiara: quella dell’assassinio del filosofo. Si
pensi al volume22 di Luciano Canfora, ove sono con sapienza accostati oscu-
ri collegamenti, a quello23 ben ideologicamente indirizzato di Francesco Per-

16
Significativo per tale aspetto S. Romano, Giovanni Gentile. La filosofia al potere, Bompia-
ni, Milano 1984.
17
Il volume che raccoglie gli atti è Giovanni Gentile. La filosofia, la politica, l’organizzazione
della cultura, a cura di M. I. Gaeta, Marsilio, Venezia 1995.
18
Cfr. S. Natoli, Giovanni Gentile filosofo europeo, Bollati Boringhieri, Torino 1989.
19
Cfr. A. Del Noce, Giovanni Gentile. Per una interpretazione filosofica della storia contempora-
nea, il Mulino, Bologna 1990.
20
Di G. Sasso cfr., almeno, La fedeltà e l’esperimento, il Mulino, Bologna 1993; Filosofia e
idealismo, vol. II, Giovanni Gentile, Bibliopolis, Napoli 1995; Le due Italie di Giovanni Gentile, il
Mulino, Bologna 1998.
21
Cfr. G. Turi, Giovanni Gentile. Una biografia, Giunti, Firenze 1995.
22
L. Canfora, La sentenza. Concetto Marchesi e Giovanni Gentile, Sellerio, Palermo 1985.
23
F. Perfetti, Assassinio di un filosofo. Anatomia di un omicidio politico, Le Lettere, Firenze
2004.
54 | Hervé A. Cavallera

fetti, alla attenta ricostruzione di Paolo Paoletti24, al decisivo volume di Lu-


ciano Mecacci25 che disvela, oltre che l’esecutore materiale, le responsabilità
culturali oltre che politiche. Intanto nel 2001 Hervé A. Cavallera completa
la pubblicazione delle “Opere Complete” di Giovanni Gentile in 55 volumi,
secondo il progetto elaborato, alla nascita della “Fondazione Giovanni Gen-
tile per gli studi filosofici”, da Ugo Spirito e da Benedetto Gentile.

***
E tuttavia il discorso sin qui svolto potrebbe ridursi ad un bilancio di un
pensiero che sembrerebbe essere ormai consegnato alla storia del passato,
di là dagli sviluppi originali di singoli allievi come Ugo Spirito. Ma così non
è. Da anni uno dei principali pensatori contemporanei vede in Giovanni
Gentile la massima espressione della filosofia del divenire che egli contesta.
Come Emanuele Severino scrive in un volume del 1986, Gentile mostra
«con particolare rigore, che proprio perché il pensiero è divenire, incremen-
to della realtà, proprio per questo non può esistere una realtà esterna indi-
pendente dal pensiero: tale realtà, infatti, conterrebbe già tutto in sé stessa e
quindi non potrebbe ricevere alcun incremento dallo sviluppo del pensiero,
e dunque tale sviluppo sarebbe una mera apparenza e, in definitiva, qualcosa
di inconcepibile. Ma siccome il divenire, lo sviluppo del pensiero è la stes-
sa originaria evidenza, che sta alla base di tutto il sapere, dunque non può
esistere alcuna realtà esterna al pensiero. Nell’attualismo gentiliano il prin-
cipio idealistico della contraddittorietà del concetto di una realtà esterna al
pensiero si presenta cioè indissolubilmente unito alla consapevolezza che la
realtà esterna al pensiero è la forma emergente dell’immutabile epistemico-
metafisico che rende impensabile e vanamente apparente il divenire – la cui
esistenza è peraltro la stessa originaria e fondamentale evidenza del sapere
umano»26.
Ora, proprio alla luce della filosofia “degli eterni” che Severino va svi-
luppando, il pensiero di Gentile diventa un interlocutore sostanziale nel
dibattito sul senso filosofia dopo Gentile. Paradossalmente per l’immagine
consueta dell’umanesimo gentiliano, secondo Severino «solo l’inevitabilità
di un pensiero come quello di gentile può fondare il dominio della tecnica,

24
P. Paoletti, Il delitto Gentile. Esecutori e mandanti, Le Lettere, Firenze 2005.
25
L. Mecacci, La Girlanda fiorentina e la morte di Giovanni Gentile, Adelphi, Milano 2014.
26
E. Severino, La filosofia contemporanea, Rizzoli, Milano 1986, pp. 160-161.
Introduzione - Gentile e la cultura italiana | 55

cioè mostrare che essa non ha davanti a sé né limiti né ostacoli. All’opposto


di quanto si crede, la solidarietà tra idealismo gentiliano e civiltà della tecnica
è profonda. Per questo Gentile non è acqua passata. Insieme a pochi altri –
che peraltro devono essere capiti – conduce al tramonto l’intera tradizione
filosofica dell’Occidente, che sta al fondamento di tutti i pensieri e le opere
della tradizione occidentale»27. Si tratta di un dibattito che investe il tema del
relativo e il pensiero di Gentile continua ad avere una sua presenza attiva
nella cultura italiana di oggi.

***
Alla luce di quanto sopra, i temi affrontati nel Convegno i cui atti qui si
presentano confermano la varietà della presenza di Giovanni Gentile nel
secondo decennio del secolo XXI. Sono i temi della politica, del relativismo,
della organizzazione della cultura, del postmoderno, del solipsismo, del di-
venire, della dimensione dello spirito, dell’errore e dell’errare. Problemi della
contemporaneità che vedono nel pensiero di Giovanni Gentile un interlocu-
tore con cui occorre ancora fare i conti.

27
E. Severino, L’intima mano, Adelphi, Milano 2010, pp. 60-61.

Potrebbero piacerti anche