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Il processo Psicodiagnostico

Corso on-line Free - Progetto Open-Psy

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Lezione N 1
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Programma del Corso:


Lezione 1:
- Introduzione;
- Diagnosi e professione dello psicologo;
- Riferimenti normativi della professione;
- Ambiti e contesti di applicazione;
Lezione 2:
- Normalità e patologia;
- Diagnosi: definizione e tipologia di diagnosi;
- Dinamiche presenti nella situazione d’esame;
- La definizione della diagnosi in relazione al quesito;
Lezione 3:
- Test di efficienza o rendimento;
- Test di efficienza cognitiva: WAIS;
- Il ritardo mentale;
Lezione 4:
- Test di personalità;
- Test oggettivi di personalità;
Lezione 5:
- Test proiettivi di personalità;
- Il T. A. T. (Test di Appercezione tematica);
- Il test di Rorschach;
Lezione 6:
- I test proiettivi grafici;
- Bibliografia.

Corso interamente realizzato dalla dott.ssa Mariarosaria De Simone.


Psicologa clinica, Psicodiagnosta. Specializzata in counseling integrato.
Specializzanda in psicoterapia della gestalt e analisi transazionale.

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Introduzione
Il tentativo di “inquadrare” l’essere umano, che si tratti di disturbi mentali o tipi di personalità
o altro, è sempre esistito, ancor prima delle classificazioni di “lombrosiana” memoria.
Eppure, sia che si tratti di categorie di tipo nosografico-descrittivo (solo apparentemente più
scientifiche ed attendibili, dato che il diagnosta compie processi di astrazione ed
interpretazione, spesso non marginali, rendendo frequentemente opinabile la collocazione
diagnostica e difficile la diagnosi differenziale) che di tipo interpretativo- esplicativo (di
posizione più dichiaratamente faziosa, ma molto spesso così integrate all’interno di sistemi
terapeutici complessi, da avere una maggiore utilità terapeutica) nessuna classificazione può
avere un numero sufficiente di categorie specifiche per comprendere tutti i casi clinici
immaginabili.
Infatti l’unicità, la storicità e la globalità di ogni singola persona rende ogni operazione
diagnostica, per quanto corretta ed accurata, una forzatura, un limite e non solo un
vantaggio per la sua comprensione in quanto individuo.

Diagnosi e professione dello psicologo


L’art. 1 della legge n. 56 del 18 febbraio 1989 cita:” La professione di psicologo comprende
l’uso di strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di
abilitazione- riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo,
agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione,
ricerca e didattica in tale ambito”.

Già a partire dalla legge istitutiva della professione si evidenzia l’importanza cruciale della
diagnosi che si inserisce quale strumento conoscitivo all’interno di processi di cambiamento
e di integrazione, al fine di ottenere la crescita ed il benessere sia personale che sociale.

Scendendo a livello della pancia, delle emozioni, ciò che più colpisce del fare psicodiagnosi
è che l’oggetto di studio è un essere umano in carne ed ossa, con punti di forza e
debolezza, con un suo equilibrio che, al momento, è sembrato il migliore, con una sua
progettualità, anche fatta di non- senso. Ed è quasi stupefacente, almeno per me, che
esaminato ed esaminatore coincidano.
E, cosa ancor più fondamentale è che il “processo” diagnostico si inserisce in una
dimensione “relazionale”, dove l’”empatia”, le competenze di “ascolto attivo” giocano un
ruolo altrettanto, o forse più cruciale del repertorio di tecniche e teorie acquisite durante il
lunghissimo percorso di studio dello psicologo
Dobbiamo pertanto individuare le componenti caratterizzanti il nostro intervento
professionale che deve risultare chiaro, fondato scientificamente, condiviso e trasmissibile,
considerando comunque che è necessario modularlo alla persona ed alle situazioni per
costruire un metodo di lavoro fondato sul piano scientifico, ma rispettoso dell’oggetto di
studio e di intervento clinico.

