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11.2 LA RESISTENZA
L’attività della Repubblica sociale/DI SALO’ si concentra fin da subito nella violenta repressione di tutte le
manifestazioni di dissenso.
Davanti al sostegno offerto dai repubblichini ai tedeschi in una serie di misure di azioni militari (dal
saccheggio di prodotti agricoli industriali, al reclutamento forzato di manodopera, alla deportazione) che
colpivano direttamente la vita dei civili, maturò una diffusa opposizione e nacque la RESISTENZA.
Essa era costituita da ideologie del primo antifascismo quello che si era opposto al regime mussoliniano
negli anni 20, e l’antifascismo di una nuova generazione, composta da giovani nati e cresciuti durante il
ventennio fascista che, dopo l’8 settembre 1943, con lo disgregazione dell’esercito Regio, nel tentativo di
sfuggire ai rastrellamenti nazisti, avevano cercato riparo i luoghi isolati e poco accessibili.
La RESISTENZA fu, all’inizio, un moto spontaneo per fare fronte comune alla minaccia della deportazione in
Germania, in una situazione senza alternative per chi non voleva militare nella Repubblica sociale italiana.
Successivamente, dai legami stabilitasi con gli antifascisti nacquero i primi nuclei del movimento
partigiano, dislocati in gran parte dell’Italia settentrionale e in alcune zone di quella centrale, ed ebbero
origine le prime forme di guerriglia partigiana.
La strategia messa in atto prevedeva rapide azioni di sabotaggio contro installazioni e truppe nemiche per
poi riparare nei rifugi che si trovavano quasi sempre in montagna.
Già durante i 45 giorni intercorsi fra il 25 luglio al 8 settembre 1943 le forze politiche si erano riorganizzate.
In clandestinità era nata una anche nuova formazione che non faceva parte del panorama dei partiti
prefascisti; si trattava del PARTITO D’AZIONE, il cui programma si ispirava alla formula della rivoluzione
democratica che per:
- i più moderati era finalizzata al rinnovamento politico culturale della società italiana,
- i più radicali era finalizzata ad una profonda trasformazione in chiave socialista del paese.
Dalla clandestinità era emerso il PARTITO COMUNISTA che aveva lungamente lottato contro il fascismo
attraverso l’azione di piccoli gruppi di militanti.
Si era costituito il PARTITO SOCIALISTA ITALIANO DI UNITÀ PROLETARIA. Era nata inoltre la DEMOCRAZIA
CRISTIANA che aveva recuperato le tradizioni e alcuni esponenti cattolici del partito popolare.
Anche i LIBERALI si organizzarono in un partito che si richiamava alla figura intellettuale di Benedetto
Croce.
A sua volta Bonomi aveva costituito la DEMOCRAZIA DEL LAVORO di ispirazione social-riformitsta.
I partiti antifascisti trovarono nella parola d’ordine DELL’UNITÀ DELLA RESISTENZA il comune denominatore
intorno al quale riorganizzare l’attività politica.
Il 9 settembre 1943 i loro rappresentanti si erano riuniti a Roma costituendo il COMITATO DI LIBERAZIONE
NAZIONALE (CLN): organismo politico che aveva come principale obiettivo quello di rappresentare la nuova
Italia democratica e di guidare la lotta contro il nazifascismo ma anche quello di contestare la monarchia,
considerata con responsabile della drammatica situazione in cui era precipitato il paese.
Accanto al CLN con sede a Roma si formò a Milano il CLN per l’alta Italia (CLNAI).
Entrambi dovettero operare fin da subito clandestinamente, sostenendo l’attività dei partigiani dei quali
divennero l’organismo di rappresentanza politica.
Mentre il governo Badoglio, stabilitosi prima Brindisi e poi a Salerno, il 13 ottobre 1943 aveva dichiarato
guerra alla Germania, schierando alcuni reparti militari accanto agli alleati.
Le file dei partigiani si ingrossarono con il passare dei mesi; Si andava infatti dalle BRIGATE GARIBALDI,
comunisti, alle BRIGATE MATTEOTTI composte da socialisti; le formazioni armate del partito d’azione si
battezzarono GIUSTIZIA E LIBERTÀ.
