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Hervé A. Cavallera
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Anni fa, in una antologia di lettere a lui inviate, Giuseppe Prezzolini scri-
veva: «oggi considero il Gentile come una personalità più viva di quella del
Croce, che opera ancora nel campo del pensiero, perché l’attualismo del
Gentile è un lievito e non un cibo. Il sistema del Croce è completo, finito,
perfezionato come una enciclopedia in varie edizioni; e non lascia più nulla
da elaborare. Il loro destino è un po’ quello di Platone e di Aristotile. Platone
3
Su Gentile e Gramsci cfr. A. Del Noce, Il suicidio della rivoluzione, Rusconi, Milano
1978, pp. 121-198,
4
Sul gentilianesimo di Gobetti cfr. A. Del Noce, Il suicidio della rivoluzione, cit, pp. 94-
111.
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non era un vero filosofo, perché risolveva i problemi con una favoletta, ma
da sant’Agostino a Lutero, da Galileo a Kant ha “svegliato” cento filosofi e
suscitato cento eresie; mentre Aristotile (Croce) ha ancora oggi la risposta
pronta per tutte le domande (fino alla neo-scolastica) ma non ha dato vita a
un nuovo sistema»5. Orbene, al di là del fatto che i miti di Platone non erano
e non sono delle “favolette”, Prezzolini coglie nel segno rilevando la vitalità
dell’attualismo.
Infatti tutti i pensatori che sono stati nominati (e ad essi occorrerebbe
aggiungerne altri ancora come Salvatore Valitutti) hanno cercato di continuare
il pensiero del maestro o di partire, nella loro speculazione, dall’attualismo in
quanto l’atto è appunto pensiero pensante e non pensiero pensato, attività e
non definizione conclusa. Gli stessi esiti di alcuni gentiliani in chiave cattoli-
ca e di altri in senso areligioso ne è la testimonianza.
In altri termini, l’attualismo non viene meno con la scomparsa di Gentile,
ma perdura nella cultura italiana di tutto il secolo. E tuttavia il libro del 1975
di Antimo Negri era a suo modo coraggioso in quanto esplicitava qualcosa
che alcuni studiosi, pur di formazione neoidealista volevano rimuovere.
Il dopoguerra, infatti, aveva visto il declino di quelle parti politiche di
cui Gentile e Croce erano stati corifei. Non solo il fascismo tragicamente
concluso, ma lo stesso liberalismo, sostituito, nella egemonia politica, da altri
partiti. Ciò aveva generato un affrettato giudizio sulla fine del neoidealismo,
nonostante molti allievi del Gentile fossero ancora in cattedra e che lo stesso
attualismo si poneva continuamente come un interlocutore, sia pure talvolta
da contrastare.
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In un volume pubblicato per la prima volta nel 1955, Eugenio Garin af-
fermava: «in breve volger d’anni, dopo il fatale ’43, sono scomparsi gli uomi-
ni che alla cultura italiana del ‘900 avevano dato tono e colore. Primo, in una
fine tragica in cui parve culminare un’antica crisi, fu spento il Gentile. Poi,
quasi bruciati dalle vicende, gli Omodeo come i de Ruggiero; ultimo, dopo
aver parlato ancora a una generazione, il Croce, con una serenità che parve
goethiana. […] In quell’“angolo di Napoli”, tra le fiamme che ardevano in
Santa Chiara gli antichi monumenti, parve bruciare l’ultima grande filosofia
5
G. Prezzolini, Il tempo della Voce, Longanesi-Vallecchi, Milano-Firenze 1960, p. 327.
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della storia: il moto dello Spirito eternamente scandito a priori»6. Che era un
po’ chiudere sbrigativamente i conti con un passato ancora recente.
Sul tema Garin sarebbe tornato successivamente, individuando nel ’68
la grande svolta: «dopo la grande illusione del ’68, mentre passano le ultime
ebbrezze, si appanna lo smalto dei sacri testi, e al posto di Hegel e Marx, si
riaffacciano Heidegger e Nietzsche. Con la tematica della “crisi”, si ripropo-
ne l’anti-intellettualismo, e oggi si riscopre Bergson»7.
In verità, della questione se la cultura italiana fosse ancora idealistica si
era discusso nella prima metà del 1963 presso l’Istituto di filosofia dell’Uni-
versità di Roma e gli atti furono pubblicati nel numero 11/12 di «De homi-
ne» del 1964. Ivi appaiono contributi di Franco Lombardi, Augusto Guzzo,
Ugo Spirito, Pietro Piovani, Forrest Williams, Giorgio Fano, Paolo Filiasi
Carcano, Guido Calogero, Carlo Antoni, Gaetano Calabrò, Tullio de Mauro,
Augusto Guerra. Guzzo chiudeva il suo intervento (Idealismo 1963) con le
seguenti parole: «una volta, trentotto anni fa, in un discorso inaugurale, oltre
che dell’anno accademico, di tutta la mia carriera universitaria, osai mettere
all’indicativo il grande augurio e, insieme, imperativo eschileo Tò d’eû nikàto.