Un altro fatto strano che mi colpisce è che la psicologia, almeno per gli psicologi, non solo è
un sistema teorico e operativo per rapportarsi al mondo, ovvero una chiave di lettura della

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realtà, cioè una forma di conoscenza e quindi di scienza. E’ anche una forma di costruzione
della propria identità, su cui organizzare gran parte della propria vita. La psicologia è dunque
un modo di vivere, ma anche un modo per vivere, ovvero per guadagnarsi da vivere. Essa
rappresenta una professione. E questo ogni giorno, sempre: faticosissimo!

Riferimenti normativi della professione


La professione dello psicologo è regolata da norme giuridiche e di etica che comportano per
ogni atto o prestazione una responsabilità: penale, civile e deontologica.
Il rischio professionale sul piano giuridico è collegato ad un’azione dolosa o anche ad una
omissione volontaria e colpevole dello psicologo nell’esercizio dell’attività professionale,
comportamenti lesivi che implicano conoscenze legali e le sanzioni previsti dall’ordine
giuridico.
L’art 26 della legge 56/89 cita:” All’iscritto nell’albo che si renda colpevole di abuso o
mancanza nell’esercizio della professione o che comunque si comporti in modo non
conforme al decoro ed alla dignità professionale, a seconda della gravità del fatto, può
essere inflitta da parte del consiglio regionale o provinciale una sanzione disciplinare”.

La responsabilità penale è sancita da:


Art. 622 c.p. sulla rivelazione del segreto professionale “Chiunque, avendo notizia, per
ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto lo rivela
senza giusta causa ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto può
derivare nocumento, con la reclusione fino ad un anno o con la multa da lire 60.000 a un
milione”.
Art. 609 c.p. sono collegati al peculiare rapporto che si instaura con il paziente-cliente. Lo
psicologo può incorrere nel reato di circonvenzione di incapace oppure di abuso e violenza
sessuale se non rispetta i doveri legati al ruolo professionale.
Nello specifico l’art 609 dispone “Chiunque con violenza o minaccia o mediante abuso di
autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da
cinque a dieci anni. Alla stessa pena soggiace chi introduce taluno a compiere o subire atti
sessuali: 1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica e psichica della persona offesa al
momento del fatto, 2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito
ad altra persona”.

La responsabilità civile riguarda il “Risarcire il danno che un’azione od omissione illecita ha


causato ad un terzo”: il danno può essere contrattuale ed extracontrattuale, il compenso è
sancito dall’art. 2231 e l’obbligo di garantire di possedere “mezzi” per un intervento che
invece è stato affrontato con imperizia, negligenza o con imprudenza dall' art. 2236.

Infine gli articoli dettati dal codice deontologico che interessano la diagnosi sono i
seguenti:
art. 11-12-13-15-17-25 sul segreto professionale
art. 4-9-12-24-31-32- sul consenso informato
art. 4-14-16 sul diritto alla riservatezza ed all' anonimato