Alle BRIGATE GARIBALDI erano collegati gruppi di azione patriottica (GAP), piccole e agili cellule composte
da non più di tre o quattro persone che agivano in città per colpire con attentati mirati esponenti politici del
fascismo repubblichino, militari tedeschi o informatori al servizio della Repubblica sociale italiana.
IL movimento partigiano era costituito in prevalenza di appartenenti agli strati popolari e nel complesso
erano coinvolti attivamente circa 200.000 persone ed erano in prevalenza giovani.
Tra i partigiani i caduti e i giustiziati furono almeno 30.000 e altrettanti furono gli italiani morti
combattendo in quegli stessi mesi nei movimenti di resistenza degli altri paesi europei.
Inoltre furono più di 10.000 le vittime italiani delle rappresaglie e delle atrocità fatte dai tedeschi e fascisti
repubblichini.
A questo bilancio vanno aggiunti i deportati per motivi politici razziali: 40.000 tra donne, uomini e 33.000
militari italiani deceduti per fame e stenti nei lager tedeschi, internati dopo l’8 settembre.
LA SVOLTA DI SALERNO E IL GOVERNO DI UNITÀ NAZIONALE
L’azione del COMITATO DI LIBERAZIONE NAZIONALE (CLN) risentì fin da subito di una certa debolezza
politica dovuta soprattutto al fatto che nell’Italia liberata dalle truppe alleate, americani e inglesi avevano
scelto per interlocutore il governo Badoglio che era considerato politicamente più affidabile e moderato.
Inoltre, dopo la dichiarazione di guerra contro la Germania, gli alleati avevano riconosciuto NEL REGNO DEL
SUD lo status di paese cobelligerante e autorizzato a costituire un corpo Italiano di liberazione che, nato
sulle ceneri dell’esercito regio, si era affiancato agli anglo-americani in vari combattimenti contro i tedeschi
lungo la dorsale appenninica.
In ogni modo tra il COMITATO DI LIBERAZIONE NAZIONALE (CLN) e il Governo Badoglio scaturirono
presto tensioni e conflitti, proprio perché Badoglio legato alla monarchia e già implicato nel ventennio
fascista impersonava la continuità mentre il CLN proponeva una rifondazione democratica.
IN PARTICOLARE IL CLN CHIEDEVA L’IMMEDIATA ABDICAZIONE DEL SOVRANO.
Questo conflitto politico fu sbloccato con il contributo decisivo del leader del PCI Palmiro Togliatti appena
rientrato in Italia dopo vent’anni di esilio trascorsi in unione sovietica.
Il leader comunista assunse da subito l’iniziativa politica, pronunciandosi per il rinvio della questione
istituzionale della scelta tra monarchia o repubblica, a conflitto concluso.
Per Togliatti era prioritaria la formazione di un nuovo governo Badoglio nel quale fossero finalmente
presenti tutte le formazioni politiche che si contrapponevano al nazifascismo e in cui il PCI avrebbe
acquistato piena legittimazione agli occhi degli alleati dell’opinione pubblica.
Quella che fu chiamata la “SVOLTA DI SALERNO” (città nella quale fu annunciata) era in sintonia con le
istruzioni di Stalin.
Togliatti mirava a fare del PCI una forza in grado di esercitare un ruolo di primo ordine nel processo di
ricostruzione democratica del paese.
Il problema costituito dalla permanenza sul trono di Vittorio Emanuele III comunque rimaneva: il vecchio
sovrano infatti era una figura troppo compromessa con il regime fascista.
Il 12 aprile 1944 il re si impegnò così a trasferire i propri poteri, una volta liberata Roma, al figlio Umberto.
A quel punto la strada era spianata per procedere nel senso previsto dalla svolta di Salerno. IL 24 APRILE
NACQUE IL PRIMO GOVERNO DI UNITÀ NAZIONALE, presieduto da Badoglio ma composto dai
rappresentanti di diversi partiti che avevano costituito il CLN (ritorno al pluripartitismo).
Il 5 giugno 1944 mentre le truppe alleate erano appena entrate a Roma, Umberto di Savoia assunse la
corona succedendo al padre, mentre Badoglio si dimise dalla presidenza del consiglio sostituito da Bonomi.
Fin da subito il nuovo governo dovette misurarsi con problemi economici e sociali ma anche con le
questioni dell’epurazione dei fascisti e dei rapporti con il movimento partigiano nelle zone ancora
occupate.