Rispettiamo netta e forte la coscienza che è imperativo, compito, augurio a
cui dobbiamo dar seguito noi stessi, dedicandoci a fondo a quest’opera, e
invocando per alleato l’intero universo, che partecipi di tanto sforzo e della
trasfigurazione e rinascita a cui chiamiamo lui insieme con noi. Eppure è
quest’augurio il senso di quel che ‘è’: dall’ideale i ‘fatti’. Perciò ‘idealismo’»8.
Il che mostra come nel filosofo vi fosse ancora un idealismo in atto, sia pure
e anzi naturalmente alla luce dei nuovi sviluppi. Da parte sua, Ugo Spirito
individuava l’eredità dell’attualismo nel pervenire ad una metafisica come
scienza. «Per chi convenga in questa conclusione, tutto il pensiero di Gentile
acquista il significato storico di un programma che deve ancora svolgersi e
realizzarsi nell’avvenire»9, che significava nient’altro che porre il proprio iti-
nerario speculativo come continuità dell’attualismo10. Così, attraverso alcuni
6
E. Garin, Cronache di filosofia italiana. 1900/1943, II ed., Laterza, Bari 1959, pp. 525-
526.
7
E. Garin, Agonia e morte dell’idealismo italiano, in A. BAUSOLA et Al., La filosofia italiana
dal dopoguerra a oggi, Laterza, Roma-Bari 1985, p. 28.
8
A. Guzzo, Idealismo 1963, in «De homine”. A. III, 1964, nn.11/12, p. 84.
9
U. Spirito, L’eredità dell’attualismo, in «De homine”. A. III, 1964, nn.11/12, p. 96.
10
Sulla filosofia di Ugo Spirito come continuità dell’attualismo cfr. H. A. Cavallera,
L’azione e il dubbio. Pedagogia e metafisica nel pensiero di Ugo Spirito, Edizioni Magistero, Bologna
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Vero è che già nei primi anni ’70, continuando la Storia della filosofia di E. P.
Lamanna, interrotta per la scomparsa dell’autore, Vittorio Mathieu precisava
che Gentile era arrivato, in fondo, a sostenere che non c’è altra storia che
dell’Assoluto. Il che avrebbe posto, sempre secondo Mathieu, un problema
che avrebbe riguardato la seconda metà del secolo. «Di conseguenza la filo-
sofia successiva a Gentile dovrà rompere questa posizione per procedere: o
riassorbendo la stessa necessità di una dialettica, in favore di una immanenza
più immediata dell’assoluto a sé stesso, o, all’opposto, riaffermando il punto
di vista del finito come persona, come uomo “incarnato”, come esistente. La
prima posizione è la più fedele, senza dubbio, allo spirito di Gentile, ma ne
lascia cadere il posticcio hegelismo, e ne mette a nudo (nella sua formulazio-
ne più coerente) il motivo gnostico. Le altre danno luogo alle varie correnti,
non più gentiliane, della filosofia italiana postgentiliana […]. Nell’immediato
dopoguerra assistiamo così a una sorta di diaspora gentiliana, che tuttavia ha
alle proprie spalle qualcosa di comune: un’esperienza di pensiero radicale,
condotta sino alle estreme conseguenze, con un coraggio senza limiti, e che,
anche volendolo, non si riesce più a dimenticare»12. Appunto. L’attualismo
1988. Sul pensiero di Spirito in tale prospettiva cfr. altresì, di H. A. Cavallera, Educazione
ed estetica in Ugo Spirito, Pensa Multimedia, Lecce-Brescia, 2010: Etica e politica in Ugo Spirito,
Pensa MultiMedia, Lecce-Brescia 2010.
11
Cfr. Enciclopedia 76-77. Il pensiero di Giovanni Gentile, diretta da U. Spirito, 2 voll. Istituto
della Enciclopedia Italiana, Roma 1977.
12
V. Mathieu, in E. P. Lamanna – V. Mathieu, Storia della filosofia. La filosofia del Novecento,
tomo I, Le Monnier, Firenze 1971, p. 408.
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Il fatto è che lo stesso rapporto di Gentile col fascismo, col liberalismo,
col marxismo ha generato nel corso degli anni una serie innumerevole di
studi (di Aldo Lo Schiavo, Stelio Zeppi, Dario Faucci, Maia Luisa Cicalese
ecc.) che ne illustrano la complessità15. Si è trattato infatti del grande proget-
13
Su Gentile organizzatore di cultura cfr. H. A. Cavallera, Riflessione e azione formativa:
l’attualismo di Giovanni Gentile, Fondazione Ugo Spirito, Roma 1996, pp. 275-304.