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Articolo 4: Nell'esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla
riservatezza, all'autodeterminazione ed all'autonomia di coloro che si avvalgono delle sue
prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall'imporre il suo sistema di valori;
non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato
socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità. Lo psicologo
utilizza metodi e tecniche salvaguardando tali principi, e rifiuta la sua collaborazione ad
iniziative lesive degli stessi.
Quando sorgono conflitti di interesse tra l'utente e l'istituzione presso cui lo psicologo opera,
quest'ultimo deve esplicitare alle parti, con chiarezza, i termini delle proprie responsabilità ed
i vincoli cui è professionalmente tenuto. In tutti i casi in cui il destinatario ed il committente
dell'intervento di sostegno o di psicoterapia non coincidano, lo psicologo tutela
prioritariamente il destinatario dell'intervento stesso.
Articolo 9: Nella sua attività di ricerca lo psicologo è tenuto ad informare adeguatamente i
soggetti in essa coinvolti al fine di ottenerne il previo consenso informato, anche
relativamente al nome, allo status scientifico e professionale del ricercatore ed alla sua
eventuale istituzione di appartenenza. Egli deve altresì garantire a tali soggetti la piena
libertà di concedere, di rifiutare ovvero di ritirare il consenso stesso. Nell'ipotesi in cui la
natura della ricerca non consenta di informare preventivamente e correttamente i soggetti su
taluni aspetti della ricerca stessa, lo psicologo ha l'obbligo di fornire comunque, alla fine
della prova ovvero della raccolta dei dati, le informazioni dovute e di ottenere l'autorizzazione
alluso dei dati raccolti. Per quanto concerne i soggetti che, per età o per altri motivi, non
sono in grado di esprimere validamente il loro consenso, questo deve essere dato da chi ne
ha la potestà genitoriale o la tutela, e, altresì, dai soggetti stessi, ove siano in grado di
comprendere la natura della collaborazione richiesta.
Deve essere tutelato, in ogni caso, il diritto dei soggetti alla riservatezza, alla non
riconoscibilità ed all'anonimato.
Articolo 11: Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto non rivela
notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, né informa
circa le prestazioni professionali effettuate o programmate, a meno che non ricorrano le
ipotesi previste dagli articoli seguenti.
Articolo 12: Lo psicologo si astiene dal rendere testimonianza su fatti di cui è venuto a
conoscenza in ragione del suo rapporto professionale.
Lo psicologo può derogare all'obbligo di mantenere il segreto professionale, anche in caso di
testimonianza, esclusivamente in presenza di valido e dimostrabile consenso del destinatario
della sua prestazione. Valuta, comunque, l'opportunità di fare uso di tale consenso,
considerando preminente la tutela psicologica dello stesso.
Articolo 13: Nel caso di obbligo di referto o di obbligo di denuncia, lo psicologo limita allo
stretto necessario il riferimento di quanto appreso in ragione del proprio rapporto
professionale, ai fini della tutela psicologica del soggetto. Negli altri casi, valuta con
attenzione la necessità di derogare totalmente o parzialmente alla propria doverosa
riservatezza, qualora si prospettino gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica del
soggetto e/o di terzi.
Articolo 14:Lo psicologo, nel caso di intervento su o attraverso gruppi, è tenuto ad in
informare, nella fase iniziale, circa le regole che governano tale intervento. È tenuto altresì
ad impegnare, quando necessario, i componenti del gruppo al rispetto del diritto di ciascuno

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alla riservatezza.
Articolo 15:Nel caso di collaborazione con altri soggetti parimenti tenuti al segreto
professionale, lo psicologo può condividere soltanto le informazioni strettamente necessarie
in relazione al tipo di collaborazione.
Articolo 16: Lo psicologo redige le comunicazioni scientifiche, ancorché indirizzate ad un
pubblico di professionisti tenuti al segreto professionale, in modo da salvaguardare in ogni
caso l'anonimato del destinatario della prestazione.
Articolo 17: La segretezza delle comunicazioni deve essere protetta anche attraverso la
custodia e il controllo di appunti, note, scritti o registrazioni di qualsiasi genere e sotto
qualsiasi forma, che riguardino il rapporto professionale. Tale documentazione deve essere
conservata per almeno i cinque anni successivi alla conclusione del rapporto professionale,
fatto salvo quanto previsto da norme specifiche. Lo psicologo deve provvedere perché, in
caso di sua morte o di suo impedimento, tale protezione sia affidata ad un collega ovvero
all'Ordine professionale. Lo psicologo che collabora alla costituzione ed alluso di sistemi di
documentazione si adopera per la realizzazione di garanzie di tutela dei soggetti interessati.
Articolo 24: Lo psicologo, nella fase iniziale del rapporto professionale, fornisce
all'individuo, al gruppo, all'istituzione o alla comunità, siano essi utenti o committenti,
informazioni adeguate e comprensibili circa le sue prestazioni, le finalità e le modalità delle
stesse, nonché circa il grado e i limiti giuridici della riservatezza. Pertanto, opera in modo
che chi ne ha diritto possa esprimere un consenso informato. Se la prestazione
professionale ha carattere di continuità nel tempo, dovrà esserne indicata, ove possibile, la
prevedibile durata.
Articolo 25: Lo psicologo non usa impropriamente gli strumenti di diagnosi e di valutazione
di cui dispone. Nel caso di interventi commissionati da terzi, informa i soggetti circa la natura
del suo intervento professionale, e non utilizza, se non nei limiti del mandato ricevuto, le
notizie apprese che possano recare ad essi pregiudizio. Nella comunicazione dei risultati dei
propri interventi diagnostici e valutativi, lo psicologo è tenuto a regolare tale comunicazione
anche in relazione alla tutela psicologica dei soggetti.
Articolo 31: Le prestazioni professionali a persone minorenni o interdette sono,
generalmente, subordinate al consenso di chi esercita sulle medesime la potestà genitoriale
o la tutela. Lo psicologo che, in assenza del consenso di cui al precedente comma, giudichi
necessario l'intervento professionale nonché l'assoluta riservatezza dello stesso, è tenuto ad
informare l'Autorità Tutoria dell'instaurarsi della relazione professionale. Sono fatti salvi i casi
in cui tali prestazioni avvengano su ordine dell'autorità legalmente competente o in strutture
legislativamente preposte.
Articolo 32: Quando lo psicologo acconsente a fornire una prestazione professionale su
richiesta di un committente diverso dal destinatario della prestazione stessa, è tenuto a
chiarire con le parti in causa la natura e le finalità dell'intervento.

Per concludere: è importante tutelare prioritariamente il destinatario dell’intervento anche


relativamente alle valutazioni cliniche di cui renderlo partecipe.
In caso di richiesta di informazioni sul cliente da parte di pubbliche amministrazioni,
compresa quella giudiziaria, richiederne l’esplicitazione sotto forma di quesiti scritti e
ricercare, ove possibile, il consenso dell’interessato, limitarsi alle sole informazioni
strettamente necessarie e dovute, e ciò vale anche nel caso di richieste di informazioni

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provenienti da terzi (familiari o altri).
Nel trattamento dei bambini è buona regola chiarire, fin dall’inizio, ai genitori o a chi ne ha
tutela, il carattere “confidenziale” del rapporto terapeuta-bambino; le informazioni trasmesse
ai genitori devono essere improntate al giudizio clinico e al dovere di assicurare il
trattamento migliore al destinatario dell’intervento; al bambino vanno spiegate, nelle forme e
nei modi accessibili alla sua comprensione, le ragioni dell’intervento e va in definitiva
ricercata una buona relazione sulla base dell’ascolto e della fiducia (qualora si venga a
conoscenza, nel lavoro con minori, di episodi di abusi a danno degli stessi, si ha l’obbligo di
segnalare il caso al Tribunale per i Minori).
Nel lavoro con adolescenti è pratica corretta ricercare, fin dall’inizio, il consenso del
destinatario dell’intervento, discutere con lui del segreto professionale e dei suoi limiti,
nonché concordare, di volta in volta, le eventuali comunicazioni ai genitori sulle informazioni
fornite dall’adolescente stesso all’interno del rapporto professionale e/o terapeutico.

E’ proprio il caso di dire che le parole d’ordine sono due:Etica e Supervisione.


Il nostro “oggetto d’esame” è talmente delicato e complesso che l’etica deve guidare ogni
nostro passo e, qualora avessimo dubbi di qualsiasi tipo, morali e/o legislativi, il parlare con
un collega in supervisione è il comportamento più tutelativo, per noi e per i nostri clienti, e ciò
è maggiormente vero per i “piccoli” psicologi che cominciano adesso a lavorare.

Ambiti e contesti di applicazione


Il contesto definisce l’intervento diagnostico in quanto implica prestazioni e competenze
necessarie allo psicologo per fornire risposte adeguate e socialmente riconosciute.
In questa ottica la distinzione di contesti diversi può essere considerata espressione degli
ambiti professionali in cui il ruolo dello psicologo si può articolare con modalità ed obiettivi
diversificati.