14
Per tale aspetto cfr. H. A. Cavallera, Ethos, Eros e Thanatos in Giovanni Gentile, Pensa
MultiMedia, Lecce 2007, pp. 11-51. In particolare sulla Normale di Pisa cfr. P. Simoncelli,
La Normale di Pisa. Pensioni e consensi (1928-1938), Franco Angeli, Milano 1998; sulla Bocconi
cfr. Faremo gende università. Girolamo Palazzina - Giovanni Gentile. Un epistolario (1930-1938),a
cura di M. A. Romani, Università Commerciale Luigi Bocconi, Milano 1999.
15
Per un’analisi delle interpretazioni del pensiero e dell’opera di Gentile, dalla morte al
nuovo secolo, cfr. H. A. Cavallera, L’immagine del fascismo in Giovanni Gentile, Pensa Multi-
Media, Lecce 2008, pp. 77-250.
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16
Significativo per tale aspetto S. Romano, Giovanni Gentile. La filosofia al potere, Bompia-
ni, Milano 1984.
17
Il volume che raccoglie gli atti è Giovanni Gentile. La filosofia, la politica, l’organizzazione
della cultura, a cura di M. I. Gaeta, Marsilio, Venezia 1995.
18
Cfr. S. Natoli, Giovanni Gentile filosofo europeo, Bollati Boringhieri, Torino 1989.
19
Cfr. A. Del Noce, Giovanni Gentile. Per una interpretazione filosofica della storia contempora-
nea, il Mulino, Bologna 1990.
20
Di G. Sasso cfr., almeno, La fedeltà e l’esperimento, il Mulino, Bologna 1993; Filosofia e
idealismo, vol. II, Giovanni Gentile, Bibliopolis, Napoli 1995; Le due Italie di Giovanni Gentile, il
Mulino, Bologna 1998.
21
Cfr. G. Turi, Giovanni Gentile. Una biografia, Giunti, Firenze 1995.
22
L. Canfora, La sentenza. Concetto Marchesi e Giovanni Gentile, Sellerio, Palermo 1985.
23
F. Perfetti, Assassinio di un filosofo. Anatomia di un omicidio politico, Le Lettere, Firenze
2004.
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E tuttavia il discorso sin qui svolto potrebbe ridursi ad un bilancio di un
pensiero che sembrerebbe essere ormai consegnato alla storia del passato,
di là dagli sviluppi originali di singoli allievi come Ugo Spirito. Ma così non
è. Da anni uno dei principali pensatori contemporanei vede in Giovanni
Gentile la massima espressione della filosofia del divenire che egli contesta.
Come Emanuele Severino scrive in un volume del 1986, Gentile mostra
«con particolare rigore, che proprio perché il pensiero è divenire, incremen-
to della realtà, proprio per questo non può esistere una realtà esterna indi-
pendente dal pensiero: tale realtà, infatti, conterrebbe già tutto in sé stessa e
quindi non potrebbe ricevere alcun incremento dallo sviluppo del pensiero,
e dunque tale sviluppo sarebbe una mera apparenza e, in definitiva, qualcosa
di inconcepibile. Ma siccome il divenire, lo sviluppo del pensiero è la stes-
sa originaria evidenza, che sta alla base di tutto il sapere, dunque non può
esistere alcuna realtà esterna al pensiero. Nell’attualismo gentiliano il prin-
cipio idealistico della contraddittorietà del concetto di una realtà esterna al
pensiero si presenta cioè indissolubilmente unito alla consapevolezza che la
realtà esterna al pensiero è la forma emergente dell’immutabile epistemico-
metafisico che rende impensabile e vanamente apparente il divenire – la cui
esistenza è peraltro la stessa originaria e fondamentale evidenza del sapere
umano»26.
Ora, proprio alla luce della filosofia “degli eterni” che Severino va svi-
luppando, il pensiero di Gentile diventa un interlocutore sostanziale nel
dibattito sul senso filosofia dopo Gentile. Paradossalmente per l’immagine
consueta dell’umanesimo gentiliano, secondo Severino «solo l’inevitabilità
di un pensiero come quello di gentile può fondare il dominio della tecnica,
24
P. Paoletti, Il delitto Gentile. Esecutori e mandanti, Le Lettere, Firenze 2005.
25
L. Mecacci, La Girlanda fiorentina e la morte di Giovanni Gentile, Adelphi, Milano 2014.
26
E. Severino, La filosofia contemporanea, Rizzoli, Milano 1986, pp. 160-161.
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Alla luce di quanto sopra, i temi affrontati nel Convegno i cui atti qui si
presentano confermano la varietà della presenza di Giovanni Gentile nel
secondo decennio del secolo XXI. Sono i temi della politica, del relativismo,
della organizzazione della cultura, del postmoderno, del solipsismo, del di-
venire, della dimensione dello spirito, dell’errore e dell’errare. Problemi della
contemporaneità che vedono nel pensiero di Giovanni Gentile un interlocu-
tore con cui occorre ancora fare i conti.
27
E. Severino, L’intima mano, Adelphi, Milano 2010, pp. 60-61.