E’ utile, a tal proposito, distinguere tre contesti:


1) Il counselling, in cui è importante il committente sociale che attiva un determinato
servizio o un centro di intervento (ad esempio per i pazienti infartuati, per la prevenzione
dei disturbi alimentari). Normalmente un servizio prevede un gruppo di persone che
lavorano insieme, quindi il contributo dello psicologo deve essere coerente con la finalità
sociale del servizio e integrato con quello degli altri operatori.
2) Nella consulenza lo psicologo fornisce una prestazione tecnico specialistica rivolta sia ad
altre figure professionali, sia al paziente che alla rete relazionale dello stesso.
E’ importante quindi definire l’inviante, il quesito, la richiesta di prestazione e la domanda
del soggetto, a chi andrà la restituzione e la relazione finale, da chi sarà utilizzata la
relazione di diagnosi formulata nella eventuale certificazione.
3) Nella consultazione è la persona che accede all’incontro come soggetto portatore di un
disagio a cui lo psicologo deve offrire la restituzione del problema filtrato dalla capacità di
conoscere, sapere, sentire acquisita con una idonea formazione.

E’ fondamentale sottolineare che la distinzione tra counselling, consulenza e consultazione


serve allo psicologo (non all’utente) per capire che ruolo ha in un determinato contesto e che

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tipo di prestazione professionale deve fornire, è finalizzata quindi a definire un metodo di
lavoro con i relativi modelli di intervento.
Adesso descriverò brevemente i diversi ambiti di consulenza in cui lo psicodiagnosta si trova
a lavorare.

Ambito medico-clinico
La prestazione richiesta può essere:
> generica e complessiva del tipo:” valutazione psicodiagnostica”, ed in quanto tale
implica il giudizio sull’assetto di personalità e sulle componenti psicopatologiche ed
in quale misura le stesse siano attive e prevalenti nel quadro generale, o anche a
rischio di sviluppo o evoluzione;
> mirata all’approfondimento di alcune funzioni (“valutazione delle capacità o funzioni“),
in relazione a compiti o prestazioni specifiche soprattutto cognitive;
> centrata sulla conferma o meno di un disturbo o di una manifestazione psicologica di
cui si può richiedere l’incidenza della componente psicogena e se la stesa sia
attuale e reattiva, oppure strutturale e radicata o infine a rischio di rottura o
radicalizzazione.
Generalmente il neurologo o lo psichiatra invece, coinvolgono psicologo per ricevere un
contributo:
1) alla diagnosi differenziale
2) alla valutazione delle componenti sovrastrutturali alla patologia organica,
3) alla possibilità della presenza di un “uso secondario del sintomo” o
4) nella valutazione dell’efficienza intellettiva e/o della o compromissione delle funzioni
cognitive.

Ambito del lavoro


La richiesta di consulenza diagnostica in tale ambito è per la selezione professionale e la
valutazione dell’idoneità al lavoro. La formulazione della diagnosi mira a:
> descrivere gli aspetti del comportamento legati all’assetto di personalità osservato,
quando gli stessi possano incidere positivamente o negativamente
nell’organizzazione dell’attività;
> valutare quanto le funzioni siano adeguate ai requisiti richieste;
> esprimersi sulla normalità di stato possibile e con quali adattamenti del contesto;
> segnalare se necessario tratti strutturali a rischio o l’ interferenza al compito di un’
eventuale patologia psichica (strutturale ed irreversibile e/o transitoria e reattiva).
In caso di selezione fra soggetti con requisiti di idoneità comuni, soggetti che devono
svolgere compiti di responsabilità che implicano capacità di pensiero e relazioni particolari, si
valuta l’attitudine, ovvero:
> la possibilità di inserimento ottimale in relazione a competenze cognitive rilevate;
> si prevede la qualità dell’integrazione con il compito e la possibile progressione nello
stesso;
> si individua il punto di equilibrio ottimale per determinare una posizione di efficienza
e di creatività nella risposta a stimoli e richieste
> si determina la forza dell' Io e la sua capacità di tolleranza in situazioni di pressioni

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ambientali più intense;
> si individua la capacità di adattamento al cambiamento e nell’assumere ruoli di
responsabilità.
La richiesta di consulenza può talvolta prevedere l’importanza motivazionale e quindi la
valenza simbolica che un lavoro assume nell’economia psichica del soggetto. In questo caso
posiamo parlare di talento e di valutazione del lavoro come valore o come oggetto di
investimento emotivo particolarmente intenso e significativo per la persona e la sua vita. Da
tale valutazione si può inferire la facilità di esecuzione di un compito, la scarsa incidenza
della fatica nel lavoro con la conseguente alta tolleranza allo stress, il massiccio appoggio
sul fare e sulle componenti di affermazione e di successo nell’impegno.

Ambito legale- peritale


Quesiti in ambito civile:
> valutazione psicodiagnostica per il rilascio ed il rinnovo della patente;
> adozione;
> idoneità genitoriale in senso lato;
> affidamento in caso di separazione;
> valutazioni relative ai danni psichici post-traumatici;
> inidoneità con esclusione da concorso pubblico per valutazioni psicologiche
Quesiti in ambito penale:
esami psicodiagnostici per lo studio della personalità e della funzionalità cognitiva di soggetti
responsabili di atti penalmente rilevanti, quindi:
> imputabilità;
> capacità di intendere e di volere;
> violenza o abusi;
> uso personale di stupefacenti;
> misura alternativa alla detenzione;
> vittima di “circonvenzione di incapace”;
> attendibilità del testimone.
Quesiti in ambito assicurativo:
valutazioni del danno psichico conseguente a traumi cranici causati da incidenti stradali o da
causa di lavoro.
Quesiti in ambito pensionistico:
esami psicodiagnostici per richieste di invalidità accompagnatorie e pensioni.

Ambito scolastico
In ambito scolastico l’obiettivo dell’intervento diagnostico è la valutazione del sintomo
denunciato e la restituzione ai vari soggetti interessati.
E’ necessario cogliere sempre il problema didattico, relazionale o comunicativo che la
segnalazione propone, mentre è opportuno diffidare di segnalazioni generiche o ambigue,
che comunque si devono approfondire e definire. Soltanto con un buon lavoro preliminare è
possibile una corretta restituzione. Una volta individuato l’ambito della restituzione da parte
dell’insegnante occorrerà:

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> definire il campo da valutare per organizzare un programma di intervento
riabilitativo delle funzioni cognitive se queste sono compromesse, carenti o mal
organizzate;
> decodificare il significato del sintomo nella vita relazionale e nell’inserimento del
soggetto;
> cogliere l’eventualità di un deficit reale e quindi di un handicap su cui intervenire
con idonei supporti tecnici;
> effettuare una diagnosi differenziale fra stile e disturbo di apprendimento;
> cogliere l’atteggiamento emotivo del soggetto di fronte al compito ed al giudizio e
collocarlo nel suo momento evolutivo;
> raccordare gli elementi oggettivi rilevati con la vita del soggetto ed individuare
eventuali interferenze legate a situazioni personali o familiari particolarmente
pressanti o patogene;
> proporre sintesi conclusive flessibili e tali da poter essere comprese da tutti i
soggetti coinvolti (insegnanti, genitori, gruppo classe, soggetto).

Ambito della riabilitazione


In questo ambito la diagnosi è finalizzata:
1) alla decodifica del sintomo con:
- la valutazione neuropsicologica del deficit,
- quella psicopatologica del disagio nell’adattamento e nelle relazioni e
- la prognosi in relazione alla valutazione delle aree positive e negative
nell’apprendimento
2) all’intervento come consulente sull’organizzazione e sulla gestione relazionale dell’attività
gestita dai tecnici della riabilitazione

Ambito di comunità
Il compito professionale dello psicodiagnosta, in quest’ambito, coincide con:
> il mediare tra il singolo e il gruppo, proteggendo la persona ed il suo privato,
valutando la sua possibilità di integrazione nelle regole della comunità;
> svolgere una funzione di contenimento , valutando la compatibilità del soggetto con
le norme costituite dalla comunità stessa.

Da tutti questi contesti si evince la complessità in cui lo psicologo si trova a lavorare. In


questa realtà così stratificata è importante acquisire la capacità di essere flessibile e di
poter interagire con le altre figure professionali attraverso un linguaggio fruibile e semplice.